XVII Legislatura

Commissioni Riunite (V Camera e 5a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Lunedì 3 ottobre 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Boccia Francesco , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti della Banca d'Italia (Attività conoscitiva preliminare all'esame della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2016, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato):
Boccia Francesco , Presidente ... 3 ,
Signorini Luigi Federico , vicedirettore generale della Banca Italia ... 3 ,
Boccia Francesco , Presidente ... 9 ,
Galli Giampaolo (PD)  ... 9 ,
Marcon Giulio (SI-SEL)  ... 9 ,
Comaroli Silvana Andreina  ... 10 ,
Palese Rocco (Misto-CR)  ... 10 ,
D'Incà Federico (M5S)  ... 11 ,
Marchi Maino (PD)  ... 11 ,
Tonini Giorgio  ... 12 ,
Boccia Francesco , Presidente ... 12 ,
Signorini Luigi Federico , vicedirettore generale della Banca d'Italia ... 12 ,
Palese Rocco (Misto-CR)  ... 13 ,
Boccia Francesco , Presidente ... 13 ,
Palese Rocco (Misto-CR)  ... 14 ,
Boccia Francesco , Presidente ... 14 

Audizione di rappresentanti dell'ISTAT (Attività conoscitiva preliminare all'esame della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2016, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato):
Boccia Francesco , Presidente ... 14 ,
Alleva Giorgio , presidente dell'ISTAT ... 14 ,
Boccia Francesco , Presidente ... 19 ,
Marcon Giulio (SI-SEL)  ... 19 ,
Tabacci Bruno (DeS-CD)  ... 20 ,
Marchi Maino (PD)  ... 20 ,
Tonini Giorgio , Presidente ... 21 ,
Alleva Giorgio , presidente dell'ISTAT ... 21 ,
Tonini Giorgio , Presidente ... 23 

Audizione di rappresentanti della Corte dei conti (Attività conoscitiva preliminare all'esame della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2016, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato):
Tonini Giorgio , Presidente ... 23 ,
Martucci Di Scarfizzi Arturo , presidente della Corte dei conti ... 23 ,
Tonini Giorgio , Presidente ... 34 ,
Palese Rocco (Misto-CR)  ... 34 ,
Tonini Giorgio , Presidente ... 35 ,
Martucci Di Scarfizzi Arturo , presidente della Corte dei conti ... 35 ,
Tonini Giorgio , Presidente ... 35 

Audizione del presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio, Giuseppe Pisauro (Attività conoscitiva preliminare all'esame della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2016, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato):
Boccia Francesco , Presidente ... 35 ,
Pisauro Giuseppe , presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio ... 36 ,
Boccia Francesco , Presidente ... 41 ,
Cariello Francesco (M5S)  ... 41 ,
Boccia Francesco , Presidente ... 42 ,
Castelli Laura (M5S)  ... 42 ,
Fassina Stefano (SI-SEL)  ... 43 ,
Comaroli Silvana Andreina  ... 44 ,
Palese Rocco (Misto-CR)  ... 44 ,
Marchi Maino (PD)  ... 47 ,
Boccia Francesco , Presidente ... 48 ,
Pisauro Giuseppe , presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio ... 48 ,
Tonini Giorgio  ... 48 ,
Pisauro Giuseppe , presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio ... 49 ,
Boccia Francesco , Presidente ... 51 

(La seduta termina alle 20.45) ... 51

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri;
Misto-Movimento PPA-Moderati: Misto-M.PPA-Mod.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA V COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
FRANCESCO BOCCIA

  La seduta comincia alle 16.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva in differita sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti
della Banca d'Italia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2016, l'audizione, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato della Repubblica, di rappresentanti della Banca d'Italia. Saluto il presidente Tonini e i colleghi del Senato.
  Do subito la parola al dottor Luigi Federico Signorini, vicedirettore generale e componente del Direttorio della Banca Italia.

  LUIGI FEDERICO SIGNORINI, vicedirettore generale della Banca Italia. Grazie, presidente. Ringrazio le Commissioni per averci, come al solito, invitato a quest'audizione nell'ambito dell'attività conoscitiva sulla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2016.
  Dato il tempo molto breve trascorso da quando la Nota di aggiornamento è stata resa disponibile, mi soffermerò soprattutto sul quadro macroeconomico e sull'andamento dei conti in corso d'anno, fornendo le informazioni in proposito che abbiamo a disposizione. Poi farò quelle riflessioni preliminari sui programmi per i conti pubblici e sulle prospettive dei prossimi anni che abbiamo potuto mettere insieme in questo breve tempo trascorso.
  Innanzitutto comincio con il quadro macroeconomico. L'economia italiana e quella dell'area dell'euro continuano a beneficiare di condizioni monetarie e finanziarie estremamente accomodanti. Il referendum britannico ha provocato sui mercati finanziari internazionali sensibili oscillazioni iniziali, che si sono poi attutite. A distanza di qualche mese gli effetti sui mercati risultano contenuti, anche grazie all'azione delle autorità monetarie. Rimane, però, l'incertezza sulle conseguenze a più lungo termine della decisione britannica di uscire dall'Unione europea. Il commercio mondiale, nel frattempo, è aumentato e sta aumentando quest'anno, ma meno del previsto.
  Nell'area dell'euro la crescita prosegue, ma a ritmi più modesti di qualche mese fa. L'inflazione al consumo risale gradualmente, in parte per l'effetto dell'andamento dei prezzi energetici. Quindi, quella di fondo non segnala ancora una robusta tendenza a riportarsi verso l'obiettivo della politica monetaria.
  In Italia la battuta d'arresto della crescita dell'attività economica nel secondo trimestre, che era inattesa all'inizio dell'anno, ha riflesso essenzialmente la stagnazione della domanda interna. Il calo Pag. 4degli investimenti in macchinari e attrezzature è stato, però, sostanzialmente compensato da un nuovo aumento della spesa in mezzi di trasporto.
  Dall'avvio della ripresa nel 2014 gli investimenti sono stati meno dinamici, sia rispetto agli altri Paesi dell'area dell'euro, sia rispetto a quello che normalmente si osserva nelle fasi di uscita da una recessione. Le nostre analisi e le informazioni provenienti dai sondaggi presso le imprese indicano che l'accumulazione e l'attività di investimento sono tuttora ostacolate dalla debolezza delle prospettive della domanda e dall'incertezza sulle tendenze future dell'economia, sugli sviluppi geopolitici e sulle implicazioni del referendum britannico, cui ho fatto cenno pochi istanti fa.
  Non vi è più evidenza che la disponibilità di credito sia un ostacolo rilevante per le scelte di investimento. Il credito alle imprese non cresce essenzialmente a causa della debolezza della domanda. Le differenze, a questo proposito, tra classi d'impresa sono significative. L'andamento dei prestiti è migliore nelle imprese con più di 20 addetti e in quelle dei servizi. Rimane nettamente negativo nel settore delle costruzioni.
  Prosegue la riduzione dei tassi di interesse sui nuovi prestiti e si è ormai quasi annullato il differenziale del costo medio di credito alle imprese tra l'Italia e la media dell'area dell'euro.
  Il mercato del lavoro dà segnali, nel complesso, positivi. Nel 2015, grazie anche alla decontribuzione per le assunzioni a tempo indeterminato e all'introduzione del contratto a tutele crescenti, l'occupazione era cresciuta più rapidamente di quanto non lasciasse prevedere l'andamento del prodotto.
  Nel 2016 l'occupazione ha continuato a espandersi. Nel corso dell'anno sono emersi segnali di rallentamento, presumibilmente anche in connessione con il ridimensionamento della contribuzione. Si potrà essere più precisi su questi aspetti tra qualche mese, quando dati più aggiornati e più disaggregati saranno disponibili e un po’ di riflessione si sarà potuta fare.
  Dopo l'arresto nel secondo trimestre, il PIL, sulla base delle informazioni fornite dagli indicatori congiunturali, a nostro giudizio, potrebbe tornare a crescere nel terzo, anche se a ritmi molto modesti. Le informazioni congiunturali a cui mi riferisco sono principalmente l'andamento della produzione industriale, che è stata dinamica a luglio, riportandosi sui livelli medi del secondo trimestre.
  Con riguardo agli indicatori, che sono da prendere naturalmente con un certo grano di sale, della fiducia, sia per quanto riguarda le imprese, sia per quanto riguarda i consumatori, secondo l'indagine sulle aspettative di inflazione e crescita dello scorso mese, le imprese si attendono nel complesso un aumento della spesa per investimenti nel secondo semestre di quest'anno.
  Il quadro macroeconomico della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza è meno favorevole rispetto al Documento originario di aprile. Nello scenario tendenziale si prevede ora che il PIL dell'Italia aumenti dello 0,8 per cento quest'anno, contro l'1,2 previsto in primavera, e che rallenti ulteriormente, seppure lievemente, il prossimo (0,6 contro ancora l'1,2).
  La revisione riflette il peggioramento del contesto internazionale e, in particolare, l'ulteriore indebolimento del commercio mondiale e l'aumento delle quotazioni del greggio, i cui effetti sulle esportazioni e sull'attività produttiva dell'Italia sarebbero accentuati nel quadro macroeconomico dall'apprezzamento del tasso di cambio.
  L'inflazione, misurata con il deflatore dei consumi, si attesterebbe allo 0,1 per cento quest'anno e salirebbe all'1,7 nel 2017.
  Lo scenario tendenziale per il biennio 2016-2017 è sostanzialmente in linea con le stime oggi disponibili. Tra le valutazioni recenti dei principali previsori privati e istituzionali la crescita stimata dal Governo per il 2017 si colloca nella parte bassa. Le altre previsioni, tuttavia, non includono generalmente gli effetti negativi derivanti dall'inasprimento della tassazione indiretta previsto dalle cosiddette clausole di salvaguardia, Pag. 5 che invece sono prese in considerazione nello scenario a legislazione vigente del Governo.
  Volevo segnalare che sulla distribuzione delle previsioni abbiamo provato a inserire, per la vostra lettura, la figura 1, che colloca la previsione del Governo – sia il quadro tendenziale, sia il quadro programmatico – in una distribuzione ricostruita statisticamente dalle previsioni dei principali previsori e la confronta, in particolare, con Consensus.
  Passando a considerare lo scenario programmatico, il Governo prospetta per l'anno prossimo una crescita del prodotto nettamente più elevata (0,4 percentuali in più) e un'inflazione più bassa (0,8 punti in meno rispetto al quadro tendenziale). La differenza è dovuta all'annullamento dell'inasprimento delle aliquote IVA, cui ho appena fatto cenno, nonché agli altri interventi che il Governo intende realizzare con il prossimo disegno di legge di bilancio. Tra questi vengono elencati investimenti pubblici in infrastrutture, incentivi fiscali in favore delle imprese che investono e interventi di sostegno ai pensionati.
  Nel complesso, le misure previste per il 2017 comportano un aumento dell'indebitamento netto di quasi mezzo punto percentuale del PIL rispetto al suo valore tendenziale e un incremento del prodotto di ammontare analogo. Il moltiplicatore implicito in questa previsione è elevato, dati anche i ritardi che normalmente caratterizzano la risposta della spesa privata e le misure di bilancio.
  Nelle valutazioni del Governo il mancato aumento dell'IVA avrebbe un impatto positivo sul tasso di crescita del PIL pari a 0,3 punti percentuali nel 2017, un effetto piuttosto forte rispetto a stime econometriche basate sui dati del passato. Le altre misure espansive fornirebbero un ulteriore contributo di 0,3 punti percentuali. Poiché molto dipende dalla natura e dalla modalità degli interventi, per una valutazione compiuta occorrerà attendere i dettagli ed è sicuramente da condividersi la priorità attribuita al sostegno degli investimenti.
  Il Governo ha, inoltre, richiesto al Parlamento l'autorizzazione ad accrescere il disavanzo rispetto a quello indicato nel nuovo quadro programmatico fino ad altri 4 decimi di punto percentuale del prodotto per finanziare maggiori spese connesse con eventi eccezionali, in particolare quelle per la messa in sicurezza del territorio e del patrimonio immobiliare e per la gestione dei flussi migratori. Gli effetti sul prodotto di tali eventuali maggiori spese non sono per ora inclusi nello scenario programmatico.
  Per il biennio seguente 2018-2019 le previsioni di crescita del PIL del quadro tendenziale sono invariate rispetto alle stime dello scorso aprile (1,2 per cento nel 2018 e 1,3 nel 2019). Sono state, invece, riviste al ribasso per 0,2 punti percentuali in ciascun anno nello scenario programmatico. La revisione dovrebbe riflettere la composizione degli interventi programmati, in particolare la rimodulazione degli inasprimenti delle imposte indirette.
  Veniamo ora al secondo punto che avevo preannunciato, ossia l'andamento dei conti pubblici nel 2016. La Nota rivede marginalmente rispetto al DEF di aprile le stime dei conti pubblici per l'anno in corso. L'indebitamento netto si collocherebbe al 2,4 per cento del PIL, un decimo di punto in più rispetto a quanto previsto in primavera. La variazione è principalmente riconducibile alla minore crescita attesa, mentre, in direzione opposta, sono state riviste al ribasso le spese in conto capitale e al rialzo le entrate per imposte dirette. Nonostante la nuova stima sia meno favorevole, il disavanzo comunque si ridurrebbe rispetto al 2015.
  I dati sul saldo e sulle entrate di cassa finora disponibili sono compatibili con le stime d'indebitamento netto del Governo. Almeno nei primi sette mesi del 2016 – confrontati a parità di condizioni con lo stesso periodo dell'anno scorso – si può stimare che il fabbisogno delle amministrazioni pubbliche abbia registrato un miglioramento anche leggermente superiore a quello coerente con le stime del Governo per l'indebitamento netto dell'anno. Ripeto che mi riferisco ai dati finora disponibili, che riguardano i primi sette mesi per le Pag. 6amministrazioni pubbliche e i primi otto per lo Stato.
  Tra l'altro, la previsione del Governo di realizzare maggiori entrate per imposte dirette nel 2016 è in linea con la dinamica delle entrate tributarie del bilancio dello Stato osservata fino a questo momento. Nei primi otto mesi dell'anno, al netto di lotto e lotterie, esse sono cresciute del 4 per cento rispetto al periodo corrispondente del 2015, sospinte in particolare dal buon andamento delle imposte versate in autotassazione.
  Nelle stime della Nota la spesa primaria rimarrebbe sostanzialmente stabile, contro una crescita del prodotto nominale dell'1,8 per cento. La pressione fiscale diminuirebbe di 7 decimi di punto del PIL.
  Il disavanzo strutturale, ovvero il disavanzo al netto degli effetti del ciclo economico e delle misure temporanee, aumenterebbe, invece, di mezzo punto percentuale del PIL rispetto al 2015, attestandosi nel quadro programmatico all'1,2 per cento. Il motivo per cui nel quadro programmatico per il 2016 l'indebitamento netto in rapporto al PIL si riduce, ma il disavanzo strutturale, invece, aumenta consiste nel miglioramento della situazione congiunturale rispetto al 2015, miglioramento che comunque c'è stato, anche se le previsioni sono ora un po’ meno ottimistiche di quelle che potevano essere ragionevolmente fatte all'inizio dell'anno.
  La contrazione dell’output gap per circa un punto percentuale, come misurato dalla metodologia europea estesa a quattro anni, ha ridotto la componente ciclica negativa del disavanzo di oltre mezzo punto percentuale del PIL. D'altra parte, anche l'avanzo primario corretto per il ciclo, riflettendo l'intonazione espansiva della politica di bilancio, si è ridotto in misura analoga. L'ulteriore diminuzione della spesa per interessi (2 decimi di punto) ha consentito all'indebitamento netto di scendere anche nell'anno in corso.
  Il peggioramento del disavanzo strutturale è più ampio di quello indicato nelle raccomandazioni del Consiglio dell'Unione europea dello scorso luglio, a fronte dei margini di flessibilità riconosciuti principalmente per riforme strutturali e investimenti. Nella valutazione del Governo lo scostamento non sarebbe significativo e non dovrebbe, quindi, pregiudicare il rispetto della parte preventiva del Patto di stabilità e crescita nel 2016. Si ricordano poi nel testo i numeri di dettaglio.
  I margini di flessibilità sono stati riconosciuti a condizione che in sede di valutazione del prossimo Documento programmatico di bilancio la Commissione europea possa verificare il rispetto dell'impegno assunto dal Governo in primavera di riprendere nel 2017 il percorso di aggiustamento verso l'obiettivo di bilancio di medio termine.
  Secondo il DEF di aprile, nel 2016 l'incidenza del debito sul prodotto avrebbe cominciato a diminuire, seppure lievemente. Nelle stime della Nota l'inversione di tendenza del debito, o per meglio dire il rapporto debito/PIL, è rinviata all'anno prossimo. Nel 2016 il rapporto tra il debito e il PIL cresce di 5 decimi di punto percentuale, raggiungendo il 132,8 per cento.
  La revisione di questa stima è riconducibile per metà all'effetto meccanico della riduzione. In totale, rispetto alla riduzione di 3 decimi c'è stato un aumento di 5 decimi, per un totale di circa 8 decimi di punto percentuale del PIL. Metà di questo, ossia 4 decimi di punto percentuale, è riconducibile all'effetto meccanico della riduzione della previsione di crescita del PIL, che abbassa il denominatore del rapporto tra debito e PIL. Il resto è dovuto per la maggior parte a proventi da privatizzazioni che sono risultati inferiori a quanto programmato l'anno scorso e ancora confermato nel DEF di aprile (un decimo di punto percentuale del PIL contro 5 decimi). Anche per le condizioni di mercato non favorevoli, negli ultimi anni l'ammontare delle privatizzazioni effettivamente realizzato è stato quasi sempre inferiore ai programmi.
  Adesso passo a qualche prima considerazione sull'andamento dei conti pubblici nei prossimi anni, come prefigurati nella Nota di aggiornamento, analizzando, come di consueto, prima l'andamento a legislazione vigente, ossia le cosiddette stime tendenziali, Pag. 7 e poi i programmi che tengono conto degli interventi che il Governo intende attuare.
  L'indebitamento netto tendenziale a legislazione vigente diminuirebbe gradualmente nel triennio 2017-2019 e alla fine dell'orizzonte di programmazione si raggiungerebbe il pareggio di bilancio nominale. Rispetto alle previsioni del DEF la Nota rivede al rialzo di 2 decimi di punto percentuale del PIL l'indebitamento netto al 2017, all'1,6, e di 4 decimi in media quello dei due anni successivi. Le revisioni riflettono essenzialmente gli effetti del rallentamento della dinamica del prodotto, in parte compensati da una riduzione della spesa per interessi, di circa un decimo di punto in media nel triennio.
  Nello scenario tendenziale il debito delle amministrazioni pubbliche comincerebbe a diminuire l'anno prossimo. Nel biennio successivo il calo sarebbe più marcato e al termine dell'orizzonte previsivo il debito sarebbe pari al 126,1 per cento. Rispetto al DEF di aprile, che prevede una flessione già a partire da quest'anno, la riduzione del rapporto tra debito e PIL nel triennio sarebbe inferiore di oltre 2 punti percentuali.
  Passando allo scenario programmatico, l'orientamento della politica di bilancio misurato dalla variazione dell'avanzo primario corretto per gli effetti del ciclo rimane pressoché invariato rispetto a quanto programmato ad aprile. Le variazioni degli obiettivi dipendono, quindi, anche in questo caso essenzialmente dal peggioramento della congiuntura rispetto alle previsioni di allora. La politica di bilancio rimarrebbe espansiva nel 2017 e diverrebbe moderatamente restrittiva nei due anni successivi.
  L'indebitamento netto programmato per il 2017 è pari al 2 per cento del prodotto, contro l'1,6 per cento del tendenziale. Il saldo strutturale è invariato rispetto all'anno precedente. Il DEF di aprile fissava un obiettivo per l'indebitamento netto del 2017 pari all'1,8 e un miglioramento del saldo strutturale di 0,1 punti, ossia 1,8 contro 2 e 0,1 contro 0. Il Governo ritiene che, data la situazione congiunturale, sia controproducente una correzione strutturale nel 2017.
  Come era già stato annunciato nel DEF ad aprile, nel 2017 il Governo intende evitare l'inasprimento delle imposte indirette disposto dalla legge di stabilità per il 2015 e compensarne solo in parte gli effetti con interventi di contrasto all'evasione e all'elusione fiscale e di revisione della spesa. Riguardo ai primi, un'analisi accurata dell'efficacia dei provvedimenti relativi all'evasione adottati in passato permetterebbe di indirizzare le misure di prevenzione e contrasto verso gli strumenti che, alla prova dei fatti, si sono rivelati più efficaci.
  Come ho già ricordato con riferimento al quadro macroeconomico, per il 2017 il Governo chiede, inoltre, al Parlamento l'autorizzazione ad ampliare, se necessario, l'indebitamento netto fino a un massimo di 0,4 punti percentuali del prodotto (7,7 miliardi). Nella richiesta viene precisato che l'eventuale aumento del disavanzo rifletterebbe le spese connesse con gli eventi eccezionali che ho già menzionato. Gli effetti di queste eventuali spese non sono al momento inclusi nel quadro programmatico.
  L'indebitamento netto si ridurrebbe all'1,2 per cento del PIL nel 2018 e allo 0,2 nel 2019. In termini di disavanzo strutturale l'aggiustamento riprenderebbe nel 2018 e il sostanziale pareggio di bilancio, che è poi l'obiettivo di medio termine dell'Italia, sarebbe raggiunto nel 2019, esattamente come previsto nel DEF di aprile.
  L'incidenza del debito sul prodotto comincerebbe a diminuire l'anno prossimo. Alla fine dell'orizzonte previsivo, cioè nel 2019, la riduzione sarebbe inferiore a quella indicata nel quadro tendenziale di circa mezzo punto. Alla riduzione del debito contribuirebbero i proventi delle privatizzazioni, i cui obiettivi per il triennio 2017-2019 sono rimasti immutati rispetto a quanto previsto nel DEF di aprile (0,5 per cento del prodotto all'anno nel biennio 2017-2018 e 0,3 nel 2019). Nel triennio la riduzione dell'incidenza del debito sul prodotto sarebbe inferiore a quanto programmato in primavera (6,2 punti anziché 8,6), risentendo soprattutto degli effetti di una Pag. 8crescita attesa del prodotto nominale più contenuta.
  Come indicato nella Nota e già anche in aprile nel DEF, il criterio numerico della regola del debito non sarebbe rispettato né nell'anno in corso, né in quello successivo. Ad aprile la distanza dagli obiettivi previsti dalla regola sul debito era più limitata. In quell'occasione il Governo aveva esplicitamente richiamato i fattori rilevanti, quali la bassa inflazione, alla luce dei quali non vi erano violazioni della regola, nonostante il mancato raggiungimento del benchmark quantitativo.
  Nella valutazione del Governo gli obiettivi della Nota sono coerenti con le regole europee, tenendo conto del peggioramento delle condizioni cicliche e della revisione della stima dell’output gap che misura le condizioni cicliche. La Commissione europea si esprimerà, come è noto, in merito a novembre, in sede di valutazione del Documento programmatico di bilancio.
  Signor presidente, onorevoli deputati e onorevoli senatori, prima di terminare riassumo i principali elementi che ho ritenuto utile presentare e formulo alcune considerazioni conclusive.
  Lo scenario macroeconomico tendenziale per il biennio 2016-2017 tiene conto in modo prudente del peggioramento del contesto esterno. Sulla base delle informazioni fino ad oggi disponibili esso appare, quindi, condivisibile.
  I dati sui flussi di cassa delle amministrazioni pubbliche sono fino a questo momento coerenti con la stima di disavanzo del Governo per l'anno in corso.
  Nello scenario programmatico per il 2017 la dinamica del prodotto è significativamente maggiore di quella del quadro tendenziale. L'obiettivo è ambizioso e la previsione è basata su una composizione della manovra sulla quale la Nota non fornisce informazioni di dettaglio. Per conseguire il risultato il prossimo disegno di legge di bilancio dovrà essere definito con grande cura.
  Con riferimento alle misure di sostegno alla crescita sarebbe opportuno concentrare l'attenzione su quelle che possono favorire una rapida ripresa degli investimenti, sia privati, sia pubblici. Per questi ultimi in particolare occorre assicurare non solo lo stanziamento di risorse, ma anche presìdi per un efficiente e tempestivo loro utilizzo. Gli effetti recessivi delle necessarie coperture finanziarie potranno essere contenuti se si riusciranno a individuare sprechi da eliminare e a contenere i costi di funzionamento dell'amministrazione pubblica.
  Anche nel 2016, se le previsioni saranno confermate, l'incidenza delle spese primarie correnti sul PIL diminuirà lievemente, proseguendo la tendenza dell'ultimo biennio, correggendo per il credito d'imposta per i lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi.
  Ritengo la riduzione della spesa un risultato importante, anzi è indispensabile proseguire con sempre maggiore determinazione su questa strada se si vogliono tenere i conti pubblici sotto controllo, senza contare soltanto sul livello oggi eccezionalmente basso dei tassi d'interesse e senza comprimere gli investimenti, il cui rilancio è invece necessario per la crescita. I progressi saranno tanto più intensi, solidi e duraturi quanto più gli sforzi di contenimento delle erogazioni realizzati negli ultimi anni saranno sistematici e inquadrati in un progetto capillare di lungo periodo di revisione della spesa.
  L'economia italiana beneficia della politica monetaria eccezionalmente espansiva dell'area dell'euro. Non è un motivo per non agire, tutt'altro. Le altre politiche economiche possono e devono sfruttare lo spazio che essa crea. I minori oneri per interessi sul debito pubblico consentono di avviarne la riduzione senza frenare l'economia. È una questione essenziale per un Paese come l'Italia, dove il peso del debito pubblico ereditato dal passato è così alto. Pertanto, l'importanza di ridurlo è maggiore e, al tempo stesso, l'onere degli interessi è maggiore, quindi il sollievo portato da tassi d'interesse particolarmente bassi è anch'esso maggiore.
  Lo stimolo congiunturale permette di attenuare i costi di breve periodo delle riforme strutturali, creando le condizioni Pag. 9per accelerarne l'attuazione e agevola il rilancio e il completamento delle riforme.
  La riduzione del peso del debito pubblico sull'economia resta un obiettivo strategico. Sul suo mancato avvio quest'anno hanno gravato certamente la dinamica poco favorevole del denominatore e la difficoltà di realizzare, in condizioni di mercato avverse, le privatizzazioni originariamente previste. È fuor di dubbio che le condizioni del mercato rilevino per decidere quali privatizzazioni effettuare e quando. Se, da un lato, quindi, è bene formulare previsioni caute su quanto si riuscirà di fatto a privatizzare anno per anno, dall'altro, definire scelte strategiche chiare e ambiziose potrà consentire di attivarsi rapidamente e per importi significativi quando le condizioni di mercato lo permetteranno. Un'appropriata strategia di privatizzazione – ci tengo a specificarlo – non contribuisce solo a ridurre in qualche misura il debito, ma dovrebbe anche perseguire l'obiettivo di accrescere l'efficienza complessiva dell'economia in un quadro di adeguate regole e di adeguati controlli.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Signorini.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIAMPAOLO GALLI. Ringrazio il dottor Signorini per questa relazione molto utile e sintetica, che chiarisce i punti fondamentali. Mi sembra che per quello che riguarda il quadro macroeconomico ci sia una sostanziale condivisione, laddove mi pare si dica che il quadro macroeconomico tendenziale tiene conto in modo prudente del contesto esterno.
  C'è un'osservazione sugli effetti, forse un po’ forti, della manovra che vengono ipotizzati e che porterebbero ad aumentare, mi pare dallo 0,6 all'1 per cento, il tasso di crescita del PIL dell'anno dopo. Vedo, però, che poi, alla fine, nella valutazione d'assieme, che è quella che emerge guardando, se non sbaglio, la figura 1, una crescita dell'1 per cento è appena superiore alla previsione più frequente in quella tabella, che sembrerebbe essere lo 0,9. Stiamo parlando di esiti proprio assolutamente decimali. La previsione di Consensus Economics, che è una specifica pubblicazione, non è necessariamente la media delle previsioni, ma la previsione più frequente, o la moda in termine tecnico, è di 0,9. Stiamo parlando di variazioni decimali, che potrebbero essere giustificate o no alla luce dei provvedimenti di stimolo che prenderà il Governo con il disegno di legge di bilancio.
  Il fatto che ci debbano essere degli stimoli congiunturali mi pare sia un concetto condiviso da voi, laddove dite che lo stimolo congiunturale permette di attenuare i costi di breve periodo delle riforme strutturali. Si tratta sostanzialmente di un percorso di aggiustamento, che rimane un percorso di aggiustamento, ma meno intenso di quello che era stato preventivato inizialmente.
  Ho sostanzialmente una domanda. Colpisce molto il fatto che il disavanzo nel 2016 diminuisca dal 2,6 a 2,4, ma aumenti di ben mezzo punto percentuale, dallo 0,7 all'1,2 il disavanzo strutturale. Ciò in ragione del fatto che l’output gap, come voi dite giustamente, aumenta, sulla base della metodologia della Commissione, di ben un punto percentuale. La crescita del 2016 è dello 0,8 e il potenziale dell'economia italiana, sulla base di questi conti, diminuisce nel 2016 di 0,2, se l’output gap aumenta dell'1 per cento. Non ho verificato, ma immagino che sia così.
  Francamente che l’output potenziale diminuisca e continui a diminuire è un po’ difficile da accettare. Ci siamo dimenticati come si fa a produrre. Lo so che questo è un risultato analitico che emerge da molte delle stime della Commissione, ma chiedo a lei, dottor Signorini, se questo non sia un punto che rafforza i dubbi che sono già stati sollevati dal Ministero dell'economia e delle finanze in sede europea, e da altri Governi a dir la verità, riguardo alle metodologie di stima dell’output gap.

