XVII Legislatura

III Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Martedì 4 febbraio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Porta Fabio , Presidente ... 2 

Audizione del Direttore generale per la promozione del Sistema-Paese presso il Ministero degli Affari esteri, Andrea Meloni:
Porta Fabio , Presidente ... 2 
Meloni Andrea , Direttore generale della Direzione per la promozione del Sistema-Paese del Ministero degli affari esteri ... 2 
Porta Fabio , Presidente ... 6 
Garavini Laura (PD)  ... 6 
Farina Gianni (PD)  ... 7 
Tacconi Alessio (M5S)  ... 7 
La Marca Francesca (PD)  ... 8 
Porta Fabio , Presidente ... 9 
Farina Gianni (PD)  ... 9 
Porta Fabio , Presidente ... 9 
Meloni Andrea , Direttore generale per la promozione del Sistema-Paese presso il Ministero degli Affari esteri ... 9 
Porta Fabio , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FABIO PORTA

  La seduta comincia alle 13.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla wev-tv della Camera dei deputati.

Audizione dell'Ambasciatore Andrea Meloni, Direttore Generale della Direzione per la promozione del Sistema-Paese del Ministero degli affari esteri.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'Ambasciatore Andrea Meloni, Direttore generale della Direzione per la promozione del Sistema-Paese del Ministero degli affari esteri.
  Poiché questo Comitato ha posto nella propria denominazione le politiche per gli italiani nel mondo accanto a quelle per la promozione del Sistema Paese, non potevamo non ascoltare il Direttore generale Meloni.
  Nel ringraziarlo per la sua presenza, gli cedo subito la parola affinché svolga la sua relazione.

  ANDREA MELONI, Direttore generale della Direzione per la promozione del Sistema-Paese del Ministero degli affari esteri. Grazie, presidente. Sono molto onorato di potermi rivolgere al Comitato.
  Penserei di sviluppare abbastanza rapidamente tre temi, e cioè come stiamo lavorando in questo momento con gli altri attori sia pubblici sia privati per favorire l'internazionalizzazione delle imprese e degli altri comparti del Paese sulla base della legge approvata dal Parlamento due anni fa; in secondo luogo, come lavoriamo con l'insieme delle reti pubbliche o semi-pubbliche che esistono all'estero; infine, e trasversalmente a tutto ciò, quali sono i momenti e le modalità di raccordo con gli italiani all'estero nello svolgimento di queste attività.
  Come i componenti del comitato sanno, la Ministro Bonino ha fatto della «diplomazia della crescita» una delle grandi priorità del Ministero. La formula «diplomazia della crescita» può significare tante cose, ma se posso ridurla all'essenziale indica come dare il maggiore sostegno possibile alle piccole e medie imprese affinché possano sempre di più lavorare con l'estero.
  Dico questo perché è chiaro a tutti che, con la stasi del mercato interno, o le imprese lavorano fortemente con l'estero o il loro avvenire è in dubbio. Alcune settimane fa ero a Vicenza con le Confindustrie del Veneto, che si sono poste un obiettivo chiamato «quota ottanta». In altre parole l'80 per cento del lavoro dell'impresa con l'estero è quanto garantisce un futuro prospero; al di sotto c’è un rischio. Questo è il loro obiettivo.
  Alcuni settori della nostra economia e della nostra impresa già sono su questo livello. Io sono rimasto molto impressionato al congresso di Assocalzaturifici prima di Natale perché in generale i calzaturieri sono già intorno all'80 per cento di esportazione o attività svolta con l'estero. Tuttavia, considerata la totalità del sistema economico italiano, c’è ancora tantissimo da fare.
  Le imprese, come sapete, vanno fuori da sole. Più li si conosce, più gli imprenditori si ammirano per il coraggio e le capacità. Per imprese realmente piccole o medio-piccole andare al di là dell'estero Pag. 3vicino, cioè dei mercati che meglio si conoscono, pone problemi di cultura, di conoscenza delle regole e dei sistemi giuridici. In questo l'azione del settore pubblico è per loro importante.
  Chiedono più presenza del settore pubblico all'estero a sostegno delle imprese, e questa è una sfida importante per noi. Una cosa è sostenere grandi gruppi o imprese che conoscono bene i mercati e sanno come stanno le cose; altra cosa è esercitare una funzione di accompagno, che non possiamo fare da soli, ma della quale siamo parte. Insisto sul punto della piccola e media impresa perché rappresenta il futuro dell'internazionalizzazione.
  Come Ministero degli affari esteri cerchiamo di lavorare innanzitutto con le altre amministrazioni che fanno parte della cosiddetta «cabina di regia per l'Italia internazionale». Come voi sapete, la legge n. 214 del 2011, rivista nel 2012, pone il Ministro dello sviluppo economico (MISE) e il Ministro degli affari esteri come co-presidenti di questa cabina di regia che coordina l'attività internazionale, con ente esecutore la rinnovata Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane (ICE).
  Nella cabina di regia sono presenti tutti i rappresentanti del mondo produttivo italiano, le regioni e cinque ministeri, cioè – oltre ai due citati – il Ministero dell'economia e delle finanze, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e il Ministero delle politiche agricole e forestali. L'ultima riunione si è tenuta alla Farnesina, co-presieduta dalla Ministro Bonino e dal Ministro Zanonato, a luglio dell'anno scorso ed è stata una riunione importante.
  Il Viceministro Calenda, che come sapete ha la delega per l'internazionalizzazione presso il MISE, ha presentato nell'occasione quello che è stato il frutto del lavoro preparatorio dei mesi precedenti, proponendo una visione in più punti.
