XVII Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SUI DIRITTI UMANI

Resoconto stenografico



Seduta antimeridiana n. 23 di Mercoledì 28 giugno 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Locatelli Pia Elda , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA TUTELA DEI DIRITTI DELLE MINORANZE PER IL MANTENIMENTO DELLA PACE E DELLA SICUREZZA A LIVELLO INTERNAZIONALE

Audizione della deputata della Grande Assemblea Nazionale di Turchia, Safak Pavey.
Locatelli Pia Elda , Presidente ... 2 
Pavey Safak , deputata della Grande Assemblea Nazionale di Turchia ... 3 
Locatelli Pia Elda , Presidente ... 7 
Schirò Gea (PD)  ... 8 
Tidei Marietta (PD)  ... 8 
Locatelli Pia Elda , Presidente ... 9 
Palazzotto Erasmo (SI-SEL-POS)  ... 9 
Pes Caterina (PD)  ... 9 
Locatelli Pia Elda , Presidente ... 10 
Pavey Safak , deputata della Grande Assemblea Nazionale di Turchia ... 10 
Locatelli Pia Elda , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista: MDP;
Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD: AP-CpE-NCD;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile: SI-SEL-POS;
Civici e Innovatori: (CI);
Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-UDC-IDEA: Misto-UDC-IDEA;
Misto-Alternativa Libera-Tutti Insieme per l'Italia: Misto-AL-TIpI;
Misto-FARE!-PRI: Misto-FARE!-PRI;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
PIA ELDA LOCATELLI

  La seduta comincia alle 14.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione della deputata della Grande Assemblea Nazionale di Turchia, Safak Pavey.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla tutela dei diritti delle minoranze per il mantenimento della pace e della sicurezza a livello internazionale, l'audizione di Safak Pavey, deputata della Grande Assemblea Nazionale di Turchia, che saluto e ringrazio per la sua presenza e per la sua disponibilità a prendere parte ai nostri lavori.
  Com'è noto, a seguito di un tentativo di colpo di Stato nel luglio del 2016, la comunità internazionale ha assistito a una drastica reazione da parte del governo Erdogan, che ha messo mano a una vastissima operazione repressiva, con l'arresto di migliaia di cittadini e cittadine turche, per lo più individuati tra i dipendenti pubblici, militari e civili, e tra gli attivisti della cosiddetta «società civile».
  Come afferma l'ultimo rapporto di Amnesty International, durante i primi sei mesi di stato di emergenza, oltre 40.000 persone sono state detenute in custodia preprocessuale e ci sono state prove di tortura dei detenuti. Inoltre, circa 90.000 dipendenti pubblici sono stati licenziati e centinaia di organi di informazione e di ong sono stati chiusi. Inoltre, giornalisti attivisti e ad oggi tredici parlamentari dell'opposizione sono stati arrestati.
  In questo contesto, è doveroso ricordare anche la vicenda, conclusasi positivamente, del giornalista e blogger italiano Gabriele Del Grande, fermato dalle autorità turche al confine con la Siria, nella provincia sudorientale di Hatay, mentre stava documentando le condizioni dei migranti siriani. Grazie all'impegno del Governo italiano, Del Grande è stato rilasciato dopo venti giorni di detenzione, senza che sia stata mossa a suo carico formale accusa di reato.
  In questo contesto, Safak Pavey, parlamentare del Partito Repubblicano di opposizione (CHP), già da tempo attiva nella difesa delle persone disabili e dei più deboli, ha iniziato a seguire da vicino la questione delle carceri turche, visitandone quattro e consegnando, nel mese di maggio, un rapporto al presidente del gruppo socialista e democratico europeo (PSE), Gianni Pittella, in cui denuncia la grave condizione delle carceri turche, dove gli arrestati sono tenuti prigionieri, inginocchiati per giorni interi, picchiati, privati del sonno e torturati finché non firmano la confessione.
  Di questi temi la collega Pavey ha anche riferito sui media italiani, con un'importante intervista apparsa in maggio sul Corriere della Sera, che ha determinato la mia attivazione nei suoi riguardi.
  Le sono, pertanto, particolarmente grata per essere venuta in Italia, allo scopo di svolgere questa audizione, esponendosi con ciò in modo innegabile rispetto alle autorità del suo Paese. Pag. 3
  Ringrazio anche la componente socialista del gruppo Misto per aver sostenuto il viaggio in Europa di Safak.
  Ricordo che, prima di ricoprire la carica di deputata della Grande Assemblea Nazionale di Turchia, l'onorevole Pavey ha lavorato come responsabile delle relazioni esterne e come portavoce dell'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati in Medioriente, in Asia sud-occidentale e nel centro Europa. Inoltre, nel 2012, l'onorevole Pavey ha ricevuto il prestigioso International Women of Courage Award da parte del Dipartimento di Stato statunitense.
  Do ora la parola all'onorevole Pavey affinché svolga la sua relazione e la ringrazio nuovamente.

  SAFAK PAVEY, deputata della Grande Assemblea Nazionale di Turchia. Vorrei ringraziare la stimata collega Pia Locatelli, presidente del Comitato permanente sui diritti umani della Camera dei deputati, e voi tutti che ne fate parte, per avermi invitato qui oggi affinché fornissi un quadro sintetico – e questo è un compito arduo – della situazione in materia di diritti umani e delle condizioni delle carceri in Turchia. Grazie, quindi, per avermi voluto ascoltare.
  Oggi, sono qui per cercare di sintetizzare quello che sta accadendo, il che non sarà facile perché le violazioni sono molto rilevanti.
