XVII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Martedì 16 dicembre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 2 

Audizione del Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, a conclusione del semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea, per riferire in merito alle attività svolte nell'ambito del settore giustizia (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento) :
Ferranti Donatella , Presidente ... 2 ,
Orlando Andrea (PD) , Ministro della giustizia ... 2 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 13 ,
Sarti Giulia (M5S)  ... 13 ,
Orlando Andrea (PD) , Ministro della giustizia ... 13 ,
Sarti Giulia (M5S)  ... 13 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 14 ,
Bonafede Alfonso (M5S)  ... 14 ,
Orlando Andrea (PD) , Ministro della giustizia (fuori microfono) ... 15 ,
Bonafede Alfonso (M5S)  ... 15 ,
Verini Walter (PD)  ... 15 ,
Businarolo Francesca (M5S)  ... 16 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 16 ,
Businarolo Francesca (M5S)  ... 16 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 16 ,
Orlando Andrea (PD) , Ministro della giustizia ... 17 ,
Ferranti Donatella , Presidente ... 20

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Nuovo Centro-destra: (NCD);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
DONATELLA FERRANTI

  La seduta comincia alle 13.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

(Così rimane stabilito).

Audizione del Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, a conclusione del semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea, per riferire in merito alle attività svolte nell'ambito del settore giustizia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, del Ministro della giustizia, Andrea Orlando, a conclusione del semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea, per riferire in merito alle attività svolte nell'ambito del settore giustizia.
  Do, quindi, la parola al Ministro Orlando per lo svolgimento della relazione.

