XVII Legislatura

Commissioni Riunite (III Camera e 3a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 8 di Martedì 4 marzo 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Manciulli Andrea , Presidente ... 2 

Comunicazioni del Governo sui recenti sviluppi della situazione in Ucraina:
Manciulli Andrea , Presidente ... 2 
Mogherini Federica (PD) , Ministro degli affari esteri ... 2 
Manciulli Andrea , Presidente ... 5 
Casini Pier Ferdinando , Presidente della 3a Commissione del Senato ... 5 
Manciulli Andrea , Presidente ... 6 
Amendola Vincenzo (PD)  ... 6 
Di Battista Alessandro (M5S)  ... 7 
Picchi Guglielmo (FI-PdL)  ... 8 
Compagna Luigi  ... 9 
Scotto Arturo (SEL)  ... 10 
Romano Andrea (SCpI)  ... 10 
Marazziti Mario (PI)  ... 12 
Cirielli Edmondo (FdI)  ... 13 
Manciulli Andrea , Presidente ... 14 
Chaouki Khalid (PD)  ... 14 
Manciulli Andrea , Presidente ... 14 
Mogherini Federica (PD) , Ministro degli affari esteri ... 14 
Manciulli Andrea , Presidente ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DELLA III COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI ANDREA MANCIULLI

  La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Comunicazioni del Governo sui recenti sviluppi della situazione in Ucraina.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le comunicazioni del Ministro degli esteri Federica Mogherini sui recenti sviluppi della situazione in Ucraina.
  Saluto il Presidente della Commissione esteri del Senato, senatore Casini, e tutti i colleghi presenti. Colgo l'occasione per porgere al Ministro Mogherini, a nome mio molto sentiti, e di tutti i colleghi componenti della Commissione affari esteri dei due rami del Parlamento, i più fervidi auguri di buon lavoro per il nuovo incarico (Applausi), nel ringraziarla per l'immediata disponibilità a riferire al Parlamento sulla crisi ucraina, all'indomani della riunione del Consiglio dei Ministri degli esteri dell'Unione europea.
  Ricordo che, sin dalla giornata di domenica, i presidenti Cicchitto e Casini, nell'esprimere grande preoccupazione e ferma condanna per il dispiegamento dell'esercito russo nella regione di Crimea, sono stati in stretto contatto telefonico con il Ministro Mogherini. Segnalo la straordinarietà della seduta odierna che, in modo inconsueto, precede la tradizionale audizione sulle linee programmatiche che caratterizza l'insediamento di ogni nuovo ministro e che, comunque, avrà luogo nel corrente mese nella prima data utile.
  Credo, tuttavia, che non possa sfuggire a nessuno la crucialità del tema che oggi viene affrontato e, quindi, la necessità di una tempestiva discussione parlamentare.
  Al riguardo, desidero altresì chiedere scusa ai colleghi deputati per la sopravvenuta esigenza di rinviare la seduta sul «decreto missioni» che avrebbe dovuto tenersi a quest'ora, al termine delle votazioni pomeridiane dell'Assemblea. Preannuncio, peraltro, l'iniziativa di audire martedì prossimo, sulle prospettive geopolitiche della crisi tra Ucraina e Russia, i rappresentanti dei principali istituti di ricerca.
  Invito ora con grande piacere il Ministro Mogherini a svolgere il suo intervento.

