XVII Legislatura

Commissioni Riunite (V e XIV)

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Martedì 19 novembre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Boccia Francesco , Presidente ... 2 

Audizione del Ministro per la coesione territoriale, Carlo Trigilia, sulla programmazione dei fondi strutturali 2014-2020 (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Boccia Francesco , Presidente ... 2 
Trigilia Carlo , Ministro per la coesione territoriale ... 2 
Boccia Francesco , Presidente ... 7 
Palese Rocco (FI-PdL)  ... 7 
Galgano Adriana (SCpI)  ... 8 
Rughetti Angelo (PD)  ... 8 
Censore Bruno (PD)  ... 9 
Cariello Francesco (M5S)  ... 10 
Pinna Paola (M5S)  ... 10 
Marchi Maino (PD)  ... 11 
Melilla Gianni (SEL)  ... 12 
Vaccaro Guglielmo (PD)  ... 12 
Capodicasa Angelo (PD)  ... 13 
Boccia Francesco , Presidente ... 13 
Trigilia Carlo , Ministro per la coesione territoriale ... 13 
Boccia Francesco , Presidente ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA V COMMISSIONE FRANCESCO BOCCIA

  La seduta comincia alle 12,10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei Deputati.

Audizione del Ministro per la coesione territoriale, Carlo Trigilia, sulla programmazione dei fondi strutturali 2014-2020.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno delle Commissioni riunite V e XIV reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro per la coesione territoriale, Carlo Trigilia, sulla programmazione dei fondi strutturali 2014-2020. Anche a nome del Presidente Bordo, che ringrazio con i colleghi della XIV Commissione, cedo la parola al Ministro Carlo Trigilia, che ringrazio per la partecipazione alla seduta odierna.

