XVII Legislatura

Commissioni Riunite (III e XIV)

Resoconto stenografico



Seduta antimeridiana n. 1 di Giovedì 20 aprile 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL FUTURO DEL PROGETTO EUROPEO

Audizione del Presidente della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB), Dottor Giuseppe Vegas.
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 2 ,
Vegas Giuseppe , Presidente della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB) ... 3 ,
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 7 ,
Buttiglione Rocco (Misto-UDC)  ... 7 ,
Causi Marco (PD)  ... 8 ,
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 8 ,
Tancredi Paolo (AP-CpE-NCD)  ... 8 ,
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 9 ,
Causi Marco (PD)  ... 9 ,
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 10 ,
Buttiglione Rocco (Misto-UDC)  ... 10 ,
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 10 ,
Tancredi Paolo (AP-CpE-NCD)  ... 10 ,
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 10 ,
Vegas Giuseppe , Presidente della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB) ... 10 ,
Tancredi Paolo (AP-CpE-NCD)  ... 11 ,
Vegas Giuseppe , Presidente della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB) ... 11 ,
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 11 

ALLEGATO: Presentazione informatica illustrata dal Presidente della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa, Giuseppe Vegas – Implicazioni della Brexit sul mercato finanziario ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista: MDP;
Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD: AP-CpE-NCD;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile: SI-SEL-POS;
Scelta civica-ALA per la costituente libera e popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Civici e Innovatori: (CI);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri;
Misto-UDC: Misto-UDC;
Misto-Alternativa Libera-Tutti Insieme per l'Italia: Misto-AL-TIpI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
FABRIZIO CICCHITTO

  La seduta comincia alle 8.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione del Presidente della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB), Dottor Giuseppe Vegas.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno della seduta odierna delle Commissioni III e XIV reca l'audizione del Presidente della Commissione Nazionale per la Società e la Borsa (CONSOB), il Dottor Giuseppe Vegas, che ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori.
  L'audizione del Dottor Vegas apre il ciclo di audizioni in cui si articolerà l'attività dell'indagine conoscitiva sul futuro del progetto europeo, che è stata deliberata dalle Commissioni riunite il 7 marzo 2017 e che ha l'obiettivo finale di verificare l'attualità della strategia europea e le sue prospettive di sviluppo, con particolare riferimento alle aspettative e ai bisogni delle giovani generazioni, partendo da un'attenta riflessione sulle principali criticità evidenziate dal progetto comunitario.
  Ricordo che il Dottor Vegas ricopre l'incarico di Presidente della CONSOB da novembre del 2010 e che, in precedenza, è stato per due volte viceministro dell'economia e delle finanze e, quindi, ha una competenza a trecentosessanta gradi.
  Io vorrei porLe tre questioni di fondo. In primo luogo, c'è un rapporto di fondo fra la Borsa d'Inghilterra e la Borsa italiana. Questo pone dei problemi delicatissimi, anche perché, se non sbaglio, c'è una specializzazione per cui la Borsa italiana è particolarmente concentrata nell'acquisto e nella vendita dei titoli di Stato. Evidentemente, di fronte alla vicenda Brexit, questo apre dei problemi enormi. Direi che sono pregiudiziali, per certi aspetti, a tutto e anche alle altre questioni che vorrei porre.
  La seconda questione riguarda il bail in, rispetto al quale dobbiamo fare un'autocritica, che attiene, però, in primo luogo, alla Banca d'Italia, in secondo luogo, al Ministero dell'economia e delle finanze, meno alla CONSOB e anche al Parlamento. Infatti, sulla faccenda del bail in non ci si è misurati, con la dovuta attenzione, con il fatto che anche l'eventuale crisi bancaria veniva posta a carico dei risparmiatori. Questo è un punto di straordinaria delicatezza, che si è riflesso negativamente su tante vicende che sono davanti a noi.
  Il terzo interrogativo che Le voglio porre riguarda luci ed ombre del ruolo di vigilanza della BCE (Banca Centrale Europea) rispetto ai sistemi bancari. C'è chi sostiene che questa vigilanza sia molto occhiuta nei confronti di banche appartenenti ad alcune realtà europee e meno rigorosa rispetto ad altre. Può darsi che questa sia un'interpretazione malevola, però sta sul tappeto.
  Non so se il presidente Bordo vuole aggiungere qualcosa. Io mi fermo qui, in modo tale da dare al Presidente Vegas, che ringraziamo davvero per aver accolto immediatamente il nostro invito, lo spazio per poter rispondere a queste domande e per altre valutazioni che ci vorrà sottoporre.
  Do la parola, quindi, al Presidente Giuseppe Vegas per lo svolgimento della sua Pag. 3relazione, che prevede anche una presentazione informatica, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi Allegato).

