XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Mercoledì 8 novembre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE C. 4605 FERRANTI, RECANTE MODIFICHE ALL'ARTICOLO 5 DELLA LEGGE 1° DICEMBRE 1970, N. 898, IN MATERIA DI ASSEGNO SPETTANTE A SEGUITO DI SCIOGLIMENTO DEL MATRIMONIO O DELL'UNIONE CIVILE

Audizione di Fernando Prodomo, presidente della prima sezione civile del Tribunale di Firenze e di rappresentanti dell'Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori (AIAF).
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Prodomo Fernando , presidente della prima sezione civile del Tribunale di Firenze ... 3 
Sarro Carlo (FI-PdL)  ... 6 
Prodomo Fernando , presidente della prima sezione civile del Tribunale di Firenze ... 6 
Amoddio Sofia (PD)  ... 6 
Prodomo Fernando , presidente della prima sezione civile del Tribunale di Firenze ... 6 
Ferranti Donatella , Presidente ... 7 
Simeone Alessandro , componente della Giunta Esecutiva dell'Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori (AIAF) ... 7 
Ferranti Donatella , Presidente ... 7 
Simeone Alessandro , componente della Giunta Esecutiva dell'Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori (AIAF) ... 7 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Sannicandro Arcangelo (MDP)  ... 10 
Prodomo Fernando , presidente della prima sezione civile del Tribunale di Firenze ... 10 
Sannicandro Arcangelo (MDP)  ... 10 
Prodomo Fernando , presidente della prima sezione civile del Tribunale di Firenze ... 10 
Sannicandro Arcangelo (MDP)  ... 10 
Prodomo Fernando , presidente della prima sezione civile del Tribunale di Firenze ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Sannicandro Arcangelo (MDP)  ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Sannicandro Arcangelo (MDP)  ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Sannicandro Arcangelo (MDP)  ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Sannicandro Arcangelo (MDP)  ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 12 
Simeone Alessandro , componente della Giunta Esecutiva dell'Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori (AIAF) ... 12 
Prodomo Fernando , presidente della prima sezione civile del Tribunale di Firenze ... 12 
Ferranti Donatella , Presidente ... 12 
Prodomo Fernando , presidente della prima sezione civile del Tribunale di Firenze ... 12 
Ferranti Donatella , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista: MDP;
Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD: AP-CpE-NCD;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile: SI-SEL-POS;
Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE: SC-ALA CLP-MAIE;
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Civici e Innovatori PER l'Italia: Misto-CIpI;
Misto-Direzione Italia: Misto-DI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-UDC-IDEA: Misto-UDC-IDEA;
Misto-Alternativa Libera-Tutti Insieme per l'Italia: Misto-AL-TIpI;
Misto-FARE!-PRI-Liberali: Misto-FARE!PRIL;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI) - Indipendenti: Misto-PSI-PLI-I.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 15.55.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di Fernando Prodomo, presidente della prima sezione civile del Tribunale di Firenze e di rappresentanti dell'Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori (AIAF).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame delle proposta di legge C. 4605 Ferranti, recante modifiche all'articolo 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, in materia di assegno spettante a seguito di scioglimento del matrimonio o dell'unione civile, di Fernando Prodomo, presidente della prima sezione civile del Tribunale di Firenze e di Alessandro Simeone, componente della Giunta Esecutiva dell'Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori (AIAF).
  Do la parola al presidente della prima sezione civile del Tribunale di Firenze, Fernando Prodomo, per lo svolgimento della relazione.