  CARLO TRIGILIA, Ministro per la coesione territoriale. Grazie a voi. Quando ci siamo incontrati nella precedente occasione del 12 giugno scorso, avevo fatto già presenti alcune indicazioni relative all'impostazione del lavoro per la programmazione del nuovo ciclo dei fondi strutturali 2014-2020. Rispetto a quella audizione e alle cose che dissi allora, fortunatamente siamo andati avanti e i lavori di preparazione, che si devono concludere con la formazione di un accordo di partenariato che va inviato a Bruxelles, hanno compiuto significativi passi avanti, anche se non sono ancora conclusi.
  Dato il tempo ridotto e la mia intenzione di lasciare spazio a domande o eventuali richieste di chiarimenti, farò alcune considerazioni più brevi rispetto al testo che ho preparato, che lascerò comunque agli atti delle Commissioni.
  Il lavoro di preparazione dell'attività di programmazione 2014-2020 era iniziato già nello scorso anno, prima che si insediasse il nuovo Governo. Dopo l'insediamento del nuovo Governo abbiamo cercato di dare seguito alle osservazioni che la Commissione ci aveva già fatto sulla base del lavoro preliminare, ma ci siamo formati anche dei convincimenti maturati autonomamente, di cui avevo dato anticipazione nell'incontro del 12 giugno, circa i necessari cambiamenti per dare maggiore efficienza ed efficacia al nostro meccanismo di utilizzo dei fondi strutturali europei.
  In quell'occasione avevo già anticipato alcune linee di indirizzo, lungo le quali mi sarei mosso con la collaborazione degli uffici. La prima di queste è la necessità di selezionare e di concentrare molto di più rispetto al passato gli obiettivi che cercheremo di perseguire con questo ciclo di fondi. È infatti mia opinione personale, ma credo non solo mia, che un'eccessiva dispersione su un numero elevato di obiettivi sia foriera di gravi problemi, che hanno acuito le difficoltà di questo sistema, perché favorisce la frammentazione e lo sminuzzamento dei programmi operativi.
  Arriviamo quindi alla fine di questi cicli, a differenza di altri Paesi, senza poter dire di aver risolto uno, due o tre Pag. 3grandi problemi di coesione territoriale e di sviluppo regionale del Paese. La prima direzione lungo la quale ci siamo mossi è dunque il tentativo di mettere a punto una strategia di lettura complessiva della situazione del Paese e dei problemi di coesione territoriale, e sulla base di questa lettura formulare una strategia che giustifichi la scelta di concentrarci su alcuni obiettivi invece che su altri.
  Voi sapete che la Commissione europea fornisce un menù molto ampio di undici obiettivi, pur inserendo alcune specificazioni sulla necessità che alcuni di questi siano comunque perseguiti. A mio avviso è un menù troppo ampio, che praticamente finisce per mimare quasi tutto quello che fa lo Stato nazionale, salvo battere moneta e fare politica della difesa. Si favoriscono in tal modo fenomeni di dispersione e di frammentazione, che comunque come Governo e come responsabilità del Ministro per la coesione territoriale abbiamo cercato di contrastare con l'ipotesi di concentrazione dell'intervento su alcuni limitati obiettivi. In altre parole, la filosofia è: meglio fare poche cose, ma farle meglio.
  Il secondo elemento di innovazione rispetto ai cicli precedenti riguarda ciò che accade a valle. Una volta che abbiamo definito una strategia, individuato degli obiettivi, dei risultati e delle azioni per perseguirli, dobbiamo concentrarci di più per affrontare i problemi che si pongono in chiave di attuazione di questi interventi, problemi ricorrenti relativi non solo alla capacità di spesa, ma anche alla qualità della spesa. Da questo punto di vista, l'innovazione che è stata introdotta è la creazione dell'Agenzia nazionale per la coesione territoriale, che avrà innanzitutto una funzione di monitoraggio più sistematico e organico di ciò che accade nella fase di esecuzione e di realizzazione dei programmi, in modo da consentire di avere in tempo reale le informazioni su come stanno andando le cose e poter intervenire quindi di conseguenza, e in secondo luogo la funzione di sopperire alle carenze di capacità amministrativa laddove si manifestassero, aiutando le amministrazioni che gestiscono i programmi nelle procedure, che spesso sono complesse, soprattutto per quanto riguarda bandi, appalti e procedimenti collegati. L'Agenzia quindi avrà un ruolo di accompagnamento e assistenza alle amministrazioni, non solo regionali, che gestiscono i programmi. Avrà infine, e questo ci è parso un punto rilevante, la possibilità di assumere poteri sostitutivi in caso di gravi ritardi o inadempienze.
  Voi sapete che questa impostazione dell'Agenzia ha suscitato diverse preoccupazioni, soprattutto in alcuni Presidenti regionali, ma mi sono sforzato di sottolineare che non c’è alcuna volontà «neocentralista» in questo strumento, tanto più che nella stesura dello statuto che dovremo fare nelle prossime settimane verrà previsto un comitato di indirizzo che vigili sulle attività dell'Agenzia, nel quale saranno presenti anche le autorità regionali.
  Con l'Agenzia, in sede di realizzazione dei programmi, e con le scelte più consapevoli, in sede di strategia e di concentrazione degli obiettivi, si tratta di mettere in atto una maggiore capacità di governo nazionale complessivo, laddove «nazionale» non vuol dire «centrale», ma vuol dire cercare di fare lavorare meglio istituzioni centrali e istituzioni regionali e locali intorno a una funzione che non può essere campanilista, circoscritta a singole amministrazioni centrali, regionali o locali. I fondi devono funzionare come finora non hanno funzionato, ovvero come grande risorsa nazionale. Nel dialogo costante con le regioni mi sono sforzato di sottolineare come i fondi non siano un modo surrettizio di finanziare le amministrazioni regionali: sono fondi per le regioni, non delle regioni, così come sono fondi per le amministrazioni centrali ma non delle amministrazioni centrali.
  Il tentativo che dobbiamo fare e che stiamo facendo attraverso queste due innovazioni – strategia e selezione degli obiettivi e contrasto alla frammentazione, da una parte, e Agenzia per la coesione territoriale, che interviene nella fase di esecuzione, dall'altra – è di trasformare questa risorsa in una vera risorsa nazionale.Pag. 4
  Vi ricordo con alcune cifre, che credo vi siano note e che avevo già anticipato nella precedente audizione, che le risorse in gioco per i prossimi sette anni sono significative. Per un Paese come il nostro, che ha problemi di finanza pubblica e di debito, poter contare su circa 100 miliardi di euro da utilizzare per finalità di sviluppo è un'opportunità che dobbiamo usare al meglio e non possiamo permetterci che vada dispersa o non utilizzata nel modo più efficace possibile.
  Ricordo a questo proposito che questi 100 miliardi risultano da 32 miliardi di fondi europei in senso stretto, che andranno per circa 7-8 miliardi alle Regioni più sviluppate, 1 miliardo e 100 milioni di euro alle regioni in transizione – Abruzzo, Sardegna e Molise – e circa 22 miliardi di euro alle regioni meno sviluppate. La Sardegna proprio in queste ore è stata colpita duramente e quindi bisognerà predisporre un intervento speciale per far fronte a questa situazione, come già sta cominciando a fare il Governo.
  A questi andrà aggiunto il cofinanziamento nazionale che abbiamo chiesto sia fissato per le regioni del Mezzogiorno al 50 per cento, come i regolamenti comunitari prevedono già che sia per quelle più sviluppate, quindi in pratica avremo oltre 60 miliardi di euro legati al finanziamento dei fondi europei e cofinanziamento, ai quali va aggiunto il Fondo per lo sviluppo e la coesione per il prossimo settennato, che viene appostato nella legge di stabilità che precede il nuovo ciclo dei fondi. Il disegno di legge di stabilità 2014 ha stanziato circa 55 miliardi di euro per il Fondo per lo sviluppo e la coesione per i prossimi sette anni, che vanno programmati in stretto rapporto con i fondi strutturali.
  Per quanto riguarda la proposta strategica che giustifica la concentrazione, vorrei sottolineare brevemente – la questione meriterebbe ben altro approfondimento, ma possiamo ritornarci in seguito – che dobbiamo partire dalla considerazione che la crisi dell'economia italiana ha una storia più lunga di quella della crisi economica internazionale, che pure ha investito l'economia italiana negli ultimi cinque anni e l'ha duramente colpita, ma la nostra debolezza veniva da lontano, da almeno un quindicennio precedente.
  Sono largamente condivisi da questo punto di vista gli obiettivi di rafforzare il tessuto produttivo, accrescere l'occupazione, favorire l'inclusione sociale. Dal punto di vista dell'impiego dei fondi, dobbiamo considerare che nelle aree più sviluppate del Centro-Nord il sistema produttivo ha sofferto, da un lato, della maggiore concorrenza internazionale legata alla globalizzazione, dall'altro, del venir meno della leva del cambio in conseguenza dell'adozione dell'euro. La combinazione di questi due fenomeni ha aggravato un quadro già segnato dall'incapacità di affrontare inefficienze di lunga data nel campo dei servizi pubblici e privati, nonché dalla crescente pressione fiscale legata al debito. C’è però una differenza fondamentale nel modo in cui le regioni del Centro-Nord hanno potuto rispondere a questo shock rispetto alle regioni del Mezzogiorno: all'interno dei sistemi produttivi delle regioni del Centro-Nord è emerso e si è rafforzato un nucleo agguerrito di medie imprese con forte capacità di esportazione anche nei settori tradizionali del made in Italy.
  È evidente che con i fondi abbiamo soprattutto due obiettivi per le regioni del Centro-Nord, ovvero incoraggiare questi fenomeni. Sapete che le medie imprese, stimate in circa 3-4.000 unità e dette «unità del quarto capitalismo» o «multinazionali tascabili», respirano, per così dire, con il polmone dei sistemi produttivi locali, nei quali emergono. Si tratta dei vecchi distretti industriali, dai quali molte di queste imprese nascono, ma ne assumono poi la leadership e contribuiscono a trasformarli. In altre parole, hanno una base che le aiuta a fare il loro lavoro in termini di collaborazioni e forme di cooperazione, e una grande capacità di muoversi sui mercati internazionali. Rappresentano un esempio, che dobbiamo cercare di rafforzare, di modernizzazione del made in Italy, cioè di spostamento verso produzioni di qualità, che sono l'unica strada che ci è concessa per poter competere Pag. 5con i Paesi emergenti, il che vuol dire battere su internazionalizzazione e innovazione.
  Questi saranno due temi centrali per le regioni del Centro-Nord, oltre che per tutto il nuovo programma: internazionalizzazione e innovazione, come tentativo di spostarsi verso forme di specializzazione produttiva meno sensibili alla concorrenza di costo e capaci di rispondere alle tendenze presenti nella domanda internazionale a favore di produzioni molto specializzate e al limite anche personalizzate, alle quali il made in Italy può dare una risposta. Da questo punto di vista, quindi, dobbiamo favorire una ibridazione tra nuove tecnologie e settori tradizionali. Anche il calzaturiero e il tessile possono avere un futuro e dobbiamo cercare di farglielo avere potenziando molto la capacità di questi settori di introiettare nuove tecnologie nelle loro produzioni e nella loro forma di organizzazione.
  Internazionalizzazione, innovazione, digitalizzazione, capitale umano, che può consentire lo spostamento verso produzioni di qualità, per cui faremo un investimento particolare in istruzione e formazione dei nostri giovani, ma daremo anche, cosa che accomuna Nord e Sud, particolare peso, in termini di concentrazione delle risorse, allo sfruttamento e alla valorizzazione dei beni culturali e ambientali, che sono una grande risorsa del Paese. Tale risorsa ci permette di sfuggire alla tenaglia della globalizzazione e della rigidità del cambio, perché abbiamo una crescente domanda internazionale dei beni culturali e ambientali italiani, che dobbiamo riuscire a sfruttare, lavorando soprattutto sui processi che favoriscono la fruizione delle nostre aree culturali e ambientali.
  Per quanto riguarda il Mezzogiorno, gli obiettivi sono in parte simili ma sono più difficili da raggiungere, perché la struttura industriale è più fragile e quindi le imprese già attive sui mercati internazionali sono meno forti. Abbiamo il problema di incoraggiare ancora di più la formazione di un nucleo di imprese capaci di muoversi autonomamente e con forza sul mercato internazionale, sviluppando processi di innovazione. Quindi l'obiettivo innovazione e internazionalizzazione è ancora più impegnativo qui, così come abbiamo l'obiettivo, che le lega anche alle regioni del Centro-Nord, di favorire produzioni nei settori a più alta tecnologia, per i quali attualmente tutto il Paese è debole. Dobbiamo trovare il sistema di incoraggiare produzioni nel campo dell’hi-tech, come le biotecnologie, l'informatica o l'aerospazio, alcune delle quali già presenti nella realtà meridionale. Va però rafforzata la filiera e va favorito il rafforzamento di questi settori.
  Nel Mezzogiorno vale ancora di più il discorso dell'agricoltura, che è la grande risorsa misconosciuta delle regioni meridionali, quella che sta tenendo di più l'economia del Mezzogiorno, insieme all'industria agroalimentare e allo sviluppo dei beni culturali e ambientali, per i quali la dotazione è simile se non superiore a quella delle regioni del Centro-Nord, ma la fruizione, i flussi turistici, le attività di impresa legate ai beni culturali e ambientali sono drammaticamente inferiori. La questione non è prevalentemente economica, ma è organizzativa, di finanziamento, di fruizione di un capitale umano adeguato, soprattutto di organizzazione di questi sistemi locali, in modo da predisporre un'offerta valida a livello internazionale e favorire l'accessibilità di queste aree. Se infatti i Bronzi di Riace o la Venere di Morgantina distano ore da un aeroporto, non si riesce certo a sfruttarli, quindi dobbiamo lavorare all'accessibilità e alla fruizione del nostro patrimonio storico-artistico, insieme alla formazione di un capitale umano di personale qualificato, che sia in grado di gestire le attività turistiche competitivamente rispetto ad altri siti e ad altre destinazioni.
  Sulla base di questa lettura, della cui schematicità mi perdonerete, abbiamo selezionato, a differenza del passato, pochi obiettivi sui quali ci concentreremo. Questi obiettivi sono internazionalizzazione, innovazione, digitalizzazione, valorizzazione dei beni culturali e ambientali, inclusione sociale. Il problema della povertà è drammatico, Pag. 6perché questa è cresciuta soprattutto nelle regioni del Sud per effetto della crisi economica.
  Forse avrete notato che non ho parlato di infrastrutture, perché un'altra innovazione del nuovo ciclo è l'idea di tenere fuori le grandi infrastrutture dal finanziamento diretto dei fondi strutturali europei e dal cofinanziamento nazionale, perché abbiamo il Fondo per lo sviluppo e la coesione che è stato concepito nel nostro disegno istituzionale esattamente con l'obiettivo del completamento e del rafforzamento delle grandi reti infrastrutturali materiali e immateriali, quindi anche della rete digitale del Paese, e perché caricare sui fondi strutturali le grandi infrastrutture pesanti significa aggravare le condizioni di funzionamento dei fondi, producendo immediatamente ritardi e difficoltà.
  I nostri tempi e le nostre modalità di realizzazione delle infrastrutture non sono infatti compatibili con la rigidità e i tempi delle regole comunitarie, quindi ci sembra più opportuna questa divisione dei compiti per cui le grandi reti infrastrutturali, le reti digitali ma anche le grandi questioni ambientali, quali il dissesto idrogeologico, la bonifica dei siti inquinati, la depurazione delle acque, vadano sul Fondo per lo sviluppo e la coesione.
  Da questo punto di vista, attraverso un'intesa raggiunta con il Ministro dell'economia e delle finanze, abbiamo avuto uno stanziamento di circa 54 miliardi di euro nel disegno di legge di stabilità e abbiamo anche concordato l'impegnabilità di queste risorse nell'arco di sette anni, in maniera tale da consentire una programmazione adeguata da parte delle autorità di gestione dei programmi. Abbiamo soprattutto concordato norme – spero che questo emendamento, che a breve sarà presentato all'attenzione delle Camere, sia accolto – che difendono l'integrità del fondo, per evitare quanto accaduto in passato con i vecchi fondi FAS, che spesso sono stati utilizzati per finalità diverse da quelle per le quali erano stati creati. Attraverso questo emendamento, abbiamo cercato di introdurre delle salvaguardie, perché lo stanziamento sia mantenuto come spesa in conto capitale e non si possa facilmente destinare a finalità diverse.
  Ricordo rapidamente – ma questo è un tema che merita un approfondimento – che questo potrebbe consentire in sede europea di chiedere di scorporare dal computo del rapporto tra deficit e prodotto interno lordo, oltre che il cofinanziamento nazionale dei fondi europei, anche il Fondo per lo sviluppo e la coesione. Questo sarebbe un risultato importante, al quale il nostro Paese deve assolutamente puntare per uscire dalla trappola delle regole rigide dell'Unione europea, che spesso ci costringono a premere il pedale dell'acceleratore e contemporaneamente quello del freno. Questo non funziona, come il nostro Presidente del Consiglio ha ribadito nei giorni scorsi, e mettere il Fondo per lo sviluppo e la coesione come l'abbiamo messo è una premessa per chiedere con forza che anche questo venga scorporato dai parametri europei.
  Queste sono le principali innovazioni che riguardano il sistema. Troverete nel testo scritto indicazioni più precise su alcune novità che riguarderanno anche i programmi operativi. Avremo più programmi operativi nazionali, ma meno programmi in generale, perché l'Italia aveva un numero troppo elevato di programmi operativi, che ridurremo. Il nostro obiettivo è di convincere le regioni, che però al momento non lo sono, ad avere un unico programma operativo regionale, come accade in molti Paesi, dalla Germania alla Spagna. Le regioni non accettano questo suggerimento, ma torneremo a riproporlo sotto forma di una premialità per le regioni che vorranno seguirlo. Avremo quindi meno programmi, utilizzeremo la logica multifondo, cercando di integrare il Fondo sociale europeo con il Fondo sviluppo regionale e con il Fondo di sviluppo agricolo e il Fondo per la pesca. È molto importante avere una visione multifondo integrata, avere meno programmi e avere programmi che siano più veri, cioè non delle etichette, ma programmi che verranno ammessi al finanziamento solo nella misura in cui verranno indicati con precisione Pag. 7i risultati attesi, le misure che devono essere prese per ottenerli e i tempi necessari per la loro realizzazione.
  Dopo una faticosa negoziazione, che peraltro è ancora in corso con gli altri protagonisti del sistema dei fondi, le amministrazioni centrali ma in particolare, nel caso di questo ciclo, le amministrazioni regionali, che non sempre hanno visto con favore alcune delle innovazioni che abbiamo cercato di introdurre, credo che riusciremo – questo è l'impegno che ho preso con Bruxelles – a presentare la bozza di accordo di partenariato entro la prima settimana di dicembre.
  In ogni caso manderemo a Bruxelles un documento entro la prima settimana di dicembre: se ci saranno disaccordi su singoli punti, ne prenderemo atto, ma il documento partirà, e a questo punto mi sembra che la negoziazione con le amministrazioni regionali ma anche con le amministrazioni nazionali e i vari Ministeri che saranno titolari di programmi sia sufficientemente matura per giungere ai primi giorni di dicembre a presentare questo documento atteso a Bruxelles.
  Se le Commissioni lo riterranno opportuno, sarò a disposizione per presentare nel dettaglio l'accordo di partenariato che sta per essere concluso. Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro Trigilia. Invito i colleghi a concentrare gli interventi sui quesiti da rivolgere al Ministro, perché l'Assemblea riprenderà i suoi lavori a partire dalle ore 13.20. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  ROCCO PALESE. Ringrazio i due presidenti delle Commissioni e il Ministro per aver assunto questa iniziativa che ha un grande valore perché, stante la scarsezza delle risorse di finanza pubblica, la possibilità di fare investimenti all'interno del nostro Paese risiede nei fondi comunitari e nel Fondo per lo sviluppo e la coesione.
  Ritengo che questo sia l'elemento principale e mi fa piacere che dopo le ubriacature degli anni scorsi, le recenti idee di Palermo, la costante distruzione di milioni di euro, si vada a modificare qualcosa. Ci sarà, infatti, pure un motivo per cui i fondi strutturali riescono a cambiare il destino di tanti altri Paesi dell'Unione europea mentre qui da noi non solo non si riesce a fare nulla per colmare il divario ma spesso – in questo sono d'accordo con il Ministro – la qualità della spesa è un disastro. Con i fondi comunitari abbiamo finanziato anche gli spettacoli di Elton John, quindi su questa credibilità c’è poco da scherzare, per non parlare delle truffe e di tanti altri aspetti.
  Credo che le regioni debbano riflettere molto sull'Agenzia che è stata costituita. Se, infatti, l'Agenzia sarà un ulteriore centro decisionale, e già ne esistono troppi, all'interno dell'utilizzazione e dell'attuazione dei fondi strutturali, sarà il disastro completo e svanirà il sogno di tanti italiani, soprattutto del sud, che speravano che le risorse comunitarie potessero cambiare il destino del mondo, mentre purtroppo non è così.
  Lei, signor Ministro, come profondo studioso di questa tematica, sa meglio di me che nel contesto dell'utilizzazione dei fondi strutturali i centri decisionali sono troppi: l'Europa, il quadro comunitario di sostegno nazionale, le regioni, i soggetti attuatori e così via. Quindi, ben venga l'Agenzia se essa si inquadra in un contesto di poteri sostitutivi forti nel momento in cui le regioni o i soggetti attuatori hanno difficoltà a utilizzare i fondi nei tempi giusti e nei programmi seri che lei ha elencato.
  Non possiamo, infatti, dimenticare lo scandalo continuo di come le risorse stanziate vengano utilizzate da parte delle regioni, laddove si fanno i programmi dei fondi strutturali, in sede di rendicontazione vengono predisposti progetti coerenti, i cosiddetti progetti sponda, ma al momento del rimborso da parte dell'Unione europea si verifica come le risorse da utilizzare in infrastrutture vengano utilizzate in situazioni pressoché disastrose. Pag. 8
  Considero, quindi, necessaria questa grande consapevolezza da parte delle regioni, così come sono totalmente dalla parte delle regioni efficienti – e ce ne sono – rispetto alla situazione del patto di stabilità. Se, infatti, l'Europa si allarga e si allargano le aree più povere, debbono diminuire anche i fondi strutturali per noi. La crisi finanziaria è in atto, ma l'Europa non può pretendere di darci, da un lato, le risorse per diminuire il divario e, dall'altro, di incatenarci al patto di stabilità.
  Mi fa piacere che il Ministro, nella parte conclusiva del suo intervento, abbia ritenuto decisiva questa riflessione nei confronti dell'Europa e del patto di stabilità. Ritengo che tutto ciò rientri in un contesto di risorsa nazionale, perché il Paese, se cresce, cresce insieme, e rispetto alla situazione del patto di stabilità – lo ripeto all'infinito – questo è fortemente decisivo.
  Ministro, insieme a tutte le questioni interessanti che lei ha affrontato, considero importante accendere un faro sulla qualità del Fondo sociale europeo, dove vengono puntualmente dissipate risorse. Soprattutto dopo il passaggio di molte competenze sul Fondo sociale europeo dalle regioni alle province, la qualità degli interventi è peggiorata, così come anche i risultati.
  Ribadisco, quindi, la centralità del problema del patto di stabilità ed è bene che il Governo italiano alzi la voce per ottenere questo risultato, perché l'unica speranza per determinare un'inversione di tendenza sono i fondi strutturali e il Fondo per lo sviluppo e la coesione.

