XVII Legislatura

Commissioni Riunite (III Camera e 3a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 17 di Giovedì 21 luglio 2016

INDICE


(La seduta comincia alle 15.45) ... 2 

Sulla pubblicità dei lavori:
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 2 

Audizione del Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea, Ambasciatore Maurizio Massari sulle priorità dell'agenda politica europea, con particolare riferimento al processo di uscita del Regno Unito dall'Unione europea (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 2 ,
Garavini Laura (PD)  ... 3 ,
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 3 ,
Garavini Laura (PD)  ... 3 ,
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 4 ,
Massari Maurizio , Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea ... 4 ,
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 4 ,
Massari Maurizio , Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea ... 4 ,
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 7 ,
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 7 ,
Cioffi Andrea  ... 8 ,
Farina Gianni (PD)  ... 8 ,
Di Stefano Manlio (M5S)  ... 9 ,
Cassano Franco (PD)  ... 10 ,
Massari Maurizio , Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea ... 10 ,
Cioffi Andrea  ... 12 ,
Massari Maurizio , Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea ... 12 ,
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri;
Misto-Movimento PPA-Moderati: Misto-M.PPA-Mod.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA III COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
FABRIZIO CICCHITTO

  
La seduta comincia alle 15.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea, Ambasciatore Maurizio Massari, sulle priorità dell'agenda politica europea, con particolare riferimento al processo di uscita del Regno Unito dall'Unione europea.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento della Camera e dell'articolo 47 del regolamento del Senato, del Rappresentante Permanente d'Italia presso l'Unione europea, Ambasciatore Maurizio Massari, sulle priorità dell'agenda politica europea, con particolare riferimento al processo di uscita del Regno Unito dall'Unione europea.
  Voglio cogliere l'occasione per dire che Lei, Ambasciatore, è la vivente testimonianza della ricucitura dello strappo che si era determinato tra il Governo e il Corpo diplomatico per la nomina a quel ruolo di un esponente politico al posto di un esponente del Corpo diplomatico. Con la sua nomina questo strappo viene ricomposto. Mi auguro che quei giovani diplomatici che avevano firmato un documento si trovino tranquillizzati e rassicurati dalla sua nomina.
  Saluto anche il Presidente della Commissione esteri del Senato, senatore Casini, e tutti i colleghi senatori e deputati che sono riusciti a essere presenti malgrado lo slittamento orario imposto dai tempi di votazione della Camera.
  Ringrazio il Rappresentante permanente dell'Italia presso l'Unione europea per la disponibilità a svolgere quest'audizione, che nasce dall'esigenza di approfondire nella sede della Commissione una riflessione avviata dal Presidente Renzi lo scorso 27 giugno, a tre giorni di distanza dal voto britannico. Come altri colleghi qui presenti, sono intervenuto in quell'occasione mosso da una paradossale riconoscenza per i nostri padri costituenti, che saggiamente non hanno contemplato il referendum su materia inerente i trattati internazionali, altrimenti anche noi potremmo trovarci in questi guai.
  Se già non bastasse quello che stiamo vivendo in questi giorni, ricordo che lo scadenzario europeo prevede per il prossimo 2 ottobre due ulteriori appuntamenti ansiogeni: in Austria, per il ballottaggio tra due candidati alla Presidenza della Repubblica, di cui uno di estrema destra; in Ungheria, per un referendum sulla questione dei migranti.
  Al cataclisma di Brexit si è aggiunto, nell'ultima settimana, ben altro, su un altro piano, una nuova ondata di attacchi terroristici perpetrati contro cittadini europei in quanto tali, per finire con il tentato golpe turco, un evento di drammatica rilevanza, gravido di conseguenze imprevedibili sul fronte interno ed esterno.
  Ci troviamo in una sede istituzionale, in cui le nostre analisi devono contenere prospettive di risposta per i cittadini, chiavi di Pag. 3lettura e strategie. Gli equilibri, le alleanze che conosciamo, sono in una situazione di crisi o, nel migliore dei casi, di revisione e di rinnovamento, e i vecchi schemi comunque non reggono più.
  Non c'è dubbio che, di fronte a questa congerie di fatti di grandissimo rilievo e impatto, l'aspettativa nei confronti delle istituzioni europee sia molto elevata, ma è anche alta nei confronti dei governi europei che notoriamente hanno finora pesantemente condizionato Bruxelles, bloccando, rallentando, ostacolando una risposta europea ai problemi, impedendo processi di riforma, come quelli relativi alla governance economica, a politiche fondamentali, a partire dall'immigrazione, alla stessa difesa e politica estera, compresse dalle azioni divergenti dei singoli Stati.
  Pongo allora alcune domande. A Suo avviso, è fondato ritenere che Brexit avrà un impatto negativo sul rilancio del progetto europeo? Vi sono margini ragionevoli per ritenere, invece, che paradossalmente proprio il venir meno della presenza del Regno Unito costituisca la premessa per una ripartenza dell'Europa?
  L'assenza del Regno Unito fa venir meno uno storico contrappeso all'asse franco-tedesco. Questo ci responsabilizza e apre anche scenari nuovi per l'Italia, nuovi e molto complicati.
  Tuttavia, il nostro Paese è ancora esposto alle turbolenze e agli shock derivanti dall'esterno e dall'interno. Lo testimonia certamente la debolezza del nostro sistema bancario, ma è anche vero che il progetto europeo così come interpretato dalla Deutsche Bank e da Schäuble è così unilaterale che appare sostenibile forse soltanto dalla Germania.
  Vi è un clima di ripensamento concreto sulle ben note chiusure in tema di patto di stabilità, di revisione del fiscal compact, di eurobond, di riscrittura del bail-in e di garanzie comuni ai depositi? Ricordo il documento elaborato dal Governo italiano nel febbraio di quest'anno e il progetto di un'autorità fiscale europea.
  Si possono dire superate le tensioni che l'Italia ha sperimentato nei giorni scorsi nel rapporto con la Commissione Juncker? Abbiamo come Italia dei punti di forza nel rapporto con le istituzioni europee? Quali sono gli strumenti più efficaci attraverso cui far leva per difendere e rafforzare il nostro ruolo nell'Unione europea, e quindi per difendere e rafforzare l'Unione europea stessa?
  Il confine tra azione interna e azione esterna è di sempre più ardua definizione, perché le politiche sono interconnesse. Tuttavia, non ne usciamo senza un'idea di Europa che includa l'esercizio di un'azione di politica estera efficace e una visione di lungo termine sul futuro assetto delle istituzioni, a partire dal ruolo del Parlamento europeo. E qui sorgono ulteriori domande.
  Qual è lo stato del dibattito sui trattati europei? Vi è una discussione in atto circa la possibilità di riaprire un discorso di riforme che includa, ad esempio, il superamento del dogma del voto all'unanimità sui temi attinenti le relazioni esterne?
  Mi fermo qua e do la parola al presidente Casini, che fa ampi gesti di diniego, per cui do la parola all'Ambasciatore Massari.