  GIULIO MARCON. Ringrazio anch'io il dottor Signorini per la sua relazione, che, se non ricordo male, mi sembra più problematica, almeno per alcuni passaggi, rispetto Pag. 10 a quella che ci aveva illustrato in occasione della presentazione del DEF.
  Ricavo questa impressione di maggiori dubbi e di maggiori prudenze da parte della Banca d'Italia sulla valutazione di questa Nota di aggiornamento – peraltro, è un paradosso, perché la Nota di aggiornamento dovrebbe contenere dei dati più affidabili e più accurati rispetto al primo documento – dalla pagina 5 della sua relazione. In un capoverso ci sono tre passaggi che mi lasciano preoccupato e sui quali vorrei chiedere un approfondimento.
  Il primo passaggio di questo capoverso fa riferimento a «un aumento dell'indebitamento netto di quasi mezzo punto percentuale del PIL rispetto al suo valore tendenziale e un incremento del prodotto di ammontare analogo». Nella relazione si afferma che «il moltiplicatore implicito in questa previsione è elevato, dati anche i ritardi che normalmente caratterizzano la risposta della spesa privata alle misure di bilancio». Se devo tradurre e trovare un'espressione analoga, penso a «sovrastimato» più che a «elevato».
  C'è una seconda valutazione rispetto alla stima fatta dal Governo di un aumento del PIL dello 0,3 per cento in seguito al mancato aumento dell'IVA. Voi dite che questa valutazione dell'aumento di 0,3 punti percentuali è «un effetto piuttosto forte rispetto a stime econometriche basate sui dati del passato». L'espressione «effetto piuttosto forte» mi dà questa impressione, quindi anche su questo le chiedo un approfondimento.
  In terzo luogo, sempre in questo capoverso, a pagina 5, si parla della previsione di aumento di 0,3 punti percentuali grazie ad altre misure espansive, però voi affermate che per una valutazione compiuta occorrerà attendere i dettagli. Inoltre proseguite affermando che «è sicuramente da condividersi la priorità attribuita al sostegno degli investimenti».
  Dunque, in questo capoverso ci dite due cose. In due passaggi ci dite che sostanzialmente le stime – faccio una mia traduzione, di cui mi prendo la responsabilità – sono sovrastimate (scusate il gioco di parole). In terzo luogo, ci dite che non siete in grado di fare una valutazione perché non ci sono i dettagli.
  Da una parte, ci dite che sono sovrastimate e dall'altra che non siete in grado di fare una valutazione perché ovviamente non ci sono i dettagli. Ricavo l'impressione che l'aspetto problematico di questa Nota di aggiornamento nel vostro documento, che pure è un vaglio istituzionale e deve avere un approccio di questo tipo, sia molto evidente. Le chiedo conferma di questa impressione e un approfondimento su questo passaggio.

  SILVANA ANDREINA COMAROLI. Mi perdoni, ma io sono arrivata leggermente in ritardo e da una scorsa veloce del documento non sono riuscita a vedere che PIL prevedete, alla luce delle diverse considerazioni.
  Se possibile, vorrei una sua valutazione sul fatto che ad aprile il PIL era stimato a + 1,2. Giustamente ci sono tutte le variazioni macroeconomiche e a livello del commercio mondiale (aumento del greggio eccetera), però nell'arco di quattro mesi una diminuzione dall'1,2 allo 0,8, come prevede il Governo, è una cifra importante. È vero che è uno zero virgola, però sono valori importanti. Le chiedo se può darmi una sua motivazione di cosa è successo realmente, se le stime avanzate erano già troppo elevate o cos'altro.
  Inoltre, vorrei sapere come mai, in base ai vostri dati, il PIL nell'area euro cresce dell'1,7, mentre purtroppo la nostra economia fa veramente fatica ad avanzare e a migliorare.
  Infine, mi ha incuriosito un fatto. L'Italia ha sempre avuto un debito pubblico alto e voi ribadite il debito pubblico «ereditato dal passato». Tuttavia, anche recentemente il debito pubblico è aumentato. Negli ultimi due anni e mezzo siamo passati da 2.000 miliardi a più di 2.200 miliardi, quindi questo debito pubblico non è proprio ereditato dal passato.

  ROCCO PALESE. Ringrazio il dottor Signorini per aver fatto un'illustrazione sintetica sul dato macroeconomico e sulle valutazioni della Banca d'Italia. Pag. 11
  Nella Nota presentata dal Governo emerge ancora una volta un sostanziale ottimismo, che sarebbe auspicabile, però poi noi ci troviamo da diversi anni e, a onor del vero, indipendentemente dai vari Governi che si succedono, a dover rivedere al ribasso le stime di crescita previste. Questo accade quasi sempre.
  Ho una domanda specifica. Non ho letto il documento completo, ma ho un'impressione. Premetto che ovviamente il problema sono la crescita e gli investimenti, perché perdere dieci punti di PIL in pochi anni e il 30 per cento degli investimenti rimane un problema sempre molto serio. Ho visto che non c'è una valutazione appropriata su ciò che potrebbe accadere in una particolare area del Paese (riversandosi poi su tutto il Paese) a seguito dell'eventuale corretto e completo utilizzo dei fondi strutturali. Mi riferisco ai fondi per il Mezzogiorno. È come se il problema non esistesse. Ci si è arresi? Si dà per scontato che non comporteranno un miglioramento o, peggio ancora, che non verranno utilizzati?
  Comprendo che questa domanda è molto più appropriata per il Ministro dell'economia e delle finanze, che verrà domani, però vorrei sapere da un istituto autorevole come il vostro se questa analisi è stata determinata da queste considerazioni.
  Inoltre, è noto che c'è una serie enorme di preoccupazioni sul sistema del credito italiano, europeo e internazionale. In questo contesto, c'è qualche previsione iniziale, positiva o negativa, da parte della Banca d'Italia che possa impattare sulla situazione del sistema produttivo, sugli investimenti del nostro Paese? Leggiamo continuamente delle difficoltà costanti, del quasi fallimento di Monte dei Paschi di Siena, delle quattro banche salvate che non vengono vendute, eccetera. Quanto può incidere questo? Che tipo di preoccupazione c'è?
  Ovviamente non intendo chiederle una previsione esatta, però mi sembra che il documento eluda completamente questo problema, mentre, secondo me, dovrebbe esserci qualche valutazione.

  FEDERICO D'INCÀ. Nel ringraziare il dottor Signorini, non si può far altro che vedere in questa relazione della Banca d'Italia ciò che è realmente il Paese: vi è una debolezza della domanda, vi è una debolezza degli investimenti, vi è un Governo che di fatto sta raccontando una favola agli italiani.
  Abbiamo delle problematiche collegate. Io mi concentro sulle conclusioni della Banca d'Italia nelle quale si identifica, nello scenario programmatico per il 2017, una «dinamica del prodotto significativamente maggiore di quella del quadro tendenziale». L'obiettivo si definisce «ambizioso». Si afferma che «la previsione è basata su una composizione della manovra sulla quale la Nota non fornisce informazioni nel dettaglio» e si aspetta per poter capire il prossimo disegno di legge di bilancio.
  Questo mi sembra il passaggio chiave. La Banca d'Italia identifica come in questo momento il Governo stia raccontando al Paese, forse in previsione del referendum costituzionale, una storia che di fatto non è quella reale.
  Io vorrei avere ulteriori spiegazioni su queste enunciazioni e anche su quella che, secondo me, è un'altra favola che il Governo sta raccontando agli italiani. Faccio riferimento a pagina 5, che anche il mio collega Marcon ha segnalato, dove si afferma che il mancato aumento dell'IVA avrebbe un impatto positivo sul tasso di crescita del PIL pari a 0,3 punti percentuali nel 2017. Mi sembra un'autentica bugia. A ciò si aggiunga il fatto che, secondo Il Sole 24 Ore, rispetto alle entrate previste per le privatizzazioni solo per quest'anno mancano di 5 miliardi di euro.
  Vi sono dei dati che si susseguono che fanno comprendere come questa Nota di aggiornamento, il DEF stesso e la prossima manovra di bilancio siano un lato oscuro in questa nebulosa visione da parte del nostro Governo.

  MAINO MARCHI. Ringrazio anch'io il dottor Signorini. Forse io e il collega Palese abbiamo letto due Note di aggiornamento diverse, perché quello che c'è scritto sui fondi strutturali nella Nota di aggiornamento Pag. 12 mi pare l'esatto opposto di quello che qui ho sentito dire. Mi riferisco al fatto che negli ultimi tempi c'è stata un'accelerazione dell'utilizzo, ma anche della programmazione, per quanto riguarda i prossimi anni.
  Inoltre, considerando anche le revisioni che ha fatto ultimamente l'ISTAT, vorrei ricordare che questo è un Governo che ha colto le previsioni per il 2014, perché nel 2014 ci sono stati la fine della recessione e l'avvio della ripresa, mentre nel 2015 per quanto riguarda indebitamento, PIL e rapporto debito/PIL le previsioni sono state quelle che abbiamo riscontrato alla fine dell'anno. È questa eventualmente la novità rispetto al recente passato, quando si verificavano scostamenti ben più significativi tra le previsioni all'inizio dell'anno e i risultati che venivano conseguiti.
  Anch'io vorrei approfittare dell'audizione della Banca d'Italia per porre una domanda sulla questione del credito. Questa è una materia che è stata oggetto di un forte confronto e anche di interventi specifici.
  Vorrei sapere se la Banca d'Italia ritiene che ci siano provvedimenti fondamentali che dovrebbero essere assunti da parte del Governo italiano, ovvero proposti in sede europea, per far fronte ai problemi che si stanno manifestando e che si sono manifestati per quanto riguarda le condizioni delle banche italiane e il settore del credito nel suo complesso.

  GIORGIO TONINI. Anch'io ringrazio il dottor Signorini e vorrei un approfondimento sulla questione dell'IVA.
  Viene considerato ambizioso il risultato di un impatto sulla crescita di 0,3 punti percentuali a seguito della sterilizzazione degli aumenti dell'IVA. Trattandosi di una cifra che probabilmente assorbirà due terzi dell'impegno della manovra – stiamo infatti parlando di 15 miliardi di euro, pertanto la parte più rilevante della manovra sarà costituita dalla sterilizzazione dell'aumento dell'IVA – se l'impatto sulla crescita dovesse essere inferiore allo 0,3 per cento, mi domanderei se ha un senso destinare così tante risorse a questo obiettivo.
  Delle due l'una. Il tendenziale incorpora l'aumento dell'IVA e dice prudentemente che questo aumento dell'IVA avrebbe un impatto depressivo, cioè negativo, sulla crescita di 0,3 punti percentuali. Se viene contestata questa cifra e, quindi, l'impatto è minore, tanto vale domandarsi se questi 15 miliardi non possano essere spesi utilmente in altro modo per favorire la crescita. Ci sono degli obiettivi migliori rispetto a questo?
  Io penso che lo 0,3 per cento debba essere una stima prudenziale. Mi aspetto qualcosa di più dalla sterilizzazione, altrimenti – lo ripeto – c'è da domandarsi se il gioco valga la candela.

  PRESIDENTE. Vorrei aggiungere che sul 2018 e sul 2019 è confermato l'aumento dell'IVA, quindi c'è stata solo una traslazione, con tutto quello che comporta nelle analisi di impatto che noi facciamo sulla pressione fiscale e sulle dinamiche a cui faceva riferimento il presidente Tonini per quanto riguarda il 2017. Sul 2018 e sul 2019, ribadisco, vengono confermati gli aumenti dell'IVA.
  Do la parola al dottor Signorini per la replica.

  LUIGI FEDERICO SIGNORINI, vicedirettore generale della Banca d'Italia. Prima di tutto, noi non abbiamo in questo momento una previsione per quanto concerne il PIL. Come ho detto, noi abbiamo messo a confronto le previsioni del Governo, sia quella a legislazione invariata sia quella del quadro programmatico, con la distribuzione delle previsioni attualmente esistenti. Credo che sia questo il contributo che si può fornire.
  Sicuramente, senatrice Comaroli, c'è stata una considerevole riduzione delle previsioni tra la primavera scorsa ed oggi. Questo riguarda il fatto che il contesto internazionale, in particolare dalla primavera scorsa ad oggi, si è effettivamente oscurato.
  È quindi comprensibile e, come affermiamo noi, prudente che il Governo abbia ridotto le previsioni di crescita, coerentemente con le informazioni che si sono rese Pag. 13disponibili nel frattempo; in particolare, a livello internazionale la crescita del commercio si è rivelata inferiore al previsto e a ciò si aggiungono le incertezze derivanti da numerosi fattori geopolitici e, per quanto riguarda l'Italia, il dato relativo al secondo trimestre, che è stato inaspettato, nel senso di una sostanziale stagnazione rispetto al trimestre precedente. Giustamente le informazioni cambiano e da questo punto di vista noi riteniamo che sia stato opportuno abbassare le previsioni per il 2016.
  Quanto agli effetti della manovra, noi affermiamo che questi effetti sono ambiziosi. Se avessimo voluto dire «sovrastimati», avremmo detto «sovrastimati». Noi affermiamo che sono ambiziosi e che è importante, al fine di conseguire obiettivi ambiziosi, costruire con grande cura gli interventi che saranno previsti nella manovra di bilancio, in particolare – questa è una priorità che era indicata nel DEF e mi pare lo sia anche nella Nota d'aggiornamento – privilegiando gli investimenti.
  Quando parliamo di investimenti, è importante, almeno a nostro avviso, che non ci sia soltanto la previsione di stanziamenti, ma che ci siano anche meccanismi efficaci per selezionare, sulla base di un'attenta valutazione di costi e benefici, gli investimenti da privilegiare, anche nell'ottica di una loro effettiva attuazione.
  Per quanto concerne l’output gap, forse abbiamo avuto occasione di parlarne altre volte in questa stessa sede. Sicuramente è una misura che, da un lato, è indispensabile per il funzionamento delle regole comunitarie, in particolare per la considerazione del disavanzo corretto per il ciclo che necessariamente la regola deve prevedere.
  D'altra parte, è anche vero che le misurazioni dell’output gap non sono facili, chiare e incontrovertibili come altre. Le metodologie sono diverse. In questo momento c'è una metodologia stabilita e concordata a livello europeo. Le critiche a questa metodologia si possono sempre fare e certamente non esiste un'unica verità scientifica in proposito.
  Da questo punto di vista le osservazioni dell'onorevole Giampaolo Galli hanno sicuramente un fondamento.
  Per quanto concerne i fondi strutturali, sicuramente non dobbiamo arrenderci. Io adesso non ho i dati sottomano, ma mi pare che in effetti negli ultimi tempi, in particolare con riferimento all'ultimo ciclo di programmazione, l'Italia, che tradizionalmente ha una capacità molto scarsa di utilizzare i fondi strutturali, abbia compiuto dei progressi visibili.
  L'importante è che questi progressi si consolidino nel futuro e che siano basati non tanto su una destinazione ex post dei fondi, quanto su una programmazione ex ante che sia efficace e realistica e che consenta di utilizzare i fondi medesimi fin dall'inizio dei cicli di programmazione.
  Ritornando un attimo ai numeri relativi al prodotto interno lordo, stiamo comunque discutendo di variazioni che, seppure in termini assoluti possono apparire ingenti, sull'enorme massa del PIL incidono per decimali.
  Peraltro, come dimostra la revisione del PIL che è stata fatta qualche giorno fa dall'ISTAT sulla base di nuove informazioni che si sono rese disponibili nel frattempo e di raffinamenti dei metodi statistici di misurazione – come avrete occasione di domandare proprio all'ISTAT – questi decimali si possono spostare anche qualche anno dopo. Bisogna sempre tener presente questo aspetto.
  La questione delle banche è molto rilevante, ma a mio avviso meriterebbe lo svolgimento di un'audizione ad hoc.

  ROCCO PALESE. Prendo atto positivamente dello stimolo che il dottor Signorini ci ha consegnato affermando che occorre un'audizione ad hoc. Pertanto, io prego il presidente di programmarla, non dico ad horas ma poco ci manca, vista l'importanza, la disponibilità e anche quanto affermato da parte dell'istituzione più autorevole del Paese rispetto a tale problematica.

  PRESIDENTE. Lo valuteremo insieme nell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi. Certamente subito dopo la presentazione della manovra, prevista per il prossimo 20 ottobre, ci vedremo ancora con la Banca d'Italia.

Pag. 14

  ROCCO PALESE. Dopo la Nota di aggiornamento del DEF e non dopo la manovra, perché se aspettiamo sino quel momento allora ci vedremo con un altro Governo.

  PRESIDENTE. Tutto è possibile.
  Ringrazio il dottor Signorini e la delegazione di rappresentanti della Banca d'Italia e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti dell'ISTAT.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2016, l'audizione, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato della Repubblica, di rappresentanti dell'ISTAT.
  Do la parola al presidente dell'ISTAT, Giorgio Alleva.

