XVII Legislatura

Commissioni Riunite (III Camera e 3a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 21 di Giovedì 4 maggio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 3 

Comunicazioni del Governo sui principali sviluppi in materia di sicurezza e politica internazionale, anche alla luce dei recenti appuntamenti in sede di coalizione anti Daesh, G7 e NATO:
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 3 ,
Alfano Angelino (AP-CpE-NCD) , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 3 ,
Casini Pierferdinando , Presidente della 3a Commissione del Senato della Repubblica ... 9 ,
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 9 ,
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 10 ,
Corsini Paolo  ... 10 ,
Manciulli Andrea (PD)  ... 11 ,
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 12 ,
Monaco Franco  ... 12 ,
Alfano Angelino (AP-CpE-NCD) , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 13 ,
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 13 ,
Alfano Angelino (AP-CpE-NCD) , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 13 ,
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista: MDP;
Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD: AP-CpE-NCD;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile: SI-SEL-POS;
Scelta civica-ALA per la costituente libera e popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Civici e Innovatori: (CI);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri;
Misto-UDC: Misto-UDC;
Misto-Alternativa Libera-Tutti Insieme per l'Italia: Misto-AL-TIpI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA III COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
FABRIZIO CICCHITTO

  La seduta comincia alle 8.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Comunicazioni del Governo sui principali sviluppi in materia di sicurezza e politica internazionale, anche alla luce dei recenti appuntamenti in sede di coalizione anti Daesh, G7 e NATO.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le comunicazioni del Governo sui principali sviluppi in materia di sicurezza e politica internazionale, anche alla luce dei recenti appuntamenti in sede di coalizione anti Daesh, G7 e NATO.
  Io non svolgo alcuna introduzione, non perché sia stato intimidito dallo strano attacco dell'onorevole Vito la scorsa volta – non ne tengo assolutamente conto – ma perché abbiamo tempi assolutamente stretti, dal momento che alle 9.30 sia l'Aula del Senato sia l'Aula della Camera (ma soprattutto al Senato) inizieranno i propri lavori. Pertanto do immediatamente la parola al Ministro Alfano, ringraziandolo della sua disponibilità e meno dell'orario che ci ha indicato.