  Tutto è iniziato nel 2002, quando è arrivato al potere il regime dell'AKP. Allora, la comunità internazionale non era tanto consapevole delle violazioni. Dal 2011, ciò è diventato molto più chiaro agli occhi della comunità internazionale, che ha espresso solidarietà e ha chiesto l'applicazione e il rispetto degli standard di tutela dei diritti umani, come valori condivisi e universali. Tuttavia, dal mese di luglio 2016, le violazioni sono diventate ancor più gravi, raggiungendo livelli da incubo. Il governo continua a violare i diritti e le libertà di tutti i cittadini turchi: decine di migliaia di famiglie hanno subito danni irreparabili.
  Sicuramente l'AKP sta commettendo un grave reato, violando sistematicamente i diritti dei cittadini. I burocrati dell'AKP hanno reso ormai abituale violare non solo la Dichiarazione internazionale dei diritti dell'uomo, che il nostro Stato ha firmato e ratificato, ma anche le leggi e la Costituzione che essi stessi hanno adottato, non solo perseguitando qualunque membro dell'opposizione, ma anche togliendo spazio alle più semplici libertà sociali per i cittadini ordinari. Ad esempio, le donne non possono indossare calzoncini, anche il diritto di non digiunare, per chi vuole condurre uno stile di vita laico, è diventato un reato sociale. Nello spazio sociale si conduce un vero e proprio linciaggio: i sostenitori del regime vengono provocati e incoraggiati ad attaccare chiunque non sia visto o percepito come uno di loro.
  Tutto ciò va avanti da tanto tempo. Attualmente, il nostro leader, vale a dire il leader del principale partito d'opposizione in Turchia, ha iniziato una lunghissima marcia da Ankara a Istanbul, chiamata «Marcia per la giustizia». Si tratta di una manifestazione di protesta pacifica contro tutte le ingiustizie che si stanno verificando, a seguito dell'arresto di un parlamentare, il mio collega Enis Berberoglu, anche egli membro del principale partito d'opposizione. Questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Enis è stato condannato a venticinque anni di reclusione, una pena che è stata ridotta rispetto all'ergastolo comminato inizialmente. Questo è accaduto il 14 giugno scorso. L'accusa era di aver condiviso informazioni con il redattore di un giornale su un traffico illecito di armi per gruppi jihadisti attraverso i servizi dell’intelligence turca. Per quest'accusa Enis è stato condannato a venticinque anni di reclusione quando la pena per omicidio è in media di cinque anni.
  Nel frattempo due accademici, un insegnante e un ricercatore, hanno iniziato lo sciopero della fame per protestare contro il loro licenziamento ingiustificato, come è accaduto a migliaia di altre persone nel pogrom condotto dal governo contro i critici del regime. In condizioni di salute ormai precarie per il loro lungo sciopero della fame, anche Semih e Nuriye sono stati arrestati perché accusati di aver provocato l'opinione pubblica con il loro sciopero Pag. 4della fame, il che non costituisce fattispecie di reato secondo il diritto penale turco.
  Da quando è stato dichiarato lo stato di emergenza sono stata innumerevoli volte in quattro prigioni (Silivri, Sincan, Sakarya, Bakırköy) per poter osservare le condizioni dei prigionieri politici e per poterli incontrare insieme ad altri detenuti.
  Stiamo affrontando un periodo senza precedenti, in termini di gravi violazioni dei diritti umani e vorrei condividere con voi le mie osservazioni dirette, affinché possano restare a verbale anche per la memoria delle generazioni future.
  Vorrei anche rilevare che nel rapporto che ho preparato, che è stato citato dalla Presidente Locatelli, non ho citato alcuni incidenti di cui sono stata testimone o nomi, per non causare altri danni ai prigionieri politici più vulnerabili, che sono ancora inconsapevoli dei reati di cui sono accusati.
  Non credo che in Turchia ci sia mai stato un altro periodo di così gravi violazioni di diritti umani, sia per i detenuti che per i dipendenti pubblici che lavorano negli istituti di detenzione.
  La pressione sociale, la pressione amministrativa e la repressione illecita poste in essere con il decreto che ha proclamato lo stato di emergenza, non sono paragonabili a nessuno stato di emergenza precedente. Rispetto al passato, le violazioni dei diritti umani sono istituzionalizzate e hanno acquisito legittimità politica e sociale, grazie alla propaganda e al controllo completo di uno spazio dei media, il che è molto preoccupante.
  Le dichiarazioni di alcuni cosiddetti «esperti giuridici» sono fonte di grande preoccupazione per il futuro e risultano imbarazzanti per coloro che nella società, in questo oscuro ambiente di propaganda, sono riusciti a mantenere intatta la propria coscienza e la logica dei principi del diritto moderno, pur in un ambiente caratterizzato da propaganda e disinformazione.
  Anche quella piccola quota di Stato diritto che sembrava in qualche modo funzionare prima della proclamazione dello stato di emergenza, dal 20 luglio scorso è andata completamente distrutta. Gli arresti, le incarcerazioni e la custodia di qualunque oppositore sono diventati legittimi agli occhi di alcuni segmenti della società che sono influenzati dalla propaganda.
  C'è anche un crollo sociale: spariscono le virtù e i valori. Come in altri regimi totalitari questo sistema oppressivo ha creato i propri esperti giuridici e i propri filosofi, che volontariamente fanno parte della macchina della propaganda in cambio di nepotismo e favori.