  ANDREA ORLANDO, Ministro della giustizia. Grazie, Presidente.
  La Presidenza italiana dell'Unione sta volgendo al termine, quindi credo sia giusto, come è stato richiesto da questa Commissione, illustrare i risultati ottenuti in sei mesi di lavoro, per quanto di mia competenza.
  Possiamo dire sinteticamente che è possibile esprimere una soddisfazione, quella di essere riusciti a mantenere gli impegni. Segniamo, infatti, dei significativi passi in avanti in tutti gli ambiti della nostra azione, dalla protezione dei diritti fondamentali – e in particolare del diritto alla tutela dei dati personali – alla cooperazione giudiziaria civile e a quella penale, allo sviluppo della giustizia elettronica, alla formazione giudiziaria, tema quest'ultimo che abbiamo imposto all'attenzione del Consiglio e che costituisce un elemento essenziale per il consolidamento della fiducia reciproca tra gli ordinamenti e gli operatori del sistema giudiziario.
  Vi esporrò in sintesi i principali risultati della Presidenza italiana.
  Il dossier più complesso, anche perché si affrontava in un quadro generale e politico molto complicato, su cui poi dirò alcune cose, è sicuramente il Regolamento generale sulla protezione dei dati, che ha assorbito una parte importante del nostro impegno negoziale, a fronte di moltissimi ostacoli giuridici e di questioni di principio.
  La proposta mira a garantire un quadro coerente e un sistema complessivamente armonizzato alla materia della privacy, con l'esigenza di fronteggiare l'impatto sulla realtà economica e sociale della rivoluzione avvenuta nel mondo informatico e digitale. Sintetizzando molto, potremmo dire che gli schieramenti presenti all'interno dell'Unione europea erano polarizzati su due posizioni: da un lato, i Paesi che avevano imposto e avevano realizzato nei loro ordinamenti interni dei sistemi fortemente elevati di protezione della privacy (penso in primo luogo alla Germania); dall'altro, Paesi che erano e che sono interessati soprattutto alle opportunità che può dare l'economia digitale e per questo preoccupati del fatto che questa normativa potesse costituire un onere eccessivo sulle imprese. Pag. 3
  Nel corso del semestre, abbiamo anzitutto ottenuto dal Consiglio l'approvazione di una soluzione definitiva del problema riguardante l'inclusione dei dati trattati dal settore pubblico entro il campo di applicazione del Regolamento. In coerenza con i risultati del Consiglio informale di Milano, abbiamo lavorato per introdurre nella struttura del Regolamento norme che garantiscano agli Stati membri un sufficiente margine di flessibilità per adattarne l'applicazione al trattamento nel settore pubblico, tenendo conto delle speciali esigenze che si riscontrano in questo ambito.
  Queste regole non intaccano il valore uniformante del Regolamento, che viene conservato. Allo stesso tempo, però, rispondono alle preoccupazioni di quelle delegazioni che da tempo chiedevano maggiore flessibilità per poter salvaguardare, come dicevo, le normative nazionali specifiche in questo settore, tutte comunque improntate a uno standard di protezione dei dati personali del tutto compatibile con quelli forniti dal Regolamento.
  Le nuove disposizioni consentiranno così a tutti gli Stati membri di mantenere e introdurre queste norme di specificazione, a condizione naturalmente che esse rispettino i princìpi generali e i livelli di tutela offerti dal Regolamento stesso. Inoltre, queste regole speciali dovranno comunque essere sostenute da un'adeguata giustificazione e non potranno intaccare il principio generale di libertà della circolazione dei dati.
  Abbiamo, inoltre, ottenuto l'accordo preliminare del Consiglio sulle norme del capitolo quarto del Regolamento relativo agli obblighi per i responsabili e gli incaricati del trattamento dei dati. Questo capitolo è di fondamentale importanza per gli operatori economici che nella loro attività trattano dati personali. Questo definisce gli standard di garanzia che devono essere rispettati nell'attività di trattamento e in quanto tale deve presentare un equilibrio tra il livello elevato di tutela dei dati, che deve essere il cuore del Regolamento, e una misura ragionevole di oneri amministrativi per le imprese e i privati che incoraggi comportamenti virtuosi senza soffocare inutilmente l'iniziativa privata.
  Crediamo di essere riusciti a raggiungere un punto di compromesso soddisfacente. L'accordo che è stato da noi favorito prevede la definizione di diversi livelli di rischio del trattamento, in presenza dei quali il Regolamento fa scattare obblighi cautelari precisi in capo a chi effettua il trattamento stesso allo scopo di elidere, per quanto possibile, l'eventualità di danno ai soggetti i cui dati vengono trattati.
  Tali obblighi vanno dalla necessità di incorporare meccanismi di cautela sin dalla fase di progettazione delle nuove forme di trattamento alla necessità di consultare in via preventiva le autorità garanti, alla necessità di sottoporre a queste una valutazione di impatto per i casi particolarmente sensibili.
  Sono poi state introdotte nel Regolamento norme per incentivare i comportamenti virtuosi da parte delle imprese, ad esempio incoraggiando l'adesione a codici di comportamento e a meccanismi di certificazione che disciplinino in modo rigoroso la concreta applicazione delle norme di Regolamento.
  Viene inoltre sostenuta la nomina di un responsabile per la sicurezza dei dati da parte delle imprese, anche se la scelta del Consiglio è stata di rendere tale nomina opzionale, anche al fine di non pesare inutilmente sulle organizzazioni aziendali, in particolar modo quelle delle piccole e medie imprese.
  Infine, al Consiglio Giustizia e Affari interni del 4 dicembre i ministri hanno fornito sostegno all'architettura generale di una proposta della Presidenza per risolvere la questione, anch'essa dibattuta da lungo tempo, di uno sportello unico per le imprese, cosiddetto «one stop shop».
  La proposta della Commissione prevedeva la possibilità per le imprese con più di uno stabilimento nel territorio dell'Unione europea di indicare uno stabilimento principale e di concentrare presso l'Autorità garante competente tutte le procedure autorizzative, anche quelle relative agli stabilimenti secondari o al trattamento dei dati effettuato nei confronti dei cittadini di altri Pag. 4Stati membri. La proposta italiana mira a conservare i vantaggi di semplificazione e di coerenza nell'applicazione del Regolamento, che derivano appunto dalla proposta iniziale della Commissione, prevedendo però al contempo un più alto livello di tutela per i cittadini, attraverso l'introduzione di un criterio di prossimità per l'accesso ai rimedi amministrativi e giurisdizionali, qualora essi lamentino violazioni dei propri diritti legati alla privacy. I cittadini potranno quindi rivolgersi alle autorità garanti nel proprio Paese e starà alle diverse autorità garanti europee coordinare la risposta a tale ricorso, eventualmente con l'ausilio del Comitato europeo per la protezione dei dati.
  La condivisione da parte dei ministri di questo sistema formerà dunque oggetto di ulteriore esame a livello tecnico per tradurlo in regole di dettaglio. Vorrei però sottolineare come questo era uno dei principali ostacoli alla prosecuzione della trattativa e il fatto di essere riusciti a trovare questo punto di equilibrio rispetto a esigenze molto diverse fa auspicare il raggiungimento di una soluzione rapida nel prossimo semestre.
  La Presidenza, in ambito di protezione dei dati, non ha tralasciato il lavoro sulla direttiva che riguarda i procedimenti giudiziari penali e le attività di polizia, perseguendo, come doveroso, un approccio coerente e coordinato fra i due strumenti, con l'obiettivo di bilanciare il massimo grado di protezione con la necessità di garantire un processo decisionale efficiente.
  Progressi poi sono stati fatti sulla definizione dell'ambito di applicazione della direttiva, nonché in tema di trasferimento internazionale dei dati. Sul punto, però, la discussione non è parsa ancora matura per approdare a un accordo, attesi i molteplici punti di contatto con il Regolamento generale ancora in via di definizione.
  La Presidenza italiana può quindi affermare – credo con orgoglio – di aver dato un impulso decisivo ai negoziati in tema di protezione dati. Possiamo solo richiamare l'attenzione sul fatto che a partire dal mese di giugno di quest'anno ogni volta che si è riunito il Consiglio Affari interni è stato trovato un accordo su una parte fondamentale di questo strumento.
  Nel settore penale, vorrei integrare questi elementi dicendo che tutto questo si muoveva in un quadro molto complicato nei rapporti transatlantici. Questo è un tipo di normativa che va coordinata tra le due sponde dell'Atlantico. Il quadro complicato è dovuto al fatto che gli Stati Uniti si erano impegnati a introdurre una serie di rimedi interni per i cittadini che fossero stati in qualche modo danneggiati dalla violazione dei dati personali, ma questo impegno, che era stato assunto nel bilaterale di inizio semestre, non è stato poi adempiuto per il cambio del quadro politico che si è venuto a determinare negli Stati Uniti: da un lato, l'avvicendamento al Dicastero della giustizia e dall'altro anche il venir meno della maggioranza al Congresso per l'Amministrazione Obama.
  Questo insieme di elementi avrebbe potuto pesare in negativo e anche determinare delle ripercussioni sulla discussione interna, perché è evidente che alcuni Paesi guardano con grande attenzione all'evoluzione della normativa degli Stati Uniti. Questo dato, per fortuna, non ha provocato un effetto drammatico e dirompente sulle trattative, che possiamo dire sono arrivate fino a questo punto.
  Nel settore penale abbiamo conferito un'elevatissima priorità al negoziato istitutivo della Procura europea, che costituisce un tratto distintivo del disegno di un autentico spazio europeo di giustizia.
  In effetti, la declinazione del concetto di spazio europeo mostra la diversità di approccio da parte degli Stati membri ed ha un immediato riflesso proprio sulla questione relativa alle concrete modalità di azione della Procura europea, soprattutto nelle indagini che investono il territorio di più Stati membri. Ciononostante sono stati compiuti progressi sostanziali sul dossier, esaminando a fondo le parti del Regolamento relative ai poteri investigativi del futuro ufficio del pubblico ministero europeo, al riparto di competenze con i pubblici ministeri nazionali e ad un quadro rafforzato di tutela dei diritti degli indagati, sia Pag. 5nell'ambito delle attività investigative sia per quanto riguarda i rimedi giurisdizionali.
  Anche in questo caso, il rischio che si correva era questo: la paura di perdere sovranità in indagini di grande rilevanza, quelle che riguardano le frodi contro l'Unione europea, e la paura che, come spesso è avvenuto, istituti nati nell'ambito dell'Unione europea con alcune finalità poi si sviluppassero progressivamente, faceva sì che molti Paesi spingessero (e lo hanno fatto) per la costruzione di una struttura che avesse una forte collegialità. Ma questa collegialità rischiava sostanzialmente di rendere inefficace la funzione della Procura, perché una mera proiezione delle giurisdizioni nazionali e in particolar modo delle procure nazionali avrebbe finito sostanzialmente per creare un soggetto che non aveva nessuna capacità di incidere concretamente. Quindi, ci siamo mossi tra due polarità: quella della collegialità e quella della terzietà e dell'autonomia e indipendenza di questa struttura rispetto agli Stati membri.
  Rispetto alla proposta della Commissione europea, il testo attuale sul quale la Presidenza italiana si è impegnata per la ricerca di un consenso, il più ampio possibile, prevede maggiore enfasi sui poteri operativi dei pubblici ministeri nazionali che lavoreranno nell'ambito dell'ufficio del pubblico ministero europeo.
  È stato però un tratto chiaro della nostra Presidenza il perseguire l'idea che la struttura europea o sovranazionale dell'ufficio dovrà mantenere un saldo controllo sugli snodi chiave dell'indagine – solo in questo modo l'ufficio potrà garantire l'efficienza delle indagini svolte dagli Stati membri su queste materie – e una repressione penale che sia coerente su tutto il territorio dell'Unione per quanto attiene le frodi contro il bilancio dell'Unione stessa.
  Proprio nell'ottica di rafforzare le possibilità, per l'ufficio centrale, di svolgere tali compiti, al Consiglio Giustizia e Affari interni di dicembre abbiamo impegnato i ministri in un dibattito di orientamento in merito alle garanzie di indipendenza dei membri della Procura europea, particolarmente importanti in relazione ai poteri di intervento che potrebbero essere loro attribuiti.
  Gli esiti di quel dibattito e il lavoro a livello tecnico svolto sotto la Presidenza italiana saranno dunque le basi per un ulteriore affinamento del dossier. Su tale base, crediamo che la Presidenza entrante potrà segnare progressi decisivi sul tema.
  Al fine di mantenere la necessaria coerenza tra le varie iniziative legislative nel settore penale, la Presidenza ha avviato con il Parlamento europeo, in tempi rapidi, negoziati sulla direttiva in materia di tutela degli interessi finanziari dell'Unione. In un ristrettissimo arco temporale, sono stati marcati notevoli progressi verso un testo condiviso. Sono state trovate soluzioni condivise sulla maggior parte dei nodi problematici, dalla definizione dei reati all'applicabilità della direttiva ai membri delle istituzioni europee.
  Resta per contro irrisolta la questione relativa all'applicabilità della direttiva ai reati in materia di frodi IVA, fortemente voluta dal Parlamento europeo ma osteggiata da una larga maggioranza degli Stati membri in Consiglio.
  Tale questione nodale, sulla quale peraltro l'Italia si pone in posizione eccentrica rispetto agli altri Stati membri, e dunque più vicina al Parlamento europeo, dovrà quindi essere risolta dalla prossima Presidenza.
  Vogliamo inoltre sottolineare i progressi significativi sulla riforma di Eurojust. La proposta di riforma avanzata dalla Commissione mira a rafforzare un'Agenzia che già opera in maniera efficace per la lotta alle altre forme gravi di criminalità transnazionale, facilitando la cooperazione tra le autorità giudiziarie in questo settore.
  Elementi fondamentali della proposta sono la riforma del governo dell'Agenzia mediante la separazione dei compiti meramente amministrativi dai compiti propriamente operativi, al fine di consentire ai membri di Eurojust di concentrare la loro attenzione su questi ultimi, affidando la preparazione delle decisioni amministrative a un comitato esecutivo, nonché un'articolazione più chiara dei poteri affidati ai Pag. 6singoli membri nazionali, con un maggior tasso di uniformità, pur nel rispetto delle prerogative costituzionali di ciascuno Stato membro.
  La Presidenza ha portato all'approvazione dei ministri un approccio generale parziale su tutto il testo del Regolamento, ad eccezione del capitolo sulla protezione dei dati e delle norme sui rapporti con il futuro assetto della Procura europea, per evitare un diverso stato dei negoziati tra i due strumenti.
