XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Martedì 21 aprile 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE C. 1335  BONAFEDE, RECANTE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI AZIONE DI CLASSE

Audizione di Mariacarla Giorgetti, professoressa di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Bergamo, di Angelo Danilo De Santis, professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi Roma Tre, di Laura Salvaneschi, professoressa di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Milano, e di rappresentanti del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU).
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Giorgetti Mariacarla , Professoressa di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Bergamo ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 6 
De Santis Angelo Danilo , Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi Roma Tre ... 6 
Ferranti Donatella , Presidente ... 13 
Salvaneschi Laura , Professoressa di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Milano ... 13 
Ferranti Donatella , Presidente ... 16 
Fiorio Paolo , Rappresentante del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU), delegato da MC, MDC, UNC, Cittadinanzattiva, Assoutenti, Adusbef, Casa del consumatore, Altroconsumo, Adiconsum ... 17 
Ferranti Donatella , Presidente ... 17 
Bonafede Alfonso (M5S) , relatore ... 17 
Fiorio Paolo , Rappresentante del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU), delegato da MC, MDC, UNC, Cittadinanzattiva, Assoutenti, Adusbef, Casa del consumatore, Altroconsumo, Adiconsum ... 17 
Ferranti Donatella , Presidente ... 19 
Cavinato Gianni , Rappresentante del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU), delegato da ACU ... 19 
Ferranti Donatella , Presidente ... 20 
Bonafede Alfonso (M5S) , relatore ... 20 
Giorgetti Mariacarla , Professoressa di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Bergamo ... 22 
Ferranti Donatella , Presidente ... 22 
De Santis Angelo Danilo , Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi Roma Tre ... 22 
Salvaneschi Laura , Professoressa di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Milano ... 22 
Bonafede Alfonso , Presidente ... 23 
Castronovi Silvia , Rappresentante del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU), delegato da Altroconsumo ... 23 
Barbieri Patrizio , Rappresentante del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU), delegato da ADOC ... 23 
Bonafede Alfonso , Presidente ... 24 
Fiorio Paolo , Rappresentante del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU), delegato da MC, MDC, UNC, Cittadinanzattiva, Assoutenti, Adusbef, Casa del consumatore, Altroconsumo, Adiconsum ... 24 
Bonafede Alfonso , Presidente ... 24

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 15.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare
  (Così rimane stabilito).

Audizione di Mariacarla Giorgetti, professoressa di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Bergamo, di Angelo Danilo De Santis, professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi Roma Tre, di Laura Salvaneschi, professoressa di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Milano, e di rappresentanti del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito indagine conoscitiva in merito all'esame della proposta di legge C. 1335 Bonafede, recante disposizioni in materia di azione di classe, l'audizione di Mariacarla Giorgetti, professoressa di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Bergamo, di Angelo Danilo De Santis, professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi Roma Tre, di Laura Salvaneschi, professoressa di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Milano, e di rappresentanti del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU).
  Do la parola alla professoressa Mariacarla Giorgetti.

  MARIACARLA GIORGETTI, Professoressa di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Bergamo. Inizio subito illustrando alcune mie osservazioni con un carattere introduttivo. Poi, ovviamente, sarò a disposizione per approfondimenti e richieste da parte di tutti e, in particolare, del relatore.
  Quando io ho cominciato a riflettere su questo tema, mi sono concentrata in particolare su due profili: la legittimazione al promovimento di un'azione di classe, ossia di un'azione collettiva, e il modo per coordinare il famoso meccanismo opt-in/opt-out con il principio del giudicato.
  Scendo subito nello specifico. Io ho individuato due punti, che riguardano chi può promuovere quest'azione e come lo può fare e con quali effetti. Mi sono avviata in questa mia riflessione cercando proprio di riscontrare perché la normativa vigente che noi abbiamo in questo momento non abbia dato segni concreti di effettività. In queste mie osservazioni io mi propongo di individuare per un profilo tecnico-processuale come ci possano essere meccanismi di aiuto per un ripensamento della fisionomia processuale di quest'azione di classe.
  Scendo subito nel dettaglio. Il problema che noi abbiamo nel nostro processo è, a mio avviso, principalmente il seguente: come possiamo coordinare un giudicato che involge un effetto vincolante solamente per le parti in causa e soprattutto come possiamo coordinare l'interesse del singolo ad agire nell'ambito della classe. Ho cercato, dunque, di declinare il mio proposito, che è come favorire l'accesso del singolo all'azione di classe, cercando di ripercorrere, seppur per sommi capi, i Pag. 4momenti salienti della vita dell'azione di classe.
  Mi sono concentrata proprio sul momento iniziale della raccolta delle adesioni e sul tentativo di individuare un meccanismo processuale che potesse favorire questa raccolta delle adesioni. Nella ricerca che ho cercato di formare ho potuto verificare che noi, in sostanza, abbiamo due sistemi: o sono vincolati coloro che espressamente aderiscono, o sono vincolati tutti, salvo che dichiarino di non voler aderire.
  Il tema che io pongo è che nel nostro sistema, vista la limitatezza dell'efficacia del giudicato dell'articolo 2909 del codice civile, noi dobbiamo dare prevalenza al sistema che aumenta la raccolta delle adesioni. Così diviene più facile confinare nell'eccezionalità un'eventuale estensione del giudicato. È questo che cambia molto l'efficacia dell'azione di classe nel nostro processo.
  Nel nostro processo c’è l'idea che il giudicato vincoli chi c’è nel giudizio. Io come ho riflettuto ? Cerchiamo di capire perché queste azioni di classe non raccolgono quella latitudine di consensi e di pubblicità che, invece, vediamo in altri ordinamenti. Il vero punto di sfida pratico diventa, quindi, come raccogliere l'adesione e soprattutto come portare effettivamente informazione agli interessati. Mi introduco subito al primo tema che ho posto, quello della legittimazione.
  Noi siamo dinanzi a fattispecie in cui molto spesso abbiamo in concreto tanti soggetti involti in una controversia che ha una rilevantissima influenza nel tessuto della vita sociale, ma che per i singoli ha un modesto valore. Si tratta, quindi, di studiare e di pensare come poter veicolare un'attenzione del singolo che è rilevantissima per ciò che è in gioco nella classe, ma che può, invece, proprio per questo stesso singolo, non avere il medesimo rilievo, soprattutto economico.
  La riflessione potrebbe essere portata a individuare una sorta di rappresentante della classe, ma non al modo del rappresentante dell'associazione, ossia del rappresentante sostanziale. Mi voglio riferire a una figura processuale che agisca un po’ nel senso di raccogliere gli interessi di tutti i legittimati. Di qui deriva la figura del proponente o del coadiutore della classe, un soggetto che raccoglie la legittimazione che gli viene conferita dai singoli interessati.
  Coloro che hanno un interesse che va a declinarsi come quello di tutti i soggetti che nell'ambito della loro sfera giuridica soggettiva possono avere un effetto dall'accoglimento o dal rigetto di quest'azione di classe entreranno assai più facilmente in contatto con un soggetto (chiamiamolo per ora, per avvicinarci, proponente o coadiutore) che li guida – uso volutamente questo termine – nella gestione dell'azione di classe.
  Che cosa può fare questo coadiutore, questo rappresentante della classe ? In sostanza, può agire come il rappresentante, non voglio dire delle incombenze, ma delle formalità procedurali che consentono all'azione di decollare e di avere quella latitudine di consensi che deve essere propria per queste tipologie di azioni. Peraltro, l'esperienza di altri ordinamenti ci dice che più sono i soggetti che effettivamente legittimano quest'azione di classe, più è facile individuare il vero bisogno di tutela della classe.
  Da ciò la figura di questo coadiutore. Il coadiutore è, in sostanza, colui che raccoglie le adesioni in questa prospettiva, che ora ovviamente introduco e su cui poi potrò fornire ogni altro ragguaglio, perché è colui che si rende parte attiva nel dare la massima diffusione all'esistenza di una possibilità di intervento giuridico.
  Questo è l'altro punto: molto spesso nei legittimati non vi è la consapevolezza di essere tali. Il coadiutore, quindi, è colui che effettivamente raccoglie le adesioni, presso il quale viene a essere poi compiuta la domiciliazione, è il destinatario dei provvedimenti dell'autorità giudiziaria, quantomeno in punto di comunicazione, ed è anche colui che potrà essere il destinatario di eventuali oneri delle spese del giudizio.
  In questa mia riflessione, quindi, io ho proseguito per cercare di fornire una maggiore Pag. 5connotazione ai due profili: chi può essere il coadiutore e come questo coadiutore in concreto si atteggia nel processo che io ho cercato di delineare.
  Nulla, a mio parere, impedisce che il coadiutore sia costituito da avvocati, anche organizzati in associazioni professionali o studi professionali. Perché in tal modo, essendo il suo senza dubbio un apporto tecnico rilevantissimo, sarà più semplice sia dare diffusione al progetto di avvio dell'azione, sia coordinare la pluralità degli interessi in gioco per caratterizzare al meglio l'azione di classe. Il coadiutore raccoglie questi propositi, va a raccogliere, di conseguenza, le adesioni, ma lo può fare, a mio parere, in ogni momento.
  L'altro profilo che io vedo è che queste sono tipologie di azioni – lo constato anch'io personalmente in altri ordinamenti – il cui dettaglio e, quindi, la cui individuazione degli elementi tipici della domanda avviene per gradi. Torno a dire che essa viene sempre più connotata e caratterizzata in una prospettiva di efficienza dell'azione. Più sono gli interventi che vengono in gioco e, quindi, maggiore è il numero degli aderenti.
  Ancora, io ritengo che questo coadiutore possa essere colui che si interfaccia eventualmente con il giudice per il caso di una pluralità di azioni relative alla medesima classe in una prospettiva di coordinamento.
  Mi avvio adesso a due notazioni più strettamente procedurali. Quale può essere, individuata la legittimazione e declinata, come ho detto, la fase di avvio, il processo che viene a essere celebrato su quest'azione di classe ? In un momento in cui abbiamo detto che la domanda giudiziale tipica viene a essere costruita per il successivo apporto di una pluralità di soggetti che deve essere la più ampia possibile, io non ritengo che l'attuale fisionomia del processo e, in particolare, la triade di memorie che tutti i nostri giudizi civili oggi vedono, secondo le scansioni dell'articolo 183 del codice di rito, possa essere la soluzione ideale.
  È chiaro, quindi, che qui ci dovrà essere poi, a valle della domanda, un rito più deformalizzato, che si concentri soprattutto sulla fase istruttoria. Io non vedo un problema di trattazione. Ciò che farà veramente il punto di forza di questi processi sarà piuttosto l'istruzione.
  Da ultimo, voglio spendere qualche riflessione sull'appello e sul giudicato. Perché ? Perché nel nostro sistema processuale, nel nostro sistema della tutela giudiziale civile noi vediamo che gli appelli sono frequentissimi e continuano a esserlo. L'esperienza del filtro, che rappresenta il tentativo di ridurre l'appello, non ha per nulla ridotto i numeri.
  Nulla osta, in questa prospettiva di aver individuato un soggetto che è non tanto il rappresentante, ma colui che raccoglie le legittimazioni di tutti, a che sia proprio il coadiutore il soggetto che può conservare la sua legittimazione anche in grado di appello.
  Nulla osta, altresì, proprio perché noi abbiamo compiuto la scelta per cui il giudicato vincola solamente chi lo vuole, a ritenere che l'adesione, ovviamente, sia sinonimo di accettazione dell'esito di quell'azione. Altresì, quando interviene un giudicato, se io lo desidero, pur se non ho aderito, lo posso invocare a mio favore.
  Da ultimo, in un momento in cui tanto si discute dei costi della tutela giudiziale, io ho svolto qualche altra riflessione sui compensi dei difensori. Questo mi sembra un altro momento importante proprio in un'ottica di un'azione che vede una pluralità di soggetti che si trovano in quelle condizioni particolari rispetto alla loro relatio con l'azione proponenda.
  In merito devo dire che io ritengo fermamente che, proprio perché questa figura del coadiutore può avere anche questa fisionomia di un soggetto plurimo soggettivamente, anche al coadiutore stesso possa e debba essere lasciato, quantomeno a mio parere, il più ampio spettro di possibilità all'accordo tra le parti. Tale accordo tra le parti, ovviamente, dovrà andare a contemperare l'impegno del coadiutore nella raccolta e nell'organizzazione dell'azione e l'esigenza dei soggetti in gioco.Pag. 6
  Mi sento di dire che in queste mie osservazioni – e vado a chiudere – il profilo che richiede la maggiore attenzione sia proprio quello del momento dell'adesione, perché per l'esperienza delle azioni di classe è proprio qui che, più l'adesione è ampia, più sono i soggetti legittimati, più queste azioni possono riuscire a individuare il bisogno concreto di tutela di quella classe e a darne soddisfazione.

