XVII Legislatura

I Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Martedì 21 ottobre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Toninelli Danilo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DEI PROGETTI DI LEGGE C. 14  COST. D'INIZIATIVA POPOLARE, C. 21  COST. VIGNALI, C. 148  COST. CAUSI, C. 178  COST. PISICCHIO, C. 180  COST. PISICCHIO, C. 243  COST. GIACHETTI, C. 284  COST. FRANCESCO SANNA, C. 398  COST. CAPARINI, C. 568  COST. LAFFRANCO, C. 579  COST. PALMIZIO, C. 580  COST. PALMIZIO, C. 581  COST. PALMIZIO, C. 839  COST. LA RUSSA, C. 939  COST. TONINELLI, C. 1439  COST. MIGLIORE, C. 1543  COST. GOVERNO, C. 1660  COST. BONAFEDE, C. 1925  COST. GIANCARLO GIORGETTI, C. 2051  COST. VALIANTE, C. 2147  COST. QUARANTA, C. 2221  COST. LACQUANITI, C. 2227  COST. CIVATI, C. 2293  COST. BOSSI, C. 2329  COST. LAURICELLA, C. 2338  COST. DA

Audizione di rappresentanti di ANCI e UPI.
Toninelli Danilo , Presidente ... 3 
Pastacci Alessandro , Presidente dell'UPI ... 3 
Toninelli Danilo , Presidente ... 5 
Ricci Matteo , Rappresentante dell'ANCI ... 5 
Toninelli Danilo , Presidente ... 6 
Fraccaro Riccardo (M5S)  ... 6 
Gasparini Daniela Matilde Maria (PD)  ... 6 
Lauricella Giuseppe (PD)  ... 7 
Toninelli Danilo , Presidente ... 8 
Ricci Matteo , Rappresentante dell'ANCI ... 8 
Toninelli Danilo , Presidente ... 9 
Giorgis Andrea (PD)  ... 9 
Toninelli Danilo , Presidente ... 10 
Ricci Matteo , rappresentante dell'ANCI ... 10 
Giorgis Andrea (PD)  ... 10 
Ricci Matteo , rappresentante dell'ANCI ... 10 
Lattuca Enzo (PD)  ... 10 
Ricci Matteo , rappresentante dell'ANCI ... 10 
Toninelli Danilo , Presidente ... 10 
Ricci Matteo , Rappresentante dell'ANCI ... 10 
Toninelli Danilo , Presidente ... 11 
Lauricella Giuseppe (PD)  ... 11 
Lattuca Enzo (PD)  ... 11 
Toninelli Danilo , Presidente ... 12 
Pastacci Alessandro , Presidente dell'UPI ... 12 
Toninelli Danilo , Presidente ... 12 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 12 
Ricci Matteo , Rappresentante dell'ANCI ... 13 
Pastacci Alessandro , Presidente dell'UPI ... 13 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 15 
Pastacci Alessandro , Presidente dell'UPI ... 15 
Sisto Francesco Paolo , Presidente ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: (NCD);
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia: (PI);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Libertà e Diritti-Socialisti europei (LED): Misto-LED.

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DANILO TONINELLI

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di ANCI e UPI.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, in relazione all'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame dei progetti di legge C. 14 e abbinati, recanti revisione della parte seconda della Costituzione, l'audizione di rappresentanti di ANCI e UPI.
  Nel ringraziare i nostri ospiti della loro presenza e della loro disponibilità, do la parola al dottor Alessandro Pastacci, Presidente dell'UPI e Presidente della Provincia di Mantova.

