XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 10 di Giovedì 16 aprile 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE DEL GOVERNO C. 2798 , RECANTE MODIFICHE AL CODICE PENALE E AL CODICE DI PROCEDURA PENALE PER IL RAFFORZAMENTO DELLE GARANZIE DIFENSIVE E LA DURATA RAGIONEVOLE DEI PROCESSI E PER UN MAGGIORE CONTRASTO DEL FENOMENO CORRUTTIVO, OLTRE CHE ALL'ORDINAMENTO PENITENZIARIO PER L'EFFETTIVITÀ RIEDUCATIVA DELLA PENA, E DELLE ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE C. 370  FERRANTI, C. 372  FERRANTI, C. 373  FERRANTI, C. 408  CAPARINI, C. 1194  COLLETTI, C. 1285  FRATOIANNI, C. 1604  DI LELLO, C. 1957  ERMINI, C. 1966  GULLO, C. 1967  GULLO, C. 2165  FERRANTI, C. 2771  DORINA BIANCHI E C. 2777  FORMISANO

Audizione di Edmondo Bruti Liberati, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Milano, di Gabriella Manfrin, Presidente della sezione GIP del tribunale di Milano, di Giuseppe Pignatone, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma, e di Fabrizio Gentili, Presidente della sezione GIP del tribunale di Roma.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Pignatone Giuseppe , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 4 
Ferranti Donatella , Presidente ... 8 
Gentili Fabrizio , Presidente della sezione GIP del tribunale di Roma ... 8 
Ferranti Donatella , Presidente ... 9 
Gentili Fabrizio , Presidente della sezione GIP del tribunale di Roma ... 9 
Ferranti Donatella , Presidente ... 9 
Manfrin Gabriella , Presidente della sezione GIP del tribunale di Milano ... 9 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Bruti Liberati Edmondo , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Milano ... 11 
Ferranti Donatella , Presidente ... 13 
Ferraresi Vittorio (M5S)  ... 13 
Rossomando Anna (PD)  ... 13 
Santelli Jole (FI-PdL)  ... 14 
Pagano Alessandro (AP)  ... 15 
Ferranti Donatella , Presidente ... 15 
Dambruoso Stefano (SCpI)  ... 16 
Ferranti Donatella , Presidente ... 16 
Pignatone Giuseppe , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 16 
Ferranti Donatella , Presidente ... 17 
Pignatone Giuseppe , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 17 
Ferranti Donatella , Presidente ... 17 
Pignatone Giuseppe , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ... 17 
Gentili Fabrizio , Presidente della sezione GIP del tribunale di Roma ... 18 
Ferranti Donatella , Presidente ... 19 
Ferri Cosimo Maria , Sottosegretario di Stato alla giustizia ... 19 
Ferranti Donatella , Presidente ... 19 
Manfrin Gabriella , Presidente della sezione GIP del tribunale di Milano ... 19 
Ferranti Donatella , Presidente ... 20 
Manfrin Gabriella , Presidente della sezione GIP del tribunale di Milano ... 20 
Ferranti Donatella , Presidente ... 20 
Bruti Liberati Edmondo , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Milano ... 20 
Ferranti Donatella , Presidente ... 20

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 13.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, se non vi sono obiezioni, anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione di Edmondo Bruti Liberati, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Milano, di Gabriella Manfrin, Presidente della sezione GIP del tribunale di Milano, di Giuseppe Pignatone, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma, e di Fabrizio Gentili, Presidente della sezione GIP del tribunale di Roma.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame del disegno di legge del Governo C. 2798, recante modifiche al Codice penale e al Codice di procedura penale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi e per un maggiore contrasto del fenomeno corruttivo, oltre che all'ordinamento penitenziario per l'effettività rieducativa della pena, e delle abbinate proposte di legge C. 370 Ferranti, C. 372 Ferranti, C. 373 Ferranti, C. 408 Caparini, C. 1194 Colletti, C. 1285 Fratoianni, C. 1604 Di Lello, C.1957 Ermini, C. 1966 Gullo, C. 1967 Gullo, C. 2165 Ferranti, C. 2771 Dorina Bianchi e C. 2777 Formisano, l'audizione di Edmondo Bruti Liberati, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Milano, di Gabriella Manfrin, Presidente della sezione GIP del tribunale di Milano, di Giuseppe Pignatone, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma, e di Fabrizio Gentili, Presidente della sezione GIP del tribunale di Roma.
  Come dalla lettera di convocazione, l'audizione riguarda tutto il disegno di legge governativo, ma in particolare l'articolo 25, che attiene alla delega per la modifica del regime di pubblicabilità delle intercettazioni telefoniche e l'articolo 23, che attiene alle iscrizioni delle notizie di reato.
  Ieri abbiamo sentito gli uffici di Palermo, il Procuratore Lo Voi e il Presidente Vincenti. Penso di dire cose note affermando che da varie legislature si pone il problema, che ogni tanto si rinnova anche per fatti più o meno di interesse pubblico e mediatico, che attiene alla pubblicabilità delle intercettazioni telefoniche. Ai procuratori e ai presidenti della sezione GIP io ho fatto avere anche le proposte di iniziativa governativa o parlamentare che hanno ottenuto almeno l'approvazione di un ramo del Parlamento nelle scorse legislature. Peraltro, il nodo non è stato risolto in maniera definitiva, tanto da arrestarsi, in ogni caso, nell’iter parlamentare di approvazione definitiva.
  Noi vorremmo – lo dico anche come relatore di questo provvedimento – acquisire elementi in ordine alle criticità che vi sembra di poter evidenziare nell'attuale normativa. Vorremmo sapere se ci sono criticità che attengono alla parte normativa o alle prassi e avere possibili soluzioni di superamento del problema.Pag. 4
  Agli atti oggi – lo dico per i colleghi – io ho anche trasmesso la lettera che ha fatto pervenire il garante della privacy, ovviamente indirizzata al Presidente del Consiglio dei ministri, ma trasmessa alla Commissione giustizia per quanto di competenza.
  I nostri tempi massimi sono tali che per le 14.30 dobbiamo essere in Aula, perché ci sarà il Ministro Orlando che riferisce sui recenti fatti tragici di Milano. Do la parola al Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma, Giuseppe Pignatone.

