XVII Legislatura

VI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Martedì 10 maggio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Petrini Paolo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE TEMATICHE RELATIVE AI RAPPORTI TRA OPERATORI FINANZIARI E CREDITIZI E CLIENTELA

Audizione di rappresentanti
di Federcasse.

Petrini Paolo , Presidente ... 3 ,
dell'Erba Augusto , vicepresidente di Federcasse ... 3 ,
Gatti Sergio , direttore generale di Federcasse ... 8 ,
Petrini Paolo , Presidente ... 9 ,
Paglia Giovanni (SI-SEL)  ... 9 ,
Pesco Daniele (M5S)  ... 9 ,
Alberti Dino  ... 9 ,
Villarosa Alessio Mattia (M5S)  ... 9 ,
Pelillo Michele (PD)  ... 10 ,
Petrini Paolo , Presidente ... 10 ,
Gatti Sergio , direttore generale di Federcasse ... 10 ,
dell'Erba Augusto , vicepresidente di Federcasse ... 11 ,
Gatti Sergio , direttore generale di Federcasse ... 12 ,
dell'Erba Augusto , vicepresidente di Federcasse ... 13 ,
Villarosa Alessio Mattia (M5S)  ... 14 ,
dell'Erba Augusto , vicepresidente di Federcasse ... 14 ,
Petrini Paolo , Presidente ... 14 

ALLEGATO: Documentazione depositata dall'avvocato dell'Erba ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
PAOLO PETRINI

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti
di Federcasse.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche relative ai rapporti tra operatori finanziari e creditizi e clientela, l'audizione dei rappresentanti di Federcasse.
  Sono presenti alla nostra audizione l'avvocato Augusto dell'Erba, vicepresidente, il dottor Sergio Gatti, direttore generale, la dottoressa Francesca Stella, ufficio relazioni con i media, e il dottor Juan Lopez, responsabile del servizio studi e relazioni internazionali.
  Do subito la parola ai nostri ospiti per lo svolgimento delle relazioni.