  ANGELINO ALFANO, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Allora rimedierò, essendo anche pronto a un bis, con altra formulazione dell'ordine del giorno, in tempi molto rapidi, ad altro orario. Intanto, ringrazio comunque per l'opportunità che mi è stata data e ricomincio da quanto dissi quattro mesi fa.
  Quattro mesi fa, nell'illustrare le linee programmatiche, proprio di fronte a queste due Commissioni, avevo preannunciato che l'Italia avrebbe vissuto da protagonista il 2017. La presidenza italiana del G7, a partire dal formato «esteri» di Lucca, l'impegno in Consiglio di Sicurezza, l'attivo coinvolgimento nella coalizione anti Daesh, le commemorazioni del sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma del marzo scorso, il vertice sui Balcani occidentali del prossimo mese di luglio, la nostra azione nell'UNESCO e nella troika OSCE, di cui, peraltro, avremo la presidenza l'anno prossimo, e la contemporanea guida del Gruppo di contatto Mediterraneo-OSCE ci ricordano che l'Italia quest'anno sta svolgendo un ruolo di leader e da leader in politica estera.
  Su quest'agenda, particolarmente intensa, siamo già riusciti ad annotare alcuni significativi risultati, anche grazie a un'azione diplomatica incentrata soprattutto su un concetto a noi particolarmente caro: la centralità della nostra identità mediterranea. Si tratta di un filo rosso che lega inevitabilmente, in modo significativo, il nostro continuo impegno nei numerosi quadranti e nelle organizzazioni internazionali in cui operiamo e che ci ha portato a svolgere, innanzitutto, un'efficace azione per rafforzare l'orientamento verso sud della postura della NATO, rendendola più al passo con le sfide della sicurezza dei nostri tempi.
  Inoltre, ci ha portato ad assumere le iniziative innovative non scontate al G7 Pag. 4esteri di Lucca per rilanciare l'azione diplomatica in Siria.
  Ci sono anche altri risultati. Mi riferisco, per esempio, all'organizzazione, in ottobre, a Palermo, della Conferenza ministeriale del Gruppo di contatto Mediterraneo, di fatto il passaggio e in qualche modo l'inizio della presidenza italiana dell'OSCE nel 2018, in cui continueremo a porre al centro dell'agenda internazionale le sfide provenienti dalla sponda sud.
  Infine, ci ha portato a tenere la stabilizzazione della Libia in cima alle priorità dell'agenda globale. Voglio proprio sottolineare quest'ultimo aspetto rispetto alla Libia, perché per noi la stabilizzazione della Libia ha un valore enorme. Significa sicurezza nazionale, stop al traffico di esseri umani e riduzione del flusso dei migranti.
  Nel comunicato finale della riunione G7 di Lucca abbiamo ribadito un messaggio di forte coesione internazionale attorno al sostegno al quadro istituzionale stabilito dall'accordo di Skhirat, ribadendo anche che non esiste una soluzione militare per i problemi del Paese. Non possiamo, infatti, correre il rischio che, tra la minaccia nordcoreana, la questione ucraina e il dramma della Siria, alla fine il nodo relativo alla Libia resti nelle retrovie.
  Il Segretario Generale delle Nazioni Unite Guterres, con cui ho recentemente e personalmente parlato, mi ha assicurato il massimo impegno, suo personale e anche dell'ONU, nella questione libica. La stabilizzazione della Libia è, tuttavia, un lavoro fino a questo momento incompiuto dalla comunità internazionale e il conto continuiamo a pagarlo noi.
  Per questo motivo abbiamo parallelamente intensificato anche la nostra azione bilaterale, a partire dal Memorandum siglato nel febbraio scorso tra i Presidenti Gentiloni e Serraj, che costituisce un passo in avanti cruciale verso il rafforzamento del controllo delle frontiere esterne del Paese e verso la lotta ai trafficanti di esseri umani.
  Abbiamo anche riaperto l'ambasciata a Tripoli, con l'obiettivo di rafforzare il nostro dialogo e la nostra azione diplomatica verso tutte le parti. Ciò perché intendiamo dare pieno sostegno e legittimazione al Governo di Serraj, che sosteniamo anche materialmente, ma, allo stesso tempo, riconosciamo anche un ruolo per Haftar, che riteniamo essere indispensabile.
  Abbiamo affrontato, quindi, con pragmatismo e spirito di apertura il rapporto con l'est della Libia. L'abbiamo fatto accogliendo nei nostri ospedali i loro feriti e moltiplicando i segnali distensivi, come quando il nostro Ambasciatore è andato a incontrare Aguila Saleh a Tobruk e, successivamente, lo stesso Haftar.
  Questi gesti di apertura sono stati i presupposti che ci hanno consentito di ospitare, il 21 aprile a Roma, l'incontro tra il Presidente del Parlamento di Tobruk, Aguila Saleh, e il Presidente del Consiglio di Stato, Swahili. L'incontro è stato volto a favorire, attraverso colloqui confidenziali e diretti, l'avvio di un percorso che possa contribuire al consolidamento istituzionale del Paese.
  È stato un risultato non scontato, per il quale abbiamo ricevuto pubblici ringraziamenti dai protagonisti dell'incontro. È il frutto di un impegno ad ampio raggio che seguo in prima persona e che la diplomazia italiana ha compiuto per portare i principali attori a parlarsi tra di loro e a impegnarsi per comprendere l'uno le ragioni dell'altro. Si tratta di un risultato cui ha contribuito anche l'iniziativa dei Presidenti Casini e Cicchitto – che qui vorrei ringraziare – di invitare, nel marzo scorso, a Roma il Presidente del Consiglio di Stato Swahili.
  La riunione di Roma del 21 aprile ha messo in moto una nuova dinamica e ha stimolato l'attivismo soprattutto degli attori regionali e, in particolare, di Emirati Arabi ed Egitto. È una dinamica che ha portato al recente incontro di Abu Dhabi tra Serraj e Haftar, che rappresenta, peraltro, un positivo sviluppo nel solco dell'azione da noi incoraggiata.
  Si tratta di uno sviluppo che intendiamo continuare a seguire con grande e immutata determinazione, uno sviluppo che, come ho tenuto a dire personalmente pochi giorni fa al Presidente Serraj, deve portare a una soluzione politica della crisi. Dico questo Pag. 5anche in riferimento all’escalation di violenza che sta interessando il sud del Paese.
  In attesa di consolidare questi risultati, naturalmente, dobbiamo continuare a guardare al tema migratorio. In questo senso il prossimo 6 luglio ho deciso di convocare a Roma una Conferenza ministeriale alla quale abbiamo invitato la Libia e gli altri Paesi di transito dei flussi migratori provenienti dall'Africa, oltre all'Alto Rappresentante Mogherini e ai nostri principali partner europei, nonché l'Organizzazione mondiale delle migrazioni e l'UNHCR.
  Faccio presente che questo incontro fa seguito alla firma, qui a Roma, nelle scorse settimane, dell'accordo con il Niger, un accordo che non è solo di sicurezza rispetto al controllo della frontiera settentrionale del Niger e meridionale della Libia, ma anche di cooperazione. Si tratta, peraltro, di un accordo che impegna 50 milioni di euro del Fondo Africa, che abbiamo da tanto tempo seguito con determinazione e che ritengo un importante successo di politica estera.
  L'altro teatro prioritario su cui siamo impegnati è la Siria. Dopo i tragici fatti di Idlib ho avuto modo di riferire alle Camere dell'iniziativa, assunta nel corso del G7 esteri di Lucca, di convocare rapidamente un'inedita riunione straordinaria allargata ai Paesi della regione. Mi riferisco ad Arabia Saudita, Turchia, Emirati Arabi, Giordania e Qatar.
  Abbiamo cercato di cogliere tempestivamente la finestra di opportunità aperta dall'azione americana per rilanciare la diplomazia e il ruolo dell'ONU. Si tratta di un rilancio che non può che passare dal ritorno sulla scena siriana degli Stati Uniti e dalla possibilità di contestuale ripartenza del dialogo diretto tra Washington e Mosca.
  Si tratta di un dialogo riavviato con la visita a Mosca del Segretario di Stato americano Rex Tillerson. Per quanto con qualche difficoltà, permane il fatto che il dialogo è l'obiettivo di russi e americani, come confermato dal recente colloquio telefonico tra Trump e Putin. Vi è un grande bagaglio di sfiducia reciproca, riconfermato anche in queste ore dal Segretario di Stato Tillerson e vi sono anche posizioni che restano distanti sul ruolo e sulle responsabilità di Assad nella crisi attuale, ma continuiamo a credere che quella sia la strada da percorrere con il contributo attivo dei Paesi della regione, nonché dell'Unione europea, anche in considerazione del comune interesse a combattere il terrorismo nella regione.
  In tale contesto, come ribadito a Lucca dal G7 e anche dai Paesi della regione partecipanti alla riunione allargata, resta cruciale il sostegno al dialogo politico di Ginevra, che è riuscito a stare in piedi fino a oggi anche grazie all'abilità diplomatica di Staffan de Mistura. Un punto fermo resta il nostro impegno, tanto in Consiglio di Sicurezza quanto in seno all'OPAC, affinché venga accertata la verità sul tragico attentato chimico di Idlib.
  Nel frattempo, continuiamo a esortare Russia e Iran a esercitare la loro influenza per convincere Damasco a rispettare il cessate il fuoco, ad aprire finalmente gli accessi umanitari nelle zone assediate, oltre che ad adempiere agli obblighi internazionali in materia di uso di armi chimiche. È su queste direttrici che il Governo italiano si sta muovendo affinché l'appuntamento di Taormina possa fornire un contributo concreto a sostegno di una soluzione politica realistica al conflitto siriano.
  Allo stesso tempo, ci adopereremo per fare sì che dal Vertice di Taormina emerga un chiaro sostegno al dialogo con Mosca, sostegno che abbiamo contribuito a consolidare al G7 esteri di Lucca, che ha riconosciuto nella sua dichiarazione finale il ruolo cruciale della Russia nella gestione delle crisi regionali.
  In una situazione davvero fluida, il 3 e 4 maggio, ossia ieri e oggi, si riuniscono nuovamente ad Astana Russia, Turchia e Iran, proprio per cercare di rilanciare il cessate il fuoco entrato progressivamente in crisi e per cercare di promuovere progressivamente una serie di misure di confidence building tra le parti siriane.
  Avevamo sollecitato i gruppi ribelli a partecipare alla riunione e avevamo apprezzato la loro decisione di farlo, così come l'innalzamento del livello di partecipazione degli Stati Uniti. Purtroppo, a causa Pag. 6del protrarsi dei bombardamenti del regime sui civili, i ribelli ieri hanno sospeso la propria partecipazione alla riunione, pur restando ad Astana.
  Vi sono indicazioni di una forte volontà, in particolare di russi e turchi, di rendere più operativo e credibile il meccanismo del cessate il fuoco e, questa volta, di concludere la riunione con qualche risultato concreto. L'esito di questa riunione inciderà, ovviamente, sul prossimo round negoziale di Ginevra, che dovrebbe essere convocato dall'ONU intorno alla metà di maggio e al quale non faremo mancare il nostro contributo.
  Una delle nostre massime priorità resta, dunque, la lotta a Daesh, la quale, come sapete, è ormai entrata in una fase cruciale della campagna militare. L'avanzata su Mosul continua lentamente, ma inesorabilmente. L'attacco su Raqqa, invece, deve ancora cominciare, mentre continua l'opera di accerchiamento. Allo stato attuale, l'auspicio della coalizione è riuscire a completare la liberazione dei territori entro la fine dell'anno.
  Non possiamo, tuttavia, nasconderci le difficoltà sul terreno. A Mosul Daesh impiega ogni mezzo, compresi gli scudi umani, per rallentare le forze irachene appoggiate dagli aerei della coalizione. Per liberare Raqqa il quadro è complicato dal fatto che la Turchia continua a opporsi al ricorso delle forze curde per i legami con il PKK.