  ADRIANA GALGANO. Ministro, la ringrazio per la sua relazione che contiene punti molto importanti. Vorrei conoscere la sua opinione sulla macro condizionalità che il Parlamento europeo si appresta a votare, ovvero il fatto che la Commissione europea avrà il potere di congelare gli aiuti per i Paesi che sforano il deficit oppure che non realizzano due delle raccomandazioni.
  Con questa nuova impostazione, per cui i fondi sono assegnati ai Paesi virtuosi, si snatura lo strumento del fondo stesso, che era pensato per colmare i divari delle aree svantaggiate. In base a tale meccanismo, i Paesi più virtuosi, che sicuramente hanno aree meno svantaggiate dei Paesi meno virtuosi, usufruiranno di risorse. Per fare un esempio, si verificherà esattamente ciò che accade in Germania, che rappresenta l'economia più forte d'Europa e che, allo stesso tempo, ha le aziende più protette e incentivate dell'area.
  Ministro, vorrei chiederle cosa, a suo parere, sia opportuno fare, nel senso che c’è un emendamento presentato da sessanta europarlamentari, tra i quali vi sono anche alcuni italiani, per applicare una macro condizionalità più sociale, ai quali però si risponde che è assolutamente prioritario approvare velocemente le dotazioni e i nuovi regolamenti dei fondi. Vorrei conoscere la sua opinione in merito.