  Il primo punto è rafforzare il sistema della promozione all'estero, e il Parlamento ha in effetti successivamente approvato, con la legge di stabilità, una dotazione maggiore per l'ICE affinché possa svolgere questa attività.
  Il secondo punto è una programmazione fatta in tempo, e per la prima volta dopo tanto tempo quest'anno abbiamo approvato il Programma di promozione nazionale a novembre, dando quindi alle imprese una prospettiva di chiarezza su cui lavorare.
  Il terzo punto è rappresentato da un intenso programma di missioni all'estero, e nel 2013 ne è stato svolto un numero notevole (una in Indonesia alla quale ho partecipato e svariate altre, ad esempio, in Algeria, in Azerbaijan, in Canada).
  Infine, una novità, credo, assoluta, è un programma di attività in Italia chiamato road show – forse si poteva scegliere un altro termine – nel quale tutti i componenti della cabina di regia, sia pubblici sia privati, vanno sul territorio cercando di illustrare alle piccole e medie imprese che non esportano o esportano poco cosa può fare non solo lo Stato, ma tutto il sistema italiano.
  In questo siamo fortemente impegnati. La prima tappa è stata a Biella lunedì della scorsa settimana e vi ho partecipato accompagnando il Viceministro Calenda. Erano presenti trecentoquaranta piccole e medie imprese, che hanno potuto avere tutta una serie di incontri non solo con ICE-Agenzia, ma anche con le banche, con la SACE, con la Società italiana per le imprese all'estero (SIMEST) eccetera. La prossima tappa sarà Bari la settimana che viene e ce ne saranno altre dieci o quindici nei prossimi due anni.
  Si tratta di un grosso lavoro perché accompagnare le imprese all'estero significa prima di tutto lavorare in Italia. Unioncamere, le regioni, Rete Imprese Italia, Alleanza Cooperative e Confindustria sono tutte molto attive in questo. Occorre coinvolgere il sistema bancario e poi, una volta che l'impresa individua quelle che possono essere le possibilità alla sua altezza, dopo aver costruito una specie di piano per l'espansione all'estero, occorre fornire un appoggio sui mercati.Pag. 4
  Devo dire che la legge di riforma dell'ICE e di costituzione della cabina di regia ha creato fuori, per la prima volta, una situazione di chiarezza. Tutte le parti pubbliche del Sistema Italia all'estero fanno riferimento all'Ambasciatore, che ha la responsabilità di coordinarle. Inoltre, gli uffici dell'Agenzia ICE sono incardinati nelle ambasciate, e questo significa che sono notificati presso le autorità locali e che il direttore dell'ufficio ICE risponde all'Ambasciatore; idem dove ci sono gli uffici dell'Agenzia nazionale del turismo (ENIT), che per noi è straordinariamente importante.
  Le camere di commercio hanno un'altra struttura perché sono indipendenti, e so che la Commissione ha audito il Segretario generale di Assocamerestero; pur non avendo una dipendenza dall'Ambasciatore, fanno però a lui riferimento per questo genere di coordinamento.
  La mia Direzione è responsabile del funzionamento di questo sistema che, a mio parere, funzione abbastanza bene, pur con tutti i limiti del caso. C’è chiarezza per le imprese, che sanno che l'interlocutore è unico; c’è soprattutto la possibilità per l'insieme di queste istituzioni di formulare proposte di programmazione – quali attività fare, detto in altri termini – in tempo utile affinché vengano recepite nella programmazione nazionale.
  L'istruzione politica del nostro Ministro è chiarissima. Questa è la priorità per tutti, anche se naturalmente ci sono Paesi in cui prevalgono le priorità di sicurezza, e il nostro impegno è forte. Tutti i colleghi – parlo con molti di loro ogni giorno – hanno questo chiarissimo e si impegnano fortemente. Ieri, per esempio, ho parlato con l'Ambasciatore in Brasile, con quello in Colombia e con quello a Teheran. È un lavoro che li impegna per gran parte del loro tempo. Le imprese lo riconoscono e chiedono servizi migliori.
  Non vi nascondo che dobbiamo far questo con risorse che non sono straordinarie. È un dato che non si discute. Per sopperire, il sistema è quello di far lavorare insieme tutti coloro che sono presenti in un posto a qualunque titolo. Ci sono esempi interessanti anche di co-localizzazione fisica. Stare a una stanza di distanza non è di per sé garanzia di lavorare bene insieme, ma certo aiuta.
  Abbiamo ormai tanti esempi. Penso a Shanghai, dove c’è una costruzione fisica che comprende consolato, camera di commercio, istituto di cultura eccetera, ma penso anche a tutte le decisioni che sono state prese nell'ultimo anno e che hanno comportato una progressiva, limitata ma significativa, riapertura di uffici ICE nel mondo.
  Apro una breve parentesi. Forse ricorderete che, nel travaglio tra chiusura e successiva riapertura, l'ICE era molto più piccolo quando riaprì, con la rinuncia a tanti posti di corrispondenza all'estero e ad alcuni uffici. Dall'anno passato è in corso invece un programma di progressive e oculate – non possiamo spendere troppo – riaperture. Queste nuove riaperture avvengono tutte o dentro le ambasciate o dentro gli istituti di cultura. A Bogotà, per esempio, l'ICE ha riaperto nell'Istituto di cultura, a Maputo in Mozambico, invece, in ambasciata e faremo lo stesso in altri siti africani dove l'ICE intende andare. Posso, quindi, garantire a questo Comitato che, dal punto di vista del lavoro insieme all'estero, stiamo facendo grossi passi avanti.