  GIORGIO ALLEVA, presidente dell'ISTAT. Grazie, presidente. Rispetto al Documento di economia e finanza dello scorso aprile, le previsioni sull'andamento dell'economia e dei conti pubblici, riportate in questa Nota di aggiornamento, riflettono l'evoluzione negativa del quadro macroeconomico internazionale e una dinamica inferiore alle attese dell'attività in Italia. Inoltre, si delineano anche alcuni interventi, che avranno un impatto diretto sui saldi ed effetti indiretti per la modifica del quadro macroeconomico.
  In questa audizione, l'ISTAT offre alcuni elementi conoscitivi aggiornati sull'andamento dell'economia italiana e una valutazione del quadro descritto nella Nota, senza però entrare nel merito dei singoli interventi, in attesa che vengano definiti con il nuovo disegno di legge di bilancio.
  Preliminarmente, vorrei richiamare alcune considerazioni sintetiche sugli effetti dei cambiamenti normativi nella programmazione economico-finanziaria per l'attività dell'Istituto di statistica, che in parte sono state esposte a queste Commissioni riunite nell'audizione del 27 maggio scorso.
  Nella recente normativa che ha ridisegnato la legge di contabilità e finanza pubblica vi sono diversi elementi che valorizzano la produzione dell'ISTAT ai fini delle decisioni e che possono rafforzare la qualità dell'informazione statistica. In particolare, intendo riferirmi in primo luogo al raccordo tra il ciclo di programmazione economica e la disponibilità di informazioni statistiche, che già quest'anno ha reso possibile incorporare, nelle previsioni della Nota, i risultati della revisione dei conti nazionali diffusi dall'Istat il 23 settembre scorso. A tale riguardo, è opportuno segnalare che, per esigenze di calendario, la Nota non ha tuttavia potuto includere la nuova versione dei conti economici trimestrali e le informazioni per settore istituzionale, relative ai primi due trimestri del 2016 ed entrambe diffuse questa mattina, né alcuna delle informazioni congiunturali più recenti, che illustrerò nel mio intervento.
  In secondo luogo, viene previsto l'inserimento, nella Nota di aggiornamento, del rapporto sul monitoraggio dei risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva, cui l'Istituto contribuisce metodologicamente, e con le misure sull'economia non osservata. Inoltre, in allegato al DEF, è previsto l'inserimento dell'andamento triennale di alcuni indicatori di benessere e sostenibilità prodotti dall'ISTAT. In entrambi i casi, l'Istituto è impegnato in un processo sostanziale di ampliamento e miglioramento della qualità dell'informazione. Con riferimento all'economia non osservata, in particolare, il prossimo 14 ottobre verranno diffuse le informazioni dettagliate, aggiornate al 2014, riguardo alle diverse componenti dell'economia non osservata, inclusa quella del lavoro non regolare, fornendo un quadro molto dettagliato dal punto di vista settoriale.
  Evidenzio, altresì, che la combinazione di alcuni provvedimenti riguardanti la riforma della contabilità pubblica ha lo scopo di migliorare il monitoraggio e l'interpretazione dei flussi di competenza e di cassa delle amministrazioni pubbliche, limitando tra l'altro il fenomeno dei residui. Ciò avrebbe un impatto positivo anche dal Pag. 15punto di vista statistico sulla robustezza delle stime degli aggregati di finanza pubblica.
  Da ultimo, ma non meno importante, l'armonizzazione contabile degli enti territoriali, cui l'ISTAT continua a contribuire attraverso la Commissione ARCONET, dovrebbe garantire un importante progresso nella qualità dei bilanci degli enti locali, rendendoli più omogenei, confrontabili e aggregabili. A metà del 2017 si potrà effettuare il primo test, verificando la tempistica con cui verranno messi a disposizione delle autorità fiscali e dell'ISTAT i bilanci degli enti locali, e sarà anche fondamentale controllare la loro qualità dal punto di vista dell'effettivo allineamento con i principi di armonizzazione contabile.
  L'economia internazionale, nella prima parte del 2016, è stata caratterizzata da un rallentamento diffuso dell'attività e da un andamento stagnante del commercio internazionale. Secondo l’Interim Economic Outlook dell'OCSE di settembre, la crescita mondiale sarà pari al 2,9 per cento nel 2016 e al 3,2 per cento il prossimo anno, quindi molto sotto il 3,7-3,8 per cento osservato in media nel lungo periodo. Il volume globale degli scambi internazionali, secondo le stime congiunte dell'OMC e dell'UNCTAD, nel primo trimestre del 2016 si sarebbe contratto dello 0,8 per cento al netto dei fattori stagionali, recuperando solo parzialmente, in misura pari allo 0,3 per cento, nel secondo trimestre.
  La stima del Central Plan Bureau segnala una caduta congiunturale, dell'1,1 per cento, anche a luglio.
  Gli effetti dell'indebolimento della domanda internazionale continuano a riflettersi nella caduta dei prezzi delle materie prime e, in particolare, del petrolio, le cui quotazioni dovrebbero però risentire in positivo del recente accordo sul taglio delle quote di produzione dei Paesi OPEC. Tra le economie avanzate, nel secondo trimestre dell'anno, gli Stati Uniti hanno mantenuto un profilo espansivo. Gli indicatori anticipatori segnalano un miglioramento delle prospettive di crescita negli Stati Uniti, pur se a ritmi relativamente moderati. Nell'area euro la dinamica del PIL ha registrato nel secondo trimestre una decelerazione su base congiunturale (più 0,3 per cento, dopo un più 0,5 per cento). Le stime del prodotto delle principali economie dell'euro confermano la fase di rallentamento, delineando in prospettiva una crescita più contenuta rispetto alle attese. Nel secondo trimestre, la variazione congiunturale del PIL è stata pari ad un più 0,4 per cento in Germania e leggermente negativa, pari ad un meno 0,1 per cento, in Francia.
  Segnali debolmente positivi giungono dal mercato del lavoro, con il tasso di disoccupazione stabile ad agosto, in una misura pari al 10,1 per cento, e in miglioramento rispetto allo stesso mese del 2015, allorché era del 10,7 per cento. In settembre la crescita marginale dell'indice Eurocoin, relativo all'andamento dell'economia dell'area UEM, conferma la tendenza alla prosecuzione dell'espansione su ritmi moderati per l'anno in corso. Gli indicatori anticipatori del ciclo economico suggeriscono un miglioramento delle prospettive di crescita dell'area in un orizzonte temporale più ampio.
  In questo contesto, le politiche monetarie rimangono espansive in Europa e in Giappone a fronte di una dinamica dei prezzi ancora contenuta, mentre la FED ha rinviato l'atteso aumento dei tassi di interesse.
  In Italia, dopo la crescita registrata nei trimestri precedenti, nel secondo trimestre 2016 il prodotto interno lordo ha subito una battuta d'arresto, segnando una variazione nulla su base congiunturale. La revisione dei conti nazionali annuali del 23 settembre è stata incorporata nelle nostre stime dei conti trimestrali diffuse oggi. La revisione ha, in generale, recepito l'aumento del livello sia nominale sia reale del PIL emerso per il 2014 e ha lasciato quasi immutata la dinamica successiva rispetto a quella pubblicata il 2 settembre. L'insieme degli aggiustamenti non cambia l'immagine relativa al recente andamento ciclico dell'economia italiana, ma ha un lieve effetto negativo su alcune misure relative al trimestre più recente. In particolare, si segnala la riduzione di un decimale della stima di crescita tendenziale, allo 0,7 per Pag. 16cento, e quella di poco inferiore sulla crescita acquisita per il 2016, ora allo 0,63 per cento, al netto degli effetti di calendario, perché ci sono due giornate lavorative in meno rispetto al 2015.
  Dal lato degli aggregati della domanda interna, nel secondo trimestre si registra una crescita congiunturale dello 0,2 per cento degli investimenti fissi lordi e un andamento stazionario dei consumi finali nazionali, sintesi di un incremento dello 0,1 per cento dei consumi delle famiglie e di un calo dello 0,3 per cento della spesa della pubblica amministrazione. Le importazioni sono aumentate dell'1,4 per cento e le esportazioni del 2,4 per cento. I contributi alla crescita del PIL dei consumi e degli investimenti sono risultati nulli. La domanda estera netta ha, invece, fornito un apporto positivo per 0,3 punti percentuali alla crescita, ma questo contributo è stato controbilanciato da uno negativo e di pari ampiezza derivante dal decumulo delle scorte.
  Nel caso degli investimenti, si ricorda che la legge di stabilità 2016 ha introdotto il super ammortamento, che si ipotizza di confermare il prossimo anno riducendolo per i mezzi di trasporto e ampliandolo per gli investimenti nelle tecnologie dell'informazione. Nel corso del 2015 e nella prima parte di quest'anno, gli investimenti hanno mostrato un discreto recupero, dopo anni di contrazione di ampiezza molto maggiore rispetto a quanto osservato nelle altre maggiori economie europee.
  Nel secondo trimestre del 2016, la crescita tendenziale degli investimenti ha raggiunto il 2,4 per cento e il pur lieve incremento congiunturale dello 0,2 per cento evidenzia una performance migliore di quella di Germania e Francia. D'altra parte, nel trimestre la dinamica è stata trainata dall'ulteriore aumento degli acquisti di mezzi di trasporto, mentre sono tornati a calare quelli per macchinari e attrezzature. Dal lato dell'offerta, si rilevano andamenti congiunturali negativi per il valore aggiunto dell'industria in senso stretto e positivi per gli altri settori.
  Un aspetto da rilevare è quello della prosecuzione, seppure a ritmo contenuto, della crescita del settore dei servizi, che realizza circa tre quarti del valore aggiunto complessivo e fornisce un rilevante contributo alla dinamica occupazionale. A luglio il settore industriale, al netto delle costruzioni, ha registrato un recupero congiunturale della produzione esteso a tutti i comparti, e il fatturato delle imprese manifatturiere ha registrato un aumento a prezzi correnti pari al 2,1 per cento, trainato dalle vendite sul mercato interno. Si tratta di un primo segnale positivo dopo due mesi di caduta dell'attività. A settembre l'indice destagionalizzato del clima di fiducia delle imprese manifatturiere sale da 101,1 a 101,9. Nel secondo trimestre del 2016 l'indice del fatturato dei servizi, a prezzi correnti, è aumentato dell'1 per cento sul trimestre precedente, in accelerazione. A settembre gli indici del clima di fiducia delle imprese dei servizi di mercato, e soprattutto del commercio al dettaglio, sono entrambi in miglioramento dopo essere scesi ad agosto.
  La moderata crescita economica in atto in Italia dall'inizio del 2014 si è riflessa in un recupero dell'occupazione di entità simile alle altre maggiori economie dell'Unione monetaria. La fase di moderata ripresa dell'economia italiana è, però, caratterizzata da un'intensità occupazionale più elevata rispetto agli altri grandi Paesi europei. Nel nostro Paese, ad agosto del 2016 si stimano poco meno di 22,8 milioni di occupati, quasi 670 mila in più rispetto al minimo del settembre 2013 ma ancora circa 400 mila in meno rispetto al picco dell'aprile 2008. Tuttavia, rispetto all'aprile 2008, l'occupazione alle dipendenze è aumentata di quasi 180 mila unità, di cui circa 100 mila con contratto permanente, mentre quella indipendente è diminuita di quasi 580 mila unità, proseguendo una tendenza già in atto.
  Il recupero dell'occupazione è proseguito anche nei mesi più recenti, sebbene a un ritmo più modesto, con un lieve incremento ad agosto dopo la contrazione più ampia di luglio. Ad agosto si stimano 236 mila occupati in più, con un incremento dell'1 per cento, rispetto al dicembre 2015, interamente nell'occupazione dipendente. Pag. 17Il tasso di occupazione è aumentato di 0,7 punti percentuali e quello di disoccupazione è calato di 0,2 punti percentuali, attestandosi all'11,4 per cento. A settembre, le attese degli imprenditori sull'occupazione per i successivi tre mesi appaiono in lieve miglioramento, benché in maniera non uniforme tra i settori. Nel secondo trimestre, l’input di lavoro registrato dalla contabilità nazionale è cresciuto dello 0,4 per cento. Nello stesso periodo, il monte ore lavorate nelle imprese industriali e dei servizi è cresciuto dell'1,1 per cento su base congiunturale, anche grazie alla discesa delle ore effettivamente utilizzate di cassa integrazione.
  La misurazione statistica dell'orario effettivo di lavoro, basata su dati trimestrali della rilevazione sulle forze di lavoro, può fornire utili elementi conoscitivi sul tema dell'impiego flessibile del lavoro. Nel secondo trimestre del 2016, l'incidenza sull'occupazione dell'impiego fino a otto ore settimanali è dell'1,6 per cento e gli occupati con una sola ora lavorata sono lo 0,05 per cento del totale, circa 11.000 unità. Nello stesso periodo, il 68,5 per cento degli occupati ha lavorato più di 32 ore. Le tendenze degli ultimi dieci anni vedono una crescita significativa della quota di quelli che lavorano tra le 17 e le 32 ore, mentre incrementi molto limitati riguardano le fasce inferiori.
  L'indice del costo del lavoro per unità di lavoro dipendente è in leggero aumento, con lo 0,2 per cento sul primo trimestre e, su base annua, ha registrato una variazione nulla, sintesi di una crescita dello 0,9 per cento per le retribuzioni e di una diminuzione del 2,6 per cento per gli oneri sociali. L'andamento di questi ultimi ha risentito della riduzione contributiva, associata alle nuove assunzioni a tempo indeterminato. Vale la pena osservare che il costo del lavoro in Italia si è mantenuto sostanzialmente stabile dal secondo trimestre del 2011, mentre è cresciuto del 7 per cento in Francia e del 10,5 per cento in Germania. Tuttavia, in quest'economia anche la produttività del lavoro ha registrato una dinamica molto più sostenuta, con un incremento del costo del lavoro per unità di prodotto solo poco più elevato di quello italiano in Francia e Germania e decisamente inferiore in Spagna. Gli incrementi delle retribuzioni contrattuali pro capite permangono limitati.
  Nella prima metà del 2016, la spesa delle famiglie residenti è aumentata dello 0,6 per cento rispetto ai sei mesi precedenti e dell'1,6 per cento in ragione d'anno. Dopo un avvio d'anno positivo, tuttavia, la spesa è cresciuta di appena lo 0,1 per cento nel secondo trimestre ed è stata dell'1,2 per cento in più la variazione annua. L'aumento della spesa nel periodo recente è stato più moderato di quello del reddito disponibile. La crescita tendenziale del reddito disponibile in termini reali, quindi il potere d'acquisto, delle famiglie consumatrici nel secondo trimestre del 2016, ha raggiunto il 2,9 per cento, con variazioni congiunturali dell'1 per cento e dell'1,1 per cento, rispettivamente nei due trimestri.
  Di riflesso, la propensione al risparmio in corso d'anno è salita fino al 9,6 per cento, dall'8,1 per cento, nel quarto trimestre del 2015. In positivo, si segnala che la quota di famiglie che attuano strategie di contenimento della spesa, riducendo la quantità o la qualità dei prodotti acquistati, è diminuita nel corso del 2015 e ancora nel primo trimestre dell'anno in corso e che questa tendenza è andata estendendosi anche alle famiglie meno abbienti. Infine, l'indice del clima di fiducia dei consumatori è diminuito sia ad agosto sia a settembre, proseguendo l'indebolimento rispetto ai livelli molto elevati raggiunti alla fine del 2015.
  Per quanto riguarda i prezzi, le tendenze deflazionistiche, che avevano caratterizzato i prezzi al consumo nel primi mesi del 2016, si sono progressivamente attenuate. Secondo le stime preliminari, a settembre l'indice nazionale ha segnato il quarto aumento congiunturale, + 0,2 per cento, e per la prima volta è tornato a crescere lievemente, con lo 0,1 per cento, anche in base d'anno. Tale andamento continua a essere determinato essenzialmente dall'evoluzione dei prezzi dei beni energetici. Pag. 18
  L'assenza di tensioni dal lato dei costi ha contribuito a mantenere moderata la dinamica delle componenti di fondo dell'inflazione, in un contesto di lieve ripresa della domanda interna. A settembre, l'indice è cresciuto dello 0,4 per cento, in linea con i mesi precedenti e con incrementi identici nel settore dei servizi e in quello dei beni industriali non energetici.
  Negli stadi a monte della distribuzione finale, la dinamica dei prezzi continua a mostrare una tendenza negativa guidata dalla discesa dei costi dell'energia. Nei primi sette mesi del 2016, i prezzi praticati dalle imprese sul mercato interno sono diminuiti del 3,5 per cento in base d'anno e quelli all'importazione del 5,4 per cento. L'indice dei prezzi della produzione dei prodotti industriali, nel periodo maggio-luglio, aveva mostrato un recupero, soprattutto per le vendite sul mercato interno, che però ad agosto è tornato a scendere e, rispetto al 2015, è diminuito dell'1,1 per cento. Al netto dell'energia, i prezzi alla produzione si sono mantenuti pressoché stazionari. Nel corso del secondo trimestre del 2016, le imprese hanno potuto realizzare un lieve incremento dei margini unitari di profitto, pur diminuendo i prezzi dell’output. Per quanto concerne gli sviluppi da qui a fine anno, le condizioni dei mercati internazionali e le pressioni contenute, provenienti dalle componenti interne di costo e dalla domanda, lasciano ipotizzare un andamento stagnante dei prezzi della produzione, e una dinamica ancora molto moderata dell'inflazione al consumo.
  L'andamento dei flussi commerciali in Italia e nelle altre maggiori economie dell'UEM ha risentito del calo delle quotazioni dell'energia e delle altre materie prime e dell'indebolimento degli scambi internazionali. L'impatto negativo si è manifestato soprattutto per gli input primari e i prodotti della loro trasformazione e sui mercati extraeuropei, colpiti prima e in maniera più forte. È, invece, continuato ad aumentare l’export di servizi. Nei primi sette mesi del 2016, rispetto allo stesso periodo del 2015, il valore dell'esportazione di beni e servizi è diminuito del 2,1 per cento in Francia e dello 0,5 per cento in Italia, ristagnando in Germania.
  Per l'Italia, il dato aggregato sintetizza una crescita dell'1,6 per cento per i servizi, mentre è negativa dell'1,2 per cento per i beni, a causa della caduta delle vendite extra-UE. L'impatto è stato ancora maggiore sul valore delle importazioni, pertanto il saldo della bilancia di beni e servizi, nei sette mesi, ha raggiunto i 36 miliardi di euro, in miglioramento di quasi il 20 per cento rispetto allo stesso periodo del 2015. In volume, gli scambi sono stati più dinamici. Corrispondentemente, la penetrazione delle importazioni in volume ha continuato a crescere lievemente, mentre, a prezzi correnti, è diminuita di un punto rispetto alla media del 2015. Il valore delle esportazioni di beni, nella media del trimestre maggio-luglio, ha segnato un profilo congiunturale in crescita dello 0,7 per cento. Per l'ultima parte dell'anno, quest'andamento moderatamente positivo è confermato dalla valutazione delle imprese manifatturiere, che segnalano un miglioramento delle attese sul fatturato estero.
  Passando a considerare il quadro programmatico della Nota di aggiornamento, ricordo che in questo vengono già inclusi gli effetti della revisione dei conti nazionali del 23 settembre. Inoltre, le previsioni tendenziali degli indicatori di finanza pubblica sono state riviste in seguito all'aggiornamento del quadro macroeconomico, ai risultati dell'attività di monitoraggio sulla finanza pubblica e all'impatto previsto dei provvedimenti adottati dal Governo successivamente alla pubblicazione del DEF.
  La revisione dei conti nazionali, che sul versante della finanza pubblica ha riguardato l'intero quadriennio 2011-2015, nel complesso non ha cambiato il quadro dell'indebitamento, mentre la revisione del PIL nominale si è riflessa in un miglioramento di mezzo punto percentuale del rapporto tra debito e PIL e in una modesta diminuzione della pressione fiscale. Per il 2016, le previsioni di finanza pubblica contenute nella Nota indicano un leggero peggioramento rispetto al DEF di aprile, pur partendo da una crescita nominale ridotta di quattro decimi di punto, all'1,8 per Pag. 19cento. Rispetto al DEF, nella Nota il saldo primario è, infatti, ridotto di due decimi e l'indebitamento netto è aumentato di un decimo.
  Queste previsioni appaiono coerenti con i dati sui conti trimestrali del PIL e delle amministrazioni pubbliche, diffusi dall'Istituto oggi. A metà anno, infatti, la variazione acquisita del PIL a prezzi correnti è prossima all'1,7 per cento e l'avanzo primario è migliorato di tre decimi rispetto allo stesso periodo del 2015, mentre il rapporto tra deficit e PIL è di 0,7 punti percentuali.
  Per gli anni successivi, l'andamento dei saldi di finanza pubblica, delineato nell'attuale quadro programmatico, risulta più graduale rispetto a quello espresso nel DEF; ciò considera soprattutto la previsione del peggioramento del quadro macroeconomico nel breve-medio periodo. Per il 2017, il rapporto indebitamento netto sul PIL è pertanto stimato al 2 per cento, più elevato di 0,2 punti percentuali rispetto al quadro programmatico previsto ad aprile.
  Inoltre, per fronteggiare i costi aggiuntivi legati all'immigrazione e alle maggiori esigenze di sicurezza nonché alla ricostruzione dopo il sisma di agosto e al miglioramento strutturale delle costruzioni in aree sismiche, la Nota di aggiornamento prevede la possibilità di un'ulteriore deviazione, fino a quattro decimi di punto, nel 2017. Senza tenere conto di questa ulteriore deviazione, nel 2019 si approssimerebbe il pareggio di bilancio, meno 0,2 per cento, anziché conseguire un surplus di 0,1 punti, previsto nel DEF.
  Allo scopo di valutare l'impatto di shock esogeni sul quadro macroeconomico definito nella Nota, sono state realizzate alcune simulazioni, utilizzando il modello macro-econometrico dell'ISTAT, il modello MeMo-IT. I risultati ottenuti confermano sostanzialmente l'analisi di sensibilità presentata nella Nota. In particolare, una crescita più contenuta del commercio mondiale di un punto percentuale si rifletterebbe in una riduzione di due decimi del PIL italiano, mentre la permanenza del petrolio sulle quotazioni attuali avrebbe un impatto leggermente inferiore a quello ipotizzato nel modello ITEM del Ministero dell'economia e delle finanze.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente Alleva. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIULIO MARCON. Ringrazio il presidente Alleva per la sua relazione e per la documentazione che ci ha fornito. Le comunicazioni e i documenti dell'ISTAT sono sempre molto stimolanti e molto interessanti rispetto alla valutazione dei conti pubblici e, in questo caso, in merito alla Nota di aggiornamento del DEF, per la valutazione dell'andamento dei principali dati macroeconomici, che ovviamente sollecitano un dibattito tra di noi.
  Intanto, vorrei dirvi che, siccome sono, se non un cultore, un attento lettore dei documenti dell'ISTAT, ho ripescato il documento dell'ISTAT presentato da lei il 19 aprile scorso, in occasione dell'esame del DEF. Al punto 3.2 della sua relazione, si diceva, parlando delle previsioni contenute nel DEF, che «a fronte di tali previsioni, per raggiungere il 2016 una crescita dell'1,2 per cento, come previsto dal DEF, sarebbe tuttavia necessaria un'ulteriore accelerazione dell'attività economica nella seconda parte dell'anno». In modo garbato, ci stava dicendo che, se non ci fosse stata un'accelerazione, quindi un cambiamento di ritmo di crescita dell'economia nel nostro Paese, quel valore dell'1,2 non sarebbe stato raggiunto.
  Ora, non solo non c'è stata un'accelerazione, ma nemmeno si è mantenuto il ritmo del primo trimestre. Tanto è vero che, invece, nella relazione di oggi, lei ci dice correttamente che «riguardo al secondo trimestre, i contributi alla crescita del PIL dei consumi e degli investimenti sono risultati nulli; la domanda estera netta ha, invece, fornito un apporto positivo per 0,3 punti percentuali alla crescita». Per noi che siamo in Parlamento, questa è materia di riflessione, perché dovremmo capire se le politiche di sgravi fiscali per sostenere i consumi e gli investimenti Pag. 20 abbiano, oltre a una resa politica significativa, una uguale resa dal punto di vista del rilancio dell'economia e della crescita. Mi chiedo se bisogna cambiare direzione rispetto al sostegno sia alla domanda che agli investimenti pubblici diretti, capaci di generare, attraverso la spesa pubblica, una crescita degna di questo nome. Per quanto riguarda il secondo trimestre, le politiche seguite, come quelle degli sgravi fiscali, non hanno funzionato, almeno per quello che ci dice appunto la relazione che ci ha presentato.
  Non so se ho capito bene, per cui vorrei mi chiarisse un altro punto. Lei ci dice che la previsione dello 0,8 per la crescita – ma forse ho seguito male il passaggio – è stata corretta allo 0,7 secondo le vostre previsioni, o almeno, rispetto al tendenziale, mi sembra di capire che questa sia la previsione che voi ci fornite.
  C'è una domanda specifica che vorrei farle rispetto al mercato del lavoro. In particolare, credo ci sia la necessità, in merito ai dati da voi forniti, di arrivare a un'armonizzazione dei dati delle varie fonti. Io penso che tale armonizzazione sia utile anche per evitare che ci sia un eccessivo dibattito politico fondato su fonti e numeri diversi. In merito, le chiedo, anche se la mia richiesta forse esula dalla questione della Nota di aggiornamento, se ci sono da questo punto di vista dei passaggi anche istituzionali – faccio riferimento all'INPS, quindi a rapporti con gli altri istituti importanti che forniscono dati in questo senso – per avere una lettura abbastanza armonica e univoca sui dati che vengono forniti sul mercato del lavoro e che, altrimenti, rischiano di essere utilizzati in modo propagandistico, e per avere, in questo senso, un quadro più esauriente rispetto alla realtà.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA 5a COMMISSIONE DEL SENATO DELLA
REPUBBLICA GIORGIO TONINI

  BRUNO TABACCI. Vorrei solo utilizzare quest'occasione per sollecitare il presidente dell'ISTAT a orientare l'Istituto a costruire una fotografia ampia e, in una parola, definitiva del peso dell'economia sommersa nel contesto generale, perché noi spesso discutiamo di una realtà che si avvicina al vero e non di una realtà che corrisponde alla dimensione dell'economia reale, tant'è che veniamo in realtà considerati come un Paese molto più ricco di quello che dichiariamo.
  In considerazione del fatto che da alcuni anni avete cominciato a fare un lavoro egregio, penso che questo debba essere completato e che si debba avere un'idea precisa dell'economia sommersa nelle sue diverse articolazioni: l'economia irregolare, l'economia informale, l'economia malavitosa. Poi si deciderà che fare di tutto questo, ma discutere senza avere sotto controllo un numero che corre tra il 20 e il 25 per cento dell'economia reale di un Paese diventa quasi sinonimo di parlar d'altro. Connessa a questo c'è, infatti, la dimensione della tassazione, dell'evasione e dell'elusione fiscale, che sono figlie dirette della dimensione dell'economia sommersa.
  Più ci avviciniamo a farci un quadro preciso di questa questione, meglio è. Così lo strumento dell'ISEE, cui lei ha fatto cenno all'inizio, va portato a diventare uno strumento effettivo di politiche dei bilanci locali, perché, se non si ha una fotografia esatta della ricchezza e della povertà, tutto diventa più complicato.
  Ho colto quest'occasione per sollecitare a sistematizzare un impegno in questa direzione, perché credo che sia interesse non solo del Parlamento, ma anche delle istituzioni tutte, avere un quadro realistico delle questioni di cui parliamo.