  GIUSEPPE PIGNATONE, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Cercherò di essere molto veloce e tratterò prima il tema dell'articolo 23, sull'iscrizione delle notizie di reato.
  Io credo che il progetto di legge delega preveda una vigilanza del procuratore della Repubblica e anche del procuratore generale. Capisco che sia una soluzione di compromesso rispetto a un'ipotesi di controllo del giudice, ma poi, a questo punto, bisognerebbe vedere quale giudice sia: è solo quello del GIP, è quello del GUP, o è fino alla Cassazione ?
  A me sembra che questa questione dell'iscrizione risenta di un equivoco di fondo, che nasce proprio dal nuovo codice, in particolare dalla previsione iniziale, secondo cui l'iscrizione di un nominativo nel registro delle notizie di reato era un fatto neutro e irrilevante. Avrebbe dovuto essere chiaro a tutti, infatti, a cominciare dall'opinione pubblica, che questo non rappresentava niente. Non era un pregiudizio e non avrebbe dovuto comportare alcun danno, non solo da un punto di vista giuridico, ma neanche dell'immagine.
  Sappiamo tutti che la realtà è completamente diversa e che la sola notizia dell'iscrizione rappresenta un danno non solo per chi abbia pubbliche funzioni, ma anche per il comune cittadino che si dovesse vedere indicato come iscritto di un qualsiasi reato nella cronaca locale del giornale della sua città.
  Faccio questa premessa per dire che la visione astratta per cui, se il nome di una persona viene indicato non solo in un rapporto o in una nota della polizia, ma anche in una querela, automaticamente dovrebbe conseguire l'iscrizione, secondo me, nelle condizioni date, che sono condizioni anche di tipo culturale, che non cambiano scrivendo una legge o un regolamento, sarebbe foriera di danni enormi. Moltiplicherebbe, infatti, all'infinito le iscrizioni e il danno per il comune cittadino e, come effetto non marginale ma sicuro, anche il discredito di tutti noi.
  Questo per dire che Roma, come credo qualsiasi altra procura d'Italia, spesso è estremamente cauta nelle iscrizioni fatte a semplici cittadini, ossia nell'iscrizione di soggetti indicati come responsabili, spesso più o meno cervelloticamente, di qualche reato da associazioni, comitati e cittadini singoli. Questa è la realtà delle cose.
  Se poi parliamo della valutazione della necessità dell'iscrizione che emerge da un'indagine in corso, squisitamente per restare al tema di oggi da intercettazioni, per il semplice fatto che in un'intercettazione, che può essere anche amichevole o connotata da un astio che si scopre magari dopo e non prima, si dica che Tizio, per esempio, è corrotto, è chiaro che il pubblico ministero sia cauto in questo approccio all'iscrizione. Questo non perché voglia eludere i termini, ma per evitare gli effetti negativi che ho detto. Questa è la situazione che vivono quotidianamente il procuratore della Repubblica e i magistrati della procura.
  Prevedere una sorta di vigilanza – ripeto, non è ben chiaro fino a quale stadio, se fino in Cassazione – con la conseguenza che ci sarebbe la nullità di tutti gli atti compiuti rispetto a questo termine fissato da un giudice con il senno di poi e con tutte le carte davanti, è, secondo me, è una scelta molto pericolosa.
  In merito a quello che prevede la proposta di legge delega, possiamo osservare che prevedere la vigilanza specifica su questo settore del procuratore generale crea una serie di problemi, perché il sindacato, o la vigilanza – usiamo il termine che vogliamo – su questo tema non potrebbe che esplicarsi con l'esame degli Pag. 5atti. Andremmo cioè a instaurare, su un punto soltanto, ma d'importanza significativa, una deroga al sistema attuale vigente, per cui la funzione del procuratore generale non è quella del controllo degli atti del singolo procedimento e del singolo fascicolo.
  Io credo, quindi, che dobbiamo restare alla situazione attuale, che prevede da un lato la responsabilità del singolo – io sono sempre dell'idea che ai poteri debbano rispondere le responsabilità e pertanto per quanto mi riguarda non c’è alcuno scandalo se a violazioni significative e iscrizioni tardive possano conseguire forme di responsabilità, ovviamente di tipo disciplinare – dall'altro lato, c’è un potere di vigilanza dei procuratori della Repubblica, tramite i procuratori aggiunti, secondo le strutture degli uffici.
  Chiuso il primo argomento, andiamo all'altro, le pubblicazioni. Anche qui, secondo me, bisogna prendere realisticamente atto dei termini del problema, che sono tali per cui fino a oggi non abbiamo trovato una soluzione che possa essere soddisfacente per tutti.
  Il primo termine è che le intercettazioni sono assolutamente indispensabili per fare le indagini. Credo che oggi nessuno abbia l'idea di abolire o di diminuire significativamente le intercettazioni. In questo senso la rilettura dei progetti trasmessi, molto cortesemente, dalla Presidente ha fatto tirare un sospiro di sollievo retroattivo. Anzi, il disegno di legge delega del Governo contiene un'indicazione, che non credo sia il tema di questa nostra audizione, di rendere più facile e più agevole l'intercettazione per alcuni reati per cui oggi ci sono preoccupazione e sensibilità, per esempio per la corruzione in senso lato, ma non è di questo che voglio parlare.
  Tornando al problema della pubblicazione, da un lato, io credo che nessuno possa pensare di ridurre significativamente l'uso delle intercettazioni; dall'altro, ha altrettanta importanza – ve lo dico a chiarissime lettere – il diritto di difesa. Non possiamo ipotizzare soluzioni che finiscano per incidere sul diritto di difesa. Non è pensabile che ci sia una selezione delle intercettazioni fatta soltanto dal PM o dal GIP e dal PM non in contraddittorio con il difensore.
  Ci sono, dunque, questi due muri, che, secondo me, non si possono toccare. In mezzo c’è il problema della pubblicazione. Per affrontare il problema della pubblicazione bisogna prima prendere atto, secondo me, sempre realisticamente, di un dato che io responsabilmente affermo in questa sede ufficiale: è inutile, e sarebbe auto-ingannatorio, pensare, nelle condizioni date, cioè quelle che abbiamo descritto prima e che ripeterò sotto il profilo proprio pratico e concreto fra un attimo, di scoprire chi rivela notizie, che non sono segrete (ora ne dirò), ma che non sono allo stato pubblicabili, ossia chi passa i testi delle intercettazioni ai giornalisti dopo il deposito degli atti. Possiamo aumentare la pena per la rivelazione anche a trent'anni, ma la situazione non cambia. Il problema non è infliggere la pena, ma identificare il soggetto che passa le intercettazioni ai giornalisti.
  Perché è sostanzialmente impossibile, parlando di pubblicazione di notizie riservate ? Dicevamo poco fa con il procuratore di Milano che, nella nostra esperienza – lui parlerà, se lo ritiene, dell'unica fuga di notizie in senso tecnico avvenuta a Milano – sono pochissime le rivelazioni di segreti e di notizie che finiscono sui giornali durante la fase delle indagini.
  Ci sono, e spesso le troviamo, notizie segrete che vengono illecitamente rivelate agli indagati, questo sì. In questo caso, essendo ancora nella fase delle indagini preliminari, senza deposito degli atti, devo dire che l'esperienza di Roma, come anche di altri uffici giudiziari, notoriamente consente – non sempre, ma in un numero statisticamente significativo di casi – di individuare chi passa la notizia sull'intercettazione al mafioso o al soggetto sospettato di corruzione, di violenza sessuale o di altro.
  Noi, però, stiamo parlando di una questione completamente diversa, cioè di atti che sono stati elaborati dalla polizia giudiziaria, dal PM che ha fatto una richiesta, Pag. 6dal giudice che ha fatto un'ordinanza – di questo parliamo, fondamentalmente – e che sono stati messi a disposizione dei difensori. Questo significa che tali atti sono a disposizione di molte decine e, a volte, centinaia di persone.
  Se non partiamo da questo punto, non capiamo dove siamo. Ci sono alcuni membri dell'ufficio giudiziario – giudici, cancellieri e collaboratori di vario tipo – e decine e decine di appartenenti alla polizia giudiziaria. Già un'indagine di media grandezza presuppone che tutti questi soggetti siano coinvolti. Di questo il Garante, per esempio, non tiene minimamente conto nelle sue elaborazioni. Per essere coinvolti significa che tali soggetti hanno materialmente la disponibilità del testo di tutta l'intercettazione e di tutte le note. Ci sono, dunque, decine e decine di poliziotti, di carabinieri, di finanzieri. Parlo di indagini di media.
  Ci sono anche gli interpreti, ovviamente, perché c’è sempre qualche straniero nei nostri procedimenti. Inoltre, c’è un numero variabile di 4, 8, 20, 40, 60 difensori.
  È chiaro che, nel momento in cui un testo è stato legittimamente dato in possesso a 150-200 persone, è sostanzialmente impossibile scoprire chi di queste 150-200 persone l'abbia fornito al giornalista o, come più normalmente avviene, ai giornalisti, a meno di ipotizzare di torturare i giornalisti, ma credo che questo sia fuori dalla mente di ognuno di noi, al di là della sentenza di Strasburgo.
  Se le cose stanno così, che cosa si può fare ? Vengo all'ipotesi che io mi permetto di offrire alla riflessione della Commissione. Tutte le tecnicalità (l'udienza-stralcio, l'udienza-filtro) derivano dalla scelta a monte. Se innestiamo oggi un'udienza-filtro o un'udienza stralcio, in una fase qualunque del procedimento, in questo quadro non otteniamo alcun risultato, perché siamo sempre in presenza di 150-200 persone che hanno legittimamente dei materiali che, fuori dal nostro palazzo, ci sono decine o centinaia di giornalisti che farebbero carte false per avere.
  La mia riflessione, che credo abbia esposto già ieri il dottor Lo Voi, con cui ci eravamo sentiti, è quella di fare una nettissima distinzione fra l'atto giudiziario che conclude la fase cautelare delle indagini con un provvedimento cautelare in senso lato, che può essere anche un sequestro. Anche un decreto di sequestro, se motivato bene e adeguatamente, può contenere o deve contenere, per giustificare un sequestro – parliamo di indagini importanti – una serie di notizie che rientrano fra quelle appetibili per la stampa ai fini dell'informazione dell'opinione pubblica.
  Secondo me, dobbiamo distinguere fra il provvedimento giudiziario che conclude la fase, intendendo per tale l'ordinanza del giudice – per comodità del GIP – cautelare, che dispone, ripeto, il sequestro o le misure cautelari personali, ovvero, per esempio, il decreto di perquisizione del PM, ossia tutti quegli atti che concludono una fase e che devono avere una motivazione.
  Si può riflettere se adottare lo stesso trattamento anche per la richiesta del pubblico ministero che preluda all'ordinanza del GIP in cui c’è un magistrato (giudice o pubblico ministero, a seconda di come poi si dovesse un giorno decidere) che si assume la responsabilità, firmando, del contenuto di quelle 20, 40 o 1.500 pagine.
  Anche in questo caso io dico che al potere può e deve corrispondere la responsabilità. Io, che preparo una richiesta – o il giudice che prepara un'ordinanza – se essa riporta una telefonata, un'intercettazione o una dichiarazione di un teste, mi assumo la responsabilità che sia congrua, ossia che abbia un significato e una necessità rispetto al tema dell'indagine, e che non riguardi puramente e semplicemente la vita privata di estranei.
  Questo elemento deve essere totalmente conoscibile e pubblicabile. Secondo me, un problema che corrisponde a un Paese democratico come il nostro è che, se viene arrestato un magistrato, un soggetto qualunque, un pubblico funzionario – ma, ripeto, anche una qualunque persona la cui sorte interessa all'inquilino della porta accanto – devono essere chiari e devono Pag. 7poter essere conosciuti il come, il perché e gli elementi per cui una persona viene arrestata o perquisita, o un sequestro viene effettuato.
  Sotto questo profilo, rispetto a questa categoria di atti, andrebbe abolita anche quella norma ipocrita e farisaica che è l'attuale articolo 684 del codice penale, il quale addirittura qualifica come reato la pubblicazione di atti prima dei termini, pressoché infiniti, per i quali diventa lecita la pubblicazione, punendola con un'ammenda che va dai 50 ai 250 euro. Mi pare che, peraltro, sia oblabile, ragion per cui lo Stato spenderebbe molto di più rispetto a quello che al giornalista costerebbe fare l'oblazione.
  Tutto il resto, ossia tutto il materiale che è precedente nel tempo e sottostante, logicamente, ai provvedimenti di cui ho parlato – parliamo dell'ordinanza cautelare, perché è quella più frequente e più importante – e che deve continuare a essere messo a disposizione delle parti, ossia dei singoli indagati, dei loro difensori e via dicendo e che, quindi, tecnicamente non è segreto, proprio perché in possesso di un numero molto significativo di persone, dovrebbe, secondo me – è una mera ipotesi che offro alla riflessione della Commissione – non essere pubblicabile.
  Il divieto di pubblicazione di tutto questo materiale, secondo me, ridurrebbe in misura notevolissima i problemi di cui tutti ci lamentiamo. Non per spezzare una lancia, ma per capire meglio questioni che, ovviamente, i componenti della Commissione conoscono benissimo e perché resti alla registrazione, rilevo che bisogna essere consapevoli che tra le indagini di media o grande dimensione, che poi finiscono in un'ordinanza che può essere anche di mille pagine, ci sono migliaia di pagine che sono state legittimamente compilate a suo tempo. Questo perché sono stati percorsi filoni di indagine che erano giustificati in quel momento e che poi si sono rivelati inutili, che possono aver riguardato Tizio e Caio e di cui poi, nell'informativa della polizia giudiziaria, nella richiesta del PM e nell'ordinanza non si parla affatto.
  Nell'inchiesta «Mafia Capitale» – cui faccio riferimento per la sua notorietà – dopo i primi due giorni in cui si è dato ampio risalto a quello che c'era nell'ordinanza e nella richiesta, che erano abbastanza simili, e che aveva attinenza alle imputazioni e alle contestazioni, nei venti giorni successivi gli organi di informazione hanno riportato tutto quello che era contenuto non tanto nelle informative, quanto nei decreti di intercettazione iniziali, nelle proroghe risalenti a un anno o un anno e mezzo prima, quando erano stati percorsi alcuni filoni di indagine che non avevano avuto esito positivo.
  Faccio un nome soltanto, ossia la vicenda Totti, che a Roma ha rappresentato il titolo di testa per tre o quattro giorni. Aveva avuto senso fare l'intercettazione non su Totti, ma su un contesto in cui lui in qualche modo era interessato, perché riguardava l'alloggio dei migranti e, quindi, aveva a che fare con il tema generale delle indagini.
  Dopodiché, noi avevamo ritenuto, e riteniamo, che non ci fosse assolutamente niente di penalmente rilevante. Di questo non c'era traccia né nell'informativa, né nella richiesta, né nell'ordinanza. Essendo, però, state depositate richieste, intercettazioni, proroghe delle intercettazioni e tutti questi atti a disposizione dei difensori, il fatto è uscito.
  Io non posso sapere e non voglio dire se sia stato un magistrato, un carabiniere o un difensore a segnalarlo, oppure semplicemente se i giornalisti abbiano avuto la copia del compact disc di tutti gli atti e l'abbiano trovato da soli. Certo è che, nel momento in cui hanno trovato questo riferimento a Totti, a Roma questo è diventato il titolo di testa dei giornali per quattro o cinque giorni, ripeto, senza che ce ne fosse ragione.
  Per questo motivo dico che è giusto, secondo me, nel bilanciamento fra questi interessi contrapposti, attribuendo un significativo rilievo al diritto di cronaca e all'esigenza della collettività di conoscere fatti rilevanti quali possono essere l'arresto, la perquisizione o il sequestro, che questo provvedimento giudiziario venga Pag. 8conosciuto legittimamente, togliendo anche quella sanzione farisaica dell'articolo 684.
  Ripeto che, invece, ciò su cui il magistrato mette la firma e di cui si assume la responsabilità, ossia tutto il resto, secondo me, deve essere depositato, deve essere a conoscenza delle parti processuali, ma non deve essere pubblicabile finché il codice non prevede il dibattimento di primo piano.
  In questo senso io farei coincidere l'udienza-filtro sostanzialmente con l'udienza preliminare, anche perché, da un lato, non abbiamo le risorse e i tempi per fare due o tre di queste udienze nel corso dei brevi tempi e, dall'altro, dobbiamo tener conto che nei procedimenti non è detto che tutto si esaurisca in una misura cautelare. Quelli complessi – inutile citare gli esempi – spesso ne hanno due o tre nell'arco dei tempi di indagine. Tanto vale, quindi, fare base e filtro. Poi ci vuole un articolato, ma non era questo lo scopo dell'illustrazione.
  Noi facciamo riferimento, idealmente, all'udienza preliminare. Tuttavia, ci vuole una sanzione vera sul divieto di pubblicazione. La sanzione vera, secondo me, non deve essere penale. Non si può pensare di ipotizzare a carico di giornalisti ed editori, nel senso più ampio – c’è anche il problema dei blog e dei siti – una sanzione penale di questo genere. Deve esserci una sanzione pecuniaria, che poi si può costruire come si vuole.
  So che non sarà una scelta semplice, è ovvio. Gli altri colleghi aggiungeranno altro, ma in questo bilanciamento di interessi, che finora nessuno è riuscito a fare, a me sembra che questo possa essere uno spunto per conciliare il diritto di cronaca sull'essenziale e cercare di tamponare l'emergere della pubblicazione di una marea di carte che non ha motivo di emergere e di essere portata all'attenzione della pubblica opinione.