  ALESSANDRO PASTACCI, Presidente dell'UPI. Grazie, presidente, per aver accolto la richiesta di audizione e poter essere qui oggi a portare alcune osservazioni rispetto a questo iter che sta avendo la riforma costituzionale.
  Sicuramente l'elemento importante che sottolineiamo è l'elemento positivo della semplificazione che si vuol portare alla struttura complessiva del Governo del Paese sia a livello nazionale, sia a livello locale, quindi un processo di razionalizzazione, di maggiore efficientamento del processo decisionale e quindi dei relativi risultati, quale è il processo normativo che oggi è un processo lungo e complesso.
  Un elemento positivo che sottolineiamo è il superamento del bicameralismo, ma anche, rispetto alla costituzione, oggi del Senato della Repubblica, ieri nella prima versione del Senato delle Autonomie, quello di avere un maggiore equilibrio tra le rappresentanze delle Autonomie, quindi tra i rappresentanti dei Comuni all'interno del Senato che sono Sindaci, e quelli invece nominati tra i membri delle Regioni.
  Un elemento importante rispetto alle due impostazioni che emergono dal documento entrato al Senato e da quello uscito dal Senato e oggi presente qui alla Camera è capire con chiarezza se in questo Paese si voglia un'impostazione di uno Stato unitario che abbia una forte ispirazione autonomista o si decida di andare verso uno Stato federale, quindi con competenze esclusive, dedicate anche nel governo del territorio agli ambiti regionali.
  Riteniamo che in questa stesura di transizione (se tale è, perché comunque i confronti sono ancora aperti) tale elemento vada definitivamente chiarito. Proprio per questo, ritenendo necessaria rispetto al Paese una forte ispirazione autonomista, che guardi al territorio e alle articolazioni attualmente previste dall'articolo 114 o a quelle che comunque potranno essere previste dall'articolo 114 della Costituzione riformato, è necessario rivedere profondamente l'ordinamento costituzionale delle Regioni. Questo deve essere fatto chiarendo bene che le Regioni hanno compiti di programmazione e compiti di legislazione, e naturalmente riducendosi sempre di più, vista la disomogeneità delle dimensioni regionali e quindi la Pag. 4necessità di dare una ripartizione omogenea dell'interlocutore primario dello Stato rispetto alle Regioni, che a cascata determina una percezione molto diversa da Regione a Regione rispetto all'articolazione per il governo del territorio. Credo che questo stia avvenendo in altri Paesi d'Europa e possa ispirare in Italia una riduzione del numero dei soggetti di riferimento regionali.
  Per quanto riguarda il riferimento all'area vasta e quindi al tema che è entrato nell'articolo 117 ed è uscito, dopo l'esame al Senato, nelle norme finali, ribadiamo l'importanza, soprattutto per lo scenario futuro e di medio-lungo periodo perché tale è il tempo di attuazione e di vita di una riforma costituzionale, che lo Stato abbia capacità normativa e legislativa sul tema dell'area vasta, per evitare almeno nelle 15 Regioni a Statuto ordinario situazioni completamente diverse l'una dall'altra, nel momento in cui anche i princìpi base della definizione dell'area vasta fossero lasciati nell'ambito regionale.
  Questo ci preoccupa, visto che oggi rispetto alla gestione dei livelli di Governo del territorio su base territoriale, oltre alla Provincia il disegno non è assolutamente chiaro, perché in Italia non in tutti i territori esistono unioni o associazioni di Comuni già consolidate, che operano con competenze sovracomunali. Vi sono però indirizzi di norma cogenti, che ancora non hanno portato a un sistema che guardi alla sovracomunalità come ambito di gestione, se non oggi l'ambito provinciale, che con le indicazioni della legge n. 56 del 2014 dà la possibilità, attraverso gli avvalimenti e i convenzionamenti, di trasferire attività dai Comuni alle Province, come le stazioni uniche, le centrali di committenza, progettualità, gestione di servizi.
  Non avendo chiaro quel disegno, riteniamo molto pericoloso individuare esclusivamente con normazione regionale il futuro di ciò che sarà la gestione «di area vasta» o meglio sovracomunale rispetto alla realtà attuale, che invece vede un punto di riferimento istituzionale estremamente forte.
  Bisognerebbe quindi vederla come una fase di transizione adeguata, soprattutto quando si parla di riforma del Governo degli Enti territoriali che può durare anche qualche anno, non solo qualche mese.
  Per quanto riguarda questo punto specifico, è già stato sottolineato in diversi studi, tra cui quello del Servizio Studi della Camera, come una disciplina dell'area vasta possa ritornare nell'articolo 117, e questo è l'appello che facciamo in vista di una migliore e più forte voce dei Comuni sul territorio.
  Per quanto riguarda infine l'articolazione che deriva dalla struttura della Costituzione agli articoli 131 e 133, riteniamo che debbano essere oggetto di revisione; in particolare, l'articolo 131 perché, se stiamo facendo una riforma costituzionale e da più parti viene ribadito che vi è un problema molto forte e importante sulle Regioni e sul numero delle Regioni, riteniamo importante che questo tema venga preso in considerazione, in quanto l'articolazione di Governo del territorio nella Regione Lombardia con 10 milioni di abitanti e 1.500 Comuni è molto diversa da quella della Regione Molise.
  Questo porta a una strutturazione molto diversa, che deve essere necessariamente oggetto di revisione, se si vuol fare una vera riforma costituzionale, altrimenti rischiamo di avere Regioni in cui si formeranno dei modelli e Regioni in cui se ne formeranno altri, e alcune stanno già pensando alla produzione di nuove agenzie per gestire le funzioni sul territorio. Qualcuno sostiene che questa sia una normale conseguenza, ma io suggerisco di rileggere la legge n. 56 del 2014, la legge Delrio, che invece prevede che vengano tolte delle articolazioni che hanno dimensione regionale, ma vengano riportate nell'ambito provinciale in questa fase di transizione. Non si capisce quindi come si possa sposare la totale abolizione delle Province nella fase di attuazione della legge Delrio senza la riforma costituzionale, come ho sentito anche dalla voce del premier, con una legge che dice «riportate all'ambito provinciale». Credo che questo aspetto debba essere chiarito, perché quello che ci Pag. 5interessa non è che in Italia esistano Enti che si chiamano Comuni, Province e Regioni, ma che vengano erogate le funzioni ai cittadini. Voglio quindi capire con chiarezza dove vanno a finire le funzioni e i contenuti della legge n. 56. Se vi è un Ente territoriale di riferimento, sicuramente è più semplice, se non c’è nulla come configura la riforma costituzionale, togliendo il concetto di area vasta vuol dire che se fra due anni o fra un anno e mezzo o fra un anno (lo auguriamo a tutti) vi fosse la riforma costituzionale, in Italia ci dovranno già essere le Unioni di Comuni consolidate come elemento di riferimento dei Comuni stessi.
  Queste erano le osservazioni che volevamo portare alla vostra attenzione e grazie ancora per averci ascoltato.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Pastacci e passo la parola al dottor Matteo Ricci, Sindaco di Pesaro e rappresentante dell'ANCI.

