XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 11 di Martedì 28 aprile 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE DEL GOVERNO C. 2798 , RECANTE MODIFICHE AL CODICE PENALE E AL CODICE DI PROCEDURA PENALE PER IL RAFFORZAMENTO DELLE GARANZIE DIFENSIVE E LA DURATA RAGIONEVOLE DEI PROCESSI E PER UN MAGGIORE CONTRASTO DEL FENOMENO CORRUTTIVO, OLTRE CHE ALL'ORDINAMENTO PENITENZIARIO PER L'EFFETTIVITÀ RIEDUCATIVA DELLA PENA, E DELLE ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE C. 370  FERRANTI, C. 372  FERRANTI, C. 373  FERRANTI, C. 408  CAPARINI, C. 1285  FRATOIANNI, C. 1604  DI LELLO, C.1957 ERMINI, C. 1966  GULLO, C. 1967  GULLO

Audizione di Tullio Padovani, ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Padovani Tullio , Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Padovani Tullio , Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa ... 4 
Ferranti Donatella , Presidente ... 7 
Vazio Franco (PD)  ... 7 
Padovani Tullio , Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa ... 7 
Vazio Franco (PD)  ... 7 
Padovani Tullio , Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa ... 7 
Vazio Franco (PD)  ... 7 
Padovani Tullio , Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa ... 7 
Vazio Franco (PD)  ... 8 
Padovani Tullio , Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa ... 8 
Amoddio Sofia (PD)  ... 8 
Padovani Tullio , Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa ... 8 
Ferranti Donatella , Presidente ... 8 
Bazoli Alfredo (PD)  ... 8 
Padovani Tullio , Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa ... 8 
Ferranti Donatella , Presidente ... 9 
Padovani Tullio , Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa ... 9 
Ferranti Donatella , Presidente ... 9 
Padovani Tullio , Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa ... 9 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Padovani Tullio , Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Padovani Tullio , Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Padovani Tullio , Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa ... 10 
Vazio Franco (PD)  ... 10 
Padovani Tullio , Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Vazio Franco (PD)  ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Padovani Tullio , Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Padovani Tullio , Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Padovani Tullio , Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Padovani Tullio , Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa ... 10 
Ferranti Donatella , Presidente ... 10 
Padovani Tullio , Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Padovani Tullio , Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Padovani Tullio , Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 14.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, ove non vi siano obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione di Tullio Padovani, ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame del disegno di legge del Governo C. 2798, recante modifiche al Codice penale e al Codice di procedura penale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi e per un maggiore contrasto del fenomeno corruttivo, oltre che all'ordinamento penitenziario per l'effettività rieducativa della pena, e delle abbinate proposte di legge C. 370 Ferranti, C. 372 Ferranti, C. 373 Ferranti, C. 408 Caparini, C. 1285 Fratoianni, C. 1604 Di Lello, C.1957 Ermini, C. 1966 Gullo, C. 1967 Gullo, l'audizione di Tullio Padovani, ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa. Ricordo che nella seduta del 16 aprile 2015 si è proceduto alla revoca dell'abbinamento delle proposte di legge C. 1194 Colletti, C. 2165 Ferranti, C. 2771 Dorina Bianchi e C. 2777 Formisano in quanto, trattando di lotta alla corruzione, sono state abbinate alla proposta di legge C. 3008, proveniente dal Senato e che inerisce specificatamente a tale materia.
  Procedo in modo un po’ veloce, perché abbiamo già rubato un po’ di tempo – questo, però, dipende dall'Aula – per consentire al professore di avere a disposizione il tempo per la sua audizione. Ovviamente, lo ringraziamo per la disponibilità e anche per l'attesa.
  Do, quindi, la parola al professor Tullio Padovani, ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa.