  GIUSEPPE VEGAS, Presidente della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB). Grazie, presidente, per l'occasione di questo incontro. Io farò una breve introduzione di carattere generale e poi risponderò alle domande. Sicuramente quelle relative al bail in e alla BCE sono domande che riguardano più direttamente le autorità di controllo del mercato creditizio.
  Ho preparato qualche slide. Il meccanismo della Brexit è noto, quindi non starò a ripetere quello che è contenuto nella prima slide, perché sappiamo come sta andando.
  La novità è che la Gran Bretagna ha deciso di andare ad elezioni. Vedremo se queste elezioni serviranno a rafforzare la linea verso una hard Brexit oppure verso una soft Brexit, se cioè aumenterà la capacità di trattativa della Gran Bretagna nei confronti dell'Unione europea o meno.
  Per quanto riguarda l'interesse dell'istituto che io rappresento – ovviamente non entrerò nella materia relativa al movimento di persone e cose di questo genere – ci sono due questioni fondamentali. Una è quella del libero scambio di beni e servizi tra Europa e Regno Unito. Ovviamente, se il Regno Unito esce dall'Europa, bisognerà vedere se la discussione dovrà avvenire su base «Unione europea versus Regno Unito» oppure «Paese contro Paese». Gli inglesi preferirebbero un approccio bilaterale Paese su Paese ma non so se questo sarà consentito; dipenderà dal tipo di procedura che metterà in campo l'Unione europea.
  Per quanto riguarda, invece, più specificamente il mondo della finanza, ovviamente si pongono dei problemi molto seri che fanno sorgere rischi, ma forse anche qualche opportunità.
  In particolare, il nodo principale attorno a cui ruota la questione dell'uscita del Regno Unito dall'Unione europea concerne la passaportazione dei prodotti finanziari. La passaportazione significa che, se io produco un fondo o un'obbligazione nel mio Paese, che è nell'Unione europea, posso esportarlo negli altri Paesi dell'Unione semplicemente con l'autorizzazione del Paese di nascita del prodotto e con i controlli successivi e l'implementazione sempre da parte del Paese di nascita.
  Questo meccanismo, quindi, consente al Regno Unito di creare un prodotto finanziario, venderlo in Europa, controllarlo e avere, però, la base in Gran Bretagna. Dipenderà dalle trattative, ma è ragionevole pensare che questo non sarà più concesso per il futuro. D'altronde, se il Regno Unito ha deciso di uscire, non avrebbe senso, altrimenti la stessa cosa si potrebbe fare con fondi americani, svizzeri o di Hong Kong. Se la Gran Bretagna esce dall'Unione europea, non ci sarà più il passaporto e, quindi, dal punto di vista delle finanze, si porrà la questione di cosa bisogna fare con i fondi.
  Come vediamo nella terza slide, Londra dovrebbe perdere teoricamente il ruolo di centro finanziario di riferimento del mercato europeo per l'Eurozona. Infatti, su certi prodotti finanziari, come i clearing, i titoli over-the-counter (OTC) o sottobanco, come si suol dire, e i derivati Londra è il mercato fondamentale, che tratta anche titoli denominati in euro. Questo teoricamente non dovrebbe più avvenire nel futuro, quindi teoricamente (vedremo come andranno le trattative) tutta questa massa di titoli prodotti e, quindi, anche di aziende che li confezionano dovrebbe in qualche modo delocalizzarsi.
  Le strade che potranno essere scelte nella trattativa teoricamente sono due. Una è quella di cercare una collaborazione con l'Unione europea, trovando un meccanismo che consenta di entrare nell'ambito dello spirito continentale, che è un po’ meno pro-mercato rispetto a quello del Regno Unito. La seconda è compiere il salto direttamente e diventare una specie di centro offshore vicino al continente che consenta movimenti molto più ampi. È ovvio che, se ciò avvenisse, probabilmente ci sarebbe una reazione abbastanza forte da parte dell'Unione europea.
  Teniamo conto che Londra, peraltro, è un centro molto importante per l'ingrosso Pag. 4dei prodotti finanziari, mentre, per esempio, l'Italia funziona meglio come centro per piccoli risparmiatori.
  C'è poi la questione delle due agenzie europee che hanno sede a Londra: l'EBA (European Banking Authority) e l'EMA (European Medicines Agency). Come è noto, il Governo italiano ha nominato un consigliere straordinario del Presidente del Consiglio per cercare di attirare a Milano l'EMA, che è l'agenzia europea del farmaco e, quindi, ha riflessi molto importanti anche dal punto di vista tecnologico e dell'industria. La decisione ovviamente sarà presa il 27.
  Per quanto riguarda l'EBA, l'autorità che si occupa delle banche, probabilmente, in un'ottica di revisione complessiva delle tre autorità europee (quella delle banche, quella del mercato finanziario e quella delle assicurazioni), essa è destinata ad avere un futuro non particolarmente brillante, quindi importare l'EBA a Milano può anche rivelarsi parzialmente inutile, se poi, a livello europeo, si deciderà di superare questo soggetto.
  Ovviamente si tratta di vedere quali tipi di imprese possono essere esportate, perché in Europa si è aperta una sorta di gara per vedere chi si accaparra prima le spoglie del Regno Unito. Non sarà facile ovviamente accaparrarsi tutte le spoglie. Si tratta di vedere che parte ciascuno può cercare di portare nel suo Paese.
  Teniamo conto che da noi, in Italia, operano 51 imprese di investimenti, 16 banche britanniche con succursale, 1.992 imprese di investimenti e 87 banche in libera prestazione di servizi (non con la sede, ma con la passaportazione), 4 società di gestione del risparmio, 26 società di gestione del risparmio in libera prestazione, 32 imprese che operano in connessione diretta sui mercati regolamentati gestiti dalla borsa e 14 primary dealer, ovvero operatori principali con funzioni di market maker, che fissano, con la contrattazione, il prezzo delle azioni in borsa.
  Chiaramente sono molte anche le imprese italiane che lavorano in Gran Bretagna. Si pone, quindi, un problema. Se la Gran Bretagna sarà costretta a far andare qualche impresa all'estero, bisognerà vedere come riusciremo a trarne vantaggio, tenendo conto che la piazza di Milano è una piazza molto interessante, perché in Lombardia lavorano circa 60.000 persone nel settore della finanza, che arrivano a 120.000 contando anche il settore delle assicurazioni. Si tratta di mantenere questo livello di occupazione, perché, se prende piede l'idea di spostare le attività verso un altro centro off shore, queste persone potrebbero andar via. Francamente sarebbe un serio problema. Si tratta di mantenere questo livello di occupazione e di reddito e cercare, anzi, di implementarlo.
  Bisogna operare per cercare di rendere competitivo il sistema nazionale comunque, a prescindere dalla Brexit. In occasione della Brexit ciò è tanto più interessante.
