XVII Legislatura

Commissioni Riunite (II e XII)

Testo del resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Venerdì 1 luglio 2016

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA II COMMISSIONE
DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 11.25.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e la trasmissione sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di: Sabrina Molinaro, responsabile della Sezione di epidemiologia dell'Istituto IFC-CNR; Luca Navarini, rappresentante del Centro studi Rosario Livatino; rappresentanti dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli e dell'Associazione Luca Coscioni; Silvio Garattini, direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano; Bruno Mazzocchi, responsabile Unità cure palliative ASL 9 di Grosseto; rappresentanti dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA), dell'Associazione Forum droghe e dell'Associazione italiana sclerosi multipla (AISM).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame delle proposte di legge C. 971 Gozi, C. 972 Gozi, C. 1203 Daniele Farina, C. 2015 Civati, C. 2022 Ermini, C. 2611 Ferraresi, C. 2982 Daniele Farina, C. 3048 Turco, C. 3229 Nicchi, C. 3235 Giachetti, C. 3328 Turco e C. 3447 Bruno Bossio, recanti disposizioni in materia di legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis e dei suoi derivati, di Sabrina Molinaro, responsabile della Sezione di epidemiologia dell'Istituto IFC-CNR; Luca Navarini, rappresentante del Centro studi Rosario Livatino; di rappresentanti dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli e dell'Associazione Luca Coscioni; e di Silvio Garattini, direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano; Bruno Mazzocchi, responsabile Unità cure palliative ASL 9 di Grosseto; rappresentanti dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA), dell'Associazione Forum droghe e dell'Associazione italiana sclerosi multipla (AISM).
  Do la parola a Sabrina Molinaro, responsabile della Sezione di epidemiologia dell'Istituto IFC-CNR, chiedendole di contenere il suo intervento in circa dieci minuti.

  SABRINA MOLINARO, responsabile della Sezione di epidemiologia dell'Istituto IFC-CNR. Sarò sintetica. Comunque, ho allegato alla mia relazione una serie di documenti con tutti i dati.
  Le questioni in discussione, che ci portano qui oggi, si inseriscono all'interno di un grosso dibattito pubblico, che si espande sia a livello globale che a livello europeo. Quella che vi descriverò oggi è una panoramica generale della situazione, a livello globale e a livello europeo, e chiaramente mi concentrerò sulla situazione italiana.
  Io sono un'epidemiologa, quindi, vi porterò dei dati e delle evidenze scientifiche che abbiamo estrapolato dall'analisi dei dati. I dati sostanzialmente saranno quelli rilevati da studi di prevalenza, il che vuol dire che utilizzeremo le fonti ufficiali che impiega l'Unione europea e che vengono utilizzate negli Stati Uniti, ma anche dalle Nazioni Unite, per cercare di capire la diffusione reale di questo fenomeno. Pag. 4
  Parlando di mondo e prendendo i dati dall'ultimo rapporto delle Nazioni Unite, vi dico che si stima che, nel mondo, il 4 per cento della popolazione globale almeno una tantum, cioè una volta l'anno, tocchi la sostanza cannabis, quindi, stiamo parlando comunque di una mole di persone abbastanza importante.
  Ci sono delle aree che hanno una prevalenza più alta, quindi, in alcune aree questi consumi sono più elevati, e stiamo parlando sostanzialmente dell'Europa occidentale, dell'Africa occidentale, dell'Oceania e del Nord America.
  Recentemente abbiamo assistito al cambiamento di alcune normative, che ha aperto un grosso dibattito in quattro Stati del Nord America e in Uruguay.
  Cosa sta succedendo? In questi Stati, dove, di fatto, si è poi deciso di depenalizzare o di legalizzare, anche per uso ricreativo, la cannabis, già c'era un'alta prevalenza di consumi di cannabis – a eccezione dell'Uruguay, dove il consumo non è tanto alto. Questi Stati continuavano a vedere crescere i consumatori, quindi, a un certo punto, si sono fermati e hanno detto «proviamo una nuova strategia, cioè proviamo a vedere, attraverso la legalizzazione, se riusciamo ad avere un effetto avverso».
  Per riuscire a capire quali saranno gli effetti e i costi-benefici di queste scelte, è molto importante riuscire a mantenere dei monitoraggi che siano seri, costanti, ripetibili e fatti da enti terzi scientifici, che non vengano condizionati, in qualche maniera, da quelli che possono essere gli interessi.
  Di fatto, cosa abbiamo visto? In Uruguay, i consumi stanno aumentando, anche se di poco. L'Uruguay, però, ancora non ha un sistema di monitoraggio a regime.
  È molto interessante osservare cosa sta facendo il Colorado, che ha istituito un ufficio specifico per monitorare gli effetti. Purtroppo, tutto questo è successo negli ultimi tre anni, quindi, avremo bisogno di almeno un altro paio d'anni per riuscire a vedere come, effettivamente, si riorganizza l'onda dei consumatori. Lo dico perché sappiamo che, nel momento in cui c'è una depenalizzazione o una legalizzazione, rispetto alla diffusione di alcune sostanze, usualmente la prevalenza sale, ovvero il numero delle persone che fanno uso di queste sostanze inizialmente cresce per poi diminuire, cosa peraltro non sempre vera.
  Passo velocemente al ragionamento sull'Europa e poi mi muoverò sul ragionamento sull'Italia.
  Ho parlato del 4 per cento della popolazione globale, mentre in Europa la soglia di prevalenza è pari al 6,6 per cento, quindi l'Europa è una parte del mondo, dove i consumi di cannabis sono ancora più prevalenti. Sto parlando di una popolazione di età compresa dai 15 ai 64 anni, quindi, se stringiamo questa finestra di osservazione ai giovani, la prevalenza si alza. Noi sappiamo che i maggiori utilizzatori di queste sostanze hanno tra i 15 e i 34 anni. Comunque, al 6,6 per cento di utilizzatori, noi sappiamo che gli Stati, dove i consumi storicamente sono più alti, sono: la Germania, il Regno Unito, la Francia, l'Italia e la Repubblica Ceca.
  Da anni, Germania, Spagna e Regno Unito vedono stabili i consumi o in leggera diminuzione, mentre Italia, Francia e Repubblica vedono una crescita. In Finlandia e in Svezia, dove non erano molto alti i consumi, ma sotto la media europea, stiamo vedendo aumentare le prevalenze di consumatori sulla popolazione. L'EMCDDA, che è l'Osservatorio europeo per le droghe e le tossicodipendenze, ha fatto un'interessante analisi...

  MARIO MARAZZITI. Mi scusi. Quest'aumento è a legislazione invariata o a legalizzazione, cioè stiamo parlando solo dei consumi o incrociando il dato?

  SABRINA MOLINARO, responsabile della Sezione di epidemiologia dell'Istituto IFC-CNR. No, ma ci stavo arrivando e la ringrazio per la domanda.
  L'EMCDDA ha fatto un interessantissimo lavoro, cercando di utilizzare i dati di quei Paesi che avevano un sistema di monitoraggio affidabile, ma che purtroppo non sono molti, e che avevano introdotto dei cambiamenti nelle normative. C'è anche l'Italia, che viene descritta rispetto al cambiamento di normativa del 2006, Pag. 5quindi, all'introduzione della legge Fini-Giovanardi, tanto per intenderci.
  Si può rilevare che nella maggior parte dei Paesi, come il Regno Unito e la Grecia, si è visto depenalizzare, di fatto, il consumo e anche diminuire le prevalenze di uso. Poi, ci sono Portogallo e Slovacchia, che hanno visto depenalizzare e hanno continuato ad avere una prevalenza statica, quindi, sembra che la depenalizzazione non abbia influito sul numero di consumatori della sostanza. Infine, ci sono Finlandia e Bulgaria che hanno depenalizzato e hanno visto crescere i consumi.
  Come vedete, nella depenalizzazione abbiamo un quadro abbastanza disomogeneo, rispetto a ciò che accade nei vari Paesi.
  Di contro, nei due Paesi, che, invece, hanno visto inasprire le misure repressive nei confronti dei consumatori della cannabis, che sono Danimarca e Italia, abbiamo visto crescere le prevalenze, quindi, se la depenalizzazione sembra avere un effetto disomogeneo nei vari Paesi, dobbiamo tener conto anche di altri fattori, che possono essere dettati dalla disponibilità della sostanza stessa, per esempio. Ora, laddove c'è stato un inasprimento delle pene, di sicuro sono cresciuti i consumi, quindi, questa cosa ci lascia un po’ interdetti.
  Mi abbasso di livello e scendo sulla situazione nazionale. Cosa accade in Italia? In Italia siamo, da un certo punto di vista, privilegiati. Infatti, l'Osservatorio europeo per le droghe e le tossicodipendenze è estremamente interessato al nostro fenomeno, perché noi abbiamo avuto nel 2006 un inasprimento delle misure repressive, relative ai consumatori di cannabis, e nel 2014 una sentenza che ha invertito la condizione. Abbiamo una finestra per osservare, che è di incredibile interesse per i nostri osservatori europei, perché ci permetterà, nel giro di pochi anni, di fare una serie di ragionamenti un po’ più complessi, grazie anche alla presenza dei dati raccolti in maniera sistematica e affidabile da alcuni centri. Nello specifico, io vi parlerò dei dati che raccogliamo al Consiglio nazionale delle ricerche.
  Cosa vediamo e cosa abbiamo visto? A livello generico, intanto, vi do un altro dato. In Italia, la prevalenza dei consumatori una tantum è del 9 per cento, quindi vedete che, se il dato mondiale è del 4 e quello europeo è di 6,6 per cento, noi siamo intorno al 9 per cento. Come dato, siamo in una media più alta degli altri Paesi europei.
  Di questo 9 per cento di utilizzatori, noi abbiamo visto crescere la prevalenza lentamente, ma costantemente, negli ultimi cinque anni. Di fatto, nel 2006, non appena è stato introdotto l'articolo 45, se non sbaglio, della legge Fini-Giovanardi, la prevalenza dei consumatori una tantum – ora, vi spiego di chi sto parlando – ha avuto una battuta di arresto ed è diminuita leggermente, per poi, dopo tre anni, ricominciare a crescere e riprendere il suo trend.
  Abbiamo un'osservazione che è di circa 15 anni e che ci permette di vedere come si sono mossi i consumi. Inoltre, ci siamo concentrati non solo su chi tocca la sostanza ogni tanto, ma su chi la sostanza la consuma ovvero abbiamo studiato tre gruppi di consumatori.
  Ci siamo concentrati sui consumatori recenti, ovvero coloro che, oggi o nel momento in cui hanno risposto alla nostra indagine, stavano consumando e li abbiamo distinti in tre gruppi. C'è un gruppo di quelli che sono chiamati «consumatori ordinari», che comprende chi ne fa uso da una a venti volte al mese, che non è un consumatore «hard», però è un consumatore della sostanza. Poi, ci sono quelli che, invece, sono consumatori quotidiani, che fanno uso tutti i giorni della sostanza, e quelli che abbiamo identificato come policonsumatori.
  Lo dico perché è molto interessante ciò che è successo dopo l'introduzione della legge Fini-Giovanardi. Nel 2006-2007, abbiamo assistito a una diminuzione di consumatori ordinari, cioè coloro che usavano ogni tanto la cannabis e, contestualmente, ad un aumento di coloro che facevano uso di tante sostanze. È quasi come se fosse saltato, da un gruppo un altro, un insieme di giovani.
  Sto parlando di giovanissimi di 15-19 anni, quindi, sto parlando di una popolazione particolarmente sensibile e particolarmente a rischio. Questa popolazione di Pag. 6giovanissimi non solo sembra essere «saltata» da un utilizzo esclusivo di cannabis a un poliutilizzo, quindi di cannabis più altre sostanze.
  Inoltre, questo ragionamento fa il pari con il fatto che queste persone hanno percepito una minore possibilità di accedere alla sostanza, quindi, è come se questi si fossero trovati con una minore possibilità di accedere alla sostanza cannabis e una maggiore disponibilità, invece, di tutte le altre sostanze.
  Noi abbiamo ipotizzato che, nel mercato dove acquistano la sostanza, i venditori, che prima erano monotematici, abbiano aperto il numero delle sostanze dell'offerta, quindi questi ragazzi siano passati a nuove sostanze. Quali sono le altre sostanze a cui sono passati? Si tratta di tutte le sostanze ricreative, quindi sono tutte sostanze chimiche, come le anfetamine, le metanfetamine, GHB, insomma tutta la sequela delle sostanze che vengono conosciute, per intenderci, come le droghe da discoteca. Questa fetta di popolazione ha fatto il salto dalla cannabis a altre sostanze.
  Cosa è successo, invece, ai consumatori frequenti? Non è successo niente perché chi faceva uso di cannabis quotidiano, con la legge Fini-Giovanardi, non ha cambiato il proprio stile di consumo, quindi è come se lì non avesse inciso.
  Concludo velocemente ribadendo l'importanza di mantenere un punto d'osservazione fermo e un monitoraggio chiaro e scientifico, che ci permettano di capire come queste popolazioni si muovono. Sicuramente dobbiamo essere pronti in ogni caso a modificare le decisioni che vengono prese in ambito normativo e legislativo, ma è fondamentale fare una valutazione dei costi-benefici, nel momento in cui si decidesse di fare dei cambiamenti.
  Sicuramente gli altri Paesi, dove sono stati fatti questi cambiamenti, ci daranno informazioni che sono essenziali e di cui dobbiamo tener conto, ma mi permetto di dire che sicuramente una cosa di cui abbiamo bisogno è creare degli interventi di educazione ai rischi correlati all'uso. Lo dico perché, se non spendiamo risorse in questo ambito, rischiamo che, quali che siano le direttive che decidiamo di prendere, non ci sia la sufficiente sensibilità per salvaguardare questa fetta di popolazione, che poi potrebbe essere a rischio. Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. La ringrazio molto e le chiedo di inviarci la versione completa della sua relazione.
  Do la parola, sempre per dieci minuti, a Luca Navarini, rappresentante del Centro studi Rosario Livatino.