  TULLIO PADOVANI, Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa. Sono io che ringrazio la Presidente e voi tutti, che mi offrite l'opportunità di esprimere, direi con particolare sincerità e spontaneità, le mie opinioni. Oggi sono chiamato a riferirvi quello che penso dell'estinzione del reato per condotte riparatorie che viene disciplinata da un nuovo articolo 162-ter da inserire nel Libro I del codice penale.
  Vi dico e vi premetto subito, in modo che abbiate immediatamente la chiave di lettura del mio intervento, che il mio sarà un intervento drasticamente, totalmente, completamente e univocamente demolitorio: l'articolo 162-ter non deve esserci, è da dimenticare, come dice una celebre canzone di Battiato. Il mio scopo è motivare rapidamente, perché i tempi sono stretti, ma spero esaurientemente, le ragioni che sostengono questo mio radicale dissenso.

  PRESIDENTE. Parliamo, quindi, delle condotte riparatorie.

Pag. 4

  TULLIO PADOVANI, Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa. Sì, delle condotte riparatorie.
  L'articolo 162 l'avete certamente tutti presente. Prima di tutto, consentitemi di fare un brevissimo inquadramento di carattere sistematico per collocare il mio discorso in modo puntuale.
  La rilevanza delle condotte riparatorie, ossia di quelle condotte che intervengono dopo la commissione del reato e che hanno una funzione genericamente antagonistica rispetto all'offesa, è un dato costante dell'esperienza penalistica. Si tratta di qualcosa che esiste, oso dire, da sempre. Gli esempi che ritrovate nel codice e nel sistema penale in generale sono numerosi. Ve ne richiamo alla mente qualcuno.
  Nel caso della ritrattazione della falsa testimonianza, se il testimone dice il falso e, prima della sentenza definitiva, manifesta il vero, non è punibile.
  Chi falsifica la moneta, ma ne impedisce poi la circolazione, non è punibile, in funzione del fatto che l'ordinamento ha interesse a che non si verifichi la diffusione dell'offesa e la sua concretizzazione come lesione dell'economia.
  La cattura dell'evaso è una circostanza attenuante, perché ripristina la situazione di detenzione.
  Lo scioglimento della radunata sediziosa prima degli squilli di tromba determina la non punibilità.
  Lo stesso impedimento dell'evento nel tentativo compiuto è una causa di non punibilità.
  Queste sono tutte ipotesi, e sono numerose, che possono etichettarsi – perlomeno, io le ho sempre etichettate così – sotto la categoria del pentimento reale. Si tratta di un pentimento che si esprime nei fatti, cioè con una condotta concreta, e in termini oggettivi, perché ha una funzione realmente antagonistica rispetto all'offesa: io ho contraffatto la moneta, ma poi l'ho distrutta e ho impedito che circolasse.
  Il pentimento reale è antico quanto è antico il codice penale e si distingue da quello che è, invece, il pentimento personale di più recente conio, e corrisponde a quelle forme di collaborazione processuale variamente premiata che, come tutti sapete, datano dall'epoca del fenomeno terrorista e furono uno degli strumenti con i quali si riuscì a incidere su questo fenomeno.
  Il pentimento personale, cioè la collaborazione processuale prestata nella ricerca delle prove o nell'individuazione di concorrenti, appartiene a un altro emisfero. Di questo si è lungamente discusso in sede parlamentare, ma siamo a trentacinque o quarant'anni fa, per fortuna.
  Restiamo, invece, al pentimento reale, perché è di questo che parliamo ipotizzando di introdurre una disposizione che estingua il reato in funzione di una condotta riparatoria consistente essenzialmente nel risarcimento del danno e nell'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ove mai ci fossero, perché non è detto che ci siano. Se non ci sono, ovviamente, basta il risarcimento.
  Cominciamo con il dire che le ipotesi di pentimento reale presenti nel sistema sono tutte ipotesi speciali. Sono collegate, cioè, a tipi particolari di reato e in funzione di un tipo particolare di offesa. La funzione di queste cause è quella di concedere – sì – la non punibilità o l'estinzione del reato, ma in funzione di un risultato utile e tangibile, collegato all'offesa, che costituisce il contenuto del reato.
  Per esempio, hai falsificato la moneta ? Potresti metterla in circolazione e determinare – allora sì – una lesione di vasta portata. Se tu non lo fai, io ti abbuono la contravvenzione. Questa è un'ipotesi di progressione criminosa che si arresta utilmente per l'ordinamento e che giustifica, quindi, questa sorta di tutela in seconda battuta.
  Lo stesso vale per la ritrattazione della falsa testimonianza. «Sei stato birichino e hai detto una bugia». Tuttavia, prima che il giudice mettesse un sigillo definitivo, hai detto la verità e, quindi, tanto basta.
  Qui, invece, noi pensiamo di introdurre uno strumento di carattere generale, addirittura nel libro I del codice penale, che potenzialmente copre tutto, ma che non copre tutto in realtà. Selettivamente l'articolo Pag. 5162-ter si rivolge, infatti, ai delitti procedibili a querela di parte, purché la querela sia suscettibile di remissione. Come tutti sappiamo, ci sono delitti perseguibili a querela in cui la remissione non funziona, quali la violenza sessuale, per citarne uno.
  Cominciamo a ragionare. Poiché il meccanismo estintivo si sostanzia, secondo il progetto, nella riparazione del danno, cioè nella restituzione o nel risarcimento, che cosa se ne deve dedurre, posto che questo meccanismo è limitato ai delitti perseguibili a querela, come remissione ? Se ne deve dedurre che la persona offesa non sia d'accordo. Se fosse d'accordo, ovviamente, si utilizzerebbe lo strumento della remissione della querela, ossia lo strumento ordinario attraverso il quale un querelato ottiene l'estinzione del reato di fronte a un querelante che accetta il risarcimento.
  Io ti do il risarcimento e tu mi fai la remissione. Questo è il modo ordinario di chiudere miriadi di processi, quando sia in gioco, per esempio, la colpa, nelle lesioni colpose. Quando è in gioco qualcosa di doloso, invece, il discorso è già molto diverso.
  Comunque sia, è chiaro che questo meccanismo estintivo previsto dal progetto finisce con il presupporre per implicito che l'offeso non sia d'accordo, che dissenta, o sull'entità del risarcimento, o sulla ragione stessa del risarcimento.
  Questo fatto ci induce già a una considerazione di tipo pratico: l'effetto deflattivo sarebbe proprio marginale, ma, oltre a essere marginale, cioè a colpire situazioni nelle quali non c’è l'accordo con l'offeso, in realtà comporterebbe effetti gravissimi e rappresenterebbe un autentico mostro nel sistema giuridico.