  Per fare questo, però, bisogna fare un passaggio ulteriore rispetto alla questione della passaportazione. Abbiamo visto che con la passaportazione si possono esportare i prodotti finanziari. La passaportazione ragionevolmente non potrà più esserci. Si va verso un sistema di creazione di sedi secondarie e di delocalizzazioni da parte delle imprese britanniche. L'impresa britannica ha una sede principale a Londra e poi ha una sede secondaria in un Paese dell'Unione europea e da lì vende i prodotti negli altri Paesi dell'Unione europea.
  Questo dipenderà ovviamente dalla trattativa europea. Io credo che il nostro Paese sarà molto fermo nel pretendere che non vi possa essere un meccanismo di letterbox (cassetta delle lettere), come è successo nel passato a Cipro, dove ci sono sedi in cui in un appartamento ci sono 20.000 imprese, che lavano il prodotto, lo distribuiscono negli altri Paesi europei, senza nessun controllo. Ciò ovviamente non funziona, perché significa sostanzialmente creare un meccanismo di off shore differito.
  Il meccanismo che noi vorremmo è quello nel quale le imprese che delocalizzano, la frazione dell'impresa che viene delocalizzata o la direzione vanno in un Paese nel quale si vendono questi prodotti per una percentuale ragionevole. Io non posso andare in un Paese che non ha risparmio e da Pag. 5lì prendere i risparmi di altri Paesi, come avviene oggi.
  Questa è anche l'occasione per cambiare il meccanismo. Per esempio, il risparmio italiano che acquista un certo tipo di fondo estero deve essere trattato come viene trattato in Italia, cioè con livelli di tutela superiori, e il fondo estero non può essere stabilito in un Paese dove non c'è nessun risparmio, ma che semplicemente fa da veicolo, come succede oggi, senza partecipare in misura ragionevole alla vendita di questo prodotto.
  Noi vogliamo che non vi siano dei meccanismi di letterbox, ma che vi siano meccanismi di produzione reale, con la distribuzione, all'interno del Paese che fa da tramite, di una percentuale, che potrebbe essere ragionevolmente fissata al 20 per cento o a una cifra del genere, sufficiente a evitare che si creino una sorta di sub-paradisi finanziari all'interno degli altri Paesi europei.
  Se il meccanismo è questo, si inizia a togliere un certo numero di concorrenti alla piazza di Milano, perché con Brexit si sono svegliati gli appetiti di molte importanti città, tra cui ovviamente Francoforte, che è già sede della BCE e, quindi, ha un'attrattività di per sé (essendo vicina alla sede della Banca centrale, attira anche le altre banche), Parigi e, in misura minore, Amsterdam e Dublino, oltre ovviamente a Lussemburgo.
  Amsterdam, Dublino e Lussemburgo potrebbero avere minori incentivi in conseguenza di questo meccanismo, che imporrebbe la vendita nel luogo di recepimento dei prodotti finanziari. Diverso, ovviamente, è il discorso per Francoforte e per Parigi.
  Chiaramente, per rendere attrattivo il mercato finanziario italiano, occorre agire su due fronti: in primo luogo, rendere attrattiva la città di Milano e, in secondo luogo, rendere attrattiva l'Italia nel suo complesso.
  Di Milano parleremo fra un attimo. Sul tema Italia, a mio avviso – sintetizzo quello che avevo scritto, che è un po’ più esteso –, bisogna agire su tre fronti: il fronte della tassazione, il fronte dell'amministrazione e il fronte della giustizia.
  Sulla tassazione assolutamente importante è stato il recente intervento del Governo sulla cosiddetta flat tax. Tecnicamente non è una vera e propria flat tax; si tratta semplicemente di un incentivo agli imprenditori e ai manager che delocalizzando vengono in Italia. Credo che sia una cosa molto importante e realmente attrattiva.
  Ci sono altri interventi che si potrebbero mettere in campo per cercare di equiparare la tassazione di certi tipi di reddito alla media europea o a quella di altri Stati europei. C'è ovviamente anche un problema di regolamentazione del lavoro. Ci sono alcuni tipi di imposta, come per esempio la cosiddetta Tobin tax, che, alla fine, non danno gettito, disincentivano e basta. Bisognerebbe capire se vale la pena mantenerle.
  Se ho visto bene, nel recente decreto di manovra è previsto un abbassamento della convenienza del super-ACE (aiuto alla crescita economica). Probabilmente questo è controproducente e bisognerà valutarlo.
  Per quanto concerne la questione amministrativa, ci sono esempi, come Parigi e Tokyo, che hanno introdotto dei meccanismi di sportello unico per cercare di attirare e semplificare l'attività amministrativa di chi si deve insediare nel Paese. Sono meccanismi facilmente copiabili e penso che si potrebbero introdurre ragionevolmente, forse con qualche deroga legislativa; non sono misure particolarmente difficili da realizzare.
  Quello che spaventa molto l'investitore straniero è, non tanto la lunghezza dei tempi della giustizia in sé, quanto l'incertezza sulla durata dei contenziosi. Una cosa che forse è meno nota è che i tempi del tribunale delle imprese di Milano (per quanto concerne il diritto commerciale) sono tempi sostanzialmente europei, più o meno analoghi a quelli dei migliori Paesi europei.
  Il dato è poco conosciuto, ma non è un dato certificato. Manca una sorta di protocollo, che si potrebbe avviare nell'autonomia organizzativa del tribunale, in base Pag. 6al quale quest'ultimo stabilisca tempi certi per i diversi passaggi del contenzioso. Questo sarebbe un grande aiuto per poter arrivare a superare questo handicap, che, in realtà, non esiste oggi come oggi, però è percepito come tale nel resto del mondo. Questo è ciò che riguarda la questione italiana in genere.
  Milano è una città che ha grandissimi vantaggi. Non sto ad approfondire a che punto sia nelle graduatorie di gradevolezza delle città, perché si sa che in molti casi queste graduatorie sono un po’ addomesticate, però sicuramente Milano è una città che ha buoni trasporti, ha un city airport che è fondamentale per i trasporti europei e offre dei vantaggi ingenti; ha una buona sanità; ha spazi liberi anche nell'urbanistica esistente; ha una serie di università che hanno un livello internazionale; è situata in una zona ben collegata con il resto d'Europa. Inoltre, vale la pena di dire che è molto interessante dal punto di vista del weekend, perché il bancario o il banchiere che si trasferisce deve pensare anche a come passare la domenica.
  L'unico vero handicap che ha Milano è la mancanza di scuole internazionali per i figli delle persone che vengono dall'estero, ma mi sembra che sia nelle intenzioni del sindaco far crescere le scuole internazionali e anche questo handicap potrà essere, in qualche modo, superato.
  C'è il problema della Borsa e del London Stock Exchange, che è stato sollevato. Come è noto, l'acquisizione del London Stock Exchange da parte di Deutsche Börse è saltata, cosa che, tutto sommato, in questa occasione non è così male. È saltata perché l'Antitrust europeo ha chiesto a London Stock Exchange di vendere MTS (il mercato telematico dei titoli di Stato), che è la piattaforma sulla quale si trattano i titoli di Stato, prevalentemente quelli italiani. La cosa ovviamente non poteva avvenire nei tempi prefissati dall'Antitrust europeo, quindi il merger è saltato.
