XVII Legislatura

Commissioni Riunite (V e XIV)

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Mercoledì 12 giugno 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Boccia Francesco , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro per la coesione territoriale, Carlo Trigilia, sulle linee programmatiche del Governo in materia di politiche per la coesione territoriale (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Boccia Francesco , Presidente ... 3 
Trigilia Carlo , Ministro per la coesione territoriale ... 3 
Boccia Francesco , Presidente ... 11 
Galli Giampaolo (PD)  ... 11 
Palese Rocco (PdL)  ... 11 
Boccia Francesco , Presidente ... 13 
Pinna Paola (M5S)  ... 13 
Schirò Planeta Gea (SCPI)  ... 14 
Borghesi Stefano (LNA)  ... 15 
Trigilia Carlo , Ministro per la coesione territoriale ... 16 
Pannarale Annalisa (SEL)  ... 16 
Censore Bruno (PD)  ... 16 
De Mita Giuseppe (SCPI)  ... 17 
Culotta Magda (PD)  ... 19 
Guerra Mauro (PD)  ... 20 
Bordo Michele (PD) , Presidente della XIV Commissione ... 20 
Boccia Francesco , Presidente ... 22 
Trigilia Carlo , Ministro per la coesione territoriale ... 24 
Boccia Francesco , Presidente ... 26

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero: Misto-MAIE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA V COMMISSIONE
FRANCESCO BOCCIA

  La seduta comincia alle 14,10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva diretta sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro per la coesione territoriale, Carlo Trigilia, sulle linee programmatiche del Governo in materia di politiche per la coesione territoriale.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro per la coesione territoriale, Carlo Trigilia, sulle linee programmatiche del Governo in materia di politiche per la coesione territoriale.
  Prima di dare la parola al Ministro, che saluto, invito i colleghi che intendano intervenire a prenotarsi entro i primi 20 minuti della seduta al fine di assicurare l'ordinato svolgimento dei lavori. Disporremo i primi interventi in un ordine correlato al gruppo di appartenenza e, superato un intervento iniziale per ciascun gruppo, lasceremo spazio a chi voglia intervenire fino a quando non avremo esaurito il tempo a disposizione.
  Ringrazio ancora il Ministro Trigilia per la sua partecipazione alla seduta odierna e gli cedo la parola per lo svolgimento della sua relazione.