  Torniamo ai fondamentali. Con la querela l'offeso chiede allo Stato la punizione del reo e lo Stato si impegna ad attuarla mediante l'esercizio dell'azione penale. Lo Stato dice: «Io non mi muovo se tu non hai un interesse. Se lo manifesti, però, io metto la macchina dello Stato al servizio di questo interesse, perché ritengo che debba essere tutelato».
  Se lo Stato dichiara che l’iter si arresta in presenza di un risarcimento, ossia dell'adempimento di un obbligo relativo a un debito extracontrattuale che si sarebbe potuto ottenere in sede propria civile – ovviamente, il risarcimento del danno è sempre dovuto – a che cosa si riduce la querela ? A un atto di citazione rinforzato. In pratica, chi presenta una querela cita per i danni, nella sostanza, e ha l'unico vantaggio che, se l'altro non risarcisce, sarà punito.
  Questo comporta che reintroduciamo la prigione per debiti perché sanzioniamo il mancato risarcimento. Visto che, se il reo risarcisce, il reato si estingue e, se non risarcisce, il reato va avanti, alla fine che cosa abbiamo punito ? Non l'offesa di quell'interesse, di cui non ci può importare di meno, visto che siamo disposti a ritenere estinta quell'offesa solo in presenza del risarcimento, ma il fatto che il reo non ha aperto il portafoglio e non si è preoccupato di risarcire. «Non hai pagato ? Allora, caro, subirai la condanna».
  Tutto questo può sembrare sensato al Parlamento della Repubblica italiana ? Io dico di no, perché sono proprio i reati punibili a querela che non possono entrare in questo meccanismo. Se guardate bene, vedete che nel sistema di ipotesi di pentimento reale con delitti punibili a querela non ce ne sono. Non ce ne sono perché c’è l'istituto della remissione. Non c’è un caso. Noi addirittura ne introdurremmo uno di comune e generale.
  Il reato punibile a querela, inoltre, non è necessariamente un reato minore. È minore per modo di dire. Che significa «minore» ? È un reato che può avere un'importanza estremamente rilevante. Si tratta solo di quei casi in cui spetta al titolare dell'interesse dar conto di avere percepito un'offesa.
  Lo Stato non può stabilire se io sono stato diffamato dall'affermazione del signor Rossi. Spetta a me dirlo. Quando l'ho detto e ho affermato che sono stato offeso, lo Stato mette tutta la sua forza al mio servizio, perché l'interesse al mio buon nome preme a tutti. Pertanto, io ho diritto di aspettarmi una tutela punitiva da parte Pag. 6dello Stato, a meno che non intervenga un accordo che ripristini una situazione originaria.
  Che cosa c’è di punitivo nel risarcimento che io ho dovuto subire contro la mia volontà ? C’è una beffa. In pratica, in questo modo, i delitti perseguibili a querela diventano delitti civili, illeciti extracontrattuali di competenza del giudice penale solo perché, se manca il risarcimento, si procede alla punizione. Quindi, il diritto penale non rappresenta, come dovrebbe essere, l'ultima ratio, ma la prima ratio della tutela, una spinta a risarcire.
  Tra i mille inconvenienti che questo produce io vi ho segnalato il più rilevante, ma ne produce altri a cascata, perché accentua ed enfatizza la dimensione sperequata della querela.
  Io sono sufficientemente vecchio per ricordarmi la polemica di fine Ottocento sulla querela. Ci fu una polemica intensissima, che investì anche il Parlamento. Un'intera scuola di pensiero sosteneva che i delitti punibili a querela non dovessero esistere e che dovesse essere tutto procedibile d'ufficio, in quanto la querela era espressione di una ratifica della disparità di trattamento. Loro dicevano che la querela era un istituto di classe, perché i ricchi si compravano l'impunità e i poveri, invece, subivano la pena.
  Questo era, ed è la verità. Lo dicevano i positivisti, lo diceva Enrico Ferri, lo dicevano i maestri della scuola positiva, e si battevano duramente. Io ricordo articoli di fuoco pubblicati dalla scuola positiva contro l'istituto della querela. La querela ha questa matrice. Con un istituto di questa fatta, ossia con l'articolo 162-ter, noi enfatizziamo e diamo a questa dimensione sperequata una sorta di esaltazione che effettivamente deve metterci molto in guardia.
  Conclusivamente, penso che condotte riparatorie basate su forme di risarcimento siano concepibili solo nei delitti perseguibili d'ufficio, ossia il contrario di quello che dice l'articolo 162-ter, ma non in tutti, perché bisogna rispettare la logica del sistema, che non è una logica arbitraria, ma è una logica consentanea alla natura delle cose.
  Bisogna individuare, quindi, gruppi di reati rispetto ai quali sia ragionevole introdurre meccanismi riparatori con efficacia estintiva in funzione del fatto che, a fronte di questa riparazione, c’è un maggior vantaggio per l'ordinamento in termini di tutela dell'interesse.
  Vi faccio un esempio macroscopico, perché l'ho vissuto personalmente e direttamente. Il decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, sull'estinzione delle contravvenzioni in materia di lavoro mediante condotte reintegratorie è il frutto del lavoro di una Commissione istituita presso il Ministero della giustizia di tanti anni fa, che io presiedetti e nella quale lavorammo al testo – mi ricordo contro l'opinione dell'Ispettorato del lavoro, che non vedeva bene questa storia; gli ispettori del lavoro erano piuttosto contrari – il dottor Guariniello ed io. La confezionammo insieme.
  Siamo due persone che più diverse non potrebbero essere. Credetemi, ma siamo diventati amici lavorando sul citato decreto legislativo n. 758 del 1994, perché abbiamo convenuto, da persone ragionevoli, che quella fosse la soluzione.
  Lui, devo dire, è stato abilissimo. Quel decreto legislativo ha dentro una sapienza giuridica – lo dico perché ce l'ha messa lui – che è «volpina», perfetta. Difatti, non ha avuto modifiche. Non ha avuto questioni di costituzionalità e funziona benissimo in termini deflattivi perché, se non ci fosse quella, i giudici monocratici sarebbero sommersi dalle contravvenzioni. Invece, così si ottiene il ripristino della legalità in termini rapidi ed efficaci.
  Bisogna, quindi, individuare dei settori. Io segnalo, per esempio, ma è soltanto un'indicazione, alcuni reati ambientali e alcuni reati tributari non connotati da elementi di frode, nonché altri che si potrebbero individuare. Bisogna riflettere, ma bisogna procedere settorialmente. Bisogna misurarsi con la natura delle cose e non pretendere di ricorrere a scorciatoie, Pag. 7perché le scorciatoie fanno perdere la strada, spesso e volentieri. L'articolo 162-ter è uno di questi casi.

