XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Mercoledì 4 novembre 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE DEL GOVERNO C. 2953 , CONCERNENTE DELEGA AL GOVERNO RECANTE DISPOSIZIONI PER L'EFFICIENZA DEL PROCESSO CIVILE

Audizione di Mario Barbuto, Capo Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi del Ministero della Giustizia.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3 
Barbuto Mario , Capo Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi del Ministero della Giustizia ... 3 
Ferranti Donatella , Presidente ... 11 
Berretta Giuseppe (PD)  ... 12 
Bonafede Alfonso (M5S)  ... 12 
Dambruoso Stefano (SCpI)  ... 13 
Bazoli Alfredo (PD)  ... 14 
Colletti Andrea (M5S)  ... 14 
Vazio Franco (PD)  ... 15 
Ferranti Donatella , Presidente ... 15 
Barbuto Mario , Capo Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi del Ministero della Giustizia ... 16 
Bartolomeo Fabio , Direttore generale delle statistiche presso il Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del Ministero della Giustizia ... 18 
Barbuto Mario , Capo Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi del Ministero della Giustizia ... 19 
Ferranti Donatella , Presidente ... 19 
Bazoli Alfredo (PD)  ... 19 
Barbuto Mario , Capo Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi del Ministero della Giustizia ... 19 
Bartolomeo Fabio , Direttore generale delle statistiche presso il Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del Ministero della Giustizia ... 19 
Barbuto Mario , Capo Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi del Ministero della Giustizia ... 19 
Vazio Franco (PD)  ... 20 
Barbuto Mario , Capo Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi del Ministero della Giustizia ... 20 
Ferranti Donatella , Presidente ... 21 
Barbuto Mario , Capo Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi del Ministero della Giustizia ... 21 
Vazio Franco (PD)  ... 21 
Barbuto Mario , Capo Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi del Ministero della Giustizia ... 21 
Ferranti Donatella , Presidente ... 21 
Barbuto Mario , Capo Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi del Ministero della Giustizia ... 21 
Bartolomeo Fabio , Direttore generale delle statistiche presso il Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del Ministero della Giustizia ... 21 
Vazio Franco (PD)  ... 22 
Bartolomeo Fabio , Direttore generale delle statistiche presso il Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del Ministero della Giustizia ... 22 
Ferranti Donatella , Presidente ... 22

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di Mario Barbuto, Capo Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi del Ministero della Giustizia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, a chiusura dell'indagine conoscitiva in merito all'esame del disegno di legge del Governo C. 2953, concernente delega al Governo recante disposizioni per l'efficienza del processo civile, l'audizione di Mario Barbuto, Capo Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi del Ministero della Giustizia, accompagnato da Fabio Bartolomeo, Direttore generale delle statistiche presso il Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del Ministero della Giustizia
  Ringrazio il presidente e il direttore di essere presenti. Volevamo fare questa audizione da tempo, in un momento molto importante anche per i parlamentari, per riuscire a capire come si sta muovendo il Governo sul punto. Abbiamo colto l'occasione della discussione della legge delega sull'efficienza del processo civile. Il presidente Barbuto ha avuto contezza di tutte audizioni effettuate, ma ovviamente non gli chiederemo di entrare nel merito della delega perché oggi ha un altro ruolo.
  Comunque, in tutte le audizioni c’è stato il riferimento al fatto che quasi tutti dicono che il processo civile va modificato – sul come e sul dove lavorerà il Parlamento – ma il problema grosso riguarda le strutture, l'organizzazione e il personale.
  Pertanto, pregherei il presidente Barbuto di darci le informazioni che riterrà utili su quello che si sta facendo e che si farà.