  LUCA NAVARINI, Rappresentante del Centro studi Rosario Livatino. Onorevoli deputati, buongiorno e grazie per l'invito a tenere questa audizione, anche a nome del Centro studi Rosario Livatino, che oggi rappresento.
  Io sono un medico e, pertanto, vorrei portare alla vostra attenzione una serie di riflessioni mediche e scientifiche, che emergono dalle proposte di legge che sono oggi discusse.
  Proporrei di dividere gli ambiti in cui queste proposte di legge si muovono in implementazione della cannabis medicale e uso ricreativo. Questi sono due ambiti differenti.
  L'implementazione della cannabis medicale è sicuramente molto importante. I dati di letteratura scientifica ci danno tante informazioni sull'uso medicale di cannabinoidi.
  Ora, quando si parla di cannabinoidi, non si parla solo di marijuana. Abbiamo cannabinoidi sintetici, come spray oromucosali con tetraidrocannabinolo e cannabidiolo. Inoltre, se andiamo a vedere i trial clinici, fatti spesso contro placebo e che hanno coinvolto queste sostanze, vediamo come i dati sono molto eterogenei.
  Abbiamo pochi dati sulla marijuana fumata, vaporizzata o per os, quindi assunta oralmente, ma tanti dati sui cannabinoidi sintetici o di spray oromucosali. Inoltre, anche le patologie sono molto eterogenee e, quando prendiamo il dolore cronico per esempio, le cause di dolore cronico, incluse in questi trial, vanno dal dolore neuropatico diabetico al dolore della sclerosi multipla. Pag. 7
  I dati presentati nella letteratura internazionale non sono sempre di buona qualità e, come è lecito aspettarsi, gli eventi avversi sono più prevalenti nella popolazione trattata con cannabinoidi, rispetto ai controlli con placebo, anche severi. È molto importante il fatto che non abbiamo estensioni di studi che ci dicano quali sono gli eventi avversi a lungo termine.
  Noi sappiamo che la modulazione dei recettori per i cannabinoidi può essere utile in molte patologie. Abbiamo studi con moderata qualità sia per il dolore cronico che per la spasticità in sclerosi multipla, tuttavia, non possiamo dimenticare che gli studi, che abbiamo a disposizione, non sono di altissima qualità e dovrebbero essere migliorati e implementati, prima che si utilizzino, in maniera indiscriminata, farmaci cannabinoidi su pazienti reali.
  Sta di fatto che, qualora si voglia implementare l'utilizzo della cannabis per fini medici è sicuramente importante che lo Stato controlli la filiera di coltivazione e produzione del farmaco in maniera stretta.
  Questo cozza, in certa misura, con il contesto di liberalizzazione dell'autocoltivazione e della vendita per uso ricreativo.
  È lecito aspettarsi che una serie di pazienti, affetti da una serie di patologie, anche al di fuori dei trial che sono stati condotti sui cannabinoidi, possa utilizzare, per fine medico, l'autocoltivazione o la vendita per uso ricreativo.
  Questo rappresenta un pericolo perché rende una categoria più fragile, che è quella di alcuni malati, esposta a un farmaco su cui non abbiamo effettivamente dei dati solidi.
  Inoltre, è possibile che alcuni malati, nonostante la prescrizione medica, decidano di rivolgersi all'autocoltivazione, per esempio per motivi economici o di supposto funzionamento della sostanza. Anche questo ci sporca il quadro perché non sappiamo esattamente quanto tetraidrocannabinolo e quanto cannabidiolo il paziente assumerà da un'autocoltivazione, rispetto a una vendita in farmacia.
  Devo dire non amo l'espressione «uso ricreativo» perché non esiste un uso ricreativo. Esiste un utilizzo di cannabinoidi con finalità ricreative, ma l'utilizzo non è mai solo ricreativo. I recettori per i cannabinoidi e i cannabinoidi hanno effetti su molteplici organi e tessuti, nonché su tantissime cellule del nostro organismo. Non è mai possibile isolare soltanto la ricreatività. Ci sono degli effetti che possono essere terapeutici, come nella cannabis medicale e nei cannabinoidi sintetici, ma anche degli eventi avversi.
  Ho depositato una relazione dove rivedo la letteratura su tutti gli eventi avversi dei cannabinoidi e ne cito soltanto alcuni.
  Parlavamo prima dei cannabinoidi come droga di passaggio, soprattutto verso la cocaina. Le patologie polmonari sono maggiormente prevalenti nella popolazione esposta al fumo di marijuana, rispetto ai controlli. Poi, c'è rischio di avere incidenti con veicoli, sotto l'effetto di cannabinoidi, ma sicuramente quello che destano più preoccupazioni sono gli effetti neurobiologici a lungo termine.
  Stiamo parlando, quindi, soprattutto nelle popolazioni in sviluppo cerebrale, di pazienti e persone giovani, che possono avere modificazioni dell'allerta, dell'apprendimento e della memoria. Questo ha un impatto sulla performance scolastica, ma anche sulla performance in alcuni lavori e, forse, in tutti i lavori, perché non lo sappiamo.
  Poi, c'è il collegamento, che discuto nella relazione e in cui non mi voglio addentrare, con i disturbi dell'umore, la psicosi e la schizofrenia, che sono molto noti e dei quali ho fatto una revisione della letteratura.
  Ci sono forse tre presupposti in queste proposte di legge che vorrei discutere. Il primo è che effettivamente la gran parte dei danni documentati da cannabinoidi riguarda le popolazioni adolescenti. Effettivamente, nelle proposte di legge, gli adolescenti sono esclusi dal poter comprare la cannabis per finalità ricreativa. Innanzitutto, vorrei dire che, però, anche gli adulti hanno una serie di danni ben documentati in letteratura. Inoltre, il fatto che ci possa essere autocoltivazione, per esempio in casa con persone adolescenti, sicuramente può dare una facilità maggiore nell'ottenere Pag. 8 la sostanza. Poi, non dimentichiamo che il mercato illegale e, di solito, di natura criminosa delle droghe illecite non scompare il giorno della legalizzazione della cannabis.
  È lecito pensare che ci sarà una concentrazione e una maggiore attenzione appunto per questa fascia di età, cioè quella degli adolescenti, che, tra l'altro, come prima abbiamo anche visto, sono i maggiori consumatori o tra le fasce d'età che consumano di più.
  È anche vero che abbiamo visto la prevalenza dell'utilizzo di cannabis nella popolazione molto alta e che i soldi pubblici spesi per la cosiddetta «repressione» sono davvero tanti, quindi una parte di queste proposte di legge poggia sulla convinzione che risparmieremmo molto, legalizzandola.
  Tutto ciò, però, ha un presupposto, cioè il fatto che i cannabinoidi siano delle sostanze inerti o a basso impatto, soprattutto per quanto riguarda gli eventi avversi. Questo non è vero e lo dimostro nella relazione, come abbiamo visto prima, e non è vero per la salute del singolo cittadino e per la salute pubblica, se prendiamo per esempio l'impatto con gli incidenti stradali e la correlazione che esiste.
  La vera sfida, a mio avviso, è quella di promuovere un contesto culturale e sociale che sia il più possibile libero dalle droghe di abuso. Questo si fa con tre metodologie: applicando dei programmi educativi, il più possibile funzionanti, recuperando le persone dipendenti e cercando di tagliare il mercato illegale di natura criminosa, che c'è adesso e probabilmente ci sarà anche un domani, dopo un'eventuale legalizzazione.
  Questo penso sia il nucleo più importante su cui bisogna lavorare e investire e che forse potrà dare risultati nel lungo periodo.
  C'è anche chi giustifica la necessità di legalizzare per controllare meglio la qualità della sostanza o la percentuale di tetraidrocannabinolo presente, ma allora questo dovrebbe valere per tutte le droghe d'abuso e non soltanto per i cannabinoidi. Anche questo si rifà al fatto che, nell'opinione pubblica, i cannabinoidi sono visti come sostanze innocue, ma non è così.
  C'è un'ultima obiezione, che si può fare e che spesso nell'opinione pubblica si trova, è che la cannabis non generi dipendenza o sindrome di astinenza. Questo non è vero ed è ben documentato in letteratura che il 10 per cento circa dei consumatori più stabili di cannabinoidi va incontro a dipendenza e ha sindrome di astinenza. Il DSM-5, che è il manuale principale di diagnostica e criteri per le patologie psichiatriche, riconosce queste entità nosologiche, che sono prevalenti nella popolazione che ne fa uso.
  Inoltre, è uscita una metanalisi molto interessante di Marshall su Cochrane, che ci dice che non abbiamo dei trattamenti farmacologici, e non solo farmacologici, che abbiano dimostrato un'effettiva efficacia nel trattare i disturbi legati alla cannabis (dipendenza, abuso e sindrome da astinenza). Questo penso che sia un altro punto principale.
  Non abbiamo degli strumenti validati per trattare alle persone che rimangono nelle maglie della dipendenza da cannabis in maniera effettiva.
  Penso che, quindi, i dati, che abbiamo presentato e che poi ritroverete nella relazione, ci corroborano una convinzione che è un po’ diversa da quella dell'opinione pubblica, cioè che i dati di letteratura ci instradano verso la comprensione del fatto che il sistema dei cannabinoidi nel nostro corpo è un sistema complesso, per cui agire farmacologicamente per finalità ricreative o per finalità mediche è un ambito delicato, e che gli eventi avversi e gli effetti collaterali a breve e a lungo termine sono importanti ed impattanti sulla salute pubblica.
  Penso che questo debba essere controllato più sul versante educativo e sul versante del recupero e della coercizione sul mercato illegale piuttosto che sulla liberalizzazione. Grazie.