  Il fatto che sia saltato pone un problema (rispondo, così, anche al presidente): o la situazione resta così com'è e, quindi, la Borsa di Milano andrà man mano impoverendosi, perché anche London Stock Exchange in qualche modo perderà un po’ del suo traffico, oppure si aprirà un altro scenario, visto che le due borse sono sostanzialmente complementari, perché trattano tipi di prodotti diversi.
  Per esempio, London Stock Exchange ha un grande mercato all'ingrosso, mentre noi abbiamo un mercato al minuto; London Stock Exchange tratta i derivati, mentre noi trattiamo pochi derivati, ma abbiamo MTS, che tratta i titoli del debito pubblico, che è il principale mercato europeo. Francamente, si tratta di mercati integrabili.
  Certamente la cosa sarebbe più interessante se, come dovrebbe essere, il cleaning europeo dei titoli trattati in euro venisse spostato da Londra. Se questo venisse delocalizzato su Milano, la Borsa di Milano avrebbe un futuro molto più interessante. Credo che questa sia la questione principale, poi ovviamente ci sono questioni più di dettaglio.
  L'ultimo tema riguarda la regolamentazione in genere. L'Europa continentale sta rinnovando tutta la sua regolamentazione dei mercati finanziari, che sta migliorando e sta diventando un po’ più market friendly.
  Tuttavia, bisognerà confrontarsi con ciò che è stato annunciato dal Governo statunitense. Infatti, se il Governo statunitense modifica la sua recente regolamentazione, quella intervenuta dopo la crisi del 2007-2008, riducendola e rendendola più orientata a favore della crescita dei mercati, bisognerà vedere cosa farà l'Europa. I discorsi che stiamo portando avanti in questa sede potrebbero essere inficiati dalla circostanza che il traffico e la sede delle società che attualmente si trovano a Londra potrebbero spostarsi verso gli Stati Uniti, quindi per certi aspetti perderebbero un po’ di mordente.
  Per quanto concerne le altre questioni poste dal presidente Cicchitto, sul bail in, come istituto, abbiamo detto e ripetuto da tempo che è condivisibile nello spirito, ma certamente ci sono alcuni aspetti che sono, anche da un punto di vista logico, difficilmente comprensibili.
  Il primo ovviamente è quello relativo all'effetto retroattivo: se io ho comperato un titolo di una banca nel 2005, cosa che è Pag. 7avvenuta, peraltro, in un momento in cui quella banca era solidissima, perché il mondo era completamente diverso, coinvolgere nel 2015 anche quel titolo, che è stato comperato prima che fosse, non solo emanata, ma anche pensata la direttiva del bail in, è francamente un po’ complicato.
  Ad esempio, abbiamo visto, in casi recenti, che il bail in esclude i conti correnti sotto i 100.000 euro. Va benissimo, ma ci sono stati casi nei quali il correntista ha preferito non tenere una liquidità cash, ma, per esempio, comperare obbligazioni o obbligazioni subordinate, che all'epoca non erano un prodotto rischioso. Questo non vale ovviamente per le azioni, perché quello è un investimento di rischio. Probabilmente potrebbe avere un senso un trattamento analogo per le obbligazioni rispetto al conto corrente, cioè dire che sotto i 100.000 euro anche le obbligazioni hanno lo stesso trattamento del conto corrente.
  Ovviamente la direttiva sul bail in, che nel nostro Paese è stata recepita un po’ in ritardo – sappiamo com'è andata –, potrebbe essere rivista con qualche modesto correttivo, che elimini, però, gli aspetti più antipatici che hanno creato problemi negli ultimi tempi. Ci potrebbe essere, quindi, qualche leggera correzione.
  Sulla questione della BCE, ossia se essa considera gli interessi generali oppure ha un particolare punto di vista, non sarei in grado di dare una risposta. Forse l'Istituto di emissione potrebbe rispondere meglio di me.
  Certamente, ci sono alcune pratiche, anche attualmente in corso, che destano qualche preoccupazione. Faccio un esempio (parlo molto lateralmente), ossia quello di una banca in difficoltà che deve migliorare il proprio bilancio. Il problema si porrà per le banche significant, quelle sopra un certo livello, ma ovviamente si porrà anche per le altre, perché non è detto che, nella storia, una banca resti significant. Questa può scendere di livello e un'altra può crescere e, quindi, alla fine, la regolamentazione e il controllo dovranno prima o poi essere gli stessi per tutte le banche.
  Se una banca significant ha dei problemi e deve sistemare i bilanci, la BCE può consigliare certe operazioni per migliorare la qualità del capitale, per esempio operazioni che riguardano la quantità dei dipendenti, che ovviamente hanno un impatto piuttosto pesante, oppure – tema all'ordine del giorno nell'ultimo periodo – vendere una certa quantità di non performing loans (NPL), cioè titoli che non sono riscuotibili e sono in sofferenza.
  Se io devo vendere una certa quantità di questi titoli entro una certa data, è chiaro che il prezzo tende ad abbassarsi. Se io devo vendere la mia automobile entro stasera, è chiaro che la regalo o quasi, è difficile che riesca a fare una trattativa seria. Probabilmente certe pressioni sono un po’ forti. Sono ragionevoli da un punto di vista della stabilità, però possono portare qualche problema alle singole banche coinvolte.
  Mi scuso se sono stato molto sintetico sulla parte relativa alla Brexit. Comunque, ho lasciato delle slide. Se ci sono domande, ovviamente sono a disposizione oggi e anche in futuro.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Presidente Vegas, che ha svolto un'esposizione sintetica, ma piena di contenuti ed autorizzo la pubblicazione della sua presentazione informatica in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato). In parte ha risposto agli interrogativi e in parte ce ne ha posti degli altri. Può darsi anche che, a conclusione di questi lavori, lo richiameremo un'altra volta, perché è evidente che molte questioni sono sul tavolo.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Ho una domanda brevissima, che in un certo senso è una meta-domanda. Ci può dare un giudizio sulla modalità con la quale l'Italia ha trattato questa direttiva?
  Infatti, non è vero che le direttive piovono da Bruxelles, che le fanno gli altri, mentre noi siamo una provincia dell'impero. Chi ha affrontato questa direttiva non si è posto il problema delle peculiari debolezze del sistema italiano che ne rendevano Pag. 8 difficile la trasposizione in Italia e che ci avrebbero aperto dei problemi che, mi sembra, erano facilmente prevedibili nella fase in cui la direttiva è stata approvata? Ricordo che abbiamo partecipato anche noi alla stesura della direttiva.
  In Europa il principale problema che ha l'Italia è che si pensa che diciamo «sì» troppo facilmente e poi, dopo aver detto «sì», chiediamo eccezioni e cambiamenti che probabilmente avremmo dovuto e potuto facilmente negoziare nel momento in cui la direttiva veniva approvata.
  Qual è il suo giudizio sulla qualità della partecipazione italiana al processo ascendente attraverso il quale si approvano le direttive?