  AUGUSTO DELL'ERBA, vicepresidente di Federcasse. Vi ringrazio per l'invito e per l'opportunità che offrite al credito cooperativo di fornire un contributo all'indagine conoscitiva che il Parlamento sta conducendo in merito al rapporto tra gli operatori finanziari e creditizi e la clientela.
  Vorrei cogliere l'occasione anche per rinnovare un sentito ringraziamento a questa Commissione, al suo presidente e al vicepresidente, per il grande lavoro svolto nella fase di conversione in legge del decreto-legge sulla riforma del credito cooperativo. Dobbiamo proprio al vostro intervento alcuni essenziali emendamenti che hanno consentito di mantenere l'originalità dell'impianto normativo, superando alcuni vulnus che erano contenuti nel testo originario del provvedimento.
  Il credito cooperativo opera da sempre sulla base di un modello di business che lo caratterizza per la prossimità alla clientela. La dimensione locale, il radicamento territoriale e la governance cooperativa sono i tre pilastri sui quali le BCC (banche di credito cooperativo) hanno nel tempo costruito un rapporto di reciproca fiducia con le piccole imprese e con le famiglie. Tale rapporto si è concretizzato, da parte nostra, in precisi impegni che le nostre banche hanno preso nei confronti dei soci e dei clienti.
  È opportuno qui brevemente ricordare lo sviluppo della rete di protezione del credito cooperativo. Pensiamo che il primo servizio che offriamo ai nostri clienti sia quello di attrezzare una sorta di rete di sicurezza e protezione nei loro confronti. Non vogliamo partire da lontano, ma siamo stati originali già nel 1978, quando il credito cooperativo costituì in maniera volontaria il fondo centrale di garanzia, che fu una prima forma di fondo a costituzione e a intervento volontari. In quel periodo abbiamo gestito novanta situazioni di criticità, senza che sui clienti vi sia stato alcun impatto.
  Come è noto, nel 1997, recependo la direttiva europea in materia, è stato istituito il fondo di garanzia dei depositanti, che tuttora esiste, come consorzio privato con adesione obbligatoria. Sappiamo che l'obbligatorietà è stata uno degli argomenti Pag. 4utilizzati dalla Direzione generale della concorrenza della Commissione europea per riconoscere in questi interventi una forma di aiuto di Stato.
  Il fondo di garanzia dei depositanti ha operato nell'ambito dei poteri attribuiti dalla legge con un mandato molto ampio, che ci è stato riconosciuto anche da un'indagine del Fondo monetario internazionale del 2013, gestendo varie situazioni di crisi senza mai compromettere la fiducia dei propri soci e dei propri clienti.
  Nel 2004, nella consapevolezza che parte del risparmio e della clientela si era orientata verso strumenti innovativi, come le obbligazioni bancarie senior – non le subordinate –, abbiamo costituito il fondo di garanzia degli obbligazionisti, per garantire questa forma di risparmio. Infine, le BCC si sono dotate, in epoca relativamente recente, del fondo di garanzia istituzionale, che rientra nel quadro degli IPS (Institutional Protection Scheme), volto a rafforzare in maniera complessiva la stabilità del credito cooperativo.
  Questa panoramica evidenzia come abbiamo disteso una sorta di safety net del credito cooperativo: ne emerge una visione volta a privilegiare la stabilità e la trasparenza, che fanno parte delle caratteristiche del nostro sistema.
  In questo quadro complessivo e in continuità con l'impegno di rafforzare la stabilità delle BCC, mantenendone le caratteristiche costitutive, si inserisce l'importante riforma approvata definitivamente il 6 aprile, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 14 aprile scorso. Il decreto-legge convertito dalla legge n. 49 del 2016 ha, nei fatti, accolto la proposta di autoriforma che mirava a comporre le istanze provenienti dalle attività ovvero a migliorare la governance del sistema, allocare in modo più efficiente le risorse patrimoniali all'interno della categoria e aprire il sistema del credito cooperativo a eventuali capitali esterni, al fine di consentirne, nel caso di necessità, la rapida ripatrimonializzazione.
  Gli obiettivi irrinunciabili per le BCC restano quelli di valorizzare la mutualità e l'autonomia delle singole banche cooperative a mutualità prevalente in funzione del loro merito, semplificare le filiere produttive, accrescere l'efficienza e garantire soprattutto l'unità del sistema. Il credito cooperativo, quindi, è oggi impegnato a riempire di contenuto questo nuovo quadro legislativo, declinandolo coerentemente e in modo lungimirante sotto il profilo operativo.
  Prossimità, stabilità e trasparenza hanno consentito alle BCC di diventare un attore rilevante nel mercato bancario, in particolare nei segmenti di clientela delle piccole imprese e delle famiglie. Al riguardo, in appendice alla relazione scritta che vi ho consegnato, trovate uno schema riassuntivo.
  Le caratteristiche tipiche delle nostre banche in tema di governance e di flessibilità del modello organizzativo, il forte radicamento nel territorio, l'attenzione alla redditività sociale e al primato della persona rispetto al primato del profitto hanno determinato un comportamento significativamente diverso da quello dell'industria bancaria e dei grandi gruppi in termini di presenza territoriale, finanziamento all'economia e politiche di funding, permettendo alle BCC di svolgere un ruolo rilevante nel mitigare l'impatto della recessione e nel sostenere l'attività dell'economia locale.
  Lo stock di impieghi erogati dalle BCC ai residenti è, infatti, cresciuto più della media dell'industria bancaria nei settori di vocazione, quali le piccole e medie imprese (PMI) e le istituzioni no profit. Le quote di mercato delle BCC sono quindi aumentate nel periodo più duro della crisi anche in settori come quello delle PMI, in cui già registravamo quote di mercato molto elevate. Inoltre, le BCC hanno immesso nel nostro sistema economico liquidità netta, a medio e lungo termine, per 12,6 miliardi di euro nell'arco degli ultimi cinque anni.
  Il numero di finanziamenti per l'acquisto delle abitazioni principali erogati dalle BCC nell'ultimo trimestre dell'anno ha superato il 17 per cento del totale. In base ai dati, diffusi lo scorso mese di febbraio dal Ministero dello sviluppo economico (MISE), sull'accesso al credito da parte delle start-up innovative e degli incubatori Pag. 5certificati, mediante l'intervento del fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, le banche cooperative, insieme alle banche popolari, sono quelle più attente a sostenere questo settore in espansione, avendo erogato oltre un terzo dei finanziamenti totali. Tali finanziamenti sono coperti, in caso di insolvenza, dallo Stato, fino all'80 per cento del valore.
  I primi cinque gruppi bancari, come certifica il MISE, finanziano due terzi delle start-up, ma il dato del valore assoluto degli impieghi, diviso per il numero dei finanziamenti, fa emergere che sono le BCC quelle che, per prossimità o per convinzione, credono di più nel futuro delle start-up innovative. In totale, in base ai dati, negli ultimi dieci mesi il numero di finanziamenti concessi a questa tipologia di imprese è cresciuto del 133 per cento; è questo un dato che sfata il pregiudizio circa l'attitudine delle banche a sostenere solo i settori tradizionali di attività.
  Le BCC hanno svolto un importante ruolo anche con la tempestiva adesione alle moratorie siglate in ambito ABI, per rispondere alle esigenze di liquidità espresse dalle imprese e dalle famiglie. Al riguardo vi sono stati una serie di accordi elencati nella relazione scritta. In particolare, per quanto concerne l'accordo per il credito, nel periodo ottobre 2013 – gennaio 2016 le domande accolte dalle BCC rappresentano quasi il 9 per cento del totale delle domande del sistema.
  La coerenza delle BCC con la propria missione ha anche comportato un costo in termini di riduzione dei ricavi e aumento delle partite deteriorate, con qualche caso di difficoltà di singoli istituti, sempre risolto all'interno della categoria e senza costi per la collettività. È opportuno però sottolineare che, se si scompone la rischiosità del credito per settore di appartenenza della clientela, si evince che le BCC mostrano un profilo di rischio più contenuto della media dell'industria bancaria, soprattutto nei settori in cui le quote di mercato sono più alte. A parità di settore, noi generiamo una quantità di sofferenze inferiore; ciò significa che l'informazione diretta aiuta a migliorare il credito.
  Anche la redditività, seppure in contrazione nell'ultimo triennio, si mantiene su livelli non inferiori a quelli evidenziati dalle principali banche italiane nell'ultimo triennio. Nella tabella contenuta nella relazione scritta che vi ho consegnato, in modo anonimo, vengono indicati dati reali. Come potete verificare, la gran parte del sistema bancario ha generato perdite. Noi siamo riusciti a generare ancora profitti.
  Nonostante l'emergere di alcune localizzate criticità, frutto dell'impatto violento della prolungata crisi economica sul tessuto produttivo di alcune aree, le BCC hanno mantenuto il rapporto di fiducia con la clientela, come dimostra l'evoluzione del numero dei soci, che sono significativamente cresciuti.
  D'altro canto, la salvaguardia di questa fiducia, non solo nei confronti di una componente ma di tutta l'industria bancaria, riveste un ruolo essenziale in un Paese come l'Italia, in cui il credito bancario rappresenta tuttora la più importante e, in certi casi, l'esclusiva fonte di finanziamento dell'attività imprenditoriale, in cui le piccole imprese costituiscono la quasi totalità dei soggetti.
  In questo quadro si intende fornire alcune considerazioni in merito ai fattori che possono contribuire a mantenere e rafforzare un virtuoso rapporto di fiducia fra operatori e clientela. Come accennato, uno dei pilastri sui quali il credito cooperativo ha costituito il proprio rapporto di fiducia con i soci e i clienti è costituito dalla garanzia della stabilità a tutela del risparmio e degli impegni di affidamento. La vicenda della risoluzione delle quattro banche – tre società per azioni (SpA) e una banca popolare – avviata lo scorso 16 novembre, ha scosso la fiducia dei risparmiatori, la quale si basa su un patto implicito con l'industria bancaria e con l'autorità pubblica di tutela del risparmio nelle sue diverse forme.
