XVII Legislatura

VI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 10 di Giovedì 26 ottobre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giacomoni Sestino , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE TEMATICHE RELATIVE ALL'IMPATTO DELLA TECNOLOGIA FINANZIARIA SUL SETTORE FINANZIARIO, CREDITIZIO E ASSICURATIVO

Audizione dell'amministratore delegato
di Credimi, Ignazio Rocco di Torrepadula.

Giacomoni Sestino , Presidente ... 2 
Rocco di Torrepadula Ignazio , amministratore delegato di Credimi ... 2 
Giacomoni Sestino , Presidente ... 10 
Barbanti Sebastiano (PD)  ... 10 
Rocco di Torrepadula Ignazio , amministratore delegato di Credimi ... 10 
Ribaudo Francesco (PD)  ... 10 
Rocco di Torrepadula Ignazio , amministratore delegato di Credimi ... 10 
Ribaudo Francesco (PD)  ... 11 
Rocco di Torrepadula Ignazio , amministratore delegato di Credimi ... 11 
Giacomoni Sestino , Presidente ... 11 

ALLEGATO: Documentazione depositata dal dottor Rocco di Torrepadula ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista: MDP;
Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD: AP-CpE-NCD;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile: SI-SEL-POS;
Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Civici e Innovatori PER l'Italia: Misto-CIpI;
Misto-Direzione Italia: Misto-DI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-UDC-IDEA: Misto-UDC-IDEA;
Misto-Alternativa Libera-Tutti Insieme per l'Italia: Misto-AL-TIpI;
Misto-FARE!-PRI-Liberali: Misto-FARE!PRIL;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI) - Indipendenti: Misto-PSI-PLI-I.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
SESTINO GIACOMONI

  La seduta comincia alle 14.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva in differita sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione dell'amministratore delegato
di Credimi, Ignazio Rocco di Torrepadula.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche relative all'impatto della tecnologia finanziaria sul settore finanziario, creditizio e assicurativo, l'audizione dell'amministratore delegato di Credimi, Ignazio Rocco di Torrepadula, cui cedo subito la parola.

  IGNAZIO ROCCO DI TORREPADULA, amministratore delegato di Credimi. Buon pomeriggio e grazie di aver invitato Credimi a dare un contributo a questa indagine conoscitiva. Cercherò di essere il più concreto e specifico possibile, e di far sì che ciò che illustrerò sia rispondente agli obiettivi della Commissione Finanze.
  Comincio dicendovi che cos'è Credimi, che rappresenta una nuova entità; volevo poi parlarvi di cosa il FinTech ha rappresentato in passato e di ciò che rappresenta oggi, in Italia e in Europa. Vorrei inoltre affrontare il tema della stabilità, con riferimento a come il FinTech contribuisce, o non contribuisce, alla stabilità finanziaria. In conclusione vi esporrò che cosa può rappresentare lo sviluppo del FinTech per la piazza finanziaria italiana.
  Credimi è un'azienda che fa un mestiere abbastanza semplice e vecchio come il mondo: anticipa le fatture delle aziende italiane. È un problema che esiste da sempre: ogni azienda ha fatture in corso di pagamento, le fatture non vengono pagate quasi mai in contanti, ma sempre a 30, 60, 90, 120, 180 giorni, o anche a scadenze molto più lunghe, come nel caso della pubblica amministrazione. Il problema quindi è importante per ogni azienda del mondo, e lo è particolarmente per le aziende italiane.
  Questo problema è talmente grande che, se si fa il calcolo dell'ammontare del capitale circolante nei bilanci delle aziende italiane, si tratta di circa 500 miliardi di euro investiti (per così dire) in capitale circolante, cioè che sono iscritti nei bilanci delle aziende sotto forma di crediti commerciali e scorte, al netto dei debiti commerciali.
  È un investimento gigantesco che, in ultima analisi, non è un investimento, perché nessun direttore finanziario, se interpellato, vorrebbe fare questo investimento di proposito. Si tratta di risorse immobilizzate che le aziende italiane ogni anno devono finanziare, per l'appunto anticipando le fatture con varie modalità, attraverso l'utilizzo di prodotti bancari e il factoring.
  Credimi ha cercato di creare un prodotto con il quale si rende possibile, a qualsiasi azienda italiana, accedere all'anticipazione delle sue fatture in un modo molto più semplice, veloce e flessibile rispetto ai metodi tradizionali. Esso consiste Pag. 3nel fatto che qualsiasi azienda italiana può entrare nel sito di Credimi.com, inserire i propri dati (la partita IVA e poco altro), fare l’upload di una fattura o anche, semplicemente, della foto di una fattura, e ottenere in 48 ore una decisione creditizia, sul «se» quella fattura è anticipabile e, se lo è, quanto costa anticiparla (il costo è espresso sempre in euro, in percentuale, con un solo costo omnicomprensivo, senza nessun'altra commissione).
  Oltre alla proposta e al costo, l'azienda ottiene anche immediatamente, senza nessuna commissione, un'indicazione su qual è il volume massimo di fatture che può anticipare, cioè su un limite di anticipo. L'azienda può, quindi, in due minuti, fare una domanda, l’upload di una fattura e, dopo 48 ore, sentirsi rispondere: «la fattura di 10.000 euro è finanziabile al costo di 200 euro, quindi otterrai 9,800 euro; puoi anticipare fino a 300.000, mezzo milione, o 700.000 euro di fatture».