  PRESIDENTE. La ringraziamo.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FRANCO VAZIO. È sempre molto efficace, professore. Bypassando tutta una serie di problemi che lei ha introdotto e dei quali si può discutere, a me pare che non sia negabile il fatto che troppo spesso nella pratica giudiziaria la proposizione di querela nell'ambito del processo penale sottintende una richiesta risarcitoria non equilibrata dal criterio dell'equità. Sovente la remissione della querela non è rimessa a un giudizio di equità, ma a un giudizio extra equità, che va oltre il giusto pretendere. L'introduzione di questo articolo 162-ter potrebbe, in effetti, coprire questa esigenza.
  Io mi domando se, nel momento in cui uno non utilizza l'istituto della querela al fine di ottenere la pretesa punitiva della quale lei parlava, ma di ottenere un risarcimento ulteriore rispetto a quello legittimamente dovuto e pretendibile, questo articolo 162-ter non potrebbe consentire al giudice di valutare questa pretesa ultra diritto e, quindi, togliere quell'efficacia strumentale che la querela, in quel caso, non avrebbe.
  Sotto questo profilo a me la proposta non pare del tutto peregrina. Nella pratica giudiziaria, per esempio, noi sappiamo che nei casi di risarcimento danni per incidenti stradali o in quelli di diffamazione viene fatta la querela penale preventiva e poi si attende un risarcimento danni, mettendo il soggetto nelle condizioni di dover pagare ciò che non deve. A volte sappiamo che persone che hanno professionalità sottostanno a questo ricatto, perché diversamente la loro fedina penale verrebbe irrimediabilmente macchiata. Questo strumento darebbe questa sorta di equità in mano a un giudice che valuterebbe caso per caso queste situazioni.