  PRESIDENTE. La ringraziamo anche per lo scritto che ha lasciato.
  Adesso passerei all'Agenzia delle dogane e dei monopoli, per la quale parlerà Alessandro Aronica, Vice Direttore dell'Agenzia – Responsabile Area Monopoli. Sono presenti Pag. 9 anche il Direttore centrale Gestione tributi e monopolio giochi, Roberto Fanelli, e Anna Di Pietro, dirigente Ufficio circolazione tabacchi.
  Do la parola al dottor Alessandro Aronica.

  ALESSANDRO ARONICA, Vice Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli – Responsabile Area Monopoli. Noi curiamo attualmente, come amministrazione, due settori con problemi vicini, anche se non del tutto assimilabili a quelli della cannabis. Ci occupiamo, in particolare, del settore dei tabacchi e del settore dei giochi.
  Entrambi i settori hanno già previsto, da tempo, un circuito di legalizzazione e hanno un problema di offerta illegale e parallela, che viene combattuta, in modo più o meno efficace, dalla presenza dell'offerta legale. Tuttavia, si tratta di settori che hanno delle differenze tra di loro e, credo, anche delle differenze rispetto all'uso di una sostanza come la cannabis.
  In particolare, nel caso del tabacco, si è in presenza di una sostanza che ha una nocività intrinseca e accertata dagli studi, per cui lo scopo della legalizzazione è quello di evitare che la domanda latente di tabacco sia soddisfatta soltanto dall'offerta illegale, ma è anche quello, nel lungo periodo, di scoraggiare il consumo.
  La leva che si utilizza in questo settore è anche la leva fiscale, attraverso la quale si favorisce una progressiva lievitazione dei prezzi nel corso del tempo. La lievitazione dei prezzi, meno che compensata dalla variazione delle quantità, consente di poter dire che nell'arco degli ultimi dieci anni si è avuta una consistente contrazione del 20-30 per cento delle quantità nel caso del tabacco, anche se i valori del mercato di riferimento sono rimasti più o meno gli stessi, se non sono cresciuti, a causa proprio dell'incremento dei prezzi.
  Nel caso del settore dei giochi, mi riservo di fornirvi a giorni, non appena sarà terminato, uno studio che stiamo facendo sui dati macro riguardanti gli effetti di una storia di legalizzazione, perché nel caso del gioco abbiamo vissuto un'esperienza di questo tipo.
  Qui, naturalmente, si tratta di un settore completamente diverso, nel senso che rispetto al tabacco o alla cannabis di cui prima si indicavano le possibili negatività intrinseche, nel caso del gioco la negatività scaturisce spesso da un'interazione fra un soggetto vulnerabile e il gioco o il divertimento in sé, che può non essere in linea generale nocivo.
  Nel caso dei giochi, il processo di legalizzazione che è andato avanti negli anni 2000 ha consentito di catturare all'offerta legale una parte consistente del mercato illegale. Gli insegnamenti che ne derivano sono due. In primo luogo, occorre ben monitorare che l'offerta legale si sostituisca a quella illegale, ma non contribuisca ad incrementare il consumo di un certo bene, se a quel bene è associato un disvalore, almeno nei termini dell'abuso nel caso dei giochi.
  In secondo luogo, occorre che il circuito legale sia un circuito di qualità superiore, cioè l'offerta legale non può inseguire l'offerta illegale per diventare concorrenziale in tutte le sue derive. L'offerta legale partirà sempre la coesistenza con un'offerta illegale, ma non può inseguirla in tutte le sue derive.
  Ha, quindi, senso sostituire un circuito legale quando in questo modo si garantisce un'offerta di qualità superiore. Questo è quello che possiamo dire per esperienza e che nel settore dei giochi stiamo cercando di realizzare, sebbene i dati macroeconomici evidenzino una stabilità della spesa negli ultimi quattro anni, dopo che, tra il 2008 e il 2012, la spesa per i giochi era aumentata moltissimo proprio in corrispondenza dell'introduzione di norme che hanno aperto l'offerta legale.
  In questo caso, quindi, si è avuto un effetto positivo dalla legalizzazione, anche se non abbiamo indagini microeconomiche che consentano di approfondire le scelte dei singoli consumatori.
  Tra il 2008 e il 2012, abbiamo avuto un incremento della spesa in questo settore di circa 2,5-3 miliardi di euro rispetto a una spesa legale complessiva che oggi si aggira sui 17 miliardi. Questo è stato il periodo in cui si è constatato un certo incremento dei Pag. 10consumi, incremento che coesiste con l'introduzione di norme che avevano aperto l'offerta legale, cioè l'avevano incrementata, ad esempio la legalizzazione dei giochi on line piuttosto che norme tecniche che rendevano più difficile gestire gli apparecchi da divertimento in modo illegale.
  Queste normative hanno consentito (secondo la nostra ricostruzione sono quantomeno compatibili con questa ipotesi) un effetto di emersione della domanda piuttosto che un effetto di incremento, anche perché negli anni successivi la domanda si è sostanzialmente stabilizzata. Come già evidenziato da chi mi ha preceduto, però, è necessario monitorare sempre questi settori con grande attenzione e con studi specifici.
  Noi da ultimo abbiamo attribuito all'Istituto Superiore dalla sanità il compito di effettuare un'indagine epidemiologica su questo settore, al fine di capire meglio come si muovono i consumatori tra circuito legale e circuito illegale. Queste esperienze di legalizzazione devono avere, comunque, degli obiettivi chiari, perché già nei due settori che noi gestiamo siamo in presenza di due approcci lievemente diversi. È, inoltre, fondamentale avere studi continui sull'evoluzione della situazione, perché nelle normative che si introducono anche i minimi dettagli sono rilevanti ai fini dell'effetto che possono ottenere.
  Da un punto di vista squisitamente tecnico-amministrativo – noi siamo un'amministrazione dei Monopoli, quindi non entriamo nelle questioni che sono state toccate –, però sul tema della liberalizzazione di una coltivazione individuale sulla base della nostra esperienza siamo portati a chiederci come si garantisca la qualità di un processo di questo tipo.
  Se, infatti, uno degli obiettivi della legalizzazione è quello di costruire un circuito di maggior controllo e maggiore qualità, vediamo delle difficoltà sulla controllabilità con un regime di mera comunicazione quale quello ipotizzato in una delle proposte di legge alla vostra attenzione, così come vediamo qualche rischio laddove il circuito legale significa anche un certo livello di fiscalità.
  Sono due bacini che si creano, in cui l'uno potrebbe anche essere il bacino in cui si ripropone il problema dell'illegalità, nel senso che si ripropone il problema di evadere la tassazione per quella via, anche se l'aspetto che più dovrebbe preoccupare è quello della qualità di ciò che si produce individualmente, perché, se non c'è un controllo su questo, viene meno uno dei pilastri su cui si dovrebbe incentrare un intervento normativo.
  Dal punto di vista tecnico-amministrativo, si ipotizza un monopolio, ma probabilmente non ce n'è bisogno. Noi, nel caso di tabacchi, abbiamo un monopolio che ormai è relativo soltanto alla vendita, in quanto solo la vendita del tabacco è gestita in regime di monopolio attraverso la concessione data ai tabaccai, mentre la coltivazione è completamente libera e le altre fasi sono soggette ad autorizzazione.
  Noi potremmo pensare in questo settore, piuttosto che all'introduzione di un monopolio, all'introduzione di un regime di autorizzazione, però esteso fino alla coltivazione, mentre invece nel caso dei tabacchi attualmente la coltivazione è libera.
  Per quanto riguarda la modalità di tassazione si potrebbe ancora rientrare nel Testo unico delle accise, perché per certi versi le caratteristiche del prodotto sono assimilabili ai prodotti da fumo. Naturalmente, qui è importante capire che regime stabiliamo, perché la direttiva non prevede un monopolio, e per questo dicevo che più ragionevolmente si può pensare a regimi autorizzatori che garantiscano lo stesso rigore di controllo senza far ricorso al monopolio, che forse è uno strumento eccessivo.
  Per quanto riguarda la vendita, ho letto di una vendita in esclusiva – cioè punti-vendita abilitati esclusivamente a questo scopo – probabilmente è difficile pensare che si possano gestire in economia con un livello di specializzazione così alto. Ci sono delle reti esistenti, una è la rete dei concessionari del monopolio dei tabacchi, sono i tabaccai che vendono oggi le sigarette in regime di concessione, l'altra è la rete delle farmacie che rappresenta naturalmente un'alternativa, però ci sembra difficile pensare Pag. 11 a un'economia che si costituisca soltanto attraverso la vendita esclusiva di questo prodotto, mentre altre reti di vendita già collaudate potrebbero essere in grado di farlo meglio.
  Abbiamo visto che una delle proposte parlava di un divieto di vendita ai minori di 16 anni, sarebbe una previsione incoerente con tutte le previsioni che originano dalle impostazioni dell'Unione europea ma anche dalle nostre impostazioni nazionali. Lo dico soltanto per ribadire che il circuito legale, per quanto trovi difficoltà in questo, deve essere in grado di garantire una tutela maggiore e, soprattutto, proteggere i soggetti più deboli e le classi più vulnerabili.