  FERNANDO PRODOMO, presidente della prima sezione civile del Tribunale di Firenze. Vi ringrazio per la convocazione. Mi ha fatto piacere riceverla. Ho avuto modo di leggere la proposta di legge e arrivo subito al dunque, per non far perdere tempo a nessuno.
  Il Tribunale di Firenze, la cui prima sezione civile, che si occupa per il 90 per cento di diritto di famiglia, presiedo dal 2013, già aveva cominciato a occuparsi della questione nel 2012, quando fu sollevata una questione di legittimità costituzionale di un cosiddetto «diritto vivente», cioè del riferimento che la giurisprudenza faceva al tenore di vita familiare per la quantificazione dell'assegno di divorzile.
  La Corte costituzionale ha risposto con una sentenza di non fondatezza della questione, ritenendo che, in effetti, il criterio del riferimento al tenore di vita durante il matrimonio non fosse l'unico e il principale criterio, ma fosse un criterio che concorreva con altri. Inoltre, la Corte costituzionale ha precisato che gli altri criteri, che sono la durata del matrimonio, il numero dei figli, i redditi e i patrimoni delle parti e le cause della rottura dell'unione coniugale, concorrevano, assieme al criterio del tenore di vita, e potevano arrivare ad annullare, come ha detto la Corte costituzionale, il diritto del coniuge più debole al mantenimento divorzile.
  L'ottica era un po’ diversa da quella che ci occupa oggi, però l'ho voluta citare come precedente. Da allora, ci siamo interrogati come sezione che si occupa della famiglia di questo problema. Quando sono arrivato, la giurisprudenza della sezione era orientata abbastanza pacificamente per avere la disuguaglianza economica fra i coniugi come punto di riferimento principale, nel senso che era sufficiente questo per ritenere dovuto l'assegno divorzile.
  A seguito della sentenza della Corte costituzionale e a seguito di un'evoluzione che, anche al nostro interno, c'è stata, siamo arrivati, piano piano, su posizioni Pag. 4molto simili a quella della sentenza della Cassazione di cui ci stiamo occupando.
  Anche dopo la pronunzia di questa sentenza da parte della prima sezione civile della Cassazione, abbiamo continuato a interrogarci e, mentre inizialmente la sezione era prudente, nel senso di voler attendere un assestamento giurisprudenziale di legittimità, dopo le prime pronunce, anche noi abbiamo ritenuto che l'interpretazione della Cassazione fosse evolutivamente da condividere, per cui la stiamo seguendo.
  Già avevamo cominciato a seguirla e la stiamo seguendo, con la precisazione che, a differenza di altri tribunali, come credo quello di Milano, non abbiamo individuato un criterio univoco, fisso e stabile, come potrebbe essere il tetto di reddito dell'ammissione al patrocinio statale, per esempio, e decidiamo caso per caso.
  Venendo alla proposta di legge, vorrei dire alcune cose, come contributo di esperienza.
  Si sostituisce alla «adeguatezza del reddito del coniuge più debole» quello della «disparità», per cui penso sia sottinteso «economica», anche perché si tratta è un termine un po’ generico. Si parla di: «disparità che lo scioglimento o la cessazione degli effetti del matrimonio crea nelle condizioni di vita dei coniugi».
  Faccio notare solo che i due termini «disparità» e «condizioni di vita» sono altrettanto generici, come è generico il riferimento all'adeguatezza dei redditi, attualmente previsto nell'articolo 5 della legge vigente.
  Non si fa, quindi, un grande passo avanti per l'interprete, anche se è chiaro, dal punto di vista del legislatore, il messaggio che arriva: non si fa più riferimento semplicemente all'adeguatezza dei redditi, ma si verifica direttamente se lo scioglimento del matrimonio abbia creato disparità nelle condizioni di vita dei coniugi.
  Bisogna tener presente che, come sapete meglio di me, anche perché si tratta di questione di esperienza di tutti quanti, le separazioni e i divorzi creano disparità, nel senso che si creano problemi economici all'uno e all'altro coniuge. Non è facile individuare quale dei due coniugi sia quello, se non economicamente più debole, com'è attualmente, che ha subito maggiormente la disparità.
  Prevedo che, con un testo di questo genere, aumenti anche la necessità di fornire prova da parte del soggetto che chiede l'assegno di divorzile, gravato sicuramente dell'onere probatorio, che ci sia stata questa disparità nelle condizioni di vita dei coniugi. Non c'è più un confronto fra il prima e dopo il matrimonio, ma un confronto fra i due coniugi dopo il matrimonio.
  Sotto un certo profilo, questo è interessante perché ci permette di concentrarci su quei due coniugi, superando il concetto di tenore di vita.
  Riguardo all'uso di «condizioni di vita», forse si dovrebbe un po’ riflettere su questi termini.
  Poi, non si comprende bene, come avete scritto anche nella relazione, chi sarebbe l'obbligato. Si dice «il Tribunale dispone l'attribuzione dell'assegno, a favore di un coniuge» e non si dice che questo sia a carico dell'altro.
  Non so se ciò sia voluto oppure non lo sia, nel senso che questo potrebbe dare adito, per esempio, a un intervento pubblico o di sostegno oppure chiamare in causa gli ascendenti, che, in base a un'altra norma del codice civile, sono tenuti, nel caso in cui i due genitori non possano oggettivamente farlo, a mantenere la prole, per esempio. Anche su quest'aspetto dovremmo riflettere.
  Per quanto riguarda la questione principale, quello che ci convince e ci convinceva della sentenza della Cassazione riguarda la rottura rispetto alla linea precedente, basata sul fatto che non è più possibile, al giorno d'oggi e nella società di oggi, con la donna che ha un ruolo diverso da quello che c'era negli anni Cinquanta e con l'uomo che ha un ruolo diverso da quello che c'era negli anni Cinquanta, prevedere una ultra attività del matrimonio.
  Secondo me, questo è il principio positivo che la Cassazione ha voluto lanciare. Certo, la Cassazione non si è fatta carico, ma ve ne fate carico voi, da legislatore, di che cosa sarà la cosiddetta «solidarietà Pag. 5post-coniugale». Questa esiste ancora? La vogliamo riaffermare oppure tendiamo verso la contrattualistica, come avviene nei Paesi anglosassoni? Forse va dato un segnale più forte in un senso o nell'altro.