  Vorrei passare adesso ad elencare, una per una, le mie osservazioni sulle condizioni nelle carceri.
  Innanzitutto, durante i lunghissimi e arbitrari periodi di detenzione, i procedimenti non vengono preparati; le persone in stato di detenzione non vengono informate delle accuse ufficiali mosse a loro carico e così viene violato un principio essenziale del diritto moderno, quello della presunzione di innocenza.
  È singolare che vengano fabbricati capi d'accusa che non sono definiti e che non esistono nemmeno nel codice penale turco e che i procedimenti preparati dall'accusa si fondino su articoli del codice penale che non esistono.
  La percezione del fatto che il governo dispone della maggioranza in Parlamento e che in qualunque momento potrebbe trasformare quelle accuse in fattispecie di reato ufficiali è una componente importante di questo singolare stato di cose, che ha creato grande confusione a livello giuridico. Numerosi detenuti e i loro avvocati non vengono a conoscenza dei capi d'accusa dall'autorità giudiziaria, quanto piuttosto dalle testate controllate dal governo. È prassi comune che false dichiarazioni sulla vita privata dei detenuti siano utilizzate dai media senza che all'accusato sia concesso il diritto di negare, smentire o difendersi agli occhi dell'opinione pubblica. Questo metodo istituzionalizzato al momento parte dalla persona sospettata per arrivare alla prova, invece di raccogliere prove che conducano alla persona sospettata.
  Uno dei più grandi pericoli per la società è rappresentato dal fatto che professioni universalmente rispettate, come quella Pag. 5di giornalista, membro del mondo accademico o scienziato, cadano in disgrazia in questa campagna di linciaggio e inizino a essere percepite come professioni criminali. In breve, ciò fa sì che i concetti di verità e realtà siano erosi e vadano smarriti. Per citare un esempio, pur in assenza della minima insinuazione o della più piccola prova, il Presidente della Repubblica durante un comizio ha definito i giornalisti arrestati «molestatori di bambini».
  La procedura che conduce alla custodia, alla detenzione arbitraria e all'arresto inizia con qualcuno che viene puntato dai giornalisti foraggiati e controllati dal governo. Il governo fabbrica reati che non esistono ai sensi del diritto vigente e la legge viene manipolata tramite intimidazioni per mano delle testate controllate dal governo. Pertanto, anche se nulla corrisponde alle leggi in vigore, la procedura va avanti lo stesso, dolorosamente. L'arresto, l'imprigionamento, il rilascio e, di nuovo, la custodia (per la seconda volta) di Atilla Taş, che è membro del nostro partito, è un esempio di illegalità inconcepibile. Il giorno del processo, il tribunale ha ordinato il suo rilascio, ma Atilla Taş e altri imputati coinvolti nello stesso processo sono stati tratti di nuovo in arresto, senza che ne fossero informate le loro famiglie. Le famiglie sono rimaste prive di informazioni per otto ore e mezza, in attesa del rilascio dei propri familiari detenuti, su un'autostrada isolata di fronte alla prigione di Silivri dalle 20.30 alle 4.30 del mattino.
  I giudici che ne avevano ordinato il rilascio sono stati bersagliati dai media controllati dal governo e sono stati rimossi dall'incarico per aver assunto la decisione del rilascio. Le famiglie degli imputati tratti in arresto per la seconda volta sono state informate che dovevano trovarsi alle 11 del mattino in tribunale, nel quattordicesimo giorno del secondo periodo di custodia dei loro parenti, ma gli imputati sono stati condotti in tribunale alle 19.30, il che rappresenta anche una forma di tortura psicologica per le famiglie e per gli imputati. Mentre gli imputati venivano arrestati e di nuovo trasferiti nella prigione di Silivri, le famiglie venivano lasciate in tribunale senza ricevere informazioni per quindici ore e mezza, fino alle 2.30 del mattino.
  Oltre all'opinione pubblica, i dipendenti degli istituti di detenzione sono stati oggetto di bombardamenti propagandistici da parte del governo e trattano i detenuti come se i reati da loro commessi fossero stati già provati. Comportamenti scorretti, aggressioni, insulti, minacce e torture non restano più nascosti, come accadeva nei precedenti periodi di stato di emergenza. Anzi, alcuni ufficiali di polizia sembrano ritenere che i detenuti meritino ulteriori maltrattamenti. Così aumentano, giorno dopo giorno, le invisibili punizioni e le violazioni dei diritti a carico di coloro che sono sottoposti a regime di custodia e detenzione. Alcuni ufficiali di polizia che esitano a prendere parte a tali pratiche sono anche denunciati dai loro colleghi e vengono immediatamente rimossi dal loro incarico ed espulsi dalla pubblica amministrazione.
  Le perquisizioni corporali hanno raggiunto livelli offensivi per la dignità umana. Le perquisizioni a corpo nudo sono diventate normali e gli ammanettamenti da dietro sono ormai una tradizione. Nella prigione di Sincan 45 detenuti sono alloggiati in un reparto normalmente destinato a 10 persone. I detenuti dormono a rotazione e ormai sono più di dieci mesi che sono rinchiusi in carcere senza sapere quali sono i capi d'imputazione. Il ministero della giustizia rifiuta categoricamente di occuparsi di questo orrore.
  I detenuti sono tenuti in ginocchio per giorni ed è molto alto il numero di coloro che vengono arrestati, malmenati e privati del sonno. Le torture proseguono fino a quando i detenuti non firmano una confessione posta dinanzi ad essi. Per questo, il trasferimento dalla detenzione a una prigione è considerato, ironicamente, una ricompensa per i prigionieri che sono stati imprigionati illegalmente.