  PRESIDENTE. La ringrazio molto, anche per essere stata nei tempi.
  Do la parola ad Angelo Danilo De Santis, professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi Roma Tre. Il professore ci ha fatto pervenire una nota scritta, un articolato sul tema, che è messo in distribuzione per tutti i deputati.

  ANGELO DANILO DE SANTIS, Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi Roma Tre. Io ho fornito un testo scritto perché ho pensato che potesse essere utile ragionare su ogni singola norma della proposta di legge e ho cercato di fornire, per quanto possibile, delle proposte di modifica.
  L'impianto generale delle disposizioni che nell'intento del relatore proponente saranno collocate all'interno del codice di procedura civile ricalca il modello attualmente vigente di azione di classe, che è quello dell'articolo 140-bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206.
  La prima questione che è balzata agli occhi di chi, come me, si occupa di processo civile è stata l'assimilazione all'interno dell'articolato di due tecniche di tutela che sono tra loro profondamente diverse e regolate da norme collocate in punti diversi del codice del consumo. Nella proposta, infatti, si fa riferimento alla possibilità di agire per proporre tanto l'azione risarcitoria di classe, quanto l'azione inibitoria. Si tratta di due strumenti diversi, che rispondono a esigenze diverse e richiedono tecniche processuali completamente diverse.
  Il mio suggerimento, come potrà vedere chi avrà l'occasione di leggere le mie riflessioni, è dunque, quello di scinderle. Perché ? Svolgo due riflessioni di tipo generale e poi andrò, se mi sarà consentito, nel dettaglio.
  Sul piano generale occorre considerare che spesso le condotte illecite poste in essere da chi ha il potere di incidere sulle vite di una pluralità di soggetti comportano un costo difficilmente predeterminabile. Dunque, è difficile capire a quanto ammonti il danno e spesso il pregiudizio subìto dal singolo individuo è molto basso.
  Questa è un'ovvietà, ma forse non è del tutto ovvio e chiaro che i margini di efficienza della tutela giurisdizionale collettiva si perseguono garantendo l'efficienza dello strumento inibitorio più che di quello risarcitorio. Credo che questo sia un fatto noto a tutti.
  Chiunque abbia rudimenti di analisi economica del diritto può ben immaginare che ci sono dei casi in cui un'impresa sa già che sta ponendo in essere una condotta illecita e produttiva di danno e che, male che le vada, sarà costretta a corrispondere un risarcimento pari a X. Tuttavia, il lucro che deriva da quella condotta è X+1. Dunque, anche nel caso in cui quella società, quell'impresa o chicchessia sia costretta a corrispondere il risarcimento a tutti gli aventi diritto, continuerà a porre in essere una condotta perché avrà sempre un vantaggio pari a 1.
  Il vero strumento di deterrenza, quindi, è l'azione inibitoria collettiva, che si realizza in un comando di facere o non facere. Anche da questo punto di vista io mi sono permesso di suggerire una riscrittura dell'azione inibitoria, perché spesso essa si limita a un comando di non facere. Attenzione, però: le condotte illecite possono essere tanto commissive, quanto omissive. Pensiamo agli obblighi informativi, o meglio, alla mancanza di indicazione degli obblighi informativi.
  Io mi sono, dunque, peritato di riscrivere il testo dell'azione inibitoria collettiva prevedendo una serie di profili e specificando che l'azione collettiva può essere esercitata per ottenere un ordine di cessazione Pag. 7o di non reiterazione – anche questo è un profilo interessante – della condotta omissiva o commissiva.
  Tuttavia, ordine di cessazione e ordine di non reiterazione sono due cose diverse. Spesso nella giurisprudenza – ho creato nel contributo che ho fornito un'appendice giurisprudenziale – si è ipotizzato che l'azione inibitoria sia limitata a condotte attuali. Dobbiamo, invece, mettere per iscritto, se vogliamo incrementare i margini di efficienza dell'azione inibitoria collettiva, che l'azione inibitoria può essere esercitata nei confronti non solo di condotte attuali, ma anche di condotte che si sono concluse nel tempo, ma che sono suscettibili di essere ripetute.
  È evidente, dunque, che occorre tenere distinti gli strumenti. Per questo motivo mi sono permesso di suggerire una scissione fra l'azione inibitoria e l'azione di classe.
  Nell'azione inibitoria, a ben vedere, non c’è alcun bisogno di costituire una classe; non c’è bisogno di prevedere meccanismi di inclusione nella classe; non c’è bisogno di adattare le regole di un processo litisconsortile sui generis; non c’è bisogno di una valutazione di inammissibilità; e non c’è bisogno dell'esecuzione della pubblicità, intesa come condizione di procedibilità.
  Riflettendo, mi sono chiesto, dunque, che utilità avrebbe il singolo consumatore che vede la pubblicità dell'azione inibitoria dalla scelta di aderire. Facciamo attenzione, perché con l'azione inibitoria l'unico vantaggio conseguibile è la cessazione della condotta o l'ordine di non reiterazione. Non è possibile conseguire con l'azione inibitoria reintegrazioni patrimoniali. Sono cose diverse, azioni diverse.
  Nell'ambito dell'azione risarcitoria di classe viene in rilievo il diritto soggettivo del singolo a ottenere una reintegrazione patrimoniale: ha perso dei soldi e vuole quei soldi indietro. Nell'azione inibitoria, invece, la soglia della tutela giurisdizionale è arretrata. Non c’è bisogno del danno. Il danno non viene in rilievo. Viene in rilievo soltanto la condotta illecita. L'interesse a esercitare l'inibitoria prescinde dal danno e, dunque, dall'interesse a una reintegrazione patrimoniale.
  Se, quindi, il singolo potenzialmente interessato alla cessazione della condotta sa che, quand'anche aderisca all'azione inibitoria collettiva, non potrà di certo ottenere una reintegrazione patrimoniale, perché non si parla di danno nell'azione inibitoria collettiva, mi chiedo che senso abbia prevedere un meccanismo di opt-in.
  Inoltre, che efficacia avrebbe l'accertamento contenuto nella sentenza di inibitoria collettiva ? Forse l'unico interesse sarebbe quello del singolo aderente ad aderire all'azione di classe inibitoria per giovarsi di un giudicato sull'accertamento della responsabilità da far valere in un eventuale secondo giudizio.
  Io direi che non c’è bisogno di fare l'adesione. Se la banca X o l'impresa Y sono condannate – l'inibitoria è una condanna – a cessare una determinata condotta, ragionevolmente si dovrà dare a ciò pubblicità. La stessa banca potrà essere obbligata dal giudice dell'inibitoria a dare pubblicità alla sentenza che la condanna. Il singolo individuo, il singolo correntista, il singolo utente avrà notizia dell'ordine di cessazione e potrà eventualmente far valere nella causa individuale i propri diritti, senza appesantire il procedimento con l'inibitoria.
  Questo perché l'azione inibitoria può essere gestita in modo più rapido, più facile e più semplice. Non ha senso, a mio modesto avviso, appesantirla con le forme di un processo difficile e complesso qual è quello di classe.
  Perché dico che è difficile e complesso ? Perché occorre effettuare una premessa che io non ho fatto prima e che faccio adesso. Gli strumenti di tutela collettiva negli ordinamenti più avanzati occidentali sono il termometro dell'efficienza della giustizia civile. Se partiamo da questo presupposto, forse converrebbe rinunciare in partenza all'introduzione dell'azione di classe nel nostro sistema, perché tutti noi sappiamo in che stato versa la giustizia civile.Pag. 8
  Attenzione, però: si tratta di strumenti particolarmente sofisticati, che richiedono un elevato livello di tecnicismo. Inoltre, richiedono una classe forense altamente specializzata. Sono tutte cose che forse ancora non abbiamo, ma cui possiamo arrivare. Per arrivarci dobbiamo adottare degli accorgimenti tecnici particolarmente sofisticati, soprattutto distinguendo i profili dell'inibitoria da quelli della risarcitoria.
  Rinvio, per tutto quanto non riesco a dire, al testo scritto, ovviamente, e mi avvio, invece, ad analizzare più nello specifico due aspetti.
  In primo luogo, sia nell'azione inibitoria, sia nell'azione risarcitoria – io le ho distinte; per me vanno distinte, ed è questo un punto pregiudiziale della mia impostazione – io suggerisco di eliminare il riferimento all'attribuzione della rappresentanza processuale ad associazioni o comitati. Questo perché sono convinto della bontà della scelta della proposta di legge di attribuire una legittimazione diffusa a tutti i potenziali interessati alla cessazione dell'illecito o alla reintegrazione patrimoniale, a seconda dei due strumenti.
  Non c’è bisogno, dunque, di inserire nell'articolato che gli interessati possono agire anche mediante associazioni o comitati. Possono agire anche rappresentati ai sensi degli articoli 75 e seguenti del codice di procedura civile. La rappresentanza processuale la possono dare a chi vogliono, ad associazioni di consumatori o a singoli, senza limiti.
  Un altro profilo che io ho inserito nell'articolato sull'azione inibitoria è quello della prova della pluralità di interessati. L'obiezione che autorevole dottrina ha mosso alla generalizzazione dello strumento inibitorio, cioè all'attribuzione della legittimazione ad agire a chiunque, che è alla base della scelta di attribuire la legittimazione ad agire nel codice del consumo solo ad alcune grandi associazioni, è che sarebbe difficile dimostrare l'esistenza di un interesse collettivo. Sarebbe difficile per il singolo avere quella rappresentatività che hanno, invece, le grandi associazioni.