  La mia sensazione, se mi permettete, è che questa normativa, che sembra di estrema tutela e di un ritorno a una tutela forte rispetto al coniuge più debole, che, diciamoci la verità, normalmente è la donna nell'unione matrimoniale, in realtà non faccia poi un grandissimo favore alle donne e potrebbe essere interpretata come una battaglia di retroguardia un po’ assistenziale.
  Non so se avete sentito anche su questo tema altro tipo di associazione. Io naturalmente parlo a livello personale, anche perché non faccio parte di nessuna associazione: mentre i colleghi della sezione per i minorenni hanno la loro associazione di magistrati, noi civilisti che ci occupiamo della famiglia non abbiamo un'associazione, quindi parlo a titolo personale.
  C'è un altro punto che mi interessa sottolineare. Il comma 2 dell'articolo 1 della proposta di legge prevede che, dopo il sesto comma dell'articolo 5 della legge n. 898 del 1970, vengono inserite alcune frasi, quali «nella determinazione dell'assegno, il tribunale valuta le condizioni economiche in cui i coniugi vengono a trovarsi a seguito alla fine al matrimonio, le ragioni dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio».
  Forse vi è stato già detto qualcuno: in realtà, non ci sono ragioni nel nostro ordinamento per lo scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio perché è solamente il tempo, a parte alcuni casi particolari, che porta dalla separazione poi al divorzio, quindi non ci sono delle ragioni della cessazione degli effetti civili del matrimonio, anche se la norma attuale fa riferimento a tali ragioni.
  Non ci sono in realtà ragioni per un divorzio perché, se viene introdotto un divorzio contenzioso da una parte sola, per cui l'altra è in contumacia o non si oppone, si pronuncia il divorzio, a prescindere dai motivi, anche perché l'unico presupposto di norma è il passaggio del tempo dalla separazione, che è di sei mesi o un anno, oggi.
  Facciamo attenzione perché, se si introduce il criterio della ragione dello scioglimento o cessazione effetti civili, si rischia un aumento della conflittualità.
  Un aumento della conflittualità molto verosimile e molto forte si rischia anche a seguito del tenore letterale dell'ultimo periodo del comma 2: «l'assegno non è dovuto nel caso in cui il matrimonio sia cessato o sciolto per violazione da parte del richiedente l'assegno degli obblighi coniugali».
  In questo caso, l'unica e principale cosa da notare è che, in realtà, non c'è un divorzio con addebito perché l'addebito è nato da una frase dell'articolo del codice civile che dice che il coniuge ha diritto all'assegno separativo, se non è addebitabile a lui la separazione.
  Per ora, non c'è divorzio con addebito, tanto meno per colpa, quindi, se si mantiene questa frase, bisogna chiarire se si tratta di una separazione addebitabile o se va fatta un'altra indagine in sede di divorzio. Questo, però, comporta il rischio che ci possano essere anche pronunce diverse.
  Questa cosa è rimediabile perché l'assegno separativo, come sappiamo, vale fino a che non ci siano sentenze definitive di divorzio, quindi quello viene pagato.
  Vanno benissimo i riferimenti a: «contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno e di quello comune»; «reddito di entrambi»; «impegno di cura personale dei figli comuni minori o disabili, assunto dall'uno all'altro coniuge»; «ridotta capacità reddituale dovuta a ragioni oggettive».
  Ho qualche dubbio sull'ultimo criterio, «la mancanza di un'adeguata formazione professionale quale conseguenza dell'adempimento ai doveri coniugali», più che altro perché di difficile prova.
  L'unica cosa che effettivamente, oggi, in base alla nostra esperienza, possiamo dire è che statisticamente le donne hanno difficoltà a trovare lavoro, se non hanno lavorato fino a una certa età, quindi le separazioni e i divorzi tardivi vanno quasi sempre a danno del coniuge più debole, che, se è donna, non riesce a trovare un Pag. 6impiego effettivo. In questo caso, subentra, quindi, la necessità di una solidarietà post-coniugale.
  Per quanto riguarda la possibilità di porre un termine all'assegno divorzile, tale istituto è per noi sconosciuto, ma c'è in altri ordinamenti. Direi che tale termine andrebbe limitato a casi molto particolari. Per esempio, un caso che potrebbe essere seguito in modo interessante da questa novità è quello dell'aiuto economico dell'un coniuge all'altro per reperire una diversa abitazione.
  Vi dico che sempre più i coniugi rimangono da separati in casa perché nessuno dei due ha la forza, anche economica, di allontanarsi per trovare un'altra sistemazione: stanno aumentando i casi in cui ci sono richieste di separazione e di divorzio di persone che temporaneamente continuano a convivere.
  Noi le separiamo e le divorziamo ugualmente, però ci vengono chiesti provvedimenti urgenti per cui dobbiamo «cacciare di casa» uno dei due coniugi. In realtà, non abbiamo strumenti per dire, non potendo fare i moralisti, «tu sei stato birbone e ti cacciamo», ma dobbiamo ragionare in termini di figli, che spesso sono già grandi, per cui uno vuole andare con un genitore e l'altro figlio vuole andare con l'altro genitore. Sta accadendo che, sempre più, vi è difficoltà a rompere effettivamente le convivenze, che poi diventano pericolose per l'incolumità degli stessi genitori e per la crescita dei figli.
  Concludendo, limitato forse l'assegno divorzile ad alcuni casi particolari, come la disoccupazione, per cui bisogna vedere se c'è l'indennità di disoccupazione a favore di chi ha perso il lavoro, tenete presente che le nostre decisioni, anche nel caso delle sentenze «definitive» in materia di famiglia, possono essere sempre cambiate e vengono in continuazione cambiate a seconda degli sviluppi delle situazioni economiche dei coniugi e dei figli che trovano lavoro, riuscendo a uscire di casa e creando un nucleo familiare.
  Già ora, io non avrei timore di decisioni dei tribunali troppo rigide: in continuazione noi cambiamo e modifichiamo le condizioni, anche economiche, delle separazioni e dei divorzi.