  Siamo pronti a fare la nostra parte per allentare le tensioni e facilitare il ristabilimento di una tregua e di un dialogo tra il governo turco e gli indipendentisti curdi. È nell'interesse delle parti, ma anche del futuro della Siria, oltre che, ovviamente, della lotta contro Daesh.
  Una volta privato della sua base territoriale, noi pensiamo – non solo noi, lo pensano gli analisti – che Daesh resterà una grave minaccia per la nostra sicurezza, verosimilmente sotto forma di un'organizzazione terroristica criminale di tipo tradizionale. Per questa ragione è necessario che il nostro impegno nella regione, ovviamente dentro il quadro della coalizione internazionale, sia costante e volto a facilitare le condizioni che impediscano un ritorno del sedicente Califfato, magari sotto altre spoglie o sotto un'altra guida. Questo implica un sostegno attivo alle riforme e la riconciliazione in Iraq, nonché una transizione politica in Siria.
  Il filo rosso che corre lungo tutto il bacino del Mar Mediterraneo non poteva non toccare la Turchia. L'esito del recente referendum costituzionale ha fotografato una spaccatura nel Paese. Nei principali centri urbani (Istanbul, Ankara, Izmir, Antalya, Adana), molti dei quali sono bacini elettorali dei vari membri del governo, una maggioranza significativa dell'elettorato si è espressa in senso contrario alla riforma.
  La diaspora turca nei Paesi UE ove maggiori sono le comunità turche non curde si è, viceversa, stretta attorno al Presidente Erdogan, appoggiando la riforma. Alla divisione dell'elettorato si aggiunge la riserva manifestata dalla missione di osservazione elettorale dell'OSCE e dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa. Nonostante queste annotazioni critiche e la polarizzazione del Paese, quella che scaturisce da questa consultazione è, comunque, l'immagine di un Paese che rimane, con tutti i limiti sopra descritti, in una dimensione che afferma un qualche pluralismo.
  Questo ci porta a due considerazioni. Intanto, incoraggiamo il governo turco a una reazione inclusiva che non lasci fuori la metà del Paese che ha votato contro, che è una metà significativa del Paese, ovviamente. Consideriamo il nostro dialogo e la collaborazione con la Turchia anche su comuni questioni strategiche – come la lotta al terrorismo, la gestione dei flussi migratori e la stabilità regionale – uno strumento essenziale per innalzare gli standard di libertà e di democrazia nel Paese e salvaguardare il suo ancoraggio euroatlantico.
  Lo strumento del dialogo ci ha permesso di risolvere anche il caso Del Grande. È, infatti, grazie al costante dialogo avviato con il mio omologo turco Mevlut Cavusoglu che il caso ha potuto conoscere una positiva conclusione.
  Onorevoli colleghi, onorevoli senatori, c'è un'altra area in cui, in questi mesi, abbiamo intensificato la nostra attenzione, Pag. 7ed è la penisola balcanica. Negli ultimi mesi e, in particolare, negli ultimi giorni – penso, per esempio, ai preoccupanti sviluppi interni in Macedonia e al protrarsi della crisi politica in Albania – si sono registrati gravi segnali di deterioramento dei rapporti tra i Paesi dei Balcani Occidentali. Si sta, purtroppo, registrando un rinvigorirsi della retorica nazionalistica e dell'euroscetticismo, con un impatto negativo non solo sulle dinamiche politiche interne, ma, più in generale, sulle relazioni interstatuali della regione.
  In questa fase dobbiamo tenere ferma la barra della prospettiva dell'integrazione europea dei Paesi dei Balcani Occidentali, aiutandoli nel loro percorso. Parallelamente, dobbiamo continuare ad assisterli per fare avanzare il cammino dell'integrazione regionale. Entrambi questi obiettivi saranno al centro del Vertice dei Balcani Occidentali, che, nell'ambito del cosiddetto Processo di Berlino, l'Italia ospiterà a Trieste il 12 luglio prossimo. Si tratta di un vertice che, peraltro, cade in un momento molto delicato per la regione e che vuole, quindi, essere un'occasione per il rilancio del dialogo, non solo nei tradizionali ambiti intergovernativi.
  Accanto alle riunioni intergovernative dei capi di Stato, a quelle dei capi di Governo, ovviamente, e a quelle dei ministri degli esteri e dei ministri dello sviluppo economico, saranno previsti alcuni eventi destinati alla società civile, al mondo delle imprese, ai giovani e al tema della lotta alla corruzione. In vista della preparazione del Vertice di Trieste, ho convocato, il 24 maggio qui a Roma, una riunione con i miei omologhi dell'area, anche per contribuire ad allentare le tensioni regionali, in una logica di discussione diretta tra le parti.
  Vorrei cogliere quest'occasione anche per argomentare più ampiamente la posizione che abbiamo assunto martedì scorso in occasione del voto all'UNESCO sulla decisione di cui si è tanto parlato. Su questo tema dal 2010 l'Italia si era sempre astenuta, tranne una volta, nel 2014, quando votò a favore. La scelta di votare contro, per noi, significa che non andiamo più «con il pilota automatico», che non accettiamo automatismi e che, se riteniamo che una decisione non ci piaccia, allora non esitiamo a dirlo.
  Lo scorso ottobre venne approvata una risoluzione voluta da alcuni Paesi arabi a nome della protezione del patrimonio culturale palestinese, una risoluzione contestata con forza da Israele, perché negava il legame millenario degli ebrei con i luoghi sacri di Gerusalemme. L'Italia si era astenuta, ma l'allora Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Paolo Gentiloni annunciò che alla prossima occasione l'Italia avrebbe cambiato atteggiamento.
  Per noi l'UNESCO deve limitarsi a trattare temi culturali, senza divenire la sede di scontri politici e ideologici. Quando dico «limitarsi», non intendo dire che questo sia un limite. Intendo dire che deve fare ciò per cui è nata ed è stata fondata.
  Per questo motivo, malgrado il testo dei giordani palestinesi fosse migliorativo rispetto a quello dell'anno scorso, abbiamo votato contro la decisione. Siamo rammaricati che il nostro voto contrario non sia stato sufficiente a non fare adottare la decisione, ma ci è stato riconosciuto che la nostra posizione è stata determinante per portare vari Paesi europei dalla nostra parte. Si tratta di un riconoscimento che ci è stato manifestato dallo stesso Primo Ministro israeliano Netanyahu, che ci ha ringraziato.
  Consentitemi, infine – chi abbia letto le prime agenzie di stampa del mattino non può che essere vieppiù preoccupato –, di svolgere alcune considerazioni sul Venezuela, anche se avremo modo di approfondire l'argomento in occasione della mia informativa in Aula, che si svolgerà la prossima settimana.
  Il mio pensiero non può non andare alla folta comunità degli oltre 150.000 cittadini italiani che vivono in quel Paese. Nei loro confronti stiamo continuando ad adottare un Piano di rafforzamento del personale presso le nostre sedi diplomatiche e ad incrementare i mezzi a loro disposizione per rispondere al prevedibile aumento delle richieste dei connazionali in difficoltà. Proprio nei giorni scorsi ho disposto, a favore del Consolato generale a Caracas un'integrazione Pag. 8 straordinaria di circa un milione di euro sui fondi per l'assistenza ai connazionali.
  Continueremo anche a ricercare soluzioni per assicurare ai nostri connazionali i generi di prima necessità di cui hanno bisogno, a partire dai medicinali, sperando di trovare una migliore collaborazione da parte delle autorità venezuelane, che finora hanno negato l'esistenza di problemi.
  Più in generale, vorrei sottolineare che le manifestazioni di protesta come quella in corso in queste settimane non possono essere fermate con la forza. La violenza non rappresenta mai una risposta alle legittime istanze della popolazione. Alcuni di voi hanno potuto rendersi conto in prima persona, in questi mesi, di quanto sia grave la situazione nel Paese sudamericano e di quanto incerta sia la sua evoluzione.
  Come ricordato dallo stesso Parlamento in occasione dell'approvazione di atti di indirizzo molto opportunamente promossi dai presidenti Casini e Cicchitto a metà gennaio, la crisi deve essere risolta nel rispetto dei diritti umani, inclusi i diritti civili e politici dell'opposizione, e delle istituzioni democratiche, nel contesto della separazione tra i poteri dello Stato.
  Sono tutti princìpi promossi dalla diplomazia vaticana e nuovamente ribaditi dal Pontefice nei giorni scorsi nel suo accorato appello al Governo e a tutte le componenti della società venezuelana, un appello che, come sapete, è stato ripreso da otto Paesi della regione, i quali si sono associati a Papa Francesco sulla necessità di ricercare al più presto soluzioni negoziate per la crisi politica e istituzionale in Venezuela. Infatti, alle dichiarazioni di Papa Francesco si sono associati Argentina, Brasile, Cile, Colombia, Costarica, Perù, Paraguay e Uruguay.
  L'esclusione dalle prossime presidenziali di un leader come Henrique Capriles e, in generale, la recente decisione del Presidente Maduro di convocare un'assemblea costituente vanno, purtroppo, nel senso opposto. L'assemblea costituente, secondo le stesse parole di Maduro, non dovrebbe, infatti, essere elettiva. Ogni soluzione che non si basasse su una rappresentatività piena del corpo elettorale andrebbe, però, nella direzione opposta al dialogo onnicomprensivo evocato dal Pontefice.
  In questo quadro estremamente preoccupante continuiamo a mantenere uno stretto contatto con i principali attori regionali. Ho recentemente parlato di Venezuela, infatti, con la Ministra argentina e collega Susana Malcorra. Evidentemente continuiamo anche noi a sostenere con pienezza gli sforzi diplomatici della Santa Sede.
  Sull'evoluzione della crisi venezuelana avremo modo di tornare a breve, nella consapevolezza che un confronto con il Parlamento resta fondamentale anche per l'importante ruolo del dialogo interparlamentare.
  Ritengo particolarmente significativo che all'iniziativa interparlamentare regionale promossa dal Presidente della Camera dei deputati brasiliana Maia, il 23 maggio, sia stata invitata anche una rappresentanza del nostro Parlamento.
  In conclusione, ritengo che essere propositivi, reagire prontamente, compiere scelte, far circolare nuove idee e far avanzare la visione italiana sia la strada da continuare a seguire. Oggi – questa è la mia convinzione, già da prima e ancor di più dopo questi quattro mesi e mezzo alla Farnesina – il «che cosa fai» conta molto più del «dove stai», ossia la politica della vetrina, dell'evento scenografico, che tende a privilegiare l'essere stati invitati e l'essere stati presenti all'essere propositivi, è superata, oltre che sterile.
  Partecipare ai fori internazionali ha un senso solo se abbiamo qualcosa da dire e da proporre. L'abbiamo fatto, infatti, a Lucca, lo stiamo costantemente facendo nell'ambito dell'Unione europea e della NATO e l'abbiamo confermato all'UNESCO. Continueremo a farlo in Consiglio di Sicurezza, al G7 di Taormina e anche a Trieste, così come in seno all'OSCE, che a volte percepisco essere un po’ sottovalutata, ma che ricordo essere la più grande organizzazione regionale a livello mondiale.
  Il 2017 ci sta offrendo importanti opportunità e ci impone anche immediatezza Pag. 9d'azione. La politica estera in un tempo ormai dimenticato aveva ritmi lenti. Oggi ha cambiato velocità. Anche le nostre decisioni e le nostre risposte devono adeguarsi al ritmo del tempo e acquisire una velocità molto più sostenuta. In questa sfida dinamica confido molto sullo stretto e immediato raccordo operativo tra Governo e Parlamento ed è per questo che torno a ringraziare le Commissioni affari esteri di Camera e Senato per questa occasione.