  L'opzione della risoluzione è parsa alle autorità l'unica possibile per la migliore tutela dei depositanti e degli investitori, al fine di evitare effetti negativi sulla stabilità finanziaria ed economica, come precisato nella premessa dello stesso provvedimento, Pag. 6e dopo che almeno altre due ipotesi di soluzione non avevano potuto realizzarsi, o perché non autorizzate dalla Commissione europea, o perché non rese possibili dall'adesione volontaria e tempestiva di tutte le 208 banche aderenti al fondo interbancario per la tutela dei depositi. I fondi sono due: il nostro e questo che ho citato.
  La conseguenza dell'insuccesso di queste due ipotesi è stata particolarmente gravosa in termini generali e particolari: in termini generali, per il costo dell'operazione di salvataggio, certamente maggiore di quello che si sarebbe avuto in caso di utilizzo dello strumento del sistema di garanzia dei depositi (DGS); in termini particolari, per il fatto che le BCC non si sono potute sottrarre al richiamo obbligatorio di fondi.
  L'impatto dei contributi richiesti al credito cooperativo è di 225 milioni di euro, a fronte della dubbia possibilità di accedere agli strumenti di risoluzione in caso di necessità. Tale possibilità infatti, come è noto, è subordinata al criterio dell'interesse pubblico. Il nostro sistema ha sicuramente pagato queste quattro risoluzioni. Molto difficilmente, invece, potrebbe ricevere un sostegno reciproco perché il presupposto per la risoluzione, come sapete, è il riconoscimento dell'interesse pubblico. Si ritiene, per comune condivisione dottrinaria, che, rispetto a una piccola banca di territorio, l'interesse pubblico non si generi mai. Tale banca andrebbe, quindi, in liquidazione disordinata.
  Sulla scorta di tali considerazioni, molti soggetti, negli ultimi tempi, si erano espressi circa l'opportunità di prevedere una moratoria dell'entrata in vigore della normativa sul risanamento e la risoluzione delle crisi e, comunque, di realizzare una sua revisione entro il 2018. Il credito cooperativo sostiene la necessità di un ripensamento in relazione a questa normativa, alla luce delle esperienze compiute.
  La scelta interpretativa della normativa sugli aiuti di Stato adottata dalla Commissione europea ha avuto un impatto anche sulla soluzione della crisi di tre BCC in amministrazione straordinaria, e cioè Banca Padovana, una banca di significative dimensioni per il nostro mondo, e le più piccole Banca Irpina e Banca Brutia, per le quali non si è potuto fare ricorso al fondo di garanzia dei depositanti. Ci sono stati, in questo caso, interventi importanti e volontari.
  A fronte della situazione di insostenibile incertezza del diritto, Federcasse ha immediatamente e responsabilmente promosso una serie di iniziative sia di carattere istituzionale sia di natura progettuale, deliberando un intervento di carattere volontario, sostitutivo rispetto a quello del fondo di garanzia dei depositanti. Il credito cooperativo si è fatto quindi carico, come sempre è accaduto, di risolvere le proprie criticità facendo ricorso esclusivamente a risorse interne, senza alcun esborso né per i contribuenti né per le altre banche, e tenendo indenni anche i portatori di obbligazioni subordinate, i quali sono stati interamente tutelati.
  Il primo intervento riconosciuto come aiuto di Stato ammissibile è stato l'ultimo intervento del fondo di garanzia dei depositanti, da cui furono escluse le obbligazioni subordinate, che hanno trovato copertura in un intervento volontario. La DG della concorrenza della Commissione europea, con un proprio statement, ha dichiarato che quello era un aiuto di Stato ammissibile perché veniva applicato il concetto del burden sharing. È stato il primo intervento e non mi risulta ve ne siano stati altri. Successivamente la posizione della DG della concorrenza si è irrigidita ancora di più e sono state trovate altre soluzioni.
  Abbiamo pertanto rappresentato l'assoluta necessità di ottenere un quadro regolamentare certo e definito e un sistema di relazioni interistituzionali trasparente e non fondato su prassi operative stabilite unilateralmente da strutture tecniche degli organismi europei. Noi in Europa abbiamo due interlocutori, rappresentati dalle autorità di Bruxelles e dalla Banca centrale europea, con i quali abbiamo momenti di confronto spesso complessi.
  Chiediamo al legislatore italiano di prevedere misure che favoriscano l'attuazione degli schemi volontari di intervento nelle situazioni di crisi bancarie, in modo da Pag. 7assicurare la sostanziale neutralità rispetto al sistema obbligatorio e prevedendo la deducibilità fiscale dei costi connessi alle contribuzioni, agli interventi e al funzionamento degli schemi volontari, anche se non incardinati all'interno di fondi obbligatori. Infatti, l'intervento incardinato nell'altro fondo riceve il beneficio fiscale. Fatto diversamente, ossia tramite altro fondo, il beneficio fiscale non si genera. Ci sembra che si tratti di creare un allineamento tra interventi sostanzialmente uguali.
  Nel recente passato i fondi di garanzia dei depositi, i cosiddetti DGS, hanno svolto un ruolo molto rilevante nella costruzione della stabilità dell'industria bancaria e nella salvaguardia della fiducia della clientela, assicurando la prevenzione delle situazioni di difficoltà e la soluzione delle crisi senza giungere al rimborso dei depositanti e minimizzando così l'impatto sulle relazioni creditizie e riducendo il costo complessivo delle risoluzioni. La praticabilità di questa modalità di intervento, che pure è prevista nei DGS, è ora effettivamente preclusa per effetto dell'applicazione, da parte della Commissione europea, delle norme sugli aiuti di Stato. Lo schema dei DGS prevede questi interventi, ma la Direzione generale della concorrenza ha una visione molto ristretta. Altre nazioni hanno fatto ricorso alla Corte di giustizia dell'Aja.
  Anche il testo relativo al sistema europeo di assicurazione dei depositi (EDIS) prefigura un meccanismo di protezione che si limita a operare come un pay box per il rimborso dei depositanti, in situazioni estreme. In questa situazione si rileva una criticità per le BCC, che contribuiscono sia al Single Resolution Fund sia ai fondi ex-ante previsti dalla direttiva dei DGS. Paghiamo, quindi, due volte per qualcosa che magari non utilizzeremo. Il costo complessivo a nostro carico previsto per tali contribuzioni è di circa 90-100 milioni di euro all'anno, a cui vanno aggiunte le contribuzioni straordinarie nel caso di risoluzione.
  Questo ammontare appare straordinariamente elevato in confronto alla probabilità che le BCC possano causare esborsi ai due fondi. Essendo piccole banche, infatti, potrebbero non passare il test dell'interesse pubblico, come detto prima, e, nel caso di liquidazione, l'incentivo per il network a tutelare comunque la fiducia dei propri clienti tende a favorire interventi volontari che evitino il rimborso. Essendo, infatti, molto stretta la rete di fiducia che lega le nostre banche, è impossibile che il sistema delle banche di credito cooperativo faccia andare una banca in liquidazione disordinata: preferisce farsi carico degli oneri connessi a una sua sistemazione, piuttosto che mandarla in liquidazione.
  Il credito cooperativo ha infatti costruito meccanismi di solidarietà interna che intervengono per prevenire o gestire le crisi, riducendo praticamente a zero le possibilità di utilizzo di questi fondi; vengono peraltro mantenuti inalterati ampi presidi per la prevenzione dell'azzardo morale, grazie anche alla tangibile contribuzione e alla ristrutturazione aziendale da parte degli stakeholder e delle altre BCC aderenti alla federazione regionale, alla quale la banca oggetto dell'intervento eventualmente appartiene.
  Ad esempio, tra il 1997 e il 2013, il fondo di garanzia dei depositi, quale fondo obbligatorio, ha effettuato ventisei interventi assimilabili a un'attività di risoluzione, con un costo di quasi 160 milioni di euro. Al riguardo, appare evidente come questi oneri, sostenuti nell'arco di sedici anni di attività per un numero elevato di interventi, siano largamente inferiori all'esborso che il sistema del credito cooperativo è stato chiamato a sostenere per l'intervento al fondo di risoluzione nel 2015.
  In altre parole, per proteggere situazioni interne, nell'arco di sedici anni abbiamo pagato 160 milioni di euro. Solo per la risoluzione delle quattro banche, in un colpo solo, abbiamo pagato 225 milioni di euro, con le relative difficoltà a spiegare alle singole banche perché tale esborso era obbligatorio.
  Per tali ragioni, si propone di intervenire nella fase ascendente di formazione della normativa EDIS con alcuni correttivi: in particolare, con riferimento al considerato 26 della bozza di regolamento, prevedendo che i contributi all'EDIS siano calcolati Pag. 8 tenendo conto della rilevanza sistemica o non sistemica dell'intermediario, dell'ammontare dei contributi versati al Single Resolution Fund e della partecipazione a un meccanismo di solidarietà che abbia la funzione di minimizzare i rischi. Se all'interno di un sistema è previsto già un ammortizzatore del rischio, si dovrebbe pagare meno per organizzare la protezione del rischio complessivo. All'articolo 74, paragrafo 5, si dovrebbe prevedere che nel calcolo di rischio si tenga conto anche della partecipazione a schemi di solidarietà cooperativa.
  Tali considerazioni e proposte confermano che l'unione bancaria va ripensata a partire da un approccio nuovo, più ragionevole e realistico, nella produzione delle norme. C'è un'opportunità annunciata dallo stesso Commissario europeo per la stabilità finanziaria, i servizi finanziari e il mercato unico dei capitali, Jonathan Hill, e cioè l'occasione della cosiddetta «manutenzione» del Single Rulebook. Occorre farlo in modo che ciò si traduca in un cambio concreto e coerente di scelta politica.
  Questi sono i temi sui quali abbiamo voluto richiamare la vostra attenzione. La relazione che vi consegniamo prosegue con l'apprezzamento per lo SME Supporting Factor, che è stato rielaborato ed è uno strumento che consideriamo positivo per la mitigazione degli assorbimenti di patrimonio. Al riguardo, pensiamo sarebbe una buona idea estendere questo strumento anche alle imprese di carattere sociale. Noi abbiamo già articolato una proposta in merito e auspichiamo che essa possa essere condivisa.
  Alla stessa maniera siamo preoccupati perché sembra che si vogliano introdurre interventi correttivi al fondo centrale di garanzia; ritengo che esso sia uno strumento che funziona e dà buoni risultati. Non pensiamo possa essere, quindi, utile modificarlo.
  Un altro tema sul quale vorremmo richiamare la vostra attenzione riguarda le norme, recentemente varate, sul miglioramento dei meccanismi e delle procedure concorsuali.
  Su questo tema lascerei la parola a Sergio Gatti.