  Naturalmente, oltre all'attività giorno per giorno, che ci impegna moltissimo, ci sono alcuni grandi progetti che di fatto coinvolgono tutta la nazione. Citerò semplicemente l'Expo. Benché riguardi tutti, il Ministero degli affari esteri e la Direzione che dirigo per tanti anni sono stati partner di Expo per assicurare un'elevata partecipazione. Adesso, come sapete, i Paesi partecipanti sono circa centoquaranta. C’è ancora da fare. Ci sono alcuni Paesi che ci auguriamo vogliano e possano partecipare, ma stiamo già passando alla fase successiva di comunicazione, di lavoro sui contenuti – cosa cioè bisognerà dire durante i sei mesi di Expo – di lavoro per rendere l'Expo una possibilità straordinaria per le imprese italiane.
  Si tratta ora di lavorare sulla parte turistica, in modo che le sedi all'estero e Pag. 5le sedi di ENIT siano lo snodo di questi flussi. Un'intesa ovvia, che deve essere curata con grande attenzione, è quella con gli italiani all'estero. Gli italiani all'estero su Expo sono coinvolti e devono esserlo perché possono essere fondamentali per il successo della manifestazione. La campagna di comunicazione deve ancora partire – mancano circa tre mesi – ma nei singoli Paesi si stanno già facendo alcune cose. È in ogni caso un impegno reale della Direzione che dirigo quello di lavorare con gli italiani all'estero per il migliore successo.
  Accanto a questo vorrei dire qualcosa sul tipo di reti che abbiamo all'estero, oltre alla parte più squisitamente legata al sostegno alle imprese. Come è ben noto, abbiamo una rete di istituti di cultura, che attualmente sono ottantanove più Baghdad, che non è operativo. Abbiamo una rete di scuole all'estero di diverso tipo. Abbiamo otto scuole statali e quarantatré scuole paritarie, il cui diploma finale è riconosciuto dal nostro Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR), nei vari livelli, dalle elementari al liceo.
  Non tutte, ma molte delle scuole paritarie sono una realizzazione degli italiani all'estero. Io conosco piuttosto bene le Americhe per essere stato – permettete un accenno personale – assegnato due volte in Argentina, la seconda come console generale a Buenos Aires. Conosco benissimo la «Cristoforo Colombo», che è una grande scuola, così come le altre scuole italiane. Conosco, pur non essendo stato là in servizio, il collegio «Antonio Raimondi» di Lima o il «Leonardo da Vinci» di Bogotà. Sono le grandissime cose create unicamente dalla comunità italiana. Queste hanno il riconoscimento del MIUR. Questo significa che, a ogni fine d'anno, la commissione di presidi e insegnanti italiani si reca all'estero per svolgere gli esami.
  Abbiamo poi settantasei sezioni italiane presso scuole internazionali. Si tratta di una rete estremamente importante e per qualche aspetto costosa. Come sapete dal momento che il Parlamento ha approvato la modifica due anni fa, avevamo in giro per il mondo, nell'anno scolastico 2011-2012, mille e ventiquattro dipendenti della scuola, che lavoravano sia nelle scuole che nei corsi organizzati per gli italiani all'estero, in effetti un onere per lo Stato molto importante. Per le decisioni prese già dal precedente Governo, questo numero passerà a seicentoventiquattro, con una riduzione molto significativa del 40 per cento, entro l'anno scolastico 2015-2016. È in effetti un onere per lo Stato molto importante.
  Il Parlamento ha approvato una mozione che impegna il Governo a presentare idee per la risistemazione complessiva del sistema scolastico all'estero affinché sia più economico, ma anche efficiente, e che soprattutto risponda a due necessità primarie: la prima, dare agli italiani che sono all'estero la possibilità, se lo vogliono, di avere per i loro figli e figlie un insegnamento in italiano; la seconda, formare le élite di questi Paesi, qualunque sia il loro rapporto con l'Italia, il che rappresenta un investimento straordinario per il Sistema Paese. Non vi nascondo che questo lavoro che faremo insieme al MIUR, con il quale abbiamo già avviato una riflessione, sarà sicuramente complesso e durerà per un certo numero di anni.
  Abbiamo poi una rete più piccola, ma molto significativa e per noi straordinariamente importante, di addetti scientifici. Attualmente sono ventitré e ho voluto che fossero nominati due nuovi addetti, a Città del Messico – si tratta di una donna – e a Pretoria, in Sudafrica, per essere presenti in due Paesi in grande sviluppo. Mi auguro di poterne avere presto uno anche ad Hanoi, in Vietnam, un Paese con il quale abbiamo stretto un forte rapporto.
  In due parole, l'addetto scientifico non fa solo scienza e contatti col mondo scientifico, ma è un anello fondamentale nel processo di innovazione nel settore manifatturiero e nell'impresa. L'addetto scientifico, in realtà, è la persona che consente un collegamento fra il sistema universitario e della ricerca italiano e il sistema produttivo locale.Pag. 6
  La Ministro Bonino ha convocato nel luglio scorso a Roma, insieme alla Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Carrozza, una riunione di tutti gli addetti scientifici, alla quale erano presenti tutti i presidenti dei centri di ricerca italiani e molti rettori di università italiane. Abbiamo messo questa rete a disposizione dell'intero sistema italiano e credo che i risultati siano importanti.
  Non parlo delle camere di commercio perché avete già tenuto un'audizione in proposito.