  Molti detenuti non hanno un avvocato, anche se sono in detenzione da più di dieci mesi. Il codice di procedura penale prevede l'assegnazione di un avvocato ai detenuti, ma alcuni riferiscono che avvocati discutibili si recano in prigione una sola volta, Pag. 6non per raccogliere informazioni utili alla difesa, ma unicamente per prestare giuramento e poi non tornano più. Il loro obiettivo è assicurarsi di essere visti mentre prestano giuramento, in modo da non essere «inquadrati». Un altro esempio: nessuno dei militari dell'aeronautica detenuti nella prigione di Sincan ha un avvocato. Gli avvocati affermano di aver ricevuto minacce e quindi hanno anche paura di accettare i casi. Vorrei che questo fosse messo a verbale per tutti quegli avvocati coraggiosi che hanno fatto la scelta valorosa di seguire alcuni casi.
  Le persone in regime di custodia e i detenuti non sono autorizzati a vedere un medico, a meno che non si tratti di un'emergenza vitale. La maggior parte dei pazienti detenuti viene curata nell'infermeria del carcere. Si aggiunge un problema vitale alle violazioni, in quanto i detenuti portati dal medico rifiutano di farsi visitare in manette, come giusta rivendicazione dei loro diritti. Un paziente malato di cancro, di cui evito di fare il nome, non è stato condotto in ospedale neanche in manette.
  Cambiare località è un incubo: il trasporto dei detenuti avviene in furgoni senza finestrini, le manette sono messe da dietro e il trasporto dura ore, pertanto chi ha un disperato bisogno di vedere un medico è anche riluttante a farlo.
  I suicidi e gli effetti psicologici causati da queste condizioni sono a livelli mai raggiunti prima. L'assistenza medica in prigione è arbitraria. Sono le autorità politiche, e non i medici, a stabilire quali problemi di salute possano essere trattati. Per esempio, un detenuto che soffra di rinite allergica non può vedere un medico ed è impossibile portargli uno spray nasale. I problemi di salute sono ignorati a meno che il detenuto non sia in pericolo di vita. Il mal di testa o la rottura dei denti non sono considerati malattie. Naturalmente nelle carceri ci sono ambulatori dentistici nell'eventualità di un'ispezione internazionale, ma può non esserci un dentista in sede. Per esempio, lo stilista Barbaros Şansal, al quale sono stati rotti i denti durante il linciaggio al momento del suo arresto in aeroporto, nei 56 giorni di detenzione non ha mai ricevuto alcuna cura odontoiatrica.
  Le necessità speciali dei detenuti con disabilità non sono tenute in considerazione, né in ordine all'accesso a strumenti né in ordine ai servizi necessari per le loro disabilità. Le richieste di cure speciali vengono ignorate. I detenuti disabili riescono a sopravvivere solo con l'aiuto di altri detenuti dello stesso reparto. Le toilette sono alla turca e questo rappresenta una forma di tortura per i detenuti più anziani e per i disabili. Il Ministro della giustizia rifiuta di prendere in esame le richieste su questi aspetti. Io stessa ho scritto al Ministro, ma non ho ricevuto risposta. In altri termini, il Ministero della giustizia non risponde a nessuna delle questioni sollevate riguardo alle prigioni, che si tratti di persone invalide o meno. C'è un silenzio generalizzato che dà quasi un marchio di approvazione rispetto a queste situazioni.
  I detenuti disabili (inclusi i giovani) o che appartengono alla comunità LGBTI non ricevono un trattamento improntato alla sensibilità, anzi, sono considerati «meritevoli di detenzione» e la loro circostanza speciale è una ragione in più per infliggere loro delle torture. A una persona LGBTI, di cui preferisco non rivelare il nome, al momento dell'assegnazione all'isolamento, è stato detto: «Non infettarci con il tuo AIDS o la tua sifilide».
  Il diritto a scrivere lettere e a comunicare e a dialogare durante l'ora d'aria è stato abolito, anzi non c'è neanche il diritto all'ora d'aria per questi detenuti, che possono parlare soltanto con i poliziotti o con i detenuti della stessa cella.
  I tempi di visita con le famiglie e i legali, in base alle regole inedite dello stato d'emergenza, sono stati ridotti veramente al minimo. A volte, le visite stesse sono state abolite con decisioni arbitrarie. Le visite dei familiari sono registrate con videocamera, in violazione dei diritti di privacy. Il lavaggio del cervello condotto dalla propaganda suggerisce che tutti i prigionieri sono traditori, per cui le loro fonti di reddito e quelle delle loro famiglie sono state esaurite. Anche se i procedimenti giudiziari non sono ancora conclusi, le proprietà della Pag. 7maggioranza dei detenuti e dei loro familiari sono state illegalmente confiscate.
  Ai detenuti, i cui legami con la vita sono tagliati, è data la possibilità di incontrare il legale solo per un'ora a settimana per preparare la difesa. L'impossibilità di accedere alle risorse per la difesa ha completamente distrutto il diritto alla difesa stessa.
  Le persone in custodia o in detenzione vengono spesso informate in ritardo delle emergenze familiari o dei lutti familiari. Il direttore del quotidiano Cumhuriyet, Murat Sabuncu, che è ancora in prigione, ha appreso la notizia della morte di sua cognata soltanto dopo quattro giorni perché non aveva il diritto di scambiare telefonate di emergenza con la moglie.