  PRESIDENTE. Do la parola al presidente della sezione GIP del tribunale di Roma, dottor Fabrizio Gentili. Vediamo ora la visuale del giudice dal punto di vista delle criticità attuali. Abbiamo sempre una decina di minuti.

  FABRIZIO GENTILI, Presidente della sezione GIP del tribunale di Roma. Non ho da aggiungere molto a quanto ha detto il procuratore Pignatone.
  Per quanto riguarda le iscrizioni sul registro delle notizie di reato, effettivamente, se ci fosse un controllo su queste iscrizioni, succederebbe probabilmente una grande confusione. Non si saprebbe chi dovrebbe farlo e quante volte ciò potrebbe esser fatto, con una confusione piuttosto grave, secondo me.
  Voglio poi ricordare che, se cambiasse la normativa, forse si potrebbe arrivare a conclusioni diverse, ma, a legislazione attuale, la Cassazione ha detto molte volte che la tardiva iscrizione sul registro degli indagati è insignificante dal punto di vista processuale ma ha un mero rilievo disciplinare.
  Io non credo che sarebbe stato assolutamente impossibile, a legislazione attuale, arrivare ad affermare l'inutilizzabilità di atti che fossero stati compiuti prima dell'iscrizione. Se la Cassazione ha scelto questa via, secondo me, una ragione c’è.
  Per quello che riguarda il resto, ritengo che il procuratore Pignatone abbia correttamente individuato i problemi e il quadro nel quale si diffonde il contenuto delle conversazioni intercettate. Ci sono molte persone che, a un certo punto del processo – può essere il momento in cui vengono depositati gli atti, dopo l'esecuzione della misura cautelare – vengono a conoscenza di tutto il materiale che la richiesta formulata dal pubblico ministero, accolta dal GIP, sorregge. È facile, quindi, la diffusione della notizia.
  Il rimedio che prevede attualmente la normativa sarebbe l'udienza-stralcio, che però non risolve questo problema. Certamente l'udienza-stralcio non può precedere l'emissione dell'ordinanza cautelare. Deve avvenire di necessità successivamente. Deve intervenire nella fase delle Pag. 9indagini, ma, secondo noi, non può intervenire neanche tanto presto nella fase delle indagini.
  Non ci dobbiamo dimenticare, infatti, che il presupposto delle intercettazioni è che esse siano indispensabili ai fini della prosecuzione delle indagini. L'intercettazione, quindi, non conclude l'indagine, ma è un momento dell'indagine che poi si deve sviluppare. Depositare tutte le intercettazioni troppo presto potrebbe pregiudicare quello che avviene successivamente.
  Con riferimento alle udienze-stralcio, nell'esperienza romana si contano sulle dita di una mano i casi in cui vi si è ricorsi. Potrei dire che non vengono richieste, ma questa sarebbe una sciocchezza, in realtà. Proprio pochi giorni fa una richiesta fatta dall'Ufficio del pubblico ministero è stata respinta da un GIP.
  Perché non ci si ricorre ? Perché spesso si tratta di un'attività inutile e costosa.

  PRESIDENTE. A legislazione vigente ?