  Sotto il profilo della tutela dei diritti degli indagati o imputati nell'ambito di procedimenti penali, abbiamo avviato e concluso l'esame in Consiglio sulla proposta relativa al rafforzamento della presunzione di innocenza nei procedimenti penali, approvando un approccio generale al Consiglio Giustizia e Affari interni di dicembre, che consentirà al Consiglio di iniziare il negoziato di co-decisione con il Parlamento europeo, non appena possibile.
  Progressi significativi hanno caratterizzato anche la proposta relativa al patrocino provvisorio a spese dello Stato, sebbene restino ancora poche ma importanti questioni aperte, per le quali è richiesto altro lavoro nelle istanze preparatorie del Consiglio.
  Il contrasto alle gravi forme di criminalità, quali la tratta di esseri umani e la criminalità organizzata transnazionale, richiede il dialogo e la collaborazione costante tra la Presidenza degli Stati membri e l'istituzione europea e un rapporto fecondo con la società civile che si occupa di questi temi. Siamo per questo consapevoli della portata politica di questa sfida.
  I criminali e le organizzazioni criminali devono essere privati dei proventi di qualsiasi natura derivanti anche dalle loro attività illecite, in qualunque modo acquisiti.
  In quest'ottica, alla quale attribuiamo particolare risalto, la Presidenza ha approfondito i richiami del Consiglio europeo sul rafforzamento del principio del mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie e ha promosso un qualificato dibattito su come esso possa applicarsi a tutte le forme di confisca, basato su una decisione giudiziaria dentro e fuori il processo penale, dedicandovi un evento di alto livello a Siracusa il 22 e il 23 settembre.
  I risultati di quel dibattito sono stati esaminati dai Ministri della giustizia nella cornice del Consiglio di ottobre e confidiamo che essi possano confluire nelle prossime iniziative legislative in materia.
  Un altro tema sul quale abbiamo avviato un proficuo confronto tra gli Stati membri e le istituzioni europee è stato quello degli aspetti di competenza della giustizia penale nel rispondere al fenomeno dei combattenti stranieri. Abbiamo promosso, a tal fine, uno scambio di vedute tra i Ministri della giustizia, la Commissione, Eurojust e il coordinatore antiterrorismo, per identificare a livello nazionale e dell'Unione europea le risposte più adeguate alle sollecitazioni provenienti dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
  Anche in questo caso ci si è trovati di fronte a posizioni molto differenziate. Vorrei chiarire che il nostro compito è molto diverso da quello dei nostri colleghi Ministri dell'interno, che su questo tema hanno una funzione di intervento diretto sul fenomeno. Il compito dei Ministri della giustizia è valutare la effettiva deterrenza delle norme penali e contemporaneamente le modalità di esecuzione della pena. Come è avvenuto nelle vicende del terrorismo di matrice ideologica degli anni Settanta e Ottanta, i combattenti stranieri hanno una forte capacità di influenzare anche il sistema nel quale in qualche modo vengono immessi – parlo di quello penitenziario nel caso della reclusione – e in questo senso quali sono le modalità attraverso le quali eseguire la pena è stata una parte della discussione. L'altra parte ha riguardato quali sono gli elementi sui quali costruire se non una normativa comune (perché molti dei Paesi europei non intendono delegare a livello dell'Unione l'approccio rispetto a questo tema), almeno un linguaggio comune mediante il quale definire istituti che in qualche modo siano in grado di prevenire questi fenomeni e di reprimerli.
  Si tratta, tra l'altro, di problemi giuridici di grandissima rilevanza, perché si tratta spesso di condotte che in pochissimo si discostano da quelle lecite. Pensiamo ai Pag. 7viaggi: come si fa a definire un viaggio che è in qualche modo presupposto del reclutamento rispetto a un viaggio che ha altre finalità?
  In questo senso, è molto importante che, anche se non si arriverà – come io credo realisticamente – a individuare un livello di normazione in ambito dell'Unione europea, si costruiscano comunque normative che siano omogenee e convergenti, anche per evitare quei fenomeni che si sono venuti a determinare nel contrasto al terrorismo ideologico degli anni Settanta e Ottanta, che hanno creato delle contraddizioni, aprendo paradossalmente delle opportunità per questo tipo di organizzazioni, lucrando sulle differenze normative dei diversi Paesi.
  Infine, desidero segnalare che la Presidenza italiana ha inteso cogliere l'occasione del Consiglio Giustizia e Affari interni di dicembre per richiamare l'attenzione degli Stati membri e della Commissione europea sui seguiti da dare alla risoluzione adottata dalla Commissione CRIM (Criminalità organizzata, corruzione e riciclaggio di denaro) durante la scorsa legislatura, le cui articolate raccomandazioni sono ricche di moltissimi spunti interessanti anche sul piano analitico e operativo.
  L'obiettivo di rafforzare lo spazio europeo di giustizia nel rispetto dei diritti fondamentali e tenendo conto della diversità fra gli ordinamenti e le tradizioni giuridiche degli Stati membri, è stato al centro della nostra attenzione anche negli interventi nel diritto civile.
  In linea con le priorità politiche dell'Unione europea per promuovere la ripresa economica e la crescita sostenibile, un tasso di investimento più elevato e adeguati livelli di occupazione, ci siamo orientati tenendo presente la stretta correlazione tra la giustizia civile e la crescita economica. Infatti, le due direttrici lungo le quali abbiamo articolato i lavori del semestre sono state quelle della sinergia, da un lato tra giustizia civile e crescita economica e stabilità, dall'altro tra giustizia civile e tutela dei diritti fondamentali.
  Abbiamo lavorato nella convinzione che una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva come piattaforma per la ripresa economica, per l'ulteriore sviluppo della competitività dell'Unione europea, debba necessariamente passare attraverso una maggiore fiducia reciproca nei rispettivi ordinamenti giuridici. Ma abbiamo anche ritenuto indispensabile rafforzare la tutela dei diritti fondamentali dei cittadini, che spesso trova ostacoli proprio nel momento in cui essi si muovono all'interno dell'Unione europea.
  Nel solco della prima delle due direttrici si sono inseriti i lavori sulle proposte della Commissione in materia di controversie di modesta entità, di procedura di insolvenza, di semplificazione della circolazione di documenti pubblici e di diritto comune europeo della vendita.
  Il secondo ambito di intervento è stato caratterizzato dal rinnovato impegno della Presidenza italiana sui lavori delle due proposte di Regolamento sui regimi patrimoniali fra coniugi e sugli effetti patrimoniali delle unioni registrate.
  Per quanto riguarda la proposta di revisione del Regolamento, che ha istituito un procedimento europeo per le controversie di modesta entità, siamo lieti di annunciare che abbiamo raggiunto un orientamento generale nel corso del Consiglio Giustizia e Affari interni del 4 dicembre. Il Regolamento del 2007 prevede che le controversie transfrontaliere di valore non superiore a 2 mila euro possano avvalersi di un procedimento alternativo, che si svolge per iscritto attraverso moduli standard, non richiede l'assistenza obbligatoria di un legale, prevede che le spese per la parte vittoriosa siano proporzionali al valore della controversia, incoraggia l'uso dei mezzi elettronici di comunicazione, agevola l'esecuzione della sentenza eliminando il ricorso a procedimenti intermedi.
  In realtà, la verifica dell'implementazione di quel Regolamento ha evidenziato lo scarso ricorso allo strumento a causa della limitatezza del campo di applicazione, della complessità e della durata del procedimento, nonché della poca chiarezza Pag. 8di alcune norme e di una generalizzata ridotta conoscenza dell'istituto.
  Individuati i possibili miglioramenti e le ulteriori semplificazioni in grado di aumentare i vantaggi del procedimento europeo per le controversie di minore entità, in particolare per i consumatori e le piccole e medie imprese, abbiamo condotto in via prioritaria i negoziati ed infine raccolto il consenso delle delegazioni su un testo che ha raddoppiato la soglia di valore per l'applicabilità del Regolamento ed incrementato l'utilizzo delle nuove tecnologie nella conduzione delle udienze e nelle comunicazioni tra le Corti e le parti del procedimento.
  Siamo certi che questo nuovo testo colmerà il divario tra l'enorme potenziale di uno strumento che, se correttamente applicato, può portare dei benefici in termini di certezza delle regole applicabili, e durata dei procedimenti giurisdizionali davvero considerevole.
  Abbiamo anche indicato misure per la maggior conoscenza da parte degli operatori coinvolti, lasciando ora il testimone alla Presidenza lettone per i negoziati definitivi con il Parlamento.
  Da questo punto di vista, credo che sia molto importante indagare il collegamento tra questi istituti e il lavoro che si sta facendo negli ordinamenti interni – nel nostro, per quanto ci riguarda – di intervento sul tema della riforma della giustizia civile. Ci sono istituti che possono essere estesi e utilizzati anche al di fuori della competenza riguardante la dimensione transfrontaliera, tanto più in un Paese come il nostro, che ha potentemente investito sul tema dell'informatica e della telematizzazione del processo.
  Quanto alla proposta di revisione del Regolamento sulle procedure di insolvenza transfrontaliere, dopo aver raggiunto, al Consiglio di ottobre, un approccio generale sul testo del considerando e degli allegati, abbiamo condotto con una buona azione i triloghi con il Parlamento europeo. Il compromesso che ne è risultato ci ha permesso di consolidare il testo normativo e di presentarlo al Consiglio Giustizia e Affari interni di dicembre, che ha confermato l'accordo.
  Il testo approvato consente di superare i limiti e le problematiche che il Regolamento del 2000 presentava, modificando innanzitutto la definizione di procedura di insolvenza, al fine di includere nel campo di applicazione dello strumento anche le procedure ibride e quelle di pre-insolvenza, e prevedendo una disciplina per il coordinamento dei gruppi societari.
  Grazie agli elementi apportati, le procedure nelle quali il debitore non viene spossessato e non viene nominato un curatore, potranno beneficiare del riconoscimento in tutta l'Unione europea di criteri chiari per la determinazione della competenza, anche con obblighi che vengono previsti di pubblicità, attraverso sistemi elettronici, delle decisioni giudiziarie relative ai casi transfrontalieri di insolvenza.
  Il testo adottato segna un'inversione di tendenza nell'approccio globale alle situazioni imprenditoriali. Lo spirito del vecchio regolamento era quello della liquidazione. L'ideologia dello strumento, come oggi è modificato, è la conservazione, il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese. Siamo per questo particolarmente orgogliosi di essere riusciti nel nostro intento di dare voce alle istanze di tutela delle imprese dei creditori locali, che possono trovare realizzazione solo entro un quadro normativo che abbia come punto di riferimento non più il fallimento dell'imprenditore in crisi, ma, al contrario, la sua salvaguardia e la ripresa sostenibile dell'attività produttiva.
  In questo senso, queste esigenze che sono di capitale importanza credo che trovino una compiuta realizzazione in un testo che ha disegnato un quadro ambizioso di coordinamento dell'insolvenza dei gruppi di imprese, garantendo al contempo uno stretto controllo di legalità grazie al costante coinvolgimento delle Corti nazionali nei suoi passaggi più delicati.
  Su questo punto, però, vorrei dire che la soddisfazione è ancora maggiore se si considera che il nostro ordinamento giuridico interno è già da tempo ispirato a una filosofia di conservazione. Sin dal 2006 ci Pag. 9siamo dotati, infatti, di strumenti volti a evitare la dichiarazione di fallimento ed a favorire il salvataggio. Tuttavia, questo punto di approdo può consentire un'ulteriore evoluzione. Lo dico perché riformare un settore così delicato, come quello dell'insolvenza, dei fallimenti e dei concordati in una fase di crisi può essere fortemente condizionato dalla situazione congiunturale. Poterlo fare con un modello di riferimento europeo, cioè con un modello che costituisce non soltanto il portato di un'elaborazione che viene molto prima della crisi, ma anche la media rispetto alle posizioni di Paesi diversi, è un elemento che ci può consentire di affrontare questo tema senza rischiare di farci condizionare eccessivamente dalla situazione attuale che grava sulle imprese italiane.
  Per questo – approfitto per annunciarlo anche alla Commissione – nelle prossime settimane costituiremo un gruppo di lavoro sulla riforma della crisi di impresa.
  Un altro dossier al quale abbiamo dedicato un grande impegno è quello relativo all'accettazione di determinati documenti pubblici. Vorrei sottolineare come questo tema, che non fa grande notizia, sia un tema di grande importanza per la costruzione di un'identità europea. Pensare di avere una certificazione unica, che sugli atti fondamentali che riguardano la vita delle persone sia omogenea e interscambiabile, è un dato che segna in qualche modo un salto di qualità nella funzione e nel ruolo dell'Unione europea e nel suo rapporto con i cittadini.
  Ci eravamo prefissi dei risultati significativi nei negoziati relativi a questa proposta di Regolamento perché ritenevamo che il sistema che essa intende realizzare costituisca una tappa fondamentale nel processo di agevolazione della libera circolazione e dello stabilimento dei cittadini e delle imprese. In concreto, la proposta si prefigge di ridurre gli adempimenti burocratici, i costi e i ritardi conseguenti alle formalità amministrative, di semplificare il quadro giuridico frammentario relativo alla circolazione di questi documenti, di rendere più efficace l'accertamento dei casi di frode e falsificazione dei documenti pubblici.
  L'introduzione di una cooperazione amministrativa efficace e sicura basata sul sistema di informazione del mercato interno sarà funzionale a garantire l'autenticità dei documenti pubblici che circolano da uno Stato membro all'altro.
  Il percorso negoziale è stato tutt'altro che semplice, perché è passato attraverso una diffusa resistenza degli Stati membri, soprattutto nei confronti di un sistema che fa ricorso a moduli standard multilingue che devono essere riconosciuti a livello di Unione e che attestano lo status delle persone e delle imprese.
  Peraltro, il deposito del parere della Corte di giustizia dell'Unione europea in tema di competenza esclusiva esterna dell'Unione si è ripercosso su questo negoziato, instillando nelle delegazioni il timore di perdere la propria competenza interna a legiferare sulla materia dello stato civile.
  In questo complicato quadro complessivo siamo, però, riusciti a elaborare delle linee guida approvate dal Consiglio, che nell'affrontare con chiarezza i punti più sensibili nella proposta della Commissione offriranno alla prossima Presidenza un importante tracciato per arrivare speditamente alla conclusione dei lavori.