  CARLO SARRO. Vorrei chiedere al presidente Prodomo un chiarimento.
  Lei prima ha osservato che la formula «condizioni di vita» forse è bisognevole di maggiore puntualizzazione. Vorrei chiedere se, alla luce della sua esperienza, può indicarci qualche elemento che potrebbe favorire una migliore esplicitazione del concetto di condizioni di vita.

  FERNANDO PRODOMO, presidente della prima sezione civile del Tribunale di Firenze. I riferimenti sono quelli che ha fatto la Cassazione, quali i redditi delle parti e l'abitazione delle parti.
  Quello che, a volte, usiamo come criterio è la capacità lavorativa potenziale di un soggetto, che, anche se non sta lavorando, potrebbe lavorare perché ha un titolo di studio, ha ancora una giovane età eccetera.
  Usiamo come criterio anche la necessità di uno dei due coniugi di trasferirsi in un'altra città per motivi di lavoro, quindi le maggiori spese che ciò comporta, sia per il trasferimento sia per tornare indietro a visitare i figli o per andare nella nuova abitazione.
  Mi rendo conto che è difficile per legislatore condensare tutto in un'espressione, però io pensavo a questi criteri.

  SOFIA AMODDIO. Aggiungerebbe anche la presenza di altre fonti di reddito? Lo chiedo perché spesso avviene nella prassi che uno dei due coniugi possa avere, per esempio, degli appartamenti in locazione. Se ne tiene conto, giusto?

  FERNANDO PRODOMO, presidente della prima sezione civile del Tribunale di Firenze. Assolutamente, si tiene conto del reddito e del patrimonio, che viene calcolato. Poi, si osserva se il patrimonio è messo a reddito oppure meno e se potrebbe essere messo a reddito.
  Tenete presente che stiamo parlando di un terzo delle cause perché gli altri due terzi, per fortuna, vengono consensualizzati dalle parti, che si mettono d'accordo.

Pag. 7

  PRESIDENTE. Do la parola all'avvocato Alessandro Simeone, componente della Giunta Esecutiva dell'Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori (AIAF).

  ALESSANDRO SIMEONE, componente della Giunta Esecutiva dell'Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori (AIAF). Grazie, presidente. Vi porto i saluti del mio presidente, l'avvocato Sartori, che oggi non è potuto essere presente.
  Cercherò di essere molto breve, anche perché vi abbiamo mandato una relazione abbastanza ampia, con alcune proposte di emendamenti.
  Il problema nasce dalla formulazione iniziale dell'articolo 5, che, dopo la riforma del 1987, recita «al coniuge spetta un assegno, quando non ha mezzi adeguati», ma non si capiva a che cosa dovessero essere adeguati i mezzi la cui assenza determinava l'assegno divorzile.
  È intervenuta la Cassazione con sentenza a Sezioni unite nel 1990 stabilendo che «i mezzi devono essere adeguati a permettere al coniuge di mantenere il pregresso tenore di vita». Questa interpretazione va avanti per 27 anni, ma, a maggio di quest'anno, la Cassazione, a sezioni semplici, il che non è da poco, stravolge un criterio delle Sezioni unite.
  Tra l'altro, a precisazione della relazione, dove abbiamo scritto che questa decisione non andrà a Sezioni unite, devo dire che abbiamo saputo che è stata rimessa la questione alle Sezioni unite, quindi interverrà probabilmente il massimo organo della funzione normofilattica.
  Noi speriamo che ci arrivi il legislatore e lo speriamo molto come AIAF, anche perché, in realtà, ormai la Cassazione ha consolidato l'orientamento di maggio scorso, nel senso che sono intervenute almeno sette o otto sentenze a tamburo battente, nell'arco di pochi mesi, che confermano questo orientamento.
  Tranne che nel caso della sentenza del Tribunale di Udine, tutti stanno applicando i nuovi principi. Faccio riferimento a quello di Mantova, Milano, Verona, Venezia e Firenze, con la sentenza del 14 giugno scorso, alla Corte d'Appello di Salerno e a Palermo, dove si applicano i nuovi criteri. Roma si sta assestando nell'applicarli entrambi, cioè dice «l'assegno è dovuto o non è dovuto sia sulla base del vecchio orientamento...»

  PRESIDENTE. Il presidente di Roma sarà in audizione la prossima settimana.
  Ci interessa il vostro parere.