  FABRIZIO GENTILI, Presidente della sezione GIP del tribunale di Roma. A legislazione vigente, certamente.
  All'udienza-stralcio si accompagna l'operazione di trascrizione, che è un'operazione lunga e onerosa, anche economicamente, che potrebbe essere del tutto inutile, qualora il processo si concluda con il rito abbreviato. Sarebbero soldi spesi inutilmente.
  C’è un'altra ragione per cui non si fa. A parte il fatto che il più delle volte il pubblico ministero, dopo aver concluso le intercettazioni, chiede, proprio per quelle esigenze di tutela della prosecuzione delle indagini, il tardivo deposito. Evidentemente, se è stato utilizzato il tardivo deposito, non si può svolgere questa udienza. C’è, quindi, un'esigenza per il corretto sviluppo delle indagini.
  Quello che diceva il procuratore Pignatone è giusto: si può stabilire come momento in cui svolgere l'udienza-stralcio quello dell'udienza preliminare. Bisogna, però, tenere presente un dato: se all'udienza-stralcio e, quindi, all'individuazione delle conversazioni che sono non significative, si accompagna anche la trascrizione, un'operazione che dura molto nel tempo, possono nascere problemi per quanto riguarda il rispetto dei termini di custodia cautelare. L'udienza preliminare, in genere, avviene nella prossimità dei termini di scadenza. Se si inserisce quest'operazione, che spesso dura anche due mesi in alcune circostanze, si sforano i termini giusti per operare.
  In merito mi permetterei di fornire un suggerimento: occorrerebbe distinguere lo stralcio, cioè l'individuazione delle conversazioni utili o non utili, dalla trascrizione, che si potrebbe effettuare in un momento successivo.
  Non credo di dover aggiungere altro, per il momento, per non dilatare i tempi.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio, anche perché daremo poi spazio anche a eventuali domande. Ringrazio il procuratore generale della Repubblica presso il tribunale di Roma Giuseppe Pignatone e il Presidente della sezione GIP del tribunale di Milano Fabrizio Gentili.
  Do la parola alla Presidente della sezione GIP del tribunale di Milano, Gabriella Manfrin.

  GABRIELLA MANFRIN, Presidente della sezione GIP del tribunale di Milano. Proprio avvantaggiandomi del fatto che parlo dopo che già due precedenti colleghi hanno illustrato e inquadrato le problematiche di fronte alle quali noi ci troviamo a confrontarci, io posso anche godere del privilegio di essere molto sintetica. Non avrò moltissimo da aggiungere, infatti, a un'impostazione che condivido pienamente e che, d'altra parte, è frutto della nostra quotidiana esperienza.
  Su quest'accentuazione degli aspetti di sensibilità, ai quali noi non siamo indifferenti, e di tutela sia della privacy sia del diritto di cronaca che emergono con evidenza dagli spunti che la Commissione ha ritenuto di suggerire alla nostra attenzione io sono assolutamente d'accordo.
  Ho già detto che non mi discosterò, nelle impostazioni generali, dall'idea che oggetto di pubblicazione sia proprio il Pag. 10provvedimento, nel quale, in realtà, si coagula tutto il materiale che responsabilmente – bene hanno detto coloro che mi hanno preceduto – il giudice, nel redigerlo, si assume la responsabilità di utilizzare a sostegno dell'ipotesi accusatoria che sorregge la conclusione della prima fase delle indagini.
  Gli accenni che sono stati fatti prima all'articolo 23, e che io non posso che condividere, suggeriscono anche di sottolineare che probabilmente è proprio un problema culturale quello che ha attribuito una valenza diversa a quella che avrebbe dovuto essere una tutela, ma che è diventata un'accusa anticipata. L'iscrizione nel registro degli indagati diventa già – questo aspetto è diffuso e assolutamente percepito – nella generalità dei casi, come una condanna definitiva.
  Ecco perché, al di là di tutte le altre considerazioni che sono state fatte, con un molto opportuno richiamo agli indirizzi interpretativi che da questo punto di vista qualche sezione ci offre con sicurezza, io non vedrei proprio l'utilità, oltre al fatto che ciò rappresenterebbe un appesantimento, di introdurre delle modifiche sotto questo profilo.
  Quanto ai provvedimenti cautelari di cui parliamo, ossia le ordinanze, che possono tradursi o in misure cautelari personali, o in misure cautelari sul piano patrimoniale, che sono altrettanto importanti, giustamente si è detto che anche queste possono avere un'incidenza rilevante. Ve lo dice un magistrato che da moltissimi anni svolge quest'attività a Milano. Molto spesso i provvedimenti di questa natura possono avere un'efficacia deflagrante anche maggiore di quanto non si pensi.
  Pensate a quando si tratti, per esempio, di provvedimenti che riguardino società quotate in Borsa, con ipotesi di responsabilità ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231. Tutto questo può incidere in maniera rilevantissima sotto profili che non sono solo quelli della riservatezza, ma anche quelli del controllo e del non squilibrio che si deve creare sul mercato.
  A questo punto, però, dopo aver condiviso sicuramente, nelle premesse, l'impostazione che è stata data, io vorrei portare l'attenzione sulle modalità con le quali vengono riportate le fonti di prova nelle ordinanze di cui stavamo parlando. Mi sembra che questo sia un tema sul quale oggi, anche per ragioni sicuramente di tempo, non ci siamo sinora intrattenuti, ma che so essere oggetto comunque di attenzione particolare.
  Sotto questo profilo io metterei bene in evidenza che il magistrato, nel redigere un provvedimento, non solo nella forma della richiesta che ci proviene dal pubblico ministero, ma anche nella forma della valutazione che si condensa poi in un'ordinanza cautelare, sia essa personale o patrimoniale, ha l'obbligo innanzitutto della motivazione. Deve essere rispettato il principio del libero convincimento del giudice, rispetto al quale l'onere del controllo si eserciterà proprio nella conoscenza del provvedimento e della congruità degli argomenti di motivazione, tra i quali la scelta del materiale indiziario – chiamiamolo così, perché fino a quel momento non è una prova piena, ma è un indizio forte, preciso, concordante – viene indicato come fonte del convincimento perché ci sono esigenze cautelari che si condensano poi nel provvedimento.
  A questo punto, non volendo abusare del vostro tempo, ma rappresentando un'indicazione che va comunque valutata, io credo che, in merito a tutta la grande polemica che si innesta sul riportare integralmente le intercettazioni e sul non riportarle, ci si debba chiedere se non sarebbe altrettanto arbitrario e comunque fonte di altri motivi di perplessità ritenere che solo delle rappresentazioni riassuntive di quanto è stato intercettato rappresentino una garanzia di riservatezza.
  Già nella formalità del riassunto in sé c’è un'espressione che potrebbe essere anche arbitraria, ossia una selezione preventiva di un materiale che invece, io credo, proprio nel principio del rispetto della trasparenza che deve ispirare anche il nostro lavoro, deve essere nel modo più genuino possibile sottoposto al controllo di chi deve conoscere i provvedimenti e di chi si deve difendere da essi.Pag. 11
  Io credo, infatti, che non sia buona prassi, come mi pare di ricordare che qualcuno abbia già sottolineato in questa sede, l'eccesso di lunghezza che questi provvedimenti spesso hanno. Tuttavia, la genuinità del materiale usato – insisto su questo punto – mi sembra una garanzia e anche un'espressione di responsabilità in capo al giudice che redige tale materiale.
  Come ultima considerazione, io sono assolutamente d'accordo, per ragioni non solo pratiche, ma anche proprio di economia processuale in tutti i sensi, con il far coincidere il momento dell'udienza-filtro, della quale pochissimo uso si fa nelle aule di giustizia – ci sono casi veramente rarissimi; in qualche caso anche il nostro ufficio è stato interessato, ma sono casi rarissimi – nella fase dell'udienza preliminare.
  Questo per una ragione, tra le tante, oltre a quella dei tempi, dei costi e dell'inutilità. Ormai le prassi dei nostri uffici ci inducono a verificare costantemente che una grandissima parte di questi procedimenti, soprattutto di quelli di ampia portata (criminalità organizzata o ipotesi corruttive significative) si esaurisce con i riti alternativi nella fase dell'udienza preliminare. A questo punto, le trascrizioni, che sono lunghe e costosissime, diventano totalmente inutili.

  PRESIDENTE. Do la parola al Procuratore della Repubblica di Milano Edmondo Bruti Liberati.