  Tutto questo, essendo fattibile in 48 ore e senza muoversi dal proprio ufficio né inviare alcun tipo di documento, oltre che senza costi (non c'è nessun costo né prima, né dopo, fino al momento in cui si decide di anticipare il pagamento di una fattura): si tratta dunque di un prodotto particolarmente veloce, semplice e flessibile rispetto alle altre alternative esistenti.
  L'importante è capire come funziona, non c'è niente di magico: in 48 ore non si prendono le decisioni con il «trottolino» o decidendo di dare soldi a pioggia a tutti. Anzi, il tasso di approvazione è ancora relativamente basso, perché la selezione è molto rigorosa. Quello che la tecnologia permette di fare, agganciandosi alla partita IVA del cedente e del ceduto, è di recuperare moltissime informazioni da InfoCamere, Cerved, dalla Centrale dei rischi e dall'Archivio degli eventi pregiudizievoli, cioè dalle basi dati esistenti e, dopo aver ottenuto, automaticamente, queste informazioni, calcolare (ed è ciò che fa una macchina) la probabilità di perdita su quello specifico finanziamento.
  Il calcolo della probabilità di perdita viene quindi proposto in una decisione, in base alla quale un determinato cliente si può, o non si può, finanziare, si indica qual è la probabilità di perdita e quale il prezzo raccomandato. Questa decisione viene sottoposta a un professionista, che noi chiamiamo underwriter: di tratta dei professionisti i quali, al termine di questo processo, prendono la decisione, che può anche contraddire quella della macchina. Nel caso in cui vi sia una contraddizione, resta tracciata, ma è possibile farlo. C'è l'intervento umano perché un'azienda è un organismo complesso e, sebbene la tecnologia consenta di effettuare l'analisi dei dati, essa non è ancora tale, o perlomeno non lo è la nostra, da poter prendere delle decisioni autonomamente.
  Questo quindi è il lavoro che viene svolto in 48 ore e che permette di rispondere rapidamente al cliente. C'è anche un prodotto di investimento che si genera tramite questo meccanismo, perché i portafogli di finanziamenti, che noi eroghiamo direttamente, ogni 15 giorni vengono ceduti a quattro fondi di gestione del risparmio. I predetti fondi comprano i portafogli di finanziamenti, che hanno un rendimento, e questi prodotti diventano anche prodotti di investimento per le famiglie e per gli operatori finanziari.
  I nostri quattro partner sono Anima Sgr, il gruppo Banca Generali, Anthilia Capital Partners Sgr e Tikehau Capital. È possibile collocare parte di questi finanziamenti nei portafogli dei fondi monetari, per quella quota che la legge riserva ai prodotti non liquidi.
  Si tratta di portafogli di finanziamenti che, in ultima analisi, permettono a questi gestori di investire nell'economia reale, in finanziamenti a piccole e medie aziende italiane, molto frazionati, perché il tipico finanziamento è di 50.000, 100.000, 200.000 euro, con un rendimento che non è certamente da fondo hedge, ma si attesta intorno al 4 per cento. Esso è quindi significativo per gli investitori e, al tempo stesso, non genera un costo proibitivo per le aziende.
  Sono loro, in ultima analisi, che trattengono il rendimento di questi finanziamenti, mentre noi tratteniamo una commissione iniziale di originazione e svolgiamo il lavoro di selezionare i portafogli, Pag. 4valutare il rischio e, identificati quelli validi, fare l'operazione di collocamento nei portafogli dei fondi.
  Dietro questo lavoro (questo penso sia uno dei punti più rilevanti per la Commissione Finanze) ci sono persone e professionisti. In Credimi siamo 24, tutti assunti a tempo indeterminato. Si tratta di tutti giovani italiani, a parte me che, purtroppo, alzo la media dell'età, gli altri hanno, infatti, un'età media di circa 30 anni (Luca Bottone, il Chief Risk Officer, fa parte di questa squadra), sono persone, di norma, laureate, che spesso hanno studiato o lavorato all'estero, e il 40 per cento delle quali, dopo essere stato all'estero, è tornato in Italia per prendere parte a un progetto di azienda finanziaria innovativa, che li entusiasma.
  Due di loro hanno lavorato in Google, mentre uno di loro ha lavorato in Goldman Sachs e un altro ha lasciato Boston Consulting come me. Si tratta quindi di persone che facevano lavori importanti e hanno una formazione importante, le quali hanno sposato l'idea di creare un'azienda nuova. Metà di loro viene dal sud, io stesso sono nato e cresciuto a Napoli e quasi la metà sono donne. Insieme a me, queste persone posseggono anche il 60 per cento di Credimi.
  Il fatto che questi giovani professionisti siano azionisti dell'azienda crea un meccanismo a mio modo di vedere profondamente virtuoso, cioè un meccanismo di identificazione e di passione tale per ciò che fanno, per cui ci siamo dati la seguente missione: rendere le cose semplici per il cliente, compresi i contratti. Il lavoro che è stato compiuto per semplificare il contratto, creando un contratto di tre pagine e perfettamente leggibile da qualsiasi cliente, è stato massiccio. Forse un ufficio legale tipo di una grande azienda non mette nel proprio lavoro la stessa passione che ci mette una squadra di persone come la nostra, che è anche azionista della società.