  Per chiudere il quadro del gruppo di strumenti di cooperazione giudiziaria civile su cui abbiamo lavorato, mi preme evidenziare che siamo riusciti a prestare adeguata attenzione anche allo sviluppo dei negoziati sulla proposta di regolamento sul diritto europeo della vendita.
  Il dossier ha provocato, sin dalle prime fasi di gestazione, la forte opposizione di molti Stati membri, oltre che delle associazioni dei consumatori, che non riconoscevano a questo testo un valore aggiunto. Nel nostro semestre di Presidenza, tenendo in debito conto gli sviluppi in seno al Parlamento europeo, che con il voto del 26 febbraio scorso ha mandato un segnale forte per il rilancio di questo dossier attraverso la limitazione dell'ambito di applicazione del progetto di Regolamento alla vendita on line e dei contratti a distanza, abbiamo organizzato diverse riunioni del Pag. 10gruppo di lavoro ed abbiamo progredito nella prima lettura del testo.
  Spetterà ora alla Commissione, nell'ambito dei suoi poteri, effettuare una scelta, alla luce della posizione del Parlamento europeo, sui seguiti da dare alla sua proposta, non escludendosi anche la possibilità che ritiri la proposta stessa.
  Chiudo questo breve excursus sui risultati del nostro lavoro con un cenno alle tematiche del diritto civile volte al rafforzamento della tutela dei diritti dei cittadini.
  Garantire la certezza del diritto e consentire un accesso facilitato alla giustizia nelle situazioni transnazionali è stato l'obiettivo cardine del processo di sviluppo dello spazio europeo. Così abbiamo cercato di lavorare in questo senso nel semestre. Una particolare attenzione abbiamo rivolto a quegli strumenti legislativi che sono volti ad assicurare la libera circolazione delle persone attraverso l'eliminazione degli ostacoli che i cittadini incontrano quando si muovono all'interno dell'Unione europea.
  Mi riferisco alle due proposte in tema di regimi patrimoniali nel matrimonio e nelle unioni registrate. Ebbene, sono particolarmente orgoglioso nell'annunciare il determinante contributo che abbiamo fornito per far avanzare i lavori su queste due importanti iniziative, che completeranno l'attuale quadro degli strumenti di cooperazione in materia di famiglia, garantendone un'adeguata coerenza. In particolare, questi temi in oggetto urtavano sensibilità molto acute che hanno pesato sul negoziato. È emersa infatti la difficoltà di giungere a soluzioni di compromesso che possano per un verso garantire la salvaguardia delle specificità nazionali e per l'altro evitare trattamenti discriminatori.
  Per consentire un avanzamento del dossier, abbiamo dunque proposto un possibile testo di compromesso che prevede la possibilità di declinare la giurisdizione quando la legislazione del giudice adito non conosca alcune tipologie di matrimonio, in analogia a quanto già previsto nel testo relativo alle unioni registrate. L'esame delle proposte è, pertanto, sostanzialmente completato dal punto di vista tecnico e siamo oggi più che mai vicini a un accordo. Non devo sottolineare come questo avrà inevitabilmente un fortissimo impatto sulla normativa interna.
  Sarà tuttavia necessario un ulteriore periodo di riflessione per consentire agli Stati membri che hanno ancora difficoltà interne di sciogliere le loro riserve. Per tale motivo, ci siamo dati appuntamento a un Consiglio da tenersi prima della fine del 2015, per il raggiungimento dell'unanimità necessaria per l'approvazione del testo.
  Il fatto politicamente significativo è che anche i Paesi che avevano posizioni molto chiuse, forse eccentriche rispetto a quella che era la posizione della Commissione che si stava configurando, hanno chiesto questo tempo non per esercitare un diritto di veto, ma per provare a costruire le condizioni interne per aderire alla soluzione che stava emergendo a livello di Commissione, cambiando atteggiamento rispetto a posizioni precedenti che erano semplicemente di ostilità a qualunque normazione di livello europeo che affrontasse questo tipo di tema.
  La tematica del contemperamento tra il diritto alla libera circolazione delle persone e il diritto del bambino a una sana relazione genitoriale ha costituito poi il focus dell'evento collaterale organizzato dalla Presidenza sulla sottrazione internazionale dei minori contesi nell'ambito della cooperazione delle autorità centrali.
  La conferenza ha costituito un importante momento per il confronto e per lo scambio delle migliori prassi applicate nell'ambito relativo alle procedure, utile anche per la prossima revisione del Regolamento.
  Come anticipato, all'inizio del semestre abbiamo inoltre riservato ampio spazio ai lavori sulla giustizia elettronica. Eravamo consapevoli dell'importante ruolo che la giustizia elettronica può rivestire in ambito europeo, come veicolo per rafforzare la fiducia e la comprensione tra gli ordinamenti. Abbiamo trattato come prioritari i lavori di implementazione della strategia e del piano d'azione in materia. Abbiamo esaminato le misure concrete del follow up necessarie per trasformare il secondo piano d'azione in materia di giustizia elettronica Pag. 11 in un programma di lavoro concreto.
  Sotto la nostra guida sono stati approvati due importanti documenti: uno che concerne i singoli programmi che nei prossimi mesi verranno adottati in attuazione del piano di azione pluriennale 2014-2018; un altro più specificamente dedicato al consolidamento dei risultati sino ad ora ottenuti nell'ambito del processo e-CODEX, in quanto dedicato alla dematerializzazione, alle procedure e alla comunicazione tra le autorità giudiziarie.
  Questo costituisce il più importante progetto in materia di giustizia elettronica, nonché la cornice entro la quale tutti i successivi progetti attuativi dovranno essere iscritti.
  Segnalo, altresì, che alla tematica della giustizia elettronica è stato dedicato un importante evento collaterale organizzato dal Ministero della giustizia e finalizzato a distribuire le iniziative in ambito europeo quale lo Sportello unico elettronico, le collaborazioni tra gli ordini forensi a livello europeo e più in generale le buone prassi nazionali sul tema.
  Abbiamo poi riservato uno spazio importante nell'ambito della programmazione del semestre di Presidenza alla formazione giudiziaria. L'esperienza anche di questo semestre mi fa dire che pesano sui progressi per la costituzione di istituti comuni a livello europeo nell'ambito di giustizia sicuramente le diffidenze dei Governi e la volontà degli Stati nazionali di mantenere all'interno la propria giurisdizione, ma pesa molto anche la diffidenza reciproca tra le diverse giurisdizioni.
  Insomma, c'è una pressione delle giurisdizioni anche sui Governi nazionali affinché non si ceda sovranità alla dimensione europea. Questo perché in qualche modo si ritiene il proprio ordinamento superiore a quello degli altri o talvolta perché si ritiene che il proprio ordinamento sia incompatibile con un processo di armonizzazione.
  Costruire una formazione comune è invece la condizione per superare questo ostacolo, non solo perché questo può consentire di costruire una lingua comune, ma perché è anche la condizione per verificare pragmaticamente che talvolta gli istituti, che se pure hanno avuto evoluzioni diverse nascono dagli stessi problemi, sono meno distanti di quanto non appaiano se analizzati soltanto dal punto di vista delle giurisdizioni e dei diritti nazionali.
  I lavori del semestre sono stati orientati dalla convinzione che l'adozione di strumenti di cooperazione sempre più sofisticati tra le autorità giudiziarie in materia civile e penale richiede appunto un'adeguata formazione dei giudici, dei pubblici ministeri e degli altri attori nel settore della giustizia.
  Accompagnare, quindi, questi progressi nel mutuo riconoscimento e nella tutela dei diritti con contestuali miglioramenti nella formazione è un'operazione assolutamente fondamentale. In quest'ottica, già al Consiglio di Milano abbiamo sollecitato uno scambio di opinioni sulle possibili modalità per potenziare la formazione degli operatori del settore, in particolare su come sfruttare il potenziale offerto dalle risorse esistenti, quale la Rete europea di formazione giudiziaria.
  Il disegno che abbiamo rivolto agli altri Stati membri è di costruire una struttura europea per la formazione, con un proprio autonomo bilancio e con una propria indipendenza anche rispetto alle giurisdizioni nazionali. Naturalmente vi risparmio il fatto che, così come le diffidenze si ripercuotono su altri tipi di istituti, gli elementi di diffidenza sono presenti anche su questo punto. Devo dire, però, che almeno a livello di principio c'è stata un'adesione generale degli Stati che può consentire l'evoluzione delle strutture di formazione in questa direzione.
  Un ulteriore passo è stato rappresentato dalla presentazione da parte della Presidenza ai Ministri della giustizia di un testo di conclusioni del Consiglio che ha invitato gli Stati membri e la Commissione europea a mantenere, se non a incrementare, il livello di attenzione e di supporto anche finanziario ai progetti in materia.
  Un altro importante evento è stato organizzato in collaborazione con la LUISS sul ruolo più incisivo che la Corte di giustizia ha assunto a partire dal primo dicembre Pag. 12 in materia di adeguamento delle legislazioni e degli strumenti normativi europei.
  Ci siamo trovati a gestire, come i miei colleghi di altri dicasteri, questo passaggio in una situazione istituzionalmente molto complessa. Si rinnovava la Commissione, si rinnovava il Parlamento europeo e alcuni dossier giacevano da molto tempo o comunque trovavano dei forti ostacoli di carattere negoziale. Avremmo previsto ottimisticamente che sarebbe stato un successo mantenere in piedi questi dossier ed evitare un'involuzione. Ad esempio, sulla questione della Procura europea il rischio della estrema collegialità poteva portare a un certo punto a una valutazione comune che non se ne facesse niente, perché alla fine il modello che usciva fuori era un modello che rischiava di generare delle aspettative che non potevano essere risolte.
  Abbiamo trovato un punto di mediazione credo importante, spostando anche la posizione di alcuni Paesi «pesanti» nel contesto europeo, su un'ipotesi di collegialità coniugata però con una presidenza che viene scelta in modo autonomo rispetto agli Stati membri e che per questo può anche essere scelta al di fuori dei componenti del collegio che compone la Procura europea.
  In questo modo siamo riusciti non solo a evitare una involuzione del dossier, ma a raggiungere un approccio positivo.
  Lo stesso ragionamento si può fare sulla questione del trattamento dei dati personali, sulla quale abbiamo chiuso accordi su appunti che erano stati fortemente divisivi nel semestre precedente. Più facile è stato portare a compimento alcuni processi sul civile, sui quali però devo dire abbiamo determinato un'accelerazione significativa e che oggi costituiscono un approdo che ci può consentire di implementare significativamente gli istituti funzionali in grado di affrontare la crisi e i temi della crescita dal punto di vista della giustizia.
  Concludo sottolineando un punto. È evidente che esiste una connessione fortissima tra il disegno della Procura europea, le sue competenze e il tema della ridefinizione di Eurojust, perché, a seconda di come si chiuderanno questi dossier, una cosa si riverbererà sull'altra, o meglio, in ultimo Eurojust inevitabilmente sarà segnato in una direzione piuttosto che nell'altra a seconda di come si chiuderà il dossier sulla Procura europea. È chiaro che quello cambia la fisionomia complessiva dello spazio di giustizia europeo. Quindi, evitare che questi dossier entrassero in contraddizione è stata nostra cura e credo che si sia realizzato un processo con successo.
  Devo esprimere una considerazione finale. Se posso raccomandare una particolare attenzione a quanto si sta sviluppando a livello europeo – lo dico anche perché prima di aver condotto la Presidenza anche io non ne ero pienamente o totalmente consapevole – è un fatto di grandissima opportunità politica, perché alcuni di quei dossier cambieranno il nostro ordinamento, a prescindere dalla discussione che noi stiamo facendo su alcuni punti fondamentali, e finiranno per influenzare inevitabilmente l'evoluzione del nostro ordinamento interno.
  C'è una profonda sottovalutazione degli effetti di quella discussione. Il modello del nostro ordinamento non potrà che risentire rispetto alla soluzione che si verrà a determinare riguardo per esempio alla Procura europea, anche se si occuperà soltanto di temi legati alle frodi, perché quello diventerà inevitabilmente un modello di riferimento.
  Talvolta si pone grandissima enfasi sul singolo emendamento che si realizza sul singolo testo di legge, che magari non è destinato ad essere epocale nella sua efficacia, mentre si tralascia di guardare agli effetti che si stanno già oggi determinando. Credo che la nostra giustizia civile non potrà prescindere dagli approdi che sono venuti a determinarsi in questa fase. Eppure questi percorsi, che sono naturalmente istruiti al livello di qualità che è proprio dell'Unione europea, sono pochissimo osservati dalle opinioni pubbliche nazionali. Si parla pochissimo di questi temi e di queste decisioni, che io credo procedano nella direzione giusta, ma se così non fosse non ci sarebbe quella consapevolezza diffusa in grado di impedire un'evoluzione di carattere negativo. Pag. 13
  La mia raccomandazione, escludendo qualunque tema pedagogico, è un invito a tutti quanti, a tutte le forze politiche, a provare a mantenere questa discussione e questa attenzione anche dopo il semestre europeo. In fondo, è lì che si decide una gran parte delle cose su cui ci illudiamo di decidere spesso affrontando vicende di carattere strettamente nazionale, che non potranno che risentire o comunque dovranno tener conto di quella evoluzione che si sta venendo a determinare. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, ministro, di questa complessa e a mio avviso esauriente relazione.
  In questa ottica, anche se fa parte di una previsione di legge, abbiamo gradito particolarmente che oggi il ministro venisse a rappresentarci l'attività della nostra Presidenza nell'ambito del settore giustizia.
  Ringraziamo il ministro della disponibilità, ma sappiamo che per oggi ha altri impegni già fissati e alle 15 circa dovrà allontanarsi. Per dare voce a tutti, se ritenete, possiamo prevedere un intervento per gruppo.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIULIA SARTI. Presidente, cercherò di essere breve perché vorrei dare spazio anche a un altro collega del Movimento 5 Stelle.
  Ringrazio il ministro per questa relazione. Tuttavia, ci sono alcuni punti che vorrei fossero posti alla sua attenzione, in quanto ad alcuni temi ha solo accennato, quando invece secondo noi essi avrebbero meritato maggiore spazio, anche nelle discussioni che si sono svolte.
  Mi riferisco a due temi fondamentali: la lotta al crimine organizzato e la lotta al fenomeno corruttivo. Per quanto riguarda le mafie, che sappiamo essere largamente presenti ormai non soltanto nel nostro Paese, ma a livello internazionale, le chiedo anzitutto se avete preso atto e avete portato nei vari incontri che ci sono stati in questi sei mesi anche le proposte contenute nella relazione approvata dalla Commissione antimafia.