  FEDERICA MOGHERINI, Ministro degli affari esteri. Sono io che ringrazio voi – le presidenze delle Commissioni ma anche ognuno di voi – per la disponibilità a incontrarci già oggi. Sono rientrata ieri sera da Bruxelles, dove, come veniva ricordato, abbiamo tenuto il Consiglio dei Ministri degli esteri.
  Credo che questa reciproca disponibilità possa essere un buon inizio e un buon segnale non solo per mantenere aperto un canale di informazione reciproca, ma anche – spero – per un confronto vero e nel merito sulle linee di politica estera che il Governo e il Parlamento sono chiamati a mettere in campo in questi giorni.
  So che è piuttosto irrituale tenere questo appuntamento prima del nostro incontro Pag. 3sulle linee programmatiche, ma ritengo che la straordinarietà della situazione in Ucraina consenta questo passaggio. Ribadisco, tuttavia, la mia piena disponibilità a tenere quanto prima anche un incontro con le Commissioni congiunte sulle linee programmatiche di politica estera.
  Per la brevità del tempo che abbiamo a nostra disposizione e per la fluidità della situazione che, come sapete tutti, è in evoluzione in queste ore più che in questi giorni, vi risparmierei la ricostruzione dei fatti delle ultime settimane (se volete, possiamo tornarci nelle conclusioni) e userei questo tempo più che altro per riferirvi puntualmente dei lavori che stiamo provando a condurre in queste ore, delle preoccupazioni che il Governo italiano ha condiviso e sta condividendo con i principali partner internazionali, degli obiettivi che stiamo condividendo e degli strumenti che stiamo provando a mettere in campo insieme ad altri per cercare di sventare gli scenari più preoccupanti.
  Parto dalle preoccupazioni e lo faccio non soltanto per informare, ma anche per avere una condivisione con voi; mi aspetto dalla nostra discussione di oggi anche uno scambio vero, perché la situazione è straordinaria e penso che abbiamo bisogno di lavorare insieme su questo fronte.
  Le preoccupazioni riguardano innanzitutto un'ulteriore escalation dal punto di vista militare, che potrebbe portare, in primo luogo, a una divisione del Paese. Stiamo parlando di un Paese profondamente diviso culturalmente, politicamente, direi quasi storicamente. Quando parliamo di integrità territoriale non parliamo soltanto della questione Crimea, ma anche del fatto che esiste la preoccupazione di tenere insieme un Paese che potrebbe andare incontro, nei prossimi giorni, a una disgregazione.
  Il secondo scenario che ci preoccupa – ed è una preoccupazione che abbiamo condiviso con i nostri partner innanzitutto europei – è quello di un accentuarsi dei toni di tensione a livello internazionale che possono prefigurare nuovi scenari di guerra fredda. Siamo convinti che questo sia assolutamente da evitare, non soltanto per la realtà europea in cui ci troviamo, in cui la Russia è un partner per l'Unione europea e anche per la NATO, ma anche per il ruolo che la Federazione russa sta giocando in diversi scenari internazionali molto importanti. Penso alla Siria, all'Iran e a una serie di scenari di crisi dove il ruolo della Federazione russa negli ultimi anni è stato rilevante e importante.
  Gli obiettivi sono, dunque, fermare l’escalation militare, disinnescare quella che già c’è stata, evitare uno smembramento e una divisione del Paese, con scenari di conflitti interni al Paese stesso che sarebbero devastanti per l'Ucraina, evitare un’escalation dei toni che possa configurare, a livello internazionale, uno scenario di rottura di tensione tra i blocchi che ci riporterebbe indietro, in modo incomprensibile, di diversi decenni e potrebbe pregiudicare altri scenari di crisi a livello internazionale.
  Gli obiettivi, quindi, sono questi: tenere aperta sino all'ultimo momento utile la strada del dialogo, la strada della diplomazia, la strada della soluzione politica, e scongiurare in ogni modo il pensiero o l'azione militare. È un lavoro non scontato e non semplice che tuttavia si sta provando a svolgere in queste ore.
  Quali sono gli strumenti che abbiamo messo in campo in questi giorni per raggiungere questi obiettivi ? Da una parte, un costante collegamento – da parte mia con i ministri degli esteri e da parte del Presidente del Consiglio con i suoi omologhi – con i principali attori del campo internazionale. Mi riferisco ai nostri partner europei e agli Stati Uniti. Io ho avuto modo di parlare anche con Lavrov (lo incontrerò domani a Parigi) e il Presidente del Consiglio è stato in contatto anche con il suo omologo giapponese, in ambito G8.
  È necessario cercare di costruire una rete internazionale, perché siamo consapevoli del fatto che la forza della risposta non sta tanto nell'alzare i toni quanto nell'univocità e nell'unità della voce che può arrivare a Mosca; e anche a Kiev.
  Sottolineo l'importanza del tentativo di costruire un messaggio univoco, unitario, non bilaterale ma multilaterale in qualche Pag. 4modo. A questo fine si è attivato il canale Unione europea: ieri abbiamo avuto un Consiglio molto lungo e molto faticoso, ma anche molto costruttivo; abbiamo lavorato per oltre cinque ore. Credo che abbiate avuto modo di vederne le conclusioni, ma se ci sono domande specifiche su alcuni punti possiamo ritornarci. È stato un lavoro in cui gli obiettivi sono stati chiaramente condivisi in modo unanime. Sugli strumenti c’è stata una discussione un po’ più articolata, ma anche in questo caso è emersa un'indicazione comune.
  Ricapitolando, l'obiettivo è quello della costruzione di un messaggio a livello unitario, di Unione europea. Lo stesso processo, durante il week-end, aveva riguardato il versante G8. Dico «G8» e non «G7» non a caso, perché la decisione da parte di sette Paesi del G8 di sospendere la propria partecipazione alle riunioni previste in questi giorni di preparazione al G8 di Sochi è appunto non la fotografia della fine del formato del G8, ma uno strumento di pressione che però tende a tenere agganciata la Federazione russa in quel forum, che è l'unico che abbiamo per discutere (speriamo costruttivamente) di questioni che riguardano tutti quanti, e in ambito NATO.
  Ho ricevuto poco fa la notizia che la Federazione russa ha accettato la convocazione di un Consiglio NATO-Russia per domani. Credo che sia un segnale molto positivo, che può mantenere il canale del dialogo aperto, anche da questo punto di vista.
  L'idea che la forza del messaggio sia non nell'alzare il tono ma nel far arrivare chiaro e univoco il messaggio stesso l'ho ritrovata stamattina – scusate l'irritualità della cosa – in un editoriale di un grande quotidiano nazionale che credo possa descrivere, molto sinteticamente ma anche molto efficacemente, il tipo di approccio che stiamo tenendo. Se i presidenti me lo consentono, ne leggo una frase: «Rispondere a Vladimir Putin con le sue stesse armi sarebbe per l'Europa un modo veloce, diretto e completamente sbagliato». Credo che questa espressione fotografi la situazione in cui ci troviamo.
  Vi sono altri strumenti, come provare a instaurare un contatto diretto tra Mosca e Kiev. È una cosa straordinariamente complicata, in questa fase, ma al riguardo si sta provando ad attivare alcuni canali. La proposta di gruppo di contatto, alla quale ha lavorato principalmente la Germania ma che abbiamo condiviso anche durante il Consiglio di ieri, è un tentativo. Avrete notato un certo via vai tra le varie capitali europee (e non solo europee, anche Washington) e Kiev. In questi giorni in Europa occidentale abbiamo Lavrov, che ha avuto degli incontri bilaterali e io stessa lo incontrerò domani, come ho già detto.
  Cerchiamo tutti di spingere le due capitali ad avviare un canale di dialogo diretto, cosa complicata ma non impossibile, che potrebbe essere, effettivamente, piuttosto risolutiva. C’è lo strumento della missione OSCE e comunque dell'attivazione di tutti i canali internazionali che possano aiutare ad avere missioni sul terreno per capire la situazione reale non soltanto in Crimea ma in tutta la zona orientale dell'Ucraina.
  C’è poi un elemento su cui in particolare l'Unione europea sarà chiamata ad attivarsi, quello del sostegno al Governo e al popolo ucraino. Questo rischia di essere il punto più delicato anche nel futuro: c’è la necessità di sostenere il nuovo Governo di Kiev, anche impegnandolo a rispettare gli accordi che sono stati sottoscritti prima che la situazione precipitasse, nel senso di una inclusività la più ampia possibile rispetto alle minoranze (che poi tanto minoranze non sono perché, come dicevo, il Paese è profondamente diviso), a non cadere nella tentazione di un eccesso di reazione, il che può aiutare a mantenere i toni più bassi possibili e anche a procedere a passaggi di riforme, non solo economiche ma anche istituzionali, che possano dare al nuovo Governo una piena legittimità democratica. Questo è un punto da tenere molto in considerazione.
  Ci sono, poi, gli aiuti alla popolazione ucraina. Sul versante del sostegno finanziario probabilmente avremo un punto di criticità nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. C’è un coinvolgimento del Pag. 5Fondo monetario internazionale che avrà una sua missione in questi giorni (credo che siano a Kiev già oggi). È chiaro che il Paese è sull'orlo del default e questo chiama a una responsabilità non banale e non scontata, i cui margini sono tutti ancora da verificare.
  Mi rendo conto di avervi disegnato il quadro di una situazione in evoluzione. Questo è anche il motivo per cui il Consiglio di ieri si è sostanzialmente aggiornato ritenendosi «autoconvocato» per seguire gli sviluppi di queste ore. Sono in corso oggi – lo saranno domani e con ogni probabilità lo saranno anche giovedì a Roma – contatti bilaterali e multilaterali tra i principali attori coinvolti. Giovedì stesso si terrà un Consiglio straordinario a Bruxelles.
  È chiaro, quindi, che non vi offro un quadro definito, ma a maggior ragione questo può essere utile per noi per avere un confronto sulla verifica della condivisione tra Governo e Parlamento delle priorità, delle preoccupazioni, degli obiettivi e degli strumenti che stiamo provando a mettere in campo in queste ore, sapendo che il quadro è talmente fluido che potrebbe cambiare tra ore o tra giorni.
  Dunque, vi offro un ragionamento più politico che istituzionale, perché la situazione potrebbe cambiare molto presto; credo tuttavia che sia utile tenere aperto questo canale tra noi per essere sicuri che la posizione che il Governo italiano sta tenendo sia innanzitutto condivisa con il Parlamento e possa anche beneficiare di riflessioni che in questa sede possiamo fare. Tenendo aperto il canale ed eventualmente tornando in Commissione o in Aula, se sarà necessario, nei prossimi giorni e nelle prossime settimane, a seconda di come la situazione evolverà.

  PRESIDENTE. Ringrazio molto il ministro Mogherini per la sua importante esposizione.
  Prima di cominciare il giro dei gruppi parlamentari, ha chiesto la parola il presidente della Commissione esteri del Senato, Pier Ferdinando Casini. Gliela cedo volentieri.