  MARIO BARBUTO, Capo Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi del Ministero della Giustizia. Ho della documentazione, ma ho ritenuto di non metterla subito a disposizione perché – detto molto francamente – si tratta di una marea di documenti, di dati e di cifre. Peraltro, tutti questi documenti sono reperibili facilmente nel sito giustizia.it, in un banner di colore violetto sulla destra, «Censimenti e Strasburgo 2», in cui si trova un elenco a cui si può accedere tranquillamente e stampare.
  Peraltro, abbiamo anche stampato qualcosa, ma poi ci siamo accorti che si spreca carta. Questo, per esempio, è il lavoro eccezionale (nel senso che non si può fare tutti gli anni) sul censimento speciale che abbiamo fatto l'anno scorso.
  Sotto questo aspetto, è stato di grande aiuto il direttore generale della Direzione Generale di Statistica del Ministero della giustizia (DG-Stat) perché, attraverso uno strumento nuovo che è il data warehouse di cui disponiamo al Ministero, ha consentito a noi del Dipartimento di analizzare diversi parametri sulla base di dati assolutamente attendibili sotto il profilo della veridicità e della rispondenza alla realtà locale.Pag. 4
  In altre parole, una volta le statistiche erano impostate in modo che gli uffici periferici inviavano le cifre, che poi si assemblavano al Ministero. Oggi, invece, i numeri non vengono trasmessi dagli uffici, ma dal Ministero siamo in grado di arrivare nei registri periferici attraverso questo programma e di captare i dati. I dati che non convincono o di cui rimangono sorpresi i vari capi degli uffici possono essere eliminati, corretti o rettificati in sede periferica, dopodiché noi ne prendiamo atto, ma finché ci sono per noi esistono.
  Ecco, vi dico questo perché nell'ultimo aggiornamento di ottobre scorso abbiamo fatto una rassegna di tutti i processi vecchissimi, quelli abbiamo chiamato – con un'espressione un po’ ironica, ma è la realtà – le «cause civili del secolo scorso» (volevamo chiamarlo «del millennio scorso», ma era troppo).
  Comunque, abbiamo scoperto un dato sorprendente. Abbiamo le prime due colonne con anno non indicato, nel senso che, appunto, abbiamo dei fascicoli per i quali non conosciamo l'anno di origine. Ci hanno, però, telefonato per dire che sono stati già definiti e che sono degli errori.
  Abbiamo cominciato dai processi più vecchi. Ebbene, la prima colonna è del 1951. Da qualche parte, c’è qualche processo di quell'anno. Poi si prosegue con il 1952, 1953 e così via. Man mano che ci avviciniamo agli anni novanta – siamo arrivati fino al duemila – i numeri aumentano. Non sono tantissimi. L'anno scorso erano circa 2.200. Adesso li abbiamo divisi per categoria (fallimenti, esecuzioni mobiliari, esecuzioni immobiliari, cause e contenziosi), quindi attraverso queste ripartizioni sappiamo, per esempio, quanti fallimenti risalgono ai relativi anni.
  Sulla base di questi dati, abbiamo redatto un aggiornamento del «progetto Strasburgo» che risale all'anno scorso, chiedendo ai colleghi – proprio in forma di interrogativo – il perché non si interessassero di questi procedimenti per eliminare questa vergogna.
  Del resto, non è solo un problema di immagine. Ognuno di questi processi è, infatti, foriero di indennizzi per la legge n. 89 del 2001 (cosiddetta legge Pinto). Ogni anno che passa aumenta la tariffa. Insomma, è un tassametro che gira continuamente. Basta immaginare quanto ci costa un processo che ha 40 o 50 anni in termini di legge Pinto.
  L'attività che abbiamo svolto è tutta documentata nel sito e si è articolata in diversi passaggi. Il primo censimento speciale è stato documentato con uno scritto e con vari elenchi che sembrano difficili da leggere, ma in realtà sono di un'estrema semplicità. Quello che sembra più complicato è in realtà proprio il più semplice, quello dei parametri.
  Abbiamo elencato i tribunali in ordine alfabetico e abbiamo inserito alcuni parametri nelle colonne. A ogni colonna corrisponde il dato relativo a quanti giudici ci sono per ogni 100.000 abitanti, cioè un giudice quanti abitanti deve amministrare; quali sono le sopravvenienza dell'anno; quali del triennio; quali le pendenze; quali le pendenze di anzianità superiore a tre anni, che sono i cosiddetti «processi a rischio Pinto» o «a rischio Strasburgo», ovvero quelli pregiudizievoli che bisogna assolutamente eliminare in tempi rapidissimi perché forieri di un danno economico emergente per le casse dello Stato.
  Sulla base di questi parametri, tribunale per tribunale (Napoli nord e Napoli centrale li abbiamo considerati insieme perché si tratta di dati risalenti all'epoca in cui non erano ancora divisi), abbiamo fatto degli elenchi con questi valori in ordine crescente nelle colonne successive, per cui abbiamo quelle che si chiamano in gergo le «classifiche». In realtà, evitiamo di chiamarle così perché la classifica comporta sempre il giudizio di maglia nera o maglia rosa, quindi abbiamo voluto evitare questo tipo di terminologia.
  Il secondo lavoro è l'impostazione del progetto Strasburgo 2. Il primo progetto Strasburgo è stato fatto a Torino nel 2001. Questa, dunque, è una replica, non un 2.0, per usare la terminologia informatica.
  Inoltre, abbiamo fatto lo stesso lavoro per il penale, ma qui abbiamo trovato difficoltà sulle procure della Repubblica Pag. 5perché i metodi di rilevazione dei dati variano da procura a procura. Per esempio, quando si registrano gli ignoti o i noti cambiano le tipologie, quindi cambiano anche i numeri, per cui non è possibile fare delle analisi attendibili.
  Un altro motivo di difficoltà è che, allora, il data warehouse non era ancora operante sul penale, quindi avevamo l’handicap che erano dati che venivano trasmessi.
  Comunque, fatto il lavoro del penale, ne abbiamo fatto un altro. Abbiamo presentato questi dati solo per il civile, in sede di «Osservatorio Severino», che è un organismo creato dal Ministro Orlando prima che io arrivassi al Ministero, che deve esaminare l'impatto della giustizia civile e soprattutto della crisi della giustizia civile sull'economia del Paese.
  In sede di Osservatorio si è deciso autonomamente, visto che è un organo terzo rispetto al ministero, di dare l'incarico a due esperti aziendalisti, uno dei quali fa parte dell'Osservatorio, con l'aiuto di Fabio Bartolomeo, che pure fa parte dell'Osservatorio.
  Questi tre autorevoli esperti hanno fatto un'analisi del censimento ragionato per parametro, operato e documentato da questo studio che risale all'ottobre-novembre 2014, ed è venuto fuori un lavoro visibile con 40-50 slide dal titolo «Misurare le performance dei tribunali».
  Si tratta di un lavoro interessantissimo, perché arriva a delle conclusioni consolanti e sconsolanti. Tra quelle consolanti, c’è il fatto che non è vero che l'Italia è la maglia nera nel mondo per la giustizia civile; non è vero che ha la giustizia civile più inefficiente del mondo perché esistono 27 tribunali su 140 (non sono pochi) che hanno delle performance migliori dei migliori tribunali e uffici giudiziari europei. Altri 16 sono prossimi a questi 27, e quindi un buon numero, ma, purtroppo, 97 hanno performance non all'altezza.
  Le performance sono state misurate sulla base di due parametri fondamentali.
  Il primo è quello dell'incidenza della percentuale delle cause ultratriennali sul totale (fatto 100 il totale delle pendenze a una certa data, si è visto quante di queste hanno una vecchiaia superiore a 3 anni, quindi sono a rischio Pinto). Ebbene, si va da un 4 per cento nei tribunali migliori a oltre il 60 per cento in alcuni tribunali che si trovano in fondo a questo elenco.
  L'altro elemento preso in considerazione, oltre alla ultratriennalità, è quello della durata media del processo. Su questo vorrei fare una brevissima parentesi.
  Esistono tanti studi e tante metodologie per misurare la durata media di un processo. Se vogliamo misurare la durata media della vita di un gruppo di persone, occorre prendere la data di nascita e la data di morte di ciascuno, dopodiché si calcola la vita media. Ebbene, questo è un metodo statisticamente corretto, ma per i processi civili come si fa a calcolare la data di inizio e la data della conclusione ? Su questo ci sono studi in tutto il mondo. Dico nel mondo perché i primi studi sono della Banca mondiale di Washington, attraverso il famoso Doing Business, che l'altro ieri ci ha dato qualche buona notizia.
  Ebbene, secondo il Doing Business la durata media del processo civile si calcola non in questo modo che vi ho descritto (cioè nascita e morte dal numero dei processi uguale durata media), ma in base a un parametro che non sto a descrivervi. Al Ministero lo abbiamo sempre fatto con la cosiddetta «formula di magazzino», come si fa in sede OCSE e in sede CEPEJ, cioè Consiglio d'Europa. Si prende il dato delle pendenze iniziali e il dato delle pendenze finali, fratto le sopravvenienze più i sopravvenuti, moltiplicato per 365. Sembra una formula incomprensibile, ma il meccanismo è semplice.
  In altre parole, la formula di magazzino è di derivazione aziendalistica, ma nessuna azienda si sognerebbe di utilizzare quella formula per un magazzino eterogeneo, cioè di beni diversi (consumabili, non durevoli, durevoli). Per esempio, se consideriamo i prodotti alimentari, calcolare la durata media di vita di un magazzino dove ci sono gli yogurt, che hanno una vita brevissima, e il parmigiano Pag. 6reggiano, è un'assurdità. O si calcola solo per il parmigiano o solo per lo yogurt.
  Per la giustizia è uguale. Ci sono procedimenti che hanno una vita media molto bassa (decreti ingiuntivi, separazioni consensuali) e altri, come le cause societarie o di diritto reale, che hanno una durata media molto alta.
  Ebbene, con la formula di magazzino la durata media è un numero convenzionale, che può essere comparato con altri Paesi, là dove il magazzino è uguale. Tuttavia, siccome il magazzino non è affatto uguale, facciamo sempre la figura di chi ha una durata bassa o alta. Insomma, facciamo una bella impressione quando abbiamo una media bassa o brutta se è alta, confrontandoci con alcuni Paesi che, però, hanno spesso un magazzino totalmente diverso dal nostro (per esempio non hanno i decreti ingiuntivi o non inseriscono la volontaria giurisdizione).
  Allora, in quest'occasione per consentire agli esperti di calcolare veramente le performance, attraverso il data warehouse, abbiamo deciso di calcolare, per le tipologie di cause che ci interessavano, cioè quelle contenziose vere e proprie, la durata vera, ovvero quando è nato e quando è morto il fascicolo, come si fa con la durata media della vita di persone che sono già decedute, diviso il numero dei fascicoli. È venuto fuori un numero che dà un significato: valore basso, processo rapido; valore alto, processo lento.
  Allora, in base a questi valori e in base alla ultratriennalità, che è un valore strettamente correlato, abbiamo fatto la graduatoria dei processi dei tribunali con buone performance, con performance «così e così» e in affanno.
  Sulla base di questo lavoro, abbiamo cercato di trarre delle conclusioni. Perché alcuni tribunali hanno una performance buona e altri no ? La conclusione della «vulgata» è che i tribunali con performance buona sono quelli a pieno organico, che hanno tutti i cancellieri a disposizione, che hanno i ruoli pieni, una bassa litigiosità e si trovano prevalentemente al nord.
  Ecco, questi sono tutti i miti che i tre esperti hanno tentato di sfatare, e per alcuni ci sono riusciti. Il mito più duro da sfatare è quello che resiste più a lungo e che è ancora nella mente di tutti, e cioè che la performance, pessima o ottima, dipende essenzialmente dalle risorse disponibili: più giudici e più cancellieri ci sono, più la performance sarà alta.
  Ebbene, ci sono degli istogrammi verdi in cui si dimostra che ci sono delle buone performance nei tribunali con vuoti di organico e con crisi di personale e di magistrati e pessime performance in tribunali che attraversano sì una crisi, ma a un livello meno grave. Ovviamente, si distribuiscono in misura inversamente proporzionale, nel senso che, generalmente, hanno pessime performance quelli là dove c’è crisi di personale. Si trovano, però, dappertutto.
  In sostanza, non c’è una corrispondenza biunivoca fra carenza di risorse e buona performance. Ciò significa che la buona performance dipende da altro. Vedremo poi che cos’è questo altro.
  La performance, buona o pessima, dipende dall'indice di litigiosità nel civile; nel penale si parla di indice di criminalità.
  L'indice di litigiosità o di criminalità è il numero delle cause pervenute per ogni 100.000 abitanti. In Italia siamo tutti litigiosi. La colpa è, quindi, degli italiani che sono litigiosi e dei 240.000 avvocati che danno spago a questa italianità litigiosa.
  Ebbene, abbiamo misurato l'indice di litigiosità in tutti i Paesi europei, deducendolo dal CEPEJ, e abbiamo tratto la conclusione che in Italia è più o meno uguale a quello della Francia ed è nella media dei 48 Paesi del Consiglio d'Europa.
  Calcolando l'indice di litigiosità in tutti i 139 tribunali, abbiamo calcolato che esistono tribunali in cui la litigiosità è molto alta con ottime performance, dove è bassa con pessime performance e viceversa, con una commistione di elementi, ovviamente sempre con prevalenza della pessima performance, là dove la litigiosità è più alta. Questo è fuori discussione.
  Un'altra conclusione, dunque, è che la performance non è in corrispondenza biunivoca con l'indice di litigiosità.Pag. 7
  L'altro indice che abbiamo esaminato è l'incidenza del contenzioso, cioè la tipologia di contenzioso. Anche qui non c’è una corrispondenza biunivoca fra un contenzioso complesso e una pessima performance o tra un contenzioso semplice e una buona performance.
  Infine, riguardo alla distinzione nord-sud, al nord ci sono ottime performance perché esiste una questione meridionale. Peraltro, questa si pone per la sanità, per i trasporti, per le autostrade, per i treni, per le alluvioni, per la pioggia e così via. Invece, sebbene si sia accertato che, indubbiamente, una prevalenza di tribunali più efficienti si trova nelle zone centrosettentrionali e che, viceversa, una prevalenza di quelli meno efficienti si trova dall'altra parte, esistono anche casi inversi.
  Il caso di Marsala ne è la dimostrazione clamorosa. Con questo esempio mi avvio alla conclusione per individuare la ragione che determina le performance. Infatti, chi conosce l'ambiente sa che il tribunale di Marsala fino all'anno 2010-2011 era abbastanza disastrato. Non so se rischio di svelare qualche segreto d'ufficio, ma la sezione fallimentare era allo sbando, vi era una scarsa produttività e un'inefficienza di qualche magistrato.
  Dopodiché è cambiata la dirigenza ed è arrivato un nuovo presidente che ha deciso di prendere in mano la situazione, volendola cambiare con una certa caparbietà. Ha adottato un programma organizzativo, ispirato al programma torinese (scusatemi per la vanità, ma lo ha sempre detto), aggravandolo e rendendolo ancora più pesante.
  A ogni modo, dal 2011 al 2013, quindi, nel giro di tre anni, è balzato ai primi posti di questo elenco perché ha una incidenza di ultratriennalità delle cause contenziose pari al 4 per cento, che è fra le migliori performance in Italia.
  Questo è il tribunale di Marsala, che è estremo sud. Peraltro, il presidente, che conosco personalmente e che sicuramente anche la presidente conosce, è il giudice Natoli, che è stato recentemente nominato presidente della corte d'appello di Palermo. Lui dice che ha voluto dimostrare l'esportabilità di un programma organizzativo che altrove ha dato qualche risultato positivo anche alle porte di Tripoli. Ovviamente, è una battuta.
  Comunque, con questo atteggiamento, in tre anni, ha dato spunto agli estensori di questo rapporto che misura le performance dei tribunali per confermare la tesi per cui le performance migliori o peggiori non dipendono tanto dall'indice di litigiosità e così via, ma dal criterio organizzativo, ovvero da come si organizza. La chiamano leadership, che, però, è una parolaccia che ai miei colleghi e a tutto il mondo dalla magistratura non piace per niente, come, del resto, non piace neppure performance e tante altre. In ogni caso, possiamo chiamarla anche in un altro modo, ma per leadership intendiamo, appunto, la capacità di organizzazione e quant'altro.
  Questo è il lavoro fatto per la misurazione delle performance. Successivamente abbiamo aggiornato il censimento, scoprendo delle cose interessanti. Abbiamo fatto una scoperta dietro l'altra.
  Per esempio, abbiamo capito che parlare genericamente di arretrato è sbagliato perché è un termine equivoco, quindi abbiamo distinto fra giacenza, pendenza e arretrato. Non è un gioco di parole. Se consideriamo un dato contabile al 31 dicembre 2015, questo rappresenta tutti i procedimenti non definiti a quella data, ovvero pendenti. Questa è la pendenza. Tuttavia, dentro quel dato, c’è anche un decreto ingiuntivo che è arrivato il giorno prima, cioè il 30 dicembre, e che il 2 gennaio sarà definito e che risulta, però, pendente. Ecco, ve la sentite di definire quel fascicolo come un componente dell'arretrato ?
  Allora, una volta definito che «pendenza» è un termine tecnico contabile di fine anno, rimangono altri due termini «giacenza» e «arretrato», che abbiamo associato come etichette a due gruppi di procedimenti. Quelli che si trovano in una fascia fisiologica, in tribunale, per il 2014, sono quelli del 2014, 2013 e 2012, cioè del triennio; in corte d'appello quelli del 2013 e 2014, cioè del biennio; in Cassazione Pag. 8dovremmo dire solo 2014. Questa è la fascia di durata fisiologica del processo, ovvero il lavoro che sta sulla scrivania o nell'armadio e che bisogna assolutamente fare; insomma, il lavoro corrente. Ecco, questa l'abbiamo chiamata «giacenza».
  Tutto il resto, quindi quello che supera i tre anni, è il lavoro già scaduto. È la stessa distinzione tra debiti correnti e debiti vecchi: se devo pagare l'affitto, la bolletta e così via, si tratta di debiti correnti; se, invece, devo pagare un debito di vent'anni fa e non mi sono ancora deciso a farlo, maturano gli interessi moratori, compensativi e legali. Ecco, quello è un debito scaduto. I fascicoli scaduti e i procedimenti ultra triennali sono, dunque, l'arretrato.
  Facendo questa distinzione, abbiamo cercato di razionalizzare, ma abbiamo anche capito che lì dentro ci sono dei fascicoli che non finiranno mai, se non con la morte dell'interessato. Pensate, per esempio, alle tutele, alle curatele, all'amministrazione di sostegno.
  Ecco, quando finisce un procedimento che riguarda la tutela di una persona incapace ? Ho fatto una telefonata proprio al mio ufficio per chiedere qual è la tutela più vecchia che hanno. È del 1958. Si tratta un ragazzo che nel 1958 ha compiuto 18 anni, quindi è nato nel 1940. Ecco questo è ancora pendente perché è vivo. Ha quasi 80 anni, ma finché è vivo quel fascicolo deve rimanere pendente. Allora, è un arretrato o una giacenza ?
  Abbiamo, quindi, deciso, come nei conti d'ordine dei bilanci societari, di calcolare questa voce, che è rilevante (344 procedimenti), che cambia ogni anno, ma comunque comprende 3-400 fascicoli, che non vanno nascosti, ma calcolati a parte.
  In definitiva, prendendo le pendenze, togliendo tutele, curatele e simili, che si collocano a parte (ma indubbiamente si sommano perché sono pendenti) e dividendo tra giacenza e arretrato si può calcolare lo stato di salute di ciascun tribunale.
  Ogni presidente di tribunale che si rispetti ha, quindi, il suo termometro, che può mettere sotto il braccio per misurare la febbre. Può, così, misurare quante cause arretrate ha il suo ufficio. A quel punto, deve cercare di eliminarle, che sarebbe l'ideale, o eroderle in continuazione. Per fare questo, deve programmare il lavoro.
  Ora, come si programma il lavoro, quando i giudici rispondono che più di quello che fanno non possono fare, che più di quello che hanno dato non possono dare e che il carico esigibile è arrivato al massimo, per cui non possono caricarsi oltre ? Peraltro, sono i magistrati più produttivi d'Europa, cosa vera perché, numericamente, i magistrati italiani esauriscono ogni anno un numero di fascicoli pari a 4,5 milioni circa, pari alle sopravvenienze.
  Pertanto, se le sopravvenienze sono 4 milioni, esauriscono 4 milioni di procedimenti. Allora, se la capacità lavorativa dei magistrati italiani, nel loro complesso, dal punto di vista numerico, esaurisce tutto quello che arriva nell'anno, come si spiega la presenza dell'arretrato ultratriennale e il fatto che questo più che diminuire, come dovrebbe per logica, aumenta, dal momento che ogni anno passano nella categoria dell'ultratriennalità le cause che non sono state smaltite nel triennio ?
  Ebbene, si spiega in tanti modi. Innanzitutto, si spiega con il fatto che si esaurisce prevalentemente quello che arriva di recente, le cause seriali e la volontaria giurisdizione. Peraltro, questo è un altro problema che dobbiamo risolvere e che stiamo risolvendo. Questi macronumeri (4-5 milioni) non sono tutte cause perché contengono una buona percentuale di procedimenti – ne abbiamo calcolate 800.000 – che si chiamano di volontaria giurisdizione.
  Ora, abbiamo due tipi di volontaria giurisdizione; una di tipo contenzioso, ovvero una minicausa che si svolge in camera di consiglio (per esempio, due coniugi che litigano per l'affidamento del figlio o per l'entità dell'assegno danno luogo a una minicausa con rito camerale, che viene considerata volontaria giurisdizione).
  Un altro tipo è la nomina di un arbitro, la firma sotto l'autorizzazione a vendere un bene di un minore o l'autorizzazione Pag. 9all'espatrio di un minore per sette giorni perché deve andare in vacanza con la madre e il padre separato non vuole dare il permesso.
  Questi sono procedimenti, per cui bisogna fare quest'altra operazione, che prima o poi faremo, di separare anche queste altre cause in modo da sdrammatizzare il problema della giacenza dell'arretrato.
  Abbiamo, poi, aggiornato i dati al 2014, quindi, in sostanza, possiamo ben sperare perché i dati ci inducono all'ottimismo. Tuttavia, rimane la palla al piede di questi processi, alcuni dei quali risalgono al 1951, al 1971 o al 1991, che in qualche modo bisogna smaltire.
  Il Progetto Strasburgo 2, aggiornato al 2 ottobre, è partito tardi perché l'abbiamo mandato al Consiglio superiore della magistratura, che ha voluto esaminarlo (è durato circa un anno) per poi citarlo in un lavoro più complesso che riguarda le buone pratiche che il CSM vuole sponsorizzare. Si tratta, però, di un programma molto vasto, abbastanza ambizioso e di ampia portata.
  Per quanto ci riguarda, noi proseguiamo su questa strada perché ci riteniamo competenti a invitare i capi degli uffici a eliminare questo vecchiume, che rappresenta l'origine e la causa fondamentale dell'emorragia Pinto, di cui conoscete i numeri. Il Ministro Orlando sta diffondendo i dati in tutta Italia, prima, invece, non erano molto chiari.
  La legge Pinto è entrata in vigore nel 2001, ma ha cominciato a diventare operante nel 2002-2003. Fino a un metà del decennio, c'erano delle poste in bilancio per pagare gli indennizzi. L'indennizzo Pinto è come quella somma che Trenitalia dice di voler rimborsare quando il treno ritarda più di 30 minuti, ma che poi non rimborsa mai perché ottenere il rimborso è complicato (ecco, l'Italia si sta avviando verso strategica di questo tipo).
  A ogni modo, queste somme pagate per la durata eccessivamente lunga e irragionevole del processo sono arrivate a 313 milioni di euro, pagati perché c'erano i fondi in bilancio. Successivamente, i fondi hanno cominciato a scarseggiare, per cui le poste sono insufficienti. Soprattutto, le corti d'appello che devono fare queste liquidazioni sono arrivate in affanno, accumulando finora un debito non pagato di 400 milioni di euro a giugno del 2014, diventato di 450 milioni di euro a dicembre 2014. Non abbiamo ancora i dati 2015. Non me li danno perché dipendono da un altro organo. Tuttavia, ho calcolato che questo debito corrente cresce di 8 milioni al mese, 280.000 euro al giorno.
  Insomma, lo Stato deve pagare 450 milioni di euro, se non di più; ne ha già pagati 300 milioni e poi stenta ad assumere 1.000 ex provinciali con il prossimo bando perché mancherebbe la copertura finanziaria di 10-15 milioni necessari.
  Quanti cancellieri, però, assumeremmo con un risparmio anche solo parziale su quelle cifre ? Basterebbe rientrare di 50-100 milioni l'anno e in 7 anni si azzererebbe quella spesa fuori controllo, che è assolutamente ingiustificata e vergognosa.
  Ecco, questo è il quadro globale che ho voluto descrivere. So che una delle domande che aleggia, e che immagino prevedibile, è se questo progetto si concilia con la riforma Berruti e con il disegno di legge che state esaminando.
  Quando mi sono insediato al Ministero, ho partecipato alla Commissione Berruti che era già in funzione. Per la verità, ho partecipato solo nelle prime sedute perché, purtroppo, mi mancava il tempo. Peraltro, avevo semplicemente facoltà di partecipare; non ne facevo parte effettivamente.
  A ogni modo, ho apprezzato il lavoro della Commissione e soprattutto il risultato. Quando ho fatto il progetto Strasburgo, a dicembre, sapevo che il progetto Berruti era già arrivato a destinazione, era già stato approvato dal Consiglio dei ministri e stava arrivando in Parlamento.
  Per dirvi come la penso, ho usato questa metafora. La riforma legislativa è un percorso su una superstrada. Chi è pugliese, o conosce la Puglia, sa che lì esistono superstrade (Lecce-Brindisi, Brindisi-Bari, Andriese-Coratina e così via), a parte l'autostrada Adriatica. Una cosa che sorprende quando si è in Puglia è che ogni Pag. 10tanto si incontra una freccia che dice «complanare» est o ovest. Ora, la complanare è una strada, ex campestre o provinciale, che è rimasta in piedi ed è stata anche riattivata, che serve a smaltire il traffico della superstrada quando è eccessivo e comunque arriva sicuramente a interferire la superstrada più avanti.
  Ebbene, parlando con il collega Berruti, gli ho detto di andare avanti sulla sua superstrada e di fare il più velocemente possibile. Tuttavia, sono sicuro che i tempi tecnici sono tali per cui i frutti li vedremo fra diversi mesi. Io, intanto, mi sono messo sulla complanare, seguendolo fino a un certo punto. Probabilmente, andrò leggermente più avanti; se non ci incontreremo, non fa nulla, ma io vado avanti con il progetto organizzativo.
  Berruti ha apprezzato molto questa metafora. Gli ho parlato diverse volte, chiedendoci reciprocamente come va la superstrada e la complanare. Vengo a sapere da voi che sulla superstrada siete quasi alla fine, quindi lo apprezzo moltissimo. Soprattutto, apprezzo quella norma che viene tanto contestata e su cui tanto si discute sulla cosiddetta «proposta conciliativa in funzione di prognosi dell'andamento futuro».
  So che si può storcere il naso. C’è chi dice che giudice si sbilancia e così via. Tuttavia, è in armonia con il succo del progetto Strasburgo di Torino che risale al 2001 e che ancora oggi, con piccoli ritocchi, è valido. La circolare o «decalogo Strasburgo» è, infatti, incentrata sull'articolo 175 del codice procedura civile che dice «il giudice dirige il processo». Allora, visto che il codice dice che il giudice dirige il processo, dovrebbe dirigerlo sul serio, come un direttore d'orchestra, che non si fa trascinare dalla musica; le sue movenze non sono in funzione di quello che suonano gli altri, ma sono gli altri che suonano quello che lui comanda di suonare. È lui che dà tempi agli ottoni e agli archi; è lui che stabilisce i tempi.
  Allora, visto che il tempo del singolo processo appartiene al giudice – con un altro corollario, ovvero che il tempo di tutti i processi appartiene al capo dell'ufficio; quindi, la programmazione è del capo dell'ufficio, ma il tempo del singolo processo appartiene al giudice – come il direttore d'orchestra ha la facoltà di stabilire i tempi e di calibrarli in base alla durata del processo, cioè processo più veloce per processi vecchi; processo più lento più processi nuovi. Che male c’è ?
  Allora, se il giudice è il direttore del processo e controlla i tempi; controllando i tempi, controlla anche gli atti; controllando gli atti, si fa un'idea di che cosa contengono quegli atti. Dal momento che lui è il direttore d'orchestra, non c’è nessuno scandalo che esterni quell'idea.
  A un punto cruciale, quando sono finite le schermaglie iniziali fra gli avvocati e quando il terreno è pronto per lo scontro finale – comparsa conclusionale e sentenza – il giudice anticipa la prognosi. Per esempio dice che l'attore ha ragione, parzialmente o totalmente; o che il convenuto avrebbe ragione su una certa cosa. Insomma, fa una valutazione prognostica sull'esito della lite.
  Si grida allo scandalo perché potrebbe essere ricusato. Tuttavia, nella legge non c’è scritto che può essere ricusato, ma che non è motivo di astensione. D'altra parte, non lo esterna al telefono o al giornalista o in una conferenza stampa o in un convegno. Lo dice nel processo ai protagonisti del processo.
  Peraltro, in fondo, se gli si chiede un procedimento cautelare, dunque di fare un sequestro perché c’è il fumus boni iuris, si sbilancia comunque ammettendo il fumus boni iuris e ordinando il sequestro. Allora, perché non può dire c’è il fumus boni iuris che gli fa ritenere che l'attore avrà ragione ?
  Quel punto è in armonia perché è l'espressione massima del potere di direzione del processo. Se il giudice dirige il processo, quando ha diretto i tempi dei processi sia vecchi che nuovi ed è a conoscenza di tutto il meccanismo, che male c’è che comunichi la sua idea alle parti ? Ci si può chiedere che bisogno ci sia che la dica, invece è utile perché le parti possono abbandonare la causa e ciò va in funzione della riduzione dell'arretrato, Pag. 11delle giacenze e delle pendenze, quindi dell'accelerazione e della rapidità.
  Avevo detto che avrei chiuso, ma c’è un argomento importante di cui devo parlare. Peraltro, mi sono portato dietro la documentazione, quindi, se qualcuno mi fa una domanda posso mostrarvela. La giustizia rapida non è giustizia di qualità. È un'affermazione che ho letto sui giornali anche recentemente da parte di autorevoli colleghi. Ebbene, è un argomento che ho affrontato quando ero a Torino perché l'accusa che si muoveva ai torinesi era che si faceva in fretta, però venivano fuori sentenze che erano una schifezza.
  C’è stato uno studio dell'università Statale di Milano di Leonardi e Rancan, pubblicato sul sito «lavoce.info» nel 2013. È una ricerca molto accurata.
  Nelle colonne ci sono tutti i tribunali in ordine alfabetico in base alla durata media della causa e tutte le corti d'appello in ordine in base alla durata media causa della causa: emergono, così, quali sono i tribunali con processi rapidi e i tribunali con processi lenti. Nella terza colonna c’è il tasso di resistenza della causa di primo grado in appello, cioè percentuali delle riforme. Nella quarta colonna, abbiamo il tasso di resistenza della sentenza della corte d'appello alla Corte di cassazione, tasso di annullamenti e tasso di rigetto del ricorso.
  Ora, il tasso di resistenza è un valore che dà idea della fondatezza della sentenza e del buon lavoro svolto.
  Ebbene, se esaminate i tribunali più veloci, secondo la diceria che processo veloce è uguale processo di scarsa qualità, dovremmo trovare un tasso di resistenza molto alto sia nel primo sia nel secondo grado. Invece, non lo troviamo. Le percentuali variano, anzi curiosamente viene fuori che ci sono due tribunali Trento, che è il primo in classifica, e Salerno che hanno lo stesso tasso di resistenza, pur essendo agli antipodi quanto a durata.
  Ho esposto questi dati con la tabella a un convegno all'università di Torino e un grande processualista, il professor Chiarloni, mi ha obiettato che non è possibile calcolare la bontà o la qualità delle sentenze sulla base del fatto che sia stata confermata in appello o in Cassazione.
  Io sono rimasto allibito e ho chiesto cosa dovevamo valutare. Ha risposto la pregevolezza o l'efficacia persuasiva delle sentenze. Ma questo chi lo stabilisce ? Mi ha risposto che lo stabiliscono le riviste giuridiche. A parte il fatto che sulle riviste giuridiche vanno pochissime sentenze, non la massa, dobbiamo stabilire che una sentenza è ben fatta se viene annotata favorevolmente, magari dall'allievo del professore avvocato che ha difeso l'attore che ha avuto ragione nella causa o, viceversa, se è criticata perché era l'avversario ? Ecco, non si può.
  L'unico modo per valutare se una sentenza è giusta o meno è se ha ricevuto conferma nei gradi successivi. È l'unico mezzo. Peraltro, esiste uno studio statistico universitario, non certo commissionato dal tribunale di Torino, ma della Statale di Milano, pubblicato – ripeto – sul sito «lavoce.info», che si intitola proprio «La giustizia rapida è giustizia di qualità».
  D'altra parte, il contrario, cioè una giustizia lenta o lentissima, è una non giustizia; una giustizia ritardata è una giustizia negata. Non vorrei chiudere con questo slogan che risale alla Magna Carta del 1212, ma ho terminato, anche perché ho impiegato quasi un'ora per raccontare questa esperienza e soprattutto il mio favor per una riforma del processo civile, che è indispensabile anche come messaggio ai giudici e gli avvocati perché quando si riforma qualcosa, si volta pagina.
  In questo caso, si volta pagina sotto il profilo dell'eliminazione dell'arretrato e rientrando nei parametri della Corte europea dei diritti dell'uomo (tre anni in primo grado, due anni in appello, un anno in Cassazione). L'ultimo è una chimera, ma i primi due obiettivi sono assolutamente realistici.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente. Darei la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