  MAINO MARCHI. Ringrazio anch'io per la relazione e pongo quattro questioni.
  L'economia italiana, almeno dall'inizio di questo millennio, cresce meno dell'economia europea. Questo lo riscontriamo continuamente. Mi interessava capire dal punto di vista statistico, se guardiamo agli ultimi quattro o cinque anni, se questa differenza tenda ad aumentare o a ridursi. Credo che sia un elemento rilevante anche per la discussione che stiamo facendo. Pag. 21
  La seconda domanda è sul lavoro. Visto che siamo stati bombardati di dati continuamente in questi anni, è possibile avere una valutazione in sintesi di come è cambiata la situazione dell'occupazione dopo il Jobs Act, ossia dal 2015 alla prima metà almeno del 2016, tenendo conto anche dei dati sulla cassa integrazione? Ovviamente, se cresce o cala la cassa integrazione, parliamo di un'occupazione che magari risulta esserci, ma che di fatto in quel momento non c'è. Se viene riassorbita, ovviamente, la dobbiamo considerare anche rispetto ai numeri.
  La terza questione riguarda la clausola di salvaguardia e l'aumento dell'IVA previsto. Se la si applica o non la si applica che effetto può avere sul PIL? È una questione di cui stiamo discutendo. Vorrei capire anche dal vostro punto di vista cosa può succedere.
  Passo all'ultima domanda. Tenendo conto delle tendenze dei consumi delle famiglie e della propensione al risparmio, un intervento come quello che è previsto, e che in parte è già in atto, di un miliardo di euro per la lotta alla povertà, dal punto di vista dei consumi – poiché si tratta, o dovrebbe trattarsi, delle famiglie con minor reddito e con condizione peggiore e, quindi, anche con una propensione più elevata al consumo – che effetti può avere?

  PRESIDENTE. Do la parola al presidente Alleva per la replica.

  GIORGIO ALLEVA, presidente dell'ISTAT. Rispondo nell'ordine.
  Per la crescita tendenziale noi avevamo fornito questo 0,8, che abbiamo rivisto a 0,7 per quanto riguarda il 2016, e, fino a ieri, avevamo anche indicato che l'acquisito nei primi due trimestri era allo 0,7. Quindi, la previsione per il 2016 di 0,8, che è stata formulata nella Nota di aggiornamento, è in linea con quello che già è l'andamento nel 2016. Questa mattina abbiamo revisionato i nostri conti e, in virtù dei secondi decimali, l'acquisito è 0,63, quindi 0,6. C'è questo elemento nuovo, ma di dimensione molto ridotta, in cui lo 0,8 è leggermente più distante rispetto allo 0,7 già acquisito. Stiamo parlando di elementi veramente residuali.
  Per quanto riguarda gli effetti di politiche sui consumi o sugli investimenti, naturalmente dipende dalla loro qualità e operatività, che poi è una questione molto importante, perché, oltre che prendere provvedimenti legislativi, bisogna soprattutto essere in grado di costruirli in modo tale da renderli operativi rapidamente ed effettivamente. Non ci siamo cimentati. In particolare, quindi, le nostre previsioni sull'anno le faremo a dicembre, insieme a quelle per il 2017.
  Credo che nelle valutazioni che sono state fatte sia nel dibattito, sia ex post rispetto ai provvedimenti che sono stati presi, ci siano già per i decisori politici elementi che ci permettono di valutare come poi rispetto alle attese alcuni interventi abbiano, più o meno, dato dei risultati.
  Noi abbiamo registrato questi elementi diversi, che oggi vi ho sottoposto, soprattutto sul secondo trimestre, con un ridotta ripresa dei consumi delle famiglie. I consumi, in realtà, sono diminuiti soprattutto per la riduzione di quelli della Pubblica amministrazione e per un andamento degli investimenti che, rispetto al passato, è andato meglio. Tuttavia, non ci siamo cimentati su valutazioni di provvedimenti.
  Rispondo, invece, volentieri alla questione del miglioramento delle statistiche sul mercato del lavoro, anche perché con questo accordo con INPS, INAIL, ISTAT e Ministero del lavoro e delle politiche sociali abbiamo giustamente anche alimentato le attese per un miglioramento dell'informazione e una messa in coerenza delle varie fonti, in modo da aiutare e non disorientare cittadini e utilizzatori delle statistiche.
  Stiamo andando avanti. Posso annunciarvi che è previsto che già a partire dalla fine dell'anno – questa è la nostra proposta al gruppo – ci sarà un nuovo prodotto trimestrale congiunto che non solo utilizzerà tutte le fonti disponibili sul lavoro, ma sarà anche congiunto e ha l'idea di fondo di conciliare i dati dello stock e dei flussi. Il tema grande è soprattutto quello di conciliare la nostra stima delle condizioni nel Pag. 22mercato del lavoro delle persone con l'andamento dei contratti e, quindi, dei flussi che si registrano nel corso dei periodi.
  Questa è la nostra intenzione, la nostra proposta e l'impegno che intendiamo realizzare. Inizieremo con una pubblicazione che fornirà questo quadro coerente, a livello dapprima più aggregato e poi via via in maniera più puntuale su domini più ridotti di persone. Questo è un elemento comunque importante, perché fondamentalmente la questione riguarda la coerenza tra i flussi e lo stock.
  Per quanto riguarda le osservazioni, mi fa molto piacere che sia stata sottolineata l'importanza della stima del sommerso nei nostri conti. Questo tema ci è caro non solo perché dobbiamo garantire l'esaustività e, in generale, la confrontabilità fra i nostri conti e quelli degli altri Paesi europei, anche perché questi conti sono fondamentali nel definire un quadro attraverso il quale si prendono decisioni e scattano misure, ma anche perché è il modo giusto per riuscire a orientare le politiche e le politiche di contrasto.
  L'ISTAT è molto impegnato in questa direzione. In particolare, abbiamo recentemente migliorato le stime dell'economia sommersa – le abbiamo discusse in un seminario poche settimane fa – grazie a una migliore utilizzazione delle fonti, che sono aumentate (utilizzando l'insieme delle fonti si possono migliorare le stime), ma anche sul piano dei metodi.
  In maniera più accurata abbiamo stimato la dimensione dell'economia non osservata, che abbiamo stimato pari al 21,9 per cento del totale, andando anche poi a valutare le unità di lavoro irregolari. Qui parliamo dell'economia non osservata e non dell'economia illegale, che non fa parte della definizione di economia non osservata, ma che rientra in un progetto che deve prevedere anche la comprensione di questa componente nei nostri conti.
  Questo l'ISTAT lo fa, e lo fa a partire dalla revisione che è stata fatta del nuovo Sec. Da un paio di anni stimiamo una parte limitata di questa componente economica, che è l'economia illegale, che, come penso molti di voi sappiano, riguarda solo quella parte in cui c'è il patto tra domanda e offerta, ossia riguarda solo una parte come il contrabbando e la prostituzione. Non riguarda l'economia criminale, che invece ha un'altra dimensione e non fa parte delle componenti che siamo chiamati a mettere dentro i conti.
  Naturalmente, invece, questo tema è importante per questo Paese ed è un tema che abbiamo allo studio. Abbiamo una convenzione con l'Autorità nazionale anticorruzione e con le università proprio per riuscire ad approfondire questo tema. Questo va fatto congiuntamente con altri soggetti, come Banca d'Italia. C'è molto da fare.
  Parliamo di stime, naturalmente, perché si tratta di comportamenti elusivi. Sono questioni per definizione non visibili dagli atti, ragion per cui parliamo di stime. Stiamo migliorando il quadro metodologico e le fonti per fare stime migliori. Sappiamo che è una partita importante. Poi ci sono aspetti come l'evasione, che sono collegati.
  Per quanto riguarda le osservazioni dell'onorevole Marchi, cresciamo meno dell'Europa. Oggi ci abbiamo tenuto a far vedere un comportamento simile per quanto riguarda il mercato del lavoro. Qui ne approfitto anche per rispondere a un'altra delle domande. Certamente c'è un ritardo nell'uscita dalla crisi, ma c'è anche un'intensità diversa di come siamo usciti rispetto agli altri Paesi. In realtà, siamo usciti un po’ prima, come abbiamo visto con la revisione dei conti, rispetto al 2015. Siamo partiti dal 2014. Certamente abbiamo recuperato meno di altri Paesi europei.
  Invece, per quanto riguarda il lavoro, la dinamica è stata più simile. Questo mostra una maggiore intensità della ripresa del mercato del lavoro e, come abbiamo sottolineato in varie occasioni, è certamente anche il risultato delle politiche che sono state messe in campo sul fronte lavoro, che hanno aiutato. Ne abbiamo dato prova con delle indagini che hanno chiesto alle imprese quali fossero i motivi per le loro assunzioni e quanto pesassero la decontribuzione o il Jobs Act. Lo vediamo, però, anche dai dati e dai flussi che registrano sia trasformazioni da tempo determinato a indeterminato, Pag. 23 per approfittare della decontribuzione, sia una dinamica in questo senso.
  La cosa interessante è che questa dinamica sembra essere persistente, questo dato l'abbiamo pubblicato pochi giorni fa. Abbiamo ancora un dato positivo sul fronte del lavoro dipendente, è un dato che fa pensare che sembrerebbe che gli effetti si stiano protraendo nel tempo. Naturalmente, c'è questo calo degli indipendenti che riduce l'intensità di questa dimensione occupazionale, ma questo del lavoro dipendente e del lavoro anche permanente è un tema che certamente mostra che ci sono stati dei cambiamenti.
  Quanto alle clausole di salvaguardia – diamo tutti per scontato, naturalmente, che non scattino – non c'è dubbio che un incremento forte delle imposte abbia degli effetti depressivi sia dal lato dei consumi, sia dal lato degli investimenti. Certamente gli effetti di una clausola di salvaguardia non rispettata sarebbero di tipo depressivo per l'economia. Non ci siamo cimentati nel calcolo degli effetti, ma certamente non abbiamo bisogno di un aumento della pressione fiscale in questo momento. Peraltro, oggi abbiamo fatto il punto anche sulla pressione fiscale.
  La lotta alla povertà è un tema importante. D'altra parte, abbiamo voluto sottolineare in occasione del Rapporto annuale che, oltre a politiche redistributive, che naturalmente hanno il loro ruolo, il tema importante per il Paese è anche quello delle politiche predistributive, capaci di riuscire a intervenire sui fattori che rendono poi il Paese con forti disuguaglianze. Sappiamo bene che ci sono tanti temi che vanno affrontati in questa direzione.
  Sappiamo bene anche che la propensione al consumo dipende dalle classi di reddito e dalle classi di consumo, quindi non c'è dubbio che le misure che aumentano il reddito disponibile per classi che sono più indietro diano maggiori effetti sui consumi, questo è noto.
  Naturalmente, il problema – collegato con l'economia non osservata – è riuscire a mirare bene queste politiche effettivamente sulle persone e sulle famiglie che hanno quella propensione maggiore in quanto hanno o vivono un ambiente con meno capacità economica. Questo è un altro tema, perché poi, oltre a fare provvedimenti, bisogna anche avere le informazioni necessarie per renderli efficaci. Su questo possiamo migliorare. Noi possiamo anche contribuire con dati, ma poi serve anche una semplicità di questi dispositivi che li renda effettivi.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il presidente Alleva e la delegazione dell'ISTAT.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti della Corte dei conti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2016, l'audizione, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato della Repubblica, di rappresentanti della Corte dei conti.
  Do la parola al nuovo presidente della Corte dei conti, Martucci di Scarfizzi, al quale rivolgiamo anche gli auguri di buon lavoro.