  TULLIO PADOVANI, Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa. Lei parla contro la querela. Trova un rimedio alle disfunzioni che la querela ha in sé intrinsecamente, perché accorda a un privato il potere dell'intero ordinamento. È quello che dicevano i positivisti. Lei riproduce una polemica antica e porta acqua a un vecchio mulino.
  In effetti, c’è da riflettere sulla mantenibilità, in un sistema penale moderno, dei delitti punibili a querela. Perché noi manteniamo i delitti punibili a querela ? Perché non abbiamo una giustizia civile. Se fossimo un Paese con una giustizia civile efficiente, non ci sarebbe motivo di tenere i delitti punibili a querela. Si potrebbero distinguere i delitti che vanno puniti ex officio, per esempio la violazione di domicilio, per la quale basta la denuncia – la violazione di domicilio è la violazione di domicilio. Se io dimostro che uno è entrato contro la mia volontà... – e altri che, invece, dovrebbero sparire.

  FRANCO VAZIO. Se la tesi è questa, allora è ragionevole porre un rimedio parziale a questo problema.

  TULLIO PADOVANI, Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa. È un rimedio alla disfunzione che la querela può rappresentare. Lei sa meglio di me che oggi c’è la condanna del querelante alle spese, se la querela è temeraria. Il giudice poi è «pigro» di fronte a determinati istituti che gli consentirebbero quel contemperamento e preferisce che siano le parti...