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  GIUSEPPE BERRETTA. Innanzitutto, ringrazio il presidente Barbuto del contributo che ci ha dato e delle tante considerazioni che mi sento di sottoscrivere e condividere per la filosofia di fondo. Comunque, anche guardare il bicchiere mezzo pieno è un approccio condivisibile.
  Dico una sola cosa sulla quale non sono per nulla d'accordo, ovvero la difesa del giudizio prognostico, perché nella mia esperienza di avvocato il giudice lo dice senza bisogno che ci sia una legge e nessuno mai ha pensato di ricusarlo. Nel giudizio del lavoro molto spesso il giudice, in sede il tentativo di conciliazione, dice come la pensa. Nessuno lo ricusa, senza che ci sia bisogno di introdurre un'ulteriore complicazione, un ulteriore obbligo e un ulteriore elemento che, secondo me, non facilita. Tuttavia, è un ragionamento aperto, quindi vedremo come prendere in considerazione le molte critiche che sono pervenute su questo strumento durante le audizioni.
  Io apprezzo molto il fatto che si sia fatto questo importante lavoro sui dati perché un tipico problema italiano è l'idea che le soluzioni avvengano, per rimanere alla sua metafora, attraverso la superstrada delle leggi. Ebbene, non è così. L'organizzazione, gli uomini e il modo in cui si utilizzano al meglio le risorse è tanto importante, se non di più.
  A questo proposito, le vorrei chiedere qualche elemento sulle riforme che abbiamo tentato di mettere in atto in questi anni, per esempio quella dell'ufficio del giudice e degli ausiliari per tentare di alleggerire il carico in appello, oppure se la negoziazione assistita funziona o meno.
  Insomma, rispetto alle cose sulle quali, peraltro, abbiamo intrapreso percorsi anche piuttosto contrastati dal punto di vista della relazione con il mondo della giustizia, vorrei sapere quali risultati stanno dando.
  Le pongo una domanda, anche se non so se siamo in possesso di dati su questo versante. Dal mio punto di osservazione, ho sempre notato che in Italia forse non c’è un tasso di litigiosità particolarmente elevato, ma c’è un'amministrazione pubblica particolarmente inefficiente che dà luogo a molto contenzioso. Allora, su questo tema siamo in grado di fare una valutazione ?
  Per esempio, scorporando il contenzioso INPS o quello derivante dalle inefficienze di alcuni grandi enti pubblici, cosa potrebbe accadere nel nostro processo ? Cosa potrebbe accadere se i comuni italiani si dotassero di assicurazioni adeguate sul versante del risarcimento del danno da circolazione stradale (altra tematica di contenzioso, perlomeno dalle mie parti, molto significativa in termini di numeri) ?
  Da ultimo, vorrei farle una domanda sulle misure organizzative (come Strasburgo 2.0, come la chiamo scherzando), che peraltro condivido pienamente, come il fatto che si assegnino obiettivi e che ci sia trasparenza su ciò che fa il singolo magistrato. Noi siamo giustamente sottoposti a uno scanner continuo dal punto di vista della nostra presenza, assenza, attività e valutazioni, quindi penso che sia normale e giusto che ciò avvenga per i docenti universitari, per i dirigenti pubblici e anche per i magistrati. Quindi, le chiedo se su questo versante ci possono essere delle norme che traducano in concreto i princìpi organizzativi e diano supporto alle misure organizzative che state predisponendo.