  ALESSANDRO SIMEONE, componente della Giunta Esecutiva dell'Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori (AIAF). Riteniamo assolutamente fondamentale l'intervento del legislatore, anche in maniera urgente, perché il nuovo orientamento della Cassazione rischia di determinare delle ingiustizie molto forti.
  Probabilmente, già prima, con il vecchio orientamento, come avete indicato nella vostra relazione illustrativa alla proposta di legge, sono emerse delle sentenze sentite come profondamente ingiuste perché venivano riconosciuti assegni a persone che probabilmente non ne avevano diritto.
  Altrettanto, si sta facendo adesso perché rischiamo di andare da un eccesso all'altro, quindi è fondamentale recuperare non il matrimonio come rendita di posizione, ma le storie matrimoniali, cioè i sacrifici di entrambi i coniugi.
  Non facciamo un discorso di genere, anche se c'è un discorso statistico: le donne guadagnano dal 10 al 30 per cento in meno degli uomini e il 20 per cento delle donne che lavorano, secondo i dati ISTAT dell'anno scorso, con la nascita del primo figlio, rinuncia al posto di lavoro.
  Non ne facciamo una questione di genere, ma cerchiamo di valorizzare – questo è il bello di tale proposta – ciò che i coniugi hanno fatto durante il matrimonio perché il matrimonio non può diventare, come potrebbe essere, se si proseguisse in questa linea, qualcosa di assimilabile alla convivenza.
  La Cassazione e certi giudici di merito cominciano a dire che il matrimonio è il luogo degli affetti. Tuttavia, il matrimonio non è solo quegli affetti ed è qualcosa di più importante perché è un luogo di affetti può essere la convivenza. Pag. 8
  Rischiamo che il matrimonio venga parificato alla convivenza perché i presupposti dell'assegno di divorzio rischiano di scivolare nei presupposti dell'assegno alimentare, di cui al comma 65 dell'articolo unico della legge n. 76 del 2016.
  Questo è il rischio, mentre ci deve essere una netta differenziazione tra coniugi sposati e conviventi perché i primi si assumano, al momento della contrazione del vincolo, degli obblighi.
  Peraltro, in tal senso dissentiamo da quello che dice la Cassazione. La Cassazione fa riferimento agli ordinamenti europei, ma non c'è nulla di più sbagliato perché, se noi osserviamo gli ordinamenti europei, si dice esattamente il contrario di quello che dice la Cassazione: è vero che c'è un principio di autoresponsabilità economica, che non è un'invenzione nostra perché c'è già nel codice civile tedesco, in base al quale ciascuno dei coniugi deve mantenersi dopo il divorzio, però è altrettanto vero che quel principio è declinato nella legge tedesca in maniera completamente diversa, in quanto c'è quell'articolo famoso, il 1565, cui mi sembra ne seguono altri dieci o quindici.
  Inoltre, se noi guardiamo il caso dell'Inghilterra, notiamo che in Inghilterra fanno quello che si chiama «clean break» o «clean-cut», cioè io metto i coniugi, attraverso spostamenti patrimoniali, che in Italia non è possibile fare, nella condizione di essere economicamente indipendenti.
  Nel caso della Francia c'è prestazione compensativa, che è il modello che stiamo seguendo ora, mentre la Spagna ha una prestazione compensativa che è praticamente identica all'articolo 270 del codice civile francese. L'Olanda, che sembra lontana mille anni da noi, prevede l'assegno di mantenimento e l'Austria prevede l'assegno di mantenimento. Infine, Austria e Germania prevedono l'assegno di divorzio parametrato al living standard, che non è nient'altro che è il tenore di vita che la Cassazione ha voluto abbandonare.
  Auspichiamo, come AIAF, un'approvazione il più urgente possibile di questa riforma, che dobbiamo ricordare riguarda 85.000 coppie all'anno (dato ISTAT del 2015), quindi 170.000 persone che divorziano ogni anno. Non credo sia corretto che, per effetto di un revirement giurisprudenziale, si creino delle sacche di ingiustizia, che questa sentenza rischia di creare.
  Ben venga, quindi, il riferimento alla prestazione compensativa.
  Rispetto alla natura compensativa, ci permettiamo solo di rilevare che abbiamo fatto alcune richieste di cambiamento.
  Innanzitutto, vorremmo evitare la locuzione «compensare lo squilibrio» perché «compensatoire» è giusto nella lingua francese e va bene, ma, nella lingua italiana, «compensare» assume il senso di «corrispettivo», il che è brutto.
  Proponiamo che, al posto di «compensare», sia utilizzato il termine «riequilibrare», quindi la locuzione «riequilibrare le posizioni dei coniugi dopo il divorzio», ossia riequilibrare lo squilibrio nelle condizioni di vita dei coniugi successive al divorzio.
  Lo proponiamo perché è innegabile che ci possano essere situazioni per scelte fatte durante la convivenza matrimoniale, che non sono più emendabili, come, per esempio, la donna che decide di non lavorare.
  C'è un'altra richiesta che facciamo. Oggi, come ha spiegato prima il presidente, l'assegno di divorzio viene deciso in due fasi: la fase dell’an e la fase del quantum, cioè prima devo stabilire se l'assegno è dovuto e poi stabilisco qual è l'ammontare.