  Dunque, è ragionevole porre a carico del singolo che agisce con l'azione inibitoria nei confronti della grande impresa l'onere di dimostrare che c’è un interesse collettivo, che ci sono tanti soggetti che condividono quel suo interesse alla cessazione di quella condotta. Lo strumento può essere fornito dalla prova statistica o dalla prova mediante presunzioni.
  Passando rapidamente all'analisi del testo relativo all'azione risarcitoria, chiaramente i profili sono numerosi, ragion per cui rinvio all'articolato e alle modifiche che ho suggerito.
  Parto dall'articolo 840-bis, se mi è consentito. Io ritengo superfluo il riferimento alle fonti delle obbligazioni. È evidente che chi può agire può agire in giudizio in relazione a qualunque titolo. Se specifichiamo questo, io ritengo che la specificazione possa costituire una sorta di arma a doppio taglio. È bene, quindi, non specificarlo.
  Il riferimento agli interessi collettivi contenuto nell'articolo 840-bis non lo ritengo strategicamente conveniente. Alla luce della stratificata elaborazione dottrinaria e giurisprudenziale circa la nozione di interesse collettivo, io riterrei più opportuno eliminare qualunque riferimento all'interesse collettivo, tanto più che nell'azione risarcitoria di classe gli interessi collettivi, a mio modesto avviso, non devono entrare, di qualunque cosa si tratti. L'interesse collettivo non deve entrare perché oggetto del giudizio sono i diritti individuali omogenei dei singoli soggetti che agiscono e che poi andranno a comporre la classe.
  Ritengo di eliminare anche il riferimento all'oggetto del processo, allorché il testo dell'articolo 840-bis si riferisce all'accertamento della responsabilità. Io ritengo – ci sono illustri professori accanto a me – che non possa essere messo in dubbio che ogni azione di condanna abbia in sé un nucleo di accertamento della responsabilità. Dunque, se si agisce con azioni di condanna, perché l'azione di classe veicola l'azione di condanna e nulla più, non ha senso prevedere l'accertamento della responsabilità. È implicito.Pag. 9
  Passo all'articolo 840-ter, che riguarda forme e ammissibilità della domanda, e propongo una distinzione che, a mio avviso, non è di secondaria importanza. Nell'articolo 840-ter sarebbe opportuno distinguere le categorie dell'inammissibilità da quella dell'infondatezza. Nell'articolo 840-ter, infatti, si scrive che «la domanda è dichiarata inammissibile se è manifestamente infondata».
  Manifesta infondatezza e inammissibilità, però, sono cose diverse, tant’è vero che io suggerisco di prevedere che, in caso di manifesta infondatezza, cioè di azioni di classe completamente pretestuose, fatte con finalità ricattatorie, o in qualunque altra situazione possiamo immaginare, il giudice emetta sentenza utilizzando i poteri che ha già a disposizione nel codice di procedura civile all'articolo 187.
  Qualunque giudice civile, se si accorge che la domanda è manifestamente infondata, perché dovrebbe emettere un'ordinanza che poi non si sa che efficacia avrà ? Emette sentenza ai sensi dell'articolo 187, idonea al giudicato. In questa fattispecie sarebbe il caso di evitare il trucco della riproposizione della domanda individuale. Diversamente, io ritengo giusto che la decisione sulla mancanza di omogeneità dei diritti individuali sia resa con ordinanza, reclamabile, in questo caso.
  Dunque, il processo già nella fase di inammissibilità si può chiudere per manifesta infondatezza con sentenza e la sentenza sarà ordinariamente appellabile. Se, invece, risulta essere inammissibile per mancanza di omogeneità, si chiude l'ordinanza e l'ordinanza è reclamabile.
  Quanto all'adesione, io non sono d'accordo sulla scelta di prevedere che l'aderente possa farla senza il ministero del difensore, per una serie di motivi, che valgono per l'articolo 140-bis, ma che, secondo me, valgono ancor di più nell'economia del testo della proposta di legge C. 1335, laddove si prevede che gli aderenti possano essere condannati alle spese. È ragionevole, quindi, che l'adesione sia soggetta a un controllo quanto meno di un professionista del diritto, per evitare gli aderenti allo sbaraglio.
  Inoltre, si prevede addirittura che gli aderenti possano riassumere la causa, qualora questa si concluda con una conciliazione che coinvolge le parti costituite. Pertanto, il singolo aderente che vede la propria azione di classe arenarsi perché l'attore ha conciliato deve almeno sapere che può riassumere il processo, o addirittura che può impugnare, decorso il termine iniziale di sei mesi, se nessuno l'ha fatto. Io direi che, se può fare tutte queste cose, è giusto garantirgli un'assistenza tecnica.
  Non sono d'accordo sull'attribuzione della responsabilità per le spese del processo a carico degli aderenti, per una considerazione che credo sia intuitiva. L'aderente non è parte processuale. Direbbero gli americani che gli aderenti sono quasi parties. Non sono parte, ma non per dogma, bensì perché dal testo degli articoli emerge chiaramente che gli aderenti non hanno poteri processuali. Possono fare solo una cosa: l'adesione. Qui si ferma la loro attività. Al limite, potranno riassumere o appellare, nel qual caso, costituendosi in giudizio, diventeranno parti in senso proprio. Se non lo fanno, però, restano nel limbo, senza possibilità di interloquire sull'oggetto della loro domanda.
  In tal caso, perché attribuire loro la responsabilità per le spese ? Una regola generale prevede che la responsabilità si configuri in quanto ci sia un potere, ma, se gli aderenti non hanno poteri, non ha senso, a mio modesto avviso, attribuire loro responsabilità.
  Svolgo due riferimenti sull'articolo 840-quinquies, relativo alle modalità di adesione. Si fa riferimento alla necessità di autentica della sottoscrizione dell'aderente. Io ho fatto riferimento, in appendice, ad alcuni casi giurisprudenziali e a uno in particolare. Si tratta di un'azione di classe che si è svolta davanti al tribunale di Torino, che ha avuto successo, perché si è conclusa con un accoglimento della domanda.
  Il giudice, però, aveva disposto che l'adesione fosse effettuata con una firma autenticata ai sensi dell'articolo 21 del Pag. 10testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. Poiché l'associazione che ha gestito l'azione di classe non ha fatto autenticare le firme degli aderenti ai sensi del citato articolo 21, la maggior parte delle adesioni sono state dichiarate inammissibili.
  Occorre intendersi su che cosa si intende per «autentica». Io suggerirei di aggiungere che l'autentica debba essere fatta dall'avvocato, se nel mio sistema l'adesione è effettuata con procura rilasciata ai sensi dell'articolo 83 del codice di procedura civile, come in qualunque tipo di causa ordinaria.
  Come si effettua l'adesione ? Con il deposito. Nella norma del secondo comma sono previsti alcuni accorgimenti. Io mi permetto di suggerire che, se le adesioni arrivano, come previsto nella norma, dopo la costituzione in giudizio, ciò vuol dire che pende il processo e che, dunque, esse possono effettuarsi in via telematica. Se le parti sono assistite dagli avvocati, si fa il deposito telematico di cui alla disciplina vigente, da ultimo il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 144, e si risolvono molti problemi tecnici.
  Al fine di evitare equivoci, io direi di aggiungere un comma successivo, nel quale si preveda che il perfezionamento della proposizione della domanda e dell'adesione producono gli stessi effetti che la legge attribuisce alla proposizione della domanda giudiziale. Onde evitare equivoci circa l'inclusione o esclusione dell'effetto impeditivo della decadenza o di altro, parifichiamo l'adesione alla domanda giudiziale, testualmente, ed eliminiamo molti dubbi.
  Evidenzio un profilo relativo al reclamo, all'articolo 840-septies. Io ho suggerito che, nel caso in cui la proposizione del reclamo consenta al processo di ritornare davanti al tribunale e, quindi, nell'ipotesi dell'inammissibilità della domanda e del reclamo alla corte d'appello, la quale, però, riforma e rinvia al tribunale, siano rimessi gli atti al presidente affinché designi un collegio composto da giudici diversi rispetto a quelli che hanno gestito la classe nella prima fase del processo.
  Io non sono giudice, ma, se dovessi gestire un processo di classe, mi tremerebbero le vene ai polsi. Se ho già un pregiudizio sul processo di classe, perché ho già ritenuto inammissibile la domanda, è bene che mi faccia da parte, se la corte d'appello mi dice il contrario.
  Io non sono d'accordo sull'esclusione della sospensione del processo in caso di proposizione del reclamo, anzi, suggerisco di introdurre una sospensione automatica e di mutuare alcune delle regole generali dell'articolo 279 del codice di procedura civile o dell'articolo 129-bis delle disposizioni di attuazione per quanto riguarda il ricorso per Cassazione.
  Faccio ora un cenno sull'articolo 840-novies, in merito all'ordinanza di ammissione. Qui si prevede che il giudice debba decidere sulle adesioni fino a quel momento pervenute. Io suggerirei di sostituire la parola «devono» con la parola «possono», perché il mio timore è di appesantire eccessivamente il procedimento in una fase ancora iniziale del processo. Dunque, suggerisco di modificare il primo comma dell'articolo 840 novies.
  L'esecuzione della pubblicità è un tema fondamentale, perché il successo dell'azione di classe, come ha illustrato poco fa la professoressa Giorgetti, dipende dall'ampiezza della classe. Bisogna fare in modo che, una volta esercitata l'azione di classe, converga all'interno di quel processo il maggior numero di pretese.