  Questo è più o meno, in una prima e certamente sommaria descrizione, il punto della situazione che desideravo farvi.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'Ambasciatore per la sua puntuale e interessantissima esposizione.
  Prima di dare spazio ai colleghi, vorrei fare soltanto un'osservazione. Mi sembra interessante notare come l'audizione dell'Ambasciatore capiti a cavallo tra l'audizione del professor Caracciolo sul quadro geopolitico mondiale, sulle sfide e sulle opportunità per il nostro Paese, e l'audizione di domani del Viceministro Dassù con cui proseguiremo la discussione sul riorientamento della rete consolare, tra utopia e realtà, tra ambizioni e possibilità concrete.
  Per fare solo un riferimento all'ultimo passaggio relativo agli istituti di cultura, penso sarebbe opportuno, così come le agenzie ICE sono scorporate da questa operazione di riduzione della presenza italiana all'estero, che anche la cultura fosse preservata da questa operazione di spending review. È un invito alla riflessione rivolto in primo luogo ai colleghi del Parlamento perché dovremmo considerare la cultura, così come fa la Direzione per la promozione del Sistema Paese del Ministero degli Affari esteri, un elemento essenziale per la promozione del Paese, alla stessa stregua degli italiani all'estero. Spero che potremo portare avanti non solo la nostra riflessione, ma anche le decisioni del Governo che vorremmo orientare.
  Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LAURA GARAVINI. Ringrazio l'Ambasciatore Meloni per la relazione che ci ha portato.
  Fa davvero piacere constatare che tra i punti salienti del programma di lavoro della sua Direzione siano incluse anche le varie reti della nostra presenza culturale all'estero, a partire dagli istituti italiani di cultura passando per le scuole, che rappresentano un bacino straordinario di promozione della nostra lingua e di tutto il Sistema Paese, per non parlare degli addetti scientifici e delle camere di commercio.
  Apprezzo l'attenzione che ponete su questo aspetto e condivido in pieno la preoccupazione espressa dal presidente, onorevole Porta, in relazione ai tagli e alle chiusure preannunciati. Mi auguro anch'io che ci riesca, forti della volontà espressa la settimana scorsa da questa Commissione nella sua quasi interezza, di cassare le misure preannunciate dal Governo in relazione alla chiusura degli istituti italiani di cultura nell'ambito della spending review. Ritengo che sarebbe un grave danno per quel Sistema Paese che invece dobbiamo promuovere all'estero.
  Vengo a un paio di quesiti. Da un lato mi interesserebbe sapere se, in che misura e come potrebbero essere maggiormente coinvolte nel processo di promozione del sistema Italia le aziende italiane già attive all'estero. Vorrei sapere se vengono considerate o se invece non si sia valutato come un aspetto qualificante dell'azione del Ministero il coinvolgimento delle nostre aziende già operanti all'estero, aziende che svolgono spesso attività di import-export di prodotti italiani. Io credo che potrebbero giocare un ruolo maggiore nell'implementazione delle misure pensate per la promozione del sistema Italia all'estero.
  Dall'altro lato, vorrei una sua considerazione inerente le capacità delle nostre piccole e medie imprese di rivolgersi all'internazionalizzazione. Incontrando interlocutori esteri, la cui attività è finalizzata a promuovere l'internazionalizzazione di piccole e medie aziende prevalentemente straniere, mi confronto con commenti che evidenziano i limiti delle nostre aziende, soprattutto quelle medio-piccole che rappresentano Pag. 7il cuore del nostro sistema produttivo, nella misura in cui esse non sarebbero in condizione di produrre un'offerta quantitativamente attraente per il mercato straniero.
  Vorrei sapere quali sono le vostre considerazioni in merito e se il Ministero è in grado di favorire un adeguamento del nostro sistema produttivo rivolto all'estero.

  GIANNI FARINA. Ringrazio l'Ambasciatore per l'importante ed esauriente relazione che ha affrontato, secondo me, temi fondamentali. Vorrei subito accennare a una frase importantissima che lei ha testé pronunciato in conclusione. Lei ha parlato di formazione delle élite. È una cosa importante, ed è la stessa preoccupazione che alcune ragioni italiane, tra cui la Toscana, hanno avuto nel passato nei rapporti, per esempio, con l'Argentina e con i giovani di origine italiana e toscana in Argentina. Si tenevano continui incontri annuali e con numeri importanti: duecento, trecento giovani venivano a frequentare corsi in Italia, soprattutto in Toscana, e ritornavano parzialmente formati, con nuovi elementi di conoscenza dell'Europa e della tradizione storica e culturale dalla loro terra di origine.
  È un qualcosa che è stato abbandonato, anche con riferimento ad altri Paesi. Esco dal contesto, ma nei confronti delle cosiddette «rivoluzioni arabe» noi avremmo avuto il compito importante di formare quelle élite, con le organizzazioni non governative, i sindacati, le organizzazioni sociali. Formare le élite perché siano elemento di progresso civile e democratico in quei Paesi è un ruolo che abbiamo abbandonato. Un tempo in parte si faceva, ma adesso l'abbiamo abbandonato.
  Un'altra considerazione sull'intervento culturale all'estero riguarda i Paesi sviluppati, e cito la Germania. Gli istituti di cultura che vengono chiusi svolgono sul posto un intervento culturale di altissimo livello, ma per le comunità locali, non per la comunità italiana. L'istituto culturale all'estero dovrebbe avere soprattutto questa funzione di avvicinare i popoli, invitare i popoli del Nord Europa a studiare l'italiano, a conoscere la storia dell'Italia eccetera.