  SERGIO GATTI, direttore generale di Federcasse. Ringrazio e saluto il presidente e la Commissione.
  In sintesi, la prima valutazione del decreto-legge n. 59 del 3 maggio 2016, recante disposizioni in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione, è indubbiamente positiva, anche se stiamo effettuando analisi più approfondite. Sin dalla prima lettura è emersa l'importante modifica che aumenta, da 5 a 7 anni, la possibilità di fare entrare in funzione il fondo di solidarietà.
  Sappiamo che probabilmente ce ne sarà bisogno nella fase di ristrutturazione che seguirà all'attuazione della riforma del credito cooperativo e vorremmo che tale possibilità fosse estesa anche all'unico altro fondo analogo, cioè il fondo di solidarietà, che esiste dallo stesso momento in cui è nato quello relativo al resto dell'industria bancaria ed è gestito dal credito cooperativo come ente bilaterale, sia nella parte datoriale sia nella parte sindacale.
  Riteniamo sia stata una mera distrazione non aver previsto l'estensione della previsione anche al settore del credito cooperativo e riteniamo che il Parlamento possa sanare questa dimenticanza. Ribadisco che, dato il periodo che l'industria bancaria italiana sta vivendo, questi strumenti, resi flessibili e sempre a carico della parte datoriale, possano essere d'aiuto per accompagnare una fase complessa.
  Mi fermo qui. Nel documento trovate una serie di indicazioni piuttosto puntuali anche sul tema della tutela del consumatore, della privacy e della protezione dei dati personali, oltre che sull'educazione finanziaria. In particolare su quest'ultimo tema siamo impegnati da sempre, anche per motivi statutari. Da oltre 130 anni c'è un particolare investimento su questo da parte delle singole banche, a livello nazionale. Riteniamo che occorra accrescere l'impegno e sistematizzarlo. Stiamo anche dedicando attenzione, in maniera puntuale e significativa, anche se non del tutto sistemica, alla tutela della legalità e al contrasto Pag. 9 al fenomeno della ludopatia, nel quale le banche possono avere un importante ruolo indiretto.

  PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  GIOVANNI PAGLIA. Ringrazio i rappresentanti di Federcasse per il loro interessante lavoro. Vi sono alcuni utili spunti di riflessione di cui credo dovremmo tenere conto nella nostra prossima produzione normativa.
  Mi limito a porvi una domanda, che esula in parte dalla relazione presentata. Leggevo di recente che, a quanto pare – non ci sono dati certi su questo – il sistema bancario avrebbe una certa difficoltà a finanziarsi attraverso le obbligazioni. La cosa peraltro potrebbe anche essere comprensibile, alla luce degli eventi che hanno coinvolto il sistema stesso alla fine del 2015.
  Mi chiedevo se questo fenomeno è riscontrabile anche tra i vostri associati, o se invece ne siete estranei.

  DANIELE PESCO. Vorrei chiedervi se pensate che la riforma delle BCC recentemente approvata dal Parlamento sia contraria all'idea e al principio mutualistico, i quali sono sempre stati alla base delle banche di credito cooperativo e se non giudichiate opportuno un ripensamento su quella normativa.
  Sul fondo di garanzia delle banche di credito cooperativo, mi pare di intuire che secondo voi sarebbe il caso di mantenerlo e fare in modo che continui a esistere. Avendo funzionato bene in questi anni, forse sarebbe giusto così. Purtroppo abbiamo avuto diverse avvisaglie del fatto che il vostro fondo dovrà scomparire. A nostro avviso, probabilmente ciò non sarebbe opportuno.
  Per quanto riguarda la risoluzione delle quattro banche appena attuata, è stata operata una forte svalutazione del valore delle sofferenze delle quattro banche. All'inizio si è operata una svalutazione al 17 per cento del loro valore, ora sembra che ci si attesti intorno al 22 per cento; non sappiamo ancora con certezza se la stima definitiva sia stata fatta.
  Non temete che il ricorso a un'eccessiva svalutazione delle sofferenze possa essere ripetuto anche in altri frangenti e che possa verificarsi un abuso di questo strumento, tale da compromettere l'attività di altre banche?

  DINO ALBERTI. Potreste spiegare come ha funzionato la consultazione delle vostre associate nell'ambito della cosiddetta «autoriforma» delle banche di credito cooperativo? Dalle risposte che abbiamo ricevuto interpellando direttamente le singole BCC, pare che molte non siano state consultate e fossero all'oscuro di questa riforma, che sarebbe stata calata dall'alto. Ne sono venute a conoscenza quando il provvedimento è diventato legge.
  Vengo a una seconda domanda. Le pagine 12 e 13 della vostra relazione sono eloquenti sul fatto che, per voi, il fondo di risoluzione europeo è una «ghigliottina» e non dovrebbe essere applicato alle BCC. Voi siete riusciti a scrivere un'autoriforma e a portarla direttamente all'attenzione del Governo. Perché non siete riusciti a fare lo stesso anche in sede europea, prima che le direttive venissero approvate, considerato che la maggioranza dei parlamentari europei oggi è al Governo in Italia?
  Potete dirci se c'è stato un confronto su questo tema e, qualora vi sia stato, se vi è stata chiusa la porta in faccia?

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Ringrazio i rappresentanti di Federcasse. Durante l'esame del decreto-legge di riforma delle banche di credito cooperativo abbiamo fatto presente anche noi molte volte al Governo e alla maggioranza che non ne capivamo le reali motivazioni. Effettivamente, leggendo l'appendice all'ultima pagina della vostra relazione, ancora oggi non comprendiamo tali motivazioni.
  Lo stato di salute delle BCC rispetto a tutte le altre banche – anche le famose SpA verso il cui modello si cerca di orientare le banche di credito cooperativo – sembra essere migliore, in base ai risultati. Lo Pag. 10stesso vale per le sofferenze e soprattutto per l'indirizzo degli impieghi. Ci confermate che gli impieghi sono indirizzati verso la piccola e media impresa e due terzi di essi, addirittura, a favore delle start-up. È un orientamento assolutamente in linea con quello che dovrebbe essere l'obiettivo delle banche di credito cooperativo.
  Sapevamo che c'erano problemi di governance e di localizzazione di alcune banche di credito cooperativo. Perché allora non intervenire solo ed esclusivamente su questi punti, anziché trasformare totalmente un sistema orientato alla piccola e media impresa in un sistema orientato alla speculazione pura? Leggendo i dati riportati nell'appendice alla vostra relazione, non si capiscono le motivazioni che hanno condotto a tali scelte.
  La motivazione che ci ha dato il Governo è stata che la richiesta proveniva dal vostro settore. Sarebbe stato il sistema delle BCC a chiedere al Governo un'autoriforma. Mi piacerebbe capire, anche dalla vostra voce, come è andata, realmente, questa contrattazione.
  Ho una seconda domanda. Siete intervenuti su Banca Brutia, Banca Irpina e Banca Padovana attraverso il vostro fondo. Da quanto leggo, ci siete riusciti modificando le regole di contribuzione al fondo, che è quanto noi chiedevamo al Governo e alla Banca d'Italia. Siete passati, cioè, da una contribuzione obbligatoria a una contribuzione volontaria. Potreste spiegare come sono andate le cose, che rapporto avete avuto con l'Unione europea e con la Banca d'Italia nel procedere a questa trasformazione e quali difficoltà, se ce ne sono state, avete incontrato?
  Da ultimo, in un passaggio vi siete concentrati sulla tutela del consumatore e sull'educazione finanziaria. Anche noi abbiamo presentato una proposta di legge su questi temi. Vorrei però soffermarmi su un punto. A mio parere, non devono esistere gli «investitori». Non possiamo cioè trasformare i risparmiatori in investitori. Le banche sono gli investitori dei risparmi dei cittadini. Non dobbiamo fare diventare tutti i cittadini esperti di finanza, posto che, spesso, anche coloro che hanno una certa educazione finanziaria non riescono a capire taluni documenti.
  Dovrebbe essere il risparmio a garantire una remunerazione. Sappiamo che con i tassi di interesse attuali non è facile, ma il risparmiatore deve rimanere risparmiatore. L'investitore deve essere la banca. È sempre stato così fino al 1992, fino a che la banca aveva un interesse pubblico. Prima del testo unico bancario (TUB) il sistema bancario si fondava sull'interesse pubblico ed era così. Oggi, purtroppo, non più.
  Fare passare il risparmiatore per qualcuno che ha la capacità di capire un prodotto finanziario, secondo me, è sbagliato. Dare informazioni generali su che cos'è l'economia è importante, ma far passare il messaggio che il risparmiatore è in grado di capire determinati prodotti finanziari è sbagliato. Vorrei la vostra opinione anche su questo aspetto.