  MARCO CAUSI. Grazie, Presidente Vegas. Lei ritiene che il vero punto sia la competizione sul mercato dei servizi finanziari? In fondo, come Lei ha anche detto alla fine del suo intervento, il mercato dei servizi finanziari è un mercato che può andare un po’ dappertutto, negli Stati Uniti, a Cipro, a Malta.
  Forse il punto che abbiamo rispetto a questo nuovo Regno Unito è evitare di fare a botte. Forse ci converrebbe che qualcosa restasse a Londra, perché è meglio Londra di Malta o di Cipro. È meglio che stia a Londra anziché andare chissà dove. Da questo punto di vista sarebbe meglio un'ipotesi soft della Brexit? Magari da altri punti di vista potrebbe essere meglio fare a pugni. Invece, da questo punto di vista, non potrebbe essere meglio che questa industria finanziaria così sfuggente, così complicata, così poco trasparente, restasse a Londra e non chissà dove?
  Sul bail in io vorrei ricordare a tutti una cosa. Noi ovviamente siamo il Parlamento italiano e parliamo dell'Italia, ma il bail in nasce dalle elezioni politiche tedesche. L'onorevole Buttiglione lo sa bene perché conosce bene la Germania. Avendo la Germania speso circa 250 miliardi di euro per salvare le sue banche (non tutti di capitale, ma molti di garanzia) e avendo questa spesa enorme, fatta fra il 2008 e il 2010, generato un enorme problema politico in Germania, nelle ultime elezioni tedesche tutti i partiti hanno fatto campagna elettorale dicendo: «Mai più soldi alle banche».
  Ciò è avvenuto anche in Francia. La Francia ha speso 40 miliardi di euro per salvare due banche. Il Regno Unito ne ha spesi molti di più, ma non si fanno questi problemi. Negli anni in cui noi dicevamo, sbagliando, che le nostre banche non avevano problemi e che il sistema bancario era solido, la Francia e la Germania spendevano un sacco di soldi e le opinioni pubbliche si ribellavano. Il bail in è la risposta alle opinioni pubbliche, che dicono: «Mai più soldi dei contribuenti alle banche».
  È probabile che nel corso del 2013 e del 2014 ci sia stata qualche sottovalutazione in Italia. Per come funzionano le cose europee – e voi lo sapete – la voglia di Germania e Francia di corrispondere a una promessa elettorale così forte era molto più potente del tentativo italiano di difendersi.
  Non è dall'Italia che nasce il bail in, ma dalle altre esperienze e noi in qualche modo ne siamo state cavie inaspettatamente con le prime piccole banche, perché avevamo delle piccole banche in difficoltà non per motivi di un'euroburocrazia contraria all'Italia. Abbiamo tante piccole banche in difficoltà per i motivi che sappiamo, perché la governance è sbagliata, perché sono troppo piccole, perché sono troppo territoriali.
  Come giustamente il Presidente Vegas ci ha raccontato, noi abbiamo piccole banche che danno depositi e impieghi e prendono obbligazioni, tutto nella stessa provincia. È una follia. Se poi, quindi, si deve andare a piazzare l'obbligazione subordinata, la si piazza al pensionato della propria provincia. È un'allocazione dei rischi folle.
  Detto questo, però, il bail in nasce dalle elezioni in Francia e in Germania, dopo che questi due Paesi hanno speso centinaia di migliaia di euro per salvare le loro banche.