  EDMONDO BRUTI LIBERATI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Milano. Intervengo molto rapidamente, perché ci eravamo già sentiti con il collega Pignatone, e Milano cede a Roma Capitale.
  C’è una consonanza di fondo sulle rilevazioni dell'esperienza, che sono la prima questione importante che noi pratici vi possiamo proporre. L'iscrizione non è un fatto neutro. Con riferimento all'iscrizione automatica, pensiamo a un qualunque esposto che riguardi società quotate: se noi iscriviamo gli amministratori delegati di tutte le società quotate in Borsa, il giorno dopo succede l'ira di Dio. Questo sulla base per cui io prendo il foglio e automaticamente lo inserisco nel registro delle notizie di reato. Questa è la prassi che bisogna avere presente.
  Vi ha indicato molto bene il collega Pignatone come molte esigenze d'iscrizione o di valutazione se procedere all'iscrizione o no emergano in corso d'indagine nei confronti di persone che originariamente non erano state iscritte.
  In qualche caso, per garantire l'assoluta segretezza – c’è un caso negli atti, che è curioso – io sono ricorso a un foglio da me manoscritto, cercando di scrivere in modo leggibile, che ho depositato insieme ai due colleghi aggiunti e al cancelliere, in modo tale da avere la garanzia assoluta. Per qualche periodo riuscì a non trapelare.
  Il problema di una vigilanza specifica del procuratore generale, con passaggio di atti, non farebbe che aumentare i rischi, oltretutto, di fughe di notizie del tutto casuali, ma possibili. Quando gli atti cominciano a girare per gli uffici, infatti, si creano problemi.
  A proposito della responsabilità disciplinare, mi pare di averne letto da qualche parte, ma forse non c’è una norma che sanzioni disciplinarmente. Si può introdurre una norma, ma la sanzione processuale, che pure è stata autorevolmente proposta, crea molti più problemi di quanti non si pensi di risolvere.
  Venendo all'articolo 25 e alle intercettazioni, io non spendo ulteriori argomentazioni sull'indispensabilità delle intercettazioni, in particolare in alcuni tipi di reati, che non sono soltanto i reati di criminalità organizzata. Proprio nei reati di corruzione questo tipo di strumento si è rivelato, nella prassi, uno strumento assolutamente indispensabile.
  Detto questo, svolgo una piccola notazione numerica, perché qualche volta sono pubblicati dei dati allarmistici sul numero di intercettazioni. Da quando io sono procuratore della Repubblica, ho monitorato il numero di bersagli intercettati all'anno. Negli ultimi quattro anni è bastato proporre il monitoraggio ai colleghi perché il numero venisse contenuto. Noi siamo passati, Pag. 12a Milano, come numero di bersagli, dai 14.000 del 2009-2010 a una diminuzione di un terzo nel 2010-2011 e negli anni successivi. Spesso c’è semplicemente la pigrizia, per esempio, nell'estendere e nel prorogare oltre il necessario.
  Tutta questa riduzione è stata fatta quando a Milano, in particolare, vi sono state indagini di corruzione rilevanti e indagini di mafia rilevantissime. Lo strumento è stato utilizzato in tutte le sue potenzialità. Quando io parlo di 8.491 bersagli nel 2013-2014, che è l'ultimo dato, mi riferisco, tenendo conto della competenza della direzione distrettuale antimafia (DDA), a un bacino di abitanti tra 12 e 15 milioni. Non è vero che siamo tutti intercettati.
  Se poi consideriamo che ciascuno di noi ha normalmente due telefoni, ma che per un qualunque «mafiosetto di mezza tacca» da due si passa a venti o più, voi comprendete. Mi riferisco ai dati specifici per indicare come di questo strumento si faccia, in realtà, un uso estremamente attento e accorto, perché non sfuggono a nessuno l'intrusività nella vita privata e neanche i problemi successivi.
  Quanto ai problemi successivi, molto rapidamente, i punti di orientamento sono quelli dell'indispensabilità dello strumento, dell'accortezza nell'uso e dell'esigenza di rispetto del contraddittorio. Questa non è soltanto una questione di bilanciamento o di stile. Il pubblico ministero, nella fase iniziale, può non avere l'attenzione che un difensore ha su alcuni elementi. Con tutta l'attenzione che mette anche per la valutazione di elementi a discarico, il pubblico ministero può non cogliere degli elementi che, invece, il difensore coglie.
  Dall'altro lato, c’è il problema del diritto di cronaca. Un ulteriore elemento che aggiungo è la parità di trattamento fra le diverse testate giornalistiche. Il sistema un po’ ipocrita per cui l'ordinanza ce l'hanno tutti ma non si potrebbe avere nell'integralità può comportare che un giornalista più rapido ottenga da un avvocato o da qualcuno l'integralità. Per questa ragione, pur rispettando l'attuale normativa, a Milano siamo ricorsi, in alcune occasioni rilevanti, a delle conferenze stampa. Nell'immediatezza, appena conclusa l'ultima esecuzione di misura cautelare alle 10 del mattino, abbiamo fatto una conferenza stampa con gli elementi essenziali, in modo che tutti i giornalisti fossero messi nelle medesime condizioni.
  Io concordo con quanto è stato detto. Molto possiamo fare e molto si fa. Loro debbono immaginare – vi prego di crederlo – che massa enorme di conversazioni, che avrebbero fatto la gioia del gossip, sono state di fatto, attraverso un'accurata redazione dei brogliacci e direttive precise sulla formazione delle informative, non evidenziate.
  Il problema è di non evidenziarle. Può capitare, però, come vi è stato detto, che alcuni filoni potessero apparire rilevanti. Cito un solo esempio relativo all'indagine su Expo, quella che coinvolse Frigerio. Qualunque esponente politico di rilievo venisse a Milano, Frigerio cominciava un tam-tam di telefonate per cercare di essere all'evento. Naturalmente, questo poteva essere rilevante. Se dopo il contatto con l'esponente politico avessimo avuto riscontri che si andava a incidere su un appalto in corso, l'elemento avrebbe potuto essere rilevante. Non è emerso alcun elemento, però, ragion per cui quelle indicazioni, che al momento noi abbiamo letto con attenzione, non hanno avuto alcuna rilevanza. Si trattava semplicemente di qualcuno che faceva attività di autopromozione.
  Io condivido questo tipo di impostazione: distinguiamo nettamente, come diceva il collega Pignatone, tra gli atti conclusivi di fase e ciò che precede. Non c’è ragione che l'ordinanza cautelare non sia pubblicabile nella sua integralità e messa a disposizione di tutti i giornalisti, con parità di trattamento. Non dimentichiamo che questo è anche, alla fine, un controllo da parte dell'opinione pubblica sull'operato della magistratura, in una fase in cui non vi è stato il contraddittorio pieno, perché non vi è stato contraddittorio. È il pubblico ministero che chiede al giudice, ma non vi è ancora stato contraddittorio. Questo, quindi, è anche un elemento di Pag. 13controllo democratico rispetto al funzionamento della giustizia, in questo livello di fase.
  La pubblicazione per riassunto peggiora le situazioni. Un esempio delle distorsioni dei modi indiretti l'abbiamo in quello che io chiamo il malcostume, che, purtroppo, però ha avuto una certa diffusione, nella rappresentazione scenica delle intercettazioni in trasmissioni televisive. L'apparente neutralità, invece, offre il massimo di possibilità, anche in buona fede, di fraintendimento o di accentuazione in un senso o nell'altro.
  Attraverso queste indicazioni l'ordinanza, la richiesta del pubblico ministero, probabilmente potrebbe anche rimanere con un attuale regime. Di certo quelli che non dovrebbero essere pubblicati sono gli elementi a sostegno della richiesta. Nonostante la cura che si può avere nella redazione dei brogliacci – loro non immaginano quanto tempo noi pubblici ministeri dedichiamo a fornire istruzioni sulla formazione dei brogliacci alla polizia giudiziaria – rendiamoci conto, però, che chi li forma lavora anche nell'immediatezza e soprattutto che, come si diceva, alcuni filoni possono apparire rilevanti in quel momento e non esserlo dopo. Occorre la distinzione netta degli elementi portati a sostegno, che non sono recepiti nell'ordinanza cautelare, per i quali dovrebbe operare un regime di non pubblicabilità.
  La linea delle sanzioni, ovviamente, è un problema di scelta politica. La possibilità della sanzione pecuniaria per l'editore rimane una delle ipotesi sullo sfondo, dopo aver fatto, però, questa distinzione netta tra ciò che è pubblicabile e, dunque, non è più assistito da alcuna sanzione e quello che, invece, essendo un atto preparatorio che non è passato nell'ordinanza del giudice, deve essere assistito da una garanzia di non pubblicabilità.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio molto per i tempi che avete utilizzato, proprio perfetti, e anche per la sintesi significativa.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  VITTORIO FERRARESI. Io non andrò sulla pubblicazione e sull'iscrizione delle notizie di reato, perché gli auditi sono stati molto completi ed esaustivi. Mi viene in mente una domanda, invece, visto che si parla delle procure di Roma e di Milano. Sarebbe utile, secondo voi, abbassare il limite per l'utilizzazione di questo strumento, ovvero delle intercettazioni, sotto i sei anni ? Parlo per i reati fino a cinque o quattro anni.