  MATTEO RICCI, Rappresentante dell'ANCI. Grazie, presidente. Anche noi condividiamo lo sforzo di riforma complessiva dello Stato che il Parlamento sta facendo, in particolare la fine del bicameralismo perfetto, che renderà sicuramente le istituzioni più veloci e più attinenti ai tempi di decisione che la situazione attuale richiede dal punto di vista sia economico che sociale, oltre che istituzionale.
  Il giudizio di fondo è quindi un giudizio positivo, così come è positivo sulla necessità di riformare il Titolo V per fare chiarezza e rendere esclusive alcune materie tra Stato e Regioni, tema che ha creato negli anni numerosi contenziosi e un appesantimento del processo istituzionale e normativo.
  Avanziamo elementi di criticità sul tipo di rappresentanza del Senato delle Autonomie, che avremmo voluto molto più orientato sui Comuni che sulle Regioni, ed è anche per questo che chiediamo che vengano inseriti come membri di diritto almeno i Sindaci delle Città metropolitane o in alternativa a questi i Sindaci delle città capoluogo di regione, anche per riequilibrare la rappresentanza più su un versante istituzionale, meno su un versante politico. Trattandosi di Camera delle Autonomie, maggiori sono i ruoli riconosciuti istituzionalmente e minore è l'aspetto di appartenenza politica, tutto nella legge dell'elezione attraverso i Consigli regionali.
  Credo che questo sia un modo per aprire una riflessione, che fino a questo momento non è stata aperta, su cosa devono essere le Regioni in Italia, perché abbiamo discusso a lungo di Province e siamo in mezzo a una riforma che rischia di non essere applicabile. Qui sforo dal tema, ma la legge di stabilità che si sta discutendo in queste ore non mette i Comuni in condizioni di gestire l'Ente di area vasta, l'ente di secondo livello. Questo è un problema anche istituzionale perché, se facciamo una riforma ma non mettiamo i soggetti che devono gestirla in condizioni di farlo, rischiamo di compromettere il processo di riforma istituzionale.
  Abbiamo discusso a lungo della dimensione dei Comuni, e credo che questo tema vada ripreso perché è evidente che 8.000 Comuni in Italia così come li abbiamo conosciuti non reggeranno a lungo, quindi credo che il legislatore debba spingersi oltre e incentivare unioni e fusioni di Comuni.
  Dobbiamo riflettere su cosa devono essere le Regioni, perché, se devono essere enti di programmazione e di legislazione alla luce della riforma del Titolo V che definirà chi deve fare cosa e quali sono le materie di competenza, ritengo che vada aperto anche un ragionamento sulle Regioni troppo piccole, così come anche sulle Regioni a Statuto speciale, ragionamenti che rientrano nell'ambito dell'esigenza di riformare questo Paese.
  Al di là di queste considerazioni di carattere generale, noi abbiamo presentato degli emendamenti, alcuni rispetto al tema della rappresentanza nel Senato della Repubblica, dove si veda una maggiore presenza di Sindaci, in particolar modo dei Sindaci delle Città metropolitane, e altri piccoli emendamenti che vanno a rafforzare Pag. 6il ruolo dei Comuni, degli Enti locali come ruolo costituzionalmente riconosciuto.
  Chiediamo ad esempio che anche i Comuni possano ricorrere alla Corte Costituzionale, non soltanto le Regioni, e che questo venga valutato positivamente nella discussione che si sta svolgendo sul testo.
  Altri emendamenti sono di carattere minore, ma rientrano nella cornice che ho provato a delineare, e anche per questo vi consegneremo il testo completo con gli emendamenti proposti. Grazie per questa opportunità.

  PRESIDENTE. Ringrazio anche l'ANCI rappresentata dal dottor Ricci. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  RICCARDO FRACCARO. Mi permetto preliminarmente di stigmatizzare l'assenza del Governo. Credo che sia un tema molto delicato, abbiamo qui la possibilità di interloquire con i rappresentanti degli Enti locali e non vorrei che l'assenza del Governo fosse un'ulteriore dimostrazione di quanto poco tenga in considerazione le competenze degli Enti locali.
  Mi riallaccio alla domanda principale da sottoporre all'attenzione dei nostri ospiti, la questione della clausola di salvaguardia o più in generale delle competenze e del progetto di Italia che si può leggere dietro questa riforma.
  Io non vedo un'idea chiara di come vogliamo il nostro Paese e di come vogliamo amministrare il nostro Paese, se con una forte centralizzazione, che forse è quella che traspare di più da questa riforma costituzionale, o con un sistema di valorizzazione delle competenze degli Enti locali e il principio di sussidiarietà.
  Con il riparto di competenze così come è delineato, tra Stato ed Enti locali e Regioni le controversie ricominceranno ad affiorare, perché ci sono materie di non facile collocazione, mentre adesso, grazie all'opera della Corte Costituzionale, è stato possibile fare un vaglio e raggiungere un equilibrio che adesso si sconvolgerà di nuovo.
  Soprattutto abbiamo una clausola di salvaguardia che dice sostanzialmente: se il Governo decide che c’è una materia di interesse nazionale – cosa vuol dire, lo decide il Governo quale materia è di interesse nazionale ? –, riporta una competenza che poteva essere della Regione di nuovo allo Stato.
  Vorrei conoscere la vostra opinione su questa clausola di salvaguardia che non è certo quella tedesca, mentre l'altra domanda riguarda la rappresentanza. Si chiedeva una rappresentanza più istituzionale del Senato; è un'opinione che condivido, perché, se il Senato deve essere l'organo rappresentativo degli Enti locali, non può non essere un organo politico, perché se ad esempio un senatore cambia indirizzo politico come avviene tutti i giorni qui in Parlamento, quell'Ente non è più rappresentato dal Consigliere regionale che è anche senatore e quindi non ha più voce.
  È giusto questo ? Io credo di no, però mettiamo il Sindaco della Città metropolitana, cioè davvero il Sindaco della Città metropolitana ha la possibilità, il tempo, la capacità di amministrare il proprio Comune e anche di fare un'attività legislativa così importante come quella del Senato ? Due sono le cose: o tutti i nostri Sindaci sono dei supereroi o fare il Sindaco è semplicissimo, e io non credo che nessuna delle due ipotesi sia contemplabile.
  Credo che dobbiamo trovare una struttura diversa del Senato, se vogliamo che sia veramente un Senato delle Autonomie.

  DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. Grazie, presidente, Credo che come rappresentanti degli Enti locali stiate vivendo una stagione molto complicata e siate un'avanguardia in una stagione di riforme.
  Da questo punto di vista quello che in queste settimane e in questi mesi si riuscirà a mettere a punto rispetto ai rapporti tra Regioni, Stato centrale e Autonomie locali, dove so che ANCI e UPI partecipano (parlo degli Osservatori regionali per l'attuazione della legge n. 56 del 2014), quel lavoro a mio avviso è prezioso se specialmente fra le associazioni che rappresentano Pag. 7Regioni, Province e Comuni ci sarà quella giusta sinergia per andare a mettere a punto tutte le situazioni che non sono chiare.
  Mi riferisco in particolare al tema delle funzioni, che di fatto oggi sono state indicate nella legge n. 56 del 2014 e verranno riprese nella riforma costituzionale. Credo che sarà importante con il vostro aiuto mettere a punto il concetto del Governo di area vasta. Nella riforma costituzionale così come è in bozza vengono cancellate le Province, viene introdotto il tema dell'Ente di area vasta, poi demandato alle Regioni come formulazione puntuale.
  Credo che questo sia uno dei punti da approfondire in questo confronto, anche perché, essendo stato chiesto dal presidente dell'UPI di metterlo in Costituzione, vi andrebbero inseriti almeno gli obiettivi per quanto riguarda l'area vasta e quindi anche le funzioni assegnate.
  Detto questo, volevo condividere con i rappresentanti dell'UPI e dell'ANCI quanto è emerso dalle tante audizioni di questi giorni, in cui il tema di fondo trasversale è che non appare chiaro l'obiettivo strategico di un Senato così formulato, ovvero se rappresenti i territori oppure no, e in questo caso una delle critiche maggiori riguarda la confusione tra il ruolo delle Regioni e quello degli Enti locali.
  È stata infatti prevalente la critica degli esperti sul fatto che ci siano i Comuni dentro al Senato e non una rappresentanza di enti che abbiano potere legislativo, critica che condivido pur avendo fatto il Sindaco e avendo una lunga storia, perché ritengo che in questa fase sia necessario definire il senso delle cose. Esiste il rischio che un Senato senza una funzione chiara possa creare confusioni.
  Lo pongo come tema perché il rappresentante dell'ANCI chiedeva una maggior rappresentanza dei Sindaci, ma credo si tratti veramente di capire meglio (vorrei qualche puntuale suggerimento da voi, e poi vedremo gli emendamenti che avete presentato) come basare tutte queste riforme, come previsto dalla legge n. 56 del 2014, su Regioni e Comuni sapendo che occorre garantire attraverso i Comuni un processo di gestione di area vasta.
  Ci sono troppe situazioni non coerenti in questo momento, che occorrerà mettere a punto, e credo che le associazioni abbiano un ruolo determinante in questa fase, anche perché alcune riforme sono calate dall'alto perché dal basso non stanno arrivando proposte forti, come ad esempio cosa vuol dire un modello di cooperazione fra i Comuni per il Governo di area vasta e cosa si potrebbe già fare.
  Sollecito voi, più di qualsiasi altro proprio perché rappresentate le Autonomie locali, ad avere il coraggio di osare di più e a provare insieme alle Regioni a suggerire ipotesi che tengano conto del dibattito e dell'esigenza di avere istituzioni chiare con funzioni precise.
  Credo che uno dei problemi di fondo da puntualizzare è che tutte queste riforme stanno in piedi se verrà chiarito tutto il tema del finanziamento. Da questo punto di vista mi piacerebbe conoscere la vostra opinione sui costi standard, perché ad esempio la mia regione, la Regione Lombardia, aveva chiesto di inserire in Costituzione i costi standard come meccanismo per finanziare le realtà locale, prevedendolo come vincolo. Questo non c’è, ci sono accenni ai costi standard, ma certamente in maniera molto flessibile.
  Vorrei capire quindi cosa possa fare una riforma costituzionale per chiarire le funzioni, che però senza risorse certe rischiano di essere nulla, per chiarire meglio cosa significhino le Autonomie e come si vadano concretamente a realizzare.