  CARLO TRIGILIA, Ministro per la coesione territoriale. Ringrazio i Presidenti e i membri della Commissione bilancio e della Commissione politiche dell'Unione europea per l'invito a illustrare le linee programmatiche che intendo seguire nella mia attività di Ministro per la coesione territoriale.
  Mi limiterò a una presentazione sintetica dei principali temi, sui quali spero, oltretutto, avremo occasione di ritornare più specificamente nel quadro di un rapporto di collaborazione e di confronto con le Commissioni parlamentari, che considero di particolare importanza per il proseguimento del mio lavoro. Ho comunque preparato dei documenti informativi che saranno consegnati agli atti di questa seduta e messi a disposizione dei membri delle Commissioni.
  Permettetemi di partire da un'osservazione sul significato e sui caratteri della politica di coesione territoriale e anche sulla particolare importanza che assume oggi questa politica nel contesto socio-economico attuale. Come ben sapete, la Costituzione della nostra Repubblica indica come obiettivo per lo Stato quello di rimuovere gli ostacoli economici e sociali che limitano, di fatto, l'uguaglianza dei cittadini e anche quello di promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, ai sensi dell'articolo 119 della Costituzione. Anche il Trattato sull'Unione Europea indica come obiettivo della costruzione europea quello di promuovere la coesione economica, sociale e territoriale e la solidarietà tra gli Stati membri.Pag. 4
  Promuovere la solidarietà e la coesione e rimuovere gli ostacoli che limitano l'uguaglianza dei cittadini non vuol dire mero assistenzialismo nei riguardi dei gruppi sociali e delle regioni più deboli. La solidarietà alla quale chiamano la nostra Costituzione e il Trattato sull'Unione europea è la solidarietà dello sviluppo. Combattere le disuguaglianze significa elaborare strumenti e politiche che creino buona occupazione, non occupazione sussidiata, che aiutino le imprese a crescere, non a vivere di aiuti pubblici, che sostengano i territori più deboli per aiutarli a promuovere uno sviluppo capace di reggersi sulle proprie gambe, non uno sviluppo senza autonomia.
  La concezione della coesione come sviluppo dà alla solidarietà sociale e territoriale non solo un fondamento etico-politico, ma anche una motivazione pratica legata agli interessi a lungo termine dei gruppi sociali, delle regioni e dei Paesi più abbienti. Solo promuovendo lo sviluppo di chi non ce l'ha, essi potranno garantirsi il loro stesso benessere futuro.
  Credo che questa concezione assuma un'importanza ancora maggiore nell'attuale situazione economica di grave crisi. Viviamo in uno dei momenti di crisi economica tra i più gravi del dopoguerra, con conseguenze molto pesanti sul piano sociale e territoriale. Crescono, come sapete, non solo le disuguaglianze tra i diversi gruppi sociali ma anche quelle tra i territori, tra le diverse regioni del Paese e tra i Paesi europei. Le regioni meridionali tradizionalmente più deboli soffrono di più perché le antiche fragilità strutturali si sommano alla congiuntura particolarmente sfavorevole.
  Come affrontare, allora, una situazione così difficile ? Ritengo che la riduzione delle disuguaglianze sociali e territoriali e la promozione della coesione come sviluppo siano la bussola che possa guidarci verso l'uscita dalla crisi e assicurare uno sviluppo solido a tutto il Paese. La coesione come sviluppo – insisto, come vedete, su questo concetto – è il metro con il quale propongo di valutare i principali interventi nazionali ed europei e al quale mi ispirerò nei miei indirizzi nell'attività di Governo.
  Come sapete, la principale leva che è sotto la responsabilità del Ministro per la coesione territoriale è costituita dai fondi regionali europei e dal Fondo nazionale per lo sviluppo e la coesione, ex Fondo FAS. Ho inteso, quindi, che il mio primo compito dovesse essere una ricognizione dello stato di attuazione dei programmi finanziati con i fondi strutturali 2007-2013, per verificarne i livelli di attuazione e individuarne le criticità.
  Alla fine del 2011 la percentuale di risorse spese sul totale di quelle disponibili era pari al 15 per cento. All'inizio di quest'anno aveva raggiunto, per impulso del Ministro Barca, che mi ha preceduto in questo ruolo, il 37 per cento. Lo sforzo compiuto dalla fine del 2011 ai primi mesi del 2013 è stato, quindi, particolarmente rilevante. Sono state allocate definitivamente le risorse nazionali del Fondo per lo sviluppo e la coesione, a lungo, come sapete, rimaste incerte, ed è stato messo in opera il cosiddetto Piano Azione Coesione.
  Quest'ultimo ha comportato un'operazione di riprogrammazione di una parte delle risorse già contenute nei programmi comunitari a valere per circa 12 miliardi di euro, agendo soprattutto sulla riduzione del cofinanziamento nazionale. L'impiego delle risorse provenienti dal cofinanziamento nei programmi del Piano Azione Coesione ha inoltre sottratto le nuove misure programmate alla scadenza, prevista dalla Commissione, del 2015.
  Inoltre per accelerare la spesa, come pure sapete, è stato introdotto un fondo di compensazione che ha previsto l'esclusione dal patto di stabilità interno delle spese effettuate a valere sulle risorse di cofinanziamento nazionale. Ritengo che, compatibilmente con i vincoli della finanza pubblica, questa deroga vada ampliata per non creare ostacoli alle regioni, che potrebbero spendere i fondi europei ma sono frenate dai vincoli del patto di stabilità interno. D'altra parte, anche a livello europeo il Governo è impegnato a ottenere dalla Commissione la piena esclusione del Pag. 5cofinanziamento nazionale dei fondi europei dal computo della spesa ai fini del rispetto dei parametri previsti per il deficit.
  Ritornando alla spesa relativa al ciclo 2007-2013, resta il fatto che, nonostante gli importanti risultati conseguiti nello scorso anno e mezzo, a sei mesi dalla chiusura del ciclo e a due anni e mezzo dalla scadenza finale per la certificazione delle spese alla Commissione, la spesa certificata, quindi effettuata, ha raggiunto per l'Italia nel suo complesso 19 miliardi di euro, corrispondenti al 40 per cento delle risorse programmate. A sei mesi, dunque, dalla chiusura del ciclo, siamo ad una media del 40 per cento. Questo valore, però, mostra delle differenze interne, è il risultato di valori differenti tra le due macroaree, il centro-nord e il sud, ma differenze sono presenti anche all'interno di queste due macroaree.
  A fronte di un livello di spesa pari al 49 per cento nelle regioni del centro-nord, nell'area della Convergenza delle regioni del sud la spesa si ferma al 36 per cento. Nel complesso – mi permetto di attirare la vostra attenzione su questo dato – le risorse ancora da spendere ammontano quindi a ben 30 miliardi di euro, la maggior parte dei quali nell'area del cosiddetto obiettivo Convergenza nel Mezzogiorno, in particolare in Campania, Sicilia e Calabria.
  Dal momento del mio insediamento ho dunque avviato una ricognizione dettagliata dei programmi, in modo da stimare la quota di risorse che, senza un ulteriore riprogrammazione, rischia di essere perduta. Ritengo, infatti, che in una situazione di crisi sociale ed economica estremamente seria quale quella che stiamo vivendo e che colpisce in modo ancor più grave le regioni del sud, non possiamo assolutamente permetterci di perdere queste risorse. Ogni singolo euro – lo dico senza retorica – deve essere speso con il massimo risultato.
  Le stime che stiamo facendo, e che sono in via di completamento, permettono di distinguere tre tipi di situazioni relativamente ai fondi: l'area di programmi che stanno procedendo, quindi dentro quella quota del 60 per cento o dei 30 miliardi di euro, e che richiedono solo un attento monitoraggio per poter intervenire nel caso si manifestassero problemi; un'area intermedia, che presenta criticità affrontabili rafforzando gli strumenti di assistenza e accompagnamento offerti alle amministrazioni responsabili dei fondi, come le task force introdotte dal mio predecessore; una terza area, veramente critica, dei programmi ad alto rischio, sulla quale, a mio avviso, occorre intervenire immediatamente con un processo di riprogrammazione delle risorse. L'area ad alto rischio riguarda alcuni programmi nazionali e programmi regionali dell'obiettivo Convergenza, in particolare il programma operativo nazionale (PON) «Reti e mobilità» e i programmi operativi (POR) di Campania, Calabria e Sicilia.
  Secondo una prima stima effettuata dai miei uffici, il rischio complessivo per i programmi dell'area Convergenza afferenti al Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) è di almeno 3,6 miliardi di euro e riguarda il POR Campania, Sicilia e Calabria e i PON «Reti e mobilità», «Energie rinnovabili», «Attrattori culturali» e «Sicurezza»; le risorse a rischio per i programmi afferenti al Fondo sociale europeo (FSE) ammontano a circa 0,5 miliardi di euro.
  Si tratta di una quantificazione che dovrà essere precisata – capirete come sia estremamente complesso effettuare questa stima – sui singoli programmi, anche attraverso ispezioni in loco. È quindi possibile che le risorse a forte rischio crescano ulteriormente rispetto alle cifre che vi ho appena fornito relativamente al FESR e al Fondo sociale europeo.
  L'indispensabile azione di riprogrammazione delle risorse a rischio dovrà, a mio avviso, essere rivolta a concentrare i fondi disponibili su poche misure con effetto anticiclico, per quanto possibile già sperimentate e caratterizzate da alcuni criteri che elenco schematicamente: capacità di un rapido avvio; alto tiraggio; bassa intermediazione burocratica. Le misure saranno costruite in modo da rispondere Pag. 6al crescente peggioramento dell'occupazione giovanile e al progressivo impoverimento delle famiglie, soprattutto nel sud.
  Non vi sarà sfuggito l'ultimo rapporto ISTAT che presentava i dati sull'incremento della povertà intesa come grave disagio materiale. Per tutto il Paese, ma in particolare per il Mezzogiorno, questi dati segnalano una situazione preoccupante per l'entità complessiva delle famiglie coinvolte – i residenti con gravi problemi di povertà materiale sono circa il 24 per cento, quindi un quarto dei residenti nel Mezzogiorno – ma è altresì molto significativo l'aggravarsi del fenomeno negli ultimi tre anni sia nel sud sia nel centro-nord.
  Per altro verso, accanto all'occupazione giovanile e alla povertà estrema, le risorse dovranno essere rivolte a sostenere il sistema delle imprese e a promuovere investimenti in grado di stimolare immediatamente le economie locali. Tenuto conto dell'esigenza di conciliare la tempestività di avvio della nuova manovra di riprogrammazione con la necessità di completare gli approfondimenti necessari e di concordare modalità e contenuti con le amministrazioni centrali referenti dei programmi e con le regioni interessate, credo risulti opportuno articolare la riprogrammazione in due fasi.
  Un intervento ulteriore potrà essere realizzato successivamente e riguarderà le misure del Piano Azione Coesione, cioè del tentativo effettuato per 10 miliardi di euro di porre in una situazione di relativa salvaguardia le risorse, che in qualche caso presentano anch'esse problemi di attuazione. Come vedete, questo continuo ripetersi di riprogrammazioni è certamente un segnale che qualcosa non funziona in questi nostri meccanismi, che quindi dobbiamo ripensare bene. Ci tornerò tra un momento parlando del nuovo ciclo.
  Non anticipo che qualche elemento su questa prima fase che dovrebbe prendere corpo in questi giorni anche in relazione al provvedimento che sta preparando il Presidente del Consiglio e il Governo sullo sviluppo e l'occupazione. L'intervento della prima fase sarà prioritariamente concentrato su un insieme di misure composto da strumenti diretti a promuovere l'occupazione giovanile e a contrastare la situazione di povertà estrema.
  La prima fase riguarderà solo programmi nazionali e sarà basata sulla riduzione ulteriore del cofinanziamento nazionale, da modulare caso per caso in relazione alle effettive possibilità e necessità, tenendo a tal fine conto non solo dei livelli di rischio ma anche delle opportunità di utilizzare le risorse che si rendono così disponibili per iniziative non cofinanziabili da programmi operativi.
  Questo significa che abbiamo delle misure, come ad esempio quelle alle quali facevo riferimento per contrastare il rischio di povertà estrema, che in questo momento possono essere finanziate, dati i meccanismi di funzionamento dei fondi, solo col cofinanziamento nazionale. Questo è uno dei due motivi per cui facciamo ricorso a questo strumento in questo momento.
  I programmi nazionali della Convergenza che possono essere interessati da questa riduzione del cofinanziamento nazionale sono il PON «Reti e mobilità», per circa 700 milioni di euro, il PON «Sicurezza», per 206 milioni, il programma Energia, che è un programma interregionale, per 32 milioni di euro. A questi si aggiungono ulteriori risorse del PON «Ricerca e competitività», che verrebbero riallocate sulla misura di sostegno alle imprese attraverso il rifinanziamento della legge n. 185 del 1990 sulla imprenditorialità giovanile e l'autoimpiego. In totale si tratta quindi, per questa prima manovra che dovrebbe prendere corpo nei prossimi giorni, di circa un miliardo di euro.
  Tra le misure allo studio dei miei uffici segnalo la riduzione del cuneo fiscale per le nuove assunzioni di giovani. In questo miliardo di euro vogliamo cioè porre un primo obiettivo, per circa 500 milioni, che riguarda la riduzione del cuneo fiscale per assunzioni di giovani, ipotizzando una copertura totale degli oneri a carico del datore di lavoro per due anni. Ci sarà poi il mio impegno di carattere politico-programmatico Pag. 7per il mondo dell'imprenditorialità. Confermeremo, infatti, il proseguimento di queste misure anche per il prossimo ciclo, in modo da garantire una maggiore certezza a chi investe sulla possibilità di avvalersi di questi benefici.
  Prevediamo, inoltre, il finanziamento degli incentivi all'autoimprenditorialità e all'autoimpiego, di cui alla legge n. 185 di cui parlavo in precedenza, ed abbiamo altresì messo a punto dei progetti per servizi organizzati da cooperative di giovani nel campo dei beni culturali, dell'energia, dell'ambiente e anche dei servizi alla persona.
  Sempre in tema di promozione dell'occupazione stiamo lavorando a una misura che finanzi borse di tirocinio per i giovani che non studiano e non lavorano, i cosiddetti NEET, misura che potrebbe essere estesa anche a diplomati, laureati e dottori di ricerca.
  Con riguardo alla lotta alla povertà, alla quale facevo prima riferimento, segnalo l'ipotesi di estendere ai comuni del Mezzogiorno un intervento, in corso di sperimentazione in dodici città con popolazione superiore a 250.000 abitanti. Vogliamo quindi estendere questa sperimentazione, che era già partita, a tutti i comuni.
  Questo intervento è diretto a famiglie ad alto rischio di esclusione, indicato da ISEE, ossia il meccanismo di stima del reddito, non superiore a 3.000 euro, presenza di minori, disoccupazione o occupazione precaria e irregolare. Questa misura si compone di un trasferimento monetario, o sussidio, condizionato dall'accettazione di percorsi di assistenza all'integrazione sociale, scolastica e lavorativa dei componenti della famiglia. Queste sono le misure del primo blocco, al quale stiamo lavorando proprio in queste ore e che dovrebbe prendere corpo attraverso il decreto-legge che il Governo sta mettendo a punto.
  L'intervento della seconda fase di programmazione riguarderà, invece, i POR Campania, Sicilia e Calabria e sarà incentrato sul sostegno al sistema delle imprese e sulla promozione di investimenti maggiormente in grado di stimolare in breve tempo le economie locali. Tra le misure allo studio segnalo il finanziamento di progetti immediatamente cantierabili da concludersi entro il dicembre 2015 che sono stati già presentati dai comuni all'interno del cosiddetto «Piano città» promosso a suo tempo dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
  Questo intervento è stato promosso nella seconda metà del 2012 ed è rimasto privo di copertura finanziaria. Segnalo inoltre il finanziamento per completare opere pubbliche già avviate e sospese per mancanza di fondi, previa attenta selezione degli interventi più strategici. Come vedete, sia il Piano città, o una sua parte, sia i cosiddetti completamenti di infrastrutture, costituiscono una linea importante per restituire stimolo alle economie locali in particolare.
  È, altresì, previsto il finanziamento di interventi di efficientamento energetico degli edifici pubblici, scuole, ospedali, carceri e altri edifici, così come il rifinanziamento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese e la ricapitalizzazione dei Confidi per rafforzare la capacità di accesso al credito delle piccole e medie imprese. Infine, è anche prevista una misura di promozione di reti tra imprese, università e centri di ricerca.
  Concludere rapidamente con misure efficaci il ciclo 2007-2013 è fondamentale anche per il buon avvio del nuovo ciclo di programmazione 2014-2020, che costituisce il più grande impegno programmatico sotto la mia responsabilità di Ministro per la coesione territoriale.
  Con riferimento a questo tema vi rinvio, per un resoconto dettagliato delle attività che sono state finora condotte, a un allegato che depositerò alla fine della mia audizione per i membri delle Commissioni. Mi limito a ribadire che il mio impegno e la mia azione saranno diretti a cercare di evitare, per quanto possibile, gli errori del passato. A questo fine è necessario che il Paese parta con il piede giusto per il nuovo ciclo. Questo significa anzitutto porsi rapidamente il tema del governo complessivo del nuovo ciclo, un Pag. 8tema – questo della governance – che richiede grande attenzione, perché scelte nuove e coraggiose sono decisive per fare dell'uso dei fondi uno strumento di intervento efficiente ed efficace, cosa che purtroppo negli ultimi cicli non sempre si può dire sia accaduta.
  Bisogna, allora, puntare a porre rimedio a quelle debolezze progettuali, organizzative e amministrative che sono il tratto ricorrente negativo dei cicli di programmazione precedenti e, purtroppo, anche di quello che quest'anno si avvia alla chiusura. Questo vuol dire, a mio avviso, avviare innanzitutto una rapida e qualificata valutazione non solo dei problemi di spesa che incontrano questi cicli, in particolare l'ultimo, ma anche della qualità dei risultati che sono stati raggiunti laddove la spesa ha avuto luogo.
  Credo che su questa base si potrà meglio fondare il necessario e profondo – insisto, profondo – cambiamento per il nuovo ciclo. A questo proposito ricordo che la Commissione europea, nelle recenti raccomandazioni adottate nel quadro del semestre europeo, intese ad adottare misure strutturali per migliorare la gestione dei fondi comunitari, ha previsto la necessità di interventi di riforma molto consistenti. Tale convincimento è reso ancora più esplicito nella lettera che il Commissario europeo per la politica regionale Johannes Hahn mi ha inviato lo scorso 30 maggio dopo la sua visita a Roma. In questa lettera, Hahn fa riferimento alla necessità di rafforzare il presidio nazionale, il ruolo del Governo nazionale, e di accrescere la concentrazione delle risorse su pochi, rilevanti obiettivi ritenuti prioritari.
  Per restituire efficienza ed efficacia all'utilizzo dei fondi strutturali, condivido anzitutto la necessità di rafforzare la responsabilità del Governo anche attivando appositi strumenti, come un'agenzia con compiti di intervento attivo nella progettazione e nella gestione di procedure a supporto dei compiti regionali e del partenariato. Quest'agenzia dovrebbe affiancare il Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica.
  Ritengo anche indispensabile potenziare la capacità tecnica e amministrativa delle regioni e delle amministrazioni centrali in vari modi, anzitutto esigendo impegni chiari ed espliciti, obiettivi definiti e tempi certi di realizzazione; in secondo luogo, verificando l'esistenza di quelle che la Commissione europea chiama condizionalità ex ante, ossia l'esistenza di requisiti minimi di carattere amministrativo, organizzativo e gestionale, per candidarsi alla gestione di programmi; infine, correlando il perseguimento degli obiettivi ad un insieme di incentivi e di sanzioni, compresa l'attivazione di eventuali poteri sostitutivi.
  Ancora, vorrei ribadire quanto sia essenziale, come ho già accennato, concentrare i programmi su un numero molto più limitato di priorità. È evidente che in una situazione di fragilità organizzativa e amministrativa, quale quella del nostro Paese a livello centrale e regionale, la concentrazione delle risorse su pochi obiettivi ben definiti rende più agevole il contrasto degli effetti perversi derivanti da eventuali negoziazioni politiche e più semplice il rafforzamento della capacità amministrativa e il monitoraggio dell'attuazione dei programmi. In altre parole, è meglio fare poche cose ma farle meglio.
  Ritengo, altresì, essenziale l'ampliamento dell'informazione della trasparenza relativa al processo di decisione e attuazione nel suo complesso delle politiche per i fondi regionali, per esempio estendendo esperienze come quelle del sito OpenCoesione, primo portale sull'attuazione degli investimenti programmati da regioni e amministrazioni centrali dello Stato, che è stato introdotto nei mesi scorsi per impulso del Ministro Barca.
  Una più accurata e accessibile informazione è condizione per il controllo da parte dei cittadini e delle amministrazioni sulle scelte, e quindi può rappresentare uno stimolo importante e un importante contributo all'efficienza e all'efficacia delle politiche, specie in contesti come quelli meridionali.
  Come già accennato, accanto ai fondi comunitari il Ministro per la coesione territoriale dispone della leva finanziaria Pag. 9offerta dal Fondo di sviluppo e coesione, ex Fondo per le aree sottoutilizzate o FAS. Rimando all'allegato E che, come dicevo, depositerò per un dettaglio dell'utilizzo di questo Fondo. Terrei tuttavia a ribadire, in questa sede, che è mio preciso intendimento impegnarmi per evitare le disfunzioni determinatesi con l'uso contingente e occasionale negli anni scorsi delle risorse del Fondo e per contribuire a creare le condizioni per un uso di queste risorse il più possibile efficace ed integrato con i fondi europei.
  Ritengo, in generale, che l'integrazione tra il livello europeo e il livello nazionale della politica per la coesione sia una condizione assolutamente necessaria per assicurare efficacia agli interventi per lo sviluppo dei territori.
  Le attività del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica che rientrano, come sapete, nella responsabilità della mia delega sono il braccio operativo dello strumento attraverso il quale garantire la coerenza della programmazione dei fondi europei e del Fondo di sviluppo e coesione con la più generale programmazione delle infrastrutture strategiche; quindi bisogna presidiare e lavorare molto all'integrazione tra queste risorse.
  Tra le responsabilità che mi sono state affidate vi è il coordinamento del processo di ricostruzione e rivitalizzazione economica de L'Aquila e dei 57 paesi colpiti dal terremoto del 2009. Anche in questo caso, rinvio a un documento molto dettagliato che ricostruisce la storia dell'intervento pubblico e che depositerò.
  Mi limito a osservare che per una ricostruzione rapida la garanzia di un flusso costante e certo di risorse non è l'unico aspetto di cui tenere conto, anche se è certamente importante. Ugualmente è essenziale effettuare scelte coordinate e integrate e ho potuto apprezzare questa condizione nella mia recente visita a L'Aquila della scorsa settimana.
  Se L'Aquila, come è stato detto, ha buone prospettive di sviluppo futuro come città della scienza, della ricerca e dell'università, della cultura, occorre anche porsi seriamente nella prospettiva di integrare gli obiettivi dello sviluppo economico con il modo in cui ricostruiamo il centro della città. Se questi due problemi restano separati e procediamo alla ricostruzione senza integrare questa con le scelte di sviluppo, rischiamo di danneggiare entrambi gli obiettivi.
  A mio avviso – lo dico molto francamente – non tutto deve essere ricostruito com'era e dov'era. Penso che questo sarebbe un errore. Bisogna certamente tutelare tutto ciò che fa parte di un importante patrimonio storico, artistico e ambientale, ma non tutto l'edificato nel comune de L'Aquila e anche nei comuni minori appartiene a questa categoria. Ci deve essere uno sforzo condiviso in modo integrato per individuare su quali settori si vuole crescere e per funzionalizzare le scelte di ricostruzione a questo obiettivo.
  Vorrei concludere questo mio intervento con un'osservazione che mi sta particolarmente a cuore anche per la mia precedente esperienza professionale. Il Ministro per la coesione territoriale non può essere solo il ministro dei fondi europei. Deve occuparsi, anche con gli altri mezzi previsti dalla Costituzione, del più grande e irrisolto problema di coesione territoriale che grava sullo sviluppo di tutto il Paese, ossia il problema del Mezzogiorno.
  Se assumiamo il metro di cui ho parlato in premessa, il metro cioè della coesione non come assistenza ma come sviluppo, impegnarsi sul Mezzogiorno non è un segnale di cedimento a istanze particolaristiche, corporative o assistenzialiste, ma significa affrontare un nodo cruciale di tutto il Paese da cui dipendono quindi anche le sorti future delle regioni e dei gruppi sociali più abbienti, come ha ben ricordato nel suo discorso al Parlamento il Presidente Letta.
  Naturalmente il Ministro per la coesione territoriale non ha tutte le competenze e le risorse necessarie per affrontare efficacemente la questione dello sviluppo del Mezzogiorno, ma può svolgere, come io cercherò di fare, un'azione di stimolo e di Pag. 10coordinamento con gli altri ministeri in stretta intesa con il Presidente del Consiglio, che condivide quest'obiettivo.
  In che direzione ci si può muovere ? Anzitutto, nel sostenere e stimolare la messa a punto di una visione e di una strategia complessiva e coordinata del Governo. Come voi sapete, da lungo tempo il tema del Mezzogiorno è stato posto sotto il tappeto perché troppo difficile e complesso e perché si ritiene che la sua soluzione abbia tempi troppo lunghi rispetto a quelli, che si accorciano sempre di più, della politica.
  Nel frattempo si è assistito a un progressivo scivolamento della solidarietà verso l'assistenzialismo invece che verso lo sviluppo; uno scivolamento che ha fatto spesso delle politiche nazionali e locali una parte consistente del problema invece che della sua soluzione, generando numerosi effetti perversi.
  Ne sono derivati ostacoli allo sviluppo solido di attività di mercato e cattiva qualità dei servizi essenziali offerti ai cittadini meridionali, nonostante il costo di questi servizi sia in genere più elevato. Questo non è più tollerabile. I servizi – si pensi, per esempio, alla sanità, alla formazione, agli enti locali e regionali – sono stati spesso piegati a funzioni improprie come quelle di assicurare reddito e occupazione indipendentemente dalla funzionalità dei servizi e dalla qualità delle prestazioni offerte.
  Proprio da quest'ultimo aspetto, a mio avviso, si potrebbe partire, cioè dalla necessità di migliorare l'efficienza, ma anche la qualità di servizi fondamentali per i cittadini, come la sanità, l'assistenza, l'istruzione e la formazione. In questa direzione sarebbe auspicabile un maggior presidio nazionale, una più attiva responsabilità del Governo nazionale per fare in modo che i necessari trasferimenti a regioni ed enti locali che non hanno capacità fiscale adeguata, specie i trasferimenti volti a garantire servizi essenziali come previsto dalla Costituzione, siano usati al meglio.
  In tal senso, d'intesa con il Presidente del Consiglio intendo proporre la costituzione di un gruppo di lavoro al quale partecipino i principali ministeri interessati, che esamini il funzionamento dei principali servizi e fissi costi di riferimento e indicatori di qualità delle prestazioni da tradursi in incentivi e sanzioni ed eventuali poteri sostitutivi per gli amministratori locali e regionali.
  La più elevata qualità dei servizi offerti ai cittadini del sud ma anche del nord e la loro maggiore efficienza sarebbero fattori di grande rilievo per migliorare l'ambiente sociale e culturale in cui operano le imprese, permettendo di contrastare rapporti di tipo clientelare e politiche assistenziali e anche di combattere la piaga della corruzione e della criminalità. In definitiva, aiuterebbero sensibilmente a elevare le capacità di governo del territorio da parte delle classi dirigenti locali e quindi favorirebbero la crescita di solide attività di mercato.
  Le forze locali, che oggi sono pronte anche nel Mezzogiorno a questa sfida, non sono poche. Sta alla nostra responsabilità come Governo nazionale sostenerle adeguatamente e aiutarle ad assumere un ruolo più importante come classi dirigenti future.
  Se dunque non si interviene sui fattori istituzionali, anche lo sforzo di sostenere l'economia con le risorse dei fondi europei o anche di quelli nazionali rischia di restare – permettetemi di dirlo – una sorta di sforzo di Sisifo. Si cerca infatti continuamente di compensare con interventi a sostegno delle imprese o dell'occupazione un contesto istituzionale che scoraggia sistematicamente le attività di mercato.
  Rompere questo circolo vizioso, rimuovere gli ostacoli di natura socioculturale e politica che bloccano lo sviluppo autonomo del sud più ancora che i vincoli economici non è facile. Per affrontare con determinazione il problema occorrerebbe, come ho detto, una strategia, una visione condivisa dalle principali forze politiche e culturali e, soprattutto, uno sguardo lungo e un'azione coerente nel tempo.
  Si tratta di condizioni che in questa fase di vita del Paese, come tutti sappiamo, Pag. 11non sono facili da determinare. Posso però dire, in conclusione, che il mio impegno personale e quello del nuovo Governo, giustamente definito dal suo Presidente come Governo di servizio, sarà di sfruttare le eccezionali condizioni politiche in cui il Governo si muove come risorsa per avviare risposte innovative ed efficaci al più grande problema di coesione territoriale dell'Italia anche, se necessario, con scelte non facili. E questo non solo nell'interesse del Mezzogiorno ma di tutto il Paese. Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il Ministro Trigilia. Sono tanti i temi toccati dal Ministro, dallo stato di attuazione dei fondi strutturali 2007-2013, al negoziato 2014-2020, passando per lo stato di attuazione delle risorse de L'Aquila.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIAMPAOLO GALLI. Ringrazio il Ministro per quest'utilissima relazione su un tema che, evidentemente, è fondamentale per la quantità delle risorse stanziate e per la qualità delle stesse, considerato che sono destinate alle aree più deboli del Paese.
  Concordo largamente con quanto lei ha illustrato, ma vorrei qualche chiarimento su alcune questioni cruciali. A proposito della cifra, da lei indicata, di 30 miliardi di euro, relativa a risorse non utilizzate per le aree di coesione, ancora non spese e che dovrebbero essere spese entro il 2013 e certificate entro il 2015, il quadro di riferimento è quello degli anni 2007-2013.
  Trattandosi di una somma enorme, le chiedo una valutazione sulla misura in cui queste risorse non vengono spese per incapacità amministrativa e su quella per cui, invece, non vengono spese a causa dei limiti di bilancio relativamente alla parte che riguarda il cofinanziamento: in che misura, pertanto, una eventuale decisione dell'Unione europea di escludere il cofinanziamento dai noti vincoli europei potrebbe aiutare a sbloccare risorse ? Le chiedo ciò anche alla luce del fatto che, storicamente, sulla questione abbiamo assistito al verificarsi di conflitti negativi di competenza tra Stato centrale e regioni.
  Non si può inoltre che concordare, almeno io concordo, con l'orientamento sovente manifestato dal Commissario europeo Hahn e da lei stesso richiamato: quello di concentrare le risorse sugli obiettivi strategici. Le chiedo quindi una valutazione, anche alla luce delle questioni da lei illustrate, su quanto siamo lontani in questo momento dal conseguire quell'obiettivo. Mi sembra che ci stiamo dando e ci siamo dati in questi anni tantissimi obiettivi: è possibile farlo ?
  Un'altra questione strettamente legata a questa è che quando si parla di concentrare gli sforzi su pochi obiettivi strategici, spesso si intende dire anche accentrare. Alcuni Paesi utilizzano queste risorse in maniera decentrata, conferendole agli enti locali, alle regioni e via dicendo, altri invece effettuano una programmazione dal centro.
  L'accenno che lei ha fatto alla costituzione di un'agenzia – sulla quale poi ragioneremo – sembra suggerire l'approccio accentrato, cui spesso si è ricorso quando l'approccio decentrato non funzionava più.