  ANDREA ORLANDO, Ministro della giustizia. (fuori microfono) Italiana o europea?

  GIULIA SARTI. Italiana. Un comitato interno alla Commissione antimafia aveva redatto questa relazione, che conteneva numerose proposte, anche ulteriori rispetto alle raccomandazioni della CRIM adottate il 23 ottobre del 2013, per valorizzare strumenti che noi già abbiamo e anche per tentare di dare un contributo, da parte della Commissione d'inchiesta italiana, al Semestre europeo.
  Dispiace che questa relazione, purtroppo, sia stata approvata dal Parlamento, prima al Senato e poi alla Camera, solo due settimane fa, però era stata redatta a luglio. Quindi, le chiedo se lei aveva già preso visione di questa relazione e se quindi se n'è discusso. In particolare, alcune proposte si riferivano al mandato europeo di ricerca delle prove, alle intercettazioni, al mutuo riconoscimento non soltanto – come già avviene – delle sentenze passate in giudicato, ma anche ai provvedimenti di confisca, alla introduzione dei sequestri dei beni, alla responsabilità delle persone giuridiche, alla lotta al narcotraffico e alla tratta degli esseri umani. Sono tutti temi ai quali lei ha accennato, ma a cui in questa sede non è stato dato tanto spazio. Si tratta di proposte che potevano essere portate all'attenzione degli altri Stati membri.
  Inoltre, lei ha ragione quando parla del fatto che, purtroppo, nel nostro Paese si dà poca rilevanza alle proposte che arrivano dall'Unione, che, invece, dovrebbero costituire un maggiore oggetto di approfondimento anche tra di noi. Mi riferisco, ovviamente, come diceva lei, alla Procura europea e ad Eurojust.
  Il problema è che spesso, secondo me, ci si scorda un po’ che si rischia che questi importanti organi – Eurojust c'è già, della Procura europea si sta discutendo tanto e ci sarà – siano poi dei gusci vuoti, se non c'è tuttora una disciplina simile in tutti gli Stati membri.
  Prendo spunto proprio dalla lotta al crimine organizzato per dire che ci può essere tutta la collaborazione che vogliamo tra le Forze dell'ordine e le procure dei vari Pag. 14Paesi, ma il semplice reato di associazione mafiosa non è istituito in tutti gli Stati membri. Anche una questione tanto semplice crea grossissimi problemi.
  Anche su questo aspetto volevo capire se negli incontri che ci sono stati, a Siracusa o in altri Consigli che avete fatto, ci sia stato un dibattito e se ci siano delle posizioni. Vorrei capire se l'Italia si sia fatta promotore anche di queste semplici iniziative, ossia di disciplinare e di uniformare maggiormente le norme che noi già abbiamo e che gli altri non hanno.
  Inoltre, mi spiace, ma devo rilevare, in ultimo, anche delle forti contraddizioni. Noi abbiamo la fortuna di avere una normativa molto efficace nelle misure di prevenzione e, spesso e volentieri, anche nel riconoscimento di alcuni organismi e nella valorizzazione di alcune norme che possono combattere la criminalità organizzata in maniera diversa rispetto a quanto avviene nel resto dell'Unione.
  Se poi, in sede di approvazione della legge di stabilità, si riducono e si tagliano drasticamente le risorse alle Forze dell'ordine, se l'Italia non ha, purtroppo, una normativa interna che revisioni l'istituto della prescrizione e che renda più facile la lotta alla corruzione, se non viene reintrodotto il reato di falso in bilancio, se non c'è ancora un reato di autoriciclaggio che sia effettivo, se mancano ancora tante cose alla nostra normativa interna, se ci mancano tutte queste cose e portiamo un cattivo esempio con tutto quello che sta succedendo in quest'ultimo periodo – mi riferisco alle vicende di Mafia capitale – come possiamo noi essere promotori in sede di Consiglio europeo e di Unione europea?
  Un'altra cosa che volevo chiederle, in conclusione, è se voi siate stati promotori anche di una forte richiesta di rinnovo della CRIM. Sappiamo che questo deve essere fatto in sede di Parlamento europeo, ma, visto che, come lei ha affermato, si deve dare seguito alle raccomandazioni e alla risoluzione approvata il 23 ottobre 2013, osservo che attualmente il fatto che la CRIM non sia stata rinnovata rappresenta un forte danno, io penso, per il nostro Paese e per tutta l'Unione europea.