  L'accesso ai libri e alle riviste e la possibilità di ricevere i libri richiesti sono limitatissimi, tanto che si fanno battute in merito. Per esempio, i libri mandati a Selahattin Demirtaş sono tornati indietro con la nota: «non trovato all'indirizzo indicato».
  Ci sono 1.400 libri nella biblioteca del carcere di Silivri, ma 1.200 di essi riguardano l'islam politico o sono testi di ispirazione religiosa. Inoltre, a chi chiede uno dei restanti 200 libri, viene detto che il libro è in lettura presso altri detenuti. I detenuti, secondo il regolamento, hanno diritto soltanto a dieci libri alla volta, ma al momento hanno accesso a non più di un libro al mese.
  Un detenuto ha chiesto un libro della lista approvata, scritto dall'autore Ahmet Altan, e gli è stato risposto: «Il libro non c'è, ma in compenso l'autore è qui».
  I canali televisivi non sono selezionati sulla base delle richieste dei detenuti, ma sulla base della decisione della direzione. Prima del referendum sono stati sequestrati anche gli apparecchi radiofonici.
  I detenuti non hanno la minima privacy: nelle celle i letti sono inchiodati al pavimento e ci sono telecamere nei condizionatori d'aria, che inquadrano le finestre, le porte e i letti, quindi i detenuti sono sorvegliati anche durante il sonno. Non si possono coprire i vetri con i giornali né con le tende, il che rende la privacy ancora più difficile per le detenute che la richiedano per il loro credo o per le loro tradizioni.
  Il cattivo odore che proviene dalle fognature all'esterno è continuo, perché le finestre delle celle sono sempre aperte ma i muri alti impediscono la circolazione dell'aria. Muffa e umidità sono presenti nelle cucine e nei bagni. Ci sono problemi di privacy anche nei bagni. Le persiane per la circolazione dell'aria sono sempre aperte, fisse ad un quarto del loro giro di apertura. Quindi, accovacciarsi è l'unico modo per non essere visti.
  Un ufficiale che lavora nelle carceri da molti anni ha spiegato le condizioni dicendo: «Le persone non vogliono vedere le prigioni. Per questo motivo, i pubblici impiegati che lavorano nelle carceri non hanno gli stessi diritti e gli stessi benefici delle altre categorie. Pur lasciando da parte le questioni relative ai detenuti, anche i problemi degli ufficiali delle carceri non vengono mai esaminati e non vengono mai discusse possibili soluzioni».
  Il personale di custodia, che si trova, comunque, esposto a stress e a forti pressioni politiche in questo periodo così particolare e che è segnato, anch'esso, da un alto numero di arresti, non riceve nessun sostegno psicologico o materiale.
  Il governo sembra arrestare chiunque non risulti gradito con qualsiasi pretesto, intimidisce e mette a tacere i cittadini nelle prigioni, sperando che spariscano completamente. Tutto ciò a cui stiamo assistendo è il risultato dell'incessante politica di lavaggio del cervello del partito AKP che è al potere, il quale, pur essendo responsabile di tante violazioni dei diritti umani, ha un'aura di imparzialità perché anche il fatto che non ci siano proteste contro queste violazioni è visto come un segno di sostegno.
  Come parlamentare e come membro del partito CHP, vorrei far mettere a verbale che non rimarremo in silenzio rispetto a queste gravi violazioni dei diritti umani.
  Grazie per avermi ascoltata.

  PRESIDENTE. Si rimane senza parole ad ascoltare questo rapporto sulla condizione delle carceri turche. Si possono immaginare tante cose, ma è sempre difficile Pag. 8immaginare violazioni così gravi dei diritti umani e dei diritti dei detenuti.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GEA SCHIRÒ. Grazie, onorevole Pavey. Cara collega, grazie per averci fornito un elenco preciso e dettagliato delle violazioni che subiscono i detenuti politici in Turchia, affinché questo rimanga a verbale e nella memoria di questo Parlamento, anche per incoraggiare il nostro lavoro.
  Vorrei sollevare un punto che, essenzialmente, Lei ha già ricordato. Mi riferisco alla marcia a Maltepe che il leader Kilicdaroglu sta conducendo adesso. È bene ricordare che la marcia, iniziata con poco più di mille persone, ne conta oggi 12.000. Questo vuol dire che c'è un enorme consenso nei confronti di questa iniziativa in Turchia.
  Ad oggi, oltretutto, il rapporto OSCE definitivo sull'esito del referendum non è ancora stato consegnato e c'è solo il rapporto preliminare. C'è, però, una speranza rispetto al risultato del referendum; infatti, quel 51 per cento, rispetto alla differenza di opportunità dei due fronti e al netto dell'invisibilità delle opposizioni, dimostra che Erdogan non è più amato nel suo Paese. Speriamo che legittimamente tutta questa situazione, in modo non violento, possa trovare una soluzione.
  Vorrei sollevare due osservazioni che non saprei se definire domande. La prima è stata già citata all'inizio: siamo in prossimità del 15-16 luglio, data in cui Erdogan cercherà di celebrare la data del fallito golpe, anche – si dice – invitando i capi di Stato esteri alla celebrazione.
  In premessa vorrei dire che all'epoca ci fu un errore di trasmissione di tanti Stati, cioè si pensò che fosse un bene che il golpe fosse fallito perché il governo in carica era stato legittimamente eletto. Questo è verissimo, ma anche le opposizioni e le minoranze parlamentari sono state legittimamente elette, quindi il sostegno deve andare all'intero Parlamento, non deve esserci un rapporto personale tra capi di Stato, ma devono esserci parlamenti legittimi e democratici che sostengono altri parlamenti, comprese le maggioranze, ma anche le minoranze e, soprattutto, le opposizioni, che sono le parti deboli.