  Per fare ciò è necessario fare una pubblicità che abbia dei margini di efficienza. Fare la pubblicità ha costi molto alti. Immaginiamo azioni di classe che possono coinvolgere migliaia o milioni di soggetti. La regola è che la pubblicità sia posta a carico di chi agisce in giudizio, ma non si tratta di una regola insuscettibile di deroga.
  A me sembrerebbe troppo rigida un'impostazione di questo tipo, in quanto è possibile ipotizzare dei casi in cui, per fare la comunicazione agli aventi diritto, non sia necessario fare la pubblicità sui giornali Pag. 11o in televisione. Pensiamo a tutte le ipotesi di responsabilità da contratti standard o da contratti di massa. Se io agisco nei confronti di una banca e chiedo un risarcimento del danno derivante da clausole ingiuste o illecite, la banca sa già chi sono i correntisti e gli aventi diritto.
  Dunque, è ragionevole porre a carico del convenuto l'onere di comunicare a tutti gli aventi diritto l'esistenza dell'azione di classe e i contenuti dell'ordinanza. Anche in questo caso occorre distinguere diverse fattispecie. Ci sono alcuni casi in cui non è predeterminabile capire quanti e chi siano i membri della classe. Pensiamo al danno ambientale: come si fa a sapere chi si è ammalato e chi ha subìto dei pregiudizi ? È impossibile, ma, se agiamo per responsabilità da contratto, la banca, la compagnia telefonica o chicchessia sa benissimo chi sono gli utenti. Dunque, è giusto porre a carico della banca l'onere di comunicare e di effettuare la pubblicità.
  Anche per quanto riguarda i costi della pubblicità ho previsto un meccanismo che attribuisca al giudice il potere di porre a carico del convenuto i costi, qualora la domanda appaia manifestamente fondata, e dunque, appaia iniquo far gravare costi particolarmente ingenti su azioni di classe che appaiano, ictu oculi, fondate. Per i profili tecnici rinvio, inevitabilmente, al testo che ho sottoposto all'attenzione della Commissione.
  Un altro profilo riguarda la mancanza di adesione e la dichiarazione di improcedibilità. Io non sono d'accordo su questa soluzione tecnica. È opinabile, per carità, ma non sono d'accordo, perché chi agisce in giudizio con l'azione di classe fa valere un proprio diritto soggettivo. Se la legittimazione è del singolo, c’è un singolo che dirà: «Io ho subìto un danno di 100 euro e, come me, ce ne sono altri mille». Tuttavia, oggetto di quel processo è innanzitutto il diritto di credito del singolo che ha agito. Perché mandarlo incontro a una pronuncia di improcedibilità, se l'azione di classe non ha successo ?
  Banali ragioni, princìpi di economia processuale, princìpi di conservazione dell'attività processuale suggeriscono di prevedere un mutamento di rito. Se non ci sono adesioni, o se le adesioni sono state fatte tutte in modo pretestuoso, perché sono state dichiarate tutte inammissibili e infondate, si muta il rito, si fissa l'udienza e la causa va avanti come una causa ordinaria. Bene o male, in gioco c’è sempre il diritto di chi ha agito.
  Peraltro, una dichiarazione di improcedibilità farebbe venir meno alcuni degli effetti sostanziali della domanda e potrebbe pregiudicare l'effettività del diritto di chi ha agito, scoraggiandolo. Se io so che rischio di andare incontro a pronuncia d'improcedibilità, non farò l'azione di classe. Farò la causa individuale senza correre rischi.
  Sull'esclusione dell'intervento di terzi sono d'accordo, ma con una precisazione che deriva anche dall'esperienza pratica della giurisprudenza. L'intervento di terzi, ex articolo 105, è giusto che venga escluso, perché il processo deve essere concepito uno contro uno. Tuttavia, io ritengo ragionevole prevedere che le parti possano chiamare in causa terzi dai quali intendano essere garantite, o ai quali ritengano essere imputabile la legittimazione passiva. Dunque, ritengo di inserire questa previsione.
  Mutuando il modello dell'articolo 140-bis, si prevede che la sentenza possa concludersi in due modi, che possa avere due forme: può trattarsi di una sentenza, pari a una qualunque sentenza di condanna del giudice civile, che liquida il danno; oppure può trattarsi di una sentenza che stabilisce il criterio omogeneo di calcolo.
  In merito io ho un suggerimento. Per stabilire il criterio omogeneo di calcolo il giudice deve tener conto dei diritti soggettivi individuali di coloro i quali hanno aderito. La sentenza che stabilisce i criteri omogenei di calcolo è una sentenza che richiede al giudice tanto lavoro. Se siamo arrivati a sfruttare il giudice, chiedendogli tutto questo lavoro, tanto vale che liquidi le somme nei confronti dei singoli.
  Diversamente, se vogliamo agevolare anche la fase di conciliazione, secondo me, Pag. 12possiamo avvalerci degli strumenti che l'ordinamento mette a nostra disposizione, cioè dell'articolo 278, ossia della condanna generica. Su istanza di parte è possibile che il giudice si limiti a una condanna generica che accerti l’an, senza perdere tempo ed energie sulla liquidazione del quantum, per poi lasciare all'eventuale fase conciliativa la determinazione del quantum.
  Diversamente, se stabilisce criteri omogenei di calcolo, quella sentenza, a mio modesto avviso, potrebbe, in molti casi, essere già considerata titolo esecutivo. Il perché lo dice la giurisprudenza: quando la liquidità è ricavabile attraverso un calcolo aritmetico, quel provvedimento ha già efficacia esecutiva. Dunque, secondo me, non ha senso prevedere il criterio omogeneo di calcolo: o ci fermiamo prima, alla condanna generica, e risparmiamo attività processuale, o andiamo direttamente alla liquidazione.
  Sull'esecutività della sentenza non sono d'accordo sul termine di 180 giorni, tanto più che non è coordinato con la norma successiva. L'articolo 840-terdecies prevede che la sentenza acquisti efficacia esecutiva dopo 180 giorni. Poi, però, nel quinquiesdecies si prevede che si possa formulare la richiesta di sospensione dell'efficacia esecutiva dell'esecuzione con la proposizione dell'appello.
  Forse qui c’è un problema di coordinamento. Io direi che la sentenza potrebbe essere immediatamente esecutiva. Non vedo ragioni per impedire un'immediata esecutività della sentenza in virtù del principio generale dell'articolo 282.
  Si pone un problema di coordinamento nell'840-quater-decies, che riguarda l'appello. Secondo il mio modesto avviso, è opportuno estendere il termine previsto di sei mesi per la proposizione dell'appello anche rispetto a revocazione o a opposizione di terzo. Occorre, cioè, coordinare il testo di queste norme con le norme degli articoli 325, 326 e 327 del codice di procedura civile e, quindi, prevedere che in ogni caso, anche per proporre la revocazione o l'opposizione di terzo, il termine sia di sei mesi, altrimenti ci troviamo davvero con una discrasia particolarmente rilevante.
  Con riguardo all'efficacia della sentenza io direi di sopprimere le parole «sentenza che definisce il giudizio» all'articolo 840-sexiesdecies. Non ha senso prevedere le parole «sentenza che definisce il giudizio». Diciamo «sentenza», perché, se ammettiamo la possibilità di emettere condanna generica, quella non è una sentenza che definisce il giudizio e, tuttavia, dobbiamo prevedere che sia efficace nei confronti degli aderenti.
  Anche se non si accoglie la mia proposta della condanna generica, osservo che, ugualmente, anche la sentenza che stabilisce i criteri omogenei di calcolo non è la sentenza definitiva e che, tuttavia, non ci sono ragioni per escludere dalla sua efficacia gli aderenti.
  Per quanto riguarda le spese, faccio un ultimo riferimento. All'articolo 840-octiesdecies si prevede un meccanismo che pone a carico delle parti soccombenti il costo del maggior compenso accordato agli avvocati. Potremmo immaginare una regola inversa, perché se stabiliamo che il costo del premio per gli avvocati che hanno avuto successo è a carico della parte soccombente ed è calcolato come quota lite per legge, ciò vuol dire che chi agisce con l'azione di classe e vanta un credito di 100 sa già che, nella migliore delle ipotesi, non potrà avere 100. Potrà avere 80, 90 o 95, con lesione, a mio avviso evidente, del principio di effettività della tutela giurisdizionale.
  Il processo deve garantire tutto quello e proprio quello che uno ha diritto di conseguire alla stregua della legge sostanziale, secondo l'articolo 24 della Costituzione. Pertanto, se io prevedo per legge un patto di quota lite per il quale io so che comunque una parte del mio risarcimento, cioè del mio diritto, andrà all'avvocato, secondo me questa norma rischierebbe di essere considerata illegittima.
  Dunque, va bene il meccanismo premiale per gli avvocati, ma deve essere posto a carico della parte soccombente, non perché la parte soccombente sia più Pag. 13cattiva delle altre, ma per garantire il principio di effettività della tutela giurisdizionale che potrebbe incidere su questa parte.
  Passo all'ultimo profilo, la pluralità della classe. Io sono a favore della concorrenza fra azioni di classe e, dunque, non sono d'accordo con la scelta di far veicolare tutte le azioni di classe all'interno di una sola e di bloccare le azioni di classe successive alla prima, una volta che sia scaduto il termine per l'adesione.
  Quel meccanismo va bene e ha un senso nelle azioni di classe organizzate con il meccanismo dell’opt-out all'americana. In quel caso ha senso fare una sola classe, perché tanto tutti i potenziali aventi diritto sono automaticamente inclusi. È giusto, quindi, che l'azione di classe sia una. Se, invece, abbiamo un meccanismo di opt-in, come suggeritoci dalla Commissione europea, non ha senso escludere la proponibilità di una pluralità di azioni di classe ed è giusto farle concorrere tra loro.
  Rinvio al testo per ogni altro approfondimento e resto a disposizione.