  PIER FERDINANDO CASINI, Presidente della 3a Commissione del Senato. Sarò rapidissimo e anzitutto chiedo al Ministro di consentirmi un'annotazione di metodo: credo che il metodo giusto sia quello di una concertazione permanente, in casi del genere, tra Parlamento e Governo. Ritengo importante che, all'indomani della riunione del Consiglio dei Ministri degli affari esteri dell'Unione europea, ci sia questo incontro tra noi.
  Vorrei esordire con una battuta per i colleghi. Se posso riassumere, la posizione del Governo italiano mi sembra questa: è una posizione non scoppiettante ma giusta. Non facciamo effetti speciali, non eccitiamo gli animi, non sventoliamo bandiere – siano esse le sacrosante bandiere della libertà, della democrazia e dei diritti umani – perché sventolare oggi queste bandiere significa drammaticamente portare l'Ucraina e il popolo ucraino fuori strada.
  Condivido dalla «a» alla «z», più e prima del merito, l'approccio che il Governo italiano ha dato a questa vicenda. Noi non possiamo pensare a una soluzione che prescinda da una stretta concertazione tra Russia, Europa e Stati Uniti. Ci sono interessi vitali della Russia in questa vicenda; ci sono interessi vitali sotto il profilo dell'approvvigionamento energetico dell'Europa; ci sono interessi di una società ucraina al collasso che necessita di aiuti finanziari ingenti.
  Quando diciamo che vogliamo l'Ucraina in Europa – è vero che delle buone intenzioni sono lastricate le vie dell'inferno, ma c’è chi lo dice – forse bisognerebbe contemporaneamente pensare a quanto è necessario assistere quell'economia e quella società e a quanto sia fuori dalla portata dell'Europa questo impegno finanziario.
  Allora, non sventoliamo le bandiere e continuiamo a svolgere questo lavoro prezioso e umile, che tiene presente anche, oggettivamente, i limiti della posizione italiana e della forza del nostro Paese. Credo che questa sia la strada giusta, cercare di scongiurare il peggio, di evitare la separazione del Paese e di lavorare perché Pag. 6Mosca e Kiev si parlino. È fondamentale. In questo senso, vedo che anche la Tymoshenko sta cercando di fare la stessa cosa, perché evidentemente i politici che hanno qualche realismo a Kiev non possono pensare di arrivare a Bruxelles senza passare da Mosca. Questo significherebbe essere fuori dal novero delle possibilità reali.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Casini e, riservandomi di prendere la parola alla fine, do ora inizio al percorso di interventi dei diversi gruppi parlamentari.

  VINCENZO AMENDOLA. Innanzitutto mi preme, a nome del gruppo del Partito Democratico, fare gli auguri di buon lavoro al ministro Federica Mogherini. Credo che le prime mosse del Governo, che appena eletto è entrato in una crisi internazionale di ampia rilevanza, ci facciano ben sperare.
  Intervengo per sottolineare il sostegno alle dichiarazioni e al lavoro fatto dal Presidente Renzi, da lei, Ministro, dal Presidente della Repubblica Napolitano. Questa è una crisi che, al di là degli stereotipi e delle rappresentazioni dei giornali, riguarda il futuro del progetto europeo.
  Lei ricordava che sul tema Ucraina, negli ultimi tre mesi, ha discusso anche questa Commissione (lei è stata protagonista), perché tutto nasce da quel vertice di Vilnius del 28 novembre, da quella rottura nella classe dirigente ucraina, che ci ha portato per tre mesi a una lunga serie di manifestazioni, dove l'opposizione andava contro il Presidente eletto Yanukovych e anche tra l'opposizione abbiamo visto segnali abbastanza preoccupanti, in quanto c'era chi sventolava le bandiere europee, ma anche chi sventolava le bandiere della divisione.
  Non è stata quindi una sorpresa, lei ricorderà tutti i dibattiti fatti in Commissione e in Aula, perché per tre mesi abbiamo visto un film che ci riporta a vent'anni della storia dell'Ucraina: quattro Presidenti della Repubblica (Kravchuk, Kuchma, Yuschenko, Yanukovich), una storia di questo Paese che si trova proprio sulla frontiera di due progetti geopolitici.
  Noi diamo pieno sostegno al lavoro di queste ore sugli elementi che lei ha enunciato: princìpi netti, difesa dell'integrità nazionale, difesa del diritto internazionale, difesa anche di un accordo siglato nel 1997 tra Ucraina e Russia, che prevedeva anche le servitù militari della Crimea, ma dialogo per trovare una soluzione politica e diplomatica in un ambito multilaterale a questa escalation militare annunciata e praticata negli ultimi giorni.
  Saldi princìpi ma forte dialogo per una ragione che lei ha enunciato e su cui torneremo a dibattere, che riguarda proprio il futuro del progetto Unione europea. Ci troviamo a discutere del più grande Paese nel cuore dell'Europa non solo per dimensioni, ma anche per elementi catastrofici di una crisi che dal 2008 ha portato l'Ucraina vicino alla bancarotta, e ci troviamo alla frontiera tra il progetto dell'Unione europea non dell'inclusione, ma dell'associazione, del partenariato con l'Europa orientale, e la nascita di un progetto antagonista, o meglio presentato in maniera antagonista, che è quello dell'unione economica euroasiatica e dell'unione doganale che la presidenza Putin vuole rilanciare da qui al 2015, che divide il destino stesso di intere comunità.
  Abbiamo visto il caso della Bielorussia, che abbiamo condannato in passato e nel presente per una modalità di governo autocratica, e abbiamo visto negli ultimi vent'anni e specificatamente negli ultimi mesi l'Ucraina, la sua classe dirigente e la sua composizione complessa, stratificata nelle stesse regioni considerate russofone o nelle altre regioni. Questa composizione si trova adesso di fronte a un grande enigma.
  Sosteniamo il lavoro che sta facendo il Governo e che sta facendo l'Unione europea, perché una voce unitaria nella risoluzione del conflitto, che apra spiragli di dialogo verso le prossime presidenziali in Ucraina tra la Russia e la classe dirigente di quel Paese, è fondamentale per decidere le sorti non di guerre fredde del passato, ma di una prospettiva futura dell'Unione europea, in cooperazione e collaborazione anche con le prospettive della Federazione russa.Pag. 7
  Sosteniamo l'amicizia con il popolo russo e con la Federazione russa, ma sappiamo come nel recente passato la strategia della Federazione russa (mi riferisco non solo al decennio di guerra cecena, ma anche ad altre crisi che abbiamo vissuto: nel 2008 nella Georgia, in altri territori contesi come la Transnistria in Moldova, nel Caucaso) abbia evidenziato l'esigenza di arrivare a una cooperazione che vada nel rispetto del diritto internazionale: quindi il dialogo sì, ma fermezza dei princìpi e del rispetto.
  L'Ucraina si trova in questa crisi, e il Ministro faceva bene a ricordare anche quanto il nostro approccio a volte sia stato debole. Abbiamo una crisi economica con un debito pubblico di 15 miliardi di dollari e l'Europa ha promesso per i prossimi cinque anni 160 milioni di euro in cooperazione. La Russia ha già promesso 15 miliardi, cedendone già 3 negli ultimi mesi. È una sfida che dal punto di vista delle istituzioni avrebbe un senso, ma quando riguarda il destino del popolo, l'integrità, l'evitare i conflitti, ovviamente ci troviamo a un livello diverso e molto più preoccupante.
  Nella reazione che il Governo italiano ha avuto (non si tratta di fuochi d'artificio scoppiettanti, ma di serietà nell'inquadratura del dossier) credo ci sia la chiave non solo per affrontare questa crisi, evitare un’escalation e riportarla a un tavolo negoziale, ma anche per unire, quella che è la nostra priorità, l'Unione europea, che nelle prime ore dava anche letture differenti, in una visione comune, che riguarda l'attuale crisi in Ucraina, ma anche la prospettiva dei prossimi dieci anni in un territorio che, come ci insegna la letteratura del «grande gioco», è fondamentale per il nostro futuro.
  Questo significa non solo un rapporto di collaborazione tra il Parlamento e il Governo, ma anche lavorare molto per quanto riguarda il semestre, che mai come adesso diventa nella sua grandezza uno degli appuntamenti politici più rilevanti, con aspetti drammatici.
  Come lei, Signor ministro, sosteneva anche in passato, rispetto ai nostri confini abbiamo un problema di vocazione geopolitica verso il Mediterraneo con grandi questioni aperte, a partire dalla Libia, ma anche verso est, su cui negli ultimi decenni – se me lo consente, fuori dalle regole istituzionali – la nostra voce come Unione europea è stata molto debole, molto fragile, e soprattutto, quando si è trovata di fronte a grandi questioni geostrategiche come quella dell'Ucraina, ha assistito impassibile alle crisi.
  A nome del gruppo del Partito Democratico, quindi, diamo tutto il sostegno alla linea che il Governo ha impostato in questi giorni di crisi verso una soluzione basata sul rispetto del diritto internazionale, quindi ferma nella difesa dell'integrità nazionale, ma aperta a un dialogo in cui i protagonisti ci vedano uniti ai nostri partner europei.