  PIERFERDINANDO CASINI, Presidente della 3a Commissione del Senato della Repubblica. Innanzitutto, vorrei ringraziare il Ministro e dire che le sue dichiarazioni, secondo me, sono ineccepibili; si collocano nella tradizione della politica estera italiana e conferiscono a essa dinamismo e linfa nuova.
  Mi sembra che su tutte le questioni geopolitiche affrontate, dall'Iran alla Russia, dalla Turchia ai temi vari, ci sia una grande sintonia con il Parlamento. Vorrei approfondire due cose in modo rapido, anche perché, purtroppo, alle 9.30 abbiamo la seduta per la ratifica di trattati internazionali, che è il nostro compito al Senato.
  La prima cosa riguarda i Balcani Occidentali. Il 12 luglio è una tappa molto importante. Credo che potrebbe essere bello anche pensare a un evento parlamentare sui Balcani nei prossimi mesi, per quello che rimane da fare nella legislatura, caro presidente Cicchitto, perché i Balcani sono fondamentali.
  I Balcani sono, come l'onorevole Manciulli ha rilevato anche nel corso di diversi seminari a cui ho partecipato, area di infiltrazione pesante sia per i finanziamenti sospetti di marca islamista sia per la presenza di foreign fighter particolarmente aggressivi. Inoltre, c'è una sorta di grande difficoltà in questi Paesi. Pensiamo, ad esempio, a quello che sta avvenendo in Macedonia.
  I rigurgiti nazionalisti esistono in gran parte anche per alcune dichiarazioni incaute. Juncker, che il primo giorno che si insedia nell'Unione europea come presidente della Commissione spiega che, durante il suo mandato, non ci saranno nuove ammissioni di Paesi balcanici in Europa, probabilmente ha ragione, ma la sua è una frase sbagliata, perché ha tolto qualsiasi aspettativa e anche qualsiasi incentivo a questi Paesi ad avere atteggiamenti virtuosi, spingendoli in una sorta di rassegnazione.
  È un errore grande. Il 12 luglio – questo è il mio auspicio – dobbiamo far sì che si rilanci e si ridia loro l'aspettativa di un'adesione, di un approdo all'Unione europea. Sappiamo che abbiamo i problemi legati all'opinione pubblica. Sappiamo tutto. Questo, però, deve essere un obiettivo che alcuni Paesi, i migliori, i più virtuosi, possono coltivare.
  Il secondo punto riguarda il Venezuela, e poi ho concluso. La Santa Sede ha detto alcune cose fondamentali, ossia che non ci possono essere soluzioni senza processo elettorale. Con questa proposta della costituente Maduro, di fatto, per le modalità con cui l'avanza, spiega che non ci saranno più elezioni. È una cosa gravissima, così come la situazione dei prigionieri politici che rimangono lì. Questa mattina arrivano segnalazioni che Maduro balla la salsa in televisione, mentre i carri armati sono per le strade di Caracas.
  Su questo tema, Ministro, non c'è solo da fare quello che la Farnesina sta opportunamente facendo, anche rafforzando i presìdi per i nostri connazionali, come il Parlamento vi ha chiesto. C'è anche da rilanciare un'attenzione all'America Latina. Mi rendo conto che siamo nell'anno preelettorale, ma l'America Latina sta cambiando.
  Quello che è successo con l'apertura di Obama a Cuba, che, secondo me, è stata una delle azioni più positive che ha fatto l'Amministrazione Obama, e ciò che è capitato in Ecuador e che sta capitando da altre parti ci dimostrano che nell'America Latina il periodo di un dato populismo chavista sta finendo. Dobbiamo essere sensibili a questo scenario, perché l'Italia ha storia, tradizione e connazionali che sono, tutto sommato, ambasciatori importanti per noi.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Volevo ringraziare molto il Ministro per le sue Pag. 10comunicazioni, che sono particolarmente utili per rivedere quello che sta succedendo in tante parti del mondo, in una fase in cui le cose cambiano molto rapidamente in tanti teatri a noi vicini o per noi strategici.
  Volevo ringraziare, in particolare, per la parte sul Venezuela, che è importante. Non dobbiamo dimenticare quella parte del mondo, che sembra essere lontana, ma che, non solo per la presenza di una folta comunità italiana, deve essere vicina, perché preannuncia una serie di cambiamenti radicali in America Latina.
  La domanda che Le volevo porre riguarda la Libia. Abbiamo guardato tutti con grande attenzione a questo incontro di Abu Dhabi, ricevendo da fonti diverse valutazioni diverse di quanto si è detto in occasione di quell'accordo. Volevo capire qual è la valutazione Sua e della Farnesina rispetto ad un incontro su cui l'Italia ha puntato molto.
  Noi abbiamo sempre sostenuto – lo ricordo bene già dalla Sua prima presenza in queste Commissioni – l'idea che si dovesse parlare e che si dovesse continuare a includere il generale Haftar nel dialogo nazionale. Era la posizione anche del Suo predecessore Paolo Gentiloni.
  Questo è avvenuto, ma non si capisce in che dimensione sia avvenuto. È stato solo un incontro? C'è stato un accordo? Si tratta di un accordo che verrà in qualche senso ratificato davanti ai Paesi che si sono occupati della Libia? Qual è il contenuto di questo accordo? E che valore attribuiamo noi ai contenuti di questo accordo?
  Sappiamo che sulla vicenda libica ci sono in palio, come diceva anche Lei, questioni sicuramente di unità nazionale della Libia, ma anche questioni che sono assolutamente strategiche per l'Italia: da un lato vi è tutto il tema energetico e, dall'altro, vi è il tema della migrazione. Lei ricordava bene sia l'accordo con il Niger sia gli accordi fatti dall'Italia con i vari partner libici. Ci sono tante cose sul tavolo. Qual è la valutazione che diamo di questo importante passo avanti?