  GIUSEPPE LAURICELLA. Pongo velocemente tre questioni. Sulla questione dei Sindaci sono abbastanza d'accordo con il collega Fraccaro per una questione di agibilità del ruolo che devono svolgere i Sindaci soprattutto di area metropolitana, anche se qualora dovesse rimanere la norma prevista dalla nostra proposta il problema si porrebbe lo stesso, perché sarebbe un Sindaco eletto all'interno del Consiglio.Pag. 8
  Per comprendere se stiamo procedendo nel migliore dei modi, vorrei chiedervi di rintracciare una funzione significativa del Senato come Camera di rappresentanza proprio dei territori e, quindi, delle autonomie.
  In ultima istanza vi chiedo quale intervento possa e debba esserci (o al contrario non debba esserci) sul Patto di stabilità interno.

  PRESIDENTE. Anch'io pongo un paio di quesiti che sono già emersi in questi interventi e in molte delle audizioni che abbiamo fino ad oggi effettuato.
  Riguardano proprio il quesito se i senatori, considerata la composizione del Senato, saranno portatori a Roma delle istanze del territorio, dell'Ente locale che rappresentano, oppure delle istanze politiche. Molte criticità in tal senso sono emerse sia oggettivamente, considerata la composizione del Senato, sia da molti rilievi critici degli esperti intervenuti.
  La seconda domanda che vi pongo si rifà al principio fondamentale sancito dall'articolo 5 della Costituzione, per il quale l'Italia riconosce e promuove le Autonomie locali, finalizzato a introdurre una legislazione funzionale alle esigenze del decentramento e dell'autonomia degli Enti locali.
  Considerata, secondo un'opinione comune, la spinta centralista di questa riforma, chiedo se riteniate che questo principio fondamentale dell'articolo 5 venga rispettato.
  Do la parola agli auditi per la replica.

  MATTEO RICCI, Rappresentante dell'ANCI. Penso che sia il contrario di una spinta centralista: stiamo discutendo per la prima volta in Italia di un Senato delle autonomie locali, questa è una grandissima novità ed è l'esatto contrario della spinta centralista.
  Il punto è come deve essere organizzato questo Senato, quindi l'idea che ci siano Sindaci che hanno molte cose da fare e Consiglieri regionali che non hanno niente da fare non corrisponde alla realtà: ci sono Sindaci che hanno molto da fare e sono in prima linea, che però possono dare un contributo molto forte nel processo legislativo, processo a mio parere molto più attinente ai bisogni reali degli italiani di quello che possono fare esclusivamente i Consiglieri regionali.
  Per questo noi riteniamo che nella rappresentanza del Senato delle Autonomie locali debba essere più forte il ruolo dei Sindaci, più forte nel diverso rapporto numerico, e quindi chiediamo rispetto al testo di partenza che questa rappresentanza possa essere almeno in parte rivista.
  Penso che sia un passaggio notevole, perché significa per i territori diventare protagonisti dei processi legislativi – ovviamente per quelli che competono al nuovo Senato – significa diventare protagonisti anche di scelte fondamentali per le istituzioni del Paese, e quindi è un passo notevole verso un sistema istituzionale molto più vicino ai territori. Per questo abbiamo detto che il giudizio è in partenza sicuramente positivo.
  Il tema vero è come noi alla riforma istituzionale abbiniamo le risorse necessarie per portare a termine le riforme costituzionali. La discussione che si è appena aperta sulla legge di stabilità si incrocerà con la discussione che state facendo in questa Commissione e che si farà in Parlamento, perché togliamo le Province dalla Costituzione e quindi sostanzialmente vengono abolite come Ente costituzionale. Il problema è come gestire questa fase di transizione, che invece sta in capo ai Comuni e oggi – lo ripeto – se le previsioni sono queste, non è gestibile, e chi e con quali risorse svolgerà le funzioni che oggi svolgono le Province (penso a quelle più importanti: strade, scuole e difesa del suolo), se i Comuni e con quali risorse, se la Regione e con quali risorse.
  Dentro questo c’è anche la discussione su come devono essere riorganizzati i Comuni. Dal punto di vista delle risorse i Comuni hanno abbondantemente dato in termini di spending review (sono sei anni che la facciamo) ma devono anche capire che, se sono quelli gli Enti gestori dei servizi, molti hanno una dimensione non ottimale. Dobbiamo essere quindi molto Pag. 9propositivi dal punto di vista della razionalizzazione e aggregazione dei Comuni in unioni e fusioni di Comuni.
  Penso che nella riorganizzazione istituzionale rientri anche il tema dei servizi pubblici locali, perché questo Paese non si può più permettere la loro frammentazione, quindi faremo proposte e continueremo a farle per cambiare profondamente il Paese.
  Infine sottolineo il tema delle Regioni. Se, come noi crediamo, le Regioni devono essere soggetti che fanno le leggi e la pianificazione, anche nella discussione di riforma costituzionale e nella riforma del Titolo V dobbiamo rendere evidente non solo quali sono le cose delle quali si devono occupare, ma che devono fare le leggi e la pianificazione, non la gestione.
  Credo che il tema della dimensione ottimale delle Regioni vada posto, perché a mio parere, se le Regioni devono fare le leggi e la pianificazione, abbiamo in Italia Regioni troppo piccole e Regioni a Statuto speciale che a mio parere non hanno più le motivazioni storiche che avevano in passato per esistere così come esistono oggi.
  Non solo abbiamo dato un parere oggi su questa riforma, ma credo che abbiamo aggiunto delle idee e fatto delle proposte sulle quali spero che il Parlamento riesca a discutere il prima possibile. Rimane da parte nostra un giudizio fortemente positivo, perché è una riforma storica per questo Paese, che a nostro parere andrebbe corretta e migliorata nella direzione che ho provato a spiegare.