  L'attenzione al rischio segue lo stesso tipo di logica. Il rischio in Credimi per i nostri underwriter non è il rischio di qualcun altro e non è il rischio di una grande organizzazione: è il rischio di questa squadra, perché tutti sanno benissimo che assumersi rischi sbagliati metterebbe in dubbio la sopravvivenza stessa della nostra azienda. È vero che, nell'acquisto dei finanziamenti, intervengono i fondi, ma vi ricordo che i nostri finanziamenti durano mediamente tre mesi, quindi dei rischi presi male emergerebbero immediatamente.
  Questo aspetto della forte qualificazione del lavoro e della possibilità, data a dei giovani di lavorare in Italia su un tipo di attività a forte contenuto tecnologico, – le quali saranno sempre più richieste in futuro – trovo sia, al di là del caso specifico di Credimi, uno degli elementi più qualificanti del mondo FinTech.
  Le persone da noi si occupano di scrivere il codice, un mestiere che in futuro sarà sempre più richiesto (abbiamo 200.000 righe di codice di nostra proprietà), e si occupano di migliorare l'algoritmo che gestisce il rischio, un altro mestiere che in futuro sarà sempre più richiesto. Si occupano inoltre di decidere sui rischi, altro mestiere importantissimo, e di marketing digitale. Credimi viene conosciuta dai clienti tramite Facebook, Linkedin, tramite la pubblicità sul display network di Google, oltre che, in parte, tramite la stampa e la radio.
  Questa è Credimi. Prendiamola non tanto come esempio di azienda modello, perché ci vuole una certa umiltà e non è detto che Credimi sia necessariamente un'azienda modello. A tale proposito, anzi, se guardiamo alla nuda statistica, si sa bene che una, o due, start-up su 10 sopravvivono, e non è sicuro che Credimi sia tra queste; noi ci crediamo con grande determinazione, però da un punto di vista macroeconomico tutte le aziende nuove sono a rischio. Voglio sottolineare che il movimento di aziende FinTech è l'insieme delle aziende che si dedicano a un determinato tipo di innovazioni.
  Il FinTech non è una cosa nuova e non è in opposizione alle banche. Vorrei evidenziare il fatto che l'applicazione della tecnologia ai servizi finanziari si fa da tempo, almeno dalla fine della seconda guerra mondiale in poi. Il settore finanziario è sempre stato infatti un grandissimo utilizzatore di tecnologia, a partire dai primi Pag. 5mainframe, e a seguire, nel tempo, fino alle prime applicazioni web e, ancora adesso, con le applicazioni cloud. Molte novità applicative sono state incorporate dalle banche abbastanza rapidamente e le banche sono oggi tra i maggiori ospitanti di sviluppatori in tutti i settori economici: quindi il FinTech, che è semplicemente la tecnologia, è sempre stata una costola dei servizi finanziari.
  A mio modo di vedere non esiste, quindi, un FinTech antitetico alle banche, bensì esiste la tecnologia applicata ai servizi finanziari, e ciò si realizza sia dentro le banche sia al di fuori di esse. Il motivo per cui oggi comincia a essere possibile attuare questo processo, sempre più, anche al di fuori delle banche, è che, rispetto al passato, i costi fissi della tecnologia si sono abbassati, la disponibilità di dati è cresciuta moltissimo (le basi dati che ho citato, vent'anni fa non sarebbero state accessibili con la stessa facilità di oggi), il costo dello storage di informazioni è calato drasticamente e tutti i nostri dati sono ospitati, in modo sicuro, a Francoforte, nei server di Amazon. Si dispone, sia da un punto di vista di sicurezza sia di disaster recovery, di difese fortissime, che vent'anni fa sarebbero costate molto, mentre adesso costano poco, e anche il costo dell'elaborazione è diminuito moltissimo.
  Tutte ciò fa sì che anche un'azienda nuova possa avvicinarsi ai servizi finanziari, cercare di usare l'innovazione e semplificare la vita dei clienti, che è sempre stato, e sempre sarà, l'unico e vero obiettivo della tecnologia. Quindi oggi c'è anche un FinTech non bancario, accanto al FinTech bancario che c'è sempre stato.
  Il movimento del FinTech ha la caratteristica di riuscire a creare nuove opportunità per i clienti e anche un nuovo tipo di posti di lavoro. Vorrei parlarvi innanzitutto delle opportunità che riguardano i clienti. Prendiamo ad esempio la reazione dei clienti all'idea di anticipare le fatture via internet. Noi abbiamo erogato 41 milioni di euro di finanziamenti, aprendo il prodotto al pubblico a gennaio – la metà di questi finanziamenti sono stati rimborsati – e su quelli rimborsati le perdite hanno, attualmente, un'incidenza modestissima; ciò significa che abbiamo erogato finanziamenti di qualità.