  PRESIDENTE. Derogo subito alla regola che ho posto prima perché non ci sono altre richieste di intervento in questo momento. Anzi, completiamo il Movimento 5 Stelle con l'onorevole Bonafede, ma vi prego di concentrare gli interventi o non riusciamo a sentire le risposte.

  ALFONSO BONAFEDE. Grazie, presidente. Ha già detto più o meno tutto la collega Sarti. Io voglio chiarire un concetto importante.
  Personalmente non dubito del fatto che, fino a quando è arrivata la moneta unica, l'Europa abbia rappresentato un motore propulsore anche per i diritti dei singoli cittadini europei. Lei faceva riferimento al diritto alla privacy, per esempio, e alla tutela del consumatore, che arrivano in Italia proprio sulla spinta di quella che è stata la realtà europea fino a un dato punto.
  Noi, però, dobbiamo essere consapevoli del fatto che la presidenza del semestre europeo non è avvenuta né in quegli anni, né nel 2030. Lei ci viene a parlare qui come un ministro che abbia avuto la presidenza o nel passato, quando l'Europa era tutta un'altra cosa, o in un futuro che io so che tutti auspichiamo, ma che sappiamo non verrà.
  Qui si pone un problema attuale di differenza reale e concreta tra i diversi ordinamenti. Lei mi parla di tutela dei consumatori, ma ha spiegato all'Europa che in Italia i consumatori sono in balia delle multinazionali o delle grandi società?
  Le faccio un esempio personale. C'è una compagnia telefonica che continua ad addebitarmi 600-800 euro in più. Ogni volta io devo andare al Co.re.com e chiedere, semplicemente perché non ho da pagare un avvocato. Vado lì perché, nel frattempo, la compagnia telefonica, nelle due settimane che mi separano dall'udienza presso il Co.re.com, procede a offerte che vanno crescendo di giorno in giorno. Se io devo avere 800 euro, prima offrono 200 e poi 600. Immaginiamo quanti cittadini, per non aver la possibilità di farsi difendere, perché pensano che costi troppo o perché non vogliono andare in causa, sottostanno a tali richieste. Pag. 15
  Faccio un altro esempio, sul diritto alla privacy, che in questo momento soffre una crisi importante, rispetto al quale l'Europa si è espressa col diritto all'oblio e rispetto al quale l'Italia, se non fosse per una parte della legge che riguarda la diffamazione, non sarebbe ancora nelle condizioni di esprimere una risposta netta.
  Mi fa piacere che lei dica almeno che questo è un riconoscimento del fatto che si decidono in Europa delle questioni che noi immaginiamo di decidere con i nostri dibattiti interni. Questo mi dispiace, ovviamente, perché, secondo me, la situazione italiana meriterebbe un dibattito interno che si attagli a tale situazione. Noi non siamo ancora nelle condizioni di vivere un dibattito di carattere europeo o di respiro europeo, perché abbiamo problematiche che, anche se in quella prospettiva, sono problematiche che dovremmo risolvere internamente.
  Lei ha spiegato, per esempio, a livello europeo che da noi una coppia può andare a divorziare, seppure con taluni requisiti, dal sindaco senza nemmeno avere una difesa legale? Lei qui ci parla, in maniera per me troppo generica e in linea con le conferenze stampa che lei fa con il premier – io ho ascoltato attentamente – di istituti del diritto italiano. A un dato punto ha detto che essi potrebbero essere quasi un modello da estendere a livello europeo.
  Se, però, lei non indica almeno in via esemplificativa...

  ANDREA ORLANDO, Ministro della giustizia (fuori microfono). Ho parlato di modelli europei che possono essere utili per i nostri.

  ALFONSO BONAFEDE. Sì, ma, a un dato punto, riguardo la nostra riforma del diritto civile, io ho capito che la direzione che stiamo prendendo noi potrebbe essere una direzione che funga anche da modello o che rappresenti il messaggio da trasmettere all'Europa. Spero, a questo punto, di aver capito male.
  Per esempio, voglio capire se su questi temi, che riguardano la tutela dei diritti fondamentali, l'Europa sia stata messa al corrente delle profonde differenze non solo attualmente esistenti, ma anche del fatto che noi abbiamo recepito adesso, con l'ultima riforma del diritto civile, per esempio, il caso del divorzio.
  Finisco dicendo, ministro, che, se l'opinione pubblica è distratta da temi importanti – concordo con lei – rispetto a ciò che avviene in Europa, forse è anche perché il nostro Presidente del Consiglio interviene sulla giustizia solo per fare affermazioni a sproposito, spesso anche con cattivo gusto, per non parlare di sciacallaggio mediatico (penso al caso in cui è intervenuto sulla prescrizione nel caso Eternit), distraendo di fatto l'opinione pubblica da ciò su cui dovremmo forse meglio concentrarci.