  PRESIDENTE. Grazie al dottor Ricci. Ha chiesto di intervenire il collega Giorgis per formulare un quesito.

  ANDREA GIORGIS. Grazie, presidente, mi scuso di formulare la domanda in una fase avanzata dell'audizione, però vorrei cogliere fino in fondo l'occasione di poter interloquire con i rappresentanti dell'ANCI e dell'UPI.
  La mia domanda è questa: non sembra a loro che ci sia nell'attuale disciplina di composizione del Senato una duplice contraddizione o una duplice questione da esplicitare e chiarire ?
  La prima: il Senato è composto da senatori di provenienza Consiglio regionale, che rappresentano il territorio, l'istituzione, quindi ogni senatore che è Consigliere regionale rappresenta quel particolare territorio (Lombardia, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e così via). I Sindaci sono espressione di quale territorio, del loro Comune ? O sono espressione di un livello di Governo ?
  Se sono espressione di un livello di Governo, perché altrimenti non si capirebbe il senso di un Sindaco per ogni Regione, c’è una contraddizione, perché avremmo nello stesso Senato dei senatori che rappresentano un territorio con le sue caratteristiche socio-economiche e culturali specifiche, che vanno in Senato per promuovere un processo di integrazione politica tra territori che sono economicamente, culturalmente e socialmente disomogenei, e poi avremmo dei senatori che invece sono espressione di un livello di Governo.
  A me sembra che questa sia un'aporia e mi chiedo se anche i nostri ospiti abbiano registrato questa contraddizione, perché il Sindaco non può essere senatore in quanto Sindaco di Torino, ma in quanto rappresentante dei Sindaci, perché il Sindaco di Torino è portatore di specificità territoriali diverse dal Sindaco di Perugia o di Caltanissetta. Questa è la prima questione che colgo come elemento di contraddizione.
  Seconda questione più banale, di livello più basso, però non è mai stata sollevata, quindi chiedo scusa per il livello un po’ rozzo dell'osservazione ma dietro questa mancanza di osservazioni si nasconde ormai una sorta di torsione antirappresentativa che si è consumata nel nostro Paese e che forse andrebbe invece analizzata. Si tratta sempre di un problema di omogeneità e di coerenza.
  Io definisco i senatori rappresentanti delle Regioni come senatori eletti dai Consigli e membri dei Consigli, quindi per analogia dovrei scegliere dei rappresentanti dei livelli locali eletti tra i Consiglieri Pag. 10comunali, perché altrimenti non si tiene. Se infatti ci deve essere una qualche corrispondenza, mica sono i governatori che pure sono eletti, i Presidenti di Regione non sono neanche previsti tra i componenti.
  Se i senatori che sono espressione delle Regioni devono anche essere Consiglieri regionali perché devono essere portatori di una legittimazione politica in quanto espressione dei Consigli regionali, se proprio si deve avere questo innesco che alla luce della mia prima considerazione è abbastanza irragionevole, allora che sia eletto un rappresentante tra i Consigli comunali o l'associazione dei Consigli comunali, perché altrimenti non c’è corrispondenza.
  C’è poi la grossa questione che partecipano della funzione legislativa rappresentanti di un livello di Governo che non eserciterebbe la funzione legislativa, e questa è una questione che ritorna, ma ritorna non a caso perché ha un fondamento. Attenzione a non costruire una Camera che neghi la separazione tra legislazione e amministrazione, perché questa rinvia alla separazione dei poteri nel senso più tradizionale.
  Noi costruiremo una Camera che invece cerca di superare quella che invece è una distinzione che andrebbe meglio affermata. In Italia abbiamo un problema di progressiva venuta meno della separazione tra il legiferare e l'amministrare, tra la legge generale astratta e l'atto amministrativo concreto e provvedimentale puntuale. Noi abbiamo una legislazione sempre più provvedimentale e un'azione amministrativa sempre meno legata al principio di legalità.
  Qui rischiamo di esaltare questa confusione, anziché porvi rimedio.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Do quindi la parola al dottor Ricci per integrare la sua replica solo sulle tre questioni poste dall'onorevole Giorgis.

  MATTEO RICCI, rappresentante dell'ANCI. La distinzione tra rappresentanza territoriale ed Enti di Governo è interessante, però anche abbastanza curiosa, nel senso che anche i parlamentari eletti rappresentano dei territori, perché sono eletti in Collegi territoriali, non nazionali.

  ANDREA GIORGIS. Senza vincolo di mandato.

  MATTEO RICCI, rappresentante dell'ANCI. Certo, ma comunque non in Collegi nazionali, ma in rappresentanza di territori. Fino adesso è stato così: non c'erano i Collegi nazionali, per il Senato dalla Repubblica c'erano i Collegi regionali e anche alla Camera, quindi anche in quel caso si è scelta una rappresentanza territoriale. Lo dico perché, se vogliamo aprire una discussione su questo, dovremo discutere anche di come...