  ARTURO MARTUCCI DI SCARFIZZI, presidente della Corte dei conti. Ringrazio il presidente Tonini e i membri della Commissione, soprattutto di questi auguri.
  Per quanto riguarda l'argomento di cui oggi ci occupiamo, devo dire che prima di venire qui il parere che abbiamo reso, che è in distribuzione, è stato sottoposto anche alle sezioni riunite della Corte dei conti, che lo hanno approvato all'unanimità.
  La relazione naturalmente sarà completa, ma salterò alcuni passaggi, seguendo un filo logico. Salterò soltanto le parti tra parentesi e le parti scritte un po’ più piccole, che naturalmente sono a corredo della parte più essenziale. Se il presidente mi autorizza, io darei subito corso alla lettura. Pag. 24
  La scorsa primavera, in sede di presentazione del DEF 2016, l'economia italiana appariva in ripresa. Tuttavia, il recupero si manifestava meno vigoroso dell'atteso e in progressivo indebolimento.
  Se il consuntivo 2015 aveva consegnato un tasso di crescita del PIL sostanzialmente in linea con quanto programmato un anno prima, la dinamica dell'economia internazionale, Eurozona inclusa, si presentava ridimensionata nei suoi ritmi, anche a causa di un significativo rallentamento dei Paesi emergenti.
  Contribuivano poi a creare un quadro assai incerto l'accentuazione dei rischi deflazionistici, con il tasso di inflazione intorno allo zero, la stessa core inflation su livelli molto bassi e la forte volatilità dei mercati finanziari. Un contesto che aveva spinto la BCE ad accrescere le dosi di politica monetaria espansiva, anche attraverso il rafforzamento del programma di acquisti di titoli dai 60 agli 80 miliardi di euro mensili, da realizzare fino a tutto marzo 2017.
  A fronte di tali andamenti, il Governo con il DEF aveva rivisto al ribasso il tasso di crescita del prodotto per il 2016. Un aggiustamento, pur meno significativo, di due decimi era stato effettuato anche sul 2017 (1,4 per cento in luogo del precedente 1,6 per cento).
  In occasione dell'audizione sul DEF, la Corte aveva evidenziato alcuni rischi, individuabili sia sul fronte delle quantità che sul fronte dei prezzi, ritenendo suscettibile di revisione al ribasso la crescita reale 2016 e soggetto a rischio lo stesso auspicato ritorno dell'inflazione verso livelli fisiologici.
  La combinazione dei due fattori portava a porre in evidenza, inoltre, la possibilità che le basi imponibili delle entrate potessero evolvere in una direzione meno favorevole di quella prefigurata nel DEF 2016 e che le stesse spese potessero essere sollecitate dal permanere di situazioni difficili sul fronte dell'andamento del reddito e dell'occupazione.
  Negli ultimi mesi il quadro economico è stato contrassegnato da una serie di novità che hanno reso più consistenti i timori di un rallentamento della ripresa dell'economia e in particolare di quella italiana, modifiche che sono destinate a incidere in misura significativa anche sulle prospettive della finanza pubblica.
  Proprio per contrastare questo rallentamento e dar modo alle riforme avviate di conseguire i risultati attesi, il Governo ha ulteriormente rivisto la strategia del fiscal policy e gli obiettivi di convergenza verso l'equilibrio strutturale di bilancio (OMT).
  Viene in tal modo riproposta la scelta, già maturata in occasione dell'ultima legge di stabilità, di accompagnare la conservazione di un profilo discendente dell'indebitamento nominale con l'adozione di misure espansive, assumendo consapevolmente un allentamento del rigore di bilancio.
  In questa fase la Corte, ripercorrendo il disegno complessivo della programmazione economico-finanziaria per il quadriennio 2016-2019, non può che offrire prime osservazioni su quegli aspetti che, proprio a ragione della forte incertezza e dei sempre più stretti margini di manovra per la finanza pubblica, richiedono una particolare attenzione.
  Già agli inizi della scorsa primavera, nella fase di elaborazione del DEF, il quadro macroeconomico internazionale mostrava segni di indebolimento e si palesavano rischi di una progressiva decelerazione degli scambi commerciali, soprattutto per le difficoltà dei Paesi emergenti.
  Si univano alle incertezze rivenienti dagli sviluppi delle attività produttive quelle legate a un persistente ambiente deflazionistico, all'elevata volatilità dei mercati finanziari, specie azionari, al deterioramento degli indici di fiducia di famiglie e imprese.
  In un quadro di perdurante, ma meno solida, ripresa il DEF valutava i risvolti di quelle tendenze come fondamentalmente di breve periodo. Rivedeva, dunque, al ribasso la domanda estera soprattutto per il 2016, più che dimezzando le previsioni di crescita delle esportazioni italiane, ma riteneva che quelle tendenze sarebbero in gran parte rientrate nel periodo 2017-2019. Pag. 25
  Gli sviluppi macroeconomici registrati negli ultimi sei mesi hanno confermato le fragilità del quadro in questione: il commercio internazionale ha registrato una forte decelerazione, con tassi di incremento annuali scesi da ultimo sotto il 2 per cento, e la crescita del prodotto mondiale si è rivelata inferiore alle attese e disomogenea tra le diverse aree geografiche.
  Nel blocco dei Paesi emergenti si sono confermate le difficoltà dell'economia cinese a transitare verso un sistema maggiormente basato sulla domanda interna privata e meno dipendente da investimenti pubblici e ciclo creditizio. Si è evidenziata una buona tenuta delle capacità di sviluppo dell'India, che ora sconta però un rallentamento. Si è registrato il prolungamento della fase recessiva di importanti Paesi produttori di materie prime, come Russia e Brasile.
  Nel complesso delle economie avanzate si è materializzata la conseguenza del peggioramento congiunturale dei Paesi emergenti, sotto forma di frenata delle esportazioni e, quindi, del reddito.
  In un tale contesto i tassi di inflazione si sono confermati su valori molto contenuti a riflesso della caduta dei prezzi delle materie prime, su cui ha influito in parte la decelerazione del ciclo economico internazionale e in parte fattori di offerta e politiche di prezzo dei produttori Opec (la materia prima è principalmente il petrolio). Solamente i dati più recenti manifestano una ripresa nella dinamica dei prezzi.
  La Nota di aggiornamento analizza gli sviluppi dell'economia internazionale e ridefinisce lo scenario in senso peggiorativo rispetto al DEF, apportando alcune modifiche anche al quadro di medio termine.
  Le ipotesi sul commercio internazionale vengono riviste al ribasso di circa un punto all'anno nell'intero periodo 2016-2019. Vengono altresì riviste, sempre in senso peggiorativo, le indicazioni sul prezzo del petrolio e sul cambio, con un dollaro leggermente più debole rispetto all'euro. Per il greggio e il cambio, come di consueto, valgono ipotesi tecniche desunte dalle quotazioni più recenti sui mercati.
  Nel complesso le valutazioni della Nota appaiono condivisibili. Tuttavia, come già argomentato dalla Corte lo scorso aprile, occorre rilevare l'indebolita relazione tra crescita degli scambi internazionali e crescita del prodotto, soprattutto nella misura in cui l'osservata minore integrazione delle economie mondiali potrebbe portare in prospettiva a un più attenuato sviluppo del nostro export.
  È del resto sottolineato dalla stessa Nota che il contesto economico internazionale meno favorevole rispetto alle attese è alla base della decelerazione della crescita dell'economia italiana nel 2016. Rispetto a questo scenario, le prospettive nel corso dei mesi estivi sono diventate più incerte. Alcuni eventi sfavorevoli, tra tutti la Brexit, hanno accresciuto l'incertezza sulle tendenze della seconda metà dell'anno.
  La Nota dedica attenzione ai rischi dello scenario internazionale e in particolare agli effetti che potrebbero derivare proprio dalla Brexit. Sebbene nel breve periodo le conseguenze del referendum siano state limitate, anche grazie all'azione della Banca d'Inghilterra, restano possibili alcuni effetti sfavorevoli sulle tendenze del prossimo anno. Incertezza sulla conduzione delle trattative per l'uscita dalla UE ed effetti del deprezzamento della sterlina potrebbero condizionare negativamente la congiuntura economica dei Paesi europei anche nel 2017.
  In sintesi, alla luce dei diversi fattori di incertezza, l'ipotesi di una domanda mondiale in ripresa potrebbe materializzarsi più lentamente rispetto a quanto indicato nella Nota e non può quindi escludersi, come riconosciuto dallo stesso documento del Governo, un percorso di recupero della domanda estera più graduale e meno intenso.
  Nel tracciare il quadro macroeconomico entro cui si iscrivono le grandezze di finanza pubblica, la Nota tiene conto di un complesso di informazioni resesi disponibili negli ultimi mesi: i dati di contabilità nazionale dei primi due trimestri dell'anno, l'andamento di un insieme di indicatori ad alta frequenza, alcuni anticipatori del ciclo, le revisioni apportate dall'Istituto centrale Pag. 26di statistica ai dati di contabilità nazionale per il periodo 2013-2015, anche sulla scorta di nuove indagini e rilevazioni.
  I dati trimestrali di contabilità nazionale hanno evidenziato come la crescita nel secondo trimestre si sia di fatto bloccata e i più recenti indicatori congiunturali segnalano il permanere di una situazione di difficoltà.
  Per altro verso, la revisione apportata dall'ISTAT ai conti nazionali ci consegna il profilo di un'economia uscita con un anno di anticipo dalla recessione e caratterizzata da una maggiore vivacità di consumi delle famiglie e investimenti, che lo scorso anno risultano aumentati dell'1,5 e dell'1,3 per cento, rispettivamente sei e quattro decimi di punto in più di quanto stimato nei quadri di contabilità dello scorso marzo e, quindi, nel Documento.
  Sulla base delle nuove risultanze e dei preconsuntivi relativi al primo semestre di quest'anno, si può stimare che dalla fine della recessione a oggi l'economia italiana abbia recuperato 1,6 punti di PIL. La crescita cumulata sarebbe stata più accentuata nei valori nominali, vicina al 4,5 per cento, anche per via di un deflatore del PIL tornato a registrare nella prima metà del 2016 variazioni superiori all'1 per cento. Nel complesso, si tratta di risultati migliori di quelli prima conosciuti, seppur modesti nel confronto europeo.
  Come già rimarcato, il passo esitante della ripresa è in parte riconducibile a un fattore esterno quale il rallentamento degli scambi internazionali, che nell'ultimo biennio potrebbe aver sottratto alla crescita dell'economia italiana una quantità compresa fra i tre e i quattro decimi di punto.
  Sulla scorta dei nuovi elementi conoscitivi, la Nota rivede al ribasso il tasso di crescita del PIL 2016, portandolo dall'1,2 allo 0,8 per cento. Per il 2017, in assenza di interventi correttivi nelle politiche di bilancio, le non positive tendenze in atto perdurerebbero e determinerebbero un ulteriore lieve assottigliamento del tasso di sviluppo (+ 0,6 per cento). La ripresa sarebbe significativa in seguito, fino all'1,3 per cento nel 2019.
  Nell'opinione della Corte, il quadro macroeconomico prefigurato nella Nota si presenta nel suo insieme equilibrato, anche se non privo di elementi di fragilità cui occorrerà prestare attenzione. Questi elementi sono da individuare, come del resto riconosciuto dalla stessa Nota, con particolare riguardo al biennio 2018-2019, soprattutto sul fronte della domanda estera e, quindi, delle nostre esportazioni.
  Per quel che riguarda le prospettive della domanda interna, le valutazioni del Governo appaiono più prudenti. Nel quadro programmatico, i consumi sono previsti rallentare già nel pre-consuntivo 2016, che indica un aumento a fine anno dell'1,2 per cento, contro l'1,5 per cento registrato nel primo semestre, secondo l'attuale versione dei conti trimestrali, e nella media del 2015.
  Nella seconda parte dell'anno, il Governo valuta dunque un andamento quasi stagnante della spesa delle famiglie, in linea con la flessione registrata dagli indicatori sul clima di fiducia. Le variazioni della spesa delle famiglie sarebbero ancora minori nel 2017 e poi nel biennio 2018-2019.
  Va osservato che la previsione è stata elaborata dal Governo sulla base di una dinamica dei conti trimestrali che ancora non incorpora le nuove e più favorevoli quantificazioni della contabilità annuale. È dunque possibile che il profilo programmatico della spesa delle famiglie possa essere a consuntivo più favorevole di quanto stimato.
  Considerando il quadro macroeconomico nel suo insieme, così come sintetizzato dall'andamento del PIL, merita di essere sottolineata, per quel che concerne in particolare il 2017, la dimensione relativamente pronunciata degli effetti espansivi attribuiti nella Nota alla manovra di bilancio, pari a quattro decimi di punto (dallo 0,6 per cento tendenziale all'1 per cento programmatico).
  Fermo restando che la composizione qualitativa delle manovre molto può incidere sugli effetti macroeconomici che essa produce e sulle scelte di consumo e investimento, giova rimarcare che l'effetto espansivo ora ipotizzato resta assai maggiore Pag. 27 di quello prefigurato in sede di DEF 2016.
  In quell'occasione, si passava in termini di PIL da andamenti tendenziali dell'1,2 per cento ad andamenti programmatici dell'1,4 per cento, in un contesto in cui lo stimolo fiscale veniva misurato, come nella Nota di aggiornamento, in quattro decimi di punto come differenza sia tra saldo primario tendenziale e programmatico sia tra indebitamento netto tendenziale e programmatico.
  Effetti ancora pronunciati venivano stimati nel DEF 2015, quando si indicava che, a fronte di un maggior deficit, anche in quel caso di quattro decimi di punto, l'impatto sulla crescita del prodotto sarebbe stato solo di un decimo.
  La Nota di aggiornamento presenta un quadro di finanza pubblica mutato rispetto al DEF, in ragione delle modifiche registrate nel quadro economico.
  Per il 2016, il nuovo quadro tendenziale corregge in riduzione gli andamenti delle entrate di circa 3,2 miliardi e di circa 1,7 miliardi la dinamica della spesa totale rispetto a quanto previsto nel DEF.
  La modifica sale a 5 miliardi per le entrate nel 2017 e a poco meno di 10 miliardi per il 2018-2019, a fronte di una riduzione della spesa che rimane al di sotto dei 1,4 miliardi nel 2017 e di poco superiore ai 2 miliardi nel biennio successivo, in gran parte attribuibile ai minori interessi.
  Nel complesso, la revisione operata in base alle nuove previsioni macroeconomiche determina quindi un peggioramento del saldo di bilancio per il 2016 di 1,4 miliardi, che cresce a 3,2 miliardi nel 2017 e a poco meno di 7,5 miliardi nel 2019.
  A seguito di queste modifiche, quest'anno l'indebitamento è previsto collocarsi al 2,4 per cento del PIL rispetto al 2,3 previsto nel documento originario e all'1,6 per cento nel 2017. Nel 2019 i conti pubblici raggiungerebbero il pareggio. A fine periodo, il peso sul PIL delle spese e delle entrate si collocherebbe al 46,9 per cento.
  Nel nuovo quadro tendenziale la spesa complessiva nel 2016 è pari al 49,5 per cento del prodotto, in flessione rispetto al 2015 di nove decimi di punto. Alla riduzione contribuiscono la spesa per interessi e la spesa in conto capitale, pari al 3,5 per cento del PIL contro il 4,1 del 2015.
  La spesa per interessi è favorita da condizioni ancora molto favorevoli sui mercati finanziari, che hanno determinato una revisione al ribasso dell'onere del debito di 0,4 miliardi di euro nel 2016.
  Rispetto al quadro del DEF, oltre ad accentuarsi il calo dei trasferimenti, sono rivisti in flessione gli investimenti fissi per poco meno di 1 miliardo, una riduzione di cui beneficiano i risultati attesi in termini di indebitamento, ma che segnala anche una difficoltà di tradurre in realizzazioni effettive l'impulso attribuito agli investimenti pubblici.
  Si tratta di un aspetto che la Corte trova confermato nei dati disponibili in relazione ai pagamenti per investimenti di Stato e amministrazioni locali nei primi otto mesi dell'anno. Essi registrano, infatti, una flessione di poco inferiore al 7 per cento rispetto al 2015.
  Come messo in rilievo nella Nota, sarà centrale per un effettivo rilancio delle opere il superamento dei limiti che attengono alla gestione della spesa, intervenendo anche sulle procedure di affidamento dei lavori.
  Nel triennio 2017-2019 la spesa conferma il profilo discendente. In rapporto al prodotto la flessione attesa della spesa primaria è di sei decimi di punto nel 2017, che crescono a due punti a fine periodo. Gli interessi, riducendosi anche nei livelli assoluti lungo tutto l'orizzonte di previsione, si collocherebbero al 3,4 per cento del PIL nel 2019, portando mediamente ogni anno un contributo di 0,2 punti percentuali al miglioramento del saldo.
  Nonostante che la revisione operata con la Nota ne riveda il profilo attenuandone la flessione di quattro decimi di punto a fine periodo, è la spesa corrente primaria che continua a fornire il contributo maggiore (circa 1,7 punti di PIL nel periodo di previsione).
  Particolarmente impegnativa è la riduzione della spesa corrente al netto di redditi e prestazioni sociali già scontata nel quadro tendenziale. Si tratta della spesa Pag. 28che in passato ha registrato le maggiori difficoltà di contenimento e su cui si sono concentrati gli sforzi per un efficientamento nei meccanismi di acquisto. Nel 2017, essa è attesa contrarsi di circa mezzo punto di PIL, con una flessione in termini nominali di oltre 2 miliardi. È su questa parte della spesa che potrebbero ricadere, già con il disegno di legge di bilancio, le necessità di copertura per gli interventi di riassorbimento di parte delle clausole IVA e per le misure di sostegno alla crescita del sistema produttivo e dei redditi.
  La Nota di aggiornamento al DEF rivede in diminuzione la spesa per redditi da lavoro dipendente per l'intero periodo considerato. Il nuovo quadro tendenziale tiene conto delle variazioni apportate al consuntivo 2015 dall'ISTAT, con Nota del 23 settembre 2016. Relativamente a tale anno, la spesa per redditi si attesta su un valore pari a 161,4 miliardi, con una diminuzione, rispetto all'anno precedente, di oltre 2 miliardi. Si conferma e si accentua, dunque, il giudizio sulla straordinaria efficacia delle misure di contenimento della spesa di personale, contenute nel decreto-legge n. 68 del 2010 e più volte prorogate nel tempo. La diminuzione complessiva della spesa nel periodo del 2010-2015 si attesta, infatti, su un valore di oltre 11 miliardi.
  La Nota di aggiornamento ipotizza un aumento della spesa nel 2016 di quasi un punto percentuale, con una dinamica incrementale peraltro inferiore a quella ipotizzata ad aprile. La nuova previsione per tale anno conferma gli effetti incrementali, connessi con il rifinanziamento, contenuto nella legge di stabilità per il 2016, del fondo per l'attuazione del piano straordinario di assunzione nella scuola, e quelli derivanti dal contributo straordinario in favore del personale del comparto sicurezza e difesa.
  A fronte di quanto detto, peraltro, la Nota di aggiornamento ribalta sul 2016 l'ulteriore flessione registrata a consuntivo del precedente esercizio e prende atto della mancata sottoscrizione dei rinnovi contrattuali, i cui effetti vengono rinviati al 2017, ma tiene anche conto dei primi esiti del monitoraggio effettuato dalla Ragioneria generale dello Stato, che, nel mese di settembre, ipotizza su base annua un andamento della spesa per redditi più contenuto rispetto alle previsioni. La spesa per redditi è poi ipotizzata come sostanzialmente stabile nel 2017. In tale anno, il presumibile costo del rinnovo dei contratti, sulla base delle risorse stanziate nella legge di stabilità per il 2016, è compensato dal protrarsi degli effetti delle misure limitative delle assunzioni con una nuova diminuzione nel 2018, per effetto del venir meno della componente degli arretrati sui rinnovi contrattuali.
  Nel quantificare gli effetti della ripresa dell'attività contrattuale, il nuovo quadro tendenziale considera il solo impiego delle risorse stanziate dalla legge di stabilità per il 2016. Si tratta della corresponsione dell'indennità di vacanza contrattuale, di gran lunga inferiore al presumibile costo della tornata contrattuale, ipotizzando l'applicazione dell'accordo del 30 maggio 2009 e sull'effetto delle relazioni sindacali del pubblico impiego. Al riguardo, nel quadro a politiche invariate del DEF, il costo dei rinnovi contrattuali era stimato produrre ulteriori incrementi della spesa per redditi, rispetto alle previsioni tendenziali, pari rispettivamente a 1,6 miliardi, a 4,1 miliardi e a 6,9 miliardi, per ciascun anno nel periodo di vigenza degli stessi. Tenuto conto delle stime sull'andamento del prodotto interno lordo, il rapporto tra la spesa per redditi da lavoro dipendente e il PIL è stimato per l'intero periodo di riferimento al di sotto del 10 per cento, fino a raggiungere un valore pari al 9 per cento nel 2019.
  Il ridisegno del quadro di finanza pubblica che emerge dalla Nota evidenzia significative correzioni anche sul versante delle entrate, ne ha interessato lo scenario tendenziale e se ne colgono i riflessi su quello programmatico, ma non muta il ruolo di fisco, decisamente orientato alla crescita, che è prefigurato nell'architettura del DEF.
  Gli aggiornamenti della Nota scaturiscono da una presa d'atto di un contesto meno favorevole rispetto a sei mesi fa. Da un lato, l'andamento del gettito 2016 si è rivelato inferiore alle attese e, dall'altro, c'è stato il deterioramento del quadro macroeconomico, Pag. 29 con gli inevitabili riflessi sulla dinamica delle basi imponibili delle principali imposte. Infine, c'è stata la registrazione di alcuni esiti delle due ultime leggi di stabilità, con ricadute inattese sulle tendenze del gettito. Questi sono tutti fattori che, oltre a incidere sulla dinamica delle entrate di bilancio pubblico prefigurate dal DEF, introducono elementi di incertezza che si estendono lungo l'intero arco della previsione.
  L'andamento delle entrate tributarie segnala, nel preconsuntivo 2016 della Nota, un ridimensionamento di oltre 2 miliardi rispetto alle previsioni del DEF e particolarmente negativa risulta la flessione delle imposte indirette, solo in parte compensata dal positivo risultato alle imposte dirette. Si tratta di esiti che, solo marginalmente e non sempre in modo univoco, riflettono i cambiamenti registrati dal quadro economico. Il gettito delle imposte dirette, in particolare, dovrebbe aver tratto vantaggio dal miglioramento dei livelli occupazionali, ma, nello stesso tempo, dovrebbe aver risentito anche della crisi delle imposte sostitutive, che, nonostante i recenti aumenti dei livelli dell'aliquota, hanno subito una rilevante riduzione delle basi imponibili a seguito della generalizzata caduta dei rendimenti delle attività finanziarie.
  Dal lato delle imposizioni indirette, invece, le variazioni registrate dal quadro economico dovrebbero aver influito sulla dinamica del gettito IVA e su quello delle accise, su una in positivo e sull'altra in negativo. Effetti ben più incisivi sulla ridefinizione dei livelli di gettito attesi per il 2016 dovrebbero, invece, essere stati prodotti da talune misure nell'ultimo biennio. Sul versante dell'imposizione indiretta, si tratta della caduta di gettito delle entrate tributarie degli enti territoriali, a seguito di misure introdotte dalla legge di stabilità per il 2016 e dell'entrata in vigore delle norme che hanno sancito la deduzione del costo del lavoro dalla base imponibile IRAP.
  In senso positivo, invece, dovrebbe aver operato l'introduzione di un meccanismo come lo split payment, che, accreditato ufficialmente di un maggior gettito, pari a 988 milioni su base annua, si è rivelato un forte trascinatore della dinamica dell'IVA, per un valore di 6 miliardi di euro, vale a dire oltre il 10 per cento del totale dell'IVA, sugli scambi interni, registrato nel periodo gennaio-luglio 2016. Va da sé che, come la Corte ha avuto già modo di sottolineare, tale meccanismo, introdotto per contrastare l'evasione, si configuri in larga parte con un anticipo di imposta, del quale va evidentemente tenuto conto nell'ottica di una necessaria valutazione del gettito su base pluriennale.
  All'IVA incamerata direttamente dall'erario e dai propri fornitori, si contrapporranno le richieste di rimborso da parte dei contribuenti che non hanno potuto compensare l'esposto vantato a credito. Quanto all'imposizione diretta va evidenziato come la revisione all'insù, operata dalla Nota, di 2,5 miliardi rispetto alle stime del DEF, incorpori gli effetti derivanti dalla nuova modalità di compensazione dei rimborsi da assistenza fiscale, effettuati dai sostituti d'imposta relativamente alle ritenute operate sui dipendenti privati.
  L'aggiornamento delle entrate della pubblica amministrazione attese per il 2016 ripropongono, dunque, le incertezze e i rischi di una politica fiscale che, intaccata nelle leve e nel gettito di competenza degli enti territoriali, affida la dinamica delle principali forme impositive a meccanismi di anticipazione e di accelerazione del gettito.
  Anche il quadro tendenziale del 2017, così come quello del biennio successivo, risentirà dei fattori appena richiamati e dell'incertezza determinata dal loro operare. A essi se ne aggiungeranno tuttavia degli altri, suscettibili di rendere più complesso l'orizzonte di programmazione. Le nuove stime sulle entrate evidenziano un progressivo ridimensionamento dei livelli di gettito disegnato dal DEF. Le entrate tributarie, in particolare, subiscono nel 2017 un raddoppio della revisione al ribasso, definita per il 2016, e già dal 2018 subiranno un ulteriore cedimento.
  È sempre l'imposizione indiretta a guidare la revisione in negativo, anche se dal 2018 pure il gettito delle imposte dirette Pag. 30risulta rivisto al ribasso, a seguito dell'entrata in vigore del rilevante taglio dell'aliquota IRES disposto con la legge di stabilità del 2016. Peraltro, al peggioramento delle entrate tributarie si sommerà, a partire dal 2018, il deterioramento del gettito contributivo per effetto di un rallentamento, rispetto a quanto ipotizzato dal DEF, del processo di assorbimento dei livelli di occupazione. Il quadro delle entrate nell'ultimo triennio della previsione si annuncia, dunque, più delicato rispetto al 2016, anche perché è nel triennio 2017-2019 che si registrano i più significativi cambiamenti nelle previsioni macroeconomiche, operati dalla Nota con una rivisitazione al ribasso dell'andamento atteso delle variabili che influenzano la formazione delle basi imponibili nelle principali forme di prelievo.
  D'altra parte, non appaiono positive le nuove tendenze che si configurano per il biennio successivo, nonostante la dinamica del gettito continui a essere sorretta dal permanere delle clausole di salvaguardia IVA.
  In un simile quadro tendenziale, si inserisce il discorso programmatico di finanza pubblica disegnato dalla Nota, che, rispetto al DEF, sembra fare maggiore affidamento sull'impiego della leva tributaria, per impostare una politica di bilancio più orientata alla crescita; ciò è quanto si può rilevare sia dal lato degli interventi che dal lato della copertura. Non diversamente dal DEF, la Nota prefigura una progressiva sterilizzazione della clausola di salvaguardia IVA, evitando l'entrata in vigore degli aumenti di aliquota previsti dalla legislazione vigente, e sul versante delle coperture trova conferma l'impegno a coinvolgere il sistema tributario, attivando misure volte ad accrescere la fedeltà fiscale e a ridurre i margini di evasione e di elusione.
  Tuttavia, la Nota, da un lato, estende la previsione di interventi basati sull'impiego della leva fiscale, nuovi incentivi a sostegno della crescita e dell'innovazione del sistema produttivo, specifici interventi a sostegno delle famiglie e dei pensionati e nuove misure per favorire la flessibilità d'ingresso nel sistema previdenziale e, dall'altro, sembra avere abbandonato, sul versante delle coperture, l'obiettivo di una revisione del fenomeno delle agevolazioni fiscali, che nel DEF trovava ampio spazio.
  Con la Nota di aggiornamento del DEF, insomma, la politica di bilancio sembrerebbe destinata a far leva sul contrasto all'evasione, per portare avanti interventi selettivi a sostegno dell'economia. Questo intento evoca una rilevante operazione redistributiva, i cui recuperi di evasione ed elusione si farebbero discendere dall'azione spontanea dei contribuenti (compliance), piuttosto che da un potenziamento dell'attività di controllo. Si tratta di un approccio che, come insegna il passato, non è immune da rischi, nella misura in cui entrate incerte, come quelle appunto attese dal recupero dell'evasione, fossero impiegate in misura elevata per coprire spesi o sgravi fiscali certi.
  Le nuove incertezze che caratterizzano il quadro internazionale e la perdurante fragilità dei segnali di crescita giustificano, nella valutazione del Governo, l'attenzione della manovra di consolidamento fiscale, scontata nel quadro tendenziale per il 2017 e gli anni seguenti, pur senza abbandonare il percorso di convergenza verso l'obiettivo di riassorbimento del disavanzo. Viene definito un andamento programmatico dei saldi peggiorativo rispetto al valore obiettivo indicato nel DEF. L'indebitamento netto, rivisto in aumento di un decimo di punto nel 2016, passa dall'1,8 al 2 per cento nel 2017.
  Nel biennio successivo, il percorso di riduzione continua, anche se nel 2019 si passa da un surplus di un decimo di punto a un disavanzo dello 0,2. C'è una maggiore correzione nel caso del saldo primario, la grandezza che meglio misura le scelte discrezionali delle politiche di bilancio. Il DEF 2016 ne prefigurava un leggero consolidamento, dall'1,6 all'1,7 per cento del PIL, tra il 2015 e il 2016 e un progressivo rafforzamento fino al 3,6 per cento del prodotto nel triennio successivo. La Nota corregge in riduzione tale andamento di due decimi di punto nel 2016, che salgono a quattro decimi nel 2019. Pag. 31
  Nel corso degli ultimi anni, i valori programmati si sono tendenzialmente ridotti. Per il 2017, in particolare nel DEF 2015, si pensava di poter conseguire un avanzo pari al 3,2 per cento del PIL, per un importo circa doppio rispetto alla Nota 2016. Il profilo programmatico si differenzia dal tendenziale anche per la composizione della manovra, che troverà attuazione nel prossimo disegno di legge di bilancio. Il Governo conferma, infatti, la volontà di disattivare nel 2017 le clausole di salvaguardia previste dalla legislazione vigente e il conseguente aumento di imposte indirette. Si prevede, inoltre, un intervento per investimenti infrastrutturali e ambientali, per il potenziamento della crescita e dell'innovazione, per il sostegno delle famiglie, a favore dei pensionati e per la flessibilità previdenziale.
  Una valutazione compiuta del quadro programmatico sarà possibile solo dopo la presentazione del disegno di legge di bilancio. Nella Nota viene indicato, infatti, l'importo della manovra netta, che verrà attuata e che è di circa mezzo punto del PIL, ma né si forniscono le dimensioni della manovra lorda comprensiva delle altre misure previste, né è conseguentemente nota la ripartizione che si avrà, tra le misure a copertura, di quelle volte ad accrescere la fedeltà fiscale e quelle dirette a contenere la spesa corrente. I margini stretti, posti da un quadro tendenziale che sconta già un profilo di riduzioni significativo della spesa, e dal rispetto dei parametri europei, renderanno la valutazione della congruenza e della realizzabilità delle coperture un esercizio impegnativo.
  All'indebitamento nominale del 2,4 per cento del PIL (2,3 nel DEF), per il 2016 corrisponde nel quadro programmatico un valore del saldo strutturale pari a 1,2 per cento, invariato rispetto alle precedenti stime. Si determina, quindi, un peggioramento del saldo strutturale di 0,5 punti rispetto all'anno precedente, a fronte dello 0,25, accordato dalla Commissione europea sulla base di richieste di flessibilità avanzate dall'Italia. Lo scostamento di 0,25 punti di PIL, peraltro, non configurerebbe una deviazione significativa, in quanto inferiore al limite dello 0,5 indicato dalle regole del Fiscal compact. Anche nella media sui due anni, che tiene conto del limitato scostamento registrato nel 2015, la variazione sarebbe contenuta nel limite consentito.
  Inoltre, le nuove stime per l'esercizio in corso non alterano il quadro esaminato dalla Commissione nel maggio scorso, quando, anche alla luce dell'evoluzione del quadro macroeconomico e di finanza pubblica contenuto nelle Previsioni di primavera, si era espressa sul programma di stabilità e sul piano nazionale di riforme presentati dall'Italia. In base a tale previsione, a un indebitamento per il 2015 allineato con le stime governative e a un valore nel 2016 leggermente più elevato, corrispondeva un saldo strutturale pari all'1 per cento del PIL del 2015 e dell'1,7 nel 2016. Rispetto al benchmark previsto per i due anni, si prefigurava uno scostamento complessivo di 0,60 decimi di punto. Tuttavia, tale dato non teneva conto dell'ulteriore flessibilità, da valutare e accordare ex post, relativa all'emergenza migranti e alle spese connesse all'emergente terrorismo, che è stata stimata dal Governo in misura pari allo 0,03 punti nel 2015 e allo 0,1 punti nel 2016.
  Guardando gli esercizi successivi, l'ulteriore allentamento degli obiettivi preposti dal Governo fa sì che, in termini strutturali, il saldo rimanga negativo lungo tutto il periodo di previsione: –1,2 per cento nel 2017, –0,7 per cento nel 2018 e –0,2 per cento nel 2019. Nel 2017, il quadro macroeconomico del Governo e le stime dell’output gap, per un valore negativo dello 0,7 per cento, configurano i «bad times», per cui sarebbe necessario, secondo le regole europee, un miglioramento del saldo dello 0,5 per cento, a fronte del quale l'aggiustamento nullo, indicato nel documento in esame, configurerebbe una deviazione significativa. Anche nella media sui due anni, che prende in considerazione lo scostamento atteso per il 2016, sarebbe superato il valore di riferimento.
  Tale scostamento risulta inoltre più accentuato alla luce della richiesta di un aggiustamento del saldo di 0,6 punti per il Pag. 322017, contenuta nelle raccomandazioni del Consiglio del luglio scorso. Questa si basava sulle previsioni della Commissione, che, a fronte di un output gap pari allo 0,4 e tale da configurare una situazione macroeconomica rientrante nei tempi normali, prevedevano per tale esercizio un saldo strutturale dell'1,7 per cento, invariato rispetto all'anno precedente.
  È da notare che tale valore corrispondeva a un deficit nominale dell'1,9 per cento, che scontava in linea con il DEF una sia pure parziale manovra alternativa alle cosiddette «clausole di salvaguardia». La revisione dell'indebitamento programmato dall'1,8 al 2 per cento, contenuto nella Nota, accentua, quindi, l'entità dello scostamento. Nel biennio successivo, il peggioramento rispetto al DEF dei saldi nominali si traduce solo parzialmente sui valori strutturali, che evidenziano un aggiustamento annuo di 0,5 punti, passando da un valore negativo di 0,7 nel 2018 e confermando lo 0,2 per cento nel 2019.
  La manovra programmata influenza, infatti, le stime del prodotto effettivo e potenziale, in modo da riassorbire a fine periodo l'effetto dell'allentamento della stance fiscale. Sul calcolo dei saldi strutturali incidono inoltre le misure una tantum, che riflettono peraltro le maggiori spese conseguenti ai fenomeni sismici, compresi quelli dell'agosto scorso. Per una migliore comprensione del profilo indicato, sarebbe tuttavia necessario disporre di un dettaglio di tali componenti di spesa, tanto più alla luce degli ulteriori interventi relativi alla messa in sicurezza del patrimonio abitativo del territorio e alla gestione del fenomeno migratorio, ove questi non si configurassero quali una tantum e si riflettessero sui valori strutturali.
  Il preconsuntivo dell'anno in corso e la rimodulazione degli obiettivi per gli esercizi successivi, insieme a un quadro più dettagliato delle misure che si intende assumere con il prossimo disegno di legge di bilancio, saranno oggetto del Documento programmatico di bilancio che il Governo invierà alle Istituzioni europee nel mese di ottobre. La Commissione esprimerà le valutazioni sul percorso di aggiustamento dei conti pubblici sulla base delle previsioni d'autunno.
  Il Governo accompagna la Nota di aggiornamento al DEF con la Relazione al Parlamento ai sensi all'articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012. Tale Relazione si rende necessaria poiché il Governo, come già accennato, intende apportare modifiche al precedente Piano di rientro verso l'obiettivo di medio termine approvato, con apposita risoluzione e con la prevista maggioranza assoluta dei componenti delle due Commissioni delle Camere, lo scorso 27 aprile. Spetta innanzitutto alle Camere accertare se ricorrano le condizioni che rendono possibile accordare l'autorizzazione richiesta.
  A differenza di quanto è avvenuto in passato, con la relazione il Governo non si limita a chiedere l'autorizzazione a modificare rispetto al DEF gli obiettivi di indebitamento netto, con conseguente modifica del saldo strutturale. Chiede, altresì, al Parlamento l'autorizzazione a utilizzare, ove necessario, ulteriori margini di bilancio sino a un massimo dello 0,4 per cento del PIL per il prossimo anno. Si tratta di un indebitamento netto aggiuntivo di 7,7 miliardi che, nelle parole del Governo, include gli effetti degli interventi correlati alla messa in sicurezza del territorio e alla gestione del fenomeno migratorio.
  Né nella Nota, né nella Relazione al Parlamento si accenna a eventuali effetti di questo ulteriore indebitamento sul saldo strutturale. Per una compiuta valutazione della compatibilità di questa ulteriore richiesta si demanda alle Camere se richiedere al Governo ulteriori informazioni riguardo alle modalità di utilizzazione delle risorse citate e all'eventuale natura una tantum delle misure ipotizzate.
  La Nota evidenzia come, soprattutto a seguito di un andamento macroeconomico meno favorevole di quello previsto, uno degli obiettivi principali del quadro di programmazione 2016-2019, ossia l'inversione della tendenza al rialzo del rapporto debito/PIL del 2016, dovrà essere posposta al 2017.
  Secondo le nuove indicazioni, il rapporto, pari nel 2015 al 132,2 per cento, Pag. 33continuerà a crescere al 132,8 per cento, invece che ridursi dei previsti 3 decimi. La discesa, però, dovrebbe iniziare dal 2017 e sostanziarsi in 6 decimi di PIL (132,2 per cento). La riduzione sarebbe poi graduale, aiutata dal rafforzamento dell'avanzo primario, fino al 3,2 per cento nel 2019, e dal progressivo assottigliarsi dello scarto tra costo medio del debito e tasso di crescita nominale dell'economia.
  Aiuterebbe questa prospettiva la ripresa dei proventi della privatizzazione, che nei dati del 2016 sono stati ridotti dallo 0,5 allo 0,1 per cento del PIL e che sono ipotizzati per il biennio 2017-2018 ancora pari a mezzo punto di PIL in ciascun anno e poi a 3 decimi di punto nel 2019.
  Diversamente da quanto prospettato nel DEF di aprile, quando la dinamica del rapporto debito/PIL si prefigurava sostanzialmente in linea con la regola del debito nella versione che guarda in avanti (benchmark forward-looking) con riferimento al 2017, gli sviluppi recenti portano a posticipare il rispetto della regola al 2018 e con riferimento al 2020.
  Va, a tal riguardo, osservato che i margini di sicurezza circa l'aderenza alla norma del Fiscal Compact appaiono piuttosto stretti anche nel 2018. Valgono in proposito due considerazioni: da un lato, la Nota non sembra tener conto degli effetti dello stock di debiti e dei possibili 4 decimi di disavanzo aggiuntivo per interventi legati alla sistematica gestione dell'emergenza e, dall'altro, anche marginali deviazioni in peggio nella traiettoria della crescita del PIL o delle altre componenti che influenzano l'andamento del rapporto debito/PIL porterebbero al non rispetto della regola, ferma restando la possibilità che lo scostamento sia poi giudicato non significativo in sede di valutazione dei fattori rilevanti a essi sottostanti.
  Con riguardo alla prima considerazione, va rimarcato che un eventuale maggior deficit dello 0,4 per cento del PIL nel 2017 si ridurrebbe comunque in un maggior debito. In caso di slittamento di una parte della spesa nel 2017, nell'anno successivo si potrebbe determinare un mancato rispetto della regola anche nel 2018. Nell'eventualità che il maggior deficit generasse, come è probabile, risvolti positivi sulla crescita, che la Nota trascura per ragioni prudenziali, il problema, a meno di moltiplicatori particolarmente elevati, sarebbe soltanto attenuato.
  Nel complesso, le modifiche previste con la Nota appaiono dare al quadro macroeconomico tendenziale un profilo di maggiore prudenza, almeno per quello che riguarda l'anno in corso e il prossimo. Si intravedono, tuttavia, potenziali elementi di fragilità del quadro economico, che si riflettono sul percorso programmatico di finanza pubblica. Tali elementi vanno ricondotti soprattutto a un fattore esogeno, un profilo di domanda internazionale che potrebbe essere, specie nel medio periodo, meno favorevole di quanto prefigurato. Ne deriverebbe un rischio al ribasso per le prospettive delle nostre esportazioni e, quindi, di crescita complessiva, con conseguenti risvolti avversi sul percorso programmatico di finanza pubblica.
  Il DEF 2016 aveva proposto un impianto di politiche di bilancio supportato dalla previsione di una ripresa dell'economia che si mostra oggi assai meno robusta di quanto atteso ed esposta a ulteriori rischi. Dal punto di vista delle scelte di policy l'impianto del documento di aprile poggiava, da un lato, sulla conferma della volontà di sfruttare appieno i margini di flessibilità offerti dal Patto di stabilità e crescita e, dall'altro, sulla scelta di disattivare gli inasprimenti di pressione fiscale derivanti dagli incrementi di IVA già in legislazione e di spingere sensibilmente nella direzione del sostegno della domanda interna.
  Queste due scelte sono confermate nella Nota di aggiornamento. Ciò avviene rinviando sia l'inversione del trend di crescita del rapporto debito/PIL nel 2016, ora posticipata al 2017, sia il lieve miglioramento del saldo strutturale di bilancio del prossimo esercizio.
  Non è ancora conosciuta la dimensione complessiva della manovra. Oltre alla copertura del mancato aumento dell'IVA, il Governo annuncia l'individuazione di risorse da destinare agli interventi a sostegno della crescita e a misure di carattere sociale e previdenziale prefigurate nella Nota. Ancora Pag. 34una volta, sarà proprio la capacità di ridurre il livello delle uscite primarie che potrebbe rivelarsi il fattore chiave nel giudizio che andrà formandosi sulla sostenibilità delle scelte di bilancio prospettate. Ridurre la spesa significa, infatti, muoversi lungo un'ipotesi di progressivo restringimento della sfera occupata dall'operatore pubblico.
  Rinviando per una valutazione complessiva al momento in cui saranno più chiari i caratteri delle misure proposte, va sottolineato che in questi anni di crisi l'Italia è stata capace di controllare, in situazioni di contesto difficilissime, i flussi della propria finanza pubblica. Essa ha pagato, tuttavia, le pesanti condizioni iniziali e ha dovuto sperimentare un incremento di debito rilevante, di cui circa un terzo è proprio dovuto alle più severe condizioni di partenza.
  Il controllo della spesa si è mostrato significativo. Nel quinquennio 2011-2015 si è registrata una riduzione della spesa corrente primaria reale nonostante il calo di prodotto. In valore assoluto la spesa corrente, sempre aggiustata per l'inflazione, è prima caduta e poi si è sostanzialmente stabilizzata.
  Non può essere dimenticato, tuttavia, che nel periodo successivo all'ammissione all'euro la spesa primaria è cresciuta in Italia più che in Francia e in Germania, nonostante il livello del debito fosse già significativamente più elevato rispetto a quei Paesi, i quali peraltro hanno potuto beneficiare di risparmi di spesa per interessi meno rilevanti di quelli ottenuti dall'Italia. Ne è conseguita una crescita della pressione fiscale particolarmente severa. L'indice di intermediazione del settore pubblico, approssimato dalla somma di entrate e spese pubbliche sul PIL, ha conosciuto nel 2015 il livello più elevato degli ultimi decenni.
  Infine, va sottolineata, ancora una volta, la necessità che le risorse liberate da un più graduale processo di convergenza verso gli equilibri di bilancio siano destinate a interventi in grado di incidere sul potenziale di crescita del Paese. Di qui l'urgenza di rimuovere gli ostacoli che rallentano la realizzazione di una politica di ammodernamento delle infrastrutture, con un coerente quadro di responsabilità organizzative, decisionali e finanziarie che riducano le incertezze che oggi condizionano anche l'operatore pubblico.
  I ristretti margini di manovra che si evidenziano nella Nota, a fronte delle necessità crescenti di un riadeguamento strutturale in grado di incidere effettivamente sulla produttività del sistema, portano a ritenere ancora attuale l'esigenza, già sottolineata dalla Corte in sede di audizione DEF 2016 e nel Rapporto di coordinamento del 2016, di un attento processo di riperimetrazione dell'offerta di servizi pubblici in grado di attivare, con l'ausilio del mercato, un adeguato volume di investimenti.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente, di questa relazione davvero ampia e approfondita.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ROCCO PALESE. Ringrazio il presidente della Corte dei conti per la relazione analitica ed esaustiva, che fa uno spaccato veramente profondo sulla situazione del Paese e soprattutto si sofferma, chiaramente, sulla Nota di aggiornamento.
  Faccio una breve considerazione, presidente. Nel contesto del disegno di legge di stabilità di quest'anno e della Nota di aggiornamento avevamo avuto la flessibilità da parte dell'Unione europea per la crescita, le riforme e l'immigrazione. Sulla situazione degli investimenti avevamo avuto, come flessibilità, 4 miliardi di euro. Lei ha giustamente significato e notiziato il Parlamento, così come era facile prevedere, che c'è stato un calo nell'ultimo periodo degli investimenti del 7 per cento.
  A lei risulta che il calo sia stato determinato dalle complicazioni iniziali – mi auguro che siano solo iniziati e basta – del nuovo Codice degli appalti, oppure ci sono altri elementi noti alla Corte che hanno determinato questa flessione? Speriamo che la flessibilità sia utilizzata tutta, perché poi sarà difficile sostenere in Commissione europea che c'è bisogno di uno stock di nuova flessibilità per la crescita, se già quella assegnata per il 2016 non è stata utilizzata. Pag. 35
  Condivido poi tutte le preoccupazioni che ha espresso in riferimento a situazioni di partite estremamente aleatorie in riferimento alle entrate, come l'evasione. È vero che ormai si parla di una seconda fase di rientro dei capitali dall'estero e anche di un rafforzamento del ravvedimento operoso per chi è inadempiente, per i morosi, per chi ha fatto evasione. In pratica, si annuncia quasi una sanatoria fiscale, da quello che si intravede. Bisogna, però, vedere alla fine le norme che da questo punto di vista verranno tirate fuori.
  Dico questo non per domanda, ma per sottolineare ancora di più che, se allarghiamo il panorama delle incertezze anche esterne, quali il mantenimento dei tassi d'interesse sul debito pubblico – la speranza è che rimangano così, speriamo che rimangano così – questa è un'altra variabile che non dipende dalla volontà interna ed endogena da parte del Paese. Quindi, tutte le preoccupazioni e gli allarmi che lei, in conclusione, fornisce come indicazioni al Parlamento e al Governo di grande prudenza ci stanno tutte. Per questo motivo personalmente ritengo che questa sia una relazione di grande aiuto al Parlamento.