  MICHELE PELILLO. Vorrei soltanto ringraziare i nostri ospiti per l'apprezzamento espresso con riguardo al lavoro svolto dalla Commissione Finanze in sede di esame del decreto-legge sulla riforma delle BCC. Effettivamente il lavoro è stato ampio e intenso, ma siamo convinti di aver portato a termine un'operazione molto importante e ampiamente condivisa.
  Li ringrazio anche per il contributo offertoci oggi, perché ci sarà molto utile nel prosieguo del nostro lavoro.

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  SERGIO GATTI, direttore generale di Federcasse. Comincerei dall'onorevole Paglia, seguendo un ordine cronologico.
  L'onorevole Paglia ci poneva il tema della raccolta obbligazionaria. Si osservano due fenomeni. Il primo è un minore impegno e interesse delle nostre banche a proporre questa forma di finanziamento, che è una delle forme che consente di erogare credito nel medio o nel lungo termine alle attività produttive e all'economia reale. Il motivo del minore interesse è il costo di questo strumento, considerando la facilità con cui la liquidità può essere reperita. Pag. 11D'altro canto, c'è stata anche la tendenza della clientela a non richiedere il rinnovo automatico di tali strumenti, a differenza di quanto era avvenuto negli anni precedenti, durante i quali, invece, esso era stato pressoché scontato e, in una certa fase, anche in crescita.
  Fornisco soltanto due dati. Fino a tre anni fa, con il nostro Fondo di garanzia degli obbligazionisti – uno dei tre fondi che attualmente gestiamo – il quale rappresenta un'esperienza unica in Europa ed è anch'esso a carattere volontario, nel momento di massima espansione della raccolta obbligazionaria finalizzata a finanziare l'economia dei territori, siamo arrivati a 52 miliardi di euro. Si tratta di una bella fetta dei risparmi degli italiani, garantita dal meccanismo mutualistico.
  In questo momento la componente obbligazionaria è pari a 36,8 miliardi di euro. Soltanto il 2,4 per cento è costituito da obbligazioni subordinate, rispetto al 13,2 per cento della media dell'industria bancaria. Spero di aver risposto all'onorevole Paglia.
  L'onorevole Pesco chiedeva invece se l'attuale riforma va contro i principi di mutualità del sistema delle BCC e poneva inoltre la questione di un'eventuale revisione del fondo di garanzia dei depositanti e del fondo di garanzia istituzionale.