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Prima il presidente Casini diceva che abbiamo scelto di non sventolare bandiere, ma non abbiamo scelto, non possiamo più sventolarle.
  Lei sa perfettamente, Ministro, cosa il Movimento 5 Stelle pensa del Governo, di questa maggioranza e del Presidente Renzi. Questo non significa che su temi così importanti non possa trovare la massima disponibilità e collaborazione da parte del Movimento 5 Stelle.
  Innanzitutto, quindi, le facciamo un grande in bocca al lupo per il suo lavoro, la ringraziamo per essere venuta qui rapidamente, dopo essere stata sollecitata dai presidenti Casini e Cicchitto, e le chiediamo a nome del Movimento 5 Stelle un passaggio in Aula, perché la questione non riguarda soltanto le Commissioni esteri o difesa, ma (e ora proverò a fare un discorso politico) anche la Commissione attività produttive o la Commissione affari costituzionali.
  Non possiamo sventolare queste bandiere perché anche in questo caso, Ministro, abbiamo perso una grande occasione per rafforzare la nostra posizione geopolitica e andare in Europa, forti di un accordo con gli anglo-francesi, benvoluti dagli americani stessi, per ammorbidire la Pag. 8Germania, perché il grande scontro che si sta combattendo oggi a livello economico mondiale è quello tra Stati Uniti e Germania, e magari slacciare alcuni vincoli che ci stanno soffocando come cittadini e come Paese, determinati trattati.
  Nell'augurarle buon lavoro, le auguriamo principalmente autonomia e indipendenza, perché ci rendiamo conto che il suo ministero, come questo palazzo, sarà invaso da lobbisti senza scrupoli, da burocrati senza nome, da persone che nei prossimi mesi le busseranno alla porta come bussano alla porta di tanti colleghi qui presenti. Le auguriamo la massima indipendenza da noti tangentari come Scaroni, che sono coinvolti in questa vicenda (Scaroni sarà amico di tante persone anche qui presenti).
  Le auguriamo questo e, se sarà indipendente, sovrana, autonoma, avrà il massimo sostegno da parte del Movimento 5 Stelle, il massimo sui temi, sul metodo e sul merito. Il dramma è il conflitto di interessi, ministro; è sempre lo stesso, perché abbiamo le mani legate, siamo un vaso di coccio tra due vasi di ferro. Questo è un dato di fatto: non abbiamo possibilità di muoverci, perché negli anni sono stati sottoscritti contratti vergognosi, come il Take-or-pay dal Presidente Berlusconi, il quale, tra l'altro, nel 1984 fu presentato a Putin, che si occupava del desk Italy, da Veltroni.
  Il Presidente Berlusconi iniziò a fare affari con l'allora Unione Sovietica, poi diventata Federazione russa, e non ha mai smesso di farli con Putin, e non possiamo neanche più prendere posizioni fortemente contrarie al regime, perché si tratta di regime, di Putin.
  L'ultimo caso è l'ex Presidente Letta, unico premier che va a Sochi e rilascia interviste con la tuta dell'Italia. Il dramma è il conflitto d'interessi e purtroppo il Ministero degli esteri vi è invischiato, perché conosciamo perfettamente le nostre difficoltà di autonomia energetica, e ci aspettiamo quindi da un ministro serio (e confidiamo che lei lo sia) e da un Governo serio che si imponga immediatamente una politica (ci vorranno degli anni) di sovranità energetica.
  Questo deve fare un Governo serio per aumentare il potere contrattuale, il livello di credibilità e di importanza di un Paese sovrano agli occhi dell'Unione europea, degli Stati Uniti d'America e della Federazione russa.
  Questa è l'unica cosa che possiamo fare: accrescere il nostro potere di sovranità alimentare, politica, energetica, altrimenti casi come quello dei Marò non smetteranno di ripetersi, perché il dramma è che non contiamo niente. Non è colpa sua, Ministro, perché lei è appena arrivata, ma è certamente colpa anche del suo partito, di Forza Italia e di altri partiti, perché abbiamo innegabilmente perso questa credibilità.
  Riteniamo che questa vicenda faccia purtroppo emergere con chiarezza e con importanza la questione del conflitto di interessi, perché, se ci sono così tanti interessi tra il nostro Paese e la Russia di Putin, tra dacie, Ville Certosa o lettoni – sappiamo benissimo di che si tratta –, se tanti interessi ci sono tra il Presidente Prodi e Nazarbayev, è difficile per uno Stato e per lei, che è un Ministro degli esteri, un Ministro importantissimo, avere le mani libere per prendere posizione, per sventolare determinate bandiere, qualora decidessimo come popolo sovrano di sventolarle e provare a crescere di importanza strategica, politica, economica agli occhi del mondo intero.
  Volevo dire solo questo, perché lei ci ha chiesto anche un intervento politico e questo abbiamo fatto.