  ENZO LATTUCA. Noi rappresentiamo la Nazione.

  MATTEO RICCI, rappresentante dell'ANCI. Sì, per carità, però su Collegi non a caso territoriali.

  PRESIDENTE. Chiedo scusa, chiunque interviene non può essere registrato, quindi lasciamo terminare il dottor Ricci e si potrà intervenire successivamente.

  MATTEO RICCI, Rappresentante dell'ANCI. È evidente che i parlamentari rappresentano l'intera nazione ma, se ci sono Collegi territoriali in base alla popolazione e seggi che scattano a livello territoriale in base alla popolazione, è evidente che il livello della rappresentanza territoriale è già presente oggi, è un elemento essenziale della rappresentanza parlamentare.
  Detto questo, se sia giusto o meno che gli Enti di Governo che siano in una Camera legislativa, questo vale anche per le Regioni, perché oggi le Regioni non sono esclusivamente enti che fanno leggi, ma sono anche enti gestionali, quindi il ragionamento che l'onorevole Giorgis fa è che nel nuovo Senato debbano stare soltanto i rappresentanti di istituzioni legislative, ma oggi – purtroppo perché il mio auspicio invece è che diventino così – le Regioni Pag. 11non sono soltanto enti che fanno le leggi, ma sono in gran parte enti gestionali, quindi enti di Governo.
  Terza questione: come abbiamo detto prima, avremmo voluto una rappresentanza dei Sindaci per funzione e non per elezione, ma, se elezione deve essere, sono d'accordo con l'onorevole Giorgis che sarebbe auspicabile un'elezione dei Sindaci che devono far parte del Senato delle Autonomie locali da parte dei Sindaci e non da parte dei Consigli regionali.
  Il tema di chi elegge i Sindaci che siedono in Senato è un elemento sul quale credo occorra discutere, perché oggi i Sindaci vengono scelti dai Consigli regionali, mentre invece potrebbero essere scelti dall'assemblea dei Sindaci magari Regione per Regione, con la stessa rappresentanza territoriale. Su questo aspetto ritengo quindi che una riflessione vada fatta, perché dal nostro punto di vista sarebbe molto più sano che i Sindaci che siederanno in Senato vengano scelti dagli stessi Sindaci piuttosto che dai Consigli regionali.

  PRESIDENTE. Hanno chiesto di intervenire i colleghi Lattuca e Lauricella. Se le domande riguardano la questione relativa all'intervento del collega Giorgis, darei la possibilità di intervenire per concludere poi il dibattito con gli auditi.

  GIUSEPPE LAURICELLA. Grazie, presidente. Vorrei precisare alcune mie convinzioni, che magari sono sbagliate o fuori luogo, per evitare che il silenzio agli atti dei lavori di questa Commissione faccia sembrare che tutti coloro che ne fanno parte condividano certe affermazioni che abbiamo sentito.
  Mi riferisco alla specialità degli Statuti regionali, perché il cattivo uso delle autonomie o dell'autonomia non significa che siano venute meno magari le nuove esigenze e le nuove ragioni che invece impongono certe specialità.
  Ricordo a me stesso, ma penso sia presente a tutti, che è ancora aperta l'annosa vicenda dell'attuazione dello Statuto regionale siciliano, uno Statuto che è più antico della Costituzione ma che ancora non ha avuto attuazione in tutte le sue parti, perché, se così fosse, ci potrebbero essere delle competenze di cui oggi la Regione non gode, fino a portare al principio dell'autogoverno regionale che non si è maturato. Mi fermo qui per evitare altri ragionamenti, ma questo per chiarire una posizione.
  Chiedo ancora un chiarimento sull'idea di affrontare la questione del Patto di stabilità interno e in ordine al Senato quali funzioni e quale efficacia si ritiene possano avere gli atti dei senatori eletti con elezioni di secondo grado al Senato nell’iter legislativo, per capire se vi sia un'influenza vera oppure una presenza soltanto rappresentativa, senza alcuna capacità di incidere sulle scelte che il Parlamento verrà ad assumere, quindi la maggioranza e quindi di Governo, perché ricordiamoci che il tutto va legato a quella legge elettorale che si sta sviluppando al Senato e poi dovrà tornare alla Camera.