  ALFONSO BONAFEDE. Innanzitutto, ringrazio il presidente Barbuto per il contributo enorme che ha dato alla Commissione. Dal mio punto di vista, non c’è alla base la filosofia del vedere il bicchiere mezzo pieno, bensì quella del provare a vedere dov’è il problema e cercare, dove possibile, di sfatare tutti i miti che, forse, ostacolano l'individuazione stessa del problema. Questo mi piace molto perché è una vera razionalizzazione che parte proprio dall'individuazione dei criteri corretti.
  Sotto questo aspetto, la ringrazio perché ci dà tutte le motivazioni esatte che ci consentono di sfatare i miti. Tra l'altro, io sono di Mazara del Vallo, sebbene adottato da vent'anni dalla Toscana, quindi sono particolarmente contento del riferimento al tribunale di Marsala.Pag. 13
  Tuttavia, le chiederei di approfondire un po’ di più – a parte la filosofia di fondo che sta nel porre gli obiettivi, nella maggiore trasparenza e così via – quali metodologie si possono utilizzare in concreto quando lei parla di una nuova organizzazione, del direttore d'orchestra e quant'altro.
  Da avvocato, ho potuto constatare questa differenza. Infatti, ci sono state cause che sono durate 8 mesi perché avevo preso la strada dell'articolo 702-bis del codice di procedura civile e magari trovavo un magistrato che apprezzava il fatto che avessi scelto questa strada o che avessi chiesto una trattazione orale, quindi velocizzata. Tuttavia, se mi arenavano su un magistrato che non apprezzava il processo breve, potevo stare anche anni, pur avendo chiesto la trattazione orale con l'articolo 702.
  Faccio un esempio concreto. A un'udienza fissata dopo le memorie ex articolo 183, in cui c'erano solo questioni di diritto, quindi nessuna istanza istruttoria, il magistrato esce fuori dalla porta, in un corridoio completamente affollato, e dice che intende riservarsi sulle istanze istruttorie. Allora, io e l'avvocato di controparte ci siamo guardati e abbiamo detto che non c'erano istanze istruttorie, ma era tutto in diritto, al che lui ci guarda e dice che si riserva lo stesso.
  Allora, questo dà l'idea di come è chiaro che la differenza venga fatta molto dal magistrato. Ora, le chiedo un rapido approfondimento su questo, anche se capisco che non è la sede opportuna.
  Inoltre, anch'io mi associo alle richieste fatte nell'intervento precedente, cioè come giudica le misure prese finora. A questo riguardo faccio due specificazioni.
  La prima è che ritengo che il giudizio prognostico possa andare bene soprattutto se portato avanti da un magistrato. Se a questo, però, associamo i vari momenti di mediazione obbligatoria, di conciliazione suggerita dal magistrato e così via, che hanno l'obiettivo di sfinire la parte, forse il giudizio prognostico andrebbe coordinato, eliminando tutto ciò che comporta mediazione o conciliazione obbligatoria.
  La seconda è che vorrei un suo giudizio sull'idea secondo cui, individuando alcune cause, è forse più opportuno diminuire il numero di udienze, per esempio portandole a una camera di consiglio, come nel caso delle separazioni, in cui attualmente le parti possono rivolgersi al sindaco per una separazione o un divorzio consensuale in cui non c’è niente di contenzioso. Le parti, che possono anche essere prive dell'assistenza di un avvocato, sono portate, però, a prendere decisioni fondamentali per la loro vita (pensiamo alla rinuncia a ogni forma di mantenimento in sede di divorzio), dunque si pone un problema anche a livello di consenso informato.