  FRANCO VAZIO. Professore, non è così. Se io faccio una querela per lesioni stradali, con lesioni che sono fondate, ma, anziché chiedere 1.000, chiedo 100.000, non vengo condannato.

  TULLIO PADOVANI, Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa. No, ma la pretesa è temeraria.

Pag. 8

  FRANCO VAZIO. La pretesa è temeraria, ma il giudice liquida una provvisionale e mi rimette davanti al giudice civile.

  TULLIO PADOVANI, Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa. Se lei va dal giudice civile a chiedere, per essersi fratturato un dito, 100 milioni di euro, il giudice civile la condanna per lite temeraria, perché questo non è plausibile. Non si può chiedere una cifra del genere.

  SOFIA AMODDIO. Non è sempre così.

  TULLIO PADOVANI, Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa. No, non lo è mai. Non lo è mai perché è scomparso l'istituto e, quindi, noi cerchiamo una compensazione di questo tipo.
  Le pare possibile introdurre, per un caso patologico, legato alla patologia dell'istituto, un virus che infetta il sistema ? Io, per curare un dito, devo, in sostanza, compromettere la funzionalità dell'organismo. Francamente, io non posso ragionare in questi termini. Abbiamo un sistema che fa acqua da tutte le parti e, quindi, ci mettiamo delle toppe a destra e a manca.
  Io sostengo che il sistema va ricostituito nei suoi termini originari. Io ripenserei la querela, non, come si tende a fare oggi, ampliandola. C’è un meccanismo, una deriva di ampliamento assurda. La privatizzazione del diritto penale è assurda, eppure succede. Si va giù a forza di querele. Siamo matti ?
  Dovremmo, invece, fare il recupero opposto. Il diritto penale deve essere stretto. Quel diritto penale che c’è è dello Stato, non dei privati. Questa è la via vera. Su questa linea politica bisogna impostare la soluzione, non con un rimedio di questa fatta, che serve a mettere una sorta di toppa a ciò che è già marcio.
  Francamente, se è questa la riforma, allora non avete bisogno di consulenti. Potete fare da voi.

  PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Bazoli.

  ALFREDO BAZOLI. Non voglio addentrarmi sulla questione dei reati perseguibili a querela, che forse hanno una logica nel sistema, come sorta di temperamento del principio dell'obbligatorietà dell'azione penale, che è uno di quei princìpi su cui forse una discussione andrebbe aperta, visto che sappiamo che ad esso sono legati tanti problemi del funzionamento della nostra giustizia. Non voglio addentrarmi su questo terreno, però, perché rischieremmo di scatenare una discussione che non è il caso di fare qui.
  Mi pare di aver capito che lei critichi il principio che qui è posto sull'applicazione della cosiddetta giustizia riparativa, senza però che neghi il valore del riconoscimento di un principio di giustizia riparativa dentro il sistema che questo provvedimento vorrebbe cercare di introdurre in dosi più massicce di quanto oggi non sia fatto.
  A me pare che l'idea di una giustizia riparativa che punti a tutelare il bene giuridico protetto attraverso la tutela effettiva e, quindi, non semplicemente attraverso la punizione del reo, ma attraverso sistemi che consentano di riparare al danno fatto, sia un principio sul quale è bene incamminarci, laddove possibile.
  Ho capito che lei critica il principio per il quale la delega individua unicamente una categoria di reati, quelli perseguibili a querela, con motivazioni che a me sembrano piuttosto ragionevoli e persuasive. Lei dice che probabilmente, se vogliamo incamminarci in quella direzione, sarebbe bene, invece, individuare singole categorie di reati in relazione al bene giuridico protetto, laddove è ipotizzabile che la giustizia riparativa sia applicabile, perché si potrebbe ottenere una migliore tutela di quel bene giuridico.
  Su questo lei è già in grado di fornirci qualche spunto e qualche indicazione su cui poter riflettere e lavorare, anche come Commissione, per dare un suggerimento anche eventualmente di modifica del testo ?