  ANGELO RUGHETTI. Ringrazio il Ministro per la relazione molto interessante anche perché, se ancora non si assiste ad una vera e propria rottura rispetto all'andamento e all'impostazione degli anni scorsi, sicuramente si registra però un cambio di passo, e di ciò occorre dare atto al Governo attuale e al Ministro qui presente, che lo ha intrapreso.
  Penso che questo sia un tema determinante e rappresenti una vera sfida, un'emergenza nazionale perché, mentre noi discutiamo di 2 o 4 miliardi di euro dell'IMU, abbiamo ancora 30 miliardi della precedente programmazione da spendere, ed ulteriori 100 miliardi ci aspettano da oggi al 2020. Il modello di governance da individuare e gli obiettivi da perseguire devono essere collocati nell'ambito di una strategia complessiva, che riguarda non soltanto l'utilizzo dei fondi, ma anche l'insieme delle attività e degli obiettivi che la nostra Repubblica vuole darsi.
  Negli anni scorsi sono stato molto critico rispetto alle passate gestioni, per ragioni di carattere non solo politico, ma Pag. 9soprattutto amministrativo: alcuni professionisti dei fondi comunitari sono stati infatti sempre molto capaci di raccontare nei convegni come si spendono i fondi, ma poi in realtà li abbiamo visti poco.
  Apprezzo quindi questo cambio di passo e condivido la necessità che i progetti si configurino come esecutivi e realizzabili, e non soltanto come etichette per dimostrare quanto una struttura di missione o un'amministrazione sia in grado di progettare. Sarebbe inoltre utile verificare se effettivamente le priorità di quei territori vengano recepite da quei progetti. Ricordo che la regione Calabria ha finanziato con i precedenti fondi strutturali interventi del valore medio di 18 mila euro ciascuno, mentre la regione Campania in materia di innovazione applicata alla sanità ha registrato una spesa pari al 4 per cento.
  Su questo tema dobbiamo svolgere un ragionamento ancora più incisivo e dirompente, perché l'autonomia regionale non può costituire un limite all'utilizzo di questi fondi e se, per come essa è definita nella nostra Costituzione, lo è, bisogna domandarsi se non sia il caso di compiere qualche passo in avanti.
  Chiedo quindi se il Governo abbia condotto una verifica di come negli altri Stati europei la capacità di spesa sia migliore della nostra, e se dunque esista soltanto un problema di governance amministrativa o non sia piuttosto necessario riconsiderare alcune scelte riguardanti tanto le competenze quanto le singole responsabilità nella gestione dei progetti.