  ANNA ROSSOMANDO. Non è questa la sede per dire su che cosa io concordo o no, ma, per una parte assolutamente residua rispetto all'esposizione avrei bisogno di chiarimenti. Mi limito a dire che mi sembra già molto interessante l'inquadramento sui beni protetti nel bilanciamento/sbilanciamento, a seconda anche della fase processuale. Effettivamente ci offre degli elementi.
  Se parliamo delle intercettazioni, abbiamo due argomenti, quello di cosa sia pubblicabile e il tema dell'ordinanza, che è un tema a sé.
  C’è un punto che vorrei capire meglio nel tema dell'ordinanza. Posto che io sono d'accordo sul fatto che la questione riassuntiva crei più danni che altro e posto che il tema che è stato evidenziato per cui non può che essere il giudice, nella sua valutazione, a valutare che cosa ci debba essere compreso o no, ma soprattutto con riferimento alle ultime osservazioni che sono state fatte, volevo capire meglio, secondo voi, in che modo, sempre nel rispetto, ovviamente, di questa flessibilità, di questa discrezionalità, si può influire su una disciplina che dia un indirizzo e che limiti.
  Mi sembra di aver capito adesso, nell'ultimo intervento, che si tratti di distinguere, ma non ho capito in che modo questo avverrebbe, ossia se sarebbe indicato normativamente, gli elementi portati a sostegno, che non dovrebbero essere riportati sull'ordinanza.
  Sottolineo, e chiudo subito su questo punto, che è di tutta evidenza che questo problema sorge soprattutto per i reati associativi. Se parliamo di fatti non direttamente Pag. 14rilevanti come reato, ci sono delle conversazioni sui reati associativi, soprattutto di criminalità organizzata, che, dovendo motivare la pericolosità e, quindi, l'irrogazione della misura, assumono rilievo. Si può sempre motivare che il contesto assume rilievo. Questo è sempre motivabile. Quello è sicuramente il momento più delicato.
  Pongo un'ultima domanda sull'altro argomento preso ad esame. Sicuramente sono io che non ho compreso. Mi riferisco alla questione dell'iscrizione nel registro delle notizie di reato. Io ho ascoltato, credo, con attenzione. È chiaro che c’è il problema per cui una denuncia, una querela, un qualsiasi elemento, una frase in un'intercettazione nuocciono all'eventuale persona sottoposta alle indagini se avviene l'iscrizione.
  Citiamo, però, il caso opposto: il problema dell'iscrizione delle notizie di reato si ha quando ci sono indagini complesse. Non si tratta tanto di apparire un attimo, quanto della concentrazione dell'indirizzo, del bersaglio, da parte della magistratura inquirente e della Polizia giudiziaria di cui si avvale, che può protrarsi per lungo tempo.
  C’è anche l'altro corno del problema. L'iscrizione della notizia di reato può essere proprio a danno di chi verrebbe iscritto, per le ragioni che spiegava il dottor Pignatone, ma, come tutti sappiamo, contiene anche delle garanzie per la persona sottoposta a indagine. Nel momento in cui uno viene iscritto, diviene titolare di garanzie.
  Se ho capito bene, questa faccenda, dal vostro punto di vista, non deve trovare una sanzione processuale, ma deve vedere confermata la sanzione disciplinare, sempre lasciata a una liberissima valutazione e alle accortezze del caso. È molto chiaro quello che ha detto il procuratore Pignatone, e io lo sposo in pieno, ma non è tanto lì che noi ci andiamo a incagliare. Il problema ce lo troviamo nell'altra situazione, ossia quando ci sono indagini molto complesse e molto lunghe, in cui, se lo slittamento, opinabile, per esempio, è di sei mesi, si crea una certa differenza.

  JOLE SANTELLI. Mi associo anch'io, ovviamente, ai ringraziamenti dei colleghi.
  Rispetto al discorso delle intercettazioni telefoniche ringrazio i magistrati auditi oggi, che mi sembra siano assolutamente in linea anche con il procuratore Lo Voi e con il capo dei giudici di Palermo, auditi ieri, rispetto alle intercettazioni.
  Sostanzialmente, io credo che abbiate dimostrato coraggio nella chiusura del cerchio: voi proponete di mantenere lo strumento, ma, relativamente alla pubblicazione, è una bella esposizione dire che arriviamo anche alla sanzione sui giornalisti. Ci rendiamo conto anche di questo, perché è chiaro che i due diritti vanno bilanciati.
  Quello che non ho compreso anch'io, come la collega Rossomando, invece, è il discorso sull'iscrizione delle notizie di reato. Anche voi ci avete posto il problema dell'iscrizione o del ritardo dell'iscrizione delle notizie di reato come un problema di garanzia dell'indiziato. Quella che avrebbe dovuto essere, secondo l'attuale codice, una garanzia è diventata di fatto una quasi condanna, una pagina di giornale, mettiamola così.
  Se tutto fosse normale, andrebbe bene. Se tutto in questi anni fosse proceduto nella norma, ossia se nel momento in cui ci sono gli elementi effettivi e si sono riscontrati tali elementi, si procedesse immediatamente all'iscrizione, non staremmo qui a parlare di questo tema. Noi siamo qui a parlare di questo tema perché evidentemente ci sono state molte situazioni per le quali quella che il procuratore Lo Voi ha chiamato una «notizia vestita» è stata lungamente attesa perché fosse vestita. Sono state condotte, quindi, delle indagini più approfondite di quanto non dovessero essere condotte prima che ci fosse un'iscrizione nel registro degli indagati.
  Per essere vestita questa notizia, quali sono le indagini che possono essere condotte da un pubblico ministero senza l'iscrizione nel registro degli indagati e, quindi, senza le garanzie effettuate dal giudice ? Questo è il problema: fino a che punto ci si può spingere ? Nel momento in Pag. 15cui ci si spinge oltre, è giusto che le sanzioni siano endoprocessuali. Prevedere solo sanzioni disciplinari abbiamo visto che non serve a niente. Si iscrivono dopo due anni e le indagini continuano per altri due anni e avremo, quindi, indagini da quattro, a quattro, a quattro anni.
  Questa, purtroppo, è la realtà dei fatti con cui ci scontriamo. Comprendiamo la posizione di garanzia, ma il nostro problema è la patologia dell'istituto.

  ALESSANDRO PAGANO. Io ho molto apprezzato l'impostazione che è stata data nella spiegazione, peraltro concordata, fra le due procure e, quindi, certamente condivisa nel metodo. Si tratta di un approccio soddisfacente da ogni punto di vista, segno che il problema è stato oggettivamente esaminato sotto tutti gli aspetti, soprattutto quello etico.
  Detto questo, la domanda è secca. Tutto il resto è retorica. Se ho capito bene, la soluzione sarebbe l'udienza-filtro, coincidente con l'udienza preliminare, con un aggravamento dell'articolo 684 da un punto di vista pecuniario ? Oppure ci sono anche altri suggerimenti, altre modalità che vengono oggi proposte ?

  PRESIDENTE. Anch'io vorrei fare una domanda finale, che si riporta a quella dei colleghi. In realtà, le audizioni che abbiamo fatto con voi riguardano due nodi cruciali di non facile risoluzione.
  Io ho ripreso anche le audizioni che ci sono state delle camere penali. Il problema sull'iscrizione delle notizie di reato non è tanto, giustamente, la tempestività, come diceva l'onorevole Santelli, ai fini della qualificazione delle notizie di reato. Mi riferisco anche alla proposta della Commissione Canzio, perché noi agli atti abbiamo anche la proposta della Commissione Canzio, la quale aveva previsto un controllo della tempestività nell'ambito della proroga delle indagini (ai sensi dell'articolo 407, mi pare).
  Il problema è nella prassi. A prescindere dal fatto che io condivido pienamente che l'iscrizione della notizia di reato vada fatta nel momento in cui tale notizia è corroborata da quegli elementi per cui appunto si chiama «vestita», ci sono, però, delle prassi deviate, o dei comportamenti isolati, in cui, in realtà, questa tardiva iscrizione della notizia di reato consente poi una lunghezza delle indagini eccessiva rispetto a quella prevista dal codice.
  Poiché noi questa norma l'abbiamo all'interno del provvedimento del disegno di legge del Governo che attiene anche ai tempi di durata ragionevole del processo, ovviamente, noi ci dobbiamo porre il problema. Il problema il Governo se l’è posto attraverso quella soluzione di controllo e di vigilanza del procuratore generale, che è già stato evidenziato non solo da voi, ma anche da esperti e professori che abbiamo sentito recentemente, come un controllo inadeguato da tutte le parti, inopportuno, inadeguato, inefficace o addirittura generante ulteriori lungaggini.
  È stata suggerita la questione di un'eventuale più penetrante tipizzazione disciplinare. Quali sono, però, le soluzioni eventualmente interne, endoprocessuali, organizzative che possono offrire anche questa garanzia, se non è quella del controllo del giudice, che interviene magari nell'udienza preliminare ?
  Io esprimo una mia opinione personale. Anch'io sono contraria al controllo del giudice, anche per un altro motivo. Voglio fare proprio l'avvocato del diavolo. Io penso che in «casi isolati» questa cosa potrebbe anche essere strumentalizzata: io vado alla lunga e non faccio niente, oppure io, pubblico ministero, non svolgo il ruolo che dovrei svolgere tempestivamente, in modo che poi il controllo del giudice faccia cadere degli atti. Giustamente, far cadere degli atti di indagine che servono all'accertamento della notizia di reato non può essere una penalizzazione. Tuttavia, dobbiamo anche tener presente che dei tempi vanno garantiti.
  Non ci nascondiamo dietro un dito. Questo è uno dei punti, insieme alle intercettazioni telefoniche e ad altri, come l'impugnazione – questo disegno di legge pone tante problematiche – con cui noi riteniamo di affrontare a livello sistematico il problema dei tempi del processo.Pag. 16
  Vorremmo da voi, data la vostra autorevolezza e sicuramente l'impegno organizzativo riconosciuto, un contributo oggi, ma anche, se ritenete, successivamente, anche mandandoci degli spunti ulteriori.