  Certo 41 milioni di euro sono un importo piccolissimo, se rapportato ai 500 miliardi di cui vi parlavo prima, però vorrei dire che, se fate un confronto con l'azienda inglese MarketInvoice, a Londra, che da anni è attiva nell’invoice financing digitale e che è considerata un esempio di grande successo, nei suoi primi dieci mesi di attività aveva erogato 8 o 9 milioni; un'altra azienda inglese molto famosa, che fa un mestiere simile, anche se non si tratta di anticipo sulle fatture, ma di finanziamenti generici, chiamata Funding Circle, nei suoi primi dieci mesi aveva erogato una cifra simile. Possiamo quindi affermare che il cliente italiano reagisce bene a questo tipo di innovazione.
  Contrariamente a quanto si tende a dire, cioè che le imprese italiane non sono pronte a usare questi strumenti, sono troppo arretrate per usare finanziamenti via internet e non sono in grado di comprenderli, la nostra esperienza è che esse ci sembrano prontissime e che li capiscono perfettamente.
  Se sommiamo ciò che abbiamo fatto noi con quello che ha fatto un'altra piattaforma di invoice financing, chiamata Workinvoice, parliamo di più di 100 milioni di euro erogati ad aziende italiane con questa formula. Complessivamente i finanziamenti a imprese in Italia erogati in via digitale sono già superiori a 150 milioni di euro.
  In Italia operano aziende FinTech che stimiamo impieghino attualmente circa 1.500 persone, e questi numeri stanno crescendo del 10-20 per cento ogni trimestre, così che di fatto, negli ultimi due anni, sono raddoppiati ogni anno. Il fenomeno è quindi importante per i clienti ma è importante anche in funzione della creazione di nuovi posti di lavoro. Ci chiediamo dunque: che cosa può diventare questo fenomeno?
  A tale proposito vorrei richiamare l'attenzione su un confronto tra l'Italia e una delle piazze più sviluppate per il FinTech, cioè Londra, per fornirvi qualche dato di confronto. Penso sia interessante osservare che a Londra, nel periodo che va dal 2013 al primo trimestre del 2017, cioè in poco Pag. 6più di tre anni, i fondi di venture capital hanno investito in aziende FinTech 3,7 miliardi di dollari, in Italia il dato corrispondente è 30 milioni, quindi è un numero di due ordini di grandezza inferiore rispetto a quello inglese.
  Cosa comportano questi minori investimenti nel FinTech? Principalmente due cose. Innanzitutto, per i clienti, in Inghilterra sono già disponibili ogni anno 4,5 miliardi di sterline di finanziamenti, che arrivano ai privati e alle piccole imprese tramite questi canali alternativi, mentre in Italia, come ho già detto, stiamo correndo abbastanza, ma siamo ancora su cifre (150 milioni) molto più piccole.
  Inoltre ciò significa anche un'altra cosa molto importante, che personalmente, forse, mi colpisce anche di più: se si fa il calcolo di quanti posti di lavoro vengono creati ogni anno da questi investimenti dei venture capital a Londra – si tratta di 10.000 posti di lavoro all'anno per quel tipo di competenze che vi ho decritto prima – i posti di lavoro creati nel FinTech hanno a che vedere con la tecnologia, con il risk management, con il marketing digitale e con l'intelligenza artificiale, insomma con le competenze del futuro.
  Se poniamo la nostra attenzione su questo dato, a fronte del sistema bancario italiano che ha dovuto necessariamente eliminare circa 31.000 posti di lavoro dalla crisi in poi, si comprende quanto sia importante essere presenti nei settori della tecnologia (in questo caso non parlo di Credimi, ma del FinTech in generale) i quali creano posti di lavoro che resteranno in futuro.
  Ricordiamo: 10.000 stipendi pagati ogni anno. Gli investimenti dei venture capitalist non vanno a finanziare cose astruse, non finiscono in mano ai robot, su Marte o chissà dove: in ultima analisi un fondo di venture capital, con i suoi investimenti, paga degli stipendi, perché una start-up è fatta al 70 per cento di stipendi.
  Questo credo sia l'aspetto importante del settore FinTech, che è molto importante anche per le banche. Sia Intesa Sanpaolo sia UniCredit erogano investimenti importanti nel FinTech: UniCredit ha una joint venture con un fondo specializzato chiamato Anthemis, destinato a cercare potenziali, nuovi investimenti, che la banca fa in aziende FinTech. Anche Intesa San Paolo ha realizzato un'operazione simile.
  Tutte le grandi banche e le grandi assicurazioni attingeranno sempre di più innovazione dal mondo esterno, e ciò non significa essere deboli. Lo fanno, ormai da un decennio o più, tutte le grandi corporation, comprese le aziende, come Procter&Gamble, che avevano una tradizione fortissima nel realizzare tutte le innovazioni all'interno e che adesso, invece, si considerano più dei «cacciatori» di invenzioni e di innovazioni, spesso nate altrove. Si tratta del fenomeno che viene chiamato open innovation, che è sempre più forte, e anche il FinTech sta andando in quella direzione; questa è una cosa di grande importanza anche per le banche.
  Passando al punto della stabilità del FinTech, leggo spesso circa la fortissima preoccupazione che il FinTech possa generare instabilità nel sistema finanziario, perché potenzialmente soggetto a meno controlli o a meno regolazione, o perché è soggetto a rischi tecnologici, che le banche non hanno; poi leggo anche che il FinTech può generare una sorta di minore protezione del consumatore, sempre per gli stessi motivi.