  PRESIDENTE. Do la parola a Laura Salvaneschi, professoressa di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Milano.

  LAURA SALVANESCHI, Professoressa di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Milano. Dopo l'esaurientissima disamina dell'articolato da parte del professor De Santis, io cercherò di coprire alcuni punti di cui lui non ha già trattato o di fare qualche commento a caldo su quello che ha detto.
  Io sono generalmente favorevole all'idea di fondo che muove il progetto, ossia quella dell'abolizione del codice del consumo e del suo trasferimento, in via generale, nel codice di procedura civile. Pertanto, sono favorevole al passaggio dei soli consumatori e utenti a tutti e al passaggio dai diritti contrattuali, di cui la norma del codice del consumo ha tutti i diritti.
  Sono favorevole perché l'impianto normativo va a coprire delle aree attualmente scoperte di grosso impatto sociale, prima di tutto il danno all'ambiente, che oggi non viene tutelato a livello di classe perché non c’è il contratto, non c’è il consumatore e non c’è il prodotto difettoso. Invece, sappiamo che il danno all'ambiente è uno di quelli maggiormente tutelati da un'azione di classe, per com’è vista soprattutto negli ordinamenti anglofoni.
  Essa va a coprire anche, mi sembra, altri settori, attualmente non coperti, di grossa delicatezza e importanza. Io mi occupo più di diritto delle società che di altro. Anche il diritto delle società ha dei punti nevralgici scoperti di grossa delicatezza. Pensate, per esempio, agli investitori minimi a cui è sottratto il diritto di impugnazione di una delibera. Per esempio, in relazione all'aumento di capitale nelle società quotate l'articolo 2379-ter, al secondo comma, dice che, una volta che alla delibera è stata data anche una parziale attuazione, essa non può più essere impugnata e resta solo l'azione risarcitoria. L'azione risarcitoria, laddove la società è quotata e, quindi, l'investimento è molto parcellizzato, se può essere conglobata in un'azione di classe, sicuramente fornisce uno strumento forte.
  Allo stesso modo, pensiamo alle operazioni straordinarie, come le fusioni e le scissioni. Anche in questo caso l'articolo 2504-quater non consente l'impugnazione, ma consente solo, una volta iscritta la delibera nel registro delle imprese, la tutela risarcitoria. Anche qui l'investitore minimo avrebbe una tutela che oggi non ha.
  Non per nulla uno dei pochi testi giurisprudenziali editi da un tribunale di Firenze sull'azione di classe dà un prospetto informativo scorretto e non conforme a verità. Il tribunale di Firenze l'ha respinto proprio perché mancavano le caratteristiche idonee del consumatore o del prodotto difettoso.
  In linea generale, mi sembra che l'idea che muove la riforma sia un'idea buona e da perseguire. Il problema, però, per non nascondersi dietro un dito, è come perseguirla. Come è già stato detto negli interventi Pag. 14precedenti, l'azione di classe in Italia ha un risultato attualmente non solo scarso, ma molto scarso.
  Passando alle norme attuative dell'articolato che ci è stato fornito e che abbiamo esaminato, prima di tutto rilevo un problema – scusatemi – di «bassissima cucina», ma che mi permetto di evidenziare. L'articolato è stato inserito alla fine del codice di procedura civile con una numerazione impossibile, cioè dall'articolo 840-bis si tratta di arrivare al semel e non so che cosa.
  Noi viviamo, ahimè, in un mondo culturalmente un po’ retrogrado. I nostri studenti – mi spiace dirlo – dicono «l'articolo 669-quater o ex tanc o ex nanc», all'inglese. Per evitare queste pronunce, dato che siamo alla fine del codice di procedura civile, chi ci impedisce di andare avanti e, quindi, di dare a questa normativa una numerazione più leggibile anche per l'operatore colto ? Devo dire che nei riferimenti mi muovo male anch'io.
  Detto questo, passando alle questioni un po’ più serie, sicuramente nell'articolo 840-bis, nella numerazione attuale, la norma non è cambiata sotto i profili di legittimazione. Viene lasciata cioè la legittimazione al singolo anche per mezzo delle associazioni e dei comitati.
  A me sembra che il problema delicato sia capire chi finanzia quest'azione e trovare delle modalità che ne consentano il finanziamento, altrimenti non ne veniamo a capo e questo non sarà uno strumento felice.
  Questa legittimazione individuale mi va benissimo, perché concordo pienamente con il collega nel dire che il diritto soggettivo sia quello del singolo leso soggettivamente. Lascerei, invece, l'affiancamento con le associazioni, che forse sono patrimonialmente più capienti. Sono noti i casi giurisprudenziali in cui il presidente dell'associazione si è fatto consumatore, venendo poi bocciata l'azione per mancanza dei requisiti necessari. Per esempio, un avvocato del Codacons ha comprato il vaccino influenzale per agire dicendo di essere un consumatore. Poi è stato smascherato dall'impresa contro la quale si agiva, che ha dimostrato che mancavano le caratteristiche.
  Il problema serio mi sembra questo, ossia chi paga i costi, e soprattutto è poco analizzato l'aspetto di chi anticipa i costi. Io non ho una soluzione, ma in merito la riflessione deve essere seria e approfondita, perché i costi di quest'azione possono essere rilevanti. Se si supera la fase di ammissibilità, una volta che si è generalizzato il rimedio, esso diventa un rimedio potenzialmente costosissimo, perché, quando si parla di danno ambientale, le perizie sul danno ambientale sono macroscopiche, costose, lunghe e importanti.
  Chi anticipa queste spese ? L'attore, ossia il povero singolo consumatore, gli aderenti, le associazioni ? Io non ho, onestamente, una risposta, ma credo che quello delle anticipazioni sia un tema da mettere sul tavolo, se questo strumento vuole essere fatto funzionare.
  Mi sono dimenticata una cosa che riguarda il momento in cui si generalizza la tutela, portandola dal codice del consumo al codice di procedura civile. È nota la vicenda che nel 2009 a questo punto ha portato a un emendamento legislativo dell'articolo 140-bis del codice del consumo, previsto nell'articolo 49 della legge 23 luglio 2009, n. 99, in cui si è scritto che le disposizioni si andavano ad applicare solo agli illeciti compiuti successivamente alla data di entrata in vigore della legge stessa, che era il 16 agosto 2009.
  È chiaro che ci sarebbe, o ci sarà, una forte pressione delle imprese per il restringimento temporale dell'illecito. Queste, però, sono norme processuali. Il diritto è un diritto preesistente. È un diritto che avrebbe potuto esser fatto valere individualmente. Pertanto, la norma, così come costruita nel 2009, forse è una norma sbagliata, proprio perché suppone che sia stato inventato un nuovo diritto sostanziale. Invece si tratta solo di una nuova tutela processuale, che andrebbe applicata anche – mi sembra – alle violazioni pregresse, pur rendendomi conto di quello che questo significa sul piano industriale.Pag. 15
  La competenza è un punto che non è stato toccato. La competenza viene portata dall'articolo 840-ter al tribunale ordinario competente per territorio. Viene smontato, quindi, quel meccanismo, simil-tribunale delle imprese, di concentrazione che portava la causa davanti a tribunali ritenuti maggiormente competenti. Qualcuno dice che andrebbe affidato alle sezioni specializzate. Il progetto non è in questo senso. Qualcuno dice assolutamente no, perché affoghiamo le sezioni specializzate.
  Devo dire che anche su questo punto io non ho le idee chiarissime. Stiamo discutendo di un progetto. Da una parte, la sezione specializzata mi sembra una sezione fortemente idonea ad assorbire anche queste azioni. Io ho la fortuna di lavorare a Milano, dove la sezione specializzata in materia di impresa A e B è validissima. Mi rendo conto, però, che incardinare lì queste cause comporterebbe probabilmente un forte aggravio per la sezione, che forse non lavorerebbe più bene come lavora oggi.
  Al contrario, però, vi dico anche che la proposta di legge, così come costruito, portato in tribunali piccoli e senza specializzazione, potrebbe portare al disastro. Queste sono cause che a me sembra andrebbero affidate a un giudice specializzato. Non sono sicura che questo sia il giudice specializzato già esistente, perché non vorrei fare morire gli ottimi lavori. Anche il tribunale delle imprese di Roma funziona molto bene, a quanto mi consta, ma il giudice specializzato andrebbe mantenuto.
  Mi ha colpito – vengo a un'osservazione – il professor De Santis quando ha detto che l'inammissibilità per manifesta infondatezza non va bene. Siamo tutti d'accordo. Si tratta di un vizio legislativo abbastanza caratteristico. In tutti i filtri si scrive «inammissibilità per manifesta infondatezza» e tutti obiettano immediatamente che non è inammissibilità, ma infondatezza nel merito. Sicuramente, quindi, a livello lessicale il termine è sbagliato.
  Da qui a dire, però, che si debba passare direttamente alla sentenza di merito ce ne corre. Io ho avuto prima una reazione immediatamente favorevole. Poi, però, ho sviluppato un pensiero critico. Il pensiero critico è che qui siamo in una fase sommaria. La norma dice addirittura «entro trenta giorni». Chiudere con sentenza di merito un giudizio che ha un carattere non sommario, ma addirittura sommarissimo, per manifesta infondatezza mi lascia, a caldo, qualche perplessità. Probabilmente questa è un'inammissibilità, pur nella consapevolezza che andrebbe definita in un modo diverso.
  Un altro argomento è la struttura dell'ordinanza di inammissibilità, a cui è stato opposto, oltre che il reclamo, anche il ricorso per Cassazione. Questo è un altro argomento su cui io ho qualche perplessità, perché significa prolungare il giudizio di inammissibilità alla fase sommaria iniziale di filtro, con un grado ulteriore di giudizio. Anche oggi che la Corte di cassazione funziona molto meglio di qualche anno fa questo è comunque un passaggio che richiede un paio d'anni.
  Tra l'altro, la Cassazione ha detto, piuttosto recentemente, che l'ordinanza non era reclamabile per Cassazione (Corte di cassazione, Sezione I civile, 14 giugno 2012, n. 9772), facendo un ragionamento abbastanza pulito. Il ragionamento è collegato alla delibazione sommaria e all'inidoneità al giudicato sostanziale di questa fase del giudizio, tant’è vero che l'azione rimane sempre proponibile a livello individuale, il che porta a dire che il ricorso per Cassazione può anche non starci. Certamente, se ce lo mettiamo per legge, ci sta, ma a me sembra un appesantimento. Io vedrei la necessità di un miglior coordinamento di queste norme anche con quelle che trattano della riproposizione.
  All'articolo 840-ter, per esempio si dice che, «in caso di inammissibilità per manifesta infondatezza, l'azione di classe potrà essere riproposta qualora vi sia un mutamento del titolo posto a fondamento dell'azione». Poiché quando c’è un mutamento del titolo posto a fondamento dell'azione siamo, per definizione, davanti a un'azione diversa, perché il mutamento del titolo comporta il mutamento dell'azione, Pag. 16a me sembra che non ci sia dubbio che in quel caso l'azione sia riproponibile.
  Mi chiedo, allora, che cosa si volesse dire. Si tratta di quando vi sia qualcosa di nuovo, dei fatti nuovi, delle nuove allegazioni in fatto, come il cautelare uniforme ? Mi sembra che il riferimento al mutamento del titolo, invece, sia un riferimento errato.
  «In ogni caso», dice la stessa norma, «è fatto salvo il diritto all'azione individuale». Rimane, quindi, un diritto tutelabile dal singolo con il giudizio individuale e, in quanto tale, mi sembra ripetibile, come ha detto la Cassazione nel 2012. Pertanto, ho dei dubbi nell'aggravamento di questa fase.
  Molte delle altre cose che volevo dire sono già state dette. Mi soffermerei ancora un attimo su un altro punto che ha toccato il professor De Santis, che è un punto importante: la sentenza e la fase successiva. Nei casi in cui la sentenza è una sentenza di condanna perché è già in grado di individuare il quantum, non ci sono problemi. Manca, invece, mi sembra, la regolamentazione del caso in cui il giudice non sia in grado di quantificare.
  Anche se si guarda la pochissima giurisprudenza edita, ci sono dei casi noti. Penso a Trenord, respinta dal tribunale e ammessa dalla Corte d'appello di Milano. Si dice che, in fondo, se il servizio dei treni non ha funzionato per un disservizio per un dato periodo, ci saranno le cancellazioni, ci saranno gli annullamenti, ci sarà il ritardo. Sono tutti danni diversi, per i quali si può trovare un criterio omogeneo di calcolo e non una condanna unitaria.
  Secondo me, però, qui ci vuole, come diceva il collega, la liquidazione. Ci sono ordinamenti stranieri – mi risulta, per esempio, l'ultima legge approvata in Belgio – che prevedono una fase di liquidazione concorsuale. Questa fase sarebbe importantissima, perché, da una parte, abbiamo il problema delle eccezioni del singolo che non sono state esaminate nella fase precedente del giudizio e, dall'altra, abbiamo un problema di quantificazione.
  Pertanto, un ordinamento che vuole essere un ordinamento moderno, che generalizza questo tipo di azione, deve prevedere i modi di liquidazione concorsuale davanti allo stesso giudice, davanti a un giudice lato sensu fallimentare. Si potrebbe riprendere lo schema della liquidazione concorsuale, ma questa fase va regolata quando il giudice non è in grado immediatamente di condannare.
  Anch'io resto a disposizione. Non ho fatto un lavoro egregio come quello del professor De Santis con l'articolato, ma potrei pensare di mettere per iscritto le molto minori osservazioni all'articolato e di fornirvele.