  TULLIO PADOVANI, Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore Pag. 9S. Anna di Pisa. Mi sono venuti in mente l'ambito dei reati ambientali e l'ambito dei reati tributari non connotati da frode. L'ambito del lavoro è già coperto. Bisognerebbe riflettere e verificare un po’ tutto il sistema. Non è un lavoro semplice, né si può buttarla così alla rinfusa. Certamente, però, si trovano degli ambiti.
  Lei ha accennato prima alla bellezza della giustizia riparativa, e io sono d'accordo con lei. Occorre, però, fare una precisazione: quando si parla di giustizia riparativa in senso sistematico, cioè si invoca un modo di affrontare il conflitto diverso dalla punizione, si presuppone che ci sia un avvicinamento tra le parti e che il conflitto sia risolto con una mediazione dello Stato, ma attraverso un'adesione consensuale.
  Questo meccanismo va dall'alto al basso. Nell'alto pensiamo alla giustizia conciliativa del Sudafrica, un esempio che certamente costituisce un precedente luminoso, perché si è riusciti a determinare una transizione senza ricorrere a tribunali speciali e si è ottenuto qualche risultato, mi pare. Qui siamo all'alto. Poi si va fino al basso, fino alla lite da ballatoio, se vuole.
  Una giustizia di questo tipo – non so, però, fino a che punto l'abbiamo sfruttata bene finora – noi ce l'abbiamo, ed è quella del giudice di pace. Il giudice di pace ha una giurisdizione essenzialmente compositiva. Il giudice di pace applica la sanzione solo come extrema ratio, quando tutte le strade intermedie, comprese la riparazione dell'offesa e la conciliazione, sono saltate. Quindi, c’è un percorso che vede prima di tutto quella soluzione. Dopo, da ultimo, prevede una sanzione, che diventa la via dell'ineluttabile.
  Probabilmente con il giudice di pace noi abbiamo solo cominciato. Ci sarebbe da fare molta strada. Il giudice di pace ha i suoi problemi, e ne ha tanti. Io sono affezionato a questo tema, perché l'attuazione della delega l'ho fatta in una Commissione al Ministero della giustizia che presiedevo e so quanto mi è costata. Talune soluzioni mi è costato difenderle.
  Sono sensibile, quindi, a quello che lei dice. Io mi sono interessato alla disciplina relativa al giudice di pace, ma fino in fondo. Tutte quelle disposizioni io le sento mie e di coloro che erano con me a lavorare. Si immagini se non sono sensibile.
  Il giudice di pace, però, come le cose nostre, presenta luci e ombre, forse più ombre che luci. Noi facciamo le nozze con i fichi secchi.

  PRESIDENTE. Vorrei farle una domanda, professore, a chiarimento per me della sua critica all'articolo 162-ter. Ho capito e condivido, sostanzialmente. Nella scorsa legislatura, come dicevo prima, queste proposte riguardanti l'estinzione attraverso il risarcimento del danno noi abbiamo cercato di non portarle avanti.
  Lei ha parlato di una giustizia che può essere di classe e del fatto che il procedimento estintivo riparatorio per i delitti punibili a querela possa creare delle discriminazioni. Se noi prevedessimo, com’è previsto per il giudice di pace, anziché che il giudice dichiari estinto il reato sentite le parti e la persona offesa, che il consenso della persona offesa sia vincolante, com'era previsto nella messa alla prova per il giudice di pace, si potrebbe superare forse questo aspetto.

  TULLIO PADOVANI, Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa. Sì, diventerebbe una sorta di remissione più breve, una semplificazione della remissione.

  PRESIDENTE. Potrebbe essere più che breve. Io credo che questo potrebbe essere un momento, sicuramente attraverso un procedimento acceleratorio e semplificativo, di ulteriore tutela da parte del giudice della persona offesa, in questa maniera si stringerebbe un po’.

  TULLIO PADOVANI, Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa. Con il consenso dell'offeso cade tutto. Si rientra nella logica della querela.

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  PRESIDENTE. I procedimenti sono tanti. Poi magari si fa quello civile. Qui si dà per scontato il fatto che uno ripari e che poi comunque la persona offesa abbia la possibilità di andare di fronte al giudice civile.

  TULLIO PADOVANI, Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa. Se ha avuto il risarcimento, il bis in idem non è possibile.