  Se però si passa all'analisi dei fatti, emerge un quadro completamente diverso. Il primo elemento è che non esiste alcuna azienda FinTech significativa che non sia regolata: le aziende del FinTech sono tutte regolate e, in particolare nell'Unione europea e nella zona euro, queste aziende sono regolate esattamente nello stesso modo delle banche. Un'azienda FinTech che fa un mestiere «x» è regolamentata allo stesso modo di una banca che fa quello stesso mestiere.
  Nel caso di Credimi, volevamo fare finanziamenti alle aziende e in Italia i finanziamenti alle aziende li possono erogare solo le banche o gli intermediari finanziari ex articolo 106 del Testo unico bancario. Noi siamo un intermediario finanziario autorizzato, i nostri colleghi e aziende FinTech sono tutti autorizzati o come istituto Pag. 7di pagamento o come istituto di moneta elettronica.
  Le aziende FinTech tedesche sono soggette esattamente alla stessa regolamentazione, così come quelle francesi e quelle spagnole, quindi l'idea che le aziende FinTech non siano regolate è fondamentalmente una pura illusione e una pura opinione, perché nei fatti, se si prende l'elenco delle aziende FinTech, non se ne trova nessuna significativa che non sia regolata.
  Il secondo fatto importante da tenere a mente è che occorre analizzare dove si sono verificate le grandi crisi e che cosa ha generato instabilità. Dal 2007 al 2014 le crisi nel settore bancario tradizionale sono costate 196 miliardi di euro in termini di aumenti di capitale per le banche americane e 180 miliardi di euro per le banche dell'Unione europea. Abbiamo fatto una piccola ricerca per vedere quali sono state le crisi generate da aziende FinTech, che in questo periodo hanno prestato, complessivamente, circa 50 miliardi di dollari, quindi non pochissimo.
  Non si trova alcuna crisi significativa, a eccezione della Cina; nel mondo occidentale, per un fenomeno che esiste ormai da dieci anni, non è avvenuta alcuna crisi significativa che si sia verificata in aziende FinTech. Abbiamo trovato una società giapponese che gestiva transazioni in bitcoin, la quale ha causato 0,4 miliardi di perdite, ma non abbiamo trovato nessun evento di questo tipo, nell'Unione europea, che abbia creato perdite per i risparmiatori o per le aziende clienti. Forse ci sono dei casi che noi non abbiamo identificato perché non siamo un istituto di ricerca; può darsi ci sia sfuggito qualcosa.
  Si è parlato tanto della crisi di Lending Club in America. Lending Club ha classificato in maniera non corretta alcuni crediti che ha venduto a un investitore istituzionale (non è stato perduto un euro) e parliamo di 0,022 miliardi di dollari.
  L'altro aspetto importante è comprendere che tipo di instabilità stiamo parlando. Finora per questo fenomeno i numeri sono piccoli e quindi capisco che ci possa essere la preoccupazione che, quando gli importi diventeranno grandi, l'instabilità possa aumentare, però, se c'è questa preoccupazione, bisogna domandarsi qual è il momento in cui questi numeri diventano effettivamente così grandi da richiedere di fermare, o frenare, lo sviluppo di un certo fenomeno.
  C'è infatti il rischio che, se prendiamo il caso di aziende FinTech in una fase antecedente rispetto alla nostra, che stanno semplicemente sviluppando un prodotto e quindi non vendono ancora niente a nessuno, perché in questa fase stanno semplicemente sviluppando tecnologia, o magari l'hanno sviluppata e la stanno usando con qualche decina di clienti a titolo sperimentale, se noi le sottoponiamo a una regolamentazione tale da imporre loro già in quel momento tutti gli obblighi che ha una banca con 100 o 1.000 miliardi di dollari di asset, sicuramente uccidiamo quell'innovazione.
  Di fatto, per certi versi, l'Unione europea sta adottando una logica simile, perché un'azienda FinTech che comincia a fare un mestiere uguale a quello di una banca (prestare denaro o gestire risparmi) è soggetta esattamente agli stessi obblighi di una banca. Esiste nella legge un principio di proporzionalità, che dovrebbe condurre all'applicazione di criteri differenti, però a nostro modo di vedere nell'Unione europea nel suo insieme questo principio di proporzionalità non è particolarmente applicato, con l'eccezione dell'Inghilterra, che tra un po’ non farà più parte dell'Unione europea.
  L'Inghilterra infatti applica in modo molto forte il principio di proporzionalità e utilizza anche una prassi, cioè l'autorizzazione provvisoria, creata proprio per far sì che le aziende che sviluppano un nuovo prodotto siano soggette a un regime provvisorio semplificato, fino al momento in cui assumono dimensioni tali da richiedere un'autorizzazione definitiva.
  In base a questo principio (vi porto un esempio concreto) l'azienda che ho citato prima, che si chiama Funding Circle, la quale è molto più grande di Credimi e che credo abbia erogato ormai quasi 4 miliardi di sterline, ha ottenuto la sua prima autorizzazione definitiva solo qualche mese fa, quindi è arrivata fino a quella dimensione Pag. 8con un regime di autorizzazione provvisoria.