  PRESIDENTE. Grazie del contributo che ci avete portato. Io, purtroppo, oggi ho dei tempi ridotti. Anche se non sono particolarmente corti, noi abbiamo anche una seduta congiunta con la Commissione affari esteri.
  Prima di passare a eventuali domande, vorrei passare alla seconda parte delle audizioni, in particolare ai rappresentanti del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti. (CNCU).
  Sono presenti Aldo Perrotta, di Assoconsum, Patrizio Barbieri, di ADOC, Sergio Veroli e Antonella Nanna, di Federconsumatori, Paolo Fiorio, delegato da Movimento Consumatori (MC), Movimento difesa del cittadino (MDC), Unione nazionale consumatori (UNC), Cittadinanzattiva, Assoutenti, Adusbef, Casa del consumatore, Altroconsumo, Adiconsum, Silvia Castronovi, di Altroconsumo, e Pietro Giordano, di Adiconsum.
  In base a quello che mi è stato riferito dalla segreteria, cui ho chiesto aiuto, potrebbe parlare Paolo Fiorio per tutti, tranne che per ACU per cui parlerà Gianni Cavinato.
  Do, quindi, la parola a Paolo Fiorio, delegato dalle varie associazioni che ho menzionato poco fa, rappresentante del CNCU. Dobbiamo, però, contingentare i tempi. Dal momento che lei parla per tutte queste associazioni, avrà un po’ di tempo in più, ovviamente.Pag. 17
  Al signor Cavinato do, invece, la parola singolarmente, perché non ha firmato. Se c’è tempo, darò poi la parola al signor Barbieri. Vorrei lasciare, però, anche 5-10 minuti di tempo anche al relatore per poter fare qualche domanda, se crede, ai professori che sono stati presenti.
  Do la parola a Paolo Fiorio.

  PAOLO FIORIO, Rappresentante del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU), delegato da MC, MDC, UNC, Cittadinanzattiva, Assoutenti, Adusbef, Casa del consumatore, Altroconsumo, Adiconsum. Quello che espongo è il punto di vista condiviso da 18 delle 19 associazioni di consumatori iscritte al CNCU. Esso si limita ad alcune direttive generali che, a nostro avviso, non sono riscontrabili, come princìpi, nel testo attualmente vigente e ci pare neanche nella proposta di legge in discussione, almeno su alcuni punti.
  Dopo cinque anni dall'entrata in vigore delle disposizioni relative all'azione di classe dobbiamo prendere atto del fatto che sono molto poche le azioni di classe che hanno superato il filtro di ammissibilità. Inoltre, sono veramente pochissime le azioni di classe che hanno raccolto una vasta platea e nelle quali possiamo dire che il meccanismo dell’opt-in abbia funzionato in maniera efficiente.
  Un esempio per tutti è l'ultima azione decisa nei confronti di uno dei grandi gruppi bancari italiani dal tribunale di Torino, che per l'occasione predispose persino un grande spazio nella cancelleria, pensando all'arrivo di numerosissimi consumatori danneggiati. L'azione si è poi conclusa con un'adesione di circa 100 consumatori, a fronte di una classe di soggetti danneggiati che poteva essere di oltre 60.000. Questo, oggettivamente, a nostro avviso, è avvenuto perché il meccanismo principale, quello della scelta dell’opt-in, non funziona.
  Faccio un passaggio indietro. Un primo punto sul quale noi riteniamo che debba esserci una modifica riguarda la legittimazione ad agire. Oggi abbiamo una legittimazione attribuita solo ai singoli danneggiati, i quali possono delegare le associazioni. A nostro avviso, si tratta di una scelta legislativa del tutto irrazionale nel nostro sistema, in quanto l'esperienza degli ultimi sei anni ha dimostrato come nessuna azione sia stata proposta da un singolo danneggiato, ma tutte le azioni siano state proposte dalle associazioni dei consumatori.
  Al primo punto, quindi, noi chiediamo che su questo punto sia modificato il testo attuale e che sia prevista una legittimazione concorrente del singolo danneggiato e dell'associazione, a prescindere dall'attribuzione di un mandato da parte del danneggiato.
  Il punto centrale che, a nostro avviso, rappresenta il vulnus, il difetto principale del testo attualmente vigente, che però non ci pare avere risposte diverse nella proposta di legge, riguarda il meccanismo dell’opt-in.

  PRESIDENTE. Mi scusi, vorrebbe intervenire il relatore.

  ALFONSO BONAFEDE, relatore. Intervengo sull'ordine dei lavori, per garantire una maggiore autorità all'audizione. Io ho difficoltà, in alcuni casi, a comprendere se la critica, l'osservazione o la riflessione viene portata rispetto all'attuale articolo 140-bis del codice del consumo, oppure se riguarda la proposta di legge. Va bene tutto, ma lo dico perché io possa comprendere.
  Per esempio, nell'articolo 840-bis è fatto un riferimento proprio esplicito alle associazioni e ai comitati. Ho notato che la critica a volte è apportata al testo vigente e a volte, probabilmente, alla proposta di legge. Le chiedo, quindi, se vuole specificare, mentre spiega.

  PAOLO FIORIO, Rappresentante del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU), delegato da MC, MDC, UNC, Cittadinanzattiva, Assoutenti, Adusbef, Casa del consumatore, Altroconsumo, Adiconsum. Certo. Il testo della proposta di legge fa riferimento a un mandato che deve essere rilasciato dal singolo all'associazione e a una legittimazione ordinaria Pag. 18attribuita all'associazione, che, a nostro avviso, deve essere estesa. Così come è prevista dall'articolo 140 del codice del consumo, deve essere estesa anche all'articolo 140-bis.
  Giungo all’opt-in. Questo meccanismo, a nostro avviso, deve essere modificato tenendo conto di un dato di fondo, al quale già faceva riferimento, per alcuni aspetti, anche il professor De Santis. Gli illeciti di massa, gli illeciti seriali, sono illeciti che hanno nature tra loro potenzialmente molto diverse. Pertanto, bisogna distinguere, a nostro avviso, i casi nei quali si è in presenza di un danno sostanzialmente predeterminabile per tutti i soggetti che appartengono alla classe dalle situazioni in cui ogni singola posizione, pur in presenza di una lesione che riguarda profili comuni a una grande classe, ha delle questioni individuali molto più accentuate per la liquidazione del danno.
  Nel primo caso basti pensare all'applicazione di una penale illegittima, per la quale può essere un semplice criterio aritmetico o di calcolo a determinare il danno e per la quale il convenuto, il professionista, ha sicuramente contezza di tutti i soggetti danneggiati.
  A nostro avviso, un modello saggio è quello che è stato approvato poco più di un anno fa, nel marzo 2014 in Francia, nel quale vi sono due azioni concorrenti, a seconda della tipologia dell'illecito. In un primo caso, quando il danno è facilmente determinabile e la classe dei danneggiati è individuabile anch'essa dal convenuto, a nostro avviso, il meccanismo dovrebbe essere quello dell’opt-out o di un'efficacia per tutta la classe della sentenza. Solo con questo strumento noi riteniamo sia possibile raggiungere l'effetto di deterrenza che tale strumento vuole perseguire.
  Quando, invece, le dinamiche dell'illecito siano dinamiche differenti, a nostro avviso, l'azione di classe dovrebbe fermarsi a una condanna generica o all'accertamento della responsabilità del convenuto, del nesso di causalità e del risarcimento del danno. La liquidazione del danno dovrebbe avvenire, invece, in una seconda fase, per la quale noi proponiamo che sia adottato un modello consolidato nel nostro ordinamento, che potrebbe fondarsi sull'ammissione al passivo nelle procedure concorsuali.
  Per quanto concerne il terzo punto, che riguarda l'oggetto dell'azione di classe, a nostro avviso, anche qui bisognerebbe eliminare ogni riferimento ai diritti contrattuali. Su questo punto la proposta di legge in discussione va sostanzialmente nel verso auspicato dalle associazioni.
  L'ultimo passaggio fondamentale riguarda i tempi e i costi dell'azione di classe. Innanzitutto oggi abbiamo un sistema nel quale i rischi per il promotore sono elevatissimi e i benefici, o comunque la possibilità di coprire i costi, sono assolutamente irrilevanti.
  Un primo punto è quello per cui noi riteniamo che sia necessario che le spese di soccombenza possano essere liquidate solo in casi eccezionali di colpa grave o di dolo da parte dell'attore, e non nelle altre situazioni.
  Un altro punto che deve essere sicuramente superato riguarda i costi della pubblicità, che non possono essere posti a carico dell'attore. Questo è uno degli ostacoli principali che determinano l'assoluta impossibilità per qualsiasi danneggiato, ma anche per qualsiasi associazione, di affrontare un'azione di classe in maniera serena e di poterne proporre diverse nel corso degli anni.
  Per quanto riguarda i costi di pubblicità, noi riteniamo che debbano esserci degli spazi gratuiti anche sul servizio pubblico radiotelevisivo per consentire la pubblicità adeguata.
  Inoltre, riteniamo, in ogni caso, che debbano esserci delle norme specifiche per la liquidazione, da un lato, delle spese legali sostenute e, dall'altro, di tutti i costi che sono sostenuti nell'azione di classe, ivi compresi i costi per le consulenze e per l'organizzazione della classe.
  Infine, anche per quanto riguarda i tempi del giudizio di classe, noi riteniamo che debba essere fatto ogni sforzo possibile per accorciarli. È impossibile che il solo giudizio di ammissibilità comporti uno, due, o tre anni di tempo. Quando il Pag. 19processo arriva nel suo fulcro e sono passati magari cinque o sei anni dall'illecito, c’è una percezione da parte di coloro che devono aderire o che devono venire a conoscenza dell'esistenza dell'azione di classe ben diversa e una capacità risarcitoria dello strumento molto limitata.
  Su tutto, però, ribadiamo che ogni proposta di modifica del sistema attuale che non comporti un superamento dell’opt-in è, a nostro avviso, una modifica che non va a incidere nel cuore e nel fulcro del problema che si è manifestato negli ultimi quindici anni. Quello che auspichiamo noi, intendendo tutte le associazioni di consumatori che hanno sottoscritto il documento che abbiamo inviato, è, quindi, un intervento molto netto su questo punto per superare il sistema inefficiente che attualmente è previsto.