  AUGUSTO DELL'ERBA, vicepresidente di Federcasse. La risposta più facile riguarda il fondo di garanzia dei depositanti.
  Non è una materia nella nostra disponibilità. Se entrerà in vigore il fondo di garanzia unico, per forza di cose non sarà razionale tenere in piedi tanti fondi. È una scelta che non spetta a noi. Da un punto di vista quasi banalmente conservativo, preferiremmo mantenere il nostro fondo, che gestiamo direttamente e che ha dato buona prova. Come sentiamo tutti i giorni in televisione, però, il sistema sta andando verso la centralizzazione di questi organismi. È una volontà che sovrasta le nostre indicazioni. C'è una mentalità diffusa che porta in quella direzione.
  Per quanto riguarda il giudizio sulla riforma del settore delle BCC, ci troviamo di fronte a una «rivoluzione». Il sistema delle banche di credito cooperativo ha impegnato i lavori di questo Parlamento nel 1937, nel 1993, con la recente riforma e, parzialmente, al momento della riforma del diritto commerciale, che andò sotto il nome di riforma Vietti. Quella riforma ci riguardò in quanto definì compiutamente il concetto di cooperative a mutualità prevalente, istituendo il registro e prevedendo i criteri per la permanenza in quel registro. Abbiamo quindi attraversato tre fasi storiche assolutamente rilevanti.
  Nel 1937 ciascuna banca svolgeva la propria attività per i fatti suoi. Dal 1993 è iniziato un processo di universalizzazione dell'attività bancaria, con la necessità di costruire un sistema di rete condiviso e volontaristico. La fase attuale, che ci apprestiamo ad avviare, costituisce a nostro giudizio l'esito della volontà, espressa in sede europea, di accorpare complessivamente i sistemi bancari. Come sapete, non guardiamo con simpatia a quell'idea che va sotto il nome di semplificazione del sistema bancario, essendo invece a favore di un sistema bancario plurimo, che contenga delle «biodiversità» e una diversificazione dei modelli di banca.
  Quando ci siamo trovati dinanzi a un regolatore europeo – con riferimento alle diverse autorità presenti – che guardava con simpatia a modelli fortemente accorpati, abbiamo cercato di spiegare al Parlamento che bisognava trovare una via originale. La via originale, dal nostro punto di vista, è stata trovata, perché è stato introdotto nell'ordinamento un soggetto del tutto nuovo, cioè il gruppo bancario cooperativo, che è un istituto non assimilabile al gruppo societario disciplinato dal codice civile né al gruppo bancario già normato dal testo unico bancario. Per regolare i rapporti interni si è passati, infatti, da una definizione di patto di dominio, che richiama il concetto di una società dominante e di una società dominata, al patto di coesione.
  Ricorderete che il testo del decreto-legge contiene numerosissimi richiami al ruolo che la capogruppo deve svolgere per garantire la necessità del mantenimento, all'interno del settore del credito cooperativo, Pag. 12 dei principi di cooperazione, di mutualità e di sussidiarietà. Nello spirito della norma, la capogruppo cooperativa esiste al fine di assicurare la permanenza del modello cooperativo di base. La funzione della capogruppo non è fine a se stessa, ma è strumentale rispetto a questo bisogno.
  È prevista, ad esempio, la riserva di capitale, salvo in situazioni di crisi, la cui definizione non è nelle mani di Banca d'Italia, bensì nelle mani del Ministero dell'economia e delle finanze, e questo è un aspetto importante. Sono previsti inoltre limiti al voto. Si può cioè prevedere che il voto conti meno della quantità di capitale posseduta. È una misura fortemente correttiva. C'è anche una norma rivolta alla Banca d'Italia, con la quale si indica alla Banca stessa che, nell'emanare le disposizioni attuative del provvedimento, deve tenere conto del fatto che si tratta di banche mutualistiche. Il legislatore ha quindi deciso di dare indicazioni anche alla Banca d'Italia.
  Come ben sapete, si tratta di norme non aventi contenuto giuridico, bensì di indirizzo e noi le abbiamo accolte molto positivamente. Forse ci sarebbe piaciuto un modello diverso, ma riteniamo che questo sia un giusto contemperamento di interessi. Per questo nell’incipit del documento che vi ho consegnato abbiamo scritto che ringraziamo questa Commissione, che ha svolto la maggior parte del lavoro parlamentare. Il legislatore italiano – consentitemi questa espressione – ha resistito all'influenza europea e potete avere traccia concreta di questo se leggete il parere della BCE sulla riforma espresso nel mese di marzo, prima ancora che il decreto-legge fosse convertito.
  Nel parere, la BCE esprime apprezzamento per la riforma, ma si rammarica che i poteri della capogruppo non siano incisivi come essa avrebbe voluto. La verticalizzazione non è andata nella direzione voluta. Da un punto di vista di visione strategica, normativa e complessiva, questo significa che il Parlamento, e in primis questa Commissione, ha svolto un ruolo di positiva resistenza, seppur non di contrapposizione.
  Allargando il concetto, si è trattato di un atto di esercizio della sovranità nazionale. Questa nazione ha ritenuto di avere un pezzo di storia bancaria meritevole di un percorso diverso da quello di Rabobank o di Crédit Agricole, che sono modelli a fortissima centralizzazione, dove il meccanismo delle autonomie locali è del tutto inesistente. Noi stiamo facendo un percorso diverso e originale. Pur volendo leggere in maniera critica il testo del decreto-legge, è di tutta evidenza che questo Parlamento e tutti noi che abbiamo lavorato al progetto stiamo percorrendo una strada originale. Speriamo di saperla percorrere nei modi migliori.
  Circa l'informazione alla «periferia», abbiamo diramato un numero di circolari, notizie e informazioni amplissimo. Tutti quelli che hanno voluto seguire il dibattito hanno sicuramente potuto farlo. Posto che si tratta di norme complesse, recanti disposizioni che spesso sono cambiate nel corso dell'esame parlamentare, certamente qualcuno può dire di non essere stato adeguatamente informato. Si tratta di un settore che comprende 380 banche, con i consigli di amministrazione che vanno da 11 a 15 persone, a cui si aggiungono i collegi sindacali e i direttori. Fatti i dovuti calcoli, si tratta di migliaia di persone. Se tra queste migliaia di persone qualcuno dice di non essere stato informato adeguatamente, la notizia mi dispiace – è un gap da colmare –, ma era nelle cose che potesse accadere.
  Gran parte del sistema ha condiviso questo percorso, che arriverà al punto di maturazione a metà luglio, quando terremo il congresso nazionale a Milano, dove si darà conto in modo compiuto del lavoro svolto.