  Penso che la stabilità del FinTech vada vista in proporzione alle dimensioni del fenomeno e vada considerata nell'ottica di tenere in equilibrio il potenziale rischio di instabilità con un altro principio importantissimo dell'Unione europea, che è la promozione della concorrenza e dell'innovazione, a tutela e per il benessere del cittadino europeo. A tale ultimo principio forse non si dà sempre lo stesso peso rispetto alla protezione dai rischi – soprattutto quando si tratta di rischi futuri – invece, secondo me, dovrebbe avere lo stesso peso.
  Ci sono alcuni fattori – che vorrei sottolineare e che ho illustrato nella mia relazione scritta – i quali rafforzano la stabilità di un'azienda FinTech. Il primo si applica in particolare alle aziende FinTech che si occupano di lending.
  Quasi tutte le aziende come noi, che fanno finanziamenti, non operano la trasformazione delle scadenze. Cosa significa? Noi eroghiamo finanziamenti, che sono poi acquistati dai fondi, i quali non hanno possibilità di uscire dall'investimento, ritirando i loro soldi. C'è sempre una corrispondenza tra durata dei finanziamenti e la durata della raccolta; ciò è vero nel nostro caso, ma lo è ancora di più per le aziende che fanno lending con il peer to peer, rapporti nei quali l'investitore che vuole comprare un finanziamento lo compra e non può uscirne.
  Non c'è quindi alcuna trasformazione delle scadenze, che è il rischio principale di instabilità sistemica (da quando esiste la banca, cioè da 4000 anni, è sempre stato così). Questo nelle aziende FinTech in larga parte dei casi non è presente.
  C'è un secondo fattore di riduzione del rischio importante per quanto riguarda le aziende FinTech, cioè la tracciabilità, inerente a tutte le operazioni di un'azienda FinTech. Per definizione, infatti l'azienda FinTech non usa contante e tutto quello che avviene, come nel caso di Credimi, è interamente tracciato e registrato in ogni momento. Persino le discussioni che facciamo sulle decisioni creditizie sono interamente tracciate e, in qualsiasi momento, un regolatore potrebbe fare il download completo di tutta la storia di Credimi. Questo è un secondo elemento che rafforza moltissimo la stabilità del FinTech.
  Il terzo aspetto, estremamente importante, è la grandissima partecipazione al rischio da parte degli imprenditori FinTech. Personalmente ho investito 1.200.000 euro in Credimi, ma, come dicevo prima, anche il resto della squadra è azionista e possiede il 60 per cento dell'azienda.
  Il principio di partecipazione al rischio in un'azienda FinTech è molto forte e fa sì che i comportamenti che si generano si discostino molto difficilmente dal benessere aziendale.
  Vorrei concludere con una riflessione su cosa potrebbe portare a un maggiore sviluppo del FinTech in Italia; si tratta, evidentemente, solo di un contributo alla vostra riflessione, posto che non è certo compito mio dettare le regole e, comunque, parlare di interventi normativi non rientra nelle mie attività. Credo peraltro vi siano due o tre aspetti che, dal punto di vista di noi operatori del settore, potrebbero promuovere un maggiore sviluppo di questo settore. Grazie ad esso magari non arriveremo a livello di Londra, ma potremmo collocarci a livello di Barcellona o Amsterdam, che sono più sviluppate di Milano. Si tratta di una riflessione molto specifica, che riguarda coloro che fanno finanziamenti su fatture e, poi, di due aspetti più generali.
  La prima considerazione riguarda la pratica, frequente in Italia, di vietare la cessione del credito da parte del debitore. Si tratta di una pratica diffusa in tutto il Paese. Essa fa sì che, paradossalmente, molta parte dei 500 miliardi di capitale circolante rappresentino crediti commerciali vantati da aziende le quali hanno fatto il loro lavoro, hanno fatturato e consegnato la merce dovuta, ma devono aspettare il pagamento senza potersi finanziare con una cessione, oppure si possono finanziare con una cessione che però non è completamente opponibile al ceduto. Spesso nei contratti è presente anche un divieto esplicito di cessione dei crediti, e ciò ostacola enormemente la circolazione dei capitali. Pag. 9
  Se i crediti fossero liberamente cedibili e fossero cedibili con modalità tali da non richiedere notifiche o adempimenti troppo complessi, questo meccanismo creerebbe in Italia uno dei più grandi mercati al mondo di crediti commerciali, che potrebbero diventare uno strumento liquido, circolabile e investibile, e costituirebbero un grandissimo stimolo per l'economia reale, perché libererebbero risorse, oltre a creare occasioni di investimento enormi per gli investitori.
  Vi ricordo che la cessione di crediti commerciali, da quando esistono la finanza e l'economia, è sempre stata una asset class importante: anche Goldman Sachs ha iniziato, cento anni fa e oltre, la sua attività commerciando in fatture, quindi è qualcosa in cui l'Italia, teoricamente, sarebbe posizionata in modo naturale per fare innovazione. Tuttavia questa pratica è fortemente ostacolata dal divieto di cessione, che, a sua volta, fa sì che le grandi aziende possano pagare, se non proprio quando vogliono, comunque con molta flessibilità.