  PRESIDENTE. Tuttavia, il Monte dei Paschi non è una piccola banca.

  PAOLO TANCREDI. Sul bail in ho un'opinione un po’ diversa. Il movimento di opinione pubblica non c'è stato solo in Pag. 9Francia e in Germania, ma c'era anche in Italia, anche se non abbiamo fatto grandi salvataggi di banche. Quel comune sentire c'è ancora oggi. Io ancora oggi sento dire: «Non diamo soldi ai cittadini e li diamo alle banche». Questo refrain esiste tutt'oggi, quindi credo che il dibattito vada affrontato con un minimo di ragionamento. Voglio dire a chi usa questi slogan che dentro le banche e dentro le assicurazioni ci lavorano milioni di cittadini, che sono anche loro concittadini.
  Negare che questo portato ci sia anche oggi e che non l'abbiamo sconfitto, nemmeno con il bail in, mi sembra veramente trascurare una cosa che, nel dibattito pubblico, spesso porta il Parlamento e le istituzioni ad arrivare a decisioni affrettate e sbagliate. Quella del bail in è probabilmente una di queste, anche se andava trovata una soluzione di quel tipo.
  Di fatto, oggi l'Italia non ha ricapitalizzato con capitale pubblico le sue banche e non ha rafforzato il suo sistema bancario. Questo è sicuramente uno svantaggio competitivo che abbiamo avuto rispetto a Francia, Inghilterra, Germania e Spagna.
  Io vorrei, invece, approfondire una delle cose che ha detto il collega Causi prima di me e che condivido. La questione dei mercati finanziari è un po’ diversa dalle altre questioni e credo anche un po’ più delicata. Penso che su questo punto Lei, presidente, possa darci delle risposte.
  Noi vediamo nella Brexit un'opportunità per portare alcune istituzioni a Milano. Mi sembra un po’ marginale. Io Le chiedo: quali sono i rischi dell'uscita dal libero mercato finanziario europeo di un soggetto pesante come il Regno Unito? Ribaltando la questione, questo, secondo me, è il punto più importante della vicenda.
  A questo proposito sono d'accordo su alcune considerazioni del collega Causi. Forse in questo settore non ci conviene fare il muro contro muro, ma ci conviene essere più lungimiranti e guardare quello che ci aspetta nei prossimi anni in uno scenario di Europa senza la Gran Bretagna. Ritengo che, invece, pensare a soluzioni affrettate ci potrebbe portare successivamente a sorprese, come è successo su altre questioni.
  Le chiedo la sua opinione anche sugli appuntamenti imminenti che abbiamo, per esempio quello con il fiscal compact, che è una questione che non possiamo non essere i primi soggetti a voler ridiscutere, anche prima che si entri nel quadro dei trattati nello scenario europeo. Lo dico io da rigorista, nel senso che non sono sicuramente uno che pensa di poter aprire le maglie del sistema di regole che ci siamo dati.
  Secondo me, la questione fondamentale è la partita degli investimenti pubblici, che non è stata risolta dal Piano Juncker. Quella del Piano Juncker è una parziale soluzione. Io credo che questo sia decisivo per il futuro dell'Europa e anche per il futuro dell'Italia e della sua partecipazione all'Unione.