  I famosi criteri indicati nell'articolo 5, che in parte ritornano, agiscono solo nel momento della determinazione dell'assegno di divorzio, mentre, secondo noi, i criteri dovrebbero agire già nella fase dell’an, cioè quei criteri (le condizioni dei coniugi dopo il divorzio, il contributo personale, l'impegno di cura, l'età e la durata) servono a riempire di contenuto il giudizio di valutazione sulla disparità.
  Mi permetto di rispondere al presidente circa la domanda «come facciamo noi giudici a stabilire quando c'è questo divario?». Questa valutazione deve essere fatta sulla base di quei criteri, quindi le due fasi, quella del giudizio dell’an e quella del giudizio del quantum, devono tornare a fondersi, per cui io stabilisco che c'è disparità, Pag. 9tenendo conto di tutti quei criteri che il legislatore oggi mi sta dando.
  Anche in questo senso abbiamo fatto una proposta di emendamento per evitare di tornare al problema che ci porta qua oggi, cioè la bipartizione del giudizio an e quantum.
  Riteniamo che sia importante inserire, tra i criteri, l'età delle parti e le condizioni di salute delle parti, e sostituire il criterio della durata del matrimonio con il concetto di durata della convivenza matrimoniale.
  Ciò che deve valere ai fini della determinazione dell'assegno di divorzio è quello che i coniugi hanno fatto quando ancora stavano insieme, anche perché, per arrivare al divorzio, si prescinde dalla volontà delle parti. Oggi, anche per quello che riguarda, per esempio, il trattamento di fine rapporto (TFR), il giudice è tenuto a prendere in considerazione il periodo dalla contrazione del vincolo alla pronuncia di divorzio, ma il tempo necessario per arrivare alla pronuncia di divorzio prescinde dalla volontà delle parti, per cui non sarebbe neppure giusto che ci fosse un arricchimento di un coniuge ai danni dell'altro per quanto quel coniuge ha fatto dopo la separazione, quando, di fatto, la famiglia era già disgregata.
  Ci permettiamo anche di suggerire un inserimento tra i criteri. Si parla solo di «divario tra le condizioni economiche al momento del divorzio», ma sarebbe da riprendere quello che è previsto in Spagna, per cui uno dei criteri è costituito anche dalle condizioni delle parti ovvero come le parti erano prima di sposarsi, per evitare matrimoni di comodo: devo fotografare la situazione di una parte e dell'altra, quando questi si sono sposati, e poi la valuterò quando le parti stanno per divorziare, appunto per valorizzare quello che loro hanno fatto manente matrimonio.
  C'è un altro inserimento che suggeriamo: ci piacerebbe sostituire «ridotta capacità lavorativa dovuta a ragioni oggettive», che rischia un po’ di riportarci a quel criterio di indipendenza economica che tanto ci sta facendo discutere adesso, con il criterio delle «conseguenze delle scelte lavorative che le parti hanno fatto, in costanza di convivenza, per favorire la carriera dell'altro o l'attività professionale dell'altro o per dedicarsi alla cura dei figli». Anche questa non è un'invenzione nostra, ma è recuperata dall'articolo 271 del codice civile francese.
  Concordiamo sull'eliminazione del criterio della mancanza di un'adeguata formazione professionale come conseguenza dell'adempimento, che mi sembra sia mutuato dal codice francese e da quello tedesco, perché per noi sarebbe un po’ difficile applicarlo. Proporremo di sostituirlo con il criterio della Corte di cassazione: «la capacità reddituale e di lavoro, anche potenziale».
  Lo proponiamo per evitare che un coniuge con la capacità e la possibilità di lavorare non voglia farlo perché sa che può contare sull'assegno di divorzio dato dall'altro coniuge.
  Riteniamo che il divorzio con addebito non sia un istituto introducibile nel nostro ordinamento, quindi l'ultimo linea del comma dovrebbe essere tolta. Anche questo è mutuato dal codice francese, ma, in Francia, c'è il divorzio diretto, o meglio l'alternativa tra separazione e divorzio, mentre da noi fare una duplicazione di istruttoria per la separazione con addebito o il divorzio con addebito potrebbe creare qualche problema anche dal punto di vista pratico.
  Sarebbe preferibile inserirlo tra i criteri per l'assegno di divorzio e metterlo in positivo, cioè non come la violazione dei doveri matrimoniali, ma come l'adempimento dei doveri coniugali, intesi nel senso dell'articolo 143: si valuta quello che le parti effettivamente hanno fatto, quando stavano insieme.
  Va benissimo l'altro criterio in riferimento agli impegni di cura, ma magari aggiungeremmo «effettivamente profusi per l'educazione e la cura dei figli», non solo minorenni, ma anche dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti perché il nostro ordinamento ormai sostanzialmente, dal punto di vista delle conseguenze economiche, li parifica; basta pensare alla legge sulla negoziazione assistita. Pag. 10
  Tutto ciò servirebbe a cercare di limitare il più possibile quelle incertezze interpretative che ci hanno portato al problema di cui oggi stiamo discutendo.