  STEFANO DAMBRUOSO. Io mi associo sulla chiarezza di quanto ci è stato esposto sia dalla procura di Roma, sia dalla procura di Milano. Ho una facilità di comprensione esatta di quanto ci è stato fornito e riferito.
  Con riferimento alle domande che sono emerse mi piace soltanto segnalare che fra le due possibilità appena rappresentate dalla Presidente Ferranti, ossia fra l'inutilizzabilità e, quindi, l'annullamento delle informazioni acquisite con modalità temporali fuori tempo, nelle more della vestizione della notizia, e l'eventuale responsabilità disciplinare, davvero non c’è un terzo tipo di possibilità di punibilità di questa condotta.
  Ogni tanto questo aspetto viene molto sminuito. Io sono un magistrato e voglio segnalare – mi fa piacere dirlo – che avere un procedimento disciplinare non è un fatto irrilevante nella vita e nella carriera di un magistrato. Immaginare qualcosa che vada al di là o dell'annullamento delle notizie acquisite fuori tempo, o di un'eventuale apertura di un procedimento disciplinare non è un fatto irrilevante. È il massimo che, in un contesto in cui si sta depenalizzando moltissimo, sia possibile aspettarsi da questo tipo di violazione.
  Questo mi andava di dirlo, avendo ascoltato gli interventi.

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  GIUSEPPE PIGNATONE, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Cerco di essere velocissimo. Per quello che vale, con riferimento alla domanda dell'onorevole Ferraresi, il limite di pena – questo può sembrare strano detto da un procuratore della Repubblica – che è stato raggiunto mi sembra un equilibrio adeguato alla situazione generale.
  Quanto alla prima domanda dell'onorevole Rossomando sugli elementi da mettere nell'ordinanza, io non penso – e non credo lo pensino i colleghi – che la legge possa tipizzare che cosa mettere nell'ordinanza. Sono d'accordo con quello che è stato detto dopo di me dagli altri colleghi, ossia che, paradossalmente, è meglio il testo delle intercettazioni riportato seriamente, che la sintesi.
  Ovviamente, ha ragione l'onorevole Rossomando, che ha lunga esperienza in materia, sul fatto che il reato associativo – oggi la corruzione fa ormai parte, in sostanza, dei reati, se non associativi, di tipo sistemico – può autorizzare (non intendo esprimere opinioni su processi altrui) di mettere quei riferimenti al contesto relazionale, soprattutto quello con pubblici ufficiali, uomini politici e magistrati, che giustificano sia il giudizio di pericolosità sociale, sia la possibilità stessa. Se io non ho rapporti con chi aggiudica le gare d'appalto, sono un millantatore e non un gestore di illeciti nelle gare d'appalto.
  Secondo me, ripeto, il legislatore non deve e non può stabilire che cosa sarà messo a base del convincimento del giudice, che firma responsabilmente. Credo che nessuno di noi firmi richieste, o tanto più provvedimenti di carcerazione o anche di sequestro, nei termini anche pesanti che dicevano i colleghi, a cuor leggero.
  Quella che abbiamo cercato di evidenziare, non so con quanta efficacia, è la necessità di distinguere rispetto alle mille o alle cento pagine di ordinanza, in cui ci sarà anche l'intercettazione che finisce sul giornale perché si dice che la persona che è in galera ha un contesto relazionale qualificato. Il giudice fa un filtro.
  I numeri di Mafia Capitale sono questi: ci sono circa mille pagine di ordinanza e 70.000 pagine di atti del procedimento. Nelle altre 69.000 pagine c'era un mare di cose interessantissime dal punto di vista del gossip in senso lato, ma anche di conoscenze, che per fortuna non tutte sono finite sui giornali. Molte sì. Io ho fatto riferimento a Totti perché Totti ha creato i titoli di testa sui giornali romani, Pag. 17ma tantissime altre cose, per fortuna, no. Sono fatti che prima i pubblici ministeri e poi il giudice hanno rivendicato, ma che abbiamo ritenuto totalmente inutili e non abbiamo inserito.
  Quando noi rendiamo pubblicabile soltanto l'ordinanza o la richiesta del pubblico ministero, ciò significa che la materia su cui si potrà esercitare la pubblicazione, con tutto il «massacro» della reputazione che avviene, viene limitata di decine e decine di volte rispetto all'intero materiale processuale.
  Vi prego di credere che non è vero che noi, io e i colleghi, a cuor leggero e senza sapere quello che diciamo in una sede ufficiale di questo genere – l'ha detto espressamente il collega Bruti Liberati ma siamo d'accordo e ne avevamo parlato – creiamo, se necessario, nuove ipotesi disciplinari. Non credo che sia normale che vengano dei procuratori della Repubblica a proporre di creare nuove ipotesi di responsabilità disciplinari se il giudice o il pubblico ministero, se si dovesse prevedere la pubblicazione, ha messo una cosa che non c'entrava niente. Se c'entrava, è inutile lamentarsi, al di là della polemica politica, rispettabilissima. Se non c'entrava, è giusto che chi l'ha messa senza che c'entrasse, sia soggetto a un procedimento disciplinare.
  Un procedimento disciplinare, come ha detto in questo caso il collega Dambruoso, è un problema per un magistrato. Gli blocca la carriera probabilmente per sempre. Persino se finisce bene è un problema. Io credo che non sia normale che vengano magistrati a chiedere di creare nuove ipotesi disciplinari.
  Dopodiché, per finire questa prima parte, il rimedio che ha chiesto l'onorevole Pagano non è soltanto di aumentare i 200 euro dell'articolo 684 a 1.000, 2.000 o anche 20.000. È un problema fondamentale di scelta politica, nel senso alto della parola.
  Spero che tutti siamo d'accordo sul fatto che il segreto, così com’è, non sia garantibile e che non ci si possa illudere di scoprire chi lo vìola. Dobbiamo scegliere, quindi, che cosa è pubblicabile. Possiamo restare come siamo e fare ogni volta la litania farisaica sullo sdegno e il massacro.
  Noi abbiamo responsabilmente proposto, ripeto, dopo averci pensato e sapendo che non avremo applausi universali, di limitare drasticamente quello che può essere pubblicato e di assicurare il diritto di cronaca con la pubblicazione dell'ordinanza. Guardate che tutto il resto non è poco, è il molto di più.

  PRESIDENTE. Oggi quello che è depositato è pubblicato. Questo è il punto.

  GIUSEPPE PIGNATONE, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Non dovrebbe essere pubblicato perché c’è l'articolo 684.

  PRESIDENTE. Invece qui si potrebbe distinguere: si deposita tutto quello che si deve depositare al difensore, ma si può pubblicare solo l'atto.

  GIUSEPPE PIGNATONE, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Se facciamo l'udienza-filtro, non cambia assolutamente niente. Il filtro lo fa il giudice o – lo sottolineo – il pubblico ministero. Per come la vedo io, il pubblico ministero. Io ragiono e firmo da giudice, ma capisco che, agli occhi dell'avvocato, sono la controparte.
  Questo impone una scelta politica nel senso alto della parola di decidere: io consento che venga pubblicata l'ordinanza e consento – io non lo farei – che venga pubblicata l'informativa della polizia giudiziaria. Non lo farei perché lì c’è una logica diversa da quella del giudice. Dopodiché, però, il giornalista che continua a pubblicare quello che il legislatore, certo non io, dovesse dire che non si può pubblicare, perché si possono pubblicate solo taluni provvedimenti e non tutto quello che c’è a monte, deve essere sanzionato, ma non – io insisto – con sanzioni di tipo penale. Se ne è parlato. È un problema pecuniario, che può essere in capo agli editori, al direttore responsabile Pag. 18o al singolo giornalista, se vogliamo. Altrimenti tutto continua come prima. Questa è la prima questione.
  Andiamo all'iscrizione. Anche qui intanto dobbiamo metterci d'accordo, perché non so di che cosa parliamo. Non sembri una provocazione. Noi stiamo parlando della fisiologica ipotesi per cui, secondo l'avvocato che sta facendo la discussione, la notizia avrebbe dovuto essere iscritta un mese prima e che, poiché è stata iscritta un mese dopo, magari diventerebbero annullabili due intercettazioni importanti. Qui siamo nella fisiologia, e va bene.
  Se l'onorevole Santelli mi parla di due anni, più due anni, più due anni, più due anni, perché lei ha detto questo, ripeto, non possiamo buttare a mare il bambino con l'acqua sporca. Non possiamo annullare un sistema processuale lasciandolo alla sensibilità diversa di decine di giudici diversi. Io ho il piacere di avere come contraltare l'ufficio GIP di Roma, di cui qui c’è il presidente, che mi darà atto che ci sono 43-44 giudici che rappresentano sensibilità culturali e giuridiche totalmente diverse fra di loro, come è ovvio. Sarà lo stesso in tutte le altre sedi.
  Purtroppo, o prendiamo la soluzione formalistica del codice del 1989 per cui, appena spunta il nome, Cosimo Ferri – me lo permetta il sottosegretario – io lo devo subito iscrivere, oppure c’è un problema di valutazione. La valutazione di per sé è opinabile.
  Se parliamo di eccessi, io insisto, con riferimenti ai due anni, più due anni: introducete una sanzione che non c’è. Il Presidente Canzio, le cui conclusioni io non condivido, ma anche questo è il bello del diritto, dice che lui ha cambiato opinione, ritenendo di dover introdurre questo sistema del buttare a mare tutto quanto, per il fatto che non c’è una possibilità di sanzioni disciplinari.
  Io suggerisco che, di fronte a casi che non sono nella fisiologia del procedimento, ma che sono nella patologia, come hanno detto coloro che sono intervenuti, introduciamo in modo chiaro, tipizzandola, una sanzione disciplinare. Se qualcuno fa durare il processo due anni più due – non voglio arrivare a sedici – non possiamo cambiare un sistema processuale e un codice per questo motivo. Insisto a dire questo.
  Dopodiché, per rispondere alla domanda della Presidente, per quanto riguarda me, di Milano e Palermo posso parlare, perché ci scambiamo anche i progetti organizzativi.
  In queste sedi ci sono dei controlli interni affidati normalmente, nelle procure, ai procuratori aggiunti, che ovviamente vistano le iscrizioni e le intercettazioni. Se il procuratore aggiunto – o io, nei rari casi in cui riesco a seguire direttamente un processo – mi dice di intercettare Pinco Pallino perché, secondo lui, ci sono elementi per associazione e corruzione, la prima domanda che faccio al sostituto è se Pinco Pallino l'abbiamo iscritto e da quando. Se non è ancora stato iscritto, suggerisco di iscriverlo, magari retrodatando l'iscrizione.
  Questo in una procura ben organizzata è previsto. Normalmente sono i procuratori aggiunti a farlo, ma ci possono essere i sostituti anziani, i gruppi di lavoro, le direttive. Tutto questo in una procura come Milano o Roma certamente c’è.
  Scusate la mia esagerazione.