  PRESIDENTE. La ringrazio, anche per il rispetto dei tempi.
  È stato, quindi, depositato un documento sottoscritto da Altroconsumo, Adiconsum, ADOC, Adusbef, Assoconsum, Assoutenti, Casa del consumatore, Centro tutela consumatori utenti, Cittadinanattiva, Codacons, Codici, Confconsumatori-ACP, Federconsumatori, Lega consumatori, Movimento difesa del cittadino, Movimento consumatori e Unione nazionale consumatori e utenti dei servizi radiotelevisivi.
  Do la parola a Gianni Cavinato per l'ACU.

  GIANNI CAVINATO, Rappresentante del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU), delegato da ACU. Io ho già depositato il documento. Eventualmente sarà disponibile anche a tutti i presenti.
  La ragione per la quale la nostra associazione non ha firmato il documento poco fa depositato è molto semplice: ha bypassato l'indagine conoscitiva di questa Commissione che era già stata annunciata da tempo. Nel documento dei colleghi, che porta la data 24 febbraio, non c’è alcun cenno a questa indagine conoscitiva, della quale io formalmente e politicamente vi ringrazio di aver avviato e per tentare di renderla concreta.
  Questo è fondamentale nella discussione di questa Commissione e di questo Parlamento. Soltanto con un'indagine conoscitiva si può prendere atto del fallimento totale dell'articolo 140-bis del codice del consumo e, quindi, della necessità politica e tecnica di superarlo e di collocarlo nel codice di procedura civile. A me sembra che questa proposta di legge avanzata dall'onorevole Bonafede sia già di per sé elemento fondamentale per avviare una discussione, come quella cui abbiamo assistito oggi e anche in precedenti audizioni.
  Non è lana caprina quello che sto dicendo. Le ragioni fondamentali del fallimento dell'articolo 140-bis del codice del consumo e delle azioni promosse in questi cinque anni risiedono nel fatto che non si vuol prendere consapevolezza fino in fondo dell'asimmetria finanziaria, sociale, economica e culturale tra il convenuto potenziale e l'attore o gli attori.
  Ci si alimenta di affermazioni astratte, puntuali e teoriche, ma al di fuori di un contesto sociale ed economico di questo Paese, direi anche al di fuori di un contesto ambientale, visto che l'ha citato la professoressa. Noi abbiamo una quantità impressionante di siti – non ne cito neanche uno – territoriali dove non si può fare praticamente nulla di fatto con questi strumenti che abbiamo oggi. La gente muore di cancro, l'acqua non è potabile e via di questo passo. L'aria è irrespirabile, o comunque non è a norma di legge. La proposta che viene avanzata in questa Commissione da parte dell'onorevole Bonafede mi sembra che vada in questa direzione.
  Io non sono un giurista. Sono un tecnologo alimentare. Sono presidente di un'associazione di consumatori e faccio parte del CNCU. Mi sembra abbastanza quello che ho detto.
  Concludo con due considerazioni. Una riguarda la pubblicità. La parola «pubblicità», signori, va cancellata. Bisogna usare la parola «informazione». Pubblicità significa tabelle, costi, tariffe. Si compra la Pag. 20pubblicità. Ogni volta che noi usiamo il termine «pubblicità», indipendentemente da dove lo collochiamo, significa euro. Se noi obblighiamo l'attore o gli aderenti a tirar fuori euro per fare pubblicità, sappiate che quella non è informazione. Quella è comunicazione pubblicitaria, che ha un prezzo, un costo. Per favore, usiamo il termine «informazione».
  Informazione significa che anche una comunità locale potrebbe essere obbligata, perché glielo dice il giudice, a fare informazione. Il sindaco del mio paese potrebbe essere obbligato a fare informazione ai cittadini.
  L'altra questione riguarda la pubblicizzazione della sentenza finale. Qui non c’è scritto da nessuna parte – può darsi che io sia distratto e anche un po’ cieco e che anche i colleghi con cui io ho collaborato siano un po’ ciechi – e non è prevista alcuna pubblicizzazione della sentenza finale, in alcun media.
  Attenzione: anche qualora questa sentenza fosse minimale rispetto al risarcimento della compagnia, è importante che si faccia notizia su questa cosa e che si obblighino i convenuti a rendere pubblico, a loro spese, questo tipo di discorso.
  Il problema dei costi e il motivo per cui non ha funzionato questa situazione è perché c’è frustrazione, non c’è fiducia, non c’è sufficiente certezza del diritto su questi punti. Pertanto, si presentano 100 persone anziché 60.000.
  Io ho fatto un esperimento personalmente – e chiudo – per avviare una class action di pendolari ferroviari. Io sono un pendolare e ho l'abbonamento di Trenitalia. Ebbene, su potenziali 650-700 persone che hanno contestualmente, insieme a me subìto un disagio forte, circa 70, che conosco quasi una per una, hanno dato l'adesione a questa operazione. Tutti e 700 avevamo subito lo stesso danno, lo stesso disagio. Questo vi dà l'idea. Non c’è fiducia nel sistema e, quindi, anche laddove ci sono persone attive e concretezza dei fatti non c’è abbastanza forza per far aderire i cittadini. Questo è uno dei problemi fondamentali che anche la tecnica deve affrontare.
  Grazie, presidente.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Abbiamo dieci minuti per porre domande, anche da parte del relatore.
  Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ALFONSO BONAFEDE, relatore. Innanzitutto io voglio ringraziare tutti coloro che sono intervenuti perché i contributi, di cui farò sicuramente tesoro nella stesura finale della proposta di legge e nella sua evoluzione nell’iter legislativo, sono stati veramente importanti, soprattutto sotto il profilo tecnico. Mettono in rilievo, infatti, alcuni aspetti che oggettivamente potrebbero essere elementi ostativi per la reale concretizzazione dell'azione di classe nelle aule di tribunale.
  Detto ciò, ovviamente con i limiti che ci possono essere nel ragionare su domande da fare quando ci sono così tante informazioni, cerco comunque di focalizzare alcuni punti che mi sembrano importanti.
  La professoressa Giorgetti faceva riferimento al fatto che mantenere il triplo termine dell'articolo 183 non è esattamente l'ideale per l'azione di classe. Le chiedo se, a questo proposito, c’è una proposta alternativa e perché, in realtà, non sia ideale. Laddove l'azione di classe può essere teoricamente risolta soltanto mediante soluzioni di questioni di diritto, in realtà, la perdita di tempo dell'articolo 183 è limitata a 80 giorni, che non sono tantissimi.
  È vero che noi dobbiamo cercare di stringere i tempi, ma lo stravolgimento di alcune norme del processo potrebbe ostacolare il successo della proposta di legge. Partiamo anche da questo presupposto: più andiamo a impattare l'assetto attuale, più è rischioso l'esito della proposta di legge. Per questo motivo c’è una scelta anche, laddove possibile, di stare nei binari che già esistono, pur dovendo, a volte, forzare un po’ la mano.
  Per quanto riguarda le osservazioni del professor De Santis, sono perfettamente d'accordo sul fatto che l'inibitoria e la risarcitoria abbiano spesso esigenze differenti, dovute a obiettivi profondamente Pag. 21differenti tra di loro. Nella mia idea, però, io speravo di porre una linea unitaria che poi diventasse flessibile nel singolo caso concreto perché individuare una procedura a parte per l'inibitoria potrebbe, paradossalmente, ostacolarla nel momento in cui l'inibitoria necessita di un'istruttoria completa, anche se non finalizzata al risarcimento.
  Faccio un esempio. Io, da avvocato, ho portato avanti sia azioni di classe, sia azioni collettive, dovendole incardinare negli strumenti già esistenti, in particolare un'azione che era sostanzialmente una denuncia di nuova opera, ma che di fatto riguardava un'opera pubblica enorme, che impattava il sottosuolo di una città. Prima di risolvere un procedimento che era di carattere cautelare e con finalità soltanto inibitorie sono stati necessari circa due anni di istruttoria. Non sempre l'inibitoria necessita, quindi, di tempi più brevi.
  In un'altra azione di classe, quella peraltro citata nello studio, quella relativo alla nevicata di Firenze, in cui io ero l'avvocato che portava avanti l'azione di classe, mi è stato detto dalla corte d'appello che l'azione di classe già esisteva e che era l'azione di classe – chiamiamola così – Brunetta. Essa, in realtà, non aveva niente a che fare con quella che portavo avanti io, che era di natura risarcitoria. Io non vorrei che l'individuazione di due modelli troppo differenti tra di loro a volte permettesse poi alle controparti di trovare il cavillo per andare nell'altro rispetto a quello incardinato. Chiedo, quindi, se ci sono, più che altro, ragioni che escludono e se non è fattibile che anche l'inibitoria poi trovi una flessibilità nell'applicazione concreta, più che nella norma.
  Per quanto riguarda l'azione risarcitoria, sono perfettamente d'accordo. La condanna implica sempre un accertamento, ma in una valutazione a trecentosessanta gradi teoricamente potrebbe esserci anche un'azione finalizzata al solo accertamento.
  Lei mi suggerisce di escludere il riferimento all'accertamento. Potrebbe essere anche auspicabile, ma le chiedo se lasciarlo crea qualche problema. Teoricamente, nel momento in cui c’è un'azione soltanto di accertamento, io non vorrei che fosse ostativa proprio la mancata esplicita previsione nella norma.
  Per quanto riguarda la pluralità di cause, è vero che la concorrenza di diverse azioni di classe può essere auspicabile per tanti motivi. Le chiedo però – questo è stato il problema per cui io l'ho eliminata – come risolvere il problema del conflitto di giudicati. Non c’è il rischio, soprattutto se parliamo di azioni contro banche che hanno diversi territori di concreta individuazione, di avere una serie di azioni ?
  Per quanto riguarda i costi, mi riferisco anche a quello che ha detto la professoressa su chi anticipa i costi. Questo è chiaramente un problema. Io l'ho riscontrato. Tuttavia, non vorrei che il problema, per quanto grande, ostacolasse eccessivamente la previsione di un'azione di classe vera.
  Io sono entrato nell'ottica del «mal comune, mezzo gaudio». Laddove è vero che ci sono costi elevati, è certamente più auspicabile che quei costi vengano divisi tra più persone piuttosto che evitare. Altrimenti l'alternativa qual è ? Che ciascuno li affrontino singolarmente.
  È vero, il problema dei costi esiste. Per esempio, però, nella causa collettiva di cui vi parlavo prima erano previste perizie. Parliamo del sottoattraversamento dell'alta velocità e, quindi, di un progetto enorme. I costi erano enormi, ma con 500 euro a famiglia gli attori sono riusciti a permettersi uno staff di periti e di legali, mentre con la stessa somma sarebbero riusciti singolarmente a pagare il contributo unificato.
  Per quanto riguarda il tema ambientale, è sempre salva la possibilità di farsi sponsorizzare. Spesso capita che, se l'inquinamento di carattere ambientale impatta su imprese di un dato tipo (agricole e via elencando), siano quelle imprese a proporre agli altri cittadini di farsi carico di un'azione. La realizzazione di un inceneritore da parte di un'impresa privata in Garfagnana è stata ostacolata proprio grazie all'arrivo di sponsor che avevano interesse a mantenere la salubrità dell'ambiente. Io sono perfettamente d'accordo Pag. 22sul fatto che ci sia una difficoltà nei costi, ma entro nell'ottica del «meno peggio».
  Per quanto riguarda le associazioni dei consumatori, hanno fatto delle osservazioni che accolgo. Sulle spese di soccombenza, però, innanzitutto io invito le associazioni dei consumatori a valutare la reale possibilità che una proposta di legge venga accolta. In questo senso dovete valutare anche che c’è un confronto con altre forze politiche e con altre lobby legittime, perché hanno magari interessi legittimi, e che, se introduciamo il sistema dell’opt-out – devo necessariamente fare delle valutazioni di carattere politico – o delle spese di soccombenza eccessivamente punitive nei confronti dei convenuti, di fatto la mia proposta di legge non ha grandi possibilità di arrivare a un risultato positivo.
  Poiché io sono all'opposizione e non alla maggioranza queste sono valutazioni che io devo fare e che invito anche gli altri soggetti, che sono importantissimi nella valutazione dell'impatto di un'azione di classe, a fare. Occorre fare valutazioni anche di questo tipo, anche perché dobbiamo evitare che l'azione di classe possa alla fine concretizzarsi in una sorta di ricatto che tante persone possono fare nei confronti di un'impresa che, teoricamente, potrebbe essere estremamente virtuosa.
  Se noi escludiamo la soccombenza o la consideriamo soltanto nelle ipotesi di dolo o colpa grave, rischiamo che ogni impresa che si difende debba pagare in continuazione spese legali anche quando ha ragione.