  BRUNO CENSORE. Plaudo a questa impostazione relativa alla nuova programmazione ed auspico che il fatto di concentrarsi su obiettivi limitati possa diventare un fattore di funzionalità rispetto alle esperienze precedenti in alcune regioni. Io sono calabrese e parlo chiaramente della mia regione, dove ad oggi i tetti di impegno e di spesa si collocano molto al di sotto della media nazionale, perché la vecchia programmazione, con il disperdersi in mille rivoli delle risorse comunitarie, non ha generato nel tempo sviluppo e non ha portato a un sensibile incremento del PIL.
  Considero quindi positivo e innovativo il fatto di intervenire direttamente attraverso un'Agenzia nazionale al fine di aiutare quelle regioni che non riescono, dal punto di vista amministrativo, a gestire i fondi comunitari, né reputo questo una sorta di nuovo centralismo. Ritengo quindi che siamo sulla strada giusta, vorrei tuttavia evidenziare come non sempre il mancato utilizzo delle risorse comunitarie sia dovuto a problemi amministrativi o a questioni relative ai bandi: nelle regioni meridionali il fatto che alcune misure rimangano inutilizzate è dovuto ad una debolezza del tessuto economico e sociale, a una debolezza delle imprese nella capacità di utilizzare le risorse comunitarie. Lei stesso ha parlato delle difficoltà del Mezzogiorno e dell'esigenza di aiutare e dare fiducia a queste imprese, però lì c’è un tessuto molto debole con poche imprese – sempre le stesse – che utilizzano le risorse, mentre le piccole imprese non riescono mai ad attingere alle risorse comunitarie.
  Bisogna decidere come affrontare la questione, perché, se è giusto incoraggiare questi nuclei d'imprese, molte imprese sane e con un certo reddito non riescono comunque ad usufruire di analoghe opportunità. Inviterei quindi il Ministro a riflettere su questo, perché chi conosce il problema, come me, sa che questa è la vera difficoltà. Nella mia regione, ad esempio, il Fondo per la pesca è rimasto pressoché inutilizzato, nonostante la situazione di profondo bisogno dei pescatori.
  Plaudo all'obiettivo dell'inclusione sociale perché nelle regioni del Mezzogiorno la soglia di povertà è aumentata in modo esponenziale ed è diventata non più tollerabile. Dobbiamo dunque concentrare gli sforzi per aiutare tutti questi soggetti in difficoltà ed è bene tenere fuori le infrastrutture, perché come Italia, con riferimento alle modalità di realizzazione, Pag. 10siamo lontani rispetto a Paesi del Terzo Mondo, e ciò ha creato difficoltà anche nella rendicontazione e nella spesa dei fondi comunitari.

  FRANCESCO CARIELLO. La scorsa settimana mi sono recato a Bruxelles per partecipare ad una riunione interparlamentare organizzata dalla Commissione per il controllo dei bilanci del Parlamento europeo, e vorrei riportarvi brevemente quanto è emerso da questo incontro, al quale erano presenti rappresentanti dei Parlamenti nazionali degli Stati membri dell'Unione europea oltre che della Commissione per il controllo dei bilanci.
  La Corte dei Conti europea ha mostrato che il tasso di errore nell'utilizzo dei fondi comunitari è in continua crescita nell'ultimo ventennio, e l'Italia risulta appunto tra i Paesi con il tasso di errore in continua crescita. L'espressione «tasso di errore» non fa riferimento a casi di frode o di spreco – e semmai l'utilizzo non corretto dei fondi è una questione tutta nostra, interna – bensì richiama l'attenzione sull'utilizzo dei fondi in relazione ai motivi per cui gli stessi, a livello normativo, erano stati richiesti.
  Questo tasso di errore in crescita, sommato a quanto da lei esposto nel corso della precedente audizione, ovvero che il nostro Paese spende meno della metà dei soldi a disposizione, dimostra quindi che spendiamo poco e male i fondi comunitari. In quella sede l'accento è stato posto sulla responsabilità dei Parlamenti nazionali, perché è emerso che ogni singolo Parlamento disponeva delle informazioni necessarie per poter intervenire per tempo nella correzione delle modalità di utilizzo dei fondi.
  Vorrei sapere quindi se, in virtù anche della creazione dell'Agenzia per la coesione territoriale, sia vostra intenzione intervenire sulla responsabilità o sullo sviluppo di strumenti che vi permettano di agire on line. Nel momento in cui l'informazione è disponibile, si riesce infatti a correggere tempestivamente le modalità di utilizzo dei fondi e ad evitare eventuali procedure di controllo o interventi da parte delle Corti dei conti nazionali o di quella europea, così da aumentare l'efficacia di utilizzo dei fondi.