  PRESIDENTE. Grazie, dottore. Lascio quindi la parola a Marco Perduca, componente della giunta dell'Associazione Luca Coscioni e coordinatore della campagna «Legalizziamo».

  MARCO PERDUCA, Componente della Giunta dell'Associazione Luca Coscioni e coordinatore della campagna «Legalizziamo». Grazie, presidente, grazie dell'opportunità. Parlerò a nome dell'Associazione Luca Coscioni e di Radicali italiani che hanno redatto un testo con il sostegno e la collaborazione di una dozzina di associazioni che si interessano di diritti umani, sono associazioni di pazienti, sono associazioni di utenti e sono associazioni che negli ultimi venti anni hanno promosso una riforma delle politiche e leggi in materia di droga.
  Di queste fanno parte la Coalizione italiana per le libertà e i diritti civili, Forum droghe, Antigone, La piantiamo, A buon diritto, La coalizione per legalizzare la canapa, Ascia, La società della ragione, e poi si sono aggiunti anche i Gruppi parlamentari come quello di Possibile, che so che hanno presentato direttamente anche delle proposte di legge che discutiamo oggi.
  L'opportunità che ci è stata data verrà utilizzata per cercare di presentare (ho portato come documentazione il modulo su cui stiamo raccogliendo le firme per questa proposta di legge d'iniziativa popolare) una proposta di legge che fa tesoro delle proposte di legge all'attenzione delle vostre Commissioni, ma ampliandone il contenuto, in parte dando delle risposte a ciò che è stato sollevato questa mattina.
  Lo ampia rendendolo meno statalista per certi versi, perché anche secondo noi il monopolio nel 2016 non avrebbe più tutto questo motivo di essere, non soltanto dal punto di vista ideale, ideologico, filosofico e politico, essendo noi di tradizione liberale, ma perché, se è vero che l'unico Stato sovrano che ha legalizzato la cannabis, l'Uruguay, ha deciso di mantenere un monopolio, anche se mi pare di aver capito che comunque il testo del cosiddetto «Intergruppo cannabis legale» preveda un monopolio temperato, non un vero e proprio monopolio, quattro Stati negli Stati Uniti hanno, invece, legalizzato secondo la loro tradizione, dove invece il monopolio c'è dal punto di vista del rilascio delle licenze di produzione, ma non della produzione e della distribuzione stessa.
  L'altra diversità del nostro disegno di legge è quella di ampliare (qui non si poteva fare perché avremmo dovuto veramente mettere insieme un articolato molto più complesso e strutturato) la depenalizzazione tout court non soltanto all'oggetto in questione dalla nostra proposta di legge, mentre invece vengono mantenute alcune delle sanzioni nel testo di compromesso tra i vari presentati, ma per tutte le sostanze stupefacenti proibite, perché non avrebbe senso o comunque sarebbe una discriminazione ingiusta dover continuare a mettere in carcere chi consuma, produce o detiene (detenere continua a essere un grosso problema) queste sostanze.
  Cito brevemente dal Libro bianco sulla legge Fini-Giovanardi che è stato presentato all'inizio della corrente settimana alla Camera dei deputati un dato che continua a mantenere alta la preoccupazione per quanto riguarda l'impatto della legge sugli stupefacenti, che a questo punto va chiamata «ex Fini-Giovanardi», ma anche «ex Jervolino-Vassalli», perché nel 2016 ci troviamo ad avere una legislazione adottata nel 1990 e modificata nel 1993 con un referendum promosso per l'appunto dal Partito Radicale. Pag. 12
  Nel 2015 sono state 12.284 le persone che sono entrate in carcere (su 45.823 che erano presenti) con imputazioni e condanne sulla base dell'articolo 73 del Testo unico sulle sostanze stupefacenti, che punisce la produzione, il traffico e la detenzione (la detenzione rimane il problema più grosso). Si tratta del 26,80 per cento degli ingressi in carcere, cioè 1 su 4 dei nostri detenuti è dentro per motivi legati alla droga.
  Le Nazioni Unite ci dicono che nel mondo la situazione va un po'meglio. Nel mondo pare siano 1 su 5, in Italia, si è ridotto di una percentuale significativa, ma sicuramente siamo ancora non solo oltre la media mondiale, ma anche quanto la sentenza Torreggiani ci imporrebbe per quanto riguarda la sovrappopolazione carceraria, ma io credo il buonsenso e 55 anni di fallimenti di proibizionismo.
  Non so quale sia letteratura che è stata citata poco fa, ma non vengono presi in considerazione 15 anni di marijuana terapeutica negli Stati Uniti, dove non si è registrata un'overdose, neanche per quanto riguarda l'uso terapeutico, ma sicuramente non si è registrata tutta la pericolosità che, invece, è stata paventata poco fa, e credo che nel mondo gli Stati Uniti possano essere considerati un Paese se non altro indipendente, dove dal punto di vista istituzionale alcune questioni vengono prese in considerazione con una certa serietà, avendo loro inventato all'inizio degli anni ’70 la guerra alla droga, quindi non credo che si facciano sconti a nessuno.
  Nel primo articolo, quindi, si cambia il nome della legge e non si fa riferimento all’«uso ricreativo», perché sono perfettamente d'accordo che esso è un termine fuorviante. Tengo a sottolineare che, forse, una delle attività ricreative più pericolose al mondo è la guida di un'autovettura sia perché inquina, sia perché è la prima causa di morte nel mondo anche in un continente come l'Africa. Quindi, non so come si possa prendere in considerazione questo tipo di attività pericolosa con delle proibizioni. Fatto sta che invece non è proibita e viene regolamentata, la gente continua a morire ma nessuno si pone il problema di mettere fuori legge un'attività del genere. Lo dico paradossalmente perché non si può continuare, nel 2016, a utilizzare gli argomenti degli anni ’50 di fronte a un fenomeno che, in virtù della proibizione, è esploso in tutto il mondo ricco o povero che sia. Noi depenalizziamo.
  Dividiamo la regolamentazione della coltivazione in due categorie, per uso personale, fino a 5 piante, con tutto ciò che ha un THC oltre lo 0,3 per cento, sono coltivabili a casa propria, dalle 5 alle 10 occorre, invece, mandare una segnalazione di coltivazione, che secondo noi può essere concessa in base a un meccanismo di silenzio/assenso, perché si può anche prevedere (la presidente è una giurista) l'uso anche ornamentale di queste piante, perché si presume che chi coltiva una pianta di cannabis la debba per forza utilizzare per fumarla o distribuirla ad altri, e siamo nel paradosso per cui se uno vuole vedere una bella foglia verde in casa, non la può vedere perché si ritiene che essendo una droga sia pericolosa.
  Per quanto riguarda la coltivazione all'aperto, si devono seguire le norme sulle attività agricole biologiche, che sono disciplinate da una serie di leggi che iniziano nel 2007, invece, per quanto riguarda la coltivazione al chiuso, sempre per uso personale, tutto ciò non si applica.
  Come abbiamo detto, le piante sono fino a 5 e non ci sono problemi, da 6 a 10 bisogna inviare una comunicazione alle autorità competenti, che secondo noi, essendo la questione complessa, devono vedere la creazione di un registro che farà capo all'Assessorato regionale relativo all'agricoltura, che metterà in lista i coltivatori individuali e in forma associata di cannabis per uso personale.
  Il registro darà la possibilità di coltivare soltanto ai maggiorenni e verrà stabilito con un decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, da adottare all'entrata in vigore della nostra legge.
  La coltivazione in forma associata, i cosiddetti «Cannabis social club», secondo noi deve mantenere il limite massimo delle 5 piante, ma può avere un'associazione che arriva fino a 100 soci, anch'essi tutti maggiorenni. Pag. 13 Volevo dire che in casa di chiunque che abbia figli dagli zero ai 18 anni esistono nel frigorifero vini, whiskey, grappe: come si può in qualche modo prendere in considerazione una pericolosità del genere? Io da piccolo andavo a comprare il vino dal vinaio e le sigarette dal tabaccaio, ma non bevo e non fumo. Capisco che sia un problema di prevenzione e la necessità di promuovere una cultura di un consumo consapevole, ciò non toglie che tutto ciò può avvenire meglio se è legale il prodotto sul quale si vogliano applicare questi tipi di normative.
  La coltivazione per fini commerciali è effettuata esclusivamente da maggiorenni e al coltivatore di cannabis è prescritto l'obbligo di comunicazione della data di inizio della coltivazione, del nome della varietà di cannabis e della quantità di semi utilizzati. Si applicheranno naturalmente delle sanzioni amministrative qualora non vengano rispettate queste regole e il prodotto verrà confiscato e distrutto dalle autorità competenti.
  Per quanto riguarda il commercio all'ingrosso e vendita al dettaglio della cannabis e suoi derivati, anche qui occorrerà che venga adottato il regolamento. Noi non potevamo dal punto di vista legislativo, essendo una proposta legge popolare, gravarla di tutta una serie di passaggi burocratico-amministrativi, ma sicuramente sarà necessario, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentite le Commissioni competenti, con decreto del Presidente della Repubblica, adottarne uno.
  Sulle confezioni di cannabis, secondo noi, deve essere specificato il livello di principio attivo di THC presente e la dicitura «un consumo non consapevole può danneggiare la salute», proprio perché si ritiene che non sia a prescindere morte, ma che può essere male utilizzata. Nel mondo (ce lo dicono gli israeliani e anche qui suggerisco uno studio della letteratura israeliana per quanto riguarda la cannabis terapeutica) si spendono più soldi per dimostrare la pericolosità della pianta della cannabis di quanti non se ne spendano, invece, per cercare di capire se è vero che funziona nelle sue implicazioni terapeutiche: si tratta di una delle varie storture del proibizionismo.
  Per quanto concerne l'attività di vendita al dettaglio, anche noi riteniamo necessario che gli enti locali, di concerto con l'amministrazione centrale, individuino i luoghi nei quali è consentito l'esercizio dell'attività di vendita al dettaglio della cannabis, proprio perché non riteniamo che ci debbano essere dei luoghi esclusivamente dedicati a ciò. Naturalmente l'unica prescrizione è che non si trovino nelle immediate vicinanze di edifici scolastici. Negli Stati Uniti, però, i dispensari (sono stato in Colorado l'anno scorso) sono esclusivamente dedicati a tutto ciò.
  Abbiamo proposto anche modifiche al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 per quanto riguarda la cannabis terapeutica, cioè noi riteniamo che si debba promuovere lo studio e anche la somministrazione, chiaramente prestando attenzione a quanto la letteratura a trecentosessanta gradi e in tutte le lingue disponibili consenta. In merito alla creazione di un monopolio per quanto riguarda la produzione, riteniamo che chiunque rispetti una serie di caratteristiche, che possono essere anche le stesse, come avviene negli Stati Uniti, della produzione non a fini medici e scientifici, possa entrare in questo tipo di mercato.
  Si proibisce la propaganda e la pubblicità. I controlli dovrebbero essere svolti dalla Direzione generale della prevenzione e del contrasto delle frodi agroalimentari del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, e dal Comando dei Carabinieri per la tutela della salute e il funzionamento delle dipendenze del Ministero della salute.
  Ogni anno si prevede una relazione al Parlamento proprio per capire come vadano le cose. L'imposizione fiscale secondo noi dovrebbe essere assimilata ai tabacchi lavorati, come avviene in Colorado noi destineremmo varie percentuali dei maggiori Pag. 14introiti per lo Stato ai finanziamenti di campagne informative (10 per cento), alle attività di previdenza sociale (15 per cento), alle attività di assistenza sociale (15 per cento), alla riduzione delle imposte sul lavoro (20 per cento), ai finanziamenti produttivi (30 per cento), al debito pubblico (10 per cento), proprio perché si prevedono sulla base di quanto ci dice il Governo quasi 4 milioni di consumatori, quindi che le entrate potrebbero essere nell'ordine di miliardi e non di centinaia di milioni.
  Ci sono delle sanzioni amministrative per chi viola la normativa che non vanno oltre i 5.000 euro. Si modifica una serie di altre leggi perché coordinare tutto quanto è complicato. L'articolo 17, che è il penultimo, cerca di promuovere un mini-indulto, cosa che non è stata fatta quando è stata modificata la legge Fini-Giovanardi dalla Corte Costituzionale nel 2014. Tutti coloro che sono dentro per virtù della violazione di quella legge automaticamente vanno fuori e vi daremmo una mano a rientrare nella legalità statutaria degli obblighi internazionali per arrivare ad avere una popolazione di detenuti...