  STEFANO DAMBRUOSO. La ringrazio per questo intervento pieno di entusiasmo, che personalmente mi ha non solo arricchito, ma anche contaminato in termini prospettici, ovvero di previsioni ottimistiche di riuscita rispetto a questo problema.
  Fra le tante cose interessanti che ha detto, l'elemento umano alla fine emerge come dirimente fra i vari criteri che vengono utilizzati. Sotto questo aspetto, l'esempio di Marsala è indicativo, ma il giudice Natoli, per mille ragioni, non rientra nell'ordinario del magistrato, sia per le sue capacità riconosciute in vari settori, sia per il suo impegno correntizio che molte volte può aiutare.
  A ogni modo, secondo le valutazioni e gli studi che avete fatto, è possibile creare dei meccanismi anche di stimolo meritocratico per arrivare a un dirigente e a un capo ufficio che, responsabilizzandosi, sia capace di organizzare davvero la macchina con quei criteri che sono stati richiamati ? Mi rendo conto che questo spetta al Consiglio superiore della magistratura, che pure è indaffarato in molte cose, tra cui anche individuare delle leggi che selezionano in maniera particolare il contributo che i magistrati possono dare anche a questo discorso, come quello che sta accadendo. Tuttavia, è possibile che non si privilegi, in termini prioritari, l'importanza della meritocrazia e dell'efficienza ? Questa è una domanda che mi sta molto a cuore.

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  ALFREDO BAZOLI. Anche io esprimo il mio sincero apprezzamento per il lavoro che è stato svolto e per i dati che siete riusciti a estrapolare dalla condizione del processo civile. È abbastanza stupefacente che solo oggi si faccia un lavoro di questo genere perché, considerato quanto il paziente è malato, il fatto che non si sia fatta un'anamnesi così precisa in passato, appunto, ci stupisce. Infatti, obiettivamente, senza conoscere questi dati, è difficile immaginare di intervenire puntualmente per cercare di consentire che il malato guarisca.
  Da questi dati, a me pare che esca confermata un'idea che qualcuno ha già sottolineato, come anche lei, ovvero che il piano dell'organizzazione è un aspetto decisivo, oserei dire, per far riacquistare efficienza al processo civile. Efficienza significa, in particolare, riduzione dei tempi perché se vogliamo indicare un dato che qualifica la situazione patologica in cui versa oggi la giurisdizione civile è proprio quello dei tempi, vale a dire della lunghezza dei processi.
  In pratica, questi dati ci dicono che proprio per le cose che lei ha detto – ovvero per la scarsa o non perfetta correlazione tra litigiosità, mancanza di organico, mancanza di personale e giacenza o durata dei processi – se si agisce in maniera puntuale sul piano dell'organizzazione, a bocce ferme, già solo questo può produrre un efficientamento notevolissimo della macchina, con una riduzione delle giacenze e dell'arretrato e anche una contrazione dei tempi di risoluzione delle controversie.
  Dico questo perché, essendo anch'io un operatore del diritto, ritengo che il continuo rimaneggiamento delle norme processuali crei più danni che benefìci. Insomma, non sono convinto che un'ulteriore riforma del processo porti grandissimi vantaggi perché i tempi già oggi, in teoria, potrebbero essere molto ridotti perché i processi si esauriscono in 3-4 udienze. Il problema è, semmai, che tra un'udienza e l'altra passa un anno o un anno e mezzo.
  Allora, siccome lei è portatore di un'esperienza concreta che ha fatto al tribunale di Torino, in cui ha tentato di riorganizzare i mezzi per garantire maggiore efficienza, esperienza che adesso si vuole esportare in tutti i tribunali, vorrei avere dei numeri che ci facciano capire cosa una riforma esclusivamente organizzativa del tribunale ha portato in termini di efficienza, quindi di riduzione delle pendenze, delle giacenze e dell'arretrato e di riduzione dei tempi di risoluzione delle controversie.
  Le domando questo per capire quanto un modello organizzativo diverso potrebbe portare, se generalizzato a tutto il Paese, in termini di maggiore efficienza della giustizia civile. Infatti, se ci concentrassimo di più su questo, che è l'aspetto sul quale – credo meritoriamente – il Ministero e il Governo stanno decisamente puntando in questo momento, e forse un po’ meno su una riforma processuale che presenta molti aspetti delicati, otterremo dei risultati di gran lunga maggiori rispetto a quelli che, invece, potremmo raggiungere con una riforma del processo.
  Ecco, vorrei sapere i numeri.