  PRESIDENTE. Vorrei che tutti stessimo in questi limiti di tempo.
  Do la parola al senatore Corsini.

  PAOLO CORSINI. L'agenda è estremamente fitta, anche perché siamo in presenza di un processo che definirei di globalizzazione delle emergenze. Mi limiterò a richiamare due focolai, due centri di crisi, che mi stanno particolarmente a cuore.
  La questione del Venezuela, per le ragioni che già sono state enunciate, che, peraltro, evoca un tema più generale, è la dimostrazione del fallimento delle mitologie neobolivariste, che producono sostanzialmente regimi autoritari. Credo che vadano riconfermate le linee della mozione che abbiamo approvato al Senato, che ha per primo firmatario il presidente Casini, perché al suo interno si definisce una raffigurazione del tutto veritiera e realistica e si enunciano linee di impegno per quanto riguarda gli orientamenti della politica estera del nostro Governo, che ampiamente condivido.
  Innanzitutto, vi sono la liberazione dei prigionieri politici e la riaffermazione della non negoziabilità del principio della tutela e della promozione dei diritti umani. Peraltro, è drammatica la situazione socioeconomica e, quindi, si pone la necessità di vedere garantita l'apertura di canali umanitari.
  Ancora, un punto di prioritaria importanza è la necessità che venga ristabilito nella sua pienezza il primato del Parlamento e che venga riaffermata la separazione dei poteri. Se si pensa a quanto ha compiuto la magistratura venezuelana, è evidente che qui viene meno un cardine fondamentale dello Stato di diritto.
  Bisogna, peraltro, come dicevano prima sia il Ministro sia il presidente Casini, riaffermare la necessità che vengano fissate, con una data certa, le consultazioni elettorali, in quanto l'indizione del processo per la formazione dell'assemblea costituente ne costituisce la negazione.
  Credo che la premessa della possibilità di perseguire questi punti – che, peraltro, coincidono con gli obiettivi della diplomazia vaticana – vada ricondotta a un dato di fondo: in quel Paese va ricostruito il dialogo politico, altrimenti la crisi non potrà in alcun modo essere superata. Pag. 11
  Il secondo tema è la Turchia. Credo che in merito noi dobbiamo aver chiaro un dato e un elemento: in Turchia è in atto un processo di affermazione di un nazionalismo autoritario che si regge su una sorta di reviviscenza del mito ideologico ottomano. Credo che non possiamo assolutamente esimerci da un giudizio sulle modalità attraverso le quali è stato portato a compimento il referendum. È fallito il tentativo di trasformare il referendum in un plebiscito, il che dimostra che nella società turca e nel mondo politico turco sono ancora vive delle forze che non intendono adeguarsi a questo processo.
  Secondo me, è fondamentale tener conto di questo dato, perché l'esile filo – alquanto esile ormai – diventerà sempre più esile se Erdogan perseguirà l'obiettivo di legiferare sulla pena di morte. Ha già, peraltro, in qualche misura e in modo estremamente preoccupante, abolito l'immunità parlamentare e sono in atto un processo repressivo nei confronti degli avversari politici e l'esercizio di una forte repressione nei confronti della libertà di stampa e di opinione.
  Dicevo, tuttavia, che, secondo me, il tema della necessità di mantenere vivo un filo di dialogo e un aggancio della Turchia all'Europa è un obiettivo che deve essere assolutamente prioritario. Il contrario significa consegnare la Turchia alla vocazione di un primato regionale e uno spostamento dell'asse fondamentale della sua collocazione in direzione orientale. Credo che per l'Europa questa sia una prospettiva assolutamente negativa.