  PRESIDENTE. Deve chiudere.

  MARCO PERDUCA, Componente della Giunta dell'Associazione Luca Coscioni e coordinatore della campagna «Legalizziamo». Concludo suggerendo alle Commissioni di acquisire le sentenze relative alla disobbedienza civile di Marco Pannella portate avanti dagli inizi degli anni ’90 fino a quando ha potuto farlo, perché in almeno dodici casi c'è una discrepanza radicale: si va dalla condanna alla detenzione all'encomio per un atto di alto valore morale simbolico e politico. Tutto ciò a stabilire che questa legge non soltanto non funziona in generale, ma anche crea dei problemi ai magistrati che la devono applicare, grazie.

  PRESIDENTE. Bene. L'audizione è stata sul testo d'iniziativa popolare più che su quello che stiamo discutendo, comunque ne prendiamo atto, acquisiamo i documenti che riterrà di lasciarci.
  Adesso passerei al secondo gruppo perché siamo fuori tempo e quindi non possiamo far attendere oltre, quindi vi ringraziamo. Nel frattempo, informo i relatori e i colleghi che sono pervenute le risposte scritte delle osservazioni e la documentazione che era stata richiesta al Primo Presidente della Corte di Cassazione, che ci ha trasmesso una relazione predisposta dall'Ufficio del Massimario su tutta la questione che riguarda la categoria dell'offensività nel reato di coltivazione di piante da stupefacenti, con tutto il quadro della giurisprudenza fino ad oggi, e la relazione del Procuratore nazionale della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo.

  DANIELE FARINA. Non ho capito: della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo è la relazione o una documentazione ad hoc per la Commissione?

  PRESIDENTE. Una documentazione ad hoc. Avevamo chiesto su questo le osservazioni scritte, sono pervenute e quindi penso che siano utili.
  Diamo, quindi, il benvenuto a Silvio Garattini, direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri; Bruno Mazzocchi, responsabile Unità cure palliative ASL 9 di Grosseto; Mario Melazzini, presidente dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA), accompagnato da Chiara Panci, dell'ufficio stampa dell'AIFA; Paolo Bandiera, Direttore affari generali dell'Associazione italiana sclerosi multipla (AISM), accompagnato da Diego Centonze, componente scientifico della Fondazione italiana sclerosi multipla (FISM); Hassan Bassi, segretario nazionale dell'Associazione Forum droghe.
  Lascerei la parola a Silvio Garattini, Direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri.

  SILVIO GARATTINI, Direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri. Grazie, presidente. Molto rapidamente, ho cercato di rendermi conto della questione al vostro esame guardando le proposte di legge e vorrei cercare di chiarire alcuni punti. Pag. 15
  Il primo è che mi sembra che la proposta di legge faccia un'eccessiva commistione fra le attività ricreative della cannabis e le attività mediche. A me pare che non dovrebbe essere presente nella legge tutta la parte che riguarda la medicina, perché si tratta di una parte che non possiamo lasciare al «fai da te», quindi deve essere regolamentata, deve essere intanto valutata, molti degli studi sono ancora preliminari.
  Vorremmo che l'impiego non tanto della cannabis come tale, quanto dei princìpi attivi oggi conosciuti, dal tetraidrocannabinolo ai cannabinoidi, fosse lasciato alle autorità competenti, all'AIFA in particolare, che deve decidere se un prodotto abbia o no un valore terapeutico, perché in questo modo aumentiamo molto il «fai da te» che cerchiamo di combattere in altre sedi.
  Oltretutto, c'è già un'attività in corso che è rappresentata dall'Istituto di chimica militare di Firenze, che ha il compito di coltivare e isolare i principi attivi, di preparare i prodotti, quindi, se si riesce a dissociare i due aspetti, certamente le cose vanno molto meglio.
  Non userei inoltre il termine «droga leggera», perché tutte le droghe sono droghe, tutte le droghe, particolarmente nei cervelli in via di sviluppo, sono dannose; tutti riconoscono che il danno da cannabis non è il danno da eroina, però questa è sempre una valutazione relativa, perché poi bisogna vedere qual è la massa di persone che la utilizzano, perché un rischio relativamente basso può diventare molto importante quando chi lo usa è un numero elevato rispetto a un rischio molto alto che poi diventa invece basso quando chi lo usa è ridotto a poche unità.
  Considero quindi opportuno eliminare il termine «leggera», anche perché non c'è niente di leggero quando si ha a che fare con un cervello in via di sviluppo come quello dei giovani fino ai 20 anni. Questo è un punto spesso non considerato, perché si assimilano adulti e giovani come se fossero la stessa cosa, mentre i giovani non sono dei piccoli adulti, sono degli organismi in sviluppo anche dal punto di vista della struttura cerebrale e i danni indotti dalla cannabis sono noti.

  MARIO MARAZZITI. Può mandarci del materiale, la pubblicazione che lei ritenga più significativa su questo.

  SILVIO GARATTINI, Direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri. Certamente. La cosa che ci preoccupa di più sono alcuni studi di corte, in cui si è documentato che i ragazzi che hanno fumato parecchio intorno all'età di 15 anni dopo 10-12 anni hanno una maggiore incidenza di schizofrenia e di malattie depressive. Questi sono i dati che ci allarmano, perché non li vediamo oggi ma li vedremo in futuro.
  L'idea che la legalizzazione della cannabis possa in qualche modo cambiare tutti gli aspetti della criminalità mi sembra molto ingenua, perché rimane tutto il resto e poi oggi c'è un numero notevole di prodotti cannabinoidi che vengono utilizzati e che probabilmente sostituiranno l'impiego della cannabis. Fra l'altro, siamo in una situazione di continuo cambiamento, perché oggi si sta introducendo molto rapidamente la ketamina, che è un altro prodotto che dieci anni fa non si ritrovava.
  Dico questo perché l'Istituto Mario Negri ha sviluppato già da tempo delle tecniche per misurare quanto prodotto si consuma, andando a misurare le quantità nelle fogne vicino al depuratore. Possiamo sapere, infatti, quanta cannabis è stata consumata misurando il tetraidrocannabinolo e abbiamo una disponibilità di dati che riguarda molte città d'Italia, che riguarda le scuole, che riguarda molti aspetti.
  Questa misura oggettiva di quanto si consuma è un metodo che diventa molto importante quando si vogliano compiere delle attività per contrastare l'uso, perché oggi si può valutare non tanto sulla base di questionari che lasciano il tempo che trovano, quanto sulla base dei consumi effettivi se un intervento sia stato utile oppure no.
  Mi sembra che questa iniziativa legislativa (lo dico provocatoriamente) sia un po’ ipocrita, perché uno dei problemi principali Pag. 16 è quello di raccogliere tasse e sappiamo per esperienza che quando si raccolgono tasse è poi difficile fare delle attività che contrastino con questa raccolta. Lo sappiamo molto bene per quanto riguarda il tabacco, in cui c'è sempre stata questa ambiguità da parte dello Stato nel non fare attività significative, laddove, per esempio, non si è mai voluto aumentare il prezzo delle sigarette, cosa che sarebbe molto importante per ridurre i consumi e quindi migliorare la salute, perché si teme che questo possa portare a una riduzione delle tasse.
  A me pare che questo sia un brutto aspetto della proposta di legge, e c'è un grande conflitto di interessi fra quello che sarebbe necessario, perché ci sono accenni nella proposta di legge, ma non è previsto certamente un piano significativo per aiutare i giovani ad evitare di cadere vittime di questi trattamenti che, anche nel caso della cannabis, sono delle modalità con cui si aprono le porte per l'utilizzo anche di altri prodotti illeciti.
  È molto difficile, a mio parere, che questa legge possa poi funzionare, perché per gli attuali minori di 18 anni è chiaro che, se non li possiamo controllare oggi, non li potremo controllare neanche domani, quindi la presunta possibilità di proteggere i minori di 18 anni è scritta, ma in realtà non è fattibile.
  Mi auguro che la legge possa essere corretta e ripensata in modo tale da tener conto anche di questi aspetti. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Lascio ora la parola a Bruno Mazzocchi, Responsabile Unità cure palliative ASL 9 di Grosseto.