  ANDREA COLLETTI. Ringrazio anch'io il presidente Barbuto. Mi spiace di non esserci stato, purtroppo nello stesso momento si votava in Commissione affari sociali sulla responsabilità medica, quindi, mi premeva essere lì.
  In ogni caso, ho letto brevemente questi dati. Visto che sono avvocato, devo dire che, per sfortuna, nessuno dei miei processi vi rientra in quanto sono tutti oltre i termini. Forse – ripeto – sarò particolarmente sfortunato.
  A ogni modo, ho un dubbio riguardo alle corti di appello. Da quello che mi risulta, avviene normalmente che, anche qualora si voglia riformare una sentenza, rimettendo eventualmente anche in istruttoria la causa, le corti d'appello vadano comunque a sentenza, quindi a udienze per precisazione e conclusioni, scambio di comparse e così via, per poi ritornare indietro in istruttoria.Pag. 15
  Ora, dal mio punto di vista questo modo di fare, quando magari è già chiara in prima udienza che vi è necessità di un'istruttoria, significa perdere un anno, se non due, per la pronta soluzione della causa. Quindi, mi domandavo se aveste delle statistiche in merito a quante cause vengono rimesse in istruttoria in corte d'appello rispetto a quelle che vengono rimesse in istruttoria direttamente dalla prima udienza. Infatti, questo comportamento di molti collegi fa sì che si abbiano cause molto lunghe che vanno ben oltre i due o tre anni, come dovrebbe essere, anzi com’è in media secondo le vostre statistiche (due anni e 11 mesi).
  Pertanto, organizzare diversamente le modalità con le quali gli stessi giudici in primo grado o i collegi trattano le proprie cause, significherebbe accelerare di molto la fine dei procedimenti contenziosi. Vorrei, quindi, sapere se avete fatto un'analisi più specifica anche sotto questo punto di vista.

  FRANCO VAZIO. Non ripeto delle cose che sono già state dette in precedenza. Faccio, però, un'osservazione. Le conclusioni di questo studio sembrano essere perfettamente in linea con lo studio OCSE del 2013, che ci diceva che non è necessario spendere più soldi e impegnare più risorse perché con quelle che abbiamo siamo in linea con i Paesi europei, quindi potremmo avere la stessa produttività.
  Allora, mi viene spontanea una domanda. Noi stiamo lavorando sulla legge delega, su cui vedremo di fare in fretta perché ci sono spunti interessanti e importanti. Tuttavia, da questo studio sulla performance mi parrebbe di capire che bisognerebbe lavorare sui dirigenti più che sulla legge.
  Infatti, se è vero che ci sono 90 tribunali che hanno performance deludenti in ragione di scarse capacità dei dirigenti, bisognerebbe fare una riflessione sul piano organizzativo per vedere come sopperire a questa inefficienza. Senza polemica, voglio dire che se affrontiamo i problemi con la riforma, è evidente che se siamo sulla complanare, anche questa ha la sua importanza. Insomma, sotto questo profilo, dovremmo fare una riflessione sulle performance dei giudici. Mi verrebbe da dire che a capo dei tribunali non dobbiamo nominare dei giudici bravissimi a fare le sentenze, bensì dei soggetti che hanno delle capacità più organizzative che giudiziarie.
  Dopodiché, prima che mi ha superato, le avrei voluto chiedere se siamo sicuri che misuriamo le performance di una sentenza veloce in termini di appello. Lei, però, ha detto che i processi veloci sono anche scarsamente riformati e che, comunque, il dato non è incidente. Ora, questo aggrava la situazione, non la migliora, nel senso che, a maggior ragione, mi verrebbe da pensare che la parte più significativa del problema sia la complanare, non la superstrada.

  PRESIDENTE. Abbiamo terminato con le domande dei colleghi, quindi ne pongo una anch'io. In realtà, più che una domanda è una richiesta. Infatti, ho capito che finalmente è partito, dopo il supporto e gli ulteriori approfondimenti da parte del Consiglio superiore della magistratura, il programma Strasburgo 2, quindi le chiedo se possiamo acquisirlo. Da lì potremmo individuare anche degli elementi che possono risultare interessanti.
  A questo riguardo, le faccio una domanda che potrà sembrare banale. Si tratta di un progetto che il Ministero manda attraverso circolari, quindi, c’è da comprendere un aspetto su cui anche ieri ci interrogavamo, parlando tra alcuni di noi, ovvero se alcuni princìpi di metodo e di organizzazione che state sperimentando, anziché rilasciarli all'iniziativa organizzativa di ciascuno, non possano essere trasfusi in princìpi ordinamentali.
  L'altra questione che a me interessa è se potreste darci qualche dato ufficiale con riferimento alle risorse del personale amministrativo. Del resto, il problema risorse rimane, anche rispetto alle piante organiche già abbastanza ridotte.
  Invece, un'altra domanda riguarda le corti d'appello. Mi pongo, infatti, un problema. Noi abbiamo rivisto le circoscrizioni Pag. 16di primo grado, ma abbiamo lasciato intatte le corti d'appello rispetto alle dimensioni e alle piante organiche, oltre che nel numero. Ora, visto che proprio la corte d'appello è il punto del cosiddetto «collo di bottiglia», mi chiedo, anche in base all'analisi che avete fatto, se è una questione anche numerica di migliore distribuzione della pianta organica, quindi dei giudici, oppure – qui entriamo nella delega Berruti – anche di riforma legislativa delle impugnazioni.
  Do la parola ai nostri auditi per una breve replica.