  ROCCO PALESE. Ringrazio il Ministro e i Presidenti delle due Commissioni per aver assunto quest'iniziativa, fondamentale alla luce di quanto abbiamo ascoltato nel corso di questa relazione dettagliatissima.
  Chiaramente su alcuni punti, signor Ministro, appare necessario disporre di ulteriori elementi informativi, con particolare riferimento al FAS, a l'Aquila, agli altri 57 comuni e alla programmazione 2014-2020.
  Noi abbiamo l'emergenza, come sottolineato dal Ministro in maniera puntuale, di pervenire ad un utilizzo completo delle risorse afferenti al ciclo 2007-2013, cui si affianca la necessità di realizzare impegni giuridicamente vincolanti entro il 31 dicembre 2013 per oltre 30 miliardi di euro. Quest'emergenza è riferita ad una serie di numerose situazioni, di cui cito, sola per Pag. 12tutte, la chiusura definitiva del ciclo 2000-2006 tra regioni, Stato centrale ed Europa.
  Non esiste cioè solo il problema delle regioni rientranti nell’«obiettivo 1», del Mezzogiorno, della cultura e quant'altro, dal momento che – ed in questo sono d'accordo col Ministro – il Paese cresce solo se lo fa insieme, in un contesto di solidarietà e di prospettiva, al di là delle differenziazioni, ma senza indulgere ad alcuna forma di assistenzialismo. Quello scivolamento, infatti, c’è stato, ma vi sono anche fattori esterni nella realizzazione della spesa e nell'utilizzazione dei fondi comunitari che determinano anche una cattiva qualità dei servizi.
  Le risorse comunitarie che sono state impegnate per far crescere il livello di sviluppo delle regioni «obiettivo 1», ma anche delle aree sottoutilizzate di altre zone del Paese, sono state enormi, ma i risultati non sono certamente proporzionati al grande impegno di risorse finanziarie che è stato profuso nel corso degli anni. Le ragioni sono tante, come l'utilizzo indiscriminato dei cosiddetti progetti sponda e, successivamente, dei progetti coerenti, che hanno determinato la disponibilità di risorse gestite con grande autonomia da parte delle regioni e sperperate da più parti.
  Questo ci riconduce sicuramente all'idea molto forte, prospettata dal Ministro, di concentrare le risorse su misure ben individuate, senza grandi frammentazioni, come invece nel passato è avvenuto con un comportamento anche schizofrenico. Poche sono state le misure relative al ciclo 2007-2013, mentre nel ciclo precedente abbiamo avuto il carro delle «cento idee» di Catania ed un'enorme frammentazione di misure. Dovremmo quindi cercare di individuare quale sia il percorso migliore per assicurare effettivamente maggiore efficienza alle procedure di spesa, anche in termini di qualità, indirizzandolo soprattutto a favore degli investimenti.
  Certo l'emergenza pone problemi seri, soprattutto per quello che riguarda il patto di stabilità ed il problema della nettizzazione. Se gli impegni, infatti, devono essere giuridicamente vincolanti, è chiaro che l'ostacolo deve trovare una soluzione a livello europeo, così come indicato dal Presidente del Consiglio e dalle mozioni approvate dal Parlamento. Su questo punto è stato svolto un grande lavoro.
  Si tratta di risorse fondamentali, tanto più nel contesto di scarsità delle risorse pubbliche. È fin troppo evidente che, anche rispetto al grado di crescita non soddisfacente del Mezzogiorno, è accaduto che le risorse straordinarie dei fondi comunitari di fatto negli ultimi dieci anni hanno completamente sostituito quelle ordinarie, che non ci sono più. Anche quelle del FAS, infatti, ammontano in realtà a ben poca cosa.
  Dunque, ora quali iniziative è necessario adottare ? Per quanto attiene alla riprogrammazione lei ha descritto un'area in corso di realizzazione, e quindi ben individuata nel monitoraggio, nel contesto delle regioni. Altri programmi presentano problemi superabili, diversamente che nell'area critica ad alto rischio delle regioni Campania, Calabria e Sicilia per le quali non c’è nessuna speranza. Va detto con estrema chiarezza, senza eludere i termini della questione, che si pone un serio problema, che alcune regioni non riusciranno mai a superare per vari motivi che qui non occorre neanche spiegare.
  Sicuramente, al di là della condivisione totale sul problema del PON «Reti e mobilità», del PON «Sicurezza» e degli altri programmi relativi all'energia, al sociale, alla povertà ed alla disoccupazione, si deve puntare ad un monitoraggio urgente con le regioni, al fine di verificare se nell'ambito del ciclo 2007-2013 siano già state espletate gare ad evidenza pubblica e si disponga di graduatorie pronte ad essere utilizzate, in modo da farle scorrere ed assicurare così investimenti importanti che riguardano comuni, infrastrutture e, comunque, risorse destinate ad investimenti.
  Questa può essere una decisione immediata: richiamare l'attenzione delle regioni sul fatto che è ora di finirla con i balletti e di tirar fuori, se le hanno, le graduatorie in materia di investimenti per Pag. 13poi decidere insieme alle regioni stesse le modalità attraverso cui utilizzare questi strumenti.
  L'altro strumento – che andrebbe in realtà maggiormente approfondito – è legato all'edilizia scolastica, un tema che lei ha trattato. Lei sa bene, come è peraltro noto anche al Ministero dell'economia e delle finanze, che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca si trova ad affrontare grandi problemi rispetto ad una situazione di degrado. Mi riferisco, in particolare, agli edifici che sono stati già dichiarati inagibili, tanto edifici scolastici quanto altri edifici pubblici.
  In questo caso, dal momento che abbiamo problemi d'urgenza rispetto alle procedure delle gare d'appalto, mi chiedo se non possa essere utilizzato lo strumento della somma urgenza per far subito partire gli impegni giuridicamente vincolanti in modo da raggiungere nel 2015 la spesa definitiva.
  Quanto al ciclo 2014-2020, penso che quanto il Ministro ci ha fin qui illustrato debba essere assolutamente preso in serissima considerazione.
  Quanto all'Agenzia, negli anni abbiamo avuto dipartimenti, agenzie, centralizzazione, regioni, un po’ di tutto, ma ci siamo accorti che non ha funzionato. Penso che l'Agenzia possa anche essere utile se inserita in un contesto di riprogrammazione complessiva rispetto alle norme. Lei ha parlato di interventi sostitutivi. Immagino una task force che possa riunire conferenze di servizi, in luogo del sistema che prevede il rilascio di numerosi nulla osta sulle opere pubbliche importanti, in modo da determinare il superamento dell'attuale situazione di pluralità dei centri decisionali, che rappresenta poi uno dei grandi problemi all'origine dell'allungamento dei tempi.
  Se l'Agenzia viene inserita in tale contesto, non c’è dubbio che possa essere assolutamente utile in relazione a molti profili, consentendo di evitare alcuni errori sicuramente commessi in passato nell'utilizzazione dei fondi comunitari.
  Per il resto, Ministro, le auguriamo buon lavoro con l'auspicio che esso possa veramente realizzarsi. Del ciclo 2014-2020, infatti, ancora non sono sicuro. Mi sembra che il bilancio europeo non sia stato ancora definitivamente approvato, per cui non conosciamo la quota né il quadro comunitario di sostegno delle politiche di coesione e di convergenza tra l'Europa e gli Stati membri ed il quadro comunitario di sostegno nazionale, che consente ritardi. Quando si parla del ciclo 2007-2013, occorre infatti sapere che talvolta le regioni partono con due anni di ritardo sul versante dell'attuazione. Si tratta di problemi che devono dunque essere affrontati con riferimento al periodo 2014-2020, con la speranza che interverranno le correzioni dovute.