  BRUNO MAZZOCCHI, Responsabile Unità cure palliative ASL 9 di Grosseto. Buongiorno a tutti, grazie per l'invito. Sono molto d'accordo con la prolusione che ha fatto il professor Garattini perché abbiamo molto bisogno di capire esattamente l'utilità terapeutica della cannabis per i nostri pazienti e, siccome abbiamo delle osservazioni che ci portano a fare delle ipotesi di ricerca, abbiamo bisogno di poter condurre degli studi rigorosi in good clinical practice per dare risposte definitive e dare la miglior cura possibile ai nostri pazienti, che sono al centro prioritario del nostro interesse.
  Detto questo, metto rapidamente a disposizione un'esperienza sulla cannabis terapeutica, quindi, parlo di cannabis terapeutica, di circa 1.000 pazienti trattati dal nostro gruppo, non solo da me, ma anche da altri medici che fanno parte del nostro gruppo di ricerca clinica.
  Dopo un po'che abbiamo iniziato a trattare questi pazienti sempre per dolore refrattario (siamo partiti dal dolore) ci siamo accorti che bisognava darci un certo tipo di codice per avere delle casistiche omogenee e poter fare delle osservazioni, che sono quelle che ci portano ora a dover progettare degli studi clinici.
  A questi pazienti facciamo uno screening, ovviamente escludiamo i pazienti di età inferiore ai 18 anni, le donne in stato di gravidanza, alcune situazioni come l'ipertensione arteriosa e l'insufficienza cardiaca, e soprattutto somministriamo alcuni test, il Mini-International Neuropsychiatric Interview (MINI), una scala per la depressione, e valutiamo poi il livello del dolore, il livello della qualità del sonno e anche gli effetti collaterali tramite uno schema molto utilizzato, l’Edmonton Symptom Assessment Scale (ESAS).
  I risultati sono a disposizione e in seguito produrrò questo materiale. Abbiamo avuto 122 pazienti che hanno abbandonato la terapia su 729 valutabili, questa quantità di pazienti ha sospeso la terapia in 82 casi per inefficacia, negli altri casi per motivazioni varie, fra cui quella di non avere la possibilità di affrontare il costo della terapia stessa quando apparteneva a categorie non rimborsabili nella Regione Toscana, dove noi operiamo.
  Gli effetti collaterali sono stati responsabili della sospensione del trattamento soltanto in 32 casi e gli effetti collaterali comunque che noi abbiamo pedissequamente monitorizzato sono soprattutto la sonnolenza, la confusione mentale, un certo aumento all'inizio del trattamento dello stato di ansia. Abbiamo avuto poche Pag. 17vertigini, che invece vengono più descritte nella letteratura internazionale.
  I risultati sul dolore globalmente sono stati soddisfacenti, ma sicuramente inferiori ai risultati che si ottengono in categorie di pazienti con dolore cronico con i derivati della morfina. Abbiamo potuto, tuttavia, valutare che in alcune categorie di pazienti i risultati sono stati veramente brillanti, per esempio nel dolore neuropatico abbiamo avuto un abbassamento di oltre 3 punti (quasi 4) del VAS, della scala che misura il dolore, sulle cefalee abbiamo avuto risultati importanti, 4 punti di abbassamento della scale, sul dolore oncologico abbiamo avuto risultati molto simili, come sulle patologie neurodegenerative che sono venute da noi per il dolore (in queste patologie spesso la spasticità muscolare e il dolore neuropatico vanno di pari passo e forse sono anche la stessa cosa per certi versi).
  Abbiamo avuto invece risultati molto meno brillanti in alcune situazioni come per esempio la neuropatia post-erpetica e il dolore da osteoporosi, che sono, comunque, dolori cronici. Ovviamente i pazienti che abbiamo seguito sono tutti i pazienti per i quali le terapie tradizionali non avevano dato successi soddisfacenti.
  Abbiamo avuto in tutti i pazienti comunque un sicuro, netto miglioramento (P 0,001) della qualità del sonno e un miglioramento a lungo andare, anche se c'è un peggioramento iniziale, dello stato ansioso. Abbiamo avuto anche risultati migliorativi sulla depressione.
  Per quanto riguarda il consumo di delta-9-tetraidrocannabinolo, il principio attivo contenuto nella sostanza secca che noi usiamo, perché noi usiamo il Bedrocan, che è l'inflorescenza femminile essiccata che contiene dal 18 al 22 per cento di tetraidrocannabinolo, i pazienti che abbiamo seguito per oltre un anno hanno avuto un incremento solo modestissimo della quantità di consumo di sostanza, che molto spesso è anche in relazione alla titolazione, perché partiamo con dosaggi bassi e poi arriviamo alla quantità di sostanza che riesce a controllare il sintomo.
  Mi fermerei qui. Questa è la nostra esperienza, noi abbiamo urgenza che si producano studi...

  MARIO MARAZZITI. Quanto costa un ciclo?

  BRUNO MAZZOCCHI, Responsabile Unità cure palliative ASL 9 di Grosseto. La media di costo, attualmente, per i nostri pazienti è intorno ai 300 euro al mese, è una media, perché abbiamo persone che vanno avanti con 70-80 euro e poi i costi ultimamente si stanno abbassando perché molte farmacie cominciano a produrre questi farmaci galenici.
  Negli Stati Uniti, che hanno fatto dei conti molto precisi, si ritiene che un paziente possa consumare dagli 11.000 ai 16.000 dollari all'anno di cannabinoidi per il controllo di una patologia cronica. Loro però si riferiscono, soprattutto, a prodotti medicinali, quindi al Nabilone, il loro Cesamet, che ha un costo non so quanto puro o quanto gonfiato dall'industria.
  Come diceva il professore, ci stiamo attrezzando per produrre la cannabis attraverso l'opera dell'Istituto chimico-farmaceutico militare di Firenze che ha già fatto i primi raccolti, però devo dire che, contrariamente a quello che si aspettano tutti, probabilmente i primi raccolti di cannabis saranno più costosi, perché il nostro Ministero ha chiesto un profilo di sicurezza veramente molto attento, quindi c'è un controllo di qualità enorme sul prodotto che sta per uscire.
  Potrei dire molto brevemente quali sono le criticità che noi riteniamo potenziali. Ancora non abbiamo dati significativi sugli aspetti cognitivi e psicopatologici in long term. Stiamo parlando di sostanze che sono liposolubili, cioè si concentrano nella materia grassa, e il sistema nervoso centrale contiene molto materiale adiposo.
  Non abbiamo ancora un rischio potenziale di abuso definito, anche se noi siamo molto ottimisti su questo aspetto, perché i dati ci dicono che lo screening dei pazienti fa in modo che in una casistica di 7-900 pazienti trattati i casi di abuso sono stati veramente 1 o 2. Pag. 18
  Abbiamo la criticità sui prodotti galenici nella variabilità delle estrazioni. Ad esempio, l'olio che è utilissimo per titolare i pazienti non è previsto dalla farmacopea europea, perché si rifà a uno studio di Romano e Hazekamp che richiede dei controlli di qualità molto costosi. Ne consegue che per noi è difficile titolare la sostanza come sarebbe previsto dal Registro AIFA.
  La criticità maggiore è che noi vogliamo produrre delle evidenze. Lo faremo perché abbiamo iniziato una collaborazione spero proficua con l'Università Federico II di Napoli e vorremmo presentare un progetto all'AIFA. Grazie per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Aspettiamo questa ulteriore parte della documentazione. Lascio adesso la parola a Mario Melazzini, Presidente dell'AIFA.