  E qui siamo di fronte a una tragedia, Ambasciatore. È inutile nascondere i problemi sotto il tappeto. Siamo di fronte a una tragedia che non può non essere all'attenzione del Ministero degli Affari esteri e che non riguarda solo i consolati. Domani ci dedicheremo a questo tema, quindi non lo affronto qui, ma esso riguarda l'insieme dell'intervento italiano all'estero.
  Ci sono alcune questioni tecniche su cui chiedo un chiarimento, a parte l'Expo. Condivido tutto ciò che lei ha detto in proposito, anche se mi sembra che verso l'Expo vi sia un'attenzione straordinaria oramai. Certamente dobbiamo essere all'altezza, soprattutto a Milano, nei trasporti, nelle comunicazioni, ma mi sembra che sia annunciato uno straordinario successo. Non mi dilungo, quindi, perché lei ha detto parole importanti.
  L'ICE non esiste solo nelle ambasciate. Opera anche in importanti consolati generali. Ultimamente è stato ripristinato l'Istituto per il commercio estero a Zurigo, e lei sa che è in corso una polemica perché in quella città, che è senza dubbio una delle più importanti del mondo sul piano finanziario, esiste già una fortissima camera di commercio. Io non entro nella polemica sulla competitività e l'opportunità. Mi limito, siccome ci son proteste relative al fatto che c’è già una camera di commercio che opera da un secolo, a chiederle qualche delucidazione sul perché e sul come è stata decisa questa apertura.
  Mi ha invece molto convinto la questione delle sinergie, il fatto di unire il Paese come un tutto anche fisicamente e sul piano psicologico. Si crea una visibilità. Si vede che c’è il centro di una italianità che opera e lavora per i nostri interessi.

  ALESSIO TACCONI. Ringrazio l'Ambasciatore per l'interessante descrizione del lavoro che si sta portando avanti.
  Senza ripetere quello che è già stato detto dal presidente e dagli altri colleghi, vorrei però ribadire, visto che vi abbiamo fatto riferimento molte volte in questa sede, Pag. 8che portare avanti il lavoro tutti insieme è molto positivo.
  Noi eletti all'estero nelle ultime settimane abbiamo lanciato un urlo forte e chiaro perché la cultura italiana all'estero non chiuda. Neanche io voglio approfondire la questione della chiusura dei consolati in questo momento perché lo faremo domani in una sede più opportuna – quella dell'audizione con il Viceministro Dassù – ma gli istituti italiani di cultura non possono chiudere. Lo dico anche oggi affinché l'Ambasciatore, se vorrà, possa fare cenno in altre sedi a questa che è una delle nostre preoccupazioni più grandi.
  Nel ribadirle i complimenti per il lavoro che state compiendo, vorrei farle un paio di domande. Lei ha detto che la cabina di regia, che vede impegnate istituzioni molto importanti, a partire dai ministeri e dalle regioni, sta funzionando abbastanza bene. La mia curiosità è conoscere le criticità più grandi che state vivendo in questo momento e sapere se avete già avuto modo di individuare alcune soluzioni che possano far funzionare questo meccanismo ancora meglio.
  Mi collego poi a quanto è stato detto dalla collega Garavini. Lei accennava alla possibilità di lavorare con gli italiani all'estero e al supporto che state fornendo a questa attività. Nel momento in cui si dà supporto a un'azienda italiana per lavorare all'estero sia per una «semplice» esportazione sia per una vera collaborazione con altre aziende estere, è chiaro che per quell'azienda italiana risulti più facile lavorare con gli italiani che all'estero già ci sono. La collaborazione con le aziende italiane e con gli italiani all'estero è quindi naturale che si crei.
  Vorrei sapere cosa state attuando per rafforzare questa collaborazione tra chi vuole andare e chi già c’è.

  FRANCESCA LA MARCA. Ringrazio l'Ambasciatore Meloni. Vorrei ribadire alcuni punti che sono stati già sollevati dai miei colleghi.
  Innanzitutto vorrei richiamare l'attenzione dell'Ambasciatore non tanto sull'obiettivo strategico dell'internazionalizzazione del sistema Italia, sul quale siamo tutti d'accordo, quanto sugli strumenti da realizzare e da utilizzare in modo coerente per avvicinarsi a quell'obiettivo. Un primo esempio è la chiusura dei consolati, di cui parleremo maggiormente domani. Da un lato si enfatizza la «diplomazia della crescita», dall'altro si procede verso la chiusura di decine di strutture che di quel tipo di diplomazia rappresentano gli assi portanti e le gambe per camminare.
  In Nord America, ad esempio, nel passato si è chiuso il consolato di Edmonton in Canada – lei lo conosce benissimo – che insiste su un'area di enorme ricchezza energetica, materia estremamente sensibile per un Paese come l'Italia. Di recente lo stesso si è fatto per Newark, in New Jersey, che è uno snodo essenziale di rapporti umani e commerciali con l'Italia. Si è decisa la chiusura dell'ambasciata di Santo Domingo e ancora non è stata data risposta alla richiesta, che io stessa ho fatto pubblicamente qualche settimana fa, di sapere quali servizi saranno assicurati agli italiani presenti e alle decine di migliaia di connazionali che ogni giorno si recano in quell'area per turismo e rapporti commerciali.
  Un secondo esempio riguarda la promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo come asset strategico per la proiezione globale del Paese.