  PRESIDENTE. Invito i colleghi a svolgere i propri interventi entro i tempi concordati, in modo da consentire al Ministro di replicare puntualmente e di concludere i nostri lavori per le ore 16.

  PAOLA PINNA. Ringrazio il Ministro per la relazione esauriente e chiara. Vista la rilevanza dei temi affrontati, vorrei fare alcune considerazioni.
  Anzitutto, ancora troppe amministrazioni non sembrano capaci di partecipare a bandi o presentare progetti in grado di ottenere linee di finanziamento da parte dell'Unione europea. Esistono perfino enti che non utilizzano i fondi perché, banalmente, non ne conoscono l'esistenza. Come evidenziano i dati, la situazione è riscontrabile soprattutto in alcune realtà del Mezzogiorno. Riteniamo, pertanto, necessario un ampliamento dell'informazione, ma anche una maggiore trasparenza relativamente alle fasi dei processi decisionale e attuativo.
  In particolare, gli enti coinvolti segnalano delle criticità relativamente ad aspetti burocratici dell'accesso al credito, del sistema di regole e procedure nonché degli obiettivi da raggiungere. Riguardo alla burocrazia, in tutte le fasi e a tutti i livelli di amministrazione, questa rallenta l’iter e scoraggia quanti vorrebbero usufruire Pag. 14delle opportunità offerte. Si richiede, quindi, uno snellimento delle procedure, magari anche attraverso forme di autocertificazione nei casi di contributi di modesta entità.
  Per quanto riguarda l'ottenimento di prestiti per la copertura della quota di spesa a carico del beneficiario nonché a titolo di anticipazioni del contributo europeo, tali difficoltà scoraggiano molti soggetti interessati che potrebbero partecipare ai bandi e talvolta persino i vincitori si trovano costretti a rinunciare ai finanziamenti. Sarebbe, quindi, opportuno promuovere delle soluzioni per favorire l'accesso al credito, con particolare riferimento alle donne e ai giovani, che risultano essere le categorie più penalizzate.
  Proseguendo con l'analisi delle problematiche, rileviamo anche una difficoltà oggettiva data dalla mancanza di un sistema omogeneo di regole e di procedure certe, che sia concordato e chiaro dall'inizio del periodo di programmazione e non in corso d'opera.
  Devono essere definiti in modo puntuale gli obiettivi contenuti e i tempi di realizzazione dei programmi, esplicitando sin dal principio quali siano i risultati attesi e i mezzi mediante i quali ottenerli, senza che ci si concentri unicamente sulla spesa e sul fattore economico. Come abbiamo infatti modo di osservare, soprattutto a livello di amministrazioni locali, la quantità e la qualità non necessariamente vanno di pari passo, la quantità di fondi non essendo spesso indice di efficacia in termini di attuazione della politica di coesione.
  Abbiamo in Italia tanti esempi di cattedrali nel deserto, opere edificate con finanziamenti europei che rimangono inutilizzate per mancanza di risorse per la gestione. È urgente, dunque, estirpare la cultura del «tanto sono soldi europei e se non li usiamo li perdiamo», espressioni che denotano una percezione distorta delle finalità e dell'origine dei fondi. Si ha, infatti, difficoltà a collocare l'opera all'interno di un sistema integrato di relazioni economiche e sociali funzionali allo sviluppo coordinato del territorio.
  Non si ha, inoltre, la consapevolezza che il contributo europeo rappresenta solo una quota del finanziamento, che va integrato con risorse proprie dell'ente che realizza l'opera, né del fatto che tali fondi sono alimentati con imposte versate da tutti i cittadini europei.
  Da tali considerazioni deriva quindi la necessità di una più chiara comunicazione delle finalità delle politiche di coesione, del rafforzamento del senso di cittadinanza europea e della responsabilità di ogni individuo e di tutte le istituzioni nell'utilizzo delle risorse.
  Per concludere, vorrei evidenziare che al 30 aprile 2013 solo la provincia autonoma di Trento è stata in grado di impiegare il 100 per cento della dotazione a sua disposizione. Le domandiamo se abbia in programma delle iniziative per permettere alle regioni di raggiungere simili livelli di eccellenza tenendo conto delle peculiarità di ciascun territorio.
  Molte realtà regionali, infatti, presentano criticità specifiche che, a nostro avviso, vanno valutate e prese in considerazione. Auspichiamo, quindi, che sia attuata la semplificazione, come suggerito dalla Commissione europea, mediante l'applicazione di nuove metodologie di sistema, la promozione delle buone pratiche, l'apprendimento dagli altri Stati membri più virtuosi e una migliore formazione del personale.