  PAOLA PINNA. Ringrazio il Ministro per l'illustrazione dei nuovi metodi e obiettivi che dovrebbero rendere più efficace l'uso dei fondi comunitari. Sulla carta sembra un buon inizio per affrontare e superare le criticità del passato, tuttavia vorrei esprimere alcune perplessità in merito alla nuova programmazione, che sono emerse dopo un intenso e fruttuoso confronto con i soggetti che verranno direttamente coinvolti a livello locale, e chiederle, se possibile, un chiarimento al riguardo.
  La Commissione europea aveva individuato undici aree tematiche da sviluppare, mentre nella bozza dell'Accordo di partenariato del mese di aprile 2013 sono state ridotte a dieci e, da quanto lei ci ha annunciato nella relazione, addirittura a sette. In particolare, si è scelto di eliminare, già da aprile, l'ultimo obiettivo tematico, il n. 11, volto a «rafforzare la capacità istituzionale e promuovere un'amministrazione pubblica efficiente».
  Tale tema verrebbe affrontato in modo trasversale, con l'obiettivo di prevedere per ogni priorità tematica specifici interventi di capacity building, funzionali al buon esito dell'intera strategia. A parere mio e delle persone con cui mi sono consultata, questa scelta rischia di risultare poco incisiva, perché una delle principali cause dei ritardi delle regioni e dell'inefficacia di gran parte degli interventi risiede appunto nella inadeguata e fragile capacità amministrativa e tecnica delle strutture di gestione e nelle difficoltà riscontrate nella fase di programmazione.
  Ritengo che sarebbe stato opportuno mantenere l'obiettivo tematico n. 11, in modo da riconoscere ad esso la rilevanza e la concentrazione necessarie; dubito inoltre che la questione possa risolversi semplicemente attraverso l'istituzione di un'Agenzia per la coesione a livello nazionale, agendo quindi non sulle singole strutture territoriali.Pag. 11
  In secondo luogo, è emerso un conflitto tra la fase di programmazione e la fase attuativa. La prima, di matrice chiaramente anglosassone, trova un limite strutturale nella cultura latina, che si manifesta nella seconda fase, in cui prevale a livello locale, quindi nelle province e nei comuni, l'incapacità di concepire i singoli interventi come tasselli di un piano coerente e integrato di sviluppo di un'area più vasta.
  Tra l'altro, le autorità che hanno la funzione di promuovere lo sviluppo locale sono spesso gestite come centri di potere, e il consolidarsi nel tempo di posizioni nei consigli di amministrazione ha facilitato e faciliterà il prevalere di logiche clientelari. Tali prassi ormai consolidate non trovano alcun limite nel livello amministrativo sovraordinato, le regioni, che hanno la sola funzione di erogatore di fondi sulla base della mera verifica dei requisiti del singolo intervento.
  Manca quindi una valutazione di coerenza rispetto a un progetto unitario e integrato, che abbia effetti strutturali e di lungo periodo. I fondi sono inoltre spesso gestiti in maniera settoriale e parcellizzata da assessorati che neanche comunicano tra loro. Per citare un esempio pratico, in Sardegna lo stesso Centro regionale di programmazione non riesce ad ovviare a queste difficoltà di coordinamento, dal momento che gestisce un solo fondo e non ha la capacità di calarsi nella realtà di esperti che lavorano con quei fondi sul territorio.
  Riguardo al coinvolgimento delle assemblee rappresentative a tutti i livelli di governo, dal Parlamento ai Consigli regionali, faccio presente che le stesse sono state tenute ai margini del processo di stesura di questo Accordo di partenariato. Il Parlamento è stato coinvolto troppo tardi e solo a seguito di una richiesta delle stesse Camere, ed infatti ci troviamo a pochi giorni dalla presentazione dell'ultima bozza.
  Ci si aspettava che il Governo e i Ministeri competenti si attivassero in via formale, o anche informale, affinché si aprisse un dialogo. Si sta decidendo come e dove allocare le uniche risorse disponibili di qui ai prossimi sette anni, stabilendo priorità politiche e impegni di spesa, tutte attività che ricadono nelle funzioni tipiche delle Camere, e invece proprio al Parlamento non è stata neanche inviata la bozza di accordo, nonostante questa abbia già avuto diffusione tra i Ministeri e gli uffici regionali.
  Vorremmo capire come mai si sia scelto di tenerci fuori da questo processo decisionale, prediligendo altri interlocutori. Gli organi rappresentativi avrebbero infatti potuto raccogliere suggerimenti e istanze da soggetti slegati da qualunque gruppo di interesse, ossia i potenziali beneficiari dei bandi e coloro che lavorano presso le autorità di gestione, quei soggetti a cui si dovrebbe appunto chiedere come affrontare l'obiettivo tematico n.11 di cui ho parlato all'inizio.

  MAINO MARCHI. Nel ringraziare il Ministro, vorrei esprimere innanzitutto un apprezzamento sugli indirizzi di fondo, tra cui quello relativo all'Agenzia per la coesione territoriale e all'esercizio di poteri sostitutivi quando questi si rendano necessari, perché siamo di fronte a una grande questione nazionale, quindi ad ogni livello ciascuno deve fare la propria parte e, se qualcuno non la fa, il Governo deve poter intervenire.
  Vorrei concentrare le domande su un aspetto che presenta, però, differenti risvolti. Tra gli indirizzi che lei ci ha presentato ci sono forti elementi di politica industriale volti a rafforzare l'insediamento delle nostre imprese, soprattutto nelle zone che hanno conosciuto livelli di sviluppo meno elevati rispetto alle aree più industrializzate ed economicamente sviluppate del Paese.
  Per favorire l'insediamento delle imprese ci sono anche fondamentali elementi di contesto. Lei faceva riferimento alle grandi infrastrutture, come ad esempio il sistema ferroviario, per le quali lei ipotizza si possa utilizzare il Fondo per lo sviluppo e la coesione: vorrei chiedere se anche per altri aspetti, che considero elementi fondamentali Pag. 12di contesto, si stia pensando a questo livello di programmazione o al Fondo per lo sviluppo e la coesione.
  Mi riferisco, in particolare, alla questione relativa alla sanità. Il Ministro della salute, nel corso dell'indagine conoscitiva da noi svolta sul sistema sanitario nazionale, ci ha detto che si pensa anche all'utilizzo dei fondi comunitari per le infrastrutture sanitarie: io credo che questo sia un elemento importante, posto che per favorire l'attuazione dei piani di rientro nella sanità sono importanti anche investimenti che permettano di razionalizzare le reti ospedaliere.
  Altro aspetto può essere quello dei servizi, soprattutto quelli che possono favorire l'occupazione, in particolare quella femminile, quali ad esempio gli asili nido. L'ultimo aspetto riguarda la legalità, a proposito del quale vorrei sapere se ci siano progetti che interessano direttamente l'uso dei fondi comunitari.
  Poiché le organizzazioni criminali e mafiose cercano di infiltrarsi e di accaparrarsi una parte di questi fondi, vorrei sapere se si stiano individuando strumenti che, come già avvenuto per l'Expo 2015 o per il terremoto in Emilia-Romagna, garantiscano elementi di prevenzione, affinché le imprese che vincono gli appalti facciano parte di una white list o comunque si dimostrino imprese sane, rispondenti a determinati requisiti di legalità.

  GIANNI MELILLA. Ringrazio il Ministro e, vista l'ora, sarò telegrafico. Considero molto positiva questa idea dell'unico programma regionale, nel senso di sviluppare su assi strategici ben definiti la nuova programmazione, evitando in ogni caso la frammentazione che, come è noto, ha avuto un ruolo negativo nelle passate programmazioni. Vorrei sapere però quali siano gli strumenti di controllo effettivi per rendere esigibile questa scelta strategica.