  GUGLIELMO PICCHI. Benvenuta, Ministro, nella nostra Commissione. Il caso dell'Ucraina è un caso abbastanza di scuola: la comunità internazionale per troppo tempo non ha voluto o saputo vedere i due Paesi che c'erano all'interno dei confini nazionali, anche se il risultato delle elezioni in cui è stato eletto Yanukovich fotografava un Paese completamente spaccato a metà, con un ovest del Paese certamente molto più vicino all'Europa e Pag. 9un est e un sud molto vicini, anche per ragioni storiche e di vicinanza geografica, alla Russia.
  Non abbiamo saputo tradurre tutti questi elementi di divisione culturale ed etnica tra i due gruppi e ci siamo trovati a metà della crisi, che è deflagrata con tutta la sua violenza in questi ultimi mesi. Non abbiamo nemmeno saputo interpretare la necessità dell'Ucraina di ricevere quegli aiuti economici che solo la Russia continuava a dare tramite i contratti del gas sempre rivisti al ribasso.
  Questo deve essere un monito per tutti gli altri casi, per tutti quei conflitti congelati, per tutte quelle situazioni che, al di là dell'Ucraina, troppo spesso ignoriamo o non vogliamo vedere. Venendo al caso specifico, mi aspetto che l'Italia abbia un ruolo molto attivo in questa crisi, perché può essere veramente il ponte tra un'ortodossia occidentale e un linguaggio che troppo spesso a ovest non si vuole parlare nei confronti dei russi.
  I russi parlano una lingua leggermente diversa dalla nostra, intendono la politica in modo leggermente diverso dalle cancellerie occidentali. Credo quindi che lo sforzo dell'Italia debba consistere nel diventare il ponte culturale che permetta a tutto l'ovest, agli altri partner del G7 di dialogare con la Russia.
  Gli obiettivi sono giusti, quindi da questo punto di vista ci troviamo con il Governo, ma vogliamo che il Governo sia più attivo di quanto è stato finora, si faccia sentire e divenga promotore di iniziative. L'approccio multilaterale, il messaggio unitario e univoco è sicuramente ciò che bisogna fare, ma bisogna declinarlo in tutti i forum, per cui bene questa convocazione del vertice NATO-Russia.
  Mi permetto di suggerire di utilizzare maggiormente la missione OSCE, perché è uno strumento intermedio più facile da digerire e più conosciuto dai nostri partner, sia dagli ucraini che dai russi. Questo può essere un modo per indurre ad accettare una missione di osservatori, aperta naturalmente ai russi, per frapporsi e quindi essere fisicamente presenti in Crimea.
  Il canale del dialogo deve necessariamente rimanere aperto, dobbiamo fare di tutto per scongiurare e far rientrare l’escalation militare e indurre la classe dirigente di Kiev ad essere estremamente pratica, a guardare non solo all'Europa, ma anche al contesto circostante. Bene, quindi, il viaggio della Tymoshenko a Mosca per parlare con Putin.
  Credo che questa sia la strada da battere e mi aspetto che il Governo sia il più attivo possibile, perché un'Italia forte può far «digerire», anche ai partner meno diplomaticamente flessibili nei confronti dei russi, che la via del dialogo è quella giusta.
  Bisogna però essere attivi, quindi da parte del mio gruppo dichiaro il sostegno alle iniziative del Governo, ma diamoci da fare.

  LUIGI COMPAGNA. Signor ministro, al di là dei profili di legittimità internazionale, le chiederei di tornare brevemente su quanto è accaduto negli ultimi giorni in Ucraina, perché due settimane fa, insieme ai colleghi Picchi e Amendola, abbiamo avuto un attento dibattito all'OSCE, a Vienna, sulla situazione ucraina, e l'atteggiamento non solo di molte delegazioni, ma anche dell'ambasciatore Zannier (vale a dire il versante governativo dell'OSCE) era molto prudente, moderato e misurato rispetto a quanto stava per accadere.
  Da questo punto di vista, è presumibile che nei prossimi giorni o nelle prossime ore la linea su cui si attesterà il putinismo sia una linea di contestazione della delegittimazione di Yanukovich, più che di rivendicazione arrembante, carrarmatistico-territoriale di pezzi dell'Ucraina.
  Nella sua esposizione, anche per ragioni di economia di tempo, lei ci ha detto molto sull'atteggiamento dell'Europa, dell'Italia, dell'Occidente in questi giorni post-delegittimazione di Yanukovich. Sarebbe importante però se avesse elementi per informare il Parlamento sul controllo o meno del Paese che hanno i nuovi governanti ucraini, il cui unico personaggio di un qualche risalto internazionale è l'onorevole Tymoshenko, è in Russia e, Pag. 10secondo alcuni quotidiani, chiede all'Occidente soprattutto la misura di osservatori internazionali, quale grado di delegittimazione etico-civile, oltre che di diritto internazionale, abbia quello che è accaduto tra i palazzi del Governo ucraini e la Piazza Maidan. Grazie e ovviamente auguri di buon lavoro da parte di tutti i colleghi del Nuovo Centrodestra.

  ARTURO SCOTTO. Innanzitutto, a nome del gruppo di SEL, auguri di buon lavoro al ministro Federica Mogherini, che conosciamo da molti anni per l'impegno, la competenza, la grande capacità di lavoro e la grande sensibilità politica, però allo stesso tempo vorrei provare a sviluppare alcuni punti che ovviamente destano in noi una preoccupazione molto seria.
  Lei prima ha parlato di rischi di ripresa di una guerra fredda, di un clima antico che torna a spirare sulle cancellerie europee e rischia di preoccupare il mondo. Credo che l'Italia debba essere una forza, come stiamo provando a fare, ma in maniera molto più energica e molto più forte, che ponga il tema del disarmo e della de-escalation in maniera prioritaria, disarmo perché i rischi di una nuova corsa agli armamenti non sono soltanto nel medio periodo, ma sono già oggi abbastanza concreti.
  Parlo di de-escalation perché è evidente che le cose accadute nel corso degli ultimi giorni producono rischi molto concreti di scontri sul campo e di mandare in frantumi il Paese, perché non c’è solo la vicenda Crimea, ma ci sono anche altre aree dell'Ucraina dove la composizione demografica ed etnica è molto meno segnata, molto più in equilibrio. Qualora l'infezione dovesse diffondersi anche lì, i forti rischi di una balcanizzazione sarebbero da scongiurare in tutti i modi.
  Vanno scongiurati attraverso il dialogo, attraverso un approccio multilaterale, anche attraverso parole chiare. Molte risoluzioni del Parlamento europeo in passato, anche rispetto a scelte di allargamento compiute dall'Europa, hanno messo al centro il tema che non fosse prioritaria un'appartenenza alla NATO, ma potesse essere possibile una politica di neutralità attiva e di partnership che non dovesse necessariamente impegnare sul piano militare.
  Dico questo perché abbiamo ascoltato con grande attenzione le parole dell'ex consigliere di Jimmy Carter, Brzezinski, quando propone un modello di tipo finlandese come sbocco possibile alla crisi Ucraina, dove il tema della doppia partnership può essere sviluppato e dare garanzia e sicurezza a tutti gli interlocutori, a partire da Kiev e Mosca.
  Credo che questa posizione vada presa in considerazione e, se possibile, promossa. Contemporaneamente credo che le parole oggi pronunciate da Vladimir Putin siano estremamente preoccupanti, perché soltanto citare l'intervento militare come risorsa estrema è un tabù che viene rotto.
  Da quelle parole emergono però anche alcuni segnali, e penso che vada fatto un lavoro di ricostruzione di un dialogo, come lei diceva indicando una deadline possibile di dialogo tra le parti. Dobbiamo provare a lavorare su questo terreno, non dimenticando, come evidenziava l'onorevole Amendola, il rispetto dell'integrità territoriale e del diritto internazionale.
  Ci sono rischi concreti che ci si possa appellare anche a vicende del passato, a passaggi che sono stati molto delicati e hanno attraversato l'Europa e le scelte che ha fatto (penso a uno status non molto dissimile da quello della Crimea rispetto all'Ucraina, il Kosovo), che potrebbero rischiare di essere considerati dei precedenti pericolosi.
  Ritengo quindi che dobbiamo provare a lavorare su questo schema: de-escalation, integrità territoriale, futuro politico e democratico nelle mani dei cittadini ucraini, riavvicinamento tra Mosca e Kiev. Grazie e buon lavoro.