  LAURA GARAVINI. Potrei chiederle, presidente, in via del tutto eccezionale, appunto un'eccezione? Dal momento che, a seguito dello slittamento dei lavori in Aula, purtroppo si deve ritardare così tanto l'inizio dei lavori, e dal momento che purtroppo alcuni di noi sono costretti ad andarsene per i collegamenti già previsti, sarebbe possibile anticipare molto brevemente una domanda aggiuntiva, presidente, a quelle da Lei poste?

  PRESIDENTE. Prego, onorevole Garavini.

  LAURA GARAVINI. Ambasciatore, facendo miei tutti i quesiti posti dal presidente Cicchitto, vorrei sottoporre alla Sua attenzione e chiederLe se non ritenga che, in sede di negoziato tra Europa e Gran Bretagna, in particolare l'Italia potesse rendersi promotrice della tutela dei diritti acquisiti dai cittadini europei attualmente residenti in Gran Bretagna. Pag. 4
  Non Le sfuggirà, anzi Le sarà ben noto che dei circa 3 milioni di concittadini europei residenti nel Regno Unito ben 600 mila stimati sono quelli di origine italiana, anche se registrati all'AIRE risultano soltanto la metà, cittadini che, da un giorno all'altro, si sono scoperti, purtroppo con grande amarezza, extracomunitari, i quali stanno vivendo già da settimane uno stato di particolare tensione, di particolare preoccupazione, anche proprio rispetto alla salvaguardia di una serie di diritti: sociali, previdenziali, di rappresentanza, anche di mantenimento di condizioni legate alle rette scolastiche, universitarie o di accesso a borse di studio per i nostri ricercatori.
  Noi abbiamo una comunità estremamente qualificata e di grande spessore, e dunque il quesito è: ritiene che ci siano margini e intende l'Italia, sia dal punto di vista amministrativo sia a tutti i livelli – chiaramente, anche governativo, come sappiamo essere già stato garantito dallo stesso Ministro Gentiloni, che si è già espresso in materia – porre una grande attenzione a tutela di questi nostri connazionali e concittadini europei?

  PRESIDENTE. Siccome la Presidenza ha caratteristiche di equanimità e Lei, onorevole Garavini, ha fatto questa domanda a nome del PD, allora chiedo se altri colleghi vogliano fare, ognuno per gruppo, una domanda, per un criterio, appunto, di equanimità.
  Andiamo avanti, non ci sono altre domande.

  MAURIZIO MASSARI, Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea. Ringrazio il presidente Cicchitto, il presidente Casini, le onorevoli senatrici, gli onorevoli senatori, le onorevoli deputate e gli onorevoli deputati.
  Cercherò di essere quanto più breve possibile e, soprattutto, di rispondere alle domande che mi sono state poste.

  PRESIDENTE. Non si faccia influenzare dallo stato ansiogeno dei lavori. È un'occasione più unica che rara.