  PRESIDENTE. Grazie molte.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Vorrei porre una domanda per verificare se ho ben capito la problematica allo stato attuale.
  Il presidente ha detto che recentemente una sentenza del 10 maggio 2017, che credo fosse la n. 1154 e che confesso di non aver letto, sostanzialmente innova rispetto alla giurisprudenza precedente, nel senso che recupera la concessione contrattualistica. È stata usata la parola...

  FERNANDO PRODOMO, presidente della prima sezione civile del Tribunale di Firenze. Si è parlato di autonomia e responsabilità dei singoli coniugi sotto il profilo economico, cioè, se c'è autonomia di entrambi, non c'è assegno divorzile.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Praticamente questa legge soddisfa l'eventuale esigenza da parte di chi la condivide di neutralizzare i principi.
  Non sto esprimendo un giudizio di merito, ma credo che la relazione dell'associazione, che ho letto velocemente, vada in tale direzione.
  A questo punto, faccio una domanda retorica. Da un punto di vista logico, con il divorzio non c'è più titolo perché, mentre nella separazione il titolo rimane in piedi alla crisi del rapporto, nel divorzio credo sia il titolo venga meno. Ciò nonostante, c'è un seguito che pesa sulla vita delle persone. Stante la difficoltà della materia nel decidere quando si verifica la crisi economica dell'uno e dell'altro e tutto quello che ne consegue, questa proposta di legge va nella direzione di mantenere gli effetti del matrimonio benché sciolto? Questa è la domanda che volevo porre.

  FERNANDO PRODOMO, presidente della prima sezione civile del Tribunale di Firenze. Lo accennavo, quando ho detto che c'è un problema: il legislatore deve decidere se dare un segnale forte per mantenere questo vincolo di solidarietà post-coniugale, per cui forse la proposta di legge va in questo senso, oppure se prendere atto del mutamento giurisprudenziale, che dovremmo vedere se è confermato dalle Sezioni unite, quindi forse sarebbe il caso che o il legislatore lo faccia presto oppure aspetti di sentire che cosa dicono le Sezioni unite, che magari qualcosa di buono scriveranno, per vedere che cosa succede.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Si tratterebbe di una scelta valoriale, di campo.

  FERNANDO PRODOMO, presidente della prima sezione civile del Tribunale di Firenze. Io sono un tecnico, quindi non prendo posizioni.

  PRESIDENTE. Anche perché dello spirito della proposta di legge forse può parlare chi l'ha presentata, cioè io che l'ho presentata posso dare l'interpretazione autentica dello spirito della legge, che non è né quella di stoppare l'interpretazione evolutiva...

  ARCANGELO SANNICANDRO. Lei è la meno titolata per dirlo...

  PRESIDENTE. Perché sono la meno titolata?

  ARCANGELO SANNICANDRO. Perché noi siamo estranei in quanto non firmatari.

  PRESIDENTE. No, volevo dare a lei una risposta e chiarire qual è lo spirito della proposta di legge, anche formalmente, anche perché quella non deve essere una legge contraria alla sentenza della Cassazione del 2017...

  ARCANGELO SANNICANDRO. Non ho detto che è stata fatta in tale...

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  PRESIDENTE. Non c'è una polemica tra me e lei.
  Prendo la parola e ringrazio, essendo anche relatrice di questo provvedimento, i due esperti in materia perché questa è una materia delicata per la quale ci serve capire se, visto che sono passati diversi anni dal 1970, sia il caso che il legislatore se ne faccia carico oppure lasci sempre alla giurisprudenza l'individuazione di parametri certi che possano evitare anche un'oscillazione eccessiva della giurisprudenza.
  Vi rappresento l'intento, così riesco a capire se questo sia stato recepito, perché potrebbe non essere chiaro dal testo: l'intento non è quello di andare contro la sentenza della Cassazione, anzi è quello di recepire l'elaborazione giurisprudenziale che a un certo punto ha detto «dopo il divorzio, non ci devono essere rendite di posizione», esprimendomi in maniera molto semplicistica.
  Dall'altro punto di vista, che hanno colto bene sia l'avvocato sia il presidente, l'intento è quello di responsabilizzare chi contrae un matrimonio: il contrarre un matrimonio, ma anche lo scioglierlo, non vuol dire che non ci siano successivamente obblighi, anche se rapportati alla solidarietà, quindi valutare, non essendo il tenore di vita precedente che devo mantenere, se devo considerare quello che sembra aver detto la Cassazione, cioè l'obbligo agli alimenti. Il parametro è una capacità di reddito che sostanzialmente si porta a quella che è l'ammissione al gratuito patrocinio?
  Secondo i proponenti, non è questo il valore del matrimonio: nel rapporto del matrimonio, quando questo si scioglie, bisogna valutare questi parametri, ma anche capire che tipo di contributo si è dato e che tipo di rinuncia si è fatta per una vita matrimoniale, quindi anche paragonare, rispetto a un disequilibrio del matrimonio stesso, l'assegno, sia per l’an sia per il quantum.
  A me interessa molto la proposta che hanno fatto gli avvocati e che non ascoltiamo per la prima volta. È stato detto che si vorrebbe che ci fosse un unico contesto, dove si valuta, attraverso questi parametri, se un coniuge deve avere l'assegno, ma io vorrei che il legislatore decidesse una strada dopo tanti anni di elaborazione giurisprudenziale.
  Lo sentiremo poi dalla presidente della sezione che si occupa della famiglia del Tribunale di Roma, ma non ci sembra – adesso ci sarà anche quella a Sezioni unite, che prima non era stata investita – che ci sia una univocità di interpretazione, anche dopo la sentenza della Cassazione, quindi ci è sembrato...