  PRESIDENTE. Se però non accetta...

  TULLIO PADOVANI, Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa. Se non accetta ? È un risarcimento.

  PRESIDENTE. Nell'impostazione del Governo è quasi un risarcimento forzoso.

  TULLIO PADOVANI, Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa. Tu hai questa somma a titolo di risarcimento. È un'offerta reale. È la trasformazione dell'attenuante dell'articolo 62, n. 6, del codice penale sulla causa estintiva. È una remissione.

  FRANCO VAZIO. Sì, ma c’è la facoltà di agire in sede civile per avere il risarcimento...

  TULLIO PADOVANI, Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa. Se si sostiene che sia poco, sì.

  PRESIDENTE. Questo, però, non produce effetti deflattivi. Moltiplica le cause.

  FRANCO VAZIO. A questo punto, si deve fare una causa su un risarcimento che un giudice ha ritenuto equo.

  PRESIDENTE. Gli avvocati fanno tutto. Aprono le cause per tutto.

  TULLIO PADOVANI, Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa. Io non voglio il risarcimento. Infatti, non mi costituisco parte civile.

  PRESIDENTE. Questa disposizione è il frutto dell'esame della Commissione di studio di Fiorella ed altri. È stata presa da lì. Ci rifletteremo in sede di emendamento.
  Il Governo, invece, non ha recepito dalla Commissione Fiorella il fatto che fosse stato previsto un ampliamento dell'istituto dell'oblazione anche nei reati puniti con pena alternativa.

  TULLIO PADOVANI, Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa. È ancora l'articolo 162-ter ? Non lo ricordo.

  PRESIDENTE. Sì. Il pagamento delle somme estingue il reato.

  TULLIO PADOVANI, Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa. Certo, l'ha ampliato ai delitti. È una pena alternativa.
  Anche l'istituto dell'oblazione è un istituto molto marcato storicamente.

  PRESIDENTE. In realtà, la delega della Commissione di studio non ce la troviamo. Lo dicevo per rispondere anche all'onorevole Bazoli. In realtà, in questa Commissione di studio era prevista una delega al Governo per l'introduzione della causa di estinzione dei reati mediante adempimenti di prescrizioni e debiti tributari.
  C'erano i reati ambientali, ma abbiamo già introdotto questa disposizione nella legge sugli ecoreati. Mancavano i debiti tributari, per cui qui era prevista una delega.

  TULLIO PADOVANI, Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa. I debiti tributari sono un peso massiccio. Io ho tanti amici magistrati. C’è una paccottiglia di questi reati.

  PRESIDENTE. Sono i reati degli articoli 10-bis e 10-ter, in cui non c’è la frode.

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  TULLIO PADOVANI, Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa. A volte io mi vergogno veramente di appartenere a un Paese che ha l'arresto per debiti, perché qualcuno non ha pagato i contributi.

  PRESIDENTE. Infatti, è la parte che abbiamo già attuato in quella riforma.

  TULLIO PADOVANI, Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa. Solo perché il creditore ha un nome altisonante, ossia Stato, io ti condanno. È troppo facile.

  PRESIDENTE. Ci sono altre domande ? Lei ci ha spiazzato. Adesso verificheremo. Ci ha messo un po’ di pulci nelle orecchie. Sicuramente ci ha fatto riflettere su alcune questioni. D'altra parte, le audizioni servono a questo.

  TULLIO PADOVANI, Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa. Riflettete. Io vi dico come la penso, perché penso quel che dico e dico quel che penso. Io dico sempre che, grazie a Dio, non devo giudicare, perché non ho fatto il giudice e non avrei saputo farlo, e che non sono il legislatore. Sinceramente ho contribuito, ho fatto tante cose, ma quello del legislatore è un brutto mestiere, se uno lo fa veramente, come lo fate voi.

  PRESIDENTE. Il legislatore alla fine deve fare una sintesi, il che non è facile. È un mestiere molto logorante. Per questo si fa a tempo.
  La ringraziamo. Ci sentiremo. Le manderemo qualche nostra proposta di emendamenti. La ringraziamo da parte di tutta la Commissione.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.15.