  GEA SCHIRÒ PLANETA. L'intervento della collega Pinna mi ha fatto venire in mente adesso una questione che avevo escluso dal mio intervento. In Italia siamo sottoposti a una quintupla burocrazia. Qualsiasi imprenditore voglia lavorare, chiunque voglia fare qualcosa attraverso dei fondi europei, con l'Unione europea o già solo sulla base di permessi più complicati, è sottoposto a una quintupla burocrazia, faticosa e costosa.
  Questo non è il cuore del mio intervento, ma un suggerimento, un'ipotesi: si potrebbero immaginare delle forme di semplificazione che permettano un'autorizzazione a monte per renderci conformi al resto dell'Europa e una a valle che ci Pag. 15renda conformi al territorio, scavalcando tutte le altre quattro fasi ? Questo arricchirebbe tante persone e farebbe risparmiare tempo.
  Non ho sentito invece parlare, nella sua esposizione, di scuola o formazione, probabilmente perché lei aveva già indicato all'inizio nella sua premessa i tre pilastri, che lei conosce avendoli concepiti ma che ricordo brevemente ai colleghi: l'immediato avvio, il basso tiraggio e i pochi adempimenti burocratici.
  Probabilmente, la scuola, o meglio la formazione, richiederebbe una più ampia strutturazione e ristrutturazione sostanziale che esula particolarmente dal suo campo, ma mi viene in mente, proprio citando la regione del Trentino-Alto Adige, il modello dell'apprendistato tedesco, che ha fatto passare dal 29 al 9 per cento la disoccupazione giovanile facendo coincidere il momento del lavoro con gli ultimi tre anni di studio.
  In Italia, l'hanno applicato soltanto nella regione Trentino-Alto Adige con grande successo. Tenuto conto che la scuola non può essere soltanto scuola tecnica di apprendistato, esiste comunque, probabilmente, una sorta di rigidità anche rispetto alle materie umanistiche e quindi dovremmo riconcepire un po’ l'idea di una scuola europea e coesa.
  L'ultimo punto che davvero mi colpisce, poiché ci richiama al ruolo che siamo venuti qui a ricoprire, è il problema del Mezzogiorno. Mi piacerebbe poter raccomandare, se fosse possibile, l'applicazione di forme di censura, politica o all'interno degli uffici, verso tutti quegli interventi di noi deputati – siamo noi, alla fine, il peccato originale di quanto accade nei territori di appartenenza, avendo o meno consentito l'arrivo di risorse o, ancora peggio, avendo consentito, quali garanti anche dei nostri sostenitori o rappresentanti sul territorio, che ciò avvenisse – che si risolvono in progetti di legge troppo microsettoriali e che rasentano, quindi, l'interesse privato o territoriale, esulando dalla visione complessiva di una regione e di un Governo.

  STEFANO BORGHESI. Vorrei porre l'accento e l'attenzione anche su quanto sta accadendo nella parte più sviluppata del nostro Paese in quanto questa crisi sta colpendo duramente anche il nostro più avanzato sistema produttivo, che si trova soprattutto al nord.
  Non voglio dilungarmi sugli effetti di questa crisi, che concretamente hanno determinato un enorme numero di imprese costrette a chiudere, di fatto aumentando il tasso di disoccupazione a livelli mai visti al nord, con conseguenze direi pesanti sul calo dei consumi, della domanda interna, della fiducia delle nostre imprese, famiglie, consumatori, nonché sul calo del reddito disponibile. Tutto questo ha prodotto, e sta producendo, un crescente disagio sociale e una perdita di competitività che potrebbe essere molto grave a fronte di una mancanza di interventi che mirino, appunto, a tutelare il nostro sistema.
  Anche alla luce dei dati che il Ministro ci ha illustrato oggi in questa sede, vorremmo chiedere attraverso quali misure poter migliorare l'utilizzo dei fondi, soprattutto per quanto riguarda l'obiettivo Competitività, che riguarda la parte più sviluppata del Paese, e quali misure il Ministro intenda adottare per attuare una tutela e una difesa del nostro sistema economico e produttivo che sta subendo una crisi così pesante.
  Inoltre, ci piacerebbe conoscere un po’ più nel dettaglio, avendo anche un dato regionalizzato, l'utilizzo dei fondi e lo stato di attuazione degli interventi per i diversi obiettivi, riferito però alle diverse realtà regionali. In questo modo, potremmo capire anche come mai alcune regioni – è stato prima citato il Trentino-Alto Adige – hanno registrato uno stato di attuazione molto avanzato rispetto ad altre del sud, dove questo dato è di parecchio inferiore. Potremmo, inoltre, cercare di capire le cause e quelli che possono essere i rimedi al fine di realizzare un miglioramento che dai dati sembra più che mai necessario.

Pag. 16

  CARLO TRIGILIA, Ministro per la coesione territoriale. I dati sono contenuti nell'allegato.

  ANNALISA PANNARALE. Intervengo per porre due sollecitazioni. Ringrazio molto il Ministro senza alcuna formalità per una relazione che ho trovato molto accurata e capace di concentrarsi con particolare attenzione sull'importanza di questi fondi oggi, atteso che, dopo anni di politiche lineari, essi sono davvero ormai l'unica possibilità che molte regioni hanno per poter avviare delle strategie di investimento e di crescita durevole. Ho apprezzato il riferimento al Mezzogiorno come priorità di intervento, che possa finalmente diventare per il Paese, in un contesto nazionale, una possibilità rinnovata di crescita armoniosa e complessiva.
  Quanta attenzione, quanto impegno intendiamo profondere sulla questione della nettizzazione del cofinanziamento delle spese per i fondi europei ? Peraltro, come ricordava in precedenza l'onorevole Palese nel suo intervento, è vero che nella capacità di spesa delle regioni la formazione è spesso assente o comunque non particolarmente curata; è altrettanto vero, però, che spesso il problema del patto di stabilità, la maggior parte delle volte, pone queste regioni nella difficoltà di utilizzare i fondi in maniera piena e compiuta. Io provengo da una regione alla quale più volte la Commissione ha riconosciuto una grande capacità di spesa, la Puglia, ma continuo ormai da tempo a sollecitare con forza che venga affrontato questo punto del patto di stabilità.
  Rispetto all'agenda dei fondi strutturali 2014-2020, sappiamo che non c’è ancora il quadro finanziario che dovrebbe essere predisposto dalla Commissione, così come manca l'accordo tra gli Stati per la ripartizione dei fondi per le regioni obiettivo Convergenza e Competitività e per quelle intermedie, le cosiddette regioni in transizione.
  Chiedo ancora al Ministro quali misure intendiamo intraprendere affinchè alle regioni obiettivo Convergenza sia assicurato almeno lo stesso plafond di fondi della programmazione 2007-2013 e affinché rispetto al nuovo obiettivo delle regioni in transizione siano stanziate risorse ulteriori, evitando così la necessità di dividere ulteriormente quelle possibilità e quelle opportunità per quelle regioni obiettivo Convergenza che già hanno potuto usufruire di una serie di fondi nella programmazione precedente.

  BRUNO CENSORE. Ho ascoltato con attenzione la relazione del Ministro. La trovo interessante ma nel contempo anche allarmante rispetto ai dati che ho sentito illustrare. Per quanto riguarda la differenziazione tra gli impegni e il livello di spesa si registra una dicotomia tra le due aree, ma soprattutto nell'area meridionale i dati sono tragicamente spaventosi, nel senso che la percentuale di spesa è davvero molto bassa.
  A un anno di chiusura della programmazione – siamo già nel 2013 e parliamo di una programmazione che ormai volge quasi al termine – spero che anche quest'azione di riprogrammazione, che ho trovato molto interessante, non faccia la fine delle altre riprogrammazioni, che pure ci sono state rispetto alla spesa comunitaria, che è una spesa aggiuntiva. Parliamo infatti di risorse straordinarie, laddove nel Meridione i bilanci ordinari delle regioni non bastano nemmeno per le quotidianità.
  Tuttavia, a mio avviso l'analisi non si concentra sulle cause per cui nelle regioni meridionali non si riesce a spendere questi fondi. Io credo che, oltre alla debolezza del tessuto economico, sociale e delle imprese, nonché alle difficoltà degli enti territoriali, esista un'incapacità di molte regioni a programmare e a spendere le risorse comunitarie. Allora, non so se sia possibile commissariare alcune regioni. Leggevo poco fa che in un comitato di sorveglianza in una regione meridionale addirittura la Commissione europea ha sospeso molti bandi per incapacità amministrativa, cito testualmente.
  Ci troviamo, inoltre, di fronte a situazioni che stridono rispetto al grido di allarme che arriva dal Mezzogiorno. Per Pag. 17quanto mi è noto, l'importante APQ, l'Accordo di programma quadro, di Gioia Tauro, che mobilita 270 milioni di euro, è stato bloccato dalla Commissione europea. In tale contesto non parlo dello sviluppo di un importante hub portuale, ma dell'ammodernamento della linea ad alta velocità da Reggio Calabria a Salerno, laddove tutti i colleghi sanno che l'alta velocità si ferma a Napoli, per cui parliamo di un'infrastruttura strategica non legata alla sola Calabria ma a tutto il Mezzogiorno.
  Il bando sarebbe stato bloccato perché non ci sarebbero le garanzie da parte pubblica, secondo quanto asserito da Rete ferroviaria italiana, per cui, a mio avviso, taluni problemi vanno affrontati in maniera strategica e settoriale, così come avviene per molte misure alle quali non si attinge a causa di una debolezza da parte degli imprenditori.
  L'altro giorno ho partecipato a una riunione con dei pescatori. Nel Mezzogiorno c’è la crisi di tutto il comparto delle marinerie perché non riescono ad ammodernare le loro attrezzature, a mettere in atto nuove metodologie di pesca per stare in linea con quanto l'Unione europea impone con riferimento ad alcuni divieti. Ciò accade perché le marinerie sono deboli, non hanno capacità di attingere al credito e quindi i bandi restano senza esito. Ad esempio nella mia regione, la Calabria, il fondo per la pesca è di quasi 70 milioni di euro ma la percentuale di spesa è di appena il 6-7 per cento.
  Dobbiamo, allora, capire come intervenire su queste criticità che a queste regioni non hanno permesso una crescita in termini di PIL. Nonostante, infatti, diverse programmazioni ed una spesa a pioggia, la spesa c’è stata solo per quello che è stato possibile dal momento che molti fondi sono poi caduti in disimpegno e quindi non si è realizzata una crescita in termini di qualità della vita, economici e di PIL.
  Il Ministro segnalava come, nell'ambito delle regioni meridionali, esistano situazioni diverse, ma ve ne sono anche di molto più gravi: inviterei quindi il Ministro a verificare – sicuramente ne avrà già contezza – la situazione di alcune regioni dove i target di impegno e di spesa sono spaventosi a un anno dalla conclusione del programma in corso. Non vorrei che queste risorse, con le quali si potrebbero dare delle risposte importanti, cadano in disimpegno o, come ricordava qualche collega, vengano utilizzate per progetti sponda o per opere che non arrivano mai a compimento e non apportano sostanziali cambiamenti a regioni con delle potenzialità che, se aiutate con queste risorse straordinarie, potrebbero risorgere.
  Vedo di buon occhio anche l'Agenzia che lei citava, ma la invito a guardare nello specifico l'Accordo di programma quadro molto importante di Gioia Tauro, che riguarda certamente Gioia Tauro ma anche tutto l'ammodernamento dell'alta velocità da Napoli a Reggio Calabria.