  MAURIZIO MASSARI, Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea. Vorrei dire che senz'altro Brexit è stata un trauma per l'Unione, non c'è dubbio, e allo stesso tempo un test senza precedenti per il futuro dell'Unione.
  Questo è vero dal punto di vista procedurale, perché dovranno essere applicate per il recesso del Regno Unito delle procedure e dei trattati che mai sono stati applicati prima d'ora. Ovviamente, oltre che dal punto di vista procedurale, è un test soprattutto politico, perché si tratta di dimostrare la capacità di coesione e resilienza dell'Unione.
  Sotto quest'aspetto, capitando Brexit anche in una fase in cui l'Unione europea è sottoposta a particolari sfide, molto impegnative – quella economica, le migrazioni, il terrorismo –, si può dire che la stessa Brexit è una specie di “stress test” politico per l'Unione europea.
  Ci sono due dimensioni del problema. C'è quella procedurale, il percorso negoziale, e qui sapete tutti che la procedura di recesso è regolata dall'articolo 50 del Trattato dell'Unione europea, che dovrà essere attivato dal governo britannico. Il negoziato non potrà partire fin quando non ci sarà questa notifica da parte del governo britannico. Vale il principio, sancito anche all'ultimo Consiglio europeo del 28-29 giugno, no negotiation without notification, cioè l'Unione europea non negozierà fin quando non sarà fatta la notifica, da parte del governo britannico, della volontà di recesso.
  Il negoziato – parlo sempre delle procedure – durerà due anni, a meno che, dopo due anni, non ci sia una decisione unanime del Consiglio europeo per prolungarlo. Una volta che verrà concluso, la conclusione sarà opera del Consiglio, che potrà decidere a maggioranza qualificata, previo assenso del Parlamento europeo.
  Questo è il negoziato sul recesso, e, in parallelo, si svolgerà un negoziato sul futuro dei rapporti tra Unione europea e Regno Unito. Qui avete sentito parlare dei vari modelli a cui si fa riferimento: il modello norvegese, cioè piena adesione al mercato unico, le quattro libertà, inclusa Pag. 5quella di circolazione, quindi un contributo anche al bilancio dell'Unione europea, un modello che sembra francamente poco probabile; il modello svizzero, con una serie di accordi che pure garantiscono il pieno accesso alle quattro libertà del mercato interno; il modello di accordo commerciale come con il Canada. Se fallissero tutti questi modelli, i rapporti verrebbero regolati dalla semplice adesione all'OMC. Naturalmente, altri arrangement ad hoc, su misura, potranno essere negoziati dal Regno Unito. Questo vale sotto il profilo delle procedure.
  In attesa della famosa notifica da parte del governo britannico, che comunque non arriverà domani – mi sembra che i tempi siano abbastanza spostati almeno di un certo numero di mesi –, i negoziati avranno una durata – ripeto – minima di due anni, potranno essere prolungati per questo recesso se ci sarà la decisione unanime del Consiglio europeo, in mancanza della quale cade come una sorta di tagliola, e il Regno Unito è fuori. Naturalmente, prenderanno ancora più tempo i negoziati sulle future relazioni tra Regno Unito e Unione europea.
  Quali sono le criticità principali? Innanzitutto, direi di avere la certezza dei tempi che questo processo si svolga in maniera ordinata, senza particolari travagli. Qui è da vedere quale sarà il comportamento negoziale del Regno Unito, che, per il momento, ha professato lealtà e collaborazione; come sapete, ha rinunciato alla presidenza della seconda metà del 2017, e questo è un buon segnale. Rimane, però, come criticità di fondo, la seguente, che vorrei sottolineare: durante i due anni, almeno, di negoziato, il Regno Unito rimarrà membro a pieno titolo dell'Unione europea, quindi sarà presente in tutte le formazioni consiliari; voterà in tutti i Consigli, a meno che non si discuteranno questioni che riguardano appunto il negoziato di uscita; sarà presente anche nel Parlamento europeo, con tutti i settantatré parlamentari; avrà il suo commissario, sebbene probabilmente con un portafoglio più limitato e con scarsa proiezione esterna, ancora da determinare.
  Qual è il punto essenziale? È questo, che avremo due anni almeno di negoziato in cui il Regno Unito, mentre si sta contemporaneamente negoziando la sua uscita; parteciperà a tutte le decisioni dell'Unione europea che riguardano il funzionamento corrente e futuro dell'Unione europea, quindi un piede dentro e un piede fuori.
  Come difendere, in questa situazione un po’ ibrida, un po’ ambigua, gli interessi dell'Unione europea sarà, a mio avviso, la sfida assolutamente principale di fronte alla quale dovremo essere molto uniti.
  Di positivo c'è che nelle conclusioni del Consiglio europeo nel formato a ventisette del 29 giugno scorso, si è fatto stato del principio secondo il quale, per avere accesso al mercato interno, il Regno Unito dovrà rispettare le quattro libertà fondamentali, inclusa la libertà di circolazione. Quest'unitarietà del mercato unico è da considerare assolutamente una linea rossa negoziale. Sugli altri capitoli e negli altri settori, bisognerà vedere quale sarà, in questi anni di negoziato, il comportamento del Regno Unito. Vi sono molti settori in cui, come sapete, per la politica di sicurezza ed estera vale l'unanimità; lo stesso, per la fiscalità.
  Quelli che vi ho descritto, – aspetti procedurali, criticità che si pongono per l'Unione europea, soprattutto in relazione alla difesa dei nostri interessi – sono una parte del discorso che stiamo sviluppando. La seconda parte, non meno cruciale, se non ancor più cruciale, riguarda il futuro dell'Unione europea. Naturalmente, questo tocca molto anche quesiti rivoltimi dal presidente Cicchitto.
  È evidente – lo si è visto anche nella prima reazione dei Capi di Stato e di governo dei ventisette all'indomani di Brexit – che negoziato su recesso e sviluppo futuro dell'Europa sono due processi che vanno di pari passo. L'Unione europea non può permettersi una fase di stallo troppo lunga, c'è necessità di progredire, andare avanti con progressi concreti sulle politiche nei settori in cui è possibile fare passi in avanti. Sul futuro dell'Europa si concentrerà Pag. 6 anche il Consiglio europeo informale di Bratislava a ventisette, il 16 settembre.
  Questi vertici, malgrado l'unità a ventisette, si nutrono delle consultazioni tra i Paesi che hanno maggior peso, tra i quali, anche l'Italia. Abbiamo visto delle consultazioni serrate tra il nostro Presidente del Consiglio, la Cancelliera tedesca Merkel e il Presidente francese Hollande, prima e durante il Consiglio europeo di fine giugno. Ci sarà un ulteriore incontro, a fine agosto.
  Lo scopo di queste consultazioni, come avete visto anche dai comunicati che sono usciti da questi incontri, è proprio dare un contenuto di idee e proposte per il rilancio dell'Unione. Sono stati individuati tre settori in particolare, in cui dovrebbe essere possibile svolgere dei progressi. Il primo è quello della sicurezza e difesa, sicurezza, intesa in senso sia esterno sia interno dell'Unione europea; il secondo è il settore della crescita economica; il terzo basket è quello delle politiche sociali e dell'attenzione ai giovani.