  La settimana scorsa, come lei ben sa, alla Farnesina si è tenuto un evento sul valore della lingua italiana nel mondo: molte e belle parole. Tuttavia, oltre alla riduzione negli anni passati del 60 per cento dei finanziamenti pubblici in questo campo, di recente si è fatta la scelta di chiudere anche gli istituti di cultura per risparmiare. Si tratta di un atto di evidente schizofrenia, tanto più che, come hanno detto anche altri colleghi, gli istituti rendono più di quello che costano.
  Tra queste insensate decisioni vi è anche quella della chiusura dell'Istituto italiano di cultura di Vancouver, che è stato dignitosamente, per molti anni, l'unico centro culturale italiano in un'area di interesse strategico quale la costa occidentale del Canada, Pag. 9da dove passano un'infinità di rapporti con l'Oriente, non solo di natura culturale ma anche commerciale.
  In più, in campo culturale persiste presso il MAE una dicotomia ormai insostenibile tra la sua Direzione, competente per le scuole italiane all'estero e gli istituti di cultura, e la Direzione per gli italiani all'estero, competente per i corsi integrati nei sistemi scolastici di altri Paesi.
  Spesso la mano destra non sa quello che fa la sinistra, con rischi di sovrapposizione e sprechi di risorse. Non sarebbe il caso di realizzare uno strumento di più stretto coordinamento ? Mi auguro che l'Ambasciatore Meloni possa trovare in queste considerazioni qualche spunto di interesse e cortesemente dare risposta ad alcuni dei quesiti che ho posto.

  PRESIDENTE. Ringrazio i colleghi per le domande, tutte puntuali e stimolanti. Vorrei enfatizzare un aspetto. Anch'io, come diceva il collega Farina, avendo ascoltato spesso diverse versioni, e anche polemiche, sulla riapertura dell'ufficio ICE di Zurigo, vorrei capire (e non mi riferisco solo a quella questione) se quello è un esempio di una cabina di regia che non funziona oppure se, all'interno di quella cabina di regia, questo tipo di criticità – era anche la domanda del collega Tacconi – possano essere affrontate.
  Vorrei porre una domanda che forse le consente di approfondire il tema dell'Expo. Ci interessa molto capire come, anche in collegamento con il Ministero e con la Direzione generale, effettivamente avverrà questa partecipazione e questo coinvolgimento concreto delle comunità degli italiani all'estero.
  Credo che, quando si parla di Sistema Paese e di promozione anche di piccole e medie imprese, dobbiamo parlare delle imprese italiane in generale che sono all'estero, ma anche di una miriade di imprese che sono costituite dagli italo-discendenti, un popolo di oltre 70-80 milioni di persone che probabilmente saranno un target straordinario per il successo dell'Expo.
  Do la parola all'Ambasciatore Meloni per la replica, ringraziandolo ancora per la sua presenza.

  GIANNI FARINA. Presidente, mi scuso, io non mi son detto contrario alla riapertura dell'ufficio ICE di Zurigo, vorrei precisarlo.

  PRESIDENTE. Nemmeno io. Anche io mi associo alla sua richiesta di chiarimenti, onorevole Farina.

  ANDREA MELONI, Direttore generale per la promozione del Sistema-Paese presso il Ministero degli Affari esteri. Grazie. Forse potrei iniziare da quest'ultimo punto. Ci sono due considerazioni da fare. In primo luogo, il programma di aperture – piccole progressive aperture, co-localizzate e via dicendo – è stato approvato a fine 2012 in cabina di regia, nella quale sono rappresentati tutti, incluso Unioncamere. Non è quindi una sorpresa.
  Questo è un primo aspetto per chiarire che, in effetti, le decisioni di questo tipo che riguardano l'ICE sono prese nell'ambito della cabina di regia.
  Il secondo aspetto è che noi abbiamo ovviamente compreso quanto questa vicenda di Zurigo abbia potuto toccare alcune sensibilità, quindi con l'Ambasciatore, con il presidente e con il direttore generale dell'ICE abbiamo riformulato la questione nel senso che l'ufficio ICE sarà collocato presso l'Ambasciata d'Italia a Berna. Questo non solo consentirà di avere una capacità di azione su tutta la Svizzera, per le peculiarità svizzere – se la sede fosse stata a Zurigo, l'ambito sarebbe stato limitato al cantone di Zurigo – ma anche di avere in questa maniera un rapporto con la Camera di commercio basata a Zurigo. D'altra parte credo che siano 30-40 i posti nel mondo dove ci sono sia le Camere di commercio che uffici dell'ICE-Agenzia.
  Anch'io sono stato a Genova a luglio per la riunione dei segretari generali delle Camere di commercio, partecipo sempre alle riunioni del Consiglio di Assocamerestero, e posso assicurare che il Presidente Riccardo Monti ha dato direttive chiarissime ai suoi Pag. 10di smussare tutte quelle che nel passato potevano essere state incomprensioni fra Camere di commercio e ICE. Devo dire che i casi sono ormai limitatissimi, anzi forse non ce n’è più nessuno.
  Da questo punto di vista, per esempio, nella recente missione economica in Canada ci sono state tappe a Montréal, Toronto e Vancouver. In ciascuno di questi posti, in realtà, sono stati i presidenti delle Camere di commercio locali ad accogliere la missione, ad indirizzarsi alle imprese e via dicendo. Naturalmente, bisogna sempre verificare caso per caso e lavorarci su.