  WALTER VERINI. Molto brevemente, io non credo che sia giusto trasformare questa in un'occasione di polemica politica. Ringrazio il ministro per il suo intervento, per il lavoro svolto in questo semestre e per quello che si appresta a svolgere anche per il futuro.
  Dalle questioni che il ministro ci ha illustrato io ho tratto una convinzione. Mentre parlava – ho ascoltato anche gli interventi – riflettevo, per esempio, sul fatto che l'altro ieri, se non ricordo male, in un Paese che fa parte a pieno titolo dell'Unione europea un giornalista è stato arrestato sulla base dell'ordinamento giudiziario vigente in quel Paese. Riflettevo su questo evento. So che la Farnesina e il nostro Governo si sono mossi per cercare di risolvere questo problema.
  Questo episodio, però, mi dava uno spunto per riflettere su come l'ordinamento giudiziario italiano, rispetto a quello di altri Paesi dell'Unione europea, in molte parti molto avanzato, sia molto il frutto di una civiltà giuridica consolidata. Ci sono altri Paesi che su alcuni terreni hanno norme certamente più avanzate del nostro sistema, ma ce ne sono altri che le hanno ancora più arretrate. Ho fatto questo esempio dell'Estonia, se non ricordo male il nome del Paese.
  Questo per dire che cosa? Una frase mi ha favorevolmente colpito, ministro, ossia quando lei diceva che bisogna andare a Pag. 16intensificare questo lavoro di confronto, di cooperazione, di omogeneizzazione e direi di europeizzazione anche oltre il semestre. Questo, come gruppo del PD, è davvero l'appello che noi facciamo, non solo a lei. Lo facciamo qui a lei e, attraverso lei, a tutto il Governo. La strada è solo quella.
  La strada è solo quella di omogeneizzare gli ordinamenti, di rafforzare le cooperazioni e di togliere barriere anche sul piano della cooperazione nel campo della giustizia. Questo non è compito del Governo, naturalmente, ma sarebbe molto importante, secondo me, se, così come l'Unione europea e il Consiglio della giustizia e degli affari interni hanno un loro status permanente e di lavoro, si intensificassero anche i rapporti tra i Parlamenti dell'Unione europea. Questo in modo tale da intensificare anche lo scambio di opinioni e di esperienze, nonché la rimodulazione di norme, la sintonia e, per taluni aspetti, la sincronia di norme e di ordinamenti dei vari Paesi.
  In sostanza, io credo che l'insegnamento che ci ha fornito la fase che stiamo vivendo, con un'Europa che si interroga davvero sul suo futuro, debba portarci a vedere i nostri limiti e i nostri ritardi. Alcune cose che sono state dette prima dall'onorevole Sarti io personalmente le condivido, perché si tratta di temi che riguardano davvero un'emergenza che l'Europa, ma anche il nostro Paese, sta vivendo in particolare.
  Tuttavia, la strada è semplicemente quella di non fornire risposte autarchiche, ma risposte incisive per quanto riguarda il nostro ordinamento. Guai, però, a leggerle in termini provinciali, da piccola patria, perché non andremmo da nessuna parte.
  Non so se sono riuscito a rendere l'idea, ma era questo il senso dell'intervento che volevo fare.

  FRANCESCA BUSINAROLO. Non voglio portare via tempo, ma...

  PRESIDENTE. Le do subito la parola, ma vorrei sentire se ci sono altri interventi, per poter fare un'alternanza. Se non ce ne sono altri, do la parola all'onorevole Businarolo.

  FRANCESCA BUSINAROLO. Ringrazio anch'io il ministro. Mi dispiace che il collega Verini declassi sempre tutto a polemica politica. Questa, invece, è sempre un'occasione, secondo me, perché il ministro venga a conoscenza di alcuni fatti.
  Stavo cercando un articolo che ho ricevuto questa mattina da Verona. Il presidente del tribunale di Verona ha dovuto ridurre le udienze. Va benissimo il confronto con l'Europa, va bene confrontarsi con gli altri Paesi, anche perché magari abbiamo bisogno di imparare. Qui, però, c'è bisogno di nuovo personale, ministro. Non c'è niente da fare. Abbiamo bisogno di assumere persone, magistrati e cancellieri, perché non vengono rimpiazzate le persone che vanno in pensione e, purtroppo, la giustizia e i tribunali sono i primi a rimetterci, anzi, i primi a rimetterci sono proprio i cittadini.
  Volevo fare una domanda. Non ho visto se avete parlato di FOIA (Freedom of Information Act), di accessibilità e di trasparenza, che i cittadini richiedono da un bel po’. L'Italia è un po’ indietro da questo punto di vista e io penso che questo sia un tema che dovremmo cominciare ad affrontare.
  Il FOIA è un documento che tutti gli Stati dovrebbero predisporre in maniera tale che i cittadini possano avere accesso in maniera più semplice. Va bene la privacy, ma vanno bene anche la trasparenza della pubblica amministrazione e della giustizia in primis.

  PRESIDENTE. Grazie. Aggiungo due piccole domande da parte mia, ministro, sulla protezione dei dati.
  Considerato che c'è stato un avanzamento dei lavori con la presidenza italiana, vorrei sapere se lei ha capito che ci sia una situazione favorevole per cui si possa arrivare a un accordo complessivo, oppure se non si debba magari ipotizzare di lavorare su parti ormai condivise per cercare di velocizzare l'adozione di un primo risultato utile.
  Inoltre, sulla questione delle controversie di modesta entità, nel dossier si fa riferimento al fatto che «la presidenza italiana ha spiegato le ragioni per cui ritiene Pag. 17 che debba essere limitato a 4.000 euro il valore massimo delle controversie oggetto della nuova disciplina». Le chiedo se ritiene che questo possa essere il valore massimo di tali controversie di minore entità per alleggerire il contenzioso pendente.
  Do la parola al Ministro Orlando per la replica.