  GIUSEPPE DE MITA. Signor Ministro, credo che la parte più rilevante e, per certi versi, più significativa del suo intervento, anche per le responsabilità che lei ricopre all'interno del Governo, sia quella introduttiva, nella quale ha richiamato i princìpi costituzionali ispiratori dell'Unione europea, che suggeriscono il principio di promozione della giustizia sociale e di rimozione delle diseguaglianze. Credo che questo sia l'aspetto più significativo e l'elemento di novità perché, dopo alcuni mesi, si riprende nella discussione politica la circostanza che tutti gli aspetti della tecnica siano serventi a quest'obiettivo e che la tecnica non fa premio sulla prospettiva di giustizia sociale.
  Reputo che ciò sia stato fatto con precisa consapevolezza perché questa è la discussione che va aperta sul piano sia europeo sia nazionale. Tutte le questioni relative ai vincoli del patto di stabilità, al rapporto deficit/PIL, al rapporto debito/PIL, se non rilette nella loro dimensione storica, perdono di significato. Il rapporto del 3 per cento fu il risultato di una mediazione politica tra Kohl e Mitterrand, non il risultato di un ragionamento della tecnica. Se non si recupera questo, ogni altra valutazione si perde nel linguaggio tecnocratico.Pag. 18
  Credo anche che, per questo principio ispiratore, lei abbia posto come primo punto della sua relazione un aspetto apparentemente marginale, ma richiamato da alcuni colleghi. Se non nettizziamo il cofinanziamento, non ci rendiamo conto delle ragioni per cui in molte realtà i fondi non si spendono. La Campania, ritenuta una delle regioni «canaglia» dal punto di vista della spesa dei fondi comunitari, negli ultimi anni si è trovata in una sorta di tempesta perfetta – sforamento del patto di stabilità, tetti di spesa, mancanza di liquidità – e così ci siamo trovati con i fondi dell'Unione europea senza la possibilità di spenderli.
  Se non si procede – del resto, lei ha detto che questa è la sua intenzione – con un'operazione che metta da parte tutta la spesa di investimento nel calcolo del vincolo del patto di bilancio, andremo a sbattere contro un muro. Peraltro, nella stessa legge fondamentale tedesca, visto che i tedeschi sono i teutonici per definizione, esiste il principio per cui la spesa di investimento non è calcolata ai fini dell'equilibrio di bilancio. Questo è, a mio giudizio, l'aspetto di maggiore rilievo.
  Quanto alla riprogrammazione, essa si muove su una linea di equilibrio molto fragile. Vi è l'esigenza di realizzare interventi anticiclici – e l'intervento sul sociale, come lei ha detto, mi pare quello più significativo – ma vi è anche l'esigenza di muoversi tenendo conto della prospettiva. Allora, signor Ministro, andrebbe valutata la circostanza che gli interventi devono essere costruiti nella logica dell'area vasta. Se non ci rendiamo conto che anche nelle amministrazioni regionali c’è una forma di localismo regionalistico, non saremo in grado di fornire un'indicazione.
  Lei parla inoltre di interventi a sostegno delle imprese: ciò è senz'altro necessario, ma occorre anche un sostegno ai nuovi fattori produttivi, soprattutto nel Mezzogiorno, che è cresciuto sull'industria. Se dunque non cogliamo che oggi il fattore produttivo da far emergere è quello del turismo, della cultura e della gestione dei beni culturali, non ci rendiamo conto del cambio di dimensione storica.
  Del resto, dal carteggio tra Italia e Stati Uniti, quando furono stabiliti i fondi del Piano Marshall, emerge che gli americani avevano proposto al Governo italiano un intervento nel Mezzogiorno tutto puntato sul turismo, definendo la curva Campania, Calabria e Sicilia l'arco d'oro; l'Italia, invece, fece la scelta del modello produttivo industriale.
  Le segnalo – è una iniziativa sperimentale, di cui sono curioso di vedere gli effetti anche perché se ne possa tener conto nella programmazione 2014-2020 – che nel settore dei beni culturali la regione Campania ha indetto un bando di ristrutturazione di siti culturali dando i fondi finalizzati alla gestione. Il beneficiario deve presentare un piano di gestione economica e farsi carico della gestione per un periodo non inferiore a 5 anni, pena la revoca del finanziamento. Se i fondi pubblici servono per fare impresa e il bene che si costruisce, sia esso un museo od altro, non realizza le dimensioni di impresa, i soldi pubblici tornano a casa. Non sono cioè utilizzati per opere mascherate di riqualificazione urbana.
  Sulla nuova programmazione, credo che il punto di partenza sia quello di una valutazione critica su quanto è successo. Se risolviamo tutte le incertezze sui fondi comunitari con una soluzione di profilo antropologico, non ne veniamo fuori. Andrebbe ripreso e, per certi versi, approfondito il rapporto Barca di alcuni anni fa.
  Noi subiamo la combinazione di alcuni fattori. Il primo, endemico per l'Italia, è che l'offerta condiziona la domanda e chi ha i soldi stabilisce dove si spendono senza porsi il problema di cosa serve al beneficiario. Il secondo, che è stato uno dei forti elementi distorsivi, è che i fondi comunitari non sono stati più aggiuntivi rispetto ai fondi nazionali, ma sono diventati sostitutivi. Di conseguenza, le amministrazioni locali, non disponendo più di fondi nazionali ma di quelli europei, hanno distorto la spesa dei fondi comunitari volta alla riduzione delle diseguaglianze per gestire il corrente.
  Abbiamo distorsioni in alcune regioni nelle quali i fondi comunitari sono stati Pag. 19utilizzati per la spesa per stipendi costruendo degli artifici di bilancio, ma questo non è solo un fatto antropologico. Il problema è che queste risorse si sono sostituite a quelle nazionali e sono state utilizzate secondo le condizioni del contingente.
  Per la riprogrammazione l'idea è dunque quella di avere obiettivi essenziali, di area vasta e in questo senso l'ipotesi di muoversi per grandi progetti interregionali potrebbe essere utile. Dal punto di vista procedurale, il regolamento comunitario n. 1083 del 2006 sui grandi progetti può aiutare la realizzazione di alcuni obiettivi; quanto alla governance, invece, piuttosto che creare agenzie riprenderei la filosofia del POIN, ossia strutture interregionali con la guida del Governo centrale che coinvolgano le istituzioni rappresentative del territorio, non le esproprino ma le vincolino a compiere un ragionamento di ordine generale.
  Credo che quest'approccio possa anche aiutare a raggiungere l'obiettivo che lei si è posto, quello cioè di una riflessione su quello che è accaduto nel Mezzogiorno e su quello che si può fare. Credo che il punto di fondo sia riconoscere autonomia, cessare con un approccio paternalistico, far corrispondere all'autonomia la responsabilità per cui chi sbaglia paga, ed erogare le risorse responsabilizzando le istituzioni e soprattutto gli enti locali sul territorio, senza tuttavia imporre vincoli.
  Concedere dei fondi a un sindaco con destinazione vincolata laddove, magari, le esigenze di organizzazione della comunità sono diverse, è irragionevole. Bisogna riconoscergli autonomia, ma occorre altresì che ad essa corrisponda la responsabilità. Credo che questo sia l'unico modo per far crescere democraticamente un'area significativa del Paese.

  MAGDA CULOTTA. Ringrazio il Ministro per la brillante esposizione della sua relazione, che comunque, rispetto ai fondi comunitari, ci restituisce un quadro molto completo del passato, del presente e del prossimo step di riprogrammazione dei fondi comunitari. Rivolgo inoltre un plauso al Ministro per il passaggio finale della sua relazione, nella parte in cui afferma che comunque il Ministero per la coesione territoriale non può semplicemente occuparsi di riprogrammare i prossimi fondi e di rivedere lo scorcio brevissimo che ormai rimane, ma deve parlare di coesione in termini più ampi, andando a rivedere e cercando di risolvere una questione meridionale mai risolta nel tempo.
  Considerato che c’è proprio pochissimo tempo ormai a disposizione per concludere questa seduta pomeridiana, mi limiterò a pochi rilievi. Tra l'altro, chi è intervenuto prima di me ha svolto importanti considerazioni con riguardo a tutto ciò che non è stato messo in piedi nella programmazione che ci ha preceduto e alle lacune su cui dovremmo intervenire. Vorrei tuttavia fare un cenno rispetto ad alcuni interventi che sono stati realizzati e a ciò che si potrebbe pensare di fare per la prossima riprogrammazione.
  In relazione al documento redatto dal Ministero per la coesione territoriale quando Ministro era Fabrizio Barca, relativo a metodi e obiettivi per un uso efficace dei fondi comunitari 2014-2020, in molti territori, dislocati chiaramente in comprensori vasti, ci si è riuniti per riflettere su quel documento e capire in quale direzione si potesse andare in base alle risorse presenti sul territorio, alla valorizzazione delle stesse rispetto a una programmazione di futuri fondi e dove si è sbagliato in passato, al fine di stabilire come colmare i vulnus che nel frattempo si sono prodotti.
  Mi piacerebbe sapere se il Ministero abbia intenzione di muoversi in questa direzione e in che modo intenda procedere, ossia se vi è la volontà di dare seguito a tutte le sollecitazioni che provengono dai territori, anche rispetto alle considerazioni fornite direttamente dal Ministero. Esiste, quindi, la possibilità di scegliere come intervenire sui territori tenendo in considerazione i bisogni che provengono direttamente dagli stessi ? Ciò consentirebbe di evitare una mancata spesa dei fondi comunitari o di subire una Pag. 20politica troppo centralistica che spesso ha difficoltà ad adattarsi alle esigenze dei territori. Se esiste una possibilità in questo senso, vorrei sapere come si può intervenire, soprattutto per snellire tutti quei processi burocratici che rallentano tantissimo il lavoro delle amministrazioni locali.
  Pensiamo, ad esempio, all'ipotesi in cui un comune pubblichi un bando di gara per un progetto. Il più delle volte, per ovvie ragioni legate al patto di stabilità regionale, passa del tempo, le somme vanno reiscritte in bilancio e, al contempo, bisogna adeguare il progetto ai nuovi prezziari regionali. Passa quindi altro tempo e, automaticamente, quelle somme potrebbero non essere più spese dagli enti locali che ne hanno fatto richiesta.
  Pertanto, come si può intervenire nello snellimento burocratico per evitare lungaggini di questo tipo ? Come si può mettere il cofinanziamento fuori dal patto di stabilità per gli enti locali proprio per far sì che sia avviata una fase di spesa più semplice, soprattutto nella tempistica ?

  MAURO GUERRA. Presidente, sarò rapidissimo, ma voglio porre un paio di questioni molto elementari al Ministro, che ringrazio per la sua relazione, rivolgendogli gli auguri di buon lavoro.
  Innanzitutto – espongo la questione in maniera molto rozza e banale – noi stiamo rischiando di perdere miliardi e miliardi di euro di fondi, di risorse per le politiche di coesione, di convergenza e di competitività. Contemporaneamente, i nostri comuni sono bloccati dai vincoli del patto di stabilità – l'argomento è già stato ripreso da molti – e abbiamo un obiettivo di patto di un miliardo di euro.
  Ora, so che parliamo di problemi che presentano aspetti tecnici ed elementi diversi, ma voglio sottoporre una questione politica al Governo: è possibile che non riusciamo a trovare le condizioni, in questo scorcio finale del periodo di programmazione della spesa per gli anni 2007-2013, per togliere di mezzo per quest'anno i vincoli del patto di stabilità in ordine agli investimenti effettuati dai comuni ? È possibile che non riusciamo, davanti a queste grandezze, alle dimensioni delle due vicende che ci vedono impegnati sul fronte europeo, a trovare i modi, gli strumenti tecnici e le forme per consentire di sbloccare spesa vera per investimenti che i comuni sarebbero in grado di sostenere se non fossero bloccati dal patto ? Nello stesso tempo rischiamo, invece, di sacrificare e di perdere risorse.
  Se ogni euro deve essere utilizzato, mi sembra essenziale ricondurre ad unitarietà le politiche che complessivamente mettiamo in campo. Non possiamo, da un lato, avere l'incapacità di spendere, il rischio di perdere i finanziamenti e, dall'altro, imporre ai comuni di non spendere i soldi di cui dispongono per le loro attività. Credo che ricostruire una coerenza tra questi momenti sia un impegno politico di primaria importanza.
  Svolgo la seconda considerazione a partire da una battuta e anche in questo caso pongo la questione molto rozzamente: si spende meglio centralizzando o lasciando spazio alle autonomie ? Laddove le autonomie funzionano, spendono sicuramente meglio che non le amministrazioni centrali; laddove ci sono, per una serie di ragioni, problemi e difficoltà, non credo che ci sia molto da dire se non mettere in campo poteri sostitutivi effettivi ed efficaci e con tempistiche compatibili con gli impegni che si assumono. Non esiste, però, una ricetta singola. Si tratta di costruire procedimenti e percorsi che consentano di sperimentare l'autonomia, ma anche di recuperare con interventi sostitutivi nel momento in cui l'autonomia non sia in grado di esprimere quello che deve.