  FABRIZIO GENTILI, Presidente della sezione GIP del tribunale di Roma. Desidero aggiungere solamente una cosa, con riferimento a quello che si diceva sui limiti di pena.
  Onorevole Ferraresi, non bisogna dimenticarsi che la materia delle intercettazioni incide su una materia che ha una tutela costituzionale molto forte. Certamente non si può andare al di là di determinati limiti.
  Volevo aggiungere anche che, in realtà, il limite di pena è solamente uno dei criteri che consentono di ricorrere alle intercettazioni. Per talune tipologie di reato esattamente individuate l'intercettazione è possibile indipendentemente dalla pena. Se si ritiene di doverlo estendere, si potrebbero individuare specifici reati.
  Per quello che riguarda il problema delle iscrizioni sul registro degli indagati, Pag. 19volevo fare un esempio che forse può far capire come sia difficile individuare il momento dell'iscrizione. Mi riferisco ai reati di bancarotta.
  La bancarotta nasce da un fallimento. Il pubblico ministero è informato del fallimento e riceve dopo un po’ di tempo una prima relazione del curatore, in cui in genere non c’è scritto pressoché niente. Poi ne riceve delle altre, in cui si comincia a delineare una situazione. A volte deve fare degli approfondimenti.
  Per queste tipologie di reati quando si dovrebbe operare l'iscrizione ? Quando è arrivata la prima relazione del curatore, la seconda, la terza, o quale altra ancora ? C’è molto di opinabile su questo punto. Io credo che sia estremamente difficile pronunciarsi.

  PRESIDENTE. Do la parola al Sottosegretario Cosimo Maria Ferri che desidera proporre un altro tema, prima di far completare le risposte agli auditi, ricordando che alle 14.30 dovremo terminare perché c’è il Ministro Orlando in Aula.

  COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato alla giustizia. Vorrei ringraziare a nome del Governo la Presidente della Commissione giustizia per queste audizioni e spiegare che l'idea del Governo era quella, recependo la Commissione Canzio, di creare un criterio – parlo di controllo dell'iscrizione nel registro degli indagati – oggettivo. Anche dalle vostre risposte è emerso come, in effetti, tutto sia rimesso alla sensibilità e al progetto organizzativo delle singole procure.
  Giustamente, il procuratore Pignatone diceva che, se guardiamo i progetti organizzativi di Palermo, Milano e Roma forse sono uguali, perché si sentono, ma c’è tutta una situazione. Pensiamo alle piccole procure, in cui può sembrare più facile l'organizzazione ma magari c’è meno esperienza.
  L'idea era quella, anche quando ci siamo confrontati con la Commissione Canzio, di creare l'unico criterio oggettivo che potesse esistere. O mettiamo un criterio oggettivo, o dobbiamo scegliere la strada del controllo.
  Una cosa che non ho capito era su un punto che aveva lanciato il Presidente Gentili, sul quale ho visto che poi non siete ritornati. L'idea era quella di unificare l'udienza preliminare con l'udienza-filtro, proprio per evitare una duplicazione di udienze. Abbiamo visto già che l'articolo 269 non funziona, perché di fatto nessuno la chiede.
  Lui proponeva di distinguere il momento della trascrizione. Ha detto che scadono i termini di custodia cautelare. Già le udienze preliminari durano tantissimo. Sappiamo quanto durano. Vorrei sapere come poi praticamente sia possibile distinguere il momento della trascrizione, recependolo in una norma, proprio per evitare questo problema dei termini che si pone.
  È vero che si duplicava l'udienza, ma si rischia di appesantire un'udienza preliminare che, come voi sapete meglio di me – non solo i PM, ma anche i presidenti dei GIP – è un'udienza che sta diventando sempre più pesante.

  PRESIDENTE. Do la parola al presidente della sezione GIP di Milano, Gabriella Manfrin.

  GABRIELLA MANFRIN, Presidente della sezione GIP del tribunale di Milano. In realtà, io avevo ripreso proprio, sia pure sinteticamente, l'argomento, che forse era sfuggito, sottolineando proprio i costi, in termini non solo di tempo, ma anche di oneri economici, di questa attività. Mi sembra che questa attenzione sui tempi della trascrizione, che sono cosa ben diversa dalla conoscenza e, quindi, dallo stralcio, sia estremamente opportuna, proprio perché l'accentuazione delle anticipazioni con i riti alternativi nella fase dell'udienza preliminare ormai – io lo dico come dato statistico milanese, ma credo significativo – ci mette in evidenza che almeno due terzi delle posizioni importanti di processi associativi, ivi compresi quelli relativi agli episodi corruttivi, si esauriscono nella fase dell'udienza preliminare. Questo significa che trascrivere tutto quell'enorme materiale diventa un costo assolutamente inadeguato.

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  PRESIDENTE. La domanda, però, è in quale momento.

  GABRIELLA MANFRIN, Presidente della sezione GIP del tribunale di Milano. Come io prima ho detto e ribadisco, nella fase dell'udienza preliminare, perché solo alla fine dell'udienza preliminare noi sappiamo in definitiva – vorrei che questo fosse chiaro a tutti – quanti sono coloro che si avvalgono dei riti alternativi e chi va al dibattimento. Poiché la trascrizione è funzionale al dibattimento, non ad altro, non si vede perché si debba pregiudicare la snellezza della fase precedente.

  PRESIDENTE. Do la parola al Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Milano, Edmondo Bruti Liberati.

  EDMONDO BRUTI LIBERATI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Milano. Condivido quanto è stato detto prima. In estrema sintesi, il problema del momento dell'iscrizione ha un margine di opinabilità. Vogliamo trasferire questo margine dal pubblico ministero al giudice ? Il giudice avrà un amplissimo margine di opinabilità egualmente. Lo abbiamo soltanto trasferito. Certo, da un pubblico ministero l'abbiamo trasferito a un giudice.
  Come seconda osservazione, è il caso di appesantire il regime, che non ha paragoni al mondo, di nullità e inutilizzabilità del nostro codice, e di mettere un ulteriore problema ? Io credo che la questione sia da mantenere nei limiti attuali.
  La responsabilità disciplinare vale per questo, come per gli altri profili. Se manca una norma, introduciamola. Io in quest'Aula sono venuto, in tempi passati, come presidente dell'Associazione nazionale magistrati e sono tra coloro che non hanno mai condiviso la linea della tipizzazione estremamente restrittiva.
  È una posizione poco corporativa la mia, ma credo che sulla norma di chiusura l'esperienza abbia dimostrato che l'attuale sistema disciplinare sanziona in modo persino eccessivo anche delle questioni formali, come alcuni modesti ritardi nei depositi, e si lascia sfuggire dalle maglie questioni più rilevanti. Io credo che una nuova sanzione di inutilizzabilità sarebbe pesante e trasferirebbe la discrezionalità a un altro soggetto.
  Sulle intercettazioni la distinzione è chiara. La ripeto soltanto a me stesso. Ci sarebbe la pubblicazione dell'ordinanza, per cui tutti avrebbero l'ordinanza. Vedrà il legislatore se introdurre anche la pubblicazione o meno della richiesta del pubblico ministero, mentre propongo il divieto di pubblicazione degli atti presupposti.
  Gli atti presupposti non li governiamo. Noi, attraverso la redazione dei brogliacci e le indicazioni sulla redazione delle informative, possiamo evitare di mettere il riflettore, il segnalino, ma l'integralità non si può governare. Questa mi sembra sia la linea.
  Quanto alle sanzioni, è stata proposta una sanzione che riguardi in termini pecuniari eventualmente gli editori, che lascerebbe la libertà e la serenità anche della funzione di cronaca e di informazione del giornalista.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio molto, per i tempi, ma anche per l'apporto costruttivo e critico che avete fornito, da parte di tutta la Commissione.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.35.