  Passo al secondo punto. Ho descritto il regime di autorizzazione provvisoria. Penso che, salvaguardando il principio per cui sarebbe sbagliato introdurre per il FinTech una regolazione differente dalle banche, sia giusto introdurre, sia per il FinTech sia per le banche, un principio di autorizzazione provvisoria, proporzionata allo stadio di sviluppo di un'innovazione, il che costituirebbe un fortissimo fattore di sviluppo.
  Non sono un giurista, ma credo che il principio di proporzionalità esista già nell'ordinamento e potrebbe essere applicato, creando una consuetudine o una corsia speciale di autorizzazione provvisoria – ripeto – non solo per il FinTech, ma per chiunque, nei servizi finanziari, stia avviando una nuova attività e non abbia ancora dimensioni tali da costituire un rischio sistemico.
  Se ciò venisse realizzato, credo che, al di là dei soggetti già autorizzati, come noi, i quali forse avrebbero poco da guadagnare, si attrarrebbero nuovi investimenti in Italia, compresi gli investimenti che spesso oggi team italiani fanno all'estero; questo strumento sarebbe quindi un motore di sviluppo molto efficace.
  Per fare un esempio, a Londra, data l'imminenza dell'entrata in vigore della Direttiva PSD2 relativa ai servizi di pagamento, negli ultimi anni sono state autorizzate 400 istituzioni di pagamento non bancarie: avere un regime autorizzativo non speciale, né discriminante, ma semplicemente favorevole all'innovazione potrebbe creare, dunque, un fortissimo sviluppo. Ciò vale in particolare per la piazza di Milano, che ha già una lunga tradizione di banca e di finanza, e possiede quindi già un buon livello di competenze.
  Vorrei ricordare inoltre che sono frequentissimi i casi di start-up italiane (non faccio nomi, ma li potete facilmente identificare), nonché team italiani che vanno a Londra per iniziare una start-up fatta da italiani: questo significa emorragia di competenze, di know how, di posti di lavoro qualificati e anche di capitali, perché c'è anche un paradosso doppio, cioè casi di investitori italiani, con fondi italiani e team italiani, che creano una nuova azienda a Londra e lì investono denaro insieme ad altri italiani. Questo è un secondo punto che credo meriti una riflessione.
  Il terzo punto è relativo alla Direttiva PSD2, che è stata presa molto seriamente dallo Stato italiano e che, come ben sapete, è in corso di recepimento. Si tratta di una normativa importantissima, che promuove, effettivamente, la disponibilità di dati a beneficio di tutti gli operatori, e quindi promuove la concorrenza e la creazione di nuove imprese.
  Penso che su tali temi, in occasione del recepimento della predetta Direttiva, vada particolarmente curata la creazione di una serie di occasioni specifiche di approccio ai dati dei clienti, che favoriscano, da parte delle start-up e delle altre aziende, l'effettivo utilizzo della possibilità di attingere ai dati dei clienti, con il loro consenso.
  Prendendo nuovamente ad esempio l'Inghilterra, come sapete esiste un Open Banking Act che, se non sbaglio, prevede 32 misure di stimolo alla concorrenza e all'Open Banking, che l'Inghilterra ha adottato ben prima che la Direttiva PSD2 entrasse in Pag. 10vigore. In tale ambito una delle cose che il Governo inglese ha favorito è l’Open Banking Challenge, nel quale è stato messo a disposizione di un certo numero di giovani aziende che superavano una gara per l'accesso, un database reso anonimo, contenente i dati relativi alla «storia bancaria» di 250.000 aziende inglesi.
  Qual è l'impatto di uno strumento di questo tipo? Si dà la possibilità a giovani statistici, matematici ed esperti di tecnologia di sviluppare modelli di valutazione del rischio, ma anche modelli di servizio al cliente, perché i dati del cliente servono non solo a valutare il rischio, ma anche a creare nuovi tipi di servizi, con la possibilità di farlo avendo a disposizione una ricchezza di dati sottostante normalmente inaccessibile per una start-up. Questa è un'altra delle cose che favorisce la crescita e l'accelerazione di un settore nuovo e di nuove competenze, quindi di posti di lavoro e, in ultima analisi, di concorrenza.
  Spero di essere stato nei tempi, mi fermerei qui e vi ringrazio.

  PRESIDENTE. La ringrazio per la relazione ampia, dettagliata e molto interessante. Lascio la parola ai colleghi che desiderino intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  SEBASTIANO BARBANTI. Grazie, presidente, e grazie al dottor Ignazio Rocco di Torrepadula per la sua relazione molto interessante. Rapidamente le chiederei di approfondire due aspetti che ha già trattato. In particolare, come pensate che le vostre proposte possano avere un impatto e, soprattutto, come può un'autorizzazione provvisoria, rilasciata nel modo da voi decritto, riuscire ad avere conseguenze così importanti sullo sviluppo?