  ANDREA ROMANO. Anche noi di Scelta Civica vogliamo rivolgere i nostri migliori auguri al ministro Mogherini, che apprezziamo da anni, di cui conosciamo l'impegno in campo internazionale, quindi Pag. 11il nostro vuole essere un augurio non solo di buona educazione, ma fondato su un apprezzamento di merito.
  Nel metodo, anche da parte nostra, come sottolineava il presidente Casini, c’è l'apprezzamento per la celerità con cui si è voluto informare il Parlamento e nel merito anche la valutazione positiva che facciamo dell'atteggiamento che ha assunto il Governo italiano, che riteniamo essere improntato a un approccio pragmatico piuttosto che ideologico.
  A nostro parere, come sempre il caso russo mostra delle difficoltà e delle caratteristiche che prescindono anche dalle stagioni ideologiche che quel Paese ha attraversato. Anche in questo caso, come accaduto in passato, la difficoltà russa è quella di concepirsi e rappresentarsi in un contesto multilaterale. La difficoltà russa è sempre stata e rimane quella di un Paese che non riesce fino in fondo a concepirsi come un Paese che fa parte della comunità internazionale.
  È quindi giusto, a nostro parere, che il Governo italiano usi gli strumenti della condizionalità e non quelli della minaccia, della condizionalità come strumento che deve mettere in guardia Mosca dalla tentazione dell'isolamento, tentazione che Mosca persegue con regolarità, viene da dire, guardando alle crisi più o meno recenti, un isolamento a cui spesso Mosca si condanna paradossalmente perché vittima di un'insicurezza da cui poi nascono azioni aggressive, come nel caso ucraino.
  La questione non ci pare essere tanto quella di chi sia più occidentale o meno occidentale, ma di quali Paesi (e il nostro auspicio è che tra questi vi sia l'Italia) riescano a esercitare la maggiore pressione affinché Mosca non si condanni all'isolamento e quindi non abbia reazioni di tipo aggressivo.
  Il punto è esercitare gli strumenti del multilateralismo piuttosto che quelli – che l'Italia ha usato negli ultimi anni, sbagliando, nei confronti della Russia – del bilateralismo, per la tentazione italiana di avere con Mosca un rapporto privilegiato, ancorché poco trasparente, perché così è stato. Bene, quindi, che l'Italia rappresenti il suo ruolo verso Mosca come un Paese che si fa forte del proprio essere uno snodo fondamentale di una comunità internazionale, in particolare dell'Europa.
  Finisco con un punto non critico, però forse più problematico sul tema europeo. Mi dispiace che il presidente Casini sia uscito, ma userò anch'io la metafora delle bandiere che sventolano utilizzata un po’ da tutti, perché è troppo efficace per non essere usata. Ha ragione naturalmente il presidente Casini quando dice che la dimensione dell'impegno finanziario attraverso la quale noi potremmo garantire all'Ucraina l'ingresso in Europa è esagerata. Su questo siamo tutti d'accordo, ma non si tratta, forse, solo di un impegno finanziario; si tratta anche – e in questo senso mi sembra che anche in questo caso l'Italia si stia muovendo bene – di usare il tema europeo come una prospettiva di medio, lungo se non lunghissimo periodo, comunque una prospettiva da offrire all'Ucraina.
  Non si può far finta di non vedere come nel conflitto ucraino vi sia il tema europeo. Certamente, però, il conflitto ucraino è più complesso di quello tra europeisti e antieuropeisti. Abbiamo visto bandiere – lo diceva il collega Amendola, ma io forse sarò più esplicito – che si richiamavano espressamente al fascismo, al nazismo. Del resto, l'Ucraina è tradizionalmente un luogo nel quale le ideologie totalitarie hanno avuto un grandissimo brodo di coltura. Insomma, è un conflitto nel quale abbiamo visto anche bandiere che non ci piacevano. Tuttavia, abbiamo visto anche la bandiera europea e allora, prima di discutere anche di quanto ci costerebbe avere l'Ucraina in Europa (è certamente un tema di discussione, ma è evidentemente irrealistico), credo che l'Italia possa anche utilizzare questa bandiera.
  Non spetta certo a me ricordare quanto l'Italia sia in buona posizione per usare la bandiera dell'europeismo e quanto sia utile, in questo caso, anche in termini di lunghissimo periodo, far sapere all'Ucraina che l'Europa comunque non la respingerà, anche perché l'Europa dispone di mille gradazioni per comunque avviare, proseguire Pag. 12o consolidare un percorso di avvicinamento di un Paese come quello nei confronti dell'Europa. Lo dico soprattutto perché quello è un Paese nel quale non c’è soltanto il conflitto tra chi parla russo e chi non parla russo, ma ci sono decine se non centinaia di conflitti etnici, che hanno poi scandito buona parte del Novecento proprio in quella regione d'Europa.
  Rispetto a questa moltitudine di conflitti, avere la certezza, anche di lunghissimo periodo, che ci potrebbe essere un approdo europeo, certamente è una garanzia affinché i conflitti non si ripetano.

  MARIO MARAZZITI. Signora ministro, è un piacere incontrarla all'inizio del suo mandato, ma non è un piacere incontrarla su un tema così complicato. Io – ma credo ciascuno di noi – non la invidio per il fatto di trovarsi di fronte a una questione internazionale così rilevante e così difficile proprio mentre sta prendendo contatto con l'impegnativo e complesso lavoro di Ministro degli esteri. Ha quindi tutto il supporto e la simpatia dei Popolari per l'Italia e del gruppo Per l'Italia.
  Sull'Ucraina noi assistiamo a una grande partita dove si gioca il futuro dell'Europa – Europa come amicizia o come forza gentile – e il Partenariato orientale, ma anche la grande amicizia tra Unione europea e Federazione russa. È una partita dove possiamo consolidare un'idea di Paesi ponte – e l'Ucraina può esserlo – o assistere al fallimento e alla difficoltà radicale di questo progetto.
  Assistiamo negli ultimi anni, e l'Ucraina è il caso più eclatante scoppiato all'improvviso, addirittura a vistosi anacronismi, fino alle rivendicazioni territoriali. Abbiamo assistito, in maniera preoccupatissima, negli ultimi giorni ai toni anacronistici di una possibile pressione militare e di un possibile sbocco estremo verso una soluzione militare. Questi toni anacronistici non possono essere i nostri, non possono essere i toni dell'Unione europea. Sicuramente credo che sia saggia la posizione che è stata evocata di richiamare fermezza sui principi, rispetto del diritto internazionale e delle integrità territoriali. Non vi è alcuna necessità di effetti speciali, ma sicuramente una posizione europea unitaria e consolidata in questa direzione.
  Al tempo stesso, credo che non possiamo lasciare soli né gli ucraini di oggi né i russi di oggi, perché abbiamo la responsabilità dell'amicizia e del partenariato dell'Italia e dell'Unione europea anche con la Federazione russa. In questo senso, credo che la posizione assunta sia saggia: abbassare il più possibile il rischio di involuzione e di scontro militare, avviare un tavolo di trattativa e di dialogo, considerare con rispetto anche i legittimi interessi russi, compreso quello di avere corridoi militari che possono essere considerati vitali. Non possiamo, invece, certo condividere un pensiero anacronistico che si riferisce semplicemente ad aree di influenza e a dipendenze territoriali.
  In questa situazione, il Comitato diritti umani della Camera aveva già lavorato a una risoluzione sull'Ucraina e oggi, pur nello scenario cambiato, questa risoluzione è di particolare attualità. Condividendo le osservazioni del collega Amendola, del collega Scotto e alcune osservazioni del collega Romano, penso che noi dobbiamo evitare qualunque rischio di incoraggiamento a percorsi centrifughi, ma anche far sentire che gli ucraini non sono soli.
  Abbiamo diversi diritti che si scontrano sul terreno dell'Ucraina: abbiamo i primi martiri dell'Europa, per l'Europa, e al tempo stesso legittimi interessi anche di altre nazioni perché quella sia una zona di equilibrio e non una zona che segni una nuova frontiera invalicabile. Inoltre, abbiamo anche il problema di opachi interessi che cercano di utilizzare questa situazione.
  Credo, e concludo, che possiamo lavorare seriamente sul tema della doppia partnership, perché noi crediamo senz'altro che non sia in conflitto un'Ucraina come terra che si trova con grande naturalezza, anche a proprio agio, in un rapporto più forte con l'Unione europea, dove gli interessi russi non debbano per forza Pag. 13sentirsi minacciati. È una partita stretta, ma esiste ed è necessario un pensiero laterale.
  Su questo pensiero laterale credo che noi possiamo ancora lavorare, evitando gli errori che sono stati commessi nei Balcani. Da questo punto di vista, un gesto non eclatante ma unilaterale da parte del Governo italiano potrebbe essere – per far sentire a casa propria gli ucraini senza incidere nel diritto internazionale – ad esempio quello di abbattere il regime dei visti per gli ucraini residenti in Italia, che hanno parenti con sofferenze forti in questo momento. A mio avviso, sarebbe un gesto non solo simbolico, ma indicherebbe una volontà forte dell'Italia a sostenere quanti lavorano, lottano, soffrono e si battono per la dignità.
  Al tempo stesso, possiamo lavorare affinché l'Europa maturi, con i russi e con gli Stati Uniti, un tavolo di lavoro, un gruppo di contatto ed eventualmente – se fossero necessari, ma spero non lo saranno – osservatori internazionali, sapendo che le chiese in questo momento (non solo la Chiesa uniate dell'Ucraina, ma anche la Chiesa ortodossa ucraina e la Chiesa ortodossa di Mosca) possono svolgere un grande ruolo di pacificazione e di ragionevolezza.
  Su questo terreno noi vi sosterremo e siamo a disposizione per qualunque contributo.