  In questi settori andranno sviluppate delle idee concrete, ripeto, nei prossimi mesi, al Consiglio europeo informale di Bratislava, ma anche successivamente; abbiamo due Consigli europei, uno a ottobre e l'altro a dicembre. Soprattutto, lasciatemi sottolineare l'appuntamento del sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma nel marzo 2017, dove dovremo cercare di puntualizzare quali sono queste idee di rilancio dell'Europa, seguendo anche quella prospettiva ambiziosa che era stata tracciata nel famoso rapporto dei cinque Presidenti delle istituzioni europee nell'autunno del 2015.
  Mi fermerei con quest'introduzione e risponderei, se possibile, alle domande che mi sono state rivolte.
  Quanto all'impatto di Brexit sul rilancio del progetto europeo, devo dire francamente come la penso. Visto da Bruxelles, dai comitati, dal Coreper che mi tocca quasi quotidianamente, credo che sia semplicistico pensare che l'uscita del Regno Unito possa risolvere i problemi di integrazione e di rilancio del progetto europeo. Credo che all'interno dei ventotto – o, anche, ventisette – ci siano troppe dinamiche che non vanno in un'unica direzione e che oggi rendono complesso un movimento lineare e veloce verso l'integrazione europea. Mi riferisco alla visione dell'Europa che hanno i «nuovi» Paesi membri, i Paesi dell'Europa centrorientale. Mi riferisco anche a diverse sensibilità che ci sono tra i principali Paesi stakeholder dell'Unione europea. Parigi, Berlino, Roma hanno visioni e sensibilità non sempre coincidenti. La risposta a questa domanda è: non necessariamente Brexit potrà favorire un rilancio del progetto europeo, a meno che i ventisette non trovino un'unità di intenti e prendano coscienza del fatto che, se non c'è un movimento in avanti verso un'integrazione, politiche concrete che rispondono ai bisogni dei cittadini, se non c'è questo, è uno svantaggio un po’ per tutti.
  L'illusione di poter risolvere i problemi dei rispettivi cittadini a livello nazionale, sottolineando le rispettive sovranità, non è destinata a durare, ma indebolirà soltanto il progetto europeo. Credo, quindi, che ci sarà un problema di forte responsabilità da parte di tutti i ventisette. I principali Paesi (Francia, Italia e Germania), ma anche i Paesi fondatori che si riuniscono regolarmente a livello di ministri degli esteri su iniziativa dell'Italia, quindi compresi i Paesi del Benelux, hanno una responsabilità principale nel trainare in avanti questo processo.
  Quanto al secondo quesito sulla governance economica, francamente non vedo, in questo momento, un grande appetito nelle principali capitali; in particolare, nelle capitali che maggiormente influenzano le regole della governance economica, non vedo prospettive di una revisione di queste regole della governance, dal fiscal compact ai diversi parametri che regolano il funzionamento dell'eurozona. Credo che il trend dominante sia – anche in relazione alle diverse scadenze elettorali che percorreranno tutto il 2017 – quello di implementare in maniera migliore l'esistente, anziché rivedere queste regole. Sappiamo benissimo che queste regole funzionano in maniera non soddisfacente per noi. L'unione bancaria è rimasta un po’ a metà, senza la famosa terza gamba; i meccanismi Pag. 7di risoluzione unica non sono stati completati; c'è il problema del backstop ancora da risolvere. Tutto ciò non farà fare grandi progressi, a mio avviso, per un anno, un anno e mezzo, ma bisognerà tenere viva in agenda questa tematica e, soprattutto, tenere vivi i propositi contenuti in materia nel rapporto dei cinque Presidenti, dove era scritto tutto. Si tratta soltanto, adesso, di come trovare una roadmap applicativa di questi propositi, di questi princìpi.
  Francamente, non vedo neanche appetiti per revisioni dei trattati in generale, convenzioni, nuove architetture istituzionali. Credo che, anziché sulle istituzioni, l'enfasi debba essere posta, in questa fase, sulle politiche, su progetti concreti. È lì che occorre una delivery, una capacità di azione pratica da parte dell'Unione europea, tenendo presente anche una cosa: la dinamica decisionale, in questa fase, è fortemente spostata all'interno dell'Unione europea verso le capitali, in particolare verso il circuito del Consiglio europeo, quindi dei primi ministri.
  La Commissione, in questa fase, non ha una particolare task, un compito propulsivo. Se lo avesse, si scontrerebbe con la volontà degli Stati membri di mantenere nelle proprie capitali i principali poteri decisionali. C'è, quindi, un timone politico dell'Unione europea che è, a mio avviso, saldamente nelle capitali, che naturalmente interagisce con la Commissione e che, tuttavia, non fa da leader del processo d'integrazione. Coadiuva in maniera importante, ma è la volontà politica nelle capitali che determina le possibilità di avanzamento o di stallo sui diversi progetti d'integrazione.
  Vorrei sottolineare il ruolo dell'Italia. Mi sembra che, con un Regno Unito che chiede di uscire, il ruolo dell'Italia si rafforzi. L'abbiamo visto in queste consultazioni a tre con francesi e tedeschi, un formato che io credo sia destinato a consolidarsi, dove occorrerà, naturalmente, essere propositivi, e che dovrà dare però impulso soprattutto al processo decisionale a ventisette. I tre grandi Paesi europei possono proporre, ma ci vorrà poi il consenso dei ventisette Stati membri per far procedere le diverse politiche.
  Senz'altro, sulla questione della tutela dei cittadini italiani, europei, nel Regno Unito, va da sé che l'Italia segue con particolare attenzione quest'aspetto. Voglio, però, dire che fin quando l'Unione europea sarà a ventotto, quindi il Regno Unito sarà parte, full member dell'Unione europea, quest'ultimo avrà diritti e obblighi uguali agli obblighi e ai diritti di tutti gli altri Stati membri. Anche per quanto riguarda il trattamento dei cittadini europei, italiani o non italiani, ma dell'Unione europea, avrà gli stessi obblighi che ha avuto fino adesso.
  Al di là della reazione, che può essere emotiva, dettata dal post-Brexit, in questo momento le cose non cambiano, nei fatti. La tutela è assicurata. Comunque, c'è una forte vigilanza da parte del nostro Governo per quanto riguarda diritti e situazioni dei nostri connazionali nel Regno Unito. Poi, ci sono anche le istituzioni comunitarie, la Commissione e la Corte di giustizia, che vegliano come custodi dei Trattati sul rispetto degli obblighi da parte del Regno Unito.
  Le cose cambieranno quando il Regno Unito cesserà di essere membro a pieno titolo dell'Unione europea. Bisognerà vedere, poi, il tipo di rapporto che costruirà con l'Unione europea. Se sarà un rapporto basato sulle quattro libertà, quindi anche il rispetto della libera circolazione dei lavoratori, è evidente che il quadro non dovrebbe cambiare più di tanto. Se sceglierà un altro modello, per avere delle deroghe in vari settori e capitoli comunitari, tutto andrà visto nel quadro negoziale.
  Se mi consentite, mi fermerei qui per non essere troppo lungo e noioso. Sono pronto a rispondere alle vostre domande.