  ANDREA MANCIULLI. Concordo molto con quello che il presidente Casini ha detto sul tema dei Balcani. In aggiunta a quello che lui ha affermato, vorrei focalizzare un punto.
  Il rapporto con l'Europa, che fino a qualche mese fa stava sotto traccia, sta diventando l'epicentro di una nuova fase nella quale questo è l'elemento negativo che viene stigmatizzato da più parti, ad esempio, da parte dei jihadisti, che in qualche maniera giocano sulle frustrazioni delle guerre balcaniche e dell'Europa che tiene fuori, come elemento di attecchimento. Cosa ancora più grave, in reazione anche a quest'ondata di neoradicalizzazione, giocano su questo sentimento anche i movimenti sovranisti e i movimenti ipernazionalisti che nei Balcani stanno prendendo campo.
  Non vorrei che si sottovalutasse quello che è accaduto in Macedonia all'insediamento del primo presidente di origine albanese e quello che è successo durante la partita di calcio tra Serbia e Albania. Stanno rimontando, da una parte, un nazionalismo molto consistente e, dall'altra, un'adesione al Jihad proprio in contrapposizione con il nazionalismo e con un'Europa che tiene fuori.
  Penso che l'Italia debba approfittare di questa situazione e sono molto d'accordo su un'iniziativa, anche parlamentare, per essere il Paese che più di altri si batte per i Balcani dentro l'Europa. Del resto – lo dico sul tema di cui mi occupo di più – se non abbiamo gli stessi standard di contrasto al terrorismo in Europa e nei Balcani (lo sa bene il Ministro, per il mestiere che faceva fino a poco tempo fa), saremo inefficaci, perché i Balcani sono attaccati all'Europa. Per certi versi, ci sono già Paesi che ne fanno parte. Su questo punto ho concluso.
  L'altra cosa che volevo dire riguarda la vicenda NATO. Credo che, a prescindere dalla simpatia o meno che si possa avere per le nuove leadership politiche, dobbiamo prendere questa nuova fase come un'opportunità, soprattutto per dirimere il tema del rapporto fra la NATO e la difesa europea.
  Da questo punto di vista, c'è una strada abbastanza tracciata, che, per certi versi, ci deve vedere impegnati. Su questo devo lodare non solo le cose che sono state dette, ma anche l'azione del nostro Governo.
  Il tema della spesa, ovvero il nodo vero che l'Amministrazione americana ha posto, come del resto era abbastanza comprensibile, al di là dei proclami, è un nodo vecchio, che non riguarda solo quest'Amministrazione e che, a un certo punto, arriva al pettine.
  Quel nodo può essere declinato in più modi. Può essere declinato indipendentemente, con ogni Paese che l'affronta per Pag. 12conto suo – a mio avviso, in tal caso, non arriveremo a risolverlo – oppure può essere declinato decidendo quali sono le quattro o cinque cose che un'Europa, anche ridotta, ma che abbia convinzione, può affrontare.
  Penso, per esempio, ai progressi di un'industria della difesa che sta più insieme. Questo fronte, con la vicenda, per esempio, dell'acquisizione di STX, che ieri sera, fra le altre cose, nel dibattito elettorale fra Le Pen e Macron è balzata fuori, è un passaggio che, per certi versi, favorisce una dinamica di difesa europea, perché unisce i due principali cantieri navali che riguardano la difesa europea. Quindi, c'è il tema dell'industria della difesa.
  Si aggiunge il tema di alcune capacità che non abbiamo, ossia la capacità satellitare, che richiama investimenti industriali e tutta la dimensione del controllo, e la capacità logistica, per programmare interventi di difesa europea nello spazio che ci circonda. Sono cose che, se facciamo insieme, ci permettono di andare verso il 2 per cento e rafforzano l'Europa.
  Da questo punto di vista penso che, invece di mantenere un dibattito astratto che sta nel passato, si debba portare il dibattito a questo livello per fare un passo in più.

  PRESIDENTE. Anch'io volevo dire alcune cose. Poi do la parola all'onorevole Monaco.
  Sul Venezuela, come su altre cose (vedasi la Russia), non possiamo non fare una valutazione globale. Maduro ha alle spalle Chávez. Non possiamo far finta che questa esperienza non avesse rapporti molto profondi con Cuba e anche con la Russia, perché c'è un filo.
  Inoltre, oggi occorre valutare che impatto abbia avuto sulla situazione cubana l'apertura operata da Obama. È un punto di domanda completamente aperto. Quello che vedo è che c'è un'interpretazione, che viene data anche in Italia, di un attacco imperialista all'esperienza di Maduro che, secondo me, presenta aspetti grotteschi, ma è una questione che rende ancora più drammatico quello che, secondo me, è un colpo di Stato in corso. È evidente che, quando di fronte a un Parlamento che per due terzi è contro si dice che si vuol fare l'assemblea costituente, il dato è questo.
  Passando alla seconda questione, ho ascoltato le osservazioni, essendo d'accordo sull'intelaiatura generale. Tuttavia, il problema che pongo al Ministro e, ancor di più, alla Farnesina, come struttura, è che, mentre auspichiamo il contributo della Russia su vari punti, non possiamo non fare i conti con una strategia russa molto evidente.
  Si tratta di una strategia di grande aggressività su tutti i punti e su tutti i settori in cui è collocata, sia per quello che riguarda l'Ucraina sia per quello che riguarda i suoi rapporti con l'Europa, che – non nascondiamoci dietro un dito – sono preferenziali con chi è contro l'Europa (si vedano Le Pen e alcune forze politiche italiane), sia per quello che riguarda la situazione siriana. I conti con la Russia, secondo me, soprattutto nella dottrina della Farnesina, dobbiamo farli tenendo conto del fatto che la Russia ha una fortissima visione strategica. Bisogna misurarsi con questo.
  Concludo dicendo che sono totalmente d'accordo con quello che è stato detto sui Balcani, tant'è che noi, nella nostra modestia, abbiamo svolto un viaggio in Kosovo e ci ripromettiamo di andare in Bosnia Erzegovina. Condivido interamente quello che ha detto Casini prima, quello che ha detto il Ministro e quello che ha detto poco fa Manciulli. Noi rischiamo che, oltre alla situazione del Mediterraneo e del Medio Oriente, per quello che riguarda i Balcani si apra un altro fronte molto serio, perché ha alle spalle, anch'esso, i precedenti storici che conosciamo.
  Do la parola all'onorevole Monaco.