  EDMONDO CIRIELLI. Signora ministra, innanzitutto apprezziamo la posizione equilibrata che lei ha tenuto in questa vicenda, ovviamente allineata alle politiche delle nostre alleanze principali ma anche in linea con i valori fondanti dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.
  Tuttavia, credo che dobbiamo anche tenere conto di altre questioni. L'Italia, come la Germania, è un partner importante della Russia di Putin e probabilmente, in maniera realistica, nelle nostre posizioni che lei ha delineato, coerentemente con la nostra collocazione di cui prima ho parlato, dobbiamo anche tenere conto con gesti concreti di ragioni razionali, pragmatiche nel porre la questione tra Russia e Ucraina.
  Credo che sia necessario dare dei segnali che tengano conto della tradizionale amicizia che si è formata in questi quindici anni tra l'Italia e la Russia, e che ha permesso, al di là dei membri dei Governi che hanno pro tempore rappresentato l'Italia sia agli Esteri che alla Presidenza del Consiglio, di seguire una linea che fa sì che l'Italia mantenga un ruolo di partner privilegiato e di mediatore rispetto alla NATO con la Russia.
  Per argomentare meglio questa posizione che vuole essere non cinica, ma realistica, bisogna anche tenere conto della situazione reale. Innanzitutto è notorio che sul piano storico e identitario l'Ucraina non è stata mai una nazione, così come tanti altri Paesi. La sua collocazione all'interno della vecchia Unione Sovietica la rendeva una Repubblica formalmente autonoma come tutte le altre Repubbliche socialiste, con una presenza massiccia di popolazione russofona.
  Anche quella che appare formalmente come un'invasione della Crimea è soprattutto una sommossa non soltanto della popolazione, ma anche delle truppe armate, laddove i nove decimi delle truppe di presunta occupazione russa in realtà sono quasi tutti costituiti da disertori o, come li chiamano i russi, «patrioti militari ucraini» passati armi e bagagli a un'altra organizzazione. Anche di questo bisogna tenere conto.
  D'altro canto, dietro alcune dichiarazioni che appaiono più di facciata di alcuni Paesi dell'Unione europea ma anche del nostro alleato principale, la NATO, appare chiaro come ci si avvii a una sorta di riconoscimento dello status quo. Dopo le brutte figure fatte nella vicenda della Georgia, prima con l'Abkhazia e poi con quella più clamorosa dell'Ossezia, quando in qualche maniera la NATO ha spinto l'allora Presidente georgiano a invadere l'Ossezia, salvo poi lasciarlo solo nella guerra che ne è conseguita, e che, con l'aspetto formale di due regioni autonome all'interno dalla Georgia, di fatto ha creato Pag. 14due Stati sostanzialmente indipendenti e filorussi, appare difficile che la Russia possa tornare indietro, su una strada che l'ha vista già vincitrice nella vicenda della Georgia.
  Non voglio fare un'ampia disamina di valutazioni che sono già ben chiare agli operatori diplomatici, ma credo che non dobbiamo essere noi i più oltranzisti nel difendere una politica dell'Unione europea in cui la stessa Unione ha creduto poco. D'altro canto, abbiamo anche spinto con promesse che forse non potevamo mantenere come Unione europea il popolo di Kiev e il popolo (se può chiamarsi così) di nazionalità ucraina, per poi non essere conseguenti di fronte a una palese violazione dell'integrità territoriale.
  Questa scarsa reattività della comunità internazionale di fronte a gravi violazioni del diritto internazionale che sono sotto gli occhi di tutti deve far riflettere su una politica di dismissione nazionale troppo rapida delle politiche di difesa.
  Purtroppo quanto sta accadendo dimostra che la comunità internazionale reagisce in maniera più o meno rapida nella misura in cui uno Stato è in grado di difendersi da solo, e credo che un grande Paese come l'Italia debba essere in grado di difendersi da solo e non appaltare completamente la sua difesa alle organizzazioni internazionali, al complesso multipolare dell'ONU e alla NATO.
  Credo che quanto sta accadendo debba farci riflettere anche da questo punto di vista.

  PRESIDENTE. Si concludono così gli interventi dei rappresentanti dei Gruppi. Do ora la parola all'onorevole Chaouki, invitandolo alla brevità.