  MARIO BARBUTO, Capo Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi del Ministero della Giustizia. Cominciamo dall'inizio. L'onorevole Berretta chiedeva l'incidenza sulle performance dell'ufficio del processo e degli ausiliari. Io direi di farli prima iniziare.
  Analogamente a quello che ho espresso per il lavoro di Berruti, il mio giudizio è che qualsiasi tipo di innovazione legislativa che miri all'obiettivo dell'efficienza è benvenuto. Ora, l'ufficio del processo e gli ausiliari mirano a questo, essendo un aiuto ai magistrati; il lavoro di Berruti e quello che state facendo voi mira anch'esso alla celerità e all'efficienza.
  Il mio favor sulle riforme è incondizionato perché non mi illudo – qui credo di rispondere a qualche domanda che è stata fatta successivamente – che il semplice programma organizzativo, per quanto ben impostato, ben attuato e ben seguito dagli interessati, possa risolvere il problema. La carenza degli organici di personale amministrativo, su cui tornerò dopo, è, infatti, tale che rappresenta veramente un freno formidabile a qualunque tipo di progresso. I progetti organizzativi possono, dunque, solo in parte neutralizzare questa carenza.
  Alla negoziazione assistita, aggiungerei anche la degiurisdizionalizzazione, come le separazioni e i divorzi lampo affidati a organi diversi dal tribunale. Ora, sulla loro incidenza è opportuno che il dottor Bartolomeo ci dia qualche dato che ha raccolto; sono, tuttavia, dati provvisori perché siamo all'inizio di questa riforma, per cui c’è bisogno di qualche anno perché si noti un certo miglioramento.
  Riguardo all'analisi delle pendenze, buona parte dell'arretrato delle pendenze o comunque della crisi dipende dall'inefficienza della pubblica amministrazione, per esempio dall'INPS, per cui aumenta. Devo dire che l'ho rilevato (non lo avevo captato bene all'inizio) da una pubblicazione dell'Associazione nazionale magistrati, che raccoglie gli interventi di diversi convegni. In particolare, c’è un intervento del presidente dell'INPS dell'epoca, Mastrapasqua, il quale dava dei dati sorprendenti, che poi ho trovato verificati in parte nella relazione del presidente Lupo, all'epoca in Cassazione.
  Secondo l'accertamento fatto dal presidente Mastrapasqua a suo tempo, l'INPS come attore o come convenuto compariva in un milione di cause su 5,9 milioni, praticamente in un quinto, quindi una percentuale altissima, specialmente in alcuni tribunali.
  Sono di Taranto, per cui quando parlo male della Puglia sotto questo profilo, parlo male della mia terra. Ebbene, la maggior parte di queste cause era tra Bari e Foggia. In particolare, Foggia aveva il record assoluto. Mastropasqua racconta – l'ho citato anche in uno dei miei documenti che troverete – che quando si è accorto di questa anomalia di Foggia ha fatto un'analisi e ha accertato che buona parte delle cause dipendeva dall'inefficienza (per non dire altro) del personale dell'ufficio legale dell'INPS. Allora, ha trasferito un po’ di gente; ha fatto un po’ di «repulisti» e la situazione è nettamente migliorata.
  Tuttavia, non possiamo dare la croce addosso soltanto ai funzionari dell'INPS. Mi chiedo, infatti, se è possibile che i giudici di Foggia non si siano mai accorti, nel giro di 10-15 anni, che c'era qualcosa che non andava e che c'erano più cause per lavoratori agricoli del numero degli agricoltori e degli abitanti di tutta Foggia e cause in cui l'attore o il convenuto erano deceduti da 10 anni o addirittura la causa Pag. 17era iniziata quando il tizio risultava già morto. Insomma, si trattava di truffe processuali vere e proprie.
  Allora, per realizzare questi obiettivi è possibile una regola iuris che voi, come Commissione giustizia, potreste coltivare come idea ? Le regole di diritto servono sicuramente. L'articolo 37 del decreto legge n. 98 del 2011 stabilisce, al comma 1 (ce ne sono 21), che per l'inizio dell'anno ogni capo dell'ufficio, compresi i presidenti delle commissioni tributarie e i presidenti dei tribunali amministrativi regionali devono fare il programma di esaurimento e di contenimento dell'arretrato e devono darne conto nell'anno successivo.
  Quando fu approvato questo decreto-legge, ho ricevuto due telefonate dal Ministero – all'epoca ero a Torino – in cui mi dicevano che si era trasformato in norma di legge quello che facevo a Torino. Insomma, hanno stabilito che quello che Barbuto ha fatto nel 2001 a Torino, andava fatto in tutta Italia, dimenticando, però, che il programma che ho fatto a Torino l'ho fatto nel 2001 e basta; dopodiché, ogni anno o ogni 6 mesi, facevo il controllo, il resoconto e comunicavo i dati, ma non facevo ogni anno un programma.
  Fare ogni anno un programma significa che ci si dimentica di quello precedente e se ne fa uno nuovo. Insomma, si fa un programma e basta. Il programma deve essere triennale, quadriennale, quinquennale, decennale o anche per tutta la vita.
  Quando sono andato via dal tribunale di Torino per andare in corte d'appello nel 2009, ho fatto delle comunicazioni avvisando che stavo andando via e che il programma funzionava benissimo e camminava con le sue gambe. Ora, questo programma è diventato perenne, non ha scadenza. Peraltro, mi dicono che ancora adesso, sia pure con qualche difficoltà dipendente dalla carenza di risorse e non da altro, sta andando avanti, anche se i risultati non sono proprio come erano una volta, ma sono sempre accettabili. Dunque, le regole iuris vanno benissimo, ma dovete aiutarci.
  L'onorevole Bonafede chiedeva di una metodologia concreta. Mi rendo conto che parlando del programma Strasburgo ho dato per pacifico che lo conoscessero tutti.
  Il programma Strasburgo è un kit di documenti, di cui è parte integrante una circolare che ho adottato nel 2001, ma l'avevo adottata già nel 1998-1999 quando ero presidente della prima sezione civile e dirigevo 10 giudici.
  Il programma Strasburgo, di per sé, contiene, dunque, un decalogo di prescrizioni per i cancellieri e di consigli per i magistrati. È stato elaborato in prima civile con 10 giudici, tutti d'accordo. Infatti, lo abbiamo concordato insieme proprio sull'onda delle prime sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo; la «legge Pinto» non c'era ancora, ma noi ci siamo allarmati perché erano arrivate 15 richieste di spiegazione da parte del Ministro in relazione a certe condanne che l'Italia aveva ricevuto.
  Poi quando sono diventato presidente del tribunale ho chiamato queste colleghe – come ho detto, erano 10 magistrati, 9 donne e un uomo; io ero il secondo uomo; assolutamente non c’è nessun rapporto causa-effetto, però è un dato storico – e ho suggerito di parlare anche con gli altri, anche se pensavamo ci snobbassero. Ci abbiamo provato, ma bisognava rifare il decalogo e soprattutto renderlo pubblico e concordarlo con gli avvocati.
  Allora, abbiamo fatto una bozza e l'abbia mandata al Consiglio dell'ordine, il cui presidente all'epoca era l'avvocato Rossomando. Peraltro, sono stato convocato proprio in quest'Aula in un'altra occasione; ero seduto lì e c'era la figlia, che fu felicissima quando ho citato l'episodio.
  Comunque, l'avvocato Rossomando, presidente del Consiglio dell'ordine dell'epoca, nominò un gruppo di civilisti e fece esaminare questo decalogo; fece apportare delle correzioni; lo portò in Consiglio dell'ordine e lo approvò.
  Questo decalogo, per esempio, contiene una norma che vi sembrerà strana: non sono consentiti rinvii a vuoto. È una norma che esiste nel Codice di procedura civile, ma solo nel rito del lavoro, non per le cause ordinarie. Ecco, io l'ho inserita Pag. 18nel decalogo come norma deontologica per i giudici, che si impegnano, con le cause vecchie, a non fare rinvii a vuoto.
  Un'altra è la richiesta di rinvio per trattative in corso. Spesso arrivano gli avvocati dell'attore e del convenuto e dicono al giudice che, magari, la causa ha 15 anni e hanno perso perfino i contatti con i clienti, ma la stanno trattando loro, per cui chiedono un anno di rinvio. Il giudice, di fronte alla richiesta di rinvio per trattative in corso, fa ponti d'oro.
  Invece, deve essere esattamente il contrario. Su questo occorreva l'accordo con il Consiglio dell'ordine. La richiesta di rinvio per trattative in corso deve essere corredata dalla specificazione su ragioni e stato delle trattative. Se accolta, la richiesta di rinvio per trattative in corso comporterà la fissazione di un'udienza a breve scadenza, riservata alla comparizione personale delle parti al fine di verificare l'esito o lo stato delle trattative.
  Una norma di questo tipo è di buonsenso, ma «spiattellata» di fronte a un avvocato provoca una reazione nel senso che l'avvocato dice che forse il giudice ce l'ha con lui perché con gli altri ha sempre avuto il rinvio.
  Nel 2002-2003 un avvocato di Milano venne a Torino e chiese un rinvio di 6 mesi perché il cliente era in Brasile. Gli furono proposti 20 giorni perché la causa era del 1996, quindi rientrava in quelle a rischio. Allora, l'avvocato è venuto chiedendomi di parlare con il giudice. Ho dovuto mediare perché quel rinvio di 20 giorni diventasse di due mesi. Ora, un altro avvocato avrebbe fatto un esposto contro il giudice perché ce l'aveva con lui. Invece, l'accordo con il Consiglio dell'ordine serviva proprio a questo.
  In sostanza, si tratta di consigli pratici. Peraltro, quella circolare è stata fatta nel 2001 sulla base delle norme processuali esistenti all'epoca. Nel frattempo ci saranno state 7-8 riforme, ma gli interventi su quella circolare sono stati due, uno nel 2006 e uno nel 2011, oltre a questo, che è il terzo, nel 2015. Sono, però, sempre piccoli interventi.
  Per esempio, c'era scritto che il giudice, quando alla prima udienza sentiva le parti, doveva comunicare loro quanto tempo ci sarebbe stato fino alla sentenza, cioè la durata presumibile. Ebbene, mentre la circolare era vigente è stata introdotta la norma dell'articolo 81 delle disposizioni di attuazione sul calendario del processo. Allora, sono intervenuto e ho scritto che il giudice fissa il calendario del processo e così via. Quando arriverà la vostra legge, subirà altre piccole variazioni. Insomma, la metodologia c’è.
  Per quanto riguarda il giudizio sulle separazioni mandate al comune, ormai è legge dello Stato, ma, da giudice, dispiace che una materia tradizionalmente giurisdizionale, in cui si tratta di diritti che bruciano sulla pelle e di sofferenze umane, debba andare in un altro ambito. Non dico che non sia degno, ma eravamo abituati da millenni a trattare noi quelle cause, quindi – ripeto – un po’ mi è dispiaciuto. Comunque, a conti fatti, tutto giova alla causa.
  Vengo all'onorevole Dambruoso. Lo stimolo meritocratico non spetta al Ministero. In un congresso dell'Associazione magistrati, un ex consigliere del Consiglio superiore della magistratura, parlando dei cosiddetti «carichi esigibili», a un certo punto ha detto che il Ministero ha tirato fuori uno studio molto articolato, chiamato Strasburgo 2, ma deve essere chiaro che questa è competenza del Consiglio superiore, quindi i giudici non sono tenuti ad osservarlo. Insomma, era quasi un invito alla disobbedienza.
  Ora, con la circolare noi abbiamo fatto una comunicazione, dicendo ai capi degli uffici quello che vorremmo e che a dicembre faremo delle verifiche. Loro non devono fare nulla, se non sforzarsi di eliminare quei numeri. Dopodiché, se vogliono un aiuto, c’è la circolare.

  FABIO BARTOLOMEO, Direttore generale delle statistiche presso il Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del Ministero della Giustizia. C'era un'altra domanda dell'onorevole Dambruoso che si sposa esattamente con questo principio. Per Pag. 19esempio, come diceva il presidente Barbuto, un indicatore nel ruolo del magistrato dovrebbe essere proprio il tasso di ultratriennalità. È, infatti, evidente che se sono valutato solo sulla quantità, tenderò a lavorare cause recenti e semplici perché sono nate di recente e magari io sono lì da poco.
  Allora, se nella statistica, a livello sia di responsabilità del capo dell'ufficio sia di valutazione del singolo, c’è anche l'elemento dell'ultratriennalità, quando ci si trova a discutere una causa che ha già due anni e mezzo e le parti, soltanto per allungare i tempi dovessero chiedere un rinvio, il magistrato che sa di essere valutato su quello, cercherebbe di concluderla più velocemente.
  Dunque, minore durata media delle cause; migliore indicatore anche a livello internazionale; miglioramento del sistema Paese anche per la nostra performance.

  MARIO BARBUTO, Capo Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi del Ministero della Giustizia. Va bene, continuo rapidamente. Riguardo alla domanda dell'onorevole Colletti circa la corte d'appello e i ritorni indietro, non esistono statistiche. I singoli capi degli uffici possono fare statistiche di quel tipo. Noi possiamo anche consigliarlo, ma a livello nazionale non facciamo statistiche su quante sentenze tornano indietro dopo essere andate a sentenza.
  L'onorevole Bazoli chiedeva se il piano organizzativo basta da solo, per cui la riforma, in pratica, non sarebbe necessaria. Insomma, ha riserve sull'utilità della riforma e su come si realizza.

  PRESIDENTE. No, ha chiesto dei numeri.

  ALFREDO BAZOLI. Mi interessa sapere quanto si è ridotta, per effetto della circolare, la giacenza, la pendenza e la durata dei processi a Torino.

  MARIO BARBUTO, Capo Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi del Ministero della Giustizia. Dunque, le ultime analisi che ho fatto risalgono al 2009. Ormai sono sei anni. Poi sono passato in Corte, dove ho esteso agli altri tribunali e ho notato che dal 2009 la percentuale di cause ultradecennali è ridotta a zero. C'erano due o tre cause di 9 anni; quelle di 8 anni pure erano in numero limitato. Insomma, l'anzianità delle cause all'epoca era nella infratriennalità per quasi il 99 per cento; solo l'1 per cento era nell'ultratriennalità, di cui una buona parte erano quadriennali e una minima parte oltre.
  Il mio successore, che attualmente è presidente alla corte d'appello di Roma, Luciano Panzani, come prima cosa ha detto che il piano Strasburgo sarebbe continuato. Quando ha fatto il primo resoconto, e l'ho letto, mi sembrava di leggere le mie parole perché aveva utilizzato il mio file (mi ha chiesto il permesso, pensando di violare il diritto d'autore) e cambiato i numeri, quindi aveva utilizzato la stessa tecnica di comunicazione. Successivamente, ha seguito altre tecniche.
  Comunque, a Torino la situazione è leggermente cambiata; oggi siamo al 6 per cento.