  A tal proposito, Le comunico che ieri ho depositato un'interrogazione urgente per domandare al nostro Governo che cosa intenda fare e come intenda rapportarsi qualora dovesse ricevere un invito alla celebrazione della data del fallito golpe, con lo scopo di garantire i diritti delle opposizioni e delle minoranze al Parlamento turco. Abbiamo depositato in fretta questo atto di sindacato ispettivo, ma lo trasmetterò a tutti i colleghi.
  Vorrei dire un'ultima cosa, parlando a mio nome, ma – almeno credo – anche a nome di tanti colleghi: è davvero necessario un sostegno perché lo sciopero della fame di Semih e Nuriye va avanti da 103 giorni. Questa marcia non violenta è davvero un grande esempio per tutti noi.
  Grazie di essere qui.

  MARIETTA TIDEI. Anch'io, come la mia collega, desidero ringraziare l'onorevole Pavey per la sua esposizione, assolutamente completa e dettagliata, sulle violazioni dei diritti umani e, soprattutto, sullo stato della popolazione carceraria, che sapevamo essere grave, ma non fino a questo punto.
  Tra l'altro, con la collega Locatelli, a novembre, insieme a una delegazione e alla presidente del PSE Stanishev, abbiano provato a fare visita a Demirtas, che era stato arrestato da un mese circa, ma non c'è stato consentito perché non abbiamo avuto l'autorizzazione per entrare nel carcere di Edirne.
  Vorrei porre un paio di domande, ma intanto voglio rivolgere gli auguri per questa marcia, che credo anch'io sia una grande dimostrazione, anche della resilienza democratica della Turchia, nonostante i colpi subiti e la molteplicità delle sfide affrontate.
  La prima domanda riguarda l'interruzione dei negoziati per l'adesione all'Unione europea. Durante alcune visite che abbiamo svolto in Turchia, questa interruzione o comunque, per esempio, la posizione forte espressa dal Parlamento europeo veniva accolta da alcune parti con favore, ma, da altre, sembrava provenire una sorta di abbandono. Pag. 9
  La stessa direttrice dell'Istituto Affari Internazionali, Nathalie Tocci, oggi su The Huffington Post ha spiegato che sarebbe un errore interrompere questi negoziati perché ciò significherebbe, a suo avviso, quasi un abbandono della società civile turca, che, in questo momento di particolare difficoltà, probabilmente ha maggiore bisogno del controllo delle istituzioni comunitarie e del loro ruolo di stimolo alla Turchia.
  Vorrei sapere che cosa pensa, da parlamentare, dello stato dei negoziati e come l'Europa, secondo Lei, può essere utile in questa fase e, soprattutto, se l'Europa può essere utile.
  L'altra questione riguarda l'abolizione dell'immunità parlamentare. Sappiamo che l'immunità parlamentare è stata abolita in Turchia prima del tentato colpo di Stato ed è stata – ahimè! – abolita anche con i voti, se non erro, di 22 parlamentari del CHP. Anche su quest'aspetto, mi piacerebbe avere una Sua opinione.
  Vorrei anche sapere quali sono i rapporti con l'HDP in quanto si tratta, comunque, di due gruppi che fanno parte, almeno per quello che ci riguarda, della famiglia dei socialisti europei. Vorrei chiarimenti in merito a quanto abbiamo notato in occasione di diverse visite e di tanti colloqui che ci sono stati qui in Italia, anche perché questa non è la prima volta che incontriamo parlamentari della Grande Assemblea Nazionale di Turchia.
  In realtà, nonostante ci sia la stessa opinione su Erdogan e nonostante ci sia la stessa opinione sulla gravità delle misure che Erdogan sta mettendo in campo e sulla gravità, più in generale, della situazione in Turchia, ci sembra ci sia ancora una divisione profonda, almeno sulle strategie e sul modo di fare opposizione.
  Vorrei capire da Lei, che è una deputata del CHP, se pensa che, in futuro, necessariamente dovrete parlarvi un po’ di più, quanto meno per mettere in campo una strategia comune.

  PRESIDENTE. Grazie. Prima di dare la parola al collega Palazzotto e alla collega Pes, vi raccomando di essere telegrafici nel porre le vostre domande perché ci sono ancora cinque minuti a disposizione e siamo molto interessati alle risposte di Safak Pavey.

  ERASMO PALAZZOTTO. Più volte questa Commissione si è occupata della violazione dei diritti umani in Turchia e abbiamo avuto modo di vedere come la Turchia stia scivolando, se non è già del tutto scivolata, verso una brutale dittatura.
  Vorrei fare una considerazione: credo che da parte dell'Europa si debbano rimettere in discussione alcune cose e sono d'accordo con l'affermazione per cui non bisogna abbandonare la Turchia. Probabilmente, io accelererei sulla liberalizzazione dei visti per dare un segnale al popolo turco e ragionerei sul processo di adesione della Turchia e soprattutto sull'accordo relativo ai migranti, che è in violazione anche di norme cui dovremmo essere vincolati.
  Fatta questa valutazione, con la mia domanda vorrei sapere se Lei ritiene che la divisione del fronte delle opposizioni, che c'è stata finora, indebolisca la possibilità di costruire un ribaltamento della situazione in Turchia.