  PRESIDENTE. Rispetto a un'osservazione fatta da Causi, voglio rilevare, che il problema dello stato d'animo dell'opinione pubblica, secondo me, c'è stato totalmente anche negli Stati Uniti, dopo la vicenda Lehman Brothers. Negli Stati Uniti hanno riempito di liquidità il sistema, perché hanno visto quello che, altrimenti, sarebbe potuto succedere.
  Tuttavia, questa operazione di liquidità del sistema ha implicato il fatto che una parte dell'opinione pubblica ha ritenuto che queste risorse fossero andate al salvataggio del sistema bancario, con le conseguenze di una rottura rispetto all’establishment, che poi abbiamo visto limpidamente riflesse anche nell'andamento della campagna elettorale.
  Pochi sono intervenuti, però hanno posto una serie di questioni abbastanza rilevanti. Causi vuole fare un bis.

  MARCO CAUSI. Vorrei fare soltanto una battuta in reazione. Sono d'accordissimo con Lei ed è sicuramente vero che l'Italia ha sottovalutato questo tema, prima fra il 2009 e il 2012, quando si sosteneva che non c'erano problemi – compresa l'autorità di vigilanza – e poi fra il 2012 e il 2013, quando, mentre maturava la rivolta contro i soldi pubblici alle banche, l'Italia forse avrebbe dovuto stare un po’ più attenta nelle sedi europee.

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  PRESIDENTE. Vuole fare un bis anche Buttiglione.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Non voglio contraddire quello che ho detto prima, ma aggiungere un elemento di riflessione. L'operazione tedesca è riuscita benissimo. Lo Stato tedesco non ha perso un euro. Questo mostra che le preoccupazioni di allora erano francamente eccessive, perché i non performing loans erano denaro, che poi è stato realizzato. Questo potrebbe rafforzare una nostra posizione contrattuale che chiedesse una ragionevole revisione, quello che non abbiamo fatto a suo tempo.

  PRESIDENTE. Vuole fare un bis anche Tancredi.

  PAOLO TANCREDI. Sarò velocissimo, presidente. Quando ci accusiamo di non aver partecipato razionalmente alla fase ascendente, ci accusiamo da soli anche noi, io per primo. Io sono stato relatore della legge di delegazione europea che ha introdotto la delega per il bail in. Il Parlamento era distratto, è chiaro.
  Detto questo, ci sono altre autorità che sono state distratte, perché dopo l'approvazione e il recepimento del bail in, dopo l'entrata in vigore della direttiva c'era una fase transitoria prevista dalla direttiva stessa, che andava gestita da alcune autorità. Sapete benissimo quali sono. Da questo punto di vista, forse anche su quel punto bisogna tornare a fare una riflessione.

  PRESIDENTE. Do la parola al Presidente Vegas per la replica.