  IGNAZIO ROCCO DI TORREPADULA, amministratore delegato di Credimi. È un'osservazione che viene dall'esperienza concreta. Per il nostro mestiere siamo continuamente in contatto con aziende simili a noi, le quali operano a Londra, a New York o in altre piazze dove si lavora sulla tecnologia applicata ai servizi finanziari, e ogni volta che ho domandato a qualcuno perché non si fosse stabilito a Milano, nel caso di italiani, oppure perché avesse scelto Londra, invariabilmente la risposta principale è sempre stata: «per la velocità». Quasi mai mi è stato risposto «per il fisco» oppure «perché troviamo delle competenze che sono introvabili altrove», quasi sempre mi è stato risposto: «la velocità».
  La lentezza è il costo più terribile che ci sia per un innovatore, esso è il più terribile e letale che ci sia, perché un'azienda che sta innovando è un'azienda senza ricavi, che spende ogni giorno, e ogni giorno di tempo in più ha un costo terribile, come ogni euro in più, speso in cose che non siano lo sviluppo prodotto, è letale. Gli investitori sanno fare benissimo i loro conti e sanno che bisogna andare laddove il tempo in cui bisognerà spendere, prima di avere ricavi, è minore, e le somme spese al di fuori dello sviluppo del prodotto saranno pari a zero. Lo sanno gli investitori e lo sa chi fa start-up.
  L'autorizzazione provvisoria incide sulla velocità: se, dunque, oggi in Italia avessimo un regime di autorizzazione provvisoria per la PSD2 – cosa su cui, in tutta Europa, si stanno creando aziende ogni giorno – e si sapesse che il modo più veloce è venire in Italia, molti verrebbero qui solo per quel motivo.

  FRANCESCO RIBAUDO. È chiaro che siete in concorrenza con le banche, lei non ci ha detto però quali tassi praticate, rispetto a quelli delle banche. Se un cliente è profilato dalla banca, quando va a scontare le fatture gli verrà stimato un determinato valore, sarà considerato in un determinato modo. Voi, che non avete neanche profilato il cliente e che disponete di 48 ore per avere i dati e valutare, dovreste fare un prezzo più conveniente nello sconto delle fatture. Non ci ha parlato di questo aspetto, cioè se vi è una differenza in tal senso.

  IGNAZIO ROCCO DI TORREPADULA, amministratore delegato di Credimi. In realtà quello che facciamo in 48 ore (come vi ho detto, scarichiamo un migliaio di variabili) Pag. 11 è analizzare e profilare tutta la storia dei bilanci di quell'azienda.

  FRANCESCO RIBAUDO. Non la profilazione del ...

  IGNAZIO ROCCO DI TORREPADULA, amministratore delegato di Credimi. Di tutti e due, del cedente e del ceduto: in 48 ore, delle macchine svolgono, in modo, al contempo, molto veloce e molto approfondito, tutte le analisi che un dipendente della banca dovrebbe fare e, spesso, non riesce a fare, perché, se deve seguire 400 aziende, è impossibile che, da solo e manualmente, riesca a realizzare 400 analisi.
  Noi abbiamo una macchina che scarica tutta la storia dei bilanci e i dati della Centrale dei rischi, quindi noi abbiamo anche l'informazione, aggiornata a poche settimane prima, dei debiti totali dell'azienda, che poi confrontiamo con i debiti di bilancio, su cui calcoliamo una serie di indicatori. Inoltre utilizziamo le informazioni sui protesti e gli eventi pregiudizievoli e le informazioni sulla regolarità di pagamento dell'azienda, oltre a chiedere l'accesso elettronico ai conti correnti attraverso cui, quindi, possiamo esaminare anche l'andamento dei conti correnti.
  Tutta la profilazione del cedente e del ceduto viene eseguita, quindi, in modo molto approfondito, ma, siccome viene fatta da una macchina, è possibile concluderla in 48 ore.
  Dopodiché, per quanto riguarda i nostri tassi io ho dato l'indicazione del 4 per cento che incassano i nostri fondi, diciamo che, portando a tasso equivalente quello che incassa Credimi, siamo intorno a un tasso annuo equivalente del 5 per cento, o qualcosa in più, medio, che per i clienti migliori può arrivare al 2-3 per cento, mentre, per i clienti più a rischio, arriva al 7-8 per cento, o qualcosa del genere.
  Abbiamo uno svantaggio rispetto alle banche, perché non abbiamo un costo del funding allo zero per cento, cioè noi non possiamo rivolgerci alla Banca centrale europea: ai nostri fondi, che costituiscono il nostro costo del funding, diamo un rendimento del 4 per cento. Da questo punto di vista abbiamo un forte svantaggio, ma, siccome disponiamo di un enorme vantaggio sui costi operativi, retrocediamo quella parte al cliente; abbiamo, dunque, tassi piuttosto competitivi rispetto a quelli praticati dalle banche.

  PRESIDENTE. La ringrazio e le faccio i complimenti, oltre che per la sua relazione e per le risposte che ha fornito, anche per il nome che avete scelto: «Credimi», e non possiamo non crederle. Mi ha colpito molto positivamente il fatto che molti di voi siano giovani sotto i trent'anni, che la metà provenga dal sud Italia e che la metà sia costituita da donne ma, soprattutto, il fatto che siate azionisti, e quindi azionisti del vostro futuro: complimenti a lei e ai suoi collaboratori.
  Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal dottor Rocco di Torrepadula (vedi allegato) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.20.

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