  SERGIO GATTI, direttore generale di Federcasse. Rispondo ad alcune domande dell'onorevole Alberti. Per quanto riguarda l'informazione e la consultazione, aggiungo a ciò che ha appena detto il presidente che il Consiglio nazionale di Federcasse è un organismo formato da 35 persone. All'indomani del 20 gennaio 2015, quando fu «sventata» l'idea di inserire nel decreto-legge n. 3 del 2015 in materia di banche popolari anche la riforma delle BCC, il Consiglio ha costantemente seguito non Pag. 13soltanto l'elaborazione, ma anche la redazione delle norme. I citati 35 componenti sono espressione delle singole BCC, eletti democraticamente da ciascuna di esse. Il raccordo è stato totale e non poteva che essere così.
  Per quanto riguarda la capacità di attenuare a Bruxelles l'impatto di alcune normative europee piuttosto insidiose relative alla prevenzione e alla gestione delle crisi, noi e le altre banche cooperative europee riteniamo di aver fatto tutto il possibile. I criteri per la contribuzione al Single Resolution Fund, ad esempio, hanno subito un'attenuazione, in termini di proporzionalità, per le banche di minori dimensioni e ciò ne ha ridotto il peso. Abbiamo fatto quindi tutto il possibile, nella consapevolezza che occorra seguire sin dalla fase ascendente la nascita di queste norme.
  L'onorevole Villarosa poneva tre questioni. La prima riguarda le reali motivazioni della riforma. La logica non era emergenziale, come ha ben rilevato dai dati, ma di adeguamento strutturale del sistema. La solidità patrimoniale è diventata, infatti, l'obiettivo fondamentale della normativa internazionale; ciò fa sì che la banca cooperativa, in quanto tale, sia un soggetto «con handicap», secondo un'espressione utilizzata dal dottor Salvatore Rossi, Direttore generale della Banca d'Italia.
  La natura di banca mutualistica pone limiti alla partecipazione azionaria, che abbiamo elevato da 50.000 a 100.000 euro e l'impossibilità, confermata dalla riforma, di abbandonare la logica «una testa un voto». La singola BCC mantiene la propria licenza bancaria, cosa fondamentale, e la possibilità di eleggere il consiglio d'amministrazione e il collegio sindacale.
  La logica mutualistica è assolutamente confermata, non essendo cambiato niente da questo punto di vista. È stato però necessario introdurre l'integrazione in un gruppo, una sorta di involucro, con la necessaria forma della banca società per azioni, per poter attirare, in caso di necessità – così intende il policy maker –, capitali esteri per poter capitalizzare rapidamente la banca. Noi affermiamo che occorre utilizzare in chiave strategica questa possibilità, adesso che ci troviamo in una buona condizione, così da poter attirare investitori e realizzare alleanze strategiche e industriali.
  Sull'altra questione posta, non abbiamo trasformato il fondo obbligatorio in volontario. Esiste quello obbligatorio perché non potremmo trasformarlo. Accanto a questo, il fondo di garanzia istituzionale ci ha consentito di intervenire nei casi richiamati e in altri più recenti.
  Quanto alla tutela del consumatore, è vero che non si può trasformare il risparmiatore in investitore. Noi riteniamo comunque che educare alla previdenza e al risparmio sia un valore aggiunto. Lo facciamo da 130 anni, non soltanto per vincolo statutario, ma perché riteniamo faccia parte del bene comune dei territori in cui operiamo.
  Tendiamo a non «scaricare» sul risparmiatore e sull'investitore le responsabilità quando ciò ci conviene; ciò che conta è applicare correttamente la normativa MIFID I e II, distinguendo cioè l'amministrazione dalla consulenza e facendo sì che la consulenza sia professionale e indipendente. Per questo stiamo investendo molto nell'attività di formazione.
  Infine, è stata fatta un'affermazione sull'orientamento alla speculazione. Il nostro sistema non può, per sua natura, puntare alla speculazione. Neanche la forma della società per azioni della capogruppo, come ha detto il vicepresidente dell'Erba, segue quella logica, perché ciò costituirebbe una scelta suicida. Tale forma giuridica ci dà però la possibilità di attirare capitali. Abbiamo comunque protetto la singola banca da qualsiasi contaminazione. Tutti e sei i marcatori di mutualità sono stati esattamente confermati. Erano così nel 1883 e nel 1993 e lo sono ancora nel 2016.
  Di questo penso che possiamo essere orgogliosi.

  AUGUSTO DELL'ERBA, vicepresidente di Federcasse. L'onorevole Pesco parlava della determinazione del valore delle sofferenze.

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  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Dicevo che non si può non comprendere che ogni sistema bancario è differente. In Europa ci dicono che i coefficienti patrimoniali devono essere uguali per tutte le banche, ma la banca di credito cooperativo è una banca completamente diversa da tutte le altre. Avrei preferito maggiore opposizione su questo da parte vostra.
  Voi rappresentate oltre 300 banche in Italia. Ne abbiamo ascoltate molte e non tutte condividono questa posizione. La capogruppo è una società per azioni e indirizza tutte le altre banche della holding. Non si può dire che non ci sia l'influenza di un apparato che, essendo una società per azioni, è di natura speculativa. Speculare non è un concetto negativo, ma è differente da quello di mutualità.
  Mantenere la mutualità nelle singole banche ma non nella capogruppo sembra essere una presa in giro.

  AUGUSTO DELL'ERBA, vicepresidente di Federcasse. Concluderò con alcune riflessioni su quanto ha appena detto l'onorevole Villarosa.
  Prima si parlava del valore delle sofferenze. Il nostro sistema economico è ora di ispirazione anglosassone ed è guidato in tutte le attività da un criterio detto del fair value. Secondo questo criterio del fair value, ogni asset deve essere negoziabile in un mercato a un valore ragionevolmente certo, in qualsiasi momento. Noi diremmo che questa è la lex mercatoria. Tutto fa parte di una negoziazione e tutto va valutato istantaneamente.
  Un credito va valutato non secondo quanto produrrà al suo realizzo, ma in base a quanto può essere venduto in un determinato momento. Se provo a vendere un credito e dieci persone mi dicono che lo comprerebbero a zero, quel credito vale zero. A me, personalmente, ciò non piace; potremmo parlare per ore di questo tema. Non mi piace, ma questo è il mondo ed è difficile contrastare questo orientamento.
  La SpA non è necessariamente una società speculativa. La società speculativa è infatti una società che deve generare profitti. Se lei avesse piacere di incontrarmi per approfondire il testo del decreto-legge, lo scorreremmo insieme e le farei notare in quanti passaggi il legislatore, in modo ragionevole – il legislatore è razionale per definizione – spiega come questa società debba essere guidata secondo criteri di mutualità prevalente.
  La società per azioni ha un carattere strumentale ed emergenziale: essa serve a far funzionare la mutualità prevalente. È scritto nella legge, ma possiamo avere opinioni diverse. Dal nostro punto di vista, ciò costituisce un sostanziale successo, perché nel decreto-legge che il Governo aveva inizialmente pensato di emanare vi era scritto che le autonomie locali cessavano il loro ruolo.
  Il fatto che voi siate stati disponibili ad ascoltarci e a cogliere le peculiarità che caratterizzano il nostro settore, al di là degli aspetti squisitamente normativi che potranno essere oggetto di intervento e di modifica legislativa in un secondo momento, ci sembra che il Parlamento abbia raggiunto un risultato di tutto riguardo.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dall'avvocato dell'Erba (vedi allegato) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.15.

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