  FRANCO MONACO. Faccio una battuta soltanto. La relazione del Ministro testimonia un apprezzabile attivismo del Governo italiano sui vari dossier. Se dovessi, però, registrare un limite, che non è imputabile certo né al Ministro né al Governo, sarebbe quello che, mentre si registra questo protagonismo italiano, si registra, ancora una volta e sempre, la circostanza dell'assenza di un protagonismo dell'Unione europea Pag. 13come soggetto. Su quasi tutti i dossier abbiamo registrato puntualmente l'attività del nostro Governo ma quasi sempre è mancato quel riferimento.
  Per parafrasare le Sue parole, è vero che è più importante quello che si fa rispetto a dove lo si fa – mi è chiaro il senso di questa formula – ma è altrettanto importante, e forse di più, il soggetto che lo fa. In questo caso c'è un soggetto puntualmente e sistematicamente assente.
  Io penso che, soprattutto dopo il passaggio di domenica prossima – alludo alla conclusione delle elezioni francesi, naturalmente –, nel quale ci auguriamo, o almeno io mi auguro, un certo esito, forse si aprirà una finestra in cui bisognerà rimettere in testa a tutti i numerosi dossier la questione delle questioni di questo soggetto che si chiama Europa.
  Aggiungo solo una piccola segnalazione-raccomandazione, più che una domanda. Suppongo che il Ministro sia già allertato su questo punto, perché vi ha fatto un cenno. Riguarda la presidenza italiana dell'OSCE. Mi pare occorra un cenno alla priorità circa il Mediterraneo.
  La mia è solo una raccomandazione. In occasione della sessione invernale – io faccio parte di questa Delegazione, anche se partecipo poco, in verità – il nostro Ambasciatore a Vienna ha tanto raccomandato un'attenzione particolare anche dal punto di vista dei presupposti materiali e finanziari. Ci segnalava che la presidenza della Germania ha investito qualcosa come dieci volte tanto quello che si immagina di investire.
  Questo è un profilo minore. L'importante è che, magari, si sfrutti anche quell'Organizzazione, questa specie di ONU europea, per usare un'espressione impropria, essendo una delle organizzazioni internazionali su cui un po’ investiamo.

  ANGELINO ALFANO, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Presidente, mi scusi, intervengo sull'ordine dei lavori. Quanto tempo abbiamo rispetto all'andamento dei lavori della Camera?

  PRESIDENTE. Formalmente la seduta inizia alle 9.30 e le votazioni circa alle 10.