  PRESIDENTE. Do la parola al presidente della Corte dei conti per la replica.

  ARTURO MARTUCCI DI SCARFIZZI, presidente della Corte dei conti. Per quanto riguarda la prima delle domande che lei mi fa, ossia se gli investimenti pubblici abbiano subìto un rallentamento per via del Codice degli appalti, è difficile dirlo, anche perché la riforma del Codice degli appalti è molto recente, quindi prima di vedere quali effetti può produrre, occorre tempo. Può darsi che percentualmente incida ma indicare un'aliquota di questa incidenza sul rallentamento degli investimenti pubblici è difficile da fare, ma pare che ci sia, non solo nelle intenzioni del DEF, ma anche da quello che risulta dalla Nota di aggiornamento, non solo una propensione a intensificare gli investimenti pubblici ma anche a supportare quelli privati, come sembra. Solo da questa congiunzione di investimenti ci si può attendere un rilancio dell'economia.
  Quanto all'evasione, sì, una delle fonti a cui si fa rinvio è quella della lotta all'evasione, per essere più precisi, non solo per far fronte a questi maggiori investimenti. Si punta anche molto sul sociale in questa manovra.
  In base a una recente legge, adesso c'è anche il sistema di poter monitorare gli effetti della lotta al contrasto all'evasione. Se prima, fino sei o sette anni fa, questo poteva risultare più complesso e difficile, adesso si può monitorare un po’ meglio quali sono stati gli effetti del contrasto all'evasione. Questo non tanto per vedere quello che è successo, ma per fornire un'indicazione più concreta al Governo su quali siano i punti su cui insistere.
  Lei prima ha detto che si annuncia una sanatoria, ma di questo non c'è evidenza nelle carte che abbiamo esaminato. Ove mai dovesse esserci, sarebbe una scelta di politica economica che è nella disponibilità del Governo. La Corte non ha trovato questo accenno.
  Poi ha fatto cenno alle variabili esogene. Le variabili esogene sono un po’ alla base di tutto quello che abbiamo visto nel quadro macroeconomico, come è detto nella prima parte della relazione. Sono delle variabili veramente importanti, tali da poter modificare grandemente. Quindi, tanto maggiore è stato l'apprezzamento che abbiamo trovato in questa Nota per la prudenza con la quale il Governo ha addirittura ridotto tutti gli indicatori che, invece, aveva preannunciato nella manovra del DEF.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente. Ci rivediamo quando avremo il disegno di legge di bilancio.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA V COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
FRANCESCO BOCCIA

Audizione del presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio, Giuseppe Pisauro.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare Pag. 36 all'esame della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2016, l'audizione, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato della Repubblica, del presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio, Giuseppe Pisauro.
  Lo accompagnano i consiglieri Chiara Goretti e Alberto Zanardi.
  Do la parola al presidente Pisauro per lo svolgimento della relazione.