  ANDREA ORLANDO, Ministro della giustizia. Vorrei spiegare, prima di tutto a me stesso, come funziona il processo legislativo dell'Unione europea, perché credo sia utile per indicare qual è il ruolo che può esercitare la presidenza.
  Il potere di iniziativa legislativa compete alla Commissione. I dossier che noi potevamo trattare erano quelli che erano già stati incardinati nel semestre precedente. Quello che potevamo fare per stimolare la Commissione, ed è quello che abbiamo fatto, era porre alcuni temi che ancora non erano stati affrontati dall'azione legislativa della Commissione. Come ho detto, i temi che noi abbiamo posto sono stati quello che attiene alla formazione comune dei magistrati e quello che riguarda il tema del contrasto alla criminalità organizzata.
  Su quali basi era opportuno politicamente, a mio avviso, porre queste questioni e perché, nonostante conosca il lavoro che ha fatto la Commissione antimafia – lavoro che, peraltro, per quanto riguarda il tema delle confische e dei sequestri, è recepito nella proposta di disegno di legge attualmente in esame al Senato – non ritenevamo (o io non riterrei) opportuno porre il tema dal punto di vista dell'elaborazione di una Commissione di un Parlamento?
  Vorrei spiegare su questo tema, come su tutti gli altri, che la prima domanda che si pone il Consiglio, prima ancora di affrontare il merito, è se quel tipo di normativa debba essere una normativa da affrontare a livello comunitario. Vi è una resistenza degli Stati nazionali a non affrontare questi argomenti a livello comunitario, per tante ragioni, non ultimo il fatto che ognuno pensa che il modo in cui affronta un tema internamente sia molto migliore di come lo si potrebbe affrontare a livello europeo.
  Noi abbiamo posto la questione dell'estensione della normativa italiana, ma l'abbiamo fatto facendo leva su un deliberato che c'era già stato da parte del Parlamento europeo. Il Parlamento europeo, nel momento in cui ha approvato il lavoro della CRIM, ha sostanzialmente ritenuto che la normativa italiana, la normativa che su questo tema specifico è la più evoluta a livello europeo, potesse costituire un modello. Se avessimo posto il tema dal nostro punto di vista strettamente nazionale, la reazione immediata sarebbe stata quella che forse noi avremmo se altri Paesi facessero lo stesso ragionamento rispetto a istituti che riguardano il loro Paese.
  In questo senso, l'accoglienza generale è stata un'accoglienza positiva. Io non mi illudo, però, sul fatto che questa accoglienza apra un percorso semplice, perché sul tema confische non solo molti Paesi stentano a riconoscere fino in fondo la pericolosità delle organizzazioni criminali, ma sono fortemente diffidenti a interventi della giurisdizione sull'assetto della proprietà. Questo perché hanno ordinamenti diversi dal nostro, hanno esperienze diverse dalle nostre e hanno anche un rapporto tra potere esecutivo e potere giudiziario molto diverso da quello stabilito nel nostro ordinamento interno. Questo è un tema che si è ripercosso molto su tutti i dossier.
  Perché è difficile realizzare la Procura europea? Io non vorrei che si banalizzasse tutto al tema per cui ci sono i buoni che vogliono la legalità – saremmo noi, nella fattispecie – e i cattivi che non la vogliono. In Inghilterra la pubblica accusa è sostenuta da un ramo dell'esecutivo. La Francia ha un sistema che vede ancora la figura del giudice istruttore, con un PM fortemente legato all'esecutivo. Coordinare questi modelli diversi è un'attività molto complicata, che non può partire dall'affermazione della superiorità di un modello sull'altro, perché questo inevitabilmente porta a uno stallo nella discussione. Può cercare soltanto di creare le condizioni negoziali per un progressivo avvicinamento.
  Questo è quanto abbiamo fatto. Io rivendico il fatto che in questo elenco di titoli per la prima volta sia stato inserito anche quello del contrasto alla criminalità organizzata, Pag. 18 secondo i presupposti che erano stati elaborati dalla Commissione CRIM, per la quale noi abbiamo chiesto – anche qui facendo una piccola forzatura, perché c'è una forte gelosia delle prerogative – al Parlamento europeo di reiterare quell'esperienza, cosa che speriamo abbia aiutato.
  Può anche creare l'effetto opposto, però. Il fatto che un singolo Governo nazionale ponga una questione non è sempre recepito dalle Istituzioni europee come un elemento che agevola un percorso se intorno a quella posizione non si è riusciti a costruire una maggioranza molto ampia di Stati membri disponibili a sostenere tale ipotesi.
  Io non ho mai parlato di un modello italiano da esportare a livello europeo proprio per questa ragione, anche se ritengo che ci siano anche buone prassi italiane che possano essere proposte. Al di là della polemica, penso al processo civile telematico, essendo il nostro uno dei pochi Paesi che hanno affrontato questa sfida.
  Ho detto esattamente il contrario. Io penso che molti istituti, giocoforza, al di là della valutazione che noi ne diamo, finiranno per influenzare l'evoluzione degli istituti interni. Io non sto esprimendo un giudizio di valore. Non so se il modo in cui il tema è stato affrontato in questa dimensione sia il migliore.
  Aggiungo anche un'altra considerazione. Onorevole Bonafede, io non esprimo una valutazione – non mi era stato chiesto, in quest'audizione – sullo stato dell'arte dell'Europa e del processo di integrazione europea. Mi è stato chiesto di riferire su come abbiamo gestito i dossier che erano all'ordine del giorno.
  Se posso esprimere, invece, una valutazione di carattere politico, credo che una serie di questioni che noi abbiamo affrontato e stiamo affrontando debba prescindere dal successo del processo di integrazione.
  Mi spiego. Noi abbiamo fatto un incontro la settimana scorsa, come di rito a fine semestre, con i Paesi dei Balcani occidentali, che sono quasi tutti interessati dall'ipotesi di allargamento. Se va avanti l'allargamento, nulla quaestio. Se non va avanti l'allargamento, noi un accordo di reciproco riconoscimento delle decisioni della giurisdizione, un lavoro di coordinamento del lavoro delle Forze dell'ordine lo dovremmo fare in tutti i casi.
  Penso al fatto che alcuni fenomeni di criminalità organizzata utilizzino quel corridoio. Se l'integrazione va avanti, come io spero, il problema si risolve con l'integrazione. Se l'integrazione non va avanti, come forse spera lei – non lo so – almeno dal punto di vista economico, inevitabilmente si pone il tema di come si riesca a creare un processo di coordinamento delle giurisdizioni.
  In fondo, i fenomeni che dobbiamo affrontare hanno ormai una dimensione sovranazionale. La vicenda della tutela della privacy o del trattamento dei dati personali, essendo ormai tema prevalentemente sovrapponibile a quello della gestione della rete, è evidente che non possa essere più affrontato e risolto nella dimensione nazionale. Addirittura quella europea non è più sufficiente, tant'è che noi abbiamo provato ad affrontarlo in un dialogo transatlantico.
  Il tema della criminalità organizzata non può che essere affrontato in una dimensione di carattere sovranazionale, ma quella dimensione sovranazionale sconta l'esigenza di costruire un minimo comun denominatore. Se è molto semplice per le organizzazioni criminali coordinarsi, è molto più difficile per gli ordinamenti riconoscere un punto di equilibrio tra le diverse storie e tradizioni giuridiche. Questo è il quadro nel quale ci siamo mossi, con un successo che su alcuni punti ritengo significativo.
  Per rispondere al Presidente Ferranti, sulla questione della protezione dati personali noi ci siamo mossi esattamente sulla linea che ha detto. Abbiamo preso atto che un accordo di carattere complessivo non era possibile, abbiamo individuato i punti su cui c'era un accordo e abbiamo cercato di chiudere su quei punti. Questo è stato il senso. Ogni volta che c'è stato un Consiglio europeo, abbiamo ottenuto un accordo su alcune singole questioni che riguardavano il dossier nel suo insieme. Pag. 19
  Per quanto riguarda la domanda sulla questione delle controversie di lieve entità, c'è uno schema quasi generale. Ci sono Paesi che non vogliono che ci sia una normativa europea, perché la loro è molto più avanzata di quella europea, e ci sono Paesi che non vogliono la normativa europea perché ritengono che quella europea inciderebbe nei loro ordinamenti rispetto all'assetto che difendono, talvolta più arretrato di quello europeo.
  Sulla questione delle controversie di lieve entità tutta la discussione è stata sul quantum. Alcuni Paesi ritenevano che non si dovesse andare oltre i 4.000 euro perché erano essenzialmente ostili a un'estensione di questo istituto.
  Il punto di equilibrio che si è trovato è questo, ma è un punto di equilibrio – lo preciso perché è difficile raccapezzarsi – che deve essere ancora mediato con il Parlamento europeo, il quale ha chiesto di portare la soglia a 10.000 euro. Adesso il negoziato tra il Consiglio, la Commissione e il Parlamento sarà tra i 4.000 euro proposti dal Consiglio, raccogliendo le istanze degli Stati membri, e i 10.000 euro che propone il Parlamento.
  In tutte queste vicende si pone sempre una questione, a un dato punto, ossia se il gioco valga la candela. Si pone sempre la questione se la mediazione sia accettabile rispetto all'obiettivo che si è venuto a determinare.
  Ricordavo la questione della Procura europea. La Procura europea non si fa se non si tiene conto della differenza degli ordinamenti, ma, se si tiene troppo conto della differenza degli ordinamenti, la Procura europea non serve assolutamente a niente.
  In questo gioco di contrappesi è necessario muoversi. Io penso che questo modello funzioni nonostante tutto e che sia il migliore tra quelli che fino ad oggi si sono riusciti a realizzare nella dimensione di cooperazione sovranazionale.
  Dico questo perché gli altri Paesi, quelli che non sono all'interno, si attestano sugli standard che noi siamo riusciti a costruire. Se fossero tanto scarsi o inopportuni, non ci sarebbe né la richiesta d'ingresso, che può essere anche mossa da ragioni di carattere economico, né, stando fuori, la volontà di assumere alcune decisioni che, in alcuni casi, sono il frutto di questo complesso procedimento.
  Faccio un esempio. Su alcuni temi di carattere ambientale che io ho seguito in un'altra fase alcuni Paesi che non aderiscono all'Unione europea chiedono di essere parte della definizione delle regole e chiedono poi di assumere tali regole. La Svizzera è uno di questi Paesi, che pure spesso è ritenuto come punto di riferimento su alcuni temi. Parlo di quelli ambientali.
  La valutazione politica empirica che noi possiamo fare, in questo momento storico, non è tanto se si potesse fare meglio e se ci potesse essere un'Europa migliore, cosa che ognuno di noi può e deve fare nei contesti politici. Dobbiamo valutare se la qualità dei dossier nelle condizioni e secondo le regole poste sia all'altezza delle aspettative dei temi che vengono affrontati.
  Io dico sostanzialmente e complessivamente di sì, perché la prova del nove che utilizzo è il fatto che altri Paesi che non hanno partecipato tutto sommato intendano o vogliano attestarsi sugli standard che sono stati raggiunti.
  È giusto quello che richiamava l'onorevole Verini. Probabilmente anche la cooperazione tra i Parlamenti in questa fase potrebbe essere molto utile per realizzare un'attività propedeutica all'intesa che deve essere raggiunta dai Governi.
  Come ultima considerazione – è l'unico punto su cui rispondo a una serie di considerazioni che ritengo debbano trovare giustamente una risposta compiuta in altra sede – sui temi legati alla criminalità economica e organizzata noi abbiamo una normativa ritenuta a livello europeo una tra le più avanzate. Ci sono, però, oggettivamente delle falle, che riguardano il tema dell'autoriciclaggio e quello del falso in bilancio. Parlo ora della materia sostanziale, non di quella processuale.
  Penso che l'accordo che è stato raggiunto sul tema dell'autoriciclaggio tenga conto delle indicazioni delle Agenzie internazionali su questo punto e che la versione Pag. 20che noi abbiamo presentato al Senato sul falso in bilancio, che mi auguro sia rapidamente esaminata dalla Commissione del Senato, corrisponda a questi desiderata.
  Questo, purtroppo, è lo standard più frequente che viene utilizzato, non solo perché inasprisce le pene, ma anche perché prevede una configurazione del reato che non è legata al pericolo, né al danno che viene provocato, ma viene utilizzata come strumento di prevenzione di altri fenomeni, che, a mio avviso, corrispondono esattamente a ciò che le Agenzie internazionali raccomandano per il contrasto alle forme di corruzione.
  Naturalmente, io sono rassegnato al fatto che questa discussione si compia sempre in questo modo. Si arriva a un punto, ma c'è sempre qualcuno che dice che si potrebbe fare molto di più. A questo di più non c'è mai un limite, nel senso che si può arrivare a forme di sanzione estrema.
  Credo che noi dobbiamo, anche in questo caso, vedere se le cose che stiamo facendo rientrano nei parametri che sono stati elaborati nella dimensione sovranazionale. Rispetto alle iniziative che stiamo attuando mi pare che quest'ambizione possa essere soddisfatta.

  PRESIDENTE. Ringraziamo molto il ministro della disponibilità. Ovviamente, noi, ministro, abbiamo in cantiere varie iniziative. Aspettiamo anche i disegni di legge approvati dal Governo. Ci sarà modo, quindi, per scendere nel concreto anche – ci auguriamo – con il ministro in questo percorso di riforme proprio per cercare di fare delle riforme che siano tali dal punto di vista strutturale, ma che si inquadrino anche nell'ambito delle indicazioni europee.
  La ringrazio. Noi proseguiamo il nostro cammino.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.05.