  MARIO MELAZZINI, Presidente dell'AIFA. Grazie, presidente, buongiorno. Prima di tutto, una precisazione: in un intervento dal punto di vista tecnico-scientifico e del ruolo regolatorio di AIFA in merito all'utilizzo terapeutico della cannabis diventa fondamentale – intendo sottolineare – distinguere completamente la questione della legalizzazione dall'uso terapeutico della cannabis.
  Dal punto di vista regolatorio, prima di tutto occorre fare un punto sulla situazione normativa in Italia. Sappiamo che con il decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1999, il Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, per quanto riguarda la prevenzione, la cura e la riabilitazione degli stati di tossicodipendenza, si prevede la concessione dell'autorizzazione per la coltivazione, la produzione, la fabbricazione, l'impiego, il commercio, l'esportazione, l'importazione, il transito, l'acquisto, la vendita e la detenzione delle sostanze stupefacenti o psicotrope.
  Nella Farmacopea ufficiale della Repubblica italiana, nell'edizione XII, vengono elencati tutti gli stupefacenti e le sostanze psicotrope, che sono inseriti nella tabella 7. Questa tabella è ulteriormente suddivisa in altre due tabelle identificate da numeri romani: la Tabella I indica le sostanze con forte potere tossicomanigeno e oggetto di abusi, mentre la Tabella 2 del Testo unico indica le sostanze che hanno attività farmacologica che sono pertanto usate anche dal punto di vista terapeutico, come anche i preparati attivi della cannabis, in particolare, come citava il professor Garattini, il tetraidrocannabinolo e il transdelta 9 tetraidrocannabinolo.
  Conoscete bene il percorso realizzato con il Ministero della salute per la firma dell'accordo di collaborazione tra il Ministero della salute e il Ministro della difesa per la produzione nazionale di sostanze e preparazioni di origine vegetale a base di cannabis. Oltretutto, il Ministero della salute, con decreto del 9 novembre del 2015, autorizza la coltivazione delle piante di cannabis da utilizzare per la produzione di medicinali di origine vegetale a base di cannabis, sostanze e preparazioni vegetali, individua le aree da destinare alla coltivazione, importa ed esporta e distribuisce sul territorio nazionale ovvero autorizza all'importazione, essendo un po’ l'aggiornamento del decreto Presidente della Repubblica n. 309 del 1999.
  Per quanto concerne la disponibilità di farmaci a base di cannabinoidi, sappiamo che farmaci a base di cannabinoidi, come è stato anche detto dal collega palliativista, sono disponibili in alcuni Paesi dietro precisa prescrizione medica, come il Dronabinol negli Stati Uniti e in Canada o il Nabilone disponibile in Canada, Messico, Regno Unito e Stati Uniti. Se l'uso a scopo ricreativo resta illegale in molte parti del mondo, l'uso medico ormai è estremamente terapeutico e diffuso.
  Per quanto riguarda la disponibilità di farmaci a base di cannabinoidi in Italia autorizzati, attualmente esiste un solo medicinale a base di estratti di cannabis sativa disponibile sul nostro territorio e autorizzato all'immissione in commercio, indicato come trattamento, soprattutto, per alleviare i sintomi legati alla spasticità da moderata e grave soprattutto nella sclerosi multipla, ma anche in coloro che non hanno manifestato una risposta agli altri comuni miorilassanti antispastici. Pag. 19
  Il Sativex, questo è il nome commerciale, è una preparazione vegetale, è costituita da una miscela di due strati, dalla cannabis sativa si ricava sia il cannabidiolo sia il tetraidrocannabinolo.
  Faccio una puntualizzazione sull'uso medico per quanto riguarda la cannabis e i suoi componenti cannabinoidi, che hanno una storia estremamente lunga e condivisa da molte culture. La pianta, ad oggi, torna ad essere estremamente rivalutata per il trattamento di certe patologie, ad esempio, come antiemetico oppure, in pazienti oncologici, come pure per il trattamento del dolore della spasticità anche per altri pazienti come nel caso di malattie da immunodeficienza.
  Per quanto riguarda il percorso di sperimentazione e di autorizzazione tra il Ministero della salute e il Ministero della difesa per lo Stabilimento farmaceutico militare, è stato fatto tutto un percorso di valutazione, di vigilanza e di ispezione per arrivare all'autorizzazione in produzione in Good manufacturing practices (GMP) per quanto riguarda le inflorescenze di cannabis nelle fasi di essiccazione, macinazione, confezionamento primario e secondario e stoccaggio, e siamo arrivati, alla fine di settembre 2015, all'emissione dell'autorizzazione da parte di AIFA per l'attivazione dei reparti coinvolti nella produzione di cannabis infiorescenza.
  Lo scorso 6 giugno 2016 è stata presentata ad AIFA, da parte dello Stabilimento militare, la valutazione favorevole alle attività di irraggiamento, con necessità di studi di stabilità a lungo termine, con una valutazione favorevole della convalida di essiccamento.
  Per quanto riguarda l'utilizzo dal punto di vista medico-terapeutico, dobbiamo sottolineare, ad esempio, sull'analgesia l'effetto antiemetico e anche l'effetto ipotensivo in alcune patologie oculari come ad esempio il glaucoma, e l'effetto miorilassante e decontratturante in patologie neurodegenerative e neuromuscolari, però ci possono essere anche effetti collaterali avversi di un certo tipo, sia i minimi effetti collaterali comuni che sono già stati citati e sono soprattutto nell'utilizzo ricreazionale (mi permetta questo termine, presidente) con l'alterazione dell'umore, insonnia, tachicardia, mal di testa, ma anche nei casi di sovradosaggio con dose eccessiva di cannabis soprattutto stati psicotici, maniacali, ansiosi, attacchi di panico.
  Concludo con alcuni punti chiave che tengo a sottolineare, che sugli effetti collaterali è il fatto che, soprattutto in assenza di titolazioni precise dei principi attivi e psicoattivi dei principali, si sa poco e una liberalizzazione potrebbe esporre la popolazione a rischi non valutabili e non tracciabili, ad esempio il rischio di psicosi se i principi attivi fossero ad altissima concentrazione.
  Va quindi stressato il concetto dell'importanza di una corretta titolazione dei principi attivi e psicoattivi e della qualità della cannabis come sostanza attiva, ed è importante sottolineare come il contenuto dei prodotti psicoattivi sulla cannabis si sia spostato dal 3,5 per cento dei primi anni ’70 ad almeno il 25-30 per cento e oltre che si può rilevare in alcuni estratti attuali.
  Ho cercato di fare una sorta di similitudine, senza entrare nello specifico della proposta di legge. Sarebbe come classificare nella stessa categoria bevande alcoliche con un tasso alcolico fino al 4 per cento come le birre, per poi andare al vino, fino al 18 per cento per i liquori e al 52 per cento per i superdistillati, e, soprattutto, bere la stessa quantità e ogni volta ottenere lo stesso effetto. Questo è un paragone che è importante tenere in considerazione.
  In particolare ci sono pazienti o persone sempre più giovani che presentano gravissime depressioni cliniche. Poi vi lascerò il materiale, anche rispetto alla bibliografia, degli ultimi lavori comparsi su Lancet e su JAMA Psychiatry.
  Le caratteristiche di queste depressioni sono uniche poiché si presentano come delle sindromi amotivazionali, con grande irritabilità, disforia e improvvisi scatti di rabbia. Una liberalizzazione non consentirebbe un controllo di eventuali contro-indicazioni, per esempio, su alcune particolari sottopopolazioni: adolescenti e giovani adulti, a causa di alterazioni mentali, che sono maggiori durante il completamento Pag. 20 dello sviluppo cerebrale; individui con disturbi cardio-polmonari; individui con problematiche epatiche; individui con una storia personale di disturbi psichiatrici e una storia familiare di schizofrenia; individui con una storia pregressa, magari di tossicodipendenza o abuso di sostanze psicotrope; individui con disturbi maniaco-depressivi; individui in terapia con farmaci ipnotici o sedativi; soprattutto, anche donne che stanno, per esempio, pianificando una gravidanza o sono in gravidanza. C'è, quindi, tutta una serie di cose che diventa fondamentale.
  Fermo restando la potenzialità di un effetto terapeutico, in determinate condizioni, della cannabis, la liberalizzazione comporterebbe tutta una serie di problematiche, dal punto di vista tecnico-operativo, che assolutamente il legislatore dovrebbe tener presente.

  PRESIDENTE. La ringraziamo.
  Adesso, per l'Associazione italiana sclerosi multipla, ci sono Paolo Bandiera, il Direttore affari generali, e Diego Centonze.

  PAOLO BANDIERA, Direttore affari generali dell'Associazione italiana sclerosi multipla (AISM). Ci siamo divisi il tempo.
  Buongiorno, grazie di questo spazio. L'Associazione italiana sclerosi multipla è un'associazione presente sull'intero territorio nazionale, che si occupa, oltre che di assistenza e di promozione dei diritti, attraverso la propria fondazione, anche di ricerca. Oggi porteremo il punto di vista della persona e del paziente rispetto appunto ai farmaci derivati dalla cannabis, quindi l'importanza di poterne disporre in modo organizzato e uniforme sul territorio nazionale, anche le evidenze derivano dalla ricerca. In parte, è già stato citato come sono necessari ulteriori studi, ma questo è sicuramente un tema importante da richiamare.
  Come dicevamo, ci sono 110.000 persone con sclerosi multipla in Italia, con diagnosi tra i 20 e 40 anni. La sclerosi multipla è una malattia autoimmune, cronico-degenerativa e ingravescente, che presenta una serie di sintomi importanti e consistenti, che possono avere una forte ricaduta sulla qualità di vita delle persone, anche di giovani persone che, attraverso la gestione dei sintomi possono mantenere l'abilità e magari anche l'inclusione attiva nel mondo e nel contesto di vita, di lavoro e di famiglia.
  Dunque, parlare di farmaci derivati della cannabis vuol dire, anche, rappresentare come sia importante garantire l'accesso ai farmaci sintomatici, in modo equo e sull'intero territorio nazionale, perché noi sappiamo – per esempio, questi sono dati che arrivano dal nostro barometro italiano della sclerosi multipla, che abbiamo appena pubblicato – che, per la normativa attuale, salvo appunto per il Sativex che è stato detto essere comunque in Fascia H, quindi a carico del sistema sanitario, per i farmaci sintomatici un paziente può arrivare a spendere di tasca propria fino a 6.000-7.000 euro l'anno.
  Il trattamento con sostanze, che non vengono passate dal sistema sanitario, può arrivare – si parla di sostanze derivate appunto dalla cannabis – a 300-400 euro al mese. Questo vuol dire che dobbiamo ragionare sul fatto che il non disporre di questi farmaci può indurre a una perdita anche di autonomia e di capacità nonché a una minore attitudine al lavoro, a una perdita di produttività e a un costo essenzialmente per il sistema, al di là dell'iniquità di fondo.
  Dicevamo, rispetto al tema dell'uso terapeutico, che, al di là di quanto già richiamato, ossia del fatto che vi sia un farmaco già indicato per il trattamento da sclerosi multipla derivante dalla cannabis, nel decreto del Ministro della Salute del 9 novembre 2015 la sclerosi multipla viene indicata appunto tra le patologie, per le quali vi è letteratura che dimostra l'efficacia dell'impiego di derivati dalla cannabis, ma di questo diremo.
  Certamente, quello che è accaduto è che oggi abbiamo una situazione a macchia di leopardo ed estremamente disomogenea tra regione e regione, il che vuol dire che i farmaci che derivano dalla cannabis, oggi, quanto a modalità di prescrizione ed erogazione, in realtà risentono di normative Pag. 21che, dal 2012 in poi, dodici regioni hanno emanato, prevedendo dei meccanismi assolutamente diversi per la possibilità di accesso a questi farmaci, a carico del sistema sanitario regionale.
  Le prime leggi, quelle del 2012-2013, prevedono che, essenzialmente, il farmaco a carico del sistema regionale possa essere prescritto e somministrato solo in ambiente ospedaliero o in regime di continuità attraverso immissioni protette e non a livello ambulatoriale. Altre leggi regionali più recenti del 2014-2015, tra cui quella della Toscana, prevedono in realtà la possibilità che il farmaco possa essere prescritto ed erogato anche in ambito domiciliare.
  Noi sappiamo, in realtà, che molti pazienti con sclerosi multipla, soprattutto in fase più avanzata di malattia, escono dal circuito e dal sistema della rete dei centri clinici e dell'ospedale, quindi questo pone un problema pesante di equità e di uniformità d'accesso. Vi sono delle persone che oggi pagano, se riescono a pagarlo, perché il costo non è rilevante, il farmaco, altrimenti non hanno la possibilità di gestire alcuni sintomi.
  È stato citato un farmaco. Questo farmaco, come poi ci verrà detto, in realtà ha un impiego limitato, quindi, per quanto riguarda tutta una serie di sintomi, che non sono la spasticità, ma il dolore, o che possono essere i disturbi del sonno e disturbi vescicali, dovremmo avere la necessità di impiegare, in modo più uniforme e garantito, questi farmaci sintomatici. Oggi, sappiamo che, insomma, così non è, salvo situazioni gestite a livello personale.
  Che cosa chiediamo? Noi riteniamo, come associazione, che, dal punto di vista dei pazienti, sia, comunque, importante avere una cornice normativa nazionale, quindi fare in modo che, rispetto a questo quadro non armonico di leggi regionali, intervenga una norma, che tratti di cannabis a uso terapeutico e che non faccia commistioni con situazioni diverse di legalizzazione, anche se è vero che la produzione italiana potrebbe evidentemente favorire anche la disponibilità del farmaco e che questo è un tema importante.
  Tuttavia, riteniamo importante che ci sia una norma che dedichi attenzione al tema, magari a partire dall'articolo 6 della proposta di legge, rinforzato adeguatamente. Inoltre, tra i punti qualificanti vi sono: condizioni uniformi di prescrizione e condizioni di accesso e di erogazione del farmaco su tutto il territorio nazionale, sia in ambito ospedaliero sia in ambito domiciliari, magari con il piano terapeutico dello specialista.
  Abbiamo bisogno di programmi di informazione sui pazienti e sulla comunità, quindi sulla valenza anche terapeutica della cannabis, al di là dei pregiudizi, dei luoghi comuni o anche, a volte, delle speculazioni ideologiche. C'è bisogno di formazione degli operatori e dei medici di medicina generale, per esempio. Questo è un tema importantissimo, che va sostenuto, sviluppato e portato avanti, altrimenti rischiamo che questa sia una materia che rimane confinata a pochi specialisti e addetti ai lavori, nonostante le potenzialità siano significative.
  Poi, vi richiamo anche il tema dei flussi informativi, per i quali una cornice nazionale garantirebbe, a questo punto, un flusso di dati strutturato. Queste leggi regionali che citavo, in genere chiudono con la clausola valutativa, per cui bisogna attivare meccanismi per cui vi siano flussi strutturati di dati che consentano di capire anche l'impiego, il dosaggio e la modalità di assunzione. Questi sono dati che, oggi, non esistono in modo strutturato organizzato e questo è un tema fondamentale. Soprattutto, è necessario un sostegno deciso alla ricerca pubblica e privata su questi temi.
  Qui, lascio la parola al professor Centonze, massimo esperto su questi temi (cannabis e sclerosi multipla). La Fondazione italiana sclerosi multipla (FISM), la nostra fondazione, come vi dicevo, ha finanziato gli studi su questo e pensiamo che siano da portare avanti perché le evidenze sono assolutamente importanti.