  GUGLIELMO VACCARO. Vorrei chiedere se sia in corso una riflessione sulle modalità di gestione, visto che questo è stato il problema dell'ultimo periodo di programmazione, anche alla luce dei passati tentativi di sperimentazione.
  Ricordo infatti che il periodo 1989-1993 presentava la novità della sovvenzione globale, mentre quello del 1994-1999 ha proposto i soggetti intermediari locali, che sono poi diventati agenzie di sviluppo, in alcuni casi legate ad esperienze che poi hanno contaminato l'azione italiana, come nei patti territoriali per l'occupazione.
  Nel 2000-2006 abbiamo avuto, come altra modalità di costruzione del programma, i progetti integrati territoriali (PIT), mentre nel 2007-2013 le regioni l'hanno fatta da padroni e abbiamo visto poi i risultati, quindi va benissimo quanto lei ci ha anticipato in termini di approccio multiregionale. Nel 2014-2020 si va verso l'Agenzia per la coesione, in un ruolo di presidio, con alcune novità sulla concentrazione.
  La responsabilizzazione dei territori e delle classi dirigenti locali, in particolare quelle meridionali, costituisce però il punto di attacco e di crisi di tutto questo lavoro, che ormai da un ventennio il Paese sta cercando di portare avanti con riferimento alla gestione dei fondi europei. Mi chiedo se vi sia una riflessione, conoscendo anche il lavoro svolto dal Ministro in qualità di studioso, su questa particolare criticità, ossia la responsabilizzazione dei soggetti locali che, nell'ambito di alcune sovvenzione globali piuttosto che di alcuni soggetti intermediari locali delle precedenti programmazioni, ha dato dei frutti positivi.
  Sulla concentrazione mi chiedo se non sia necessario, o quantomeno utile, fissare una soglia finanziaria, prevedendo che il programma 2014-2020 non erogherà mai un contributo o un finanziamento per un intervento che valga meno, ad esempio, di 200 mila euro, per pensare al de minimis, che ha una sua ratio. Diversamente, il rischio di trovare, come abbiamo trovato sul sito opencoesione.it, quell'elenco sterminato e inguardabile di micro progetti finanziati si riproporrà, non appena la presa mollerà il suo vigore per le mille condizioni classiche di questo nostro Pag. 13Paese, che ben conosciamo. Vorrei sapere quindi se ci sia l'idea di prevedere una soglia.
  Occorre altresì dire ad alcune realtà meridionali che esistono delle propedeuticità, come quando all'università non potevamo affrontare l'esame di diritto civile se non avevamo già sostenuto quello di diritto privato. Se non si hanno le fognature, quindi, non si possono chiedere soldi per fare il remake di un bellissimo tratto di costa, perché questa diventa più bella ma nel frattempo si continua a effettuare sversamenti in mare. Ci sono problemi di questo tipo, quindi mi chiedo se rispetto alla propedeuticità non si possa fare uno sforzo di vera e propria obbligatorietà.
  Richiamandomi alle considerazioni dell'onorevole Marchi, sicuramente la questione sicurezza non può essere derubricata dalla vicenda della programmazione dei fondi al sud. I programmi operativi multiregionali «Sicurezza» hanno dato risultati e rappresentato un baluardo avanzato di presidio per realtà che diversamente non riescono a realizzare investimenti in chiave innovativa. Su questo, oggi o nella prossima occasione, mi piacerebbe avere qualche spunto di riflessione e qualche risposta.

  ANGELO CAPODICASA. Vorrei chiedere al Ministro se questa scelta di tenere fuori dalla programmazione le grandi infrastrutture sia ben ponderata, perché sembra contraddire due punti essenziali della relazione del Ministro. Uno è quello relativo all'esigenza di concentrare le risorse su punti e obiettivi che siano più ridotti rispetto al passato; l'altro è quello di cui tutti discutiamo, cioè che siamo un Paese a forte deficit infrastrutturale, soprattutto nelle regioni «obiettivo convergenza», e quindi sembrerebbe incongruo decidere di tenerle fuori proprio nel momento in cui il Paese è in crisi e ha scarse risorse da investire nelle infrastrutture, dal momento che il Fondo lo sviluppo e la coesione dispone di risorse assolutamente insufficienti.
  Mi chiedo quindi se non sia più opportuno accompagnarle con un pacchetto di misure volte a snellire le procedure, sia sul piano amministrativo che su quello dell'ordinamento. Alcuni Paesi in Europa hanno ad esempio deciso, in materia di contenzioso amministrativo relativo all'aggiudicazione degli appalti, di non bloccare l'aggiudicazione in attesa della pronuncia dei tribunali amministrativi, ma di consentire comunque l'avvio dei lavori e pervenire semmai a compensazioni nella sede definitiva. Vorrei sapere quindi se non sia possibile intervenire anche con misure di questo genere.

  PRESIDENTE. Do la parola al Ministro per la coesione territoriale, Carlo Trigilia, per la replica.