  Mi perdonerà il presidente se sul tema della chiusura degli Istituti Italiani di Cultura non parlo, se non per dire che comunque noi stiamo lavorando attivamente, per quanto riguarda gli istituti, a una serie di azioni perché si possa garantire un'efficace presenza culturale anche nei luoghi dove noi abbiamo proposto e deciso di chiudere gli istituti di cultura.
  Sono stato a Berlino, dieci giorni fa, dove ho parlato a lungo, sia con l'Ambasciata sia con gli istituti – faccio presente che in Germania vi sono sette istituti, quindi ne rimarrebbero quattro – potenzialmente riceventi delle attività, cioè quelli che rimangono, e con quelli che dovrebbero essere chiusi. Quindi, comunque vada, se si dovessero chiudere questi istituti, ci siamo assunti l'impegno, sia di fronte ai locali, sia di fronte alla nostra collettività, di mantenere una presenza culturale adeguata.
  Non ho detto nulla, e me ne rammarico, sulle università, non solo sulle attività delle università italiane ma anche sui dipartimenti e le cattedre di italianistica. Si tratta, però, di un argomento che considero essenziale.
  Allo stesso modo, non ho detto, e anche in questo caso me ne dispiace, dell'evento dedicato alla lingua italiana la scorsa settimana a Roma. I dipartimenti e le cattedre di italianistica sono essenziali perché l'insegnamento della lingua è un continuo. Non si può immaginare di insegnare la lingua se non la si insegna dalle elementari (talvolta addirittura dalle pre-elementari), ma non ci possono essere licei o scuole superiori che funzionano se non ci sono dipartimenti o cattedre di italianistica all'università, perché lì si formano gli insegnanti. Non possiamo mandare tutti gli insegnanti dall'Italia; gli insegnanti devono formarsi lì.
  Le università formano gli insegnanti ma anche persone che lavorano sui temi della cultura italiana, svolgendo ricerca su questo. Devo dire che noi avvertiamo con acutezza i rischi, che sono di due tipi. In tutto il mondo ormai le università si gestiscono con criteri aziendali, quindi i conti devono quadrare. Questo porta di necessità, che sia positivo o no, a sacrificare le scienze umane. Questo succede praticamente dovunque. In secondo luogo, all'interno delle scienze umane e all'interno del settore linguistico alcune lingue soffrono, perché si vuole imparare il cinese, l'arabo eccetera.
  Noi siamo giornalmente sul pezzo; abbiamo fatto, sei mesi fa, una consultazione con tutti gli Ambasciatori su questo tema dei dipartimenti di italianistica, e continueremo in questa direzione. Abbiamo un percorso cominciato dal Sottosegretario Giro con la riunione della scorsa settimana e una riunione importante a ottobre chiamata «stati generali» (non so se il titolo rimarrà questo). In questo periodo ci sarà un percorso per sviluppare idee sui vari temi. Uno dei temi riguarda proprio i dipartimenti di italianistica.
  A Toronto – forse l'onorevole La Marca lo ricorderà – nel 2010 stava accadendo proprio questo. A Toronto c’è un grande dipartimento di italianistica, uno dei più belli del mondo. Ci fu, in quel caso, il tentativo di fondere tutto e di fare un dipartimento unico di lingue. Il tentativo è stato temporaneamente respinto grazie, non tanto alla pressione degli stranieri, che conta poco, ma alla pressione interna, perché era il retaggio di quel grande umanista che ha lavorato a Toronto negli anni Quaranta e Cinquanta.
  Purtroppo, in Svezia negli ultimi due anni è stato chiuso un dipartimento di italiano. Comunque sia, noi dobbiamo essere attivi.
  Rispondendo alla domanda sulle rivoluzioni arabe, posso dire che noi stiamo dando massima priorità in questo ambito alla lingua italiana nel Mediterraneo sud. Pag. 11Può apparire una cosa marginale, ma noi riteniamo che siano essenziali lingua italiana e contatti persona-persona. Ci sono esperienze straordinarie soprattutto in Egitto e in Marocco. In Marocco, per esempio, ci sono sei dipartimenti di italiano e si insegna italiano in molte scuole; c’è anche il problema del rientro, cioè di persone che sono immigrate in Italia, dove hanno avuto figli, e al rientro in Marocco i figli parlano in italiano.
  Voglio assicurare, comunque, che questa è una delle nostre priorità.
  Per quanto riguarda le aziende create da italiani all'estero, mi diceva il collega, Ambasciatore a Bogotà che lì la sesta, la dodicesima, la diciannovesima azienda sono state create da italiani. Qualunque Ambasciatore sa che queste aziende possono essere importantissime per creare un ponte con l'Italia. Ricordo che quando ero a Ottawa un'impresa canadese molto importante di prefabbricati fondata da italiani aveva acquistato tutti i suoi impianti in Italia, nel Veneto. Noi lavoriamo senz'altro su questo.
  Bisogna anche avere la mente fredda e sapere che in alcuni settori c’è concorrenza. Vorrei ricordare la vecchia questione delle denominazioni di origine, ma sappiamo bene che la produzione, in molti Paesi con immigrazione italiana, di formaggi, prosciutti eccetera con marchi che riprendono denominazioni di origine italiana è fatta da imprese che sono state create da italiani all'estero.
  Ci sono quindi alcuni casi in cui in effetti, per necessità obiettive, gli interessi divergono, e dobbiamo tenerlo presente. Ma nella maggior parte dei casi, la presenza di imprese create da italiani è un grosso fattore positivo da tenere sempre in conto nel programmare le missioni.