  PRESIDENTE. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Ringrazio l'Ambasciatore dell'analisi e di aver chiarito alcuni punti che ancora non erano molto chiari. Pag. 8
  Ambasciatore, vorrei farLe una domanda su una Sua valutazione su Brexit come rischio che altri Paesi intraprendano lo stesso percorso e, al tempo stesso, come opportunità per procedere più speditamente in alcuni ambiti e con alcuni Paesi verso un rafforzamento del percorso di integrazione europea.
  Lei ci ha dato conto del percorso negoziale, della posizione italiana, della posizione rispetto al percorso negoziale, ma credo che una Sua valutazione sulle sensazioni da Bruxelles su questi due elementi ci possa aiutare anche nel prosieguo del nostro lavoro.

  ANDREA CIOFFI. Ho, più che altro, delle curiosità. Se non sono male informato – chiaramente, mi correggerà se lo sono – la London Stock Exchange, la Borsa di Londra, ha fatto un accordo con la borsa di Francoforte, la Deutsche Börse, per trasferire la borsa di Londra a Francoforte. Mi sembra che Francoforte dovrebbe avere il 52 per cento del valore totale, anche perché credo che il coordinatore di entrambe le borse sia tedesco.
  Sempre se non sono male informato, il trade dell'euro è fatto dalla borsa di Londra. Se l'informazione è corretta, ogni giorno mi sembra che si muovano 5 mila miliardi di euro in transazioni. Cosa comporta questo, non per le istituzioni, ma per i cittadini europei? Se Londra, che è una piazza quasi esclusivamente finanziaria, perde quella parte finanziaria e trasferisce la propria borsa in Germania, cosa comporta ciò per i cittadini?
  Considerando, come dicevamo, che l'Inghilterra è una potenza industriale molto debole, mi interessa cercare di capire quale sia la ricaduta. Ci sono anche alcuni aspetti interessanti.
  Mi sembra che, come Unione europea, stavamo spingendo, tra le tante cose, per il progetto Interconnector, che serve a collegare il Belgio con la Gran Bretagna, per collegare i tre rigassificatori, molto grandi, che sono in Inghilterra, per aumentare la sicurezza interna della possibilità di importare gas. In quest'operazione è coinvolta anche Saipem. Cosa comporta, per la sicurezza dell'Unione europea, aver perso, nella sicurezza energetica globale, quei tre rigassificatori? Mi scusi se Le rivolgo alcune domande specifiche, ma mi interessa cercare di capire le ricadute reali, principalmente in termini finanziari e in termini infrastrutturali di sicurezza energetica dell'Unione europea, e, quindi, dei cittadini europei. Alla fine, mi interessa la ricaduta sulle persone.
  Lei diceva che il potere decisionale è meno in mano alla Commissione e più in mano al Consiglio europeo. Data la tendenza a darci uno scadenzario, a dirci di fare delle cose nell'interesse delle persone che dobbiamo rappresentare, quindi teoricamente per un'Europa più «sociale», in cui mettiamo al centro il problema principale di dare alle persone delle risorse, qualcosa che faccia capire loro che l'Europa c'è, che le faccia sentire cittadini europei piuttosto che italiani, in ipotesi, nel progetto, questa tendenza individua delle scadenze temporali? Dobbiamo fare queste cose entro una data? Abbiamo dei passi da compiere per far sì che tutto questo abbia realmente ricadute sulle persone?