  Ho seguito con molto interesse la marcia che il segretario del vostro partito sta portando avanti. È oggettivamente singolare che questo sia avvenuto quando è stato arrestato il primo deputato del CHP e che, invece, non ci sia stato nessun elemento di mobilitazione e di protesta davanti all'arresto non solo di alcuni deputati, ma anche dei leader politici dell'altro grande partito di opposizione di sinistra.
  Probabilmente, su quest'aspetto c'è una grande responsabilità e credo che, se non si supera questa situazione, non si riuscirà a costruire un fronte di opposizione a Erdogan credibile anche per la popolazione.

  CATERINA PES. Ringrazio Lei, presidente, per aver organizzato quest'incontro e ringrazio l'onorevole Pavey per essere qui oggi.
  Parlo da responsabile del Protocollo di collaborazione bilaterale tra la Camera dei deputati italiana e la Grande Assemblea Nazionale turca, che segue, per quanto riguarda la componente parlamentare, il processo di integrazione della Turchia in Pag. 10Europa. Questo Protocollo è nato quando l'onorevole Casini era Presidente della Camera ed ha continuato la sua attività in tutti questi anni.
  I deputati italiani che collaborano nel contesto di questo Protocollo incontrano prevalentemente i parlamentari e si sono recati in Turchia diverse volte. Stiamo lavorando per riuscire a completare questo processo d'incontro, a Roma, prima della fine di questa legislatura.
  Mi ricollego a quanto detto nei due interventi che mi hanno preceduto sul tema dell'integrazione europea e, contemporaneamente, sul tema – a mio parere, concreto – della debolezza dell'opposizione in Turchia.
  La questione dell'integrazione è fondamentale e credo anch'io che, in questo momento, viste le grandi difficoltà e le riserve dell'Europa e dell'Italia nei confronti di una Turchia che non riconosce i diritti umani, ci sia anche, contestualmente, l'esigenza di aiutare la Turchia affinché questi diritti vengano riconosciuti. Quindi, è chiaro che abbandonare il popolo turco in questo momento significa non fare un favore alla democrazia per cui combattete.
  Quanto abbiamo sentito oggi non fa che confermare la nostra preoccupazione, che non abbiamo mai nascosto neanche ai nostri corrispettivi parlamentari del partito di maggioranza.
  Mi chiedo e Le chiedo se, con il nuovo Parlamento, voi siete rappresentati nella delegazione parlamentare turca incaricata di seguire le attività previste dal Protocollo, che noi ancora non abbiamo conosciuto e di cui abbiamo incontrato solo il presidente.
  Mi chiedo quanto effettivamente c'è di forte nella vostra presenza tra tutte le forze di opposizione perché, durante la nostra visita in Turchia, abbiamo notato diverse impostazioni e, in particolar modo, una certa difficoltà a proporsi come forze moderne rispetto a quella modernità inizialmente propagandata dalla maggioranza e dal partito di Erdogan, che, in realtà, non era tale. Noi sappiamo tutti che Erdogan è cresciuto nel consenso, facendo inizialmente crescere, anche dal punto di vista economico, il Paese.
  Vorremmo sapere quanto realmente, sul piano delle proposte politiche, si riesce a incidere sul consenso della popolazione.

  PRESIDENTE. Do la parola a Safak Pavey per rispondere a queste stimolanti e non semplici domande, sapendo che abbiamo a disposizione pochi minuti.

  SAFAK PAVEY, deputata della Grande Assemblea Nazionale di Turchia. Il primo intervento è stato un commento, quindi ringrazio davvero per il sostegno e l'interesse rispetto alle questioni relative alla propaganda. Ringrazio l'onorevole Schirò per la Sua sensibilità.
  Per rispondere all'intervento dell'onorevole Tidei, posso dire che anche noi abbiamo bisogno di autorizzazioni per visitare i detenuti in carcere. Si tratta di un mio diritto: in quanto parlamentare dovrei poter fare visita, anche a sorpresa, in un carcere ed essere autorizzata a farlo, ma questo non succede. Ogni volta è una forma di tortura e la decisione sull'autorizzazione dipende dalla discrezionalità del Ministro della giustizia.
  Tre settimane fa, con un mio collega, ho presentato nuovamente domanda per essere autorizzata a visitare i parlamentari del partito HDP nella prigione di Sincan e i due insegnanti che sono in sciopero della fame, i quali sono stati arrestati per aver condotto lo sciopero della fame: è la prima volta che ciò accade nella storia dei diritti umani. Si tratta di due persone accusate di provocazione, che non costituisce fattispecie di reato. Inoltre, pur essendo molto fragili, queste due persone sono state arrestate e ora sono in condizioni di salute davvero critiche.
  Io stessa non ho ricevuto il permesso di visitare questi detenuti da parte del Ministro. A volte, le autorizzazioni ci vengono concesse otto ore prima della visita e in tarda serata, a mezzanotte ad esempio, ci viene comunicato che siamo autorizzati alla visita la mattina successiva. Per loro sembra essere una specie di gioco. Non è inusuale il fatto che anche voi non siate stati autorizzati a condurre la vostra visita. Pag. 11
  Rispondo al secondo punto riguardante i negoziati per l'adesione all'Unione europea e, con l'occasione, risponderei anche all'ultima domanda che mi è stata rivolta, unendo insieme le due richieste.
  La nostra è una lotta per la modernità e i risultati del referendum hanno mostrato chiaramente che c'è una profonda polarizzazione all'interno della società. Sicuramente, ci sono state chiare frodi elettorali e manipolazioni condotte con risorse statali, ma a fare ciò è stato l'AKP. Sappiamo, però, per certo che più della metà della società è a favore dei valori moderni.