  Sui giovani, l'onorevole Farina citava gli esempi della regione Toscana e delle regioni in generale. Come voi sapete, le regioni hanno ora molti meno fondi da destinare a questo; noi, come Ministero, cerchiamo di sostenere delle azioni di scambi giovanili molto mirate, legate agli sbocchi universitari, a qualche aspetto di alta tecnologia. È un peccato che la possibilità di una conoscenza diretta dell'Italia da parte di figli o nipoti di italiani in Italia, per questioni economiche, si stia inaridendo, ma è un dato di fatto.
  Noi cerchiamo, ripeto, di indirizzare le scarse disponibilità che abbiamo per favorire scambi di giovani su settori ad alta specializzazione. Questa è una scelta, vediamo se avrà un ritorno.
  Infine, l'onorevole Tacconi, riprendendo la mia espressione, ripete che il sistema funziona «abbastanza bene». Io sono sempre molto cauto, e avrei anche potuto dire che funziona bene, ma in realtà il sistema è complesso. Si pensi solo che vi sono due ministeri che vigilano. Devo dire che ci sentiamo in continuazione, lavoriamo davvero fianco a fianco; io cerco di affiancare il più spesso possibile il Viceministro Calenda eccetera. Naturalmente, come dicevo, il sistema è complesso: quando ci sono il presidente di Confindustria, il presidente di R.E.T.E Imprese Italia (che ha diverse confederazioni al suo interno), l'Alleanza delle cooperative, Unioncamere, che di per sé sono già strutture molto complesse, arrivare a mediazioni è complicato. Direi, però, che c’è un merito in questo: il metodo può essere un po’ faticoso, ma noi vediamo che quando ci muoviamo all'estero insieme non ci sono persone che si sentono tagliate fuori.
  Credo che, essendo questa la struttura data dal legislatore, il nostro compito sia quello di lavorare al suo interno e farlo nella maniera migliore.
  Quanto alla dicotomia fra due direzioni generali, onorevole La Marca, mi permetto di darle una versione diversa. È vero, gli strumenti sono differenti, poiché sono nati in anni passati, ma le due direzioni lavorano continuamente insieme, non solo perché lo vogliamo fare (con la collega Cristina Ravaglia il rapporto è continuo) ma anche perché il contingente degli insegnanti all'estero è unico e lo gestiamo noi. Quindi, ogni volta che dobbiamo decidere sul contingente, sentite le sedi, le organizzazioni sindacali eccetera, la decisione è unica. Quando dobbiamo decidere su quali zone impegnarsi di più, su quali impegnarsi Pag. 12meno – abbiamo fatto la scelta complicatissima della riduzione dei contingenti in questi anni – lo facciamo sempre insieme.
  Teniamo presente che oltre ai corsi di lingua italiana, abbiamo anche l'altro strumento fondamentale, sviluppato in venti anni, quello dell'inserimento dell'insegnamento della lingua italiana nelle scuole pubbliche dei Paesi in cui c’è una forte comunità italiana. Il dirigente scolastico fa ambedue le cose: vede sia il sistema delle scuole paritarie sia il sistema dei corsi inseriti nelle scuole pubbliche locali.
  Non credo che avere una struttura unica serva, proprio perché gli strumenti sono pensati per fini differenti. Comunque, questo spetta al legislatore: se intende prevedere uno strumento legislativo unico, ovviamente lo attueremo. Voglio però dare garanzia che il fatto che vi siano due direzioni non significa affatto che non ci parliamo o che non lavoriamo sulla sostanza insieme.
  Per quanto riguarda Santo Domingo, naturalmente riporterò il tema.
  Dell'evento sulla lingua ho già detto.
  Quella della capacità delle PMI di rivolgersi all'internazionalizzazione e di che cosa effettivamente si può fare è una grande questione. Devo dire che il formato di questi road show è molto interessante. Sono apparsi ampi articoli, in coincidenza con il primo evento di Biella, sul Sole 24 Ore. Come dicevo, è molto interessante perché è chiaro che il primo e più consistente appoggio è in Italia e avviene non solo tramite le società pubbliche ma anche tramite il sistema bancario. Tutte le banche sono coinvolte, sia le grandi sia quelle regionali.
  D'altra parte, noi lavoriamo con la struttura industriale che abbiamo; la nostra è una struttura industriale di piccole imprese. Quello che si fa all'estero e naturalmente anche in Italia è lavorare sulla cosiddetta «catena del valore». Molte imprese non vanno fuori da sole ma lo fanno all'interno di un ciclo produttivo che comporta la presenza fuori di imprese molto più strutturate, peraltro non necessariamente italiane. Come sapete, tantissime nostre imprese sono fornitrici di grandi imprese straniere.
  Un'altra possibilità – la si sta applicando, per esempio, nel settore agroalimentare – riguarda la presenza di una grande impresa che già lavora in un Paese e che può fare da traino (ad esempio per garantire, come lei diceva, la puntualità delle consegne) per le imprese più piccole. So che in Russia è stato formato un grosso centro logistico che serve proprio a questo.
  I filoni sono tanti. È una discussione molto dettagliata e precisa, caso per caso.
  Infine, Presidente, su Expo ancora non sono in grado di dare una risposta, perché la Società Expo, che ha la responsabilità primaria di questa azione, sta elaborando un programma di comunicazione, all'interno del quale gli italiani all'estero, nei Paesi in cui sono numericamente importanti, sono una componente essenziale. Non posso essere ora più preciso.

  PRESIDENTE. Ringrazio ancora l'Ambasciatore Meloni e i colleghi intervenuti.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.15.