  GIANNI FARINA. Ringrazio l'Ambasciatore per la relazione, che ha dato un'informazione precisa e corretta di cosa sta avvenendo. Vorrei fare due considerazioni.
  Viaggio molto in Europa e questa Brexit, questo voto non era atteso. Vedo, nelle opinioni pubbliche europee, molta preoccupazione. Questo può essere anche il motivo di una riflessione su cosa dovrà essere l'Europa nel futuro, una volta terminato il negoziato, per la fuoriuscita della Gran Bretagna dall'Unione europea.
  Io faccio una raccomandazione immediata. Il sensazionalismo di queste settimane dopo il «botto» della Gran Bretagna, del popolo britannico, ha introdotto un elemento di fortissima preoccupazione nella comunità italiana, che in Gran Bretagna ha due aspetti fondamentali: è, in parte, una comunità vecchia, anziana, iscritta all'AIRE, di lavoratori poco qualificati di un tempo passato; poi, c'è una miriade di migliaia di nuovi connazionali di alta professionalità, su cui sono state spese anche parole un po’ irresponsabili, di preoccupazione. Io ritengo che il Governo Pag. 9italiano debba fare tutto il possibile per tranquillizzare questa comunità. Non siamo affatto all'anno zero, né alla catastrofe per le cose giuste che ha detto Lei, per la durata del negoziato e perché io ritengo che la Gran Bretagna non sia partita dall'Europa geograficamente, è lì, con tutta la sua forza economica, politica, finanziaria. Certo, siamo preoccupati, ma tutto questo catastrofismo che si sta propagando non ha affatto ragione di esistere.
  Lei ha citato le quattro libertà fondamentali dell'Unione europea, che sono poi le merci, la libera circolazione, i servizi e i capitali. Io credo che su queste quattro libertà non ci sia neanche possibilità di discutere. Queste rimangono. Sono oggetto di trattati fondamentali che non riguardano solo l'Unione europea, ma tutta l'Europa in quanto tale, anche quella di libero scambio. Parlo della Svizzera o della Norvegia. Queste cose, però, vanno dette, perché c'è nella comunità italiana una profonda e grave preoccupazione su cosa avverrà, al di là della gravità del fatto, che nessuno di noi vuole sottostimare.
  L'ultima considerazione riguarda l'avvenire dell'Europa, su cui chiedo a Lei un parere. Ritengo che si possa uscire da questa prova con un passo in avanti, non indietro. Anche su questo punto ci sono troppi pessimismi. Ho introdotto, all'inizio del mio intervento, questo clima di preoccupazione, del vasto mondo popolare, quello più europeo, ma io ritengo che da ciò si possa uscire. Chiedo a Lei una riflessione o un'opinione in merito – naturalmente rinegoziando un po’ tutto, costruendo una cittadinanza europea.
  Mi sembra eccessivo pensare che la Gran Bretagna, con gli interessi sulla difesa – è un partner importantissimo della NATO – possa fare una politica di difesa isolata, che esclude il contesto europeo. Dovremo fare un po’ di chiarezza su tutto questo.
  Credo che un ragionamento profondo, e concludo, si ponga su un'apertura immediata di una riflessione, anche in occasione di storici trattati – il prossimo anno, sappiamo cosa andremo a fare – su come abbiamo costruito questo germoglio d'Europa, per la verità mal riuscito, e su come invece possiamo fare passi in avanti per poterla costruire meglio, con l'assenso di grandi masse popolari.
  L'ultima opinione che Le chiedo riguarda la Gran Bretagna in quanto tale. Io sono convinto, ma è una mia convinzione, che dopo le prime, irresponsabili, battute di scissione dalla Gran Bretagna, la Scozia, il Galles e ed altri, in realtà, quel popolo e quell'isola rimarranno uniti, ma ripeto che è una mia convinzione. Siccome Lei ha la possibilità di avere contatti estesi con tanta parte della diplomazia e delle istituzioni europee, vorrei conoscere la Sua opinione in merito.

  MANLIO DI STEFANO. Ci terrei a specificare che le preoccupazioni espresse in un intervento precedente non riguardano esattamente tutti. Credo che, al contrario, in questo momento la Gran Bretagna abbia una possibilità, che dipenderà ovviamente da quanto la sua politica investirà in questa possibilità che il popolo le ha dato. La responsabilità, più che altro, non è, in questo momento, dell'Unione europea, ma della politica della Gran Bretagna tutta, e, quindi, anche dell'unità che sapranno tenere. Anche le borse, dopo tre giorni di calo, hanno avuto una nuova impennata. Chiaramente, la situazione cambia in base a come si evolverà la situazione degli accordi.
  Per quanto riguarda i quattro accordi fondamentali dell'Unione europea, credo che quello sarà l'ostacolo reale. La Gran Bretagna in gran parte, sia per strumentalizzazioni politiche sia per una situazione reale di disagio, ha fatto il referendum proprio per qualcuno di quei punti fondamentali dell'Unione europea.
  Io vorrei sapere se, più che parlare soltanto di come fare in modo che la Gran Bretagna esca il prima possibile e con quali accordi dall'Unione europea, si stia finalmente iniziando a parlare del perché si è arrivati a questo. Secondo me, infatti, continuiamo, come politica europea, a far finta che, all'improvviso, gli inglesi siano impazziti e, seguendo quattro urlatori di piazza, siano usciti dall'Unione europea. Io credo, invece, che dovremmo per un momento metterci dalla parte, non tanto dei docenti, Pag. 10ma degli allievi, e chiederci perché si è arrivati a questo. Forse scopriremo che è perché l'Unione europea ha preso una direzione legata soltanto al mondo delle banche e della finanza, senza nulla che abbia a che fare con i problemi veri dei cittadini.
  Le chiedo, visto che Lei ha il polso della situazione e del dibattito in seno alla Commissione e al Consiglio – il Parlamento europeo non decide praticamente nulla –, se c'è realmente un dibattito per affrontare i problemi delle decine di milioni di poveri che ci sono in Europa, in questo momento, sulla libera circolazione dei popoli, oggi compromessa, ad esempio, dalla continua rinuncia a Schengen?
  Queste sono le cose che toccano realmente i cittadini, non tanto se stipuleremo un accordo per spostare la borsa di Londra, se i mercati siano in calo o in crescita o cose di questo tipo: c'è questo dibattito o, tra dieci anni, ci troveremo senza l'Inghilterra e senza qualche altro Paese che l'avrà seguita?