  ANGELINO ALFANO, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Va bene. Vado un po’ in ordine di interventi.
  Sia l'onorevole presidente Casini sia l'onorevole Quartapelle hanno posto una prima questione riguardante l'America Latina. Vorrei sottolineare, come segnale dell'attenzione e della nostra naturale vocazione, non foss'altro per questo straordinario legame rappresentato dalla componente italiana in quei Paesi, che il Presidente della Repubblica si recherà in visita di Stato in Argentina e Uruguay esattamente la prossima settimana, anzi già dalla fine di questa settimana.
  Si tratta di una missione molto articolata, con un programma impegnativo, che investe sia una dimensione politica e istituzionale di rapporto con questi Paesi sia una dimensione di cooperazione economica e di cooperazione culturale, che riguarda il rapporto con le nostre comunità nazionali in questi due Paesi.
  Vorrei che questo fosse colto come un segno di straordinaria attenzione, perché voi sapete il rango e il rilievo che una visita ufficiale di un Capo di Stato ha. Questa è già, di per sé, la testimonianza di questo approccio, che ritengo assolutamente importante, per le ragioni che sono state esposte.
  Un'altra grande questione, sottolineata, in questo caso, specificamente dall'onorevole Quartapelle, riguarda il nostro giudizio di senso, di contenuto, di stabilità e di prospettiva dell'accordo annunciato tra Serraj e Haftar. L'obiettivo del colloquio era quello di avviare una fase di comprensione e di superamento dei contrasti per favorire un dialogo sul futuro assetto politico-istituzionale libico. È mio intendimento politico verificare di persona.
  La mia risposta, dunque, è che voglio verificare di persona, perché il tema è l'accordo in quanto tale, e già questa è una buona notizia, nel senso che è fin troppo fresco e recente il fallimento del tentativo di Al-Sisi di farli incontrare. Quindi, la circostanza che il tentativo emiratino sia Pag. 14andato a buon fine è già, di per sé, una buona notizia.
  Il punto è nell'equilibrio istituzionale tra governo, parlamento e forze armate che viene individuato in questo accordo e la capacità di dare seguito al contenuto di esso. Prima, ovviamente, sarà indispensabile che venga formalmente siglato in qualche posto e con qualche penna che abbia un inchiostro durevole.
  Dunque, la questione a me pare molto positiva. I riscontri che abbiamo dai canali diplomatici – in questo caso, mi sembra fin troppo evidente che i canali diplomatici siano due, cioè le nostre fonti e presenze libiche e le nostre fonti e presenze emiratine – sono comunque confortanti.
  Ha ragione Lei, onorevole Quartapelle, nel senso che qui le sfumature sono diverse. Il punto particolare è anche quello di cosa l'Italia può fare come Paese «fluidificatore», come lo è stato nell'incontro est-ovest che si è verificato pochi giorni fa a Roma. Noi pensiamo di continuare a lavorare con i nostri interlocutori per spingerli ad andare avanti in questa direzione.
  Del resto, non voglio, per ragioni di tempo, ripetere quanto ho appena detto nella mia relazione, ossia il lavoro che abbiamo fatto sull'est, che è un lavoro molto pragmatico, poco ideologico, che ha dato il segnale, dal nostro punto di vista, che per noi la Libia è indivisibile. Non c'è differenza tra est e ovest. Riconosciamo il Governo Serraj in quanto viene, a sua volta, legittimato dalla dimensione ONU, ma certamente le popolazioni dell'est ci stanno a cuore esattamente tanto quanto le popolazioni dell'ovest. Siamo molto preoccupati per ciò che avviene nel sud della Libia e abbiamo lavorato, ovviamente, anche sul versante sud di tale Paese. Credo che questo sia un tema molto importante, su cui occorrerà aspettare i seguiti.
  Pertanto, la proposta che mi sento di fare, aggiornandoci in tempo reale, è che si potrebbe immaginare una riunione in questo stesso formato – ma non mi permetto di dare suggerimenti al Parlamento – in funzione delle evoluzioni, per un aggiornamento specifico sulla Libia, visto che abbiamo tutti ribadito, anche in questa sede, che per noi è la priorità delle priorità.
  Un altro argomento è la questione dei Balcani Occidentali. Sulla questione dei Balcani Occidentali stiamo facendo un grande investimento politico. L'incontro, di cui parlavo poco fa, di fine maggio con i colleghi Ministri degli esteri serve esattamente a questo. Allo stesso modo, abbiamo partecipato il mese scorso a un vertice a Sarajevo per lavorare esattamente su questo obiettivo. Nei Consigli affari esteri dell'Unione europea abbiamo espresso sempre la posizione di questa naturale vocazione, che è la vocazione italiana verso quel versante.
  In filigrana ho letto queste stesse considerazioni in alcuni degli interventi, che non riguardano solamente i Balcani Occidentali. C'è un pezzo di argomento citato poco fa dal senatore Corsini, parlando della Turchia, e anche in qualche altro intervento. Aggiungo che è chiaro che in questa fase geopolitica ci sia anche una partita sulle influenze. L'Europa deve decidere che Europa essere e dentro l'Europa dobbiamo decidere che Italia essere.
  Confido molto che, alla fine, o anche in principio, l'Europa scelga di essere un'Europa grande e larga, che investa molto sui Balcani Occidentali. Non metto in parallelo Balcani Occidentali e Turchia relativamente a tempi e modi di rapporto con l'Unione europea, nel senso che lo status di candidati non dà, in questa circostanza storica specifica, uno status di allineamento rispetto all'obiettivo.
  Quello che voglio dire sui Balcani Occidentali è che non possiamo fare l'errore strategico, come Europa, in questa partita sulle influenze, di consegnarli ad altre tentazioni, che pure fanno parte, per pezzi, ovviamente, della loro storia. Il nostro lavoro, il nostro compito deve essere, anche nella logica delle pertinenti – perché tali le considero – affermazioni dell'onorevole Manciulli, quello di contribuire, attraverso un filo solido che tenga il nostro rapporto con i Paesi dei Balcani Occidentali, ad abbassare sia le tensioni nazionalistiche interne sia le tentazioni di un'adesione quasi ideologica di alcuni segmenti a immaginifici Pag. 15 Califfati derivanti dalle tentazioni del Jihad o del sedicente Stato islamico.
  Cosa intendo dire, ancora più specificamente? Se ci manterremo freddi rispetto a questa prospettiva, saremo ricambiati con una freddezza moltiplicata. Non saremo ricambiati con un atto di amore assolutamente devoto. Pertanto, dobbiamo tenere conto esattamente di ciò e comportarci di conseguenza.
  Sulla questione del Venezuela credo che dobbiamo moltiplicare le nostre iniziative. Ne abbiamo assunte alcune, che sono andate, nei limiti delle azioni diplomatiche, tutte a buon fine. Dobbiamo essere molto, molto attivi su questo dossier. Noi non molliamo la presa su questo dossier.
  Anche sulla questione che riguarda la NATO e la difesa europea sono convinto che ci sia da assumere un protagonismo europeo. Ho una visione – lo confesso – molto degasperiana da questo punto di vista, perché sono convinto che, se la sua proposta, negli ultimi anni della sua vita e nei primi dell'unificazione embrionale delle istituzioni europee, fosse stata accolta, oggi avremmo un'Europa più forte anche nella dimensione di cui parlava l'onorevole Monaco. Avremmo, cioè, una posizione di protagonismo internazionale dell'Europa, che, senza troppi infingimenti, dobbiamo dire sconta il fatto di non essere protagonista militare. Il deficit di protagonismo militare, in termini non di esercizio della forza, ma di potenziale uso di essa, ne determina anche una maggiore debolezza sullo scacchiere internazionale.
  Il mio approccio è esattamente quello che i sistemi debbano essere integrati. Il fatto che ci sia la NATO non toglie nulla a una maggiore postura verso il fronte sud, che potrebbe essere la naturale vocazione europea, perché questo non nega le ragioni esistenziali della NATO e la sua naturale proiezione storica verso est.
  Intendo, più concretamente, affermare che, a mio avviso, dobbiamo spingere molto sul processo di unificazione delle efficienze europee del sistema, perché, se è vero che la somma degli investimenti europei in materia di difesa è circa la metà di quanto investono gli Stati Uniti d'America, non mi pare che la resa, così parcellizzata e frammentata, sia nelle stesse proporzioni e nelle stesse dimensioni rispetto alla proporzione degli investimenti.
  Questa, secondo me, è la linea: realizzare una difesa europea comune, lavorare sempre di più sulla messa in comune delle efficienze, affermare che la NATO è indispensabile e, nel frattempo, andare avanti nella direzione della costruzione di un sistema comune di difesa europeo.
  Quanto alla questione europea più generale, di cui parlavano il presidente Casini e un po’ l'onorevole Monaco, credo che questo lato, ossia quello della politica estera, meriti una sottolineatura relativamente all'impegno dell'Alto Rappresentante Federica Mogherini.
  Non lo dico perché è italiana, ma perché ho potuto verificare, in questi mesi, uno spirito intraprendente e un grande dinamismo sui vari dossier della politica internazionale, facendo quello che si può fare nell'attuale contesto di fragilità di alcune dimensioni istituzionali europee nella proiezione esterna, al tempo stesso, essendo lei assolutamente presente anche con delle iniziative che posso qualificare come un successo. Mi riferisco, per esempio, all'iniziativa tenuta a Bruxelles sulla Siria, così come ad altre iniziative delle quali potrei riferire in questa sede.
  Vi ringrazio di tutto ciò che avete detto. Molte delle vostre considerazioni meriterebbero commenti più approfonditi. Sono sempre disponibile a farli, nella logica di una cooperazione efficace tra Governo e Parlamento.

  PRESIDENTE. Nel ringraziare il Ministro Alfano, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.40.

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