  GIUSEPPE PISAURO, presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio. Do la buonasera al presidente e agli onorevoli deputati e senatori.
  Il documento che abbiamo preparato, e che credo sia stato distribuito, è suddiviso in tre parti. La prima parte riguarda il contesto macroeconomico, la seconda la finanza pubblica e la terza la relazione tra obiettivi di finanza pubblica e regole di bilancio. La parte che probabilmente porterà via più tempo è quella relativa alle previsioni macroeconomiche, visto il ruolo dell'Ufficio parlamentare di bilancio (UPB) nella validazione del quadro tendenziale e del quadro programmatico delle previsioni macroeconomiche.
  In sintesi, i risultati sono i seguenti, almeno a questo stadio. Come tutti sapete, l'UPB ha validato il quadro macroeconomico tendenziale per gli anni 2016-2017, come risulta dalla stessa Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (NADEF), trasmettendo la lettera di validazione del quadro il 26 settembre ultimo scorso. Ciò è avvenuto dopo che l'UPB aveva comunicato il 12 settembre i propri rilievi su una prima versione provvisoria della previsione governativa, a cui era seguita la predisposizione di un nuovo quadro tendenziale da parte del Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) che teneva conto di quei rilievi e che ha ricevuto la validazione.
  Per quanto riguarda invece il quadro macroeconomico programmatico, devo comunicare che nella mattinata di oggi l'UPB ha trasmesso al MEF i propri rilievi critici che evidenziano un eccessivo ottimismo delle previsioni ufficiali del 2017 e che, in assenza di una revisione coerente con tali rilievi del quadro programmatico pubblicato nella Nota di aggiornamento del DEF, l'UPB si troverebbe nell'impossibilità di validarlo positivamente.
  Naturalmente spiegherò i motivi che ci portato a questa posizione ma, prima di parlare della validazione, permettetemi di sottolineare alcune complessità del processo previsivo che abbiamo incontrato nell'esercizio di quest'anno e che hanno a che fare soprattutto con il calendario. È venuto a crearsi, anche negli anni precedenti ma in modo più grave quest'anno, un intreccio tra la nuova calendarizzazione della pubblicazione della NADEF e le date di diffusione da parte dell'Istat dei conti nazionali.
  Il risultato è che la previsione del MEF e di conseguenza il nostro lavoro non è mai effettivamente stabilizzato perché deve incorporare informazioni Istat sui conti nazionali diffuse per tre volte nell'arco di un mese. Per fare un esempio, in questo esercizio la prima versione del quadro che abbiamo ricevuto dal MEF era elaborata sulla base di dati di contabilità trimestrale diffusi dall'Istat il 2 settembre. Poi il quadro ha dovuto essere rielaborato dal MEF per tenere conto dei conti economici nazionali diffusi dall'Istat il 23 settembre (Revisione del quadro 2014-2015). Infine, potrebbe essere rielaborato per una terza volta in vista del documento programmatico di bilancio – che dovrà essere inviato alle autorità europee – per incorporare i dati dei conti trimestrali coerenti con le informazioni della revisione effettuata il 23 settembre, che sono stati pubblicati oggi.
  Dal nostro punto di vista, l'effetto della revisione dei quadri trimestrali non cambia il quadro nella sostanza. L'unico dato a oggi acquisito è una leggera diminuzione del tasso di crescita acquisito del 2016. I dati della crescita dei primi due trimestri sono rimasti, infatti, immutati. Tuttavia, sono stati complessivamente rivisti al ribasso per circa un decimo gli ultimi trimestri del 2015 e, quindi, ad oggi il dato acquisito della crescita del 2016 è leggermente più basso: 0,6 anziché 0,7 per cento. Rispetto a quello che vi racconterò, non fa molta Pag. 37differenza e non abbiamo certamente avuto il tempo di rivedere le nostre stime, come pure non lo ha avuto il MEF.
  Capisco che il quadro programmatico sia quello più interessante, ma ho bisogno di farlo precedere dall'analisi del quadro tendenziale. A pagina 35 trovate i grafici del quadro tendenziale. Quest'anno nei nostri grafici c'è una novità: abbiamo scelto di evidenziare esplicitamente anche la nostra previsione, quindi accanto ai cerchi che indicano le previsioni del nostro panel – in questo caso sono tre cerchi, sono le previsioni dei tre istituti indipendenti – e al quadrato che indica la previsione ufficiale del MEF, trovate un rombo che racchiude la previsione dell'UPB. Ai fini dell'esercizio, il rombo ha lo stesso valore dei cerchi, ma dopo due anni ci sembrava giusto assumerci la responsabilità e dare trasparenza al nostro lavoro. Nessuno è in grado di giurare sulla propria previsione contro quella degli altri, vorrei che fosse chiaro a tutti. Ne consideriamo più di una proprio per questo.
  Il quadro tendenziale, come dicevo prima, è stato validato e per il 2016 la previsione ufficiale dello 0,8 per cento, quindi il primo grafico, la prima riga, evidenziata nel quadrato relativo al MEF, si trova ampiamente all'interno dell'intervallo, che peraltro è molto stretto perché sono tutte previsioni che vanno tra lo 0,6 e lo 0,9 per cento, essendo ormai il 2016 sostanzialmente acquisito. Per il 2017 la previsione del MEF è in linea con quella del nostro panel. È leggermente superiore a un valore centrale, ma è comunque inferiore al limite massimo dell'intervallo. Quindi lo 0,6 per cento di crescita reale del PIL per il 2017 ci trova convinti della validazione. Ricordo che la validazione in questo esercizio autunnale riguarda solo il 2016 e il 2017. Gli anni 2018 e 2019 non sono oggetto della validazione.
  Lo stesso vale per il PIL nominale riportato nel grafico più in basso. I risultati sono analoghi. Diverso è il discorso per il 2018 perché sia il dato di crescita reale sia il dato di crescita nominale, incluso il deflatore, sono fuori dal nostro intervallo. Nell'insieme, l'evoluzione del PIL nominale è più elevata rispetto ai valori mediani del panel dell'UPB di oltre cinque decimi di punto nel 2018 e di due decimi di punto nel 2019. Rispetto ai valori massimi, la previsione si colloca nel 2018 due decimi sopra il limite e vicino ad esso nel 2019.
  Questo è il quadro della nostra valutazione del quadro tendenziale. Il 2016 e il 2017 sono stati validati come pienamente accettabili. Il 2018 e il 2019 non sono oggetto di validazione, ma ci sembrano, rispetto al nostro gruppo di previsioni, eccessivamente ottimistici.
  Passiamo al quadro programmatico. La costruzione della stima programmatica richiede naturalmente – è una premessa ovvia – una conoscenza delle misure dalla manovra. Peraltro, la differenza tra i due quadri è esattamente negli effetti delle misure della manovra. Come sanno tutti coloro che hanno letto la NADEF, lì un dettaglio della composizione della manovra sufficiente a fare un esercizio di questo tipo non si ritrova, nonostante il fatto che recenti modifiche legislative richiedano che nella NADEF questo dettaglio sia presente. È uno dei problemi che rende difficile, oggi come in anni precedenti, il lavoro nostro e di tutti quelli che vogliono osservare dati di questo tipo.
  Abbiamo utilizzato le informazioni desumibili dalla NADEF più altre informazioni che, come negli anni passati, ci sono state fornite dal MEF sulle ipotesi utilizzate a sua volta dal Ministero per la manovra e per costruire le proprie previsioni. In parte anche il MEF è soggetto allo stesso tipo di incertezza su quale sarà la manovra che verrà effettivamente presentata tra poco più di due settimane.
  I risultati li vedete nella pagina successiva. Il 2016 possiamo trascurarlo, è sostanzialmente lo stesso che abbiamo visto per il tendenziale, non ci sono cambiamenti. Per il 2017, come vedete, il dato sintetico – e cercheremo di capire da cosa possa dipendere – è di una previsione dell'uno per cento di crescita reale, superiore di due decimi all'estremo superiore del nostro intervallo, che si ferma a 0,8 per cento. Anche la nostra previsione come UPB – rombo – è dello 0,8. Se prendessimo Pag. 38come riferimento la mediana, lo scarto sarebbe di circa tre decimi di punto.
  Questa differenza dipende essenzialmente dall'andamento della domanda interna. Se volete divertirvi, i grafici seguenti contengono il quadro tendenziale e programmatico del solo anno 2017 per le singole componenti della previsione, cioè consumi, investimenti, contributo delle esportazioni nette, deflatore del PIL e PIL nominale.
  Le differenze dipendono essenzialmente dalla crescita della domanda interna, soprattutto sul fronte degli investimenti, e in parte anche dai consumi delle famiglie. Gli investimenti, infatti, si espandono di circa un punto percentuale in più rispetto al valore mediano dei previsori e i consumi interni delle famiglie appaiono in prossimità del limite più elevato del nostro intervallo. C'è poi un altro elemento che appare fuori linea. È meno importante nella composizione della domanda interna, ma genera perplessità la stima della spesa delle amministrazioni pubbliche, che contribuisce a formare la domanda aggregata ed è prevista in crescita dello 0,5 per cento. Questo sembra contraddittorio con le informazioni che riusciamo a desumere dalla NADEF.
  Nel complesso il contributo alla crescita del PIL fornito dalla domanda finale interna è di tre decimi di punto superiore al valore mediano dei previsori dell'UPB. Questo risultato dipende da ipotesi diverse che la previsione ufficiale del Governo fa rispetto alle previsioni nostra e degli altri previsori indipendenti sul valore dei moltiplicatori fiscali. C'è stata una convergenza sul tendenziale, adesso abbiamo un pacchetto di misure che conosciamo a grandi linee e che produce una nuova previsione. L'effetto del pacchetto di misure, nel gergo dei macroeconomisti, si chiama moltiplicatore fiscale.
  Un dato è certo, la dimensione della manovra illustrata nella NADEF è di quattro decimi di punto, si tratta cioè di un disavanzo che peggiora per quattro decimi di punto. Questo disavanzo che peggiora per quattro decimi di punto produce, nella stima ufficiale, un incremento della crescita esattamente di quattro decimi di punto: da 0,6 per cento di crescita nel tendenziale a uno per cento di crescita nel programmatico. È implicito un moltiplicatore di questo disavanzo pari a uno.
  Si può anche elaborare ulteriormente, perché la NADEF qualche informazione ce la fornisce. A grandi linee la manovra ha due pezzi. Il primo pezzo peggiora il disavanzo per nove decimi di punto. Mi riferisco alla cancellazione dell'aumento dell'IVA, che vale nove decimi di punto, per arrivare a un peggioramento di quattro decimi. Anche se non avessimo alcuna informazione sulla composizione della manovra, sappiamo però che nell'insieme essa deve produrre una diminuzione del disavanzo di cinque decimi di punto. In altre parole l'IVA peggiora il disavanzo per nove decimi, il resto della manovra lo deve migliorare di cinque, se il risultato deve essere 0,4 per cento.
  La NADEF dichiara con molta trasparenza l'effetto, nella previsione ufficiale, della cancellazione dell'aumento dell'IVA, cioè tre decimi di punto di PIL. Per arrivare a quattro decimi occorre che il resto aggiunga un decimo. Il resto della manovra è una correzione del disavanzo di cinque decimi che dovrebbe produrre un aumento del prodotto di un decimo. In linea di principio, questo è possibile. Chi ha fatto un esame di macroeconomia conoscerà il teorema di Haaveelmo, secondo cui anche il bilancio in pareggio può produrre un risultato di quel tipo. Dipende naturalmente dalla composizione della manovra.
  Il MEF, sempre in modo molto trasparente, ha pubblicato nel Documento di economia e finanza i moltiplicatori che utilizza per grandi categorie. Il moltiplicatore medio della spesa è 0,8, il moltiplicatore medio delle imposte è 0,2. In linea di principio, quindi, una manovra che avesse una composizione tale per cui quella correzione di disavanzo fosse affidata completamente alle entrate e però servisse anche a coprire una parte di aumento di spesa potrebbe produrre quel risultato.
  Ci sono varie combinazioni possibili. Come ripeto, in linea di principio non è impossibile ottenere quel risultato. Tuttavia, Pag. 39 sulla base delle informazioni che noi desumiamo dalla NADEF e di quelle ricevute dal MEF, in questo caso quel risultato non verrebbe ottenuto.
  Questa è in sintesi la nostra valutazione degli effetti della manovra per il 2017. Vi è forse uno spazio di ambiguità. Insisto su questo e lo devo sottolineare con grande enfasi: noi abbiamo valutato una manovra che porta il disavanzo al 2 per cento. Qualsiasi valutazione di manovre che portassero il disavanzo a livelli superiori, ad esempio all'interno del range 2 per cento – 2,4 per cento, come da richiesta presentata dal Governo nella Relazione al Parlamento, darebbe risultati diversi.
  Va ricordato che, ai fini dell'ordinamento europeo, la nostra validazione non riguarda le previsioni contenute nella NADEF, ma riguarda le previsioni contenute nel Documento programmatico di bilancio che viene inviato a Bruxelles e riguarda solo il quadro programmatico, Bruxelles non ha nessun interesse a conoscere il nostro parere sul tendenziale. Eventuali revisioni dell'entità e della composizione della manovra di finanza pubblica rispetto a quelle indicate nella NADEF comporteranno una rivalutazione da parte nostra del quadro macroeconomico. Per essere più chiari, quel risultato dell'1 per cento di crescita potrebbe essere raggiunto con manovre di dimensioni diverse. A questo stadio noi però valutiamo quella con il 2.
  Le considerazioni che facciamo sul quadro programmatico per il 2018 e 2019 sono sostanzialmente analoghe a quelle sul tendenziale, quindi i rischi di ottimismo che notavamo per il quadro tendenziale permangono per il programmatico.
  Al di là dei rischi che ritroviamo confrontando previsioni diverse, nel nostro esercizio ci sono i rischi collegati a modifiche nelle ipotesi che si fanno sulle variabili esogene, in particolare quella sul commercio internazionale. La previsione del MEF e anche le nostre su questo round scontano tutte un indebolimento del quadro macroeconomico internazionale e di variabili quali volume del commercio, prezzo del petrolio, tasso di cambio e così via. Ricordo che nell'esercizio tutte le previsioni sono costruite sullo stesso set di queste variabili. Sono esattamente coincidenti.
  L'esercizio di sensitività che proponiamo alle pagine 14 e 15 simula quello che i dati più recenti sembrano indicare e cioè la possibilità di un indebolimento ancora più forte del commercio nazionale. Per dare un'idea dell'ordine di grandezza del rischio che si potrebbe correre se ci fosse un rallentamento ulteriore, per il 2017 l'ordine di grandezza è tutto sommato modesto. Abbiamo simulato un'espansione più bassa del commercio mondiale per un punto percentuale in ciascun anno tra il 2017 e il 2019, questo porterebbe a una minore crescita del PIL di un decimo di punto nel 2017 ma, se continuasse, diverrebbero tre decimi di punto sia nel 2018 sia nel 2019. C'è sempre questo spazio di rischio.
  Passo alla seconda parte del documento, che riguarda il quadro di finanza pubblica. Secondo la NADEF l'indebitamento netto, che scende di due decimi di punto nell'anno in corso al 2,4 per cento – l'anno scorso era al 2,6 per cento – continua a ridursi al 2 per cento nel 2017, all'1,2 nel 2018, fino allo 0,2 per cento nel 2019. In ciascuno degli anni 2017-2019 il saldo programmatico risulta peggiore di due o tre decimi di punto rispetto a quanto atteso nel DEF. In altri termini, l'obiettivo programmatico è un affievolimento del percorso di rientro della finanza pubblica.
  Analogamente a quanto avvenuto lo scorso anno, anche per il 2017 l'intervento quantitativamente più importante della manovra sarà la cancellazione dell'aumento delle aliquote IVA previsto dalla legislazione vigente. Questo ha qualche implicazione sulla possibilità di dare valutazioni significative della finanza pubblica. Nella NADEF viene confermato il sostanziale raggiungimento del pareggio strutturale (-0,2 per cento del PIL nel 2019), mentre cambia il sentiero di avvicinamento all'obiettivo di medio termine.
  Dopo il peggioramento nel 2016, connesso allo sfruttamento della flessibilità, e la sua sostanziale stabilità nel 2017 – nel 2017 il saldo strutturale secondo gli obiettivi Pag. 40 programmatici non cambia – la ripresa del percorso di avvicinamento al pareggio avverrebbe nel 2018, un anno dopo rispetto al DEF ma con maggiore intensità. Mentre nel DEF si prevedeva nel 2018 una riduzione del disavanzo strutturale di tre decimi, qui la si prevede di cinque decimi. Proseguirebbe poi nel 2019 con intensità simile al DEF.
  Riguardo al rapporto debito-PIL, abbiamo svolto analisi di sensitività che trovate nel documento. Queste suggeriscono che, anche con ipotesi macroeconomiche meno favorevoli, gli obiettivi di finanza pubblica della NADEF dovrebbero comunque garantire, con un livello relativamente elevato di probabilità, la discesa del rapporto debito-PIL nel medio termine. Vi sono tuttavia rischi che nel breve termine l'obiettivo di riduzione del rapporto non venga raggiunto. Tutti questi discorsi sono però soggetti a un'ipoteca di fondo, cioè che la valutazione della finanza pubblica risente comunque del grado di indeterminatezza a cui è soggetto il quadro programmatico per il prossimo anno e per quelli successivi.
  Per il prossimo anno, alla luce della richiesta avanzata nella relazione al Parlamento, sappiamo che il progetto di bilancio, che verrà presentato il 20 ottobre, comporta un livello dell'indebitamento netto superiore al 2 per cento del PIL, fino a un massimo del 2,4 per cento. Stiamo quindi valutando qualcosa che non sappiamo se corrisponderà esattamente al quadro generale che verrà presentato.
  Per gli anni successivi, esaminando il testo della NADEF, si arriva alla conclusione che l'aumento dell'IVA, sebbene cancellato per il 2017, rimarrà in qualche misura nella legislazione vigente per gli anni 2018 e 2019, così mantenendo un'ipoteca sul disegno dalla politica di bilancio futura e dando un carattere esplicito di provvisorietà al quadro programmatico.
  In altre parole, lo scorso anno l'intervento più importante della manovra è stata la cancellazione dell'aumento dell'IVA, quest'anno sarà la cancellazione dell'aumento dell'IVA. Con questo quadro, anche l'anno prossimo l'intervento più importante sarà la cancellazione dall'aumento dell'IVA. Diventa così estremamente difficile dare una valutazione del programma di medio termine di politica fiscale perché un pezzo importante di quel programma è qualcosa che – sappiamo tutti – potrebbe anno per anno essere cancellato. Valutazioni più complete potranno essere date dopo che conosceremo i dettagli della manovra. Questo riguarda non solo il quadro macroeconomico, ma anche la valutazione stessa del quadro di finanza pubblica.
  Veniamo infine al rapporto tra obiettivi di finanza pubblica e regole di bilancio. Il Governo richiede con la Relazione al Parlamento l'autorizzazione ad aggiornare il piano di rientro riguardo a due aspetti. Il primo è motivato dall'andamento del ciclo economico. La seconda richiesta di aggiornamento è collegata al verificarsi di due distinti eventi eccezionali: il sisma del 24 agosto scorso e l'intensità del fenomeno migratorio. Dividerei il ragionamento sui due aspetti.
  Riguardo agli effetti del ciclo, la nuova stima dell’output gap fatta dal Governo, che è di un output gap negativo di circa l'1,7 per cento, caratterizzerebbe la fase ciclica attesa per il 2017 come sfavorevole – bad times, nella famosa matrice della Commissione europea – invece che come normale – normal times. La stima effettuata nel quadro del DEF in primavera dava l'1,4 per cento, la soglia oltre la quale una fase diventa da normale sfavorevole è l'1,5 per cento. Ciò consentirebbe di ridurre di un decimo di punto il percorso, precedentemente previsto, di avvicinamento all'obiettivo di medio termine.
  Per essere più precisi, in normal times l'Italia avrebbe dovuto, secondo quella famosa matrice, effettuare una correzione di sei decimi di punto, come da quadro del DEF. Il DEF proponeva una correzione di un decimo di punto in maniera da rimanere al limite della significatività della deviazione. La deviazione è significativa se va oltre i cinque decimi di punto. Sei decimi di punto è la regola. Di flessibilità in realtà ce n'è, da questo punto di vista. Data la regola, l'importante è che per un anno, se parliamo di un solo anno, non ci si discosti Pag. 41dall'obiettivo fissato dalla regola per più di cinque decimi. Un decimo, quindi, è ancora all'interno della non significatività.
  Il corollario prevede che, se questo scostamento avviene per due anni di fila, debba essere mediamente non superiore allo 0,25 per cento. Non è una licenza a fare per sempre uno scostamento dello 0,5 per cento. Sono le complessità di questo quadro di regole. Se quest'anno cambiamo casella ed entriamo nella fase sfavorevole (bad times), la regola richiederebbe non più 0,6, ma 0,5 per cento. Rimanendo fermi, rimaniamo sempre al limite della non significatività della deviazione.
  Dico per inciso che anche noi, sulla base della nostra previsione, che è più sfavorevole di quella del Governo, abbiamo effettuato un calcolo dell’output gap utilizzando solo il metodo della Commissione. Nella nostra previsione l’output gap si allarga ancora di più. Noi abbiamo una previsione di crescita più bassa e quindi, mentre per il Governo nel 2017 l’output gap è negativo per l'1,7 per cento, per noi è negativo per il 2 per cento e ampiamente ricadente nella fattispecie della fase sfavorevole. Alla fine, tutta questa parte dell'aggiornamento riguarda uno 0,1 per cento di aggiustamento strutturale.
  La motivazione degli eventi eccezionali viene proposta nella Relazione per richiedere un ulteriore aggiornamento del piano di rientro, finalizzato a consentire eventuali maggiori spazi di indebitamento netto per al massimo quattro decimi di PIL nel 2017. Poiché la normativa italiana richiama la coerenza con l'ordinamento europeo, si ricorda che la normativa europea prevede che alcuni eventi qualificati come eccezionali siano idonei a giustificare la concessione di uno scostamento dal sentiero di aggiustamento verso l'OMT e che la valutazione sull'accettabilità di questa tesi sia rimessa al vaglio, caso per caso, della Commissione.
  Non c'è il tempo di dilungarsi sulla casistica delle due fattispecie relative a migranti ed eventi eccezionali quali le calamità naturali. Vi è una limitata storia applicativa delle clausole per eventi eccezionali e questo lascia dei margini di discrezionalità per giudicare l'eccezionalità o meno di un evento. Appare comunque molto incerto l'accoglimento in sede europea della richiesta di considerare le spese non direttamente collegate al sisma dello scorso agosto, ma che riguardassero interventi di tipo strutturale su tutto il territorio nazionale. Quelle collegate al sisma di fine agosto verrebbero trattate nel quadro europeo come una tantum, senza necessità di ricorrere alla nozione di evento eccezionale. L'altro tipo di richiesta sarebbe di tipo strutturale o generale e non rientrerebbe nelle casistiche finora esaminate.
  Per quanto riguarda i migranti, la questione ha a che fare con l'applicazione, finora concessa, della possibilità di un trattamento favorevole, all'interno del quadro delle regole, di quelle spese. Finora è stata data un'interpretazione per cui l'eccezionalità e il carattere, in questo caso, di una tantum erano rappresentati dall'incremento di spesa rispetto a un anno base. È ciò che è stato concesso all'Italia per il 2016, ma parliamo dello 0,03 per cento del PIL.
  La richiesta italiana implicita nella richiesta del Governo sarebbe quella di escludere non l'incremento di spesa, ma il complesso della spesa sostenuta per questa finalità. È un punto aperto alle valutazioni della Commissione. Si potrebbe anche sostenere che il fatto che un Paese spende stabilmente a un livello elevato debba essere considerato, cosa che non avverrebbe se si prendesse soltanto l'incremento di spesa.
  Per ora mi fermo qui. Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente Pisauro.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FRANCESCO CARIELLO. Credo sia chiara la visione dei tecnici a cui il Parlamento ha demandato la titolarità di valutare le manovre e i dati di finanza pubblica emanati dal Governo.
  Il dato che emerge, al di là della distinzione tra quadro tendenziale e programmatico, Pag. 42 è che la Nota di aggiornamento del DEF non contiene gli elementi che ci permetterebbero di fare delle valutazioni. Siamo, quindi, completamente d'accordo con l'Ufficio parlamentare di bilancio sul fatto che sarebbe davvero difficile ipotizzare visioni ottimistiche lì dove mancano gli elementi di base per valutare.
  Tornando al quadro tendenziale e agli anni oggetto della validazione, è chiaro che non c'è uniformità di vedute tra il Governo e l'Ufficio parlamentare di bilancio. C'è un sostanziale allineamento per il 2017, ma una chiusura d'anno 2016 non perfettamente allineata. È un periodo fatto di «zero virgola» e per noi lo 0,1 per cento sul PIL tendenziale di quest'anno è una valutazione da rivedere.
  La domanda è: stando alla legge, il Governo deve adeguarsi a queste visioni? Noi chiediamo che domani in audizione il Ministro Padoan si prepari a motivarle nei minimi dettagli. Cerchiamo, però, anche di preparare il terreno. Le visioni estremamente ottimistiche, anche sulla chiusura d'anno, non ci convincono.
  La domanda per l'UPB è questa: ferma restando la consapevolezza che c'è un'incertezza di fondo nei panel dei validatori e nella scienza previsionale, ci chiediamo effettivamente quale sia la valutazione complessiva, perché non possiamo entrare nel merito delle modalità di simulazione e delle modalità di calcolo.
  Qui in Parlamento ci servirebbe una valutazione di insieme, una valutazione complessiva, sul quadro generale della Nota di aggiornamento al DEF. Francamente, era chiaro nella visione generale della Nota – lei l'ha specificata e l'ha descritta facendo riferimento soprattutto ai grafici – ma non emerge, alla fine, un dato chiaro sul responso da dare a questi numeri da parte dell'Ufficio parlamentare di bilancio in maniera netta.
  Questo vorremmo. Francamente, non so se i colleghi abbiano tutta la capacità di analizzare adesso, o comunque attraverso questi grafici, tutti i dettagli, ma noi vorremmo veramente un'analisi complessiva e una valutazione complessiva sul risultato di questa Nota di aggiornamento al DEF.

  PRESIDENTE. Raccoglierei tutti i quesiti. Comunque, a pagina 3, onorevole Cariello, c'è la risposta a quest'ultima sua domanda.

  LAURA CASTELLI. Intanto grazie. Volevo chiedere due informazioni nello specifico, perché credo che il vostro lavoro debba servire a chi sta qui in un ruolo politico a cambiare le rotte. Come in tutte le situazioni economiche, uno verifica se le idee sono buone anche attraverso i numeri e poi decide se proseguire verso alcune direzioni o modificarle.
  Nello specifico, mi piacerebbe capire se avete intuito perlomeno che cosa dobbiamo fare delle privatizzazioni, visto che erano previsti 8 miliardi dalle privatizzazioni e che è uscito, più o meno, uno scarso, perché non si arriva a uno. Volevamo sapere se avete scoperto dove è scritta questa parte, dove stanno, dove sono andati a finire i miliardi che erano previsti e che non sono venuti fuori.
  Questo inizialmente ha fatto sorridere anche me. Poi, in realtà, se uno si sofferma sulla scelta politica, soprattutto europea, rispetto alle privatizzazioni e osserva anche molti Paesi che hanno scelto di andare, al contrario, verso le privatizzazioni, dopo aver visto quello che hanno prodotto, ci viene da chiedersi se non pensa che anche l'Italia dovrebbe farsi due domande sulle privatizzazioni. Visto che erano stati iscritti 8 miliardi di entrate dalle privatizzazioni e non ce n'è neanche uno, magari è il caso che la politica si chieda se siano utili oppure no. Dico questo non solo perché il MoVimento 5 Stelle ha sempre sostenuto che non le avrebbe mai prodotte, ma anche per far capire alle altre forze politiche se fossero opportune oppure no.
  La seconda domanda riguarda il programma per gli investimenti. Era stata data una flessibilità dello 0,75 di PIL per aumentare gli investimenti anche attraverso le riforme. Questi dovevano essere realizzati nel 2016. Così era scritto. Volevo sapere se anche qui avete trovato dove sono state allocate queste risorse e quali sono gli investimenti che dovrebbero dar seguito a questo programma degli investimenti. Secondo Pag. 43 noi, non sono descritte nel DEF. Magari voi siete stati più fortunati di noi.

  STEFANO FASSINA. Ringrazio il presidente Pisauro. Credo che vada innanzitutto raccolta l'osservazione sul piano delle tempistiche che il presidente Pisauro ricordava all'inizio del suo intervento. In effetti, i tempi dell'ISTAT, i tempi del MEF e i tempi della valutazione non consentono alla fine di avere un adeguato utilizzo delle informazioni. Credo che su questo si possa lavorare.
  Aspettiamo, come Parlamento, la valutazione che l'UPB farà della manovra, quando la manovra sarà conosciuta e, quindi, si potrà entrare nel merito delle previsioni che sono state fatte. Intanto vorrei chiedere ai due presidenti e a tutti i colleghi delle due Commissioni bilancio di incominciare a ragionare sull'opportunità di avere da parte dell'Ufficio parlamentare di bilancio le proprie previsioni in tempi che non «interferiscano» con i tempi della produzione dei Documenti di finanza pubblica.
  Penso, per esempio, a luglio e a gennaio come momenti nei quali l'Ufficio parlamentare di bilancio potrebbe produrre e rendere pubbliche le proprie previsioni indipendenti, che riuscirebbero a fornire certamente indicazioni al Parlamento sui successivi Documenti di finanza pubblica che arriveranno.
  Nella situazione in cui siamo trovo abbastanza surreale – lo dico con rispetto del lavoro di tutti – discutere degli 0,2, anche perché abbiamo visto in questi anni che le previsioni di consenso, che qui sono largamente disattese, hanno sistematicamente mancato l'obiettivo. Parlo di quelle di consenso, non di quelle ottimistiche del Governo. Le previsioni di consenso hanno sistematicamente sovrastimato la crescita, hanno sistematicamente sovrastimato l'effetto di finanza pubblica e hanno sistematicamente sovrastimato l'effetto sull'occupazione. Figuriamoci le previsioni che in questo contesto si discostano da quelle di consenso, in modo molto significativo e poco comprensibile.
  A me piacerebbe capire – non so se il Presidente Pisauro mi può aiutare a spiegarlo – come sia possibile che investimenti privati più che raddoppino nel programmatico rispetto al tendenziale nel primo anno di applicazione di misure, che saranno pure miracolose. Che il tasso di crescita degli investimenti privati raddoppi e passi dall'1,5 al 3,2 mi sembra, francamente, eroico, anche considerato lo standard generoso del periodo che abbiamo alle spalle.
  Mi piacerebbe anche capire come sia così modesto l'effetto di questa crescita degli investimenti e dei consumi finali nazionali, dei consumi delle famiglie, che passano dallo 0,4 del tendenziale all'1 per cento, con un effetto quasi trascurabile sulla bilancia dei pagamenti, che peggiora soltanto di 0,2. Mi piacerebbe capire quali misure così efficaci a partire già dal primo anno possano portare a risultati tanto rilevanti.
  Mi piacerebbe poi capire anche, considerato il teorema di Haavelmo, se sia realistico che una manovra restrittiva di 0,5 porti a un effetto espansivo di 0,1. A me pare che qui, più che Haavelmo, dobbiamo richiamare il vecchio Alesina, che parlava di effetti espansivi delle manovre restrittive di finanza pubblica. Anche Alesina ha fatto autocritica rispetto agli effetti espansivi delle manovre correttive.
  Mi piacerebbe anche capire da dove vengono le correzioni. Dalla NADEF leggo che si «finanziano iniziative di sostegno alle famiglie e alle pensioni, si finanziano le PMI, si finanziano gli investimenti pubblici, si incentivano – come abbiamo visto – gli investimenti privati, l'innovazione e la ricerca». Le risorse per il segno restrittivo di mezzo punto di PIL della manovra da dove vengono? Non capisco. Se vengono tutte sulla spesa corrente, come sembrerebbe, allora, a quel punto, l'eroismo dell'effetto espansivo della manovra correttiva diventa davvero surreale.
  Chiudo, perché mi pare che sia la Banca d'Italia, con il linguaggio diplomatico che necessariamente caratterizza, per fortuna, l'Istituzione, sia la sua relazione rendano evidente che questo è un esercizio puramente virtuale, che ha finalità prevalentemente elettorali e che verrà radicalmente Pag. 44rivisto più avanti. È avvenuto con un quadro macroeconomico sostanzialmente in linea con quello delle previsioni di consenso e avverrà in misura ancora più significativa andando avanti.
  Avremmo dovuto, invece, fare un'operazione di serietà, mettendo in evidenza la necessità di fare investimenti pubblici per tirare un po’ su le condizioni della nostra economia e fare un'operazione trasparente anche rispetto alla Commissione europea, piuttosto che cercare di far quadrare dei numeri che non quadrano.
  Infine, faccio un'ultima sottolineatura che, a mio avviso, dà il segno di quello che è stato fatto negli ultimi due anni in termini di politica economica. Mi pare che non sia stato dato abbastanza rilievo al fatto che il DEF riporta inevitabilmente, rispetto al 2015-2016, un calo della dinamica della produttività. I miracolosi effetti del Jobs Act e delle politiche del lavoro connesse, come era stato ampiamente previsto, hanno avuto un effetto negativo sulla produttività che, secondo il DEF, diminuisce di 0,1 nel 2015 e di 0,2 nel 2016. Ora c'è la previsione eroica per il 2017, ma ovviamente ci troveremo a saldo, perché le politiche sono sbagliate.
  Non è che ci sia un destino cinico e baro che impedisce di migliorare la produttività. Si continua a precarizzare il lavoro, le imprese ritardano investimenti innovativi e, dato il PIL, la produttività scende. Quando si deciderà di cambiare rotta, credo che sarà comunque tardi, dati gli effetti negativi che questo quadro continua a produrre.
  Mi piacerebbe – e chiudo – conoscere qualche valutazione rispetto a questo salto, a questo raddoppio del tasso di crescita degli investimenti già a partire dal primo anno.

  SILVANA ANDREINA COMAROLI. Ringrazio veramente il presidente per la sua relazione. Volevo sfruttare, se possibile, un suo approfondimento anche sulla questione del debito pubblico. Ho visto che c'è una parte in merito nella relazione. Volevo sapere, però, se potesse accennare con due parole soprattutto a una questione importante.
  Mi riferisco a una delle problematiche per cui una delle coperture previste è il contrasto all'evasione fiscale. Si è sempre un po’ visto che pone qualche problema mettere come copertura il contrasto all'elusione fiscale, perché non si sa effettivamente quanto si potrà recuperare a fronte di spese, invece, certe, soprattutto se andiamo a vedere proprio la struttura di queste spese che il Governo vuole andare a fare.
  Si è visto che il nostro PIL è quello che, nonostante si stia spendendo tanto e si stia spendendo facendo debito, non produce gli effetti sperati. L'abbiamo visto già anche l'anno scorso con azioni che vengono messe in atto. Alla fine vediamo che non si hanno quei risultati, mentre, invece, se non erro, gli altri Paesi, in modo particolare l'Inghilterra, che hanno effettivamente speso meno poi hanno avuto un aumento di PIL.
  Se poi andiamo a vedere l'azione che stiamo notando, vediamo che molte volte si fanno queste azioni con un effetto come quello della spesa pubblica. Si hanno degli effetti immediati, ma poi nel lungo andare gli effetti che si producono nel mondo produttivo, soprattutto nel mondo produttivo privato, generano dei pesi che vanno a ostacolare. Quindi, si hanno effetti che nell'immediato aumentano il PIL, ma nel medio periodo il PIL poi va a decrescere e si finisce col perdere quell'effetto sperato nell'azione che si voleva fare.
  Non so se mi sono spiegata e se potrebbe fare accenno a queste due questioni. Grazie molte.