  FRANCO CASSANO. Uno degli effetti, almeno seguendo la stampa, di Brexit è stato quello di dire: meno Commissione, come mi pare fosse confermato anche da quello che Lei diceva, e più Consiglio europeo.
  La mia domanda è: come valuta questa strada? Per quello che riguarda l'Italia, conviene che salga nell’hit parade del Consiglio europeo o c'è anche da pensare al fatto che la Commissione, che rappresenta, in genere, i popoli europei – dovrebbe rappresentarli – possa essere una leva importante per cercare di rafforzare l'unità dell'Unione? Diversamente, la mia impressione è che, se tutti i ventisette devono approvare sempre tutto, le difficoltà e le paralisi finiranno per prevalere. È un'impressione sbagliata o la condivide?

  MAURIZIO MASSARI, Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea. Vi ringrazio per le vostre domande, tutte molto pertinenti e molto stimolanti. Cercherò di darvi delle risposte, spero soddisfacenti, partendo dalla fine, per poi andare verso le domande iniziali.
  La domanda sull'ultima Commissione e sul Consiglio europeo è molto impegnativa. Effettivamente, è un dato di fatto che la Commissione sia stata tradizionalmente un organo di impulso all'integrazione europea, e, quindi, per l'Italia rimane fondamentale che la Commissione rimanga al centro dei processi.
  L'abbiamo dimostrato anche in occasione della posizione assunta dal Governo per quanto riguarda la politica commerciale. Eravamo pronti, tra i pochissimi, a sostenere la competenza esclusiva della Commissione nel negoziare e concludere l'Accordo commerciale con il Canada. Abbiamo dovuto fare i conti, poi, con la logica intergovernativa, per cui si è arrivati, alla fine, a una decisione sulla natura mista di quest'Accordo, che richiederà, oltre la firma, anche la ratifica di diversi Parlamenti nazionali, e quindi, chiaramente, un certo allungamento dei tempi.
  La Commissione, dunque, rimane, per noi, assolutamente fondamentale, ma dobbiamo anche fare i conti con la realtà odierna: le capitali, e, quindi, il Consiglio europeo, rivendicano, anche in relazione a quest'ondata di sentimenti anti-establishment che chiamiamo populismo, alcune riserve nei confronti di quella che viene considerata una tecnocrazia, «eurocrazia brussellese», nel detenere il più possibile i poteri decisionali.
  Noi dobbiamo, quindi, fare i conti anche con questa realtà, cioè spingere per quanto riguarda il ruolo della Commissione, ma, allo stesso tempo, adattarci a un contesto come quello attuale, che è decisamente – almeno in questa fase – più spiccatamente intergovernativo. Questo mi porta un po’ alla domanda dell'onorevole Di Stefano, se esista o meno un dibattito non soltanto su quando esce il Regno Unito, ma sul perché si è arrivati a questo punto. Il dibattito c'è, eccome! L'ho accennato in maniera schematica e breve, nella mia introduzione. Sono emersi, dal referendum britannico a oggi, due capitoli del dibattito: quello sui tempi e le procedure di uscita, del recesso del Regno Unito e quello sul futuro dell'Europa. Pag. 11
  Il vertice di Bratislava del 16 settembre è dedicato al futuro dell'Europa, a cosa può fare l'Europa per evitare che ci siano non dico altre Brexit, ma che dilaghi tra i cittadini europei questo sentimento di scetticismo, di distacco dall'Unione europea, dunque su come l'Unione europea possa dare risposte concrete su politiche e progetti concreti in sintonia con le aspettative dei cittadini. Su questo stanno lavorando anche le tre capitali del formato che vi ho descritto. Se si legge il comunicato dopo l'incontro di Berlino del Presidente del Consiglio Renzi, del Presidente Hollande e della Cancelliera Merkel, dove individuano le tre aree in cui l'Unione europea dovrà fare dei progressi, c'è proprio l'area del sociale, dei giovani, dell'occupazione, delle iniziative del programma Erasmus, delle iniziative europee per i giovani. È tutto indicato in concreto.
  La consapevolezza, quindi, c'è, il dibattito c'è. L'Italia lo sta alimentando in maniera particolarmente attiva. Ci rendiamo assolutamente conto che l'Unione europea non può permettersi una fase di stallo, anzi deve reagire al risultato negativo di Brexit con un avanzamento in quelle aree maggiormente sensibili per i cittadini.
  L'avvenire dell'Europa è legato a questo processo rivolto alle politiche concrete in quei tre settori che vi ho indicato, attraverso una forte spinta in questa fase intergovernativa. Sono anche d'accordo su un esagerato catastrofismo che spesso domina nel dibattito. Evidentemente, come ho detto proprio all'inizio, Brexit è senz'altro un trauma, un campanello d'allarme. Ho parlato di stress test politico per l'Unione europea.
  Tutto ciò è vero, ma è anche vero che, purtroppo, passa in secondo piano che ci sarebbe anche una narrativa europea un po’ più positiva, fatta di tanti piccoli passi avanti, che però risulta poco nel dibattito, sopraffatta da questi eventi molto negativi, come Brexit. Parlo dei passi in avanti sul mercato digitale unico, dove si stanno facendo progressi importanti sul tema della portabilità, dell’e-commerce, della riduzione delle tariffe per il roaming. Tutto questo sta avanzando molto rapidamente, e sarà fonte di occupazione, di maggiori diritti per i consumatori e così via.
  L'Agenzia per la guardia di frontiera e costiera avrà un ruolo importante nella gestione dei rimpatri. Questo è un risultato acquisito dalla Presidenza olandese, neanche un mese fa. Il nostro Migration Compact ha rilanciato il tema delle migrazioni nella politica dell'Unione europea.
  In maniera silenziosa, non mediatica, stiamo andando molto avanti. Stiamo dialogando tra Stati membri principalmente interessati – Italia, Francia, Germania, Olanda, Spagna – con la Commissione e con il servizio europeo l'azione esterna, per siglare con i Paesi africani, principali fonti di transito o origine dei flussi migratori, degli accordi di partenariato su misura per ciascuno di essi. Questi saranno conclusi nei prossimi mesi, e poi ci sarà un resoconto a dicembre, al Consiglio europeo.
  Ci sono proposte della Commissione, a settembre, per rafforzare il piano Juncker sugli investimenti, di cui, fino a questo momento, l'Italia è stata tra i principali beneficiari. Dal ricalcolo tecnico sui fondi di coesione, l'Italia ha guadagnato 1,4 miliardi da qui al 2020. Ci sono anche piccole storie di successo, che però passano un po’ inosservate, dunque qualcosa si sta muovendo.
  Passo agli ultimi due punti: rischio e opportunità per l'Europa dopo Brexit. Francamente, dipende da noi ventisette. Assumiamo che il negoziato procederà con il Regno Unito in maniera ordinata e in tempi abbastanza brevi, non si può pensare che, uscendo il Paese più sovranista, il Regno Unito, avremo risolto i nostri problemi interni dell'Unione europea, e che, quindi, questo possa far prevalere le opportunità. È una responsabilità delle capitali, nei ventisette Stati membri, in particolare nei principali Stati membri, come far avanzare questo processo. Può diventare un'opportunità se c'è veramente consapevolezza che non c'è altra strada che quella di andare avanti. È veramente un po’ nelle nostre mani.
  Mi riallaccio al punto della Commissione, che è stata molto criticata sui media. La Commissione conta ed è forte se gli Stati Pag. 12membri vogliono farla sentire forte e vogliono che conti. È sempre una questione della volontà politica che prevale negli Stati membri. Ripeto che i sei Paesi fondatori hanno una responsabilità particolare nel trainare questo processo in avanti.
  Sulla questione posta dall'onorevole Cioffi, dell'impatto dell'Accordo tra London Stock Exchange e Deutsche Börse, è difficile, oggi, fare delle valutazioni. Ci sono studi molto dotti su quale potrà essere l'impatto complessivo di Brexit su tutta quella che è considerata l'industria finanziaria britannica, centro finanziario per eccellenza. Bisognerà vedere tale impatto nel corso del tempo. I servizi dei ministeri dell'economia e delle finanze dei diversi Paesi stanno monitorando, ma è presto per parlare, oggi, di quale potrà essere l'impatto per i cittadini europei.
  Una delle ipotesi, per esempio...