  MICHELE BORDO, Presidente della XIV Commissione. Ringrazio il Ministro, del quale ho largamente condiviso la relazione, i dati che ci ha fornito, l'analisi sulle risorse a disposizione, le valutazioni politiche e programmatiche.
  Il Mezzogiorno torna a essere finalmente una priorità. Esiste la volontà del Governo, come è stato ribadito, di compiere ogni sforzo per provare a colmare le differenze ancora molto forti che sono presenti nel nostro Paese tra le aree più Pag. 21avanzate e quelle che stanno più indietro. Il Ministro ha anche affermato di voler svolgere pure questa funzione nel Governo perché non può, appunto, come ha detto, essere solo il Ministro delle risorse europee.
  Giudico molto positiva l'idea di costituire un gruppo di lavoro che verifichi anche i servizi offerti, specialmente nelle regioni meridionali, i costi, la qualità e, se necessario, che possa intervenire anche con poteri sostitutivi per colmare eventuali ritardi e inefficienze di amministrazioni locali e regionali.
  Aggiungo in positivo che, con riguardo alle risorse a disposizione, c’è, rispetto agli anni scorsi, il complessivo incremento della capacità di progettazione di spesa delle regioni meridionali; in negativo c’è comunque il dato, proprio perché parliamo oggi di politiche di coesione, della persistente penalizzazione delle aree meridionali, in qualche circostanza anche per responsabilità di chi governa in quelle aree, nella distribuzione delle risorse ordinarie e straordinarie gestite direttamente dallo Stato.
  Vengo a qualche esempio di dettaglio, seppur capisco di poter toccare anche questioni che non hanno propriamente a che fare con le competenze del Ministro per la coesione territoriale, ma che, nell'ottica di una visione d'insieme che il Governo deve avere in materia di coesione, è giusto sollevare in questa sede.
  Sulle infrastrutture, per esempio, il Ministero competente ha in cantiere opere per 25 miliardi di euro in tutta Italia. La quota destinata al sud è di 5 miliardi di euro, pari ad appena il 20 per cento del totale e non a quel 35 per cento indicato nei documenti di programmazione come obiettivo da raggiungere per ridurre il gap infrastrutturale tra nord e sud. Inoltre, la nuova regolamentazione dei fondi FAS rischia di produrre la perdita di 3 miliardi di euro per il Mezzogiorno. Il piano operativo dei trasporti 2007-2013 contiene interventi che avrebbero già dovuto essere attivati. Voglio sapere, al punto in cui siamo, se questi interventi potrebbero anche essere definanziati in ragione dei ritardi che sono stati accumulati.
  È stato, inoltre, sottoscritto il contratto istituzionale di sviluppo per la direttrice ferroviaria Napoli-Bari-Lecce-Taranto: se ne sottoscriverà uno analogo, per esempio, per il potenziamento della linea adriatica tra Foggia e Ancona, opera anch'essa inserita nel PON trasporti, considerato che quella è una direttrice di marcia che prosegue a binario unico ?
  Il Ministro ha annunciato la volontà di utilizzare gran parte delle risorse comunitarie e del cofinanziamento nazionale, non spese o spese male, per interventi sull'occupazione, in modo particolare quella giovanile: esiste già un punto di elaborazione rispetto a questo tipo di pianificazione ?
  Ancora, è stata annunciata la volontà di concentrare le risorse su un minor numero di progetti e di migliorare la capacità di gestione anche attraverso un più attivo coordinamento e sostegno nazionale: esistono indirizzi definiti ? Quali iniziative sono state assunte ?
  Con riguardo alla questione posta in parte anche dall'onorevole Pannarale, della quale abbiamo già avuto modo di parlare, penso che sarebbe utile promuovere un'iniziativa condivisa in vista del Consiglio europeo per chiedere al Governo di stanziare i 2 miliardi di euro che servono a sbloccare i 30 miliardi che ancora devono essere spesi, anche al fine, come esplicitato oggi dal Governo, di ottenere dall'Unione europea l'esclusione dal patto del cofinanziamento. In assenza di questo risultato, infatti, diventa molto complicato agire per gli enti locali e le regioni che hanno la possibilità di spendere.
  Infine – tale questione sarà oggetto molto probabilmente di una risoluzione che presenteremo nei prossimi giorni –, con riferimento alle risorse e al fondo di compensazione a disposizione, probabilmente bisognerebbe rivedere i parametri con cui le risorse sono state distribuite tra le regioni. Ci troviamo, infatti, di fronte al paradosso di regioni anche più virtuose Pag. 22che, per effetto dei parametri utilizzati, sono state penalizzate all'interno di questo quadro, come Puglia, Lombardia, Veneto. Si tratta di regioni che avrebbero maggiori capacità di spesa, ma che, per via dei parametri con cui queste risorse sono state ripartite, hanno subìto, da questo punto di vista, alcune penalizzazioni. Questo non è giusto dal punto di vista politico e della tenuta complessiva.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Presidente Bordo. Signor Ministro, le questioni affrontate dalle due Commissioni sono numerose. Aggiungo alcune brevissime valutazioni e poche domande che riprendono, in realtà, alcuni interventi dei colleghi.
  Anzitutto, la ringrazio per la relazione esaustiva e per le risposte che ci fornirà in replica, che senz'altro chiariranno anche alcuni aspetti posti dai colleghi. La ringrazio soprattutto per la distinzione operata nel definire il suo Ministero e il suo Dipartimento come il Ministero per la coesione e non il Ministero dei fondi.
  Se, infatti, quello da lei diretto sarà il Ministero per la coesione – e lo sarà, conoscendo la sua storia –, il Parlamento certamente collaborerà con lei alla realizzazione delle riforme indicate dal Presidente del Consiglio dei ministri in occasione del suo insediamento, perseguendo gli stessi obiettivi evidenziati in sede di conversione del decreto-legge sui debiti della pubblica amministrazione.
  Su tale questione penso che riceverà un sostegno convinto, soprattutto se il punto di partenza nella ridefinizione delle priorità sarà quello che lei ha sottolineato – mi pare questa la novità della nostra audizione –, ossia la concentrazione delle poche risorse disponibili, al netto di quelle programmate, ai fini della riduzione del costo del lavoro.
  Mi pare di poter dire che oggi ci sta preannunciando che, tra le prime misure che attueranno i suoi uffici, c’è lo stanziamento delle risorse disponibili ai fini dell'abbattimento del cuneo fiscale. Questo tema è in linea con le anticipazioni che il Presidente del Consiglio dei ministri aveva dato alle Camere e ci conforta il fatto che ciò avvenga attraverso gli strumenti in suo possesso. Riteniamo, infatti, di poter sostenere che tali misure incideranno sulla disoccupazione di tipo giovanile, ovvero il target che in questo momento va aiutato e che presenta le condizioni di maggiore debolezza nel nostro complesso e sofferto mondo del lavoro.
  Recupero, inoltre, la sua valutazione circa l'attenzione del Ministro per la coesione territoriale sui servizi da garantire anche con strumenti sostitutivi – al riguardo, le chiedo di considerare con attenzione l'intervento della collega Schirò Planeta – perché alcuni dei temi mai presi in considerazione o inseriti all'ultimo momento in provvedimenti abbastanza trasversali e intersettoriali, come la scuola e la ricerca, possono essere quelli su cui rafforzare i concetti di coesione a lei cari.
  Più in generale, le segnalo che probabilmente questa è una fase in cui anche nel pubblico impiego, soprattutto per le misure su cui si sta discutendo anche in Parlamento – è allo studio un provvedimento che toccherà una serie di comparti – potrebbe essere arrivato il momento, soprattutto nelle ex aree obiettivo 1 e nell'area Convergenza, di ipotizzare meccanismi in cui la parte delle retribuzioni legata ai risultati sia più alta rispetto al passato.
  Inizio a pensare che ovunque i servizi pubblici, soprattutto quelli alla persona, debbano essere giudicati direttamente dagli utenti. Poiché le istanze che arrivano anche in Parlamento sono di varia natura e visto che, dalle ASL agli enti locali, dai singoli cittadini alle imprese, tutti ci chiedono di poter giudicare, facciamoli giudicare e leghiamo a questi giudizi i compensi e una parte delle retribuzioni, perché quelle del pubblico impiego non possono essere più bloccate.
  Ritengo che gli ultimi interventi che hanno portato all'ennesimo blocco dei contratti del pubblico impiego rappresentino l'ultimo sforzo possibile. Siccome bisognerà ripartire da quel punto, forse questo è il momento – lo dico al Ministro per la coesione territoriale – di avere il coraggio di provare, con il Ministro della Pag. 23funzione pubblica, a modificare alcuni assetti ai quali purtroppo siamo abituati. Ciò per venire incontro al ragionamento più generale, che può apparire non di sua stretta competenza, ma che invece può essere rafforzato dal suo ruolo di coordinamento sulle politiche, sulle policies.
  Sarò telegrafico sullo stato di attuazione dei fondi strutturali per i periodi 2007-2013 e 2014-2020. Relativamente al primo periodo riprendo gli interventi dei colleghi Pannarale e De Mita: ci siamo ritrovati a dover spingere, anche attraverso l'azione parlamentare, le regioni alla spesa, salvo poi essere destinatari, manovra dopo manovra, di richieste di allargamento delle maglie relative al patto di stabilità per consentire alle stesse amministrazioni di spendere i fondi strutturali.
  Poiché si tratta di una schizofrenia oggettivamente insostenibile, il prossimo passo parlamentare sarà la risoluzione cui faceva riferimento il Presidente Bordo, condivisa dalla Commissione bilancio ed alla quale ha già lavorato la Commissione politiche dell'Unione europea, che sarà oggetto di discussione nelle due Commissioni. Riteniamo che questo passaggio sia fondamentale.
  Siccome una somma stanziata per deroghe al patto c’è già, si tratta di compiere una valutazione definitiva e irreversibile da qui al 2015, in modo da avere certezza che le nostre regioni possano spendere almeno quei 30 miliardi di euro, almeno per quanto riguarda la composizione e le caratteristiche del patto di stabilità. Se poi le regioni non saranno in grado di spenderli, risponderanno direttamente gli amministratori, ma non vi sarà più per nessuno l'alibi dei vincoli connessi al patto di stabilità.
  Dal momento che molte regioni spendono e spendono bene, io penso che lei troverà un sostegno totale in una battaglia di questo tipo, che abbiamo il dovere di fare da ora all'autunno prossimo, quando in qualche modo bisognerà chiudere le maglie dei nostri interventi con la prossima legge di stabilità.
  Quanto al 2014-2020, lo ha già detto l'onorevole Galli in apertura, facendo riferimento ai 30 miliardi di euro, e lo ha richiamato anche l'onorevole De Mita, purtroppo abbiamo la certezza che le risorse comunitarie, in alcuni casi, nelle regioni del Mezzogiorno sono diventate sostitutive delle risorse ordinarie e talvolta questo approccio ha portato le amministrazioni stesse a utilizzare i fondi strutturali per realizzare opere o erogare servizi cui i cittadini italiani dovrebbero accedere semplicemente per le tasse che pagano.
  Mi fa accapponare ancora la pelle vedere che risorse che dovrebbero servire allo sviluppo vengano utilizzate per realizzare sistemi fognari, marciapiedi, in qualche caso palazzetti dello sport, piscine. Sono tutte opere apparentemente nobili, che purtroppo però hanno relativamente a che fare con lo sviluppo.
  Il Ministro Barca ha compiuto un lavoro straordinario nel tempo che abbiamo alle spalle. Questo lavoro va tuttavia completato e, siccome ne discuteremo nei prossimi mesi, assumiamo l'impegno che nel periodo 2014-2020 il passaggio che lei ha svolto sui pochi ma strategici interventi dovrà essere il punto di riferimento della politica italiana. Le regioni definiranno poi singolarmente le priorità ma, se non lo facciamo ora, rischiamo di ritrovarci tra qualche anno a essere corresponsabili dell'ultimo vero passaggio che abbiamo a disposizione.
  Vorrei, infine, chiederle un aggiornamento sullo stato di attuazione del negoziato con riguardo alla cosiddetta rete di sicurezza per le regioni con il PIL, sotto il 75 per cento negli anni 2007-2013, rispetto alla media comunitaria a 25 Paesi membri, ma il cui PIL pro capite è sopra il 75 per cento, rispetto alla media europea a 27 Paesi membri. Su questo le chiedo un aggiornamento perché da più parti del Parlamento arriva una richiesta in tal senso sullo stato del negoziato e potrebbe essere utile ottenerla in questa audizione.
  Ringraziando ancora il Ministro per la sua disponibilità, gli cedo la parola per la replica.