  CARLO TRIGILIA, Ministro per la coesione territoriale. Risponderò ad alcune questioni di contorno, pure molto importanti, prima di affrontare le tematiche sollevate nel merito dell'uso dei fondi. La prima è quella del patto di stabilità, richiamato nel primo intervento, di cui non ho parlato per ragioni di tempo e che però, a mio avviso, costituisce un problema reale: su tale questione bisogna quindi intervenire e stiamo cercando di farlo.
  Penso naturalmente che il tema vi sia chiaro, però è bene richiamarne alcuni aspetti, perché quando ci si entra dentro si capisce che è un meccanismo veramente contraddittorio. Il patto di stabilità interno pone vincoli alle regioni in termini di spesa, quindi quando chiediamo alle regioni di spendere, ad esempio, le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione relative alla programmazione 2007-2013, troviamo che le regioni, soprattutto quelle meridionali, non hanno speso quasi nulla del vecchio Fondo per lo sviluppo e la coesione che, nonostante le decurtazioni, ammonta a circa una ventina di miliardi. Quando si vedono queste cifre si resta un po’ sorpresi, se non sbalorditi.
  A mio avviso, nella difficoltà di spendere queste somme c’è un problema di progettazione di interventi complessi, come quelli che sono a carico del Fondo per lo sviluppo e la coesione, soprattutto Pag. 14in tema di ambiente e di bonifiche – ne ho parlato qualche giorno fa nel corso di una mia audizione presso la Commissione ambiente della Camera dei deputati, il cui testo è a disposizione; però è anche vero quanto sottolineano le regioni, ovvero che la loro difficoltà di spesa di queste risorse deriva dal fatto che i vincoli del patto di stabilità limitano fortemente la loro capacità di spesa, perché devono mettere delle risorse proprie per poter spendere questi fondi.
  La situazione allo stato rischia di peggiorare, perché nel disegno di legge di stabilità attualmente all'esame del Parlamento per il prossimo anno è previsto un fondo per ampliare i margini del patto di stabilità che è di 800 milioni più basso rispetto all'anno in corso, passando cioè da 1,8 a 1 miliardo. Ciò è assolutamente insufficiente e rischia di procurare nuovi guai.
  Ho sottoposto il problema al Ministro dell'economia e delle finanze, la questione è dunque alla sua attenzione e siamo d'accordo sul fatto che – se non immediatamente, attraverso la presentazione di proposte emendative al disegno di legge di stabilità, comunque nei prossimi mesi, laddove si rendessero disponibili risorse aggiuntive attese da varie fonti – si dovrà intervenire per incrementare questo fondo e rendere più flessibile la possibilità di spesa delle regioni.
  Il patto di stabilità mi conduce ad un'ulteriore importante questione, sollevata dall'onorevole Galgano: la condizionalità macroeconomica, in questo momento in discussione presso il Parlamento europeo. Purtroppo credo che ci sia ormai poco da fare per contrastare la misura in sé, ma si sta discutendo di come limitarne gli effetti.
  Esprimo un giudizio particolarmente negativo di questa misura, perché la ritengo in contraddizione con il principio ispiratore dei fondi europei. In altre parole, se un Paese riceve dei fondi europei perché ha consistenti problemi di sviluppo regionale, fermo restando che questi fondi devono essere spesi bene, che la Commissione deve vigilare e che lo Stato deve esserne responsabile, la questione va tenuta distinta dal problema della reazione a shock esogeni o alla difficoltà macroeconomica di un Paese, perché, se dovessimo andare incontro a una nuova procedura di infrazione da parte della Commissione europea, rischieremmo nel 2015 di vedere bloccata una quota consistente dei fondi europei.
  Questo mi sembra veramente un meccanismo perverso, rispetto al quale bisogna reagire; finora non siamo riusciti a contrastarne l'approvazione e credo che ormai sia troppo tardi, ma bisogna fare in tutti i modi per porre dei limiti all'applicabilità di questo principio.
  Sempre in tema di condizioni di contorno all'uso dei fondi, ritengo che il nostro Governo, come il Presidente del Consiglio ha già annunciato in varie occasioni, dovrà puntare con più forza e determinazione, proprio in ragione dei sacrifici e dello sforzo finalizzato a porre ordine nei conti della finanza pubblica compiuti in Italia, a ottenere lo scorporo strutturale del cofinanziamento nazionale e – aggiungo – del Fondo per lo sviluppo e la coesione dal computo del deficit sul PIL a livello europeo. Su questo dovremo impegnarci più fortemente.
  Tra le questioni poste invece all'interno del perimetro dei fondi, cito rapidamente solo quelle più importanti. La prima è la questione della legalità. Per ragioni di tempo non sono riuscito a toccare tutti gli argomenti, ma questo è un punto centrale dell'azione del nuovo ciclo dei fondi e sarà innovativo in due direzioni. La prima è che riteniamo che non sia necessario un programma operativo nazionale, e di ciò stiamo discutendo con i responsabili del Ministero dell'interno; il problema infatti non è tanto avere un programma operativo nazionale, quanto avere delle misure efficaci da questo punto di vista.
  Le misure alle quali stiamo lavorando – e che saranno inserite probabilmente nei programmi operativi regionali o in alcuni programmi nazionali, come misure importanti – riguardano un impegno molto forte a sostegno dell’intelligence economica, nel senso che appare opportuno Pag. 15sostenere un importante progetto di formazione delle Forze dell'ordine -possibilmente interforze, ma questo dovranno deciderlo loro – che porti alla formazione di risorse consistenti e qualificate di operatori capaci di condurre indagini economiche rapide sui rapporti tra la criminalità organizzata e il mondo delle imprese e dell'economia legale.
  Riteniamo che questa sia oggi la vera frontiera della lotta alla mafia e quindi è importante che i fondi si impegnino in questa direzione, sia in un progetto di formazione molto ambizioso, sia nella messa a disposizione di questa intelligence attraverso appositi progetti di banche dati che si rendono necessarie per l'esercizio dell'attività di intelligence stessa. Tuttavia, spesso il vero obiettivo, più che realizzare nuove banche dati, è riuscire a mettere in comunicazione banche dati diverse.
  Investiremo quindi con specifiche azioni sull’intelligence e sugli strumenti per fare funzionare l’intelligence stessa. Per quanto riguarda i temi della legalità e della sicurezza, cercheremo di aggiornare le linee già presenti nei cicli precedenti, che riguardano l'educazione alla legalità, e quindi l'impegno nelle scuole, nonché un intervento importante per la gestione dei beni confiscati, rispetto ai quali intendiamo incoraggiare soprattutto la formazione di reti di cooperazione tra i gestori di questi beni, in modo che sia innalzata la loro capacità operativa dal punto di vista imprenditoriale attraverso servizi da mettere in comune in rete, promuovendo così le reti per la gestione dei beni confiscati. A livello regionale, opererà inoltre la misura trasversale delle white list, in modo da implementare questo tipo di strumento soprattutto in presenza di interventi che coinvolgono appalti e imprese.
  Quello della responsabilizzazione delle classi dirigenti locali rappresenta un grande problema, che riteniamo non abbia un'unica soluzione ma debba essere affrontato dal punto di vista culturale, attraverso un impegno nei campi dell'istruzione e della formazione che cerchiamo di portare avanti, anche al livello dell'associazionismo e con un impegno crescente, se possibile, da parte della stessa Chiesa, che è una delle istituzioni più importanti nella società meridionale e che, a mio avviso, dovrebbe essere sollecitata a un impegno formativo più incisivo.
  Ma intendiamo affrontare il problema già con i meccanismi che abbiamo pensato: concentrare le risorse, rendere più trasparenti i programmi, avere un'Agenzia di controllo significa infatti contrastare l'uso improprio di questi fondi che a volte è avvenuto in passato. Un uso improprio significa un uso sottoposto più a condizioni di vantaggio e di intermediazione politica che di valutazione dell'efficacia della misura.
  Naturalmente non finisce tutto qui: un'altra linea cui stiamo pensando, e che avevo anticipato nella mia precedente audizione, riguarda l'intervento sulla qualità dei servizi pubblici, soprattutto di quelli forniti come diritto di cittadinanza ai cittadini meridionali. In questo caso, un intervento conoscitivo per individuare le reali differenze presenti in alcuni servizi come la sanità, l'assistenza e l'istruzione, è propedeutico all'intervento regolativo che il Governo ha in animo di realizzare.
  Intervento regolativo significa che, una volta appurata la presenza di forti differenze nella qualità e nel costo di questi servizi, dobbiamo come Governo nazionale assumerci la responsabilità di intervenire con incentivi ma anche con sanzioni nei riguardi degli amministratori che non riportano in tempi debiti la loro azione di gestione dei predetti servizi entro standards accettabili, tali da garantire una migliore omogeneità dei servizi e un costo più vicino a quello medio o standard.
  La responsabilizzazione delle classi dirigenti locali è un tema di grande importanza, di frontiera per lo sviluppo del Mezzogiorno. Credo che non ci sia un'unica ricetta, ma con i cambiamenti che abbiamo introdotto nella disciplina dei fondi cerchiamo di porre un qualche rimedio al fine di favorire un'evoluzione in positivo o comunque di evitare una sorta di dumping politico, cioè una concorrenza politica tra soggetti che utilizzano in modo improprio le risorse pubbliche rispetto a Pag. 16soggetti che vogliono invece fare carriera politica, non importa di quale colore, osservando e promuovendo interessi collettivi.
  Questo cercheremo di fare e speriamo di avere la possibilità di portare avanti tutto ciò e di ottenere qualche risultato visibile, perché questo incoraggerebbe una valutazione del problema del Mezzogiorno non più come irrisolvibile, ma come problema che, con buona volontà e in tempi ragionevoli, si può affrontare.

  PRESIDENTE. Nel ringraziare il Ministro Trigilia anche da parte del presidente Michele Bordo, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13,25.