  ROCCO PALESE. Penso che la relazione che è stata fatta e che è stata messa anche nel testo consegnato alle Commissioni dal presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio sia un primo documento miliare per cercare di avviare una politica economica reale nel nostro Paese di realtà, di veridicità, e soprattutto in linea con la tutela della parte economica degli strumenti contabili dei bilanci della Repubblica e non, invece, in un contesto di situazione dal punto di vista contabile irrealizzabile. Pag. 45
  Vede, presidente, abbiamo questa grande opportunità dalle analisi che sono state presentate oggi. Non possono essere eluse. Mi spiego bene. Se parte poi il treno del disegno di legge di bilancio, lì inizia la parte finale di un percorso che ha come presupposti situazioni estremamente preoccupanti e allarmanti. Si parlerà solo ed esclusivamente degli emendamenti e di spesa. Non sto qui adesso a ricordare quello che, purtroppo, accadrà.
  Nel momento in cui abbiamo la possibilità di parlare della parte più importante della predisposizione del bilancio di previsione, in questo caso dello Stato, ma anche di qualsiasi ente (nel caso privato è la stessa cosa), la parte più importante e più delicata, a mio avviso, non può che essere quella delle entrate o della stima delle entrate.
  La parte più impegnativa è quella delle entrate, perché poi, fatte le entrate, quelle che seguono sono tutte scelte abbastanza scontate, con riguardo alle spese obbligatorie (personale eccetera). Poi c'è la parte che riguarda la discrezionalità delle scelte politiche, ma la parte delle entrate è la parte di tutela vera dello Stato e dei cittadini anche nei confronti dell'Europa.
  È inutile che giriamo intorno al problema. Si tratta di terminare delle cose che abbiamo detto negli anni, in questa legislatura, che riguardavano proprio questo aspetto, quello di una continua sovrastima delle entrate. Quante volte non c'è stata tutta questa trattativa o la sovrastima delle entrate? Addirittura abbiamo alimentato fino all'inverosimile gli éscamotage.
  Abbiamo avuto l'abilità, in termini però negativi, di andare a inventarci, come l'Unione europea, quando c'era una nuova spesa o quando non c'era la certezza della copertura finanziaria, le clausole di salvaguardia. Non sono altro che una modalità come quelle che sono state adottate nel passato, quando si aumentavano le accise. Poi c'è stato il problema delle privatizzazioni. Poi c'è stato il federalismo.
  È un'altra storia, quella del federalismo. Sembrava un prosciutto. A tutti faceva piacere questo prosciutto. Sì, come no? Il federalismo era diventato la panacea di tutti i mali. Più capivano che potevano prendere soldi dalle tasche della gente e sperperarli in tutti i modi e in tutte le maniere a danno delle tasche della gente, più ancora piaceva questo fatto. Il prosciutto poi, alla fine, si è esaurito, perché, tra tasse comunali, tasse regionali, tasse provinciali e tasse statali, siamo arrivati al punto che è scoppiato tutto e più di tutto.
  In questa fase ci si è inventati, come se non bastasse tutto il resto, ossia la flessibilità e via elencando, le clausole di salvaguardia. Invece di dire che, se non si verifica questa entrata, in via automatica si riduce la spesa, si è fatto l'inverso: se non si verifica l'entrata, aumenta spaventosamente la tassazione o l'IVA. È proprio la filosofia e l'educazione nei confronti dei cittadini che viene veramente sovvertita in questo senso. Com'è possibile che il cittadino possa avere fiducia nella politica e nello Stato, se si legifera e si fa tutto sempre a danno del cittadino e mai a tutela del cittadino?
  Questa manovra è un grande danno, se non viene corretta, se non c'è un indirizzo immediato di correzione. Domani aspettiamo e vediamo in base a questa nota che ha portato in audizione l'Ufficio parlamentare di bilancio che cosa ci dirà il Ministro. Se domani il Ministro pensa di venire, come al solito, a leggere quelle due paginette che gli scrivono e che ci potrebbe anche mandare a casa, penso che ciò sia fuori luogo.
  Penso che sia fuori luogo perché abbiamo qui tutte queste preoccupazioni, che lei ha messo per iscritto in maniera analitica, cui se ne può aggiungere un'altra tonnellata. Vogliamo andare a verificare se effettivamente tutto quanto è stato previsto in termini di obiettivi di realizzazione vera sulla spending review si è realizzato in questi anni? A onor del vero, mi riferisco a tutti i Governi, di Berlusconi, di Monti, di tutti.
  C'è qualcuno che sa che è successo, per esempio, non del Salva Italia, ma dell'altro provvedimento, quello sulla Pag. 46spending review vera, il decreto-legge n. 95 di Monti, quando diceva che si sarebbe dovuto risparmiare con 7.000 dirigenti dello Stato che dovevano andare in mobilità e con le province un miliardo di euro e, invece, è accaduto l'inverso?
  Potremmo continuare all'infinito. Potremmo continuare veramente all'infinito, citando anche le situazioni che riguardano altre riduzioni di spesa che poi alla fine nessuno ha verificato. Nessuno sa se effettivamente ci sia stato questo tipo di situazione di verifica.
  Con riguardo ai dati esterni, si punta molto sull'evasione. Si è del tutto sicuri che dall'evasione possiamo avere la possibilità di totalizzare le entrate? Il Ministro – l'ho sentito io e l'hanno sentito gli italiani – è andato a dire che si fa un rientro dei capitali di nuovo dall'estero, prevedendo un'entrata straordinaria una tantum (questa sarebbe la seconda, veramente, con lo stesso argomento) pari intorno ai 4 miliardi. Ce l'ha detto lui, non l'ha detto il tabaccaio che sta qui a Montecitorio. Ha detto una cosa ritenuta da tutti irrealizzabile, tanto che poi non se n'è avuta traccia in alcun modo e in alcune maniera.
  Si dice anche, altra cosa rispettabilissima – mi riferisco allo strumento contabile che stiamo per affrontare – che, se il referendum e la riforma costituzionale ottenessero il via libera, ci sarebbe una crescita spaventosa. Navigheremmo nell'oro. Magari. Se perde, però, che cosa accadrà?
  Se il referendum dovesse, invece, dare esito negativo, che cosa succederebbe? Andremmo in default? La Nota inizia proprio col dire che per tutto quello che sta sotto e dentro il DEF quest'anno non ci sarà alcun problema, perché, se vincono le riforme e il referendum, si avrà proprio un'esplosione del prodotto interno lordo, tanto che diventeremo più grandi degli Stati Uniti. E se, invece, si perde? È un problema.
  Che cosa voglio dire, in sintesi, alla fine? Noi ci aspettiamo un atteggiamento responsabile da parte del Governo e del Ministro, domani, nel senso di correggere le previsioni fatte.
  Non è che qui viene l'Ufficio parlamentare di bilancio, deposita questo documento, ci dice alcune cose, non c'è la validazione di quanto proposto dal Governo e tutto è come quando viene espresso un parere e compagnia bella. Prendo l'esempio dei sindacati, tanto non cambia niente, quando consegnano quei documenti in cui chiedono tutto lo scibile umano, che poi si sa bene che non è possibile.
  Davanti alla situazione che si è venuta a creare penso che – non so chi lo debba inviare – questo sia un documento che va inviato al Presidente della Repubblica con grande urgenza. Non è un documento che ci possiamo tenere noi e basta, perché qui ci sono delle valutazioni che non possono non essere conosciute dal Capo dello Stato, che è il tutore della Costituzione.
  Parlo di questa Costituzione, che è amata da tutti, che sia la vecchia, la nuova, o quella in itinere. È amata da tutti. Guai a toccare la Costituzione. Piace a tutti, tranne per un articolo, che è odiato da tutti. L'articolo 81 è quello più odiato. Non appena si discute dell'articolo 81 della Costituzione allora si dice: «No, ma che cosa, lasciamo perdere, sono tutte chiacchiere, qui non possiamo morire di fame» e altri discorsi simili.
  Penso, invece, che le cose siano molto serie. Sono state messe finalmente nero su bianco. Non immagino minimamente che possa essere varata una legge di bilancio che preveda lo slittamento di nuovo del pareggio di bilancio, lo slittamento delle clausole di salvaguardia e lo slittamento di tutto. Dobbiamo fare anche, come se non bastasse, la battaglia con la Merkel. Qualcuno si lamenta quando dico che la Merkel, se venisse a partecipare ai nostri lavori, specialmente quando si affronta il disegno di legge di bilancio, per una settimana, tornerebbe in viaggio a Berlino e durante il viaggio convocherebbe gli altri 27 Paesi per dire loro qual è il pericolo vero dell'Europa. «Altro che la Spagna. Altro che la Grecia. Sono questi. Mettiamoci d'accordo per chiedere loro quanto vogliono per essere cacciati». Il nostro comportamento merita Pag. 47questo, non merita altro. Viene imputata l'Europa. L'Europa fa altri sbagli di altra natura, ma non quelli contabili, su cui noi siamo in grande difetto.
  Farebbe bene il Governo a prendere come esempio, cercando di attualizzarla, come modalità e anche come veridicità, un'unica legge finanziaria che c'è stata nel nostro Paese degna di questo nome, perché le altre hanno tutte deragliato, chi a destra, chi a sinistra, la n. 537 del 1993, che fu quella del Presidente Ciampi con Cassese. Quello è il modello da seguire, se hanno intenzione di agire per la tutela dello Stato e la tutela dei cittadini. Tutto il resto è fantasia. Speriamo che questo Paese non vada allo sfascio completo più di come sta andando.

  MAINO MARCHI. Credo innanzitutto che siamo di fronte a un lavoro, a un parere e a un documento impegnativo da parte dell'Ufficio parlamentare di bilancio e che il Governo, a partire da domani, dovrà tenerne conto e fornire le risposte di merito sui temi che sono stati sollevati. Credo che il Parlamento innanzitutto abbia diritto di avere queste risposte.
  Devo dire, però, che alcune cose che ho sentito qui non mi convincono, non nel documento, ma nei commenti. Mi riferisco innanzitutto alla questione del 2016, perché il quadro tendenziale è stato validato e sul quadro programmatico c'è una coincidenza anche di previsioni tra il Governo e l'Ufficio parlamentare di bilancio.
  Credo, quindi, che il problema vada visto per quello che è. Riguarda il 2017, su cui le previsioni fatte dal Governo trovano su alcuni aspetti rilevanti una serie di criticità rilevate da parte dell'Ufficio parlamentare di bilancio. Su quelle credo che si dovrà concentrare l'attenzione.
  Credo anche che su alcuni temi che sono stati sollevati nel corso dei commenti – più che domande, sono state tutte valutazioni – come quello relativo anche alla stessa questione della lotta all'evasione fiscale, ci siamo posti anche delle normative innovative rispetto al passato. Ci sono strumenti per valutare ciò che è derivato dal recupero di evasione fiscale come strutturale e che, quindi, si può considerare come un dato acquisito, e quelle che, invece, sono mere previsioni.
  Dopodiché, su alcune voci credo anche che si tratti di vedere cosa è successo nel passato e che cosa si può replicare. Sul rientro dei capitali credo che abbiamo un'esperienza rispetto alla quale si possa valutare con una determinata attendibilità, replicando la misura, che gettito può produrre.
  Un'altra valutazione che ho sentito è quella sul lavoro. Durante l'audizione dell'ISTAT abbiamo visto che certamente l'economia italiana rispetto anche all'Europa ha una crescita che tutti gli anni, o nei casi di recessione, ha degli andamenti peggiori rispetto all'Europa. Negli ultimi tempi c'è un dato, invece, proprio relativo al lavoro, che è migliore rispetto a quello che si è verificato in Europa e anche nei Paesi più importanti d'Europa.
  Credo, quindi, che misure come quelle che sono state assunte per cercare di favorire soprattutto il lavoro a tempo indeterminato e la riduzione del cuneo fiscale in riferimento all'IRAP per quanto riguarda proprio il lavoro stabile siano state misure positive.
  Dopodiché, mi chiedo anche che cosa si direbbe se la crescita del PIL, pur ridotta, fosse maggiore della crescita dell'occupazione, mentre sta avvenendo il contrario. Nel caso attuale si dice che si è perso in produttività. Nell'altro caso si sarebbe detto che quelle misure sul lavoro sono state fallimentari. A me pare che non lo siano state.
  Certamente correzioni, aggiustamenti e interventi diversificati – non si possono riprodurre nello stesso modo, perlomeno per quanto riguarda gli sgravi contributivi – nel tempo andranno assunti. Non credo, però, che da questo punto di vista siamo di fronte a dei fallimenti, ma che siamo di fronte a dei risultati positivi.
  Comunque, immagino che domani il confronto con il Ministro dovrà certamente tener conto in modo determinante di questo documento dell'Ufficio parlamentare di bilancio e che, quindi, sarà un'audizione certamente interessante.

Pag. 48

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, ho una precisazione da fare e poi chiederei al presidente Pisauro di chiudere.
  Condivido anch'io l'auspicio del collega Marchi e sottolineo un aspetto ai colleghi e, ovviamente, al Presidente Tonini, con il quale condividiamo e abbiamo condiviso questo percorso. Penso che, se fosse stato rispettato fino in fondo quanto previsto dalla recente legge n. 163 del 2016, sul contenuto della legge di bilancio, forse avremmo potuto evitare questa serata, nel senso che forse l'Ufficio parlamentare di bilancio avrebbe avuto ulteriori possibilità ed elementi per analizzare fino in fondo la manovra. Probabilmente, se li avesse avuti prima, ci sarebbe stato anche il tempo per evitare che quelle valutazioni fossero irreversibili anche per il Governo.
  L'articolo 10-bis della legge di contabilità pubblica, come modificato dalla citata legge n. 163 del 2016, al comma 1, lettera c-bis), prevede che la nota di aggiornamento del documento di economia e finanza debba contenere «l'indicazione dei principali ambiti di intervento della manovra di finanza pubblica per il triennio successivo, con una sintetica illustrazione degli effetti finanziari attesi dalla manovra stessa in termini di entrata e di spesa, al fine del raggiungimento degli obiettivi di cui alla lettera a)». Se fosse stata rispettata questa disposizione della legge di contabilità pubblica è evidente che avremmo tutti gli elementi per fare una serie di valutazioni. Vorrei intanto la conferma di questa valutazione da parte sua, presidente Pisauro.
  Auspico anch'io, come il collega Marchi, che domani il Ministro Padoan possa fornire delle risposte esaustive ai temi molto seri posti, ma è evidente che non possiamo non prendere atto della non validazione del quadro da parte dell'Ufficio parlamentare di bilancio e chiedere un fisiologico spostamento dei termini rispetto al calendario che ci eravamo dati. È evidente che, indipendentemente dalle risposte del Ministro, bisognerà risentire l'UPB, dopo le scelte che verranno prese in considerazione nel tempo che va da qui alle due settimane che abbiamo di fronte.
  Inoltre, vorrei chiedere al presidente Pisauro un ulteriore passaggio, che forse mi sono perso, probabilmente per distrazione mia. Lei ha fatto un passaggio e anche nella relazione ci sono alcune valutazioni. Il delta che c'è tra le valutazioni dell'UPB e del Governo sul contributo domanda interna e investimenti fissi lordi è giustificabile in altro modo? Ha fatto un passaggio, purtroppo, un po’ troppo veloce anche per i tempi limitati che avevamo. Vi siete dati un'ulteriore spiegazione oltre alle cose che ci ha già detto, oppure aspettiamo ulteriori approfondimenti da parte del Governo per capire meglio perché ci sia questo delta?
  Do la parola al presidente Pisauro per la replica.

  GIUSEPPE PISAURO, presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio. Rispondo subito sulla questione del contenuto della NADEF, che obiettivamente non segue il dettato della riforma recente. Questo è sicuramente vero. In realtà, non segue il dettato anche di leggi precedenti. È dalla riforma del 1988 che, con parole diverse, si dice la stessa cosa. In quel caso era il DPEF, il Documento di programmazione economico-finanziaria. Comunque, si dice che ci dovesse essere un qualche dettaglio anche di tipo quantitativo delle principali misure.
  Qui viene detto con più forza e con più chiarezza, probabilmente. Questo è chiaramente uno dei limiti di tutto l'esercizio, ma anche uno dei limiti della solidità del contenuto programmatico dei quadri di finanza pubblica che vengono presentati, naturalmente. C'è sempre in qualche misura una sorta di – si potrebbe anche chiamare così, per alcuni versi – finzione, per la quale poi quella che effettivamente sarà presentata come manovra sarà tale da produrre i risultati in termini di effetto sull'economia che riportiamo oggi nel documento che viene presentato.
  Questo è un problema che nella storia del processo di bilancio italiano è presente fin dall'inizio, a essere onesti.

  GIORGIO TONINI. Il maxiemendamento in seconda lettura.

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  GIUSEPPE PISAURO, presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio. In qualche modo, sì. Per quanto riguarda la risposta sul divario tra stima degli investimenti, onestamente non abbiamo elementi nuovi. Credo, per essere chiaro, che difficilmente una manovra di queste dimensioni, ossia delle dimensioni indicate nella NADEF, che aumenta il disavanzo di 4 decimi di punto, sia in grado di produrre 4 decimi di punto di crescita in più. Lo trovo difficile, onestamente. Le informazioni che abbiamo perlomeno non vanno in questa direzione.
  Comincio da Cariello. Sono rimasto abbastanza sorpreso dalle domande dell'onorevole Cariello. Credevo di essere stato chiaro. Il 2016, sia nel tendenziale, sia nel programmatico, per noi è validato. La nostra previsione del tendenziale per il 2016 è leggermente più bassa di quella del Governo. È 0,7 invece che 0,8. Tuttavia, non darei alla previsione dell'UPB un valore maggiore delle previsioni di altri. Eviterei che il fatto di essere l'Ufficio parlamentare di bilancio dia alle nostre valutazioni un diritto di primogenitura. Sono valutazioni come quelle degli altri.
  Il punto è che lo 0,8 del Governo è, a fronte di quattro previsioni che variano tra 0,6 e 0,9, qualcosa di plausibile. Se lei mi chiede quanto scommetterei sul mio 0,7 contro lo 0,8 del Governo, non scommetterei nulla. Preferirei scommettere su altri temi. Non è questo il tipo di approccio che seguirei su questo terreno. Purtroppo, come diceva l'onorevole Fassina, lo stesso consenso sbaglia. Tuttavia, se ho una previsione fuori dal consenso, posso, con una certa fiducia, assumere che quella previsione probabilmente sia più sbagliata delle altre. Questo è ciò che posso immaginare.
  Questo porta poi alla seconda parte. Mi chiedeva l'onorevole Cariello di essere più netto. Pensavo di essere stato nettissimo. Nei due anni precedenti abbiamo sempre validato il quadro programmatico. Quest'anno non lo stiamo validando. Credo di essere chiaro. Più di così non riesco a capire cosa potrei dire.
  Chiaramente, ho anche aggiunto che la validazione ai fini del quadro dell'ordinamento europeo riguarderà il quadro programmatico che verrà inserito nel Documento programmatico di bilancio. Qualora quel quadro fosse diverso da questo e qualora fosse diversa anche la dimensione o la composizione della manovra rispetto a quella che ci viene sottoposta, chiaramente dovremo fare un'altra valutazione, della quale oggi non sono in grado di immaginare il risultato, perché non so quali saranno gli elementi di diversità. Allo stato attuale, il quadro presentato nella NADEF per il 2017 per l'UPB non è validato. Questo è il punto.
  L'onorevole Castelli mi chiedeva delle privatizzazioni. Per quanto riguarda le privatizzazioni, effettivamente è vero quello che dice. La NADEF ha aggiornato gli obiettivi. L'obiettivo, che era di mezzo punto percentuale di PIL, è stato portato a 0,1.
  In effetti, le operazioni realizzate quest'anno hanno riguardato essenzialmente la quotazione e il collocamento di ENAV, con un introito di poco più di 800 milioni. A pagina 21 del nostro documento trova un po’ di dettagli e trova anche dettagli sugli obiettivi del programma di privatizzazione 2017-2019, che sono, di nuovo, relativamente ambiziosi. Allo stato attuale, l'Ufficio non ha elementi per supportare questo programma. Abbiamo gli stessi elementi di cui dispone l'opinione pubblica, ossia gli elementi pubblicati nella NADEF.
  Sulla possibilità di rivedere, se ho capito bene la domanda, se in qualche modo non sia arrivato il momento di un ripensamento su questa strategia di privatizzazione, l'unica risposta che posso darle, tenuto conto che non è nostro compito fare raccomandazioni, è che naturalmente l'efficacia di una privatizzazione dipende da caso a caso. Ce ne sono state di successo e ce ne sono stata di minore successo.
  Certo, se è un elemento cruciale per garantire la discesa del rapporto debito/PIL, bisognerebbe sperabilmente darsi obiettivi realizzabili. Tuttavia, si deve anche tenere conto del contesto, naturalmente, e dell'andamento dei mercati in Pag. 50questa congiuntura. È anche comprensibile magari che taluni obiettivi non vengano realizzati.
  Con riguardo agli investimenti, la clausola è a 0,2 nel 2016. Questo è a pagina 19 della nostra relazione. No, non siamo stati più fortunati di lei. Neanche noi abbiamo trovato un riferimento nella NADEF a questo tema. Chiediamo anche noi informazioni ulteriori su questo aspetto.
  Nella NADEF non sono rintracciabili informazioni su quanto effettivamente sia la spesa per investimenti prevista per il 2016, alla quale era associata la clausola di flessibilità, nota come clausola degli investimenti. Avere informazioni su questo è una delle questioni su cui pensiamo di lavorare.
  L'onorevole Fassina poneva la questione del tasso di crescita degli investimenti. È quello che dicevo prima in risposta al presidente Boccia. Come ho detto nell'esposizione, è l'elemento principale di differenza che spiega il motivo per cui c'è una divergenza nella nostra stima e nella stima di tutto il nostro panel dell'effetto della manovra sul PIL. L'elemento in cui la divergenza è maggiore è proprio la componente investimenti.
  Quanto alla crescita dei consumi nazionali, la divergenza c'è anche lì, ma è molto più ridotta. Va tenuto conto che ragioniamo sempre prendendo come riferimento un mondo ipotetico, il mondo in cui è stata aumentata l'IVA, perché il tendenziale è quello. È chiaro che nel passaggio dal tendenziale al programmatico, per quanto riguarda i consumi delle famiglie, mi devo aspettare comunque una crescita dei consumi delle famiglie, perché sto eliminando l'aumento dell'IVA. Sto abbassando l'IVA, in realtà. Capisco che è un discorso bizzarro e un po’ lunare, ma così è costruito e così deve essere costruito.
  Passo alla senatrice Comaroli. Sul debito pubblico abbiamo qualche pagina nel nostro documento. Posso, visto il tempo, ricordare quello che ho detto prima. Abbiamo fatto una serie di analisi, che trova nel documento. Sarebbe troppo lungo adesso riprenderle. Tuttavia, quello che possiamo dire è che abbiamo simulato anche ipotesi macroeconomiche meno favorevoli di quelle del Governo. Per esempio, ipotesi come le nostre, che sono più pessimistiche, sono tese a verificare se su un orizzonte di medio periodo la maggiore cautela sulla previsione macro (sempre nei limiti; come sappiamo, le differenze alla fine sono sempre di 2-3 decimi; non sono differenze abissali, differenze molto ampie) avrebbe potuto mettere in discussione la discesa del rapporto debito/PIL.
  La risposta di queste simulazioni, in modo molto sintetico, è che sull'orizzonte medio, cioè a tre o quattro anni, questo non avverrebbe. Riprende comunque oltre il 2019 e la discesa ci sarebbe. C'è un rischio obiettivo nel medio periodo. Naturalmente, c'è un rischio che nel breve periodo quella che viene immaginata come una discesa nel 2017, invece, nel 2017 non ci sia ancora e cominci nel 2018. Questa è una possibilità, naturalmente, che emerge da queste analisi.
  Per quanto riguarda, invece, il contrasto dell'evasione fiscale, ovviamente buona regola sarebbe che, se si costruisce un pacchetto di misure di contrasto all'evasione fiscale, questo si usi eventualmente a copertura di altre spese quando si vedono già i risultati, ossia a posteriori e non tanto ex ante. Questa mi sembrerebbe una regola di prudenza ovvia.
  Per quanto riguarda, invece, la spesa e l'esempio dell'Inghilterra, in realtà i Paesi che sono cresciuti di più in questa fase, come Inghilterra e Spagna, hanno un disavanzo molto più alto del nostro, nonostante quello che ogni tanto si sente dire. Può darsi anche che in alcune fasi l'Inghilterra abbia tagliato la spesa. Tuttavia, oggi ha un disavanzo superiore al 3 per cento. Questo per capirci. Vale anche per gli anni precedenti.
  In realtà, è vero che la spesa pubblica forse dovrebbe calare ancora di più, ma la spesa pubblica in Italia negli ultimi anni, se escludiamo voci che sono in qualche misura predeterminate, come le pensioni e via elencando, è stabile, se non in calo, in termini nominali. Questa è Pag. 51comunque un'inversione di tendenza rispetto alle storie del passato.
  L'onorevole Palese non mi ha fatto una domanda. Ha fatto una controrelazione. È chiaro che, se aumento l'occupazione e il PIL cresce poco, la produttività diminuisce. È ovvio.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Pisauro.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 20.45.

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