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  CARLO TRIGILIA, Ministro per la coesione territoriale. Ringrazio ancora i Presidenti e i membri delle Commissioni che hanno ascoltato e quelli che sono intervenuti. Dovrò procedere rapidamente perché credo che i tempi della seduta siano stretti, non senza però ripetere quello che ho detto in apertura, e cioè che spero, come ribadiva anche il Presidente Boccia, che questo nostro primo contatto sarà seguito da altre occasioni di incontro e di discussione su temi specifici, tra i quali sicuramente quello relativo alle misure da realizzare per cercare di correggere il ciclo che si apre, e di ridurre i problemi che abbiamo avuto in passato.
  Sarà quindi mia cura, da questo punto di vista, attraverso i Presidenti, porre il problema di ulteriori momenti di confronto. Ricordo anche che una copiosa documentazione, con risposte più puntuali e cifre, è contenuta negli allegati che ho consegnato e che credo siano stati messi già a disposizione delle Commissioni.
  Parto rapidamente da una questione che è stata sollevata da molti deputati e anche dai due Presidenti delle Commissioni, ossia quella relativa al patto di stabilità interno e alle regole europee sui cofinanziamenti. Ribadisco quello che ho detto prima e cioè che, come Ministro per la coesione, farò il possibile per cercare di allargare o di eliminare l'uso del cofinanziamento per i fondi europei dal patto di stabilità interno, così come – su questo c’è un accordo di tutto il Governo – il Governo italiano farà il possibile, anche in collaborazione con altri Governi dell'Unione europea, per sollevare il problema della cosiddetta nettizzazione, non considerando come parte della spesa pubblica i cofinanziamenti nazionali per le politiche comunitarie ai fini del calcolo del deficit.
  Naturalmente non devo ripetere, in questa sede, quanto i deputati sanno bene, e cioè che a livello europeo ciò dipende molto dal tipo di equilibri che si riusciranno a stabilire, anche se l'impressione che abbiamo avuto a livello di Governo è che gli spiragli siano maggiori, ma non ancora del tutto aperti, come anche il Presidente del Consiglio dei ministri ha recentemente affermato.
  Per quanto riguarda il patto di stabilità interno, il problema è che siamo in una situazione – anche questo è noto ai deputati – di gravissima difficoltà della finanza pubblica. Sicuramente per il prossimo anno sarà possibile prendere in considerazione, con dei margini di manovra maggiori, anche la questione del patto di stabilità interno. Temo che in questo momento le risorse disponibili siano tali forse da non consentire ulteriori allargamenti.
  Detto questo, e riconosciuta senz'altro la fondatezza di tale argomento, che è stato sollevato, oltre che dai Presidenti, anche da diversi membri delle Commissioni, devo dirvi con molta franchezza che, avendo cercato non da ora di capire i motivi delle difficoltà nell'uso di questi fondi europei, la mia impressione è che quest'elemento, soprattutto in relazione ad alcune delle regioni più attive, ha certamente influito. Come sottolineava il Presidente Boccia, è una schizofrenia il fatto che, da un lato, spingiamo a spendere ma, nello stesso tempo, poniamo dei vincoli che limitano la spesa.
  In alcune regioni questo ha sicuramente pesato; tuttavia permettetemi di dire che dissento dall'idea, spesso portata avanti anche da molti autorevoli colleghi, tra cui presidenti di regione, che questo sia l'unico o il principale motivo che ci ha portato ai risultati che vi ho illustrato sinteticamente e che trovate nell'allegato.
  Credo che esistano altri fattori che influiscano, dal momento che le regioni non sono tutte uguali e non sono state governate tutte allo stesso modo. Tra questi fattori ci sono certamente quelli relativi alla capacità di indirizzo politico delle varie regioni, ma anche quelli relativi alla capacità fondamentale di tipo amministrativo e organizzativo, che in generale, come sappiamo, nel nostro Paese è fragile e che è ancora più fragile in molte regioni del Mezzogiorno.
  L'effetto di rallentamento delle procedure è enfatizzato, come ho cercato di spiegare nella mia presentazione iniziale, Pag. 25dal fatto che non siano posti dei limiti alla concentrazione degli obiettivi; pertanto la pubblica amministrazione, in particolare le regioni e gli enti locali, è esposta su un fronte talmente ampio da metterne in evidenza le fragilità.
  Questo è un punto molto importante, sul quale non mi dilungo perché preferisco assumere l'impegno con i Presidenti di ritornare a discutere e a presentarvi le linee di indirizzo alle quali stiamo lavorando più precisamente per il 2014-2020. Sicuramente il patto di stabilità – lo ripeto – è un elemento da prendere in considerazione, ma non esclusivo o decisivo in molti casi per avere portato ai risultati purtroppo non incoraggianti che in alcune circostanze abbiamo registrato.
  Che fare ? Io credo – lo dico con parole molto semplici – che vada anzitutto ripensato il governo complessivo di questa macchina dei fondi. Del resto, ciò che chiede l'Europa è quello che ci chiedono lo stesso commissario Hahn ed i cittadini italiani. Infatti, se un grande ciclo di misure è soggetto, nell'arco temporale di riferimento, a tutte queste riprogrammazioni, è evidente che vi è qualcosa che non funziona e che dobbiamo avere il coraggio di aggredire, anche facendo delle scelte impopolari e cercando persino di utilizzare – permettetemi di dirlo – come risorsa le condizioni eccezionali in cui si muove questo Governo di servizio. Andranno assunte, infatti, decisioni impopolari per riconsiderare questo meccanismo.
  Con riguardo alla centralizzazione, onorevole Galli, rileva il modo in cui intendiamo questo concetto. Certamente, abbiamo bisogno di conseguire una maggiore capacità di indirizzo e anche di intervento attivo del centro lavorando con le regioni, ma credo che non sia più possibile tollerare che, se qualcosa si ferma a quel livello, noi non siamo più in grado di intervenire.
  Il mio intendimento è di lavorare il più possibile in collaborazione con le regioni, che ovviamente sono un pilastro del nostro ordinamento costituzionale, ma nello stesso tempo – lo dico con molta franchezza – di introdurre elementi di valutazione e di confronto nonché la possibilità di un intervento più attivo del centro laddove le cose non funzionano.
  Tra gli elementi che possono aiutarci – lo ripeto – bisognerà lavorare molto sulla concentrazione. In questo caso, condivido quanto evidenziato anche dal Presidente Boccia: con i fondi strutturali non possiamo realizzare una sorta di duplicato di quanto spetta alle istituzioni pubbliche nazionali e regionali, soprattutto nel campo dei servizi. Finiremmo altrimenti per offrire un alibi all'amministrazione e alle regioni per non agire e poi riutilizzare surrettiziamente i fondi europei.
  Ribadisco che non vorrei essere solo il Ministro dei fondi europei ma il Ministro per la coesione territoriale di questo Paese e che su questo aspetto sto avviando una riflessione.
  Questo significa che tutta la questione dei servizi è cruciale, ma dobbiamo porla a partire da un riordino complessivo, che riguarda anche le regioni del nord, del modo in cui organizziamo i nostri servizi sociali, la scuola, l'efficienza e l'efficacia di questi strumenti. In altre parole, i servizi pubblici essenziali devono essere oggetto di una valutazione complessiva, riguardante sia i costi che la qualità. Da tale punto di vista, dobbiamo essere in grado di introdurre meccanismi di verifica, quando l'esercizio di queste funzioni è decentrato a livello regionale o locale, per valutare l'introduzione di incentivi e sanzioni laddove le cose non funzionano.
  Concentrare di più la nostra attenzione sulla questione dei servizi sociali e fondamentali, che la Costituzione prevede debbano essere garantiti ai cittadini italiani, ci consente di lavorare su due terreni. Se lavoreremo seriamente al problema della funzionalità, dell'efficienza e dell'efficacia delle grandi politiche di servizio, probabilmente aiuteremo anche gli stessi fondi a funzionare meglio come politiche di sviluppo.
  Ho avviato una riflessione in questa direzione e, come dicevo, appena questa riflessione – che deve essere comunque rapida perché dobbiamo assolutamente rispettare i tempi indicati dalla Commissione Pag. 26– sarà più matura, sarà mia cura, attraverso i Presidenti, proporvi di discuterla.
  Consentitemi una battuta sulla riprogrammazione. Qualcuno si chiede se non rischiamo di cadere dalla padella alla brace. Nell'impostare questo tipo di riprogrammazione sugli obiettivi che vi ho descritto, ossia occupazione giovanile, defiscalizzazione dei contributi, tirocini, interventi per la povertà, mi sono mosso cercando di individuare misure che arrivino il più rapidamente possibile ai beneficiari, riducendo al massimo l'intermediazione burocratica, e che abbiano la caratteristica di cercare di invertire le aspettative e di contrastare il ciclo.
  Poiché questi interventi hanno una natura che di per sé riduce l'intermediazione burocratica, spero che saremo in grado di immettere queste risorse rapidamente nell'economia e nella società meridionale. Spero, inoltre, che, anche con altri interventi che il Governo ha allo studio per le regioni del centro-nord, saremo in grado di immettere risorse che comincino a venire incontro alle aspettative e a risolvere i problemi dei cittadini italiani e dei cittadini delle regioni meridionali.
  Il problema si pone, onorevole Borghesi, anche per le regioni del centro-nord. Il Ministro per la coesione territoriale non è solo il Ministro del Mezzogiorno, e ci tengo a sottolinearlo. Penso che le regioni del centro-nord sicuramente spendano di più, ma non sono sicuro che spendano sempre meglio. Pertanto credo che, per quello che riguarda le mie responsabilità, anche rispetto alle regioni del centro-nord, sia necessario verificare il modo in cui l'uso di questi fondi riesce a offrire un contributo significativo ai problemi di modernizzazione e sviluppo di queste regioni, che pure si pongono in questa fase. Mezzogiorno e centro-nord devono essere parte integrante, per quanto mi riguarda, di un disegno di coesione territoriale.
  Sul Mezzogiorno sono state dette diverse cose che non ripeterò adesso. Mi limito a osservare semplicemente che ho constatato con piacere che, in generale, vi è un orientamento favorevole affinchè tale questione – che, come sappiamo, da anni, da decenni, forse da troppo e lungo tempo è rimasta fuori dall'agenda, penalizzando, a mio avviso, non solo i cittadini meridionali ma anche quelli del centro nord – sia rimessa al centro dell'agenda politica. Io mi auguro che ciò avvenga.
  In questo senso vi è l'orientamento e l'impegno del Presidente del Consiglio dei ministri, ma anche il sostegno del Presidente della Repubblica che, come sapete, si è spesso speso su tale tema. Personalmente, nei limiti del mio ruolo, farò il possibile perché ciò avvenga e perché possa essere avviato, naturalmente nei limiti di questo Governo di servizio, un modo diverso di guardare alla questione del Meridione nell'interesse complessivo del Paese.
  Vi ringrazio ancora.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro. Prendo atto della sua disponibilità e le propongo di provare a fare insieme il punto della situazione sia sullo stato di attuazione ulteriore dei fondi per gli anni 2007-2013 sia sullo stato del negoziato prima che si entri nella fase decisiva.
  Nel ringraziare e nell'augurare buon lavoro a tutti gli intervenuti, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16,15.