  FABIO BARTOLOMEO, Direttore generale delle statistiche presso il Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del Ministero della Giustizia. Va, però, considerato che Torino è un tribunale di grandissime dimensioni, quindi è un valore veramente bassissimo perché bisogna tenere conto, appunto, anche delle dimensioni.

  MARIO BARBUTO, Capo Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi del Ministero della Giustizia. Per il resto, una riforma è indispensabile perché solo con il programma organizzativo ci si scontra contro certe situazioni talmente incancrenite e gravi per cui non c’è programma che tenga.
  Il programma aiuta a non peggiorare, ma non certo a risolvere definitivamente il problema, che invece si risolve con un processo civile dai riti più agili, con forme più agili di gestione della causa e con risorse.Pag. 20
  Anche qualcuno degli autori del «Misurare performance» diceva che bisognava stigmatizzare quelli dei tribunali peggiori. Tuttavia, ci sono casi in cui qualcuno è stato nominato presidente di un tribunale solo da pochi mesi o al massimo da un anno, magari dove per 10 o 20 anni si sono verificati quei fenomeni...

  FRANCO VAZIO. Questo è evidente.

  MARIO BARBUTO, Capo Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi del Ministero della Giustizia. È evidente. Allora, non è giusto che l'ultimo rimanga con il cerino acceso. L'analisi sui dirigenti va fatta in sede di conferma. Dunque, al quarto anno, in qualunque momento è subentrato, cioè se in una situazione di crisi o meno, se non c’è un miglioramento al dirigente non deve essere data la conferma. Questo, però, non può farlo il Ministero; deve farlo il Consiglio superiore della magistratura, con il quale c’è sempre da mantenere un certo rispetto.

  MARIO BARBUTO, Capo Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi del Ministero della Giustizia. Vorrei rispondere alla presidente perché penso di aver esaurito le altre domande. Il programma Strasburgo è partito. Anzi, ve lo consegno ufficialmente. Questo è il vecchio del 12 dicembre 2014 e questo, invece, l'aggiornamento del 2 ottobre di quest'anno. Il programma, comunque, è partito.
  Riguardo ai dati sulle risorse, sono tragici. Sono più di 20 anni che non si fanno concorsi per cancellieri e per ausiliari. Ogni anno va in pensione una marea di gente. L'età media del personale amministrativo sta salendo paurosamente ed è sopra i 50 anni.
  Il Ministro Orlando ha fatto per la prima volta, d'accordo con il Ministro Madia, il tentativo del passaggio dalle ex province a noi. Non avete idea delle difficoltà che stiamo affrontando. Dovevano arrivare 1031 persone, finora ne sono arrivate 14-15. Abbiamo avuto delle difficoltà perfino nel visto del Ministero dell'economia e delle finanze, giusto per darvi un'idea generale.
  Non vi dico di un'ordinanza del giudice del lavoro di Roma che ci obbliga a fare tutti gli scorrimenti delle graduatorie dei trasferimenti precedenti interni da una città all'altra prima di dare ingresso a qualcuno.
  Per il prossimo anno abbiamo 2.000 assunzioni, quindi speriamo che le difficoltà diminuiscano. Abbiamo accolto 96 funzionari dell'Istituto per il commercio estero idonei nel concorso, ma non assunti. Li abbiamo mandati nei tribunali in maggiore affanno. Tradendo il principio manageriale che le risorse si danno a chi le sa gestire, le abbiamo date ai tribunali in maggiore affanno, in via eccezionale, chiedendo di farne un buon uso perché vogliamo un miglioramento.
  Inoltre, abbiamo raccolto 48 funzionari del concorso del Ministero dell'interno. Qualcuno dice che è una goccia nel mare. Il Ministro Orlando dice che è un «gocciolone nel mare». Io, alla presenza del Ministro, ho detto che è una «bacinella d'acqua in una vasca da bagno», che è già una proporzione diversa rispetto alla goccia nel mare. Tuttavia, siamo ben lontani. Abbiamo 9.000 posti vacanti su 44.000. Non sappiamo quando li copriremo.
  Riguardo alla carenza di magistrati, adesso facciamo un altro bando. Il Ministero della giustizia, riguardo ai magistrati, è un'eccezione nel panorama di tutta la pubblica amministrazione. Ogni anno c’è un bando. Con il blocco del turnover da tutte le parti, noi ogni anno facciamo un bando per 350 posti.
  Le commissioni, però, sono di una severità forse eccessiva, per cui nell'ultimo concorso che se si è concluso prenderanno servizio, rispetto a 350 posti stabiliti, solo 311 nuovi magistrati, sprecando un'opportunità. Io suggerirei un briciolo di buonsenso nella valutazione dell'orale. Mi hanno risposto che si abbassa il livello e così via.
  Comunque, ogni anno ci sono 350 posti. Tuttavia, abbiamo 1.000 posti vacanti. C’è, Pag. 21però, anche il problema che il tirocinio dura un'eternità, un anno e mezzo, quasi due. Bisognerebbe, quindi, ridurlo.
  Inoltre, quando vengono assunti, c’è ancora un altro paradosso su cui a livello legislativo dovreste intervenire. Il Ministro Orlando lo sta dicendo in tutte le sedi che si interesserà per farlo eliminare. Mi riferisco a questi benedetti magistrati ordinari in tirocinio (MOT) – una volta erano uditori – che quando vanno nella prima sede non possono fare i processi monocratici penali e non possono fare i giudici per le indagini preliminari.

  PRESIDENTE. Questo è il vecchio che ci portiamo dietro...

  MARIO BARBUTO, Capo Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi del Ministero della Giustizia. È la storia di Cossiga e dei giudici ragazzini. Poi, i giudici onorari di tribunale (GOT) possono fare i processi monocratici. Insomma, con tutto il rispetto, un dilettante estraneo può fare un processo monocratico, mentre un professionista che ha superato un duro concorso e ha un anno e mezzo di tirocinio non lo può fare, anche se ha più di trent'anni, magari è stato avvocato e anche GOT. Ecco, questo è un paradosso che va assolutamente eliminato perché è una delle cause che ha creato la disfunzione in alcuni tribunali medio-piccoli.

  FRANCO VAZIO. Quindi, siamo a 1.000 mobilità già fatte e 2.000...

  MARIO BARBUTO, Capo Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi del Ministero della Giustizia. Sì, 1031 mobilità già fatte, che stiamo assumendo, e 2.000 programmate con la legge di stabilità.
  Riguardo alla corte d'appello, alla revisione della geografia giudiziaria e alla pianta organica, stiamo facendo le nuove piante organiche. Siamo a buon punto. Abbiamo esaurito l'ultima simulazione. Adesso assembleremo le varie simulazioni, ma saranno lacrime, dolori e sofferenze soprattutto per noi perché dalle piante organiche nuove tutti si aspettano un aumento dell'organico, ma non è così.
  Infatti, abbiamo tribunali – non faccio i nomi – con un giudice ogni 28.000 abitanti e tribunali con un giudice ogni 4.000 abitanti. Ora, provate a convincere quel tribunale con un giudice ogni 4.000 abitanti che forse ne deve cedere qualcuno. Loro stanno aspettando l'aumento, ma non è che possiamo portarli a uno ogni 3.000.
  Nel merito delle corti d'appello non vorrei entrare.

  PRESIDENTE. È meglio fermarsi all'organico.

  MARIO BARBUTO, Capo Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi del Ministero della Giustizia. Vi ringrazio e scusatemi della precipitazione di alcune risposte.

  FABIO BARTOLOMEO, Direttore generale delle statistiche presso il Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del Ministero della Giustizia. Parto dalle mediazioni per spiegare qual è lo stato attuale dei numeri. Le mediazioni sono partite nel 2011 con circa 1.000 organismi. Con una procedura informatica, contattandoli tutti, sono riuscito a reperire i dati, quindi abbiamo delle statistiche molto dettagliate. Sono circa 200.000 l'anno.
  C’è, però, un problema di scarsa partecipazione del convenuto o dell'invitato, anche se quando si incontrano il tasso di successo è veramente elevato. Infatti, è superiore al 40 per cento. In particolare, se superano il primo incontro conoscitivo siamo intorno al 44-47 per cento di esito positivo. Insomma, l'effetto filtro netto della mediazione non è tanto, ma comincia a essere nel giro di migliaia di cause l'anno.
  La negoziazione assistita, di fatto, è partita a inizio 2015. La legge dà al Consiglio nazionale forense l'onere di raccogliere i dati, altrimenti dovremmo chiedere a 240.000 avvocati, cosa poco fattibile tecnicamente. La legge dà al Consiglio Pag. 22nazionale forense un obbligo di raccolta annuale, quindi si stanno preparando a dare il consuntivo del 2015.

  FRANCO VAZIO. Non c’è un parziale ?

  FABIO BARTOLOMEO, Direttore generale delle statistiche presso il Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del Ministero della Giustizia. No, non me lo hanno fornito. Invece, tramite il Ministero dell'interno ho sondato a campione gli uffici di 15 comuni, abbastanza rappresentativi, per le separazione e i divorzi davanti all'ufficiale di stato civile. Tuttavia, la circoscrizione del tribunale è quasi provinciale, mentre quella del singolo comune è comunale, quindi il valore assoluto per 15 comuni non ha senso. Invece, la progressione è impressionante perché il numero di richieste di separazioni e divorzi di fronte allo stato civile è quasi raddoppiato ogni mese, quindi qualcosa mi dice che i numeri saranno significativi.
  La lezione che se ne trae è che queste riforme hanno un'incidenza numerica se sono obbligatorie o se sono convenienti economicamente.

  PRESIDENTE. Vi ringraziamo molto del contributo, sicuramente meritevole di ulteriori approfondimenti. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.50.