  GIUSEPPE VEGAS, Presidente della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB). Presidente, innanzitutto faccio un'osservazione su quello che ha detto Lei. Lei ha detto che sono venuto a esporre dei problemi. È vero, ma ho esposto anche delle opportunità, perché il tema è interessante. Come sempre, quando c'è qualche problema, possiamo anche cogliere l'occasione per invertire alcune tendenze e rendere più dinamico il nostro Paese.
  Rispondo all'onorevole Buttiglione. La CONSOB non è stata invitata alla discussione, quindi, francamente, io non posso dire cosa hanno fatto altri. Ho letto qualche dichiarazione postuma sui giornali, che sono a disposizione di tutti.
  Appena il bail in è diventato legge, noi abbiamo fatto sì che tutte le banche comunicassero, nella vertenza e nei fattori di rischio dell'emissione dei prodotti, che c'era questo rischio. Ovviamente la legge è arrivata un po’ tardi rispetto alla direttiva, ma questo non concerne il contenuto.
  Rispondo all'onorevole Causi. Certamente interessa a tutti una soft Brexit. Personalmente, sono convinto che la perdita della Gran Bretagna sia una perdita molto grave. La Gran Bretagna è un Paese che ha dato al mondo – e non solo a noi – dei princìpi di democrazia e di sviluppo economico fondamentali. In ogni caso, se esce dal novero dei Paesi europei, certi meccanismi non possono più esistere e, quindi, la passaportazione e la letterbox sono temi che ci dobbiamo porre.
  È ovvio che nessuno pensa che tutte le imprese finanziarie britanniche si delocalizzino. Se si pensasse di importare a Milano tutte le imprese britanniche, credo che sarebbe un approccio da Don Chisciotte. Si cerca di portare il portabile, che sono il venture capital, il desk italiano, qualche desk che sta dietro, qualche istituzione, ma sostanzialmente molte sedi finanziarie resteranno a Londra e si creeranno dei branch europei. Occorre cercare di portare più branch europei possibile. Questa è una valutazione di razionalità e di buon senso.
  Pensare di distruggere Londra sarebbe svantaggioso anche per l'Europa stessa, perché è meglio avere Londra, che è un centro finanziario che pensa come noi, anche se ha delle prassi diverse, ma sostanzialmente è europeo, piuttosto che delocalizzare tutto a Hong Kong, a Singapore o in altri posti.
  Bisogna tener conto che, anche a livello mondiale, il peso dell'Europa – e lo vediamo negli incontri internazionali – sta man mano scemando. L'Europa è diventata la vecchia nonna che ancora mantiene il nipote, perché ogni tanto gli dà qualche spicciolo per pagare la benzina. Tutto sommato Pag. 11 se la tengono buona, ma sostanzialmente le vogliono bene e le danno una pacca sulla spalla. Non è più l'Europa di una volta. Quindi che resti qualcosa a Londra è sicuramente sensato.
  Il bail in nacque – mi sembra – nella primavera del 2009 a Deauville, quando la Cancelliera Merkel e il Presidente Sarkozy decisero che salvare Cipro sarebbe stato sbagliato, perché a Cipro c'erano tutti i soldi dei russi, magari con movimenti non sempre trasparenti e, quindi, praticamente era una cosa che si poteva fare gratis, senza che nessun cittadino europeo subisse un vero danno.
  In seguito, una volta stabilito il principio, questo principio è andato avanti e sappiamo come è finito...

  PAOLO TANCREDI. I ciprioti sono europei!

  GIUSEPPE VEGAS, Presidente della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB). I ciprioti non erano particolarmente interessati perché il risparmio era principalmente russo. Peraltro, l'autorità di controllo dei mercati finanziari di Cipro, omologa della CONSOB, è composta da sei persone. Anche se bravissime, non hanno una potenza di fuoco mostruosa. Questa più o meno è la risposta.
  Il fiscal compact non è di mia competenza, è una questione di manovra. Comunque, la Brexit non preclude che alcune delle politiche fondamentali che sono state impostate in questo periodo dall'ultima legislatura europea, per esempio la Capital Market Union, dovrebbero andare avanti, forse più convintamente di prima.
  La Capital Market Union è una policy che a noi interessa molto. Infatti, credo che per noi avere un meccanismo di sostegno per le piccole e medie imprese sia fondamentale, vista la struttura del nostro sistema produttivo.
  Direi di più: si potrebbe anche cogliere l'occasione per definire – chiaramente adesso, con l'informatica diffusa, con i meccanismi dei peer to peer lending e tutte queste cose, il mondo sta cambiando molto velocemente – un hub che possa consentire di avere una sorta di rating – uso un linguaggio improprio, per rendere l'idea – per le piccole e medie imprese (ovviamente più per le medie che per le piccole). Ciò consentirebbe a queste imprese di entrare nel mercato finanziario eludendo il sistema bancario, che ormai non è sempre in grado di corrispondere.
  Ciò potrebbe essere molto utile, tenendo conto che queste imprese magari non cresceranno tutte brillantemente ma sono quelle che consentono di avere uno sviluppo del Paese, da una parte, e un reddito per chi investe, dall'altra. Infatti, ormai investire in titoli o in depositi bancari è diventato sostanzialmente inutile, dal punto di vista del reddito.
  Credo che questa sia una cosa molto importante per l'Europa. È una politica che sicuramente noi dobbiamo sostenere, come in effetti facciamo.
  Non ho che da ringraziare gli onorevoli deputati. Sono a disposizione quando desiderano.

  PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.20.

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PRESENTAZIONE INFORMATICA ILLUSTRATA DAL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE NAZIONALE PER LE SOCIETÀ E LA BORSA, GIUSEPPE VEGAS

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