  PRESIDENTE. Grazie. Per il restante tempo, do la parola al professor Centonze, Componente scientifico della (FISM).

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  DIEGO CENTONZE, Componente scientifico della Fondazione italiana sclerosi multipla (FISM). Mi presento. Sono Diego Centonze, professore ordinario di neurologia all'Università Tor Vergata di Roma, coinvolto in attività clinica su pazienti con sclerosi multipla, dove seguo circa 3.000 pazienti, e autore di 300 lavori scientifici sulla sclerosi multipla, di cui 100 riguardano l'impiego, l'utilità e il coinvolgimento del sistema cannabinoide in questa malattia.
  Come clinico e come ricercatore sulla sclerosi multipla e sul sistema endocannabinoide, posso dire che il Sativex è stato un notevole passo avanti, per quello che riguarda la gestione di sintomi importanti, ma, come diceva chi mi ha preceduto, ha un impiego molto limitato. Si tratta solo di una fetta di pazienti che hanno la spasticità, che non rispondono ad altri farmaci, che hanno la sclerosi multipla, che hanno un miglioramento clinico di un certo punteggio in una fase esplorativa e clinica eccetera.
  Le indicazioni possono essere, per i farmaci cannabinoidi, ben più ampie. Inoltre, sebbene sono d'accordo sul fatto che non esistano trial clinici conclusivi, tuttavia l'evidenza scientifica è giudicata sufficientemente solida da incoraggiare un'apertura e una facilitazione dell'impiego di altre formulazioni a base di cannabinoidi.
  Per quello che riguarda gli effetti collaterali ovviamente, ne siamo tutti consapevoli e sappiamo bene quali possano essere i rischi. Dico solo che, volta per volta, valutando i benefici e rischi, si può fare la scelta più saggia per i nostri pazienti.
  Non conosco nessun farmaco che sia tale e che non ha degli effetti collaterali, quindi è giusto monitorarli, ma non, per questo, buttare via anche un farmaco o delle preparazioni potenzialmente utili.

  PRESIDENTE. La ringraziamo. Adesso passiamo all'ultimo intervento, quello dell'Associazione Forum droghe.
  Do la parola al Segretario nazionale, Hassan Bassi.

  HASSAN BASSI, Segretario nazionale dell'Associazione Forum droghe. Grazie, presidente. L'Associazione, insieme ad altre realtà, ha pubblicato, non più tardi di due giorni fa, il settimo libro bianco sulla normativa sulle droghe, che è una pubblicazione che va avanti appunto da sette anni e che vuole monitorare un po’ quali sono i risultati le normative attuali sulle droghe, per cui, se mi fosse concesso, vorrei lasciarlo alla Presidenza in doppia copia.
  Noi siamo molto ben disposti rispetto al fatto che il Parlamento voglia mettere mano a una normativa che, come veniva ricordato risale, al 1990, perché, malgrado ci siano stati degli interventi, a nostro avviso peggiorativi, del 2006 e la Corte costituzionale abbia bocciato la riforma cosiddetta «Fini-Giovanardi», siamo ritornati a un impianto proibizionistico e sanzionatorio, che risale al 1990.
  Questa data già rispecchia il fatto che questa normativa non sia molto probabilmente più adeguata alle realtà sociali e appunto della ricerca, come veniva ricordato, rispetto alle droghe in generale e alla cannabis, sulla quale stiamo intervenendo in particolare.
  Nel mio intervento, vorrei riprendere alcuni dati, che sono stati presentati durante una conferenza stampa, qui alla Camera, sugli effetti di questa normativa, cioè della legge del 1990, e soprattutto sugli effetti di tipo sanzionatorio, cioè su quelli che ci sono sulla popolazione carceraria, che, per cui più del 30 per cento in Italia è detenuta a causa di violazioni di norme che sono all'interno di questa legge. Vorrei riprendere alcuni dati anche sull'impianto sanzionatorio, che colpisce anche i semplici consumatori di cannabis, che, per fortuna e grazie anche a un referendum che si è tenuto nel 1993 – perché già la norma nel 1990, quando è stata approvata, evidentemente non era adeguata – non finiscono più in carcere, ma subiscono dei provvedimenti di tipo amministrativo.
  Ora, quando parliamo di consumatori di cannabis, ci stiamo riferendo a decine di migliaia di persone. Le segnalazioni al prefetto dello scorso anno sono state 27.718, quindi decine di migliaia. Di queste, la maggior parte è per utilizzo di cannabis e di persone giovani, anche a dimostrazione Pag. 23che questa legge, più che intervenire con un impianto di tutela della salute, interviene sull'impianto sanzionatorio, infatti soltanto 151 richieste sono state poi avviate a un programma terapeutico e riabilitativo. Quindi direi che, da quel punto di vista, questa norma dimostra tutta la sua incapacità di intervento.
  Riguardo sempre alla cannabis, un intervento ci pare che sia doveroso anche andando a guardare un po’ i dati di tre report, che sono usciti nel frattempo e un po’ in contemporanea con il nostro libro bianco, perché l'unico report che non è ancora uscito è la relazione al Parlamento, che di solito dovrebbe uscire a giugno, però sono già usciti: il rapporto mondiale sul consumo delle droghe, il rapporto europeo, per l'appunto il libro bianco e anche alcuni studi sull'utilizzo della cannabis nel Colorado, che è uno degli Stati che ha liberalizzato il consumo negli Stati Uniti.
  Insomma, rispetto a tutti questi rapporti, il fenomeno di cui stiamo parlando è un rapporto di proporzioni enormi. La relazione europea ci parla di 182,5 milioni di persone, che consumano cannabis nel mondo e di cui soltanto meno del 10 per cento rileva un consumo problematico. La relazione europea ci parla di 22 milioni e la relazione italiana ci parla di 12 milioni e mezzo di persone che hanno provato almeno una volta nella vita la cannabis.
  Con l'impianto sanzionatorio che abbiamo adesso in Italia, queste persone dovrebbero essere sottoposte a sanzione, il che, di nuovo, ribadisce quanto sia necessario adeguare le norme alle attuali situazioni sociali, non solo in Italia.
  In più, ci piace poter richiamare un fatto che crea molta preoccupazione, in particolare nelle associazioni come la nostra che si occupano di droghe, soprattutto nel consumo dei teenager. Tra i 15 e i 19 anni in Italia, il 27 per cento fa uso di cannabis, di nuovo a dimostrazione che è una norma, così come pensata, cioè proibizionista e sanzionatoria, non serve assolutamente a niente, o per lo meno non arriva al risultato, cui ognuno di voi aspirerebbe arrivasse.
  In tal senso, è significativo che, ogni anno e all'inizio dell'anno, ci sono interventi delle forze di polizia all'interno delle scuole con uso anche di unità cinofile, che interrompono le lezioni, ma questo non sembra aver prodotto nessun risultato, in un trend di crescita fra i giovani di consumo di cannabis.
  Riteniamo che la norma presentata, sulla quale ci avete gentilmente convocati a dare un'opinione, sia una norma condivisibile. Tale norma si affianca ad altre due proposte di legge che le nostre associazioni hanno sottoscritto e proposto, rispetto alle quali le differenze sono limitate.
  Quella più marcata, che vorrei sottolineare, è relativa al fatto che, nella proposta di legge a primo firmatario Giachetti, è previsto che la regolamentazione del mercato e della produzione sia affidata al monopolio di Stato.
  In questo noi crediamo che ci sia una debolezza e che non sia compito dello Stato, anche per alcune contraddizioni che venivano forse ricordate dagli interventi precedenti e anche per la capacità di far fronte a una produzione di questo tipo. Sarebbe necessaria la produzione della materia prima in un mercato regolato, che preveda, comunque, l'utilizzo delle risorse che potrebbero venirsi a creare dalla tassazione per la prevenzione, soprattutto per la prevenzione del consumo giovanile.
  Su questo vorrei spendere una parola. La legge precedente prevedeva comunque l'impiego di risorse per una prevenzione, però il piano di prevenzione nelle scuole pare che non sia stato attuato nemmeno quest'anno. Vi ripeto che gli unici interventi che vediamo sono quelli o fatti in autonomia dalle scuole o dalle Forze dell'ordine con unità cinofile.
  Approfitto dell'occasione per sottolineare che la norma sulla cannabis interviene soltanto su una parte del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990. In Parlamento, ci sono altre proposte che intervengono, invece, su tutto l'impianto del medesimo decreto.
  In due casi sono proposte promosse anche dall'Associazione che rappresento stamani. Si tratta delle proposte di legge Pag. 24depositate alla Camera con prima firma di Fossati, e al Senato da Sergio Lo Giudice.
  Riteniamo che sia giusto che il percorso della cannabis abbia una priorità, anche alla luce delle motivazioni che ho elencato prima, ma che tutta la norma debba essere rivista.
  Finisco – mi sono permesso di lasciare alla Presidenza anche la documentazione relativa a questo – ricordando che abbiamo sottoscritto un appello perché lo strumento per la riflessione sulle droghe in Italia, previsto anche dalla legge del 1990, è il Dipartimento per le politiche antidroga e pare che questo Dipartimento sia smantellato, per essere accorpato al Ministero della salute.
  Come associazioni, riteniamo che, finché abbiamo un impianto normativo proibizionista, quindi che prevede delle pene, sia giusto che, della droga, si occupino più Ministeri e che quest'aspetto rimanga sotto la Presidenza del Consiglio.
  Quello che vorremmo è che questo Dipartimento fosse in qualche modo rifondato, prima di tutto dal nome. Più che di Dipartimento per le politiche antidroga, ci piacerebbe che fosse chiamato «Dipartimento per la valutazione delle politiche sulle droghe» o «Dipartimento per la prevenzione dell'utilizzo delle droghe» perché, già dal nome, riteniamo che sia ormai superato. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie del contributo specifico che ci avete dato.
  Dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.15.