  ARCANGELO SANNICANDRO. Lei sta confermando la mia percezione delle cose. Non ho detto che questa proposta è stata fatta per bloccare eccetera, ma che questa è, alla base, ispirata alla dottrina che lei ha detto: bisogna responsabilizzare le persone, quando si sposano, perché sappiano che, se entra in crisi il matrimonio, ci sono delle responsabilità e che si tratta di una concessione.
  Dall'altro lato, ci potrebbe essere qualcuno che dice «quando uno si sposa, deve essere responsabile di quello che fa perché, alla fine, se il matrimonio si scioglie, ognuno prende la sua strada», secondo una visione più illuministica. L'altra visione è, invece, più solidaristica.
  Ci sono due posizioni valoriali diverse, per cui io non sto scegliendo, per il momento. Poi, leggerò anche gli emendamenti che sono stati proposti eccetera, però chiedevo aiuto per capire se ho capito bene in merito al fatto che qualcuno dice che il matrimonio, benché sciolto, continui a produrre i suoi effetti – lo dico in modo semplice tanto per intenderci – a vincolare già le persone sotto qualche profilo, perlomeno sotto quello economico.
  Altri, invece, potrebbero sostenere, come altrove questo accade, che, una volta che i coniugi abbiano divorziato, ognuno vada per la sua strada, salvo la questione dei figli. In questo caso, io parlo dei coniugi e non di altro.
  Questo è il paradigma, per cui, sulla base di questa situazione, uno deve scegliere o l'una o l'altra strada. Lo specifico perché, quando dite «si tratta di dare maggiore certezza nei parametri» eccetera, siamo sempre in quella logica.
  Premesso che bisogna produrre ancora effetti dopo lo scioglimento del matrimonio, Pag. 12 sotto il profilo economico eccetera, cerchiamo di perfezionare il sistema, ma quel sistema. Questo deve essere chiaro: uno può scegliere o l'una o l'altra strada.

  PRESIDENTE. Vorrei che a verbale risultasse anche che abbiamo messo a disposizione un elaborato di diritto comparato per osservare anche gli altri sistemi.

  ALESSANDRO SIMEONE, componente della Giunta Esecutiva dell'Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori (AIAF). Telegraficamente, per rispondere vorrei dire che questa sentenza lascia ancora degli interrogativi aperti enormi.
  Il giudizio di adeguatezza non è più in base al tenore di vita, ma in base al criterio dell'indipendenza economica e dell'autosufficienza economica. A oggi, non sappiamo, anche perché la Cassazione non ce l'ha detto e i giudici stanno agendo ognuno secondo la propria coscienza e secondo quello che sente, che cosa intendiamo per indipendenza economica, cioè quando si è indipendenti economicamente.
  In un'ordinanza a Milano è stata tirata fuori una serie di criteri, tra cui quello del gratuito patrocinio, mentre Roma, per esempio, sembra più orientata nel valutare le condizioni sociali, però non possiamo nemmeno pensare che divorziare a Torino sia così profondamente diverso rispetto al divorziare a Bari.
  In questo senso, l'intervento del legislatore è fondamentale e forse, dopo quarant'anni, è opportuno.
  Poi, sulla questione valoriale, sono un tecnico e non entro nel merito.

  FERNANDO PRODOMO, presidente della prima sezione civile del Tribunale di Firenze. Su quello che farà il legislatore non dico nulla e ne prenderò atto.
  Vorrei solo dirvi che non è che non siamo tutti impazziti e che improvvisamente non esiste più un assegno divorzile.
  Vi dico brevemente che cosa sta succedendo a Firenze, anche dopo la sentenza della Cassazione: non abbiamo riconosciuto, ma forse non lo avremmo fatto neanche in precedenza, rispetto alla sentenza Cassazione, l'assegno divorzile alla donna (statisticamente sono le donne, come dicevamo, i soggetti più deboli economicamente o più svantaggiati) con un lavoro a tempo indeterminato, con uno stipendio netto mensile superiore ai mille euro, che possiede un'abitazione senza più oneri, anche perché nel caso di un mutuo la situazione è diversa, con un numero di figli nella media (non so se sia di 1 o di 1.5 figli la media italiana) e il coniuge in una situazione analoga.
  Questo è il caso in cui non diamo più l'assegno divorzile.

  PRESIDENTE. Le faccio una domanda e chiudo.
  Le chiedo di aiutarmi nel capire meglio anche la bontà di un percorso. Lei ha detto: «sulla base della sentenza della Cassazione, abbiamo preso questa decisione in questo caso che è emblematico». Secondo me, questa proposta di legge non sposterebbe nulla, anzi rende per legge quello che voi già fate.

  FERNANDO PRODOMO, presidente della prima sezione civile del Tribunale di Firenze. Dico solo che deve essere fatta molto bene la riforma, forse prendendo qualche spunto dalla Germania, che è molto analitica nel disporre di vari strumenti di sostegno per i coniugi sfavoriti.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti e ringrazio anche i colleghi per essere stati così attenti.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.30.