  KHALID CHAOUKI. Semplicemente per unirci al nostro Capogruppo nel rivolgere i nostri migliori auguri e per ribadire un punto, anche alla luce di quello che ha detto il presidente Casini.
  Al netto degli interessi vitali citati, che tutti conosciamo e riconosciamo, credo che uno dei maggiori interessi del nostro Paese consista nel tenere vivo lo spirito dell'Unione europea, che non è semplicemente una bandierina, ma è una bandiera, con il rispetto dei princìpi di libertà, di democrazia e del diritto internazionale.
  Vorrei nella mia ingenuità ribadire alcuni concetti, per evitare di sembrare ostaggio della realpolitik. Realpolitik significa anche capire che oggi, se c’è un patrimonio che l'Europa può spendere non solo verso l'est, ma anche verso il Mediterraneo e il mondo intero, è quel briciolo che ci è rimasto di una storia fondata sul sostegno dei princìpi prima citati.
  Non è semplicemente un invito, perché sono convinto che il Governo farà di tutto, come è stato anche ribadito nel suo intervento, ministro, per sostenere il popolo ucraino. Il suo legame e la voglia di Europa non è semplicemente uno slogan, ma è costato il sacrificio di tante vite, che è bene ricordare in questa sede, e penso che il nostro Paese possa rivendicare un ruolo decisivo in quanto Paese che, dopo la Russia, ospita il numero maggiore di migranti ucraini.
  Forse, in nome di questa presenza (mi lego a quanto espresso dal presidente Marazziti a nome del Comitato sui diritti umani) abbiamo anche la possibilità di spenderci maggiormente rispetto alle richieste dei giovani e del popolo ucraino in questi mesi. Questo riguarda il tema dei visti, ma anche una maggiore disponibilità a valorizzare quello spirito anche sostenendo la maggiore mobilità dei giovani ucraini e le esigenze di ricongiungimento familiare e di mobilità che riguardano gli ucraini non solo nei confronti dell'Italia, ma anche ai familiari attualmente presenti in Russia.

  PRESIDENTE. Do la parola al Ministro degli affari esteri, Federica Mogherini, per la replica.

  FEDERICA MOGHERINI, Ministro degli affari esteri. Grazie mille, presidente. Brevemente, capisco che ci sono impegni d'Aula, ma vorrei tornare su alcuni punti che sono stati sollevati o per sottolinearli o per dare risposte il più possibile puntuali.Pag. 15
  Innanzitutto partirei dal tema sollevato per primo dal presidente Casini, ma poi ripreso da molti. Il compito che abbiamo davanti in questo momento non è quello di «sventolare bandiere» o «fare i fuochi d'artificio», ma di gestire una crisi internazionale estremamente seria nel modo più responsabile, più multilaterale e più costruttivo possibile.
  In questo senso c’è l'impegno di tutto il Governo, un Governo che, come sapete, ha il suo tratto forse anche troppo distintivo nella comunicazione, nella velocità, ma questo è il classico caso in cui invece quello che conta è il lavoro volto al risultato, indipendentemente dagli annunci e da quello che si vede. Tanto del lavoro che stiamo facendo ed è stato fatto è volto a provare a consolidare la strada che abbiamo indicato qui oggi, l'approccio multilaterale e il risultato di tenere aperto lo spiraglio del dialogo.
  Sono molto contenta del fatto che tutti qui si siano espressi in modo favorevole rispetto agli obiettivi che ci stiamo ponendo, ma non vorrei che questo ci facesse perdere di vista il fatto che è un risultato, un obiettivo estremamente difficile. In queste ore Yulia Tymoshenko sta dicendo che il dialogo con i russi non è possibile, il mio omologo Steinmeier ha ripetuto qualche ora fa, dopo un incontro con Lavrov, che i margini per un dialogo sono estremamente ridotti, se non quasi chiusi. Vorrei che fossimo anche consapevoli del fatto che stiamo operando su una linea che ha tutto il sostegno del Parlamento (e ne sono felice), ma potremmo trovarci tra qualche ora o tra qualche giorno a vederla chiusa. Stiamo lavorando appunto per evitare che si chiuda, ma questo non significa che non solo noi ma anche gli altri partner internazionali impegnati su questa stessa strada riusciremo ad ottenere il risultato. Non lo dico per un moto di pessimismo, ma per un dovere di realismo tra di noi.
  Il risultato è innanzitutto – lo richiamava l'onorevole Amendola – quello di non trasformare la frontiera Unione europea-Russia, Occidente-Russia, che corre attraverso l'Ucraina, in un muro, ma in una linea di collaborazione e di partenariato. Questo è il risultato principale.
  C’è il risultato specifico rispetto al Paese Ucraina, ma c’è anche il risultato più generale delle relazioni tra l'Unione europea e un nostro partner fondamentale; un partner non tanto italiano, ma dell'Occidente tutto, della NATO, dell'Unione europea, membro del G8.
  La vera posta in gioco è di non ricreare un muro ai nostri confini o dentro il nostro continente, ma riaffermare la validità della logica del partenariato con la Federazione russa. Riprendo le parole, che condivido molto, dell'onorevole Romano, laddove afferma che il rischio non è tanto quello di essere timidi nel confronto con la Russia, ma quello di incoraggiare o sollecitare la reazione all'isolamento che può portare a un’escalation di aggressività, lungo una china che sappiamo benissimo potrebbe essere molto pericolosa.
  Lo sforzo è esattamente nel senso di utilizzare tutti gli strumenti multilaterali – Unione europea, NATO, G8, OSCE, Nazioni Unite, nessuno escluso – per ricondurre la dinamica delle relazioni a un contesto multilaterale che ci possa consentire non solo di non trasformare quella frontiera in un muro ma anche di lavorare in modo costruttivo su una serie di altri dossier. Penso alla questione del disarmo, citata dall'onorevole Scotto, ma anche a tutti gli altri conflitti aperti, spesso, come diceva l'onorevole Picchi, conflitti congelati. Credo che occuparcene sarà – preannuncio qui un punto delle linee programmatiche di cui discuteremo più avanti – una nostra priorità, poiché ho sempre sostenuto – voi lo sapete essendo innanzitutto miei colleghi – che il modo migliore di gestire i conflitti sia prevenirli. Su questo, dunque, ritengo che ci sarà un'attenzione particolare.
  È chiaro che quanto più riusciamo a rafforzare il contesto multilaterale dentro il quale affrontiamo questi temi, tanto più abbiamo possibilità di risolverli.
  Un ultimo punto riguarda il ruolo dell'Unione europea, cui credo si riferisse l'onorevole Amendola. C’è un punto che ho toccato con mano ieri durante la mia Pag. 16prima esperienza al Consiglio: esiste una necessità forte – l'abbiamo sempre saputo, ma devo dire che viverlo in prima persona fa un effetto diverso – di rafforzare la dimensione di politica estera e di difesa dell'Unione europea e credo che, in particolare, l'esercizio della ricerca dell'unanimità sia faticoso e a volte anche limitativo delle possibilità che l'Unione europea ha di essere un attore rilevante e incisivo.
  Credo che anche questa esperienza di gestione della crisi ucraina possa porre le condizioni per dire che il nostro semestre di presidenza potrà concentrarsi in modo prioritario sul rafforzamento della capacità di politica innanzitutto estera e quindi anche di difesa dell'Unione europea.
  Richiamo un ultimo punto sollevato dall'onorevole Di Battista, che ringrazio molto dell'incoraggiamento e dell'apertura di credito. Per quanto riguarda la disponibilità a un passaggio in Aula nei prossimi giorni, dovremo prima vedere come si sviluppano le situazioni. Una garanzia: posso dire che, esclusi i viaggi, da dodici giorni vivo giorno e notte alla Farnesina e non ho visto lobbisti, ma persone molto competenti, dedite al loro lavoro. Terremo libere le mani per lavorare, non tanto per sventolare le bandiere.
  Conto di poter fare questo lavoro insieme a tutti voi. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio molto il ministro, a cui rivolgo un augurio affettuoso per il lavoro che dovrà svolgere e un arrivederci per l'audizione sulle linee programmatiche.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.30.