  I risultati del referendum hanno mostrato, all'interno e all'esterno del nostro Paese, che questo è vero. Questo mi dà speranza e noto che persone di schieramenti diversi si sono ritrovate unite nel sottolineare l'importanza del sistema parlamentare, dello Stato di diritto e dei valori moderni. Tra l'altro, questo era il simbolo della campagna del «no» al referendum. In modo trasversale, ci si è ritrovati uniti, pur provenendo da correnti e schieramenti dello spettro politico completamente diversi.
  Questo infonde speranza a me e ai miei colleghi del CHP. Siamo sicuri del fatto che si possa lottare insieme, in nome degli ideali e all'insegna di valori moderni, per un Paese rispettoso dei diritti umani e delle libertà, per una Turchia moderna. Per me, in questo senso, la roadmap principale prevede l'ingresso nell'Unione europea. È importante infondere vita a questo processo da varie prospettive affinché se ne possano raccogliere i frutti. Abbiamo perso troppe occasioni, ma non è mai troppo tardi per iniziare.
  Credo che abbiamo la responsabilità di ridare vita al nostro Paese. Infatti, se perde la propria modernità, la Turchia può trasformarsi in un'enorme prigione per noi, cosa che di fatto sta già accadendo per chiunque sia visto come un oppositore dal governo. Allo stesso tempo, se la Turchia diventasse una prigione, perdendo la propria modernità, l'Europa resterebbe confinata sul proprio terreno continentale. Al di là dei confini fisici e dei legami finanziari, abbiamo le connessioni umane, il che credo sia molto importante in quanto i nostri destini si incrociano. È importante continuare insieme a infondere vita a questo processo e a sottolineare l'importanza dei valori universali che ci legano più che mai.
  A proposito dell'abolizione dell'immunità parlamentare, vi ringrazio per aver sollevato anche questo punto. Io sono stata una dei 110 membri del mio partito che hanno votato per il «no». Siamo stati lasciati liberi di esprimere il nostro voto dal nostro leader di partito e sono orgogliosa di poter dire che la maggior parte del mio gruppo ha votato per il «no».
  Le parole non sono sufficienti per descrivere quello che viviamo. Ci troviamo in un oscuro ambiente di propaganda e di linciaggio. L'AKP fa uso di tutti gli spazi possibili, soffocando tutte le voci dell'opposizione e noi stessi siamo stati bersagliati da attacchi di propaganda e siamo stati oggetto di provocazione.
  Ciò può sembrarvi strano, ma l'abolizione dell'immunità parlamentare è stata utilizzata come argomentazione non appena abbiamo iniziato la marcia per la giustizia. In merito ai voti che sono risultati essere a favore, posso dire che, di fatto, la maggioranza del nostro gruppo era assolutamente contraria all'abolizione.
  Ritengo che, dopo il referendum, si è aperta una nuova fase nello spettro politico. I valori e i principi che condividiamo ci consentono di creare nuovi spazi per la fusione. Anche durante la campagna referendaria e poi con la marcia, il fatto di guidare uno schieramento non di parte ci rende più forti e uniti.
  Ahmet Türk, sindaco di Mardin ed ex parlamentare dell'HDP, ha dichiarato ieri che anche lui si unirà alla marcia. Sono sempre di più le persone che, in modo trasversale, vi partecipano perché l'iniziativa viene pubblicizzata come una marcia di giustizia per tutti, senza slogan di partito, e rappresenta un invito aperto a chiunque voglia unire le proprie mani a quelle degli altri. Speriamo che questo possa condurre alla fine di uno stato di emergenza orrendo e da incubo, in cui non si fa altro che intimidire ed eliminare dalla scena Pag. 12politica e civile turca qualunque membro dell'opposizione.
  In merito al Protocollo di collaborazione con l'Italia, non so dirvi se ci siano membri del nostro partito perché non dispongo al momento di informazioni al riguardo, ma sarò lieta di informarmi per garantire che anche il nostro gruppo sia rappresentato all'interno del Protocollo. Grazie per aver sollevato questa questione. Credo a questo punto di aver risposto a tutte le domande. Se ho tralasciato qualcosa, non esitate a dirlo.

  PRESIDENTE. Siamo giunti alla fine di questa interessantissima audizione.
  Ringrazio Safak Pavey perché eravamo desiderosi di conoscere le condizioni delle carceri turche. D'altronde, sappiamo tutti che le condizioni delle carceri ci danno un'idea delle condizioni del rispetto dello Stato di diritto, della democrazia e della situazione dei diritti umani in un Paese.
  Da quello che Lei ci ha raccontato, deduciamo che la situazione è molto grave.
  Avrei una sola aggiunta da fare. Abbiamo ascoltato e abbiamo appreso, ma credo che abbiamo un dovere: far sentire la nostra attenzione su quello che sta succedendo in Turchia e diventare moltiplicatori di notizie. Infatti, una delle prime cose che ho imparato da quando ho cominciato a occuparmi dei diritti umani è che i difensori dei diritti umani vanno sostenuti con tutte le nostre forze. Questo è quanto ci resta da fare, anche pensando alla pubblicizzazione di questa marcia, che si allarga sempre di più e il cui obiettivo è arrivare a coinvolgere un milione di persone. Pertanto, se portiamo avanti un'azione di diffusione delle notizie, della consapevolezza e della solidarietà, credo che aiuteremo moltissimo l'affermazione dei diritti umani e dello Stato di diritto in Turchia, ma non soltanto in Turchia.
  La ringraziamo e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.45.