  ANDREA CIOFFI...o tutto a Berlino...

  MAURIZIO MASSARI, Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea. O tutto a Francoforte, ma si dice anche che possa portare opportunità in altre piazze finanziarie. Si è parlato di Parigi, di Milano. Comunque, direi che il dibattito è aperto. Dobbiamo, quindi, un po’ rinviare sulla questione dell'impatto. Non possiamo dirlo, in questo momento.
  Quanto all'accordo con il Belgio per i rigassificatori, francamente sull'impatto di questo specifico progetto voglio dire che l'unione energetica è, comunque, un progetto, un pacchetto di misure molto più complesso, che non può dipendere da un singolo progetto come questo. In effetti, proprio l'unione energetica ha fatto, sta facendo e continuerà a fare, se guardiamo al programma di lavoro della Commissione e del Consiglio nei prossimi mesi, importanti passi in avanti. Non legherei l'impatto di uno specifico progetto alla questione della sicurezza degli approvvigionamenti, alla diversificazione sia dei corridoi sia delle fonti di approvvigionamento. Questo è un discorso molto complesso, che ci vede molto impegnati.
  Certo, l'impatto di uno specifico progetto può essere studiato, ma guarderei la questione in un quadro più complessivo, che è quello, appunto, del progresso della energy union, uno dei progetti più ambiziosi, che avrà anche sviluppi sul versante del mercato elettrico unificato nei prossimi mesi e agli inizi dell'anno prossimo. È un progetto in divenire.

  PRESIDENTE. Aggiungo come Commissione esteri della Camera, perché credo che la Commissione esteri del Senato sia a uno stadio più avanzato, in vista dell'Ufficio di Presidenza, che probabilmente, alla luce sia dei contenuti emersi in quest'audizione, che giudico fondamentale, e dell'avvio presso il Senato di un'indagine conoscitiva delle Commissioni esteri e politiche dell'Unione europea sul tema di Brexit, probabilmente dovremo ricongiungerci anche noi a questo tipo di lavoro. Mi sembra sia un tema fondamentale, che qui, oggi, abbiamo affrontato nei termini generali, ma che va ulteriormente approfondito.
  La ringrazio molto, Ambasciatore, per averci dato una mano a capire di più lo stato della questione.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.50.