  MARIACARLA GIORGETTI, Professoressa di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Bergamo. Per quanto riguarda il quesito che è stato posto a me io sono più che disponibile a rispondere anche per scritto.
  La mia risposta è attualmente il rito sommario e de futuro il rito attualmente in oggetto di revisione di un altro progetto. Ovviamente, mi riservo poi nelle risposte scritte di fornire una specifica.

  PRESIDENTE. Dovendo poi trarre le fila – ci manca soltanto qualche audizione, ma abbiamo quasi chiuso – è molto utile per la Commissione, per il relatore e anche per gli altri deputati che volessero poi presentare emendamenti poter ricevere anche delle proposte specifiche di modifica o di miglioramento del testo.

  ANGELO DANILO DE SANTIS, Professore di diritto processuale civile presso l'Università degli studi Roma Tre. Nel mio caso mi sono state rivolte quattro domande, che coinvolgono una serie di profili tecnici. Affronto soltanto una questione.
  Rispondo solo all'ultima domanda e mi riservo di rispondere alle altre per iscritto. Per quanto riguarda il discorso della pluralità di azioni il problema del conflitto tra giudicati è un problema che tutti noi affrontiamo quotidianamente. Anche con l'esperienza della giurisprudenza dell'articolo 28 dello statuto lavoratori si ammette che ci sia conflitto tra giudicati. Fa parte del sistema, non è una cosa dalla quale rifuggire. In ogni caso, nella mia proposta ho fatto riferimento alla possibilità di applicare le norme sulla connessione. Pertanto, se due cause sono tra loro connesse, possono essere riunite secondo le regole ordinarie del codice di procedura civile.
  Per quanto riguarda i costi, a mio modesto avviso, ma mi riservo di articolare meglio, i costi devono essere sostenuti dagli avvocati. Bisogna creare una classe forense in grado di far fronte a queste necessità.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ALFONSO BONAFEDE

  LAURA SALVANESCHI, Professoressa di diritto processuale civile presso l'Università degli studi di Milano. Di quello che ho detto l'onorevole Bonafede ha trattato solo dei costi. Per me è un problema aperto, nel senso che credo che sia «il» problema. C’è il problema dei costi e dei tempi, che forse si riallaccia al problema del rito.
  Il motivo per cui queste azioni di classe non hanno successo io lo lego, credo, al fatto che, di fronte a un danno minimale, Pag. 23l'individuo si chiede perché deve anticipare delle spese, rischiare dei costi e vedere come va a finire tra due, tre, quattro o cinque anni.
  Non so bene che cosa abbia in mente il collega, e mi piacerebbe anche ragionarci, sulla classe di avvocati che si assume i costi. Sicuramente bisogna trovare dei sistemi per renderla funzionale, altrimenti questo diventa un lavoro ottimo dal punto di vista astratto, perché ripeto, secondo me, la generalizzazione è solo positiva, ma di scarsa utilità, se poi facciamo un bell'impianto che nessuno usa. Di questo la giustizia civile di certo non ha bisogno.

  PRESIDENTE. Do la parola a Silvia Castronovi, rappresentante del CNCU, delegata da Altroconsumo.

  SILVIA CASTRONOVI, Rappresentante del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU), delegato da Altroconsumo. Svolgo solamente una breve osservazione.
  Il discorso è che questo non è uno strumento di ricatto verso le aziende, come ha testé detto, ma uno strumento a disposizione dei consumatori. Come è stato più volte detto da noi associazioni dei consumatori, noi ci auguriamo che non venga utilizzata la class action perché saremmo in un mondo perfetto. Tuttavia, è stata utilizzata. È uno strumento sicuramente perfettibile, come diceva la professoressa, ma non è impossibile. Parlo come Altroconsumo, che ha fatto una class action nei confronti di Banca Intesa. Comunque sia, lo strumento è stato utilizzato. Si può fare.
  Pertanto, seguendo le osservazioni che sono state rappresentate dal collega prima, può essere migliorato quanto già c’è. Fare un intervento nell'ambito del codice di procedura civile temo che ritardi ancora i tempi per l'utilizzazione di questo strumento.
  È un po’ come mettere a disposizione un autobus per accedere alla giustizia, invece che andare in taxi. Per noi associazioni è veramente fondamentale che vengano migliorati questi aspetti di criticità che attualmente sono stati sollevati. L'azione di classe non è, ripeto, uno strumento di ricatto verso l'azienda, ma uno strumento di regolamentazione e di miglioramento del mercato, e così deve essere letto.

   PRESIDENTE. Intervengo per precisare, perché non vorrei essere stato equivocato. Non vorrei, anzi, essermi espresso male.
  Il concetto non era relativo in generale all'azione di classe. Era riferito semplicemente all'osservazione sulla condanna alle spese relative alla soccombenza limitata soltanto ai casi di dolo o colpa grave. Tali casi, inevitabilmente, potrebbero essere additati come una possibilità per un gruppo di soggetti di fare una causa che, non implicando dolo o colpa grave – ci possono essere questi casi – comportano delle spese legali enormi per il convenuto, che pure ha ragione.
  Prendo atto dell'osservazione. Volevo specificare, però, che la mia osservazione era limitata semplicemente all'osservazione sulla soccombenza e sulla condanna alle spese relative alla soccombenza. Do la parola a Patrizio Barieri, rappresentante del CNCU, delegato da ADOC.

  PATRIZIO BARBIERI, Rappresentante del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU), delegato da ADOC. Io volevo fare alcune osservazioni.
  In particolare, noi apprezziamo che la proposta di legge preveda che si vada al di là delle quattro ipotesi previste dalla vigente normativa e, quindi, che si richiami l'articolo 1173 del codice civile. Riteniamo che questo sia un passo in avanti per una maggiore tutela dei consumatori. In particolare, io ritengo che questo sia un passo in avanti per evitare interpretazioni restrittive.
  Per questo motivo noi invochiamo che il legislatore debba essere molto chiaro ed eviti delle interpretazioni pretestuose che vanno a danno dell'azione e che la penalizzino. Di fatto questa azione non ha avuto un grande successo anche perché, Pag. 24oltre al problema dei costi, a volte c’è stato anche il problema delle interpretazioni, talora magari restrittive.
  In relazione, invece, al discorso che si faceva sulle spese e all'osservazione del professor De Santis sulle spese in relazione alla domanda di adesione, io non condivido la posizione espressa sul discorso della parte e delle spese. Questa azione è già poco efficace. Immaginiamo un po’ che cosa potrebbe succedere se, per avventura, nell'ipotesi di soccombenza, le spese dovessero gravare soltanto sulle parti attrici. Ancora di più non sarebbe appetibile dai consumatori un'azione del genere. Far gravare solo sulle parti attrici e non su chi aderisce al procedimento le spese in caso di un'eventuale soccombenza potrebbe rendere quest'azione del tutto inefficace.
  Io vedo, invece, che nella proposta di legge, all'articolo 840-octies, si prevede, nel caso di un'eventuale soccombenza, il principio della parzialità. Questo è senz'altro un principio che rende, in caso di eventuale soccombenza, ancora meno allettante l'azione per le persone che la propongono.
  Un'altra osservazione che è stata molto importante è quella di fare salve le azioni individuali nei confronti di quei consumatori che dichiarano di non voler aderire all'azione collettiva. Questo è un principio costituzionale molto importante, perché fa salvo il diritto di quei soggetti che vogliono agire autonomamente e che non hanno aderito precedentemente all'azione, fermo restando quanto diceva il collega che mi ha preceduto in relazione all'adesione eventualmente successiva a una sentenza di condanna positiva. Questo è un fatto diverso rispetto alla salvezza di quel principio costituzionale, che, a nostro avviso, è irrinunciabile.
  Noi chiediamo, quindi – lo ribadisco – un'interpretazione chiara e lineare, che eviti interpretazioni pretestuose e lesive dei diritti dei consumatori e, nello stesso tempo, auspichiamo un impegno su questi temi che possa portare a modifiche in tempi brevi, perché il Paese e i consumatori hanno bisogno di uno strumento efficace.

  PRESIDENTE. Do la parola a Paolo Fiorio, rappresentante del CNCU, per un brevissimo intervento.

  PAOLO FIORIO, Rappresentante del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU), delegato da MC, MDC, UNC, Cittadinanzattiva, Assoutenti, Adusbef, Casa del consumatore, Altroconsumo, Adiconsum. Aggiungo solo una battuta sull'opportunità politica di qualche soluzione un po’ più audace di quelle che ruotano attorno all’opt-in.
  Un anno fa in Francia è stato adottato questo sistema. Non stiamo parlando di un sistema giuridico molto lontano dal nostro. Non stiamo parlando di un sistema economico e sociale molto lontano dal nostro. Stiamo parlando di un sistema molto vicino. Secondo me, l'esperienza francese a oggi, per le scelte che sono state fatte, è un'esperienza molto importante e strategicamente utile. Non stiamo parlando degli alieni americani, ma dei nostri cugini d'Oltralpe.

  PRESIDENTE. Grazie. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 17.35.