  ENZO LATTUCA. Un intervento molto breve sul punto della composizione del Senato, posto che sarebbe molto interessante (ma lo stiamo facendo in altre audizioni) discutere delle funzioni che forse è il punto principale.
  Parto dicendo che secondo me l'attuale Senato ha trovato un punto di equilibrio nella composizione del futuro Senato difficilmente superabile. Qui sono state rappresentate due posizioni: la prima, quella dell'ANCI presentata dal Sindaco Ricci, che chiede un riequilibrio nella composizione del Senato nell'attuale componente di Sindaci rispetto a quella dei Consiglieri regionali, la seconda con gli appunti sollevati dall'onorevole Giorgis, che mette in luce anche possibili profili di inadeguatezza, naturalmente legati non ai soggetti, ma al ruolo che interpretano, nella presenza dei Sindaci nel nuovo Senato.
  Ritengo che i punti sollevati dal collega Giorgis non siano superabili con argomenti e non ci possiamo arrampicare sugli specchi, perché il tema c’è: la diversità della funzione svolta da un Consigliere regionale indicato dallo stesso Consiglio Pag. 12regionale per essere rappresentante dell'istituzione regionale nel Senato. Peraltro i Consiglieri, come sperimentato da membri di assemblee come la nostra, grazie alle missioni possono continuare a svolgere la propria funzione nell'organismo superiore senza mettere in difficoltà l'organismo di cui fanno parte.
  È difficile invece pensare che un Sindaco possa stare a Roma tre o quattro giorni a settimana e «abbandonare» la sua città al resto della Giunta, mentre per un Consigliere regionale non sarebbe difficile. Gli altri argomenti sollevati dal collega Giorgis non sono superabili cercando di argomentare il fatto che anche i parlamentari hanno un Collegio elettorale di riferimento, come è evidente che sia e sempre sarà, perché non verranno mai eletti a Collegio unico nazionale.
  Il tema è quello di una scelta politica, che il Governo ha fatto in sede di presentazione del disegno di legge costituzionale e che comunque è stata confermata dal lavoro del Senato, di far sì che in una Camera che ha funzioni di cooperazione nella formazione delle leggi ma, come alcuni hanno sottolineato – e qui sarebbe necessario un chiarimento –, ha funzioni per lo più di natura consultiva su molta parte dell'attuale attività parlamentare, potesse trovare rappresentanza anche l'istituzione comunale e non solo quella regionale.
  Posti i problemi di logica che rimangono e sono quelli sottolineati dal collega Giorgis, ritengo che il tema dell'equilibrio politico trovato sia tale da non individuare margini per un'ulteriore rinegoziazione di questa posizione, se non in peius.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola al Presidente dell'UPI, Alessandro Pastacci.

  ALESSANDRO PASTACCI, Presidente dell'UPI. Grazie, presidente. Le riflessioni sono tante e questo è un aspetto positivo, quindi grazie per i contributi e le domande.

  PRESIDENTE. Chiedo scusa, ma lascio la presidenza al Presidente Sisto.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FRANCESCO PAOLO SISTO

  PRESIDENTE. Buongiorno a tutti. Ho assistito volentieri alla fase presieduta dal Vicepresidente Toninelli.
  Ho ascoltato anch'io come il collega Giorgis soltanto la parte finale del dibattito, ma vorrei chiedere a voi che siete innamorati delle preferenze, a parte l'ultima triste parentesi elettorale dell'area metropolitana su cui apro e chiudo, perché personalmente ritengo che quello che era stato un fermento di gente sia diventato un fermento di secondo livello, voi che, ripeto, siete sempre stati incollati alle preferenze come a uno strumento di diretta percezione da parte dell'elettore della scelta del suo candidato e del suo Sindaco, non ritenete che questa elezione di secondo livello, tra l'altro diversificata perché è il Consiglio regionale che elegge il Sindaco, sia una mortificazione della scelta diretta, che abitualmente nell'ambito dei Comuni l'elettore opera ?
  Ciò soprattutto tenuto conto che il Sindaco diventerà senatore non sapendolo prima. La seconda domanda che intendevo porvi è come vediate il fatto che fra i Sindaci vi sia random un senatore che non sa di doverlo diventare e lo diventa perché un Consiglio regionale lo sceglie.
  Da ultimo, vi chiedo come possiate giustificare il dato che, a differenza del vecchio articolo 57 che vedeva 7 senatori obbligatori per ogni Regione, vi sono Regioni che avranno soltanto 2 senatori, dei quali un Sindaco. Il principio proporzionale fra senatori e Sindaci risulta anche qui a mio avviso abbastanza singolare nei suoi equilibri, perché ci sono Regioni come la Lombardia che hanno 14 senatori ed eleggono 1 sindaco e vi sono Regioni che hanno 2 senatori di cui 1 Sindaco.
  Al di là dell'entusiasmo di diventare senatori in seconda battuta senza saperlo, laddove è una bella cosa che un Sindaco possa improvvisamente avere l'immunità e tutta una serie di vantaggi senza essere stato eletto dalla gente (capisco che questo possa essere un discorso interessante), non Pag. 13avvertite un disagio fra la vostra antica battaglia per le preferenze e questa forma più che indiretta di scelta postuma non proporzionata, non bilanciata in un Senato in cui vi manda un Consiglio regionale che con il Comune ha poco a che fare ? Mi scuso con il presidente Pastacci e do la parola prima al sindaco Ricci per integrare la sua risposta.

  MATTEO RICCI, Rappresentante dell'ANCI. No, non ci preoccupa perché credo che non ci sia figura istituzionale più legittimata di quella di un Sindaco, che ha un'elezione diretta e quindi dal punto di vista della legittimazione democratica credo che non ci sia figura istituzionale più legittimata.
  Come ho detto prima, mi rendo conto che, come alcuni onorevoli hanno già detto, siamo dentro un equilibrio politico difficile da modificare, vista la prima lettura al Senato, però ad esempio credo che una delle modifiche che potrebbe essere apportata è che i Sindaci siano scelti dai Sindaci.
  In ogni Regione noi abbiamo assemblee dei sindaci o il Consiglio delle Autonomie Locali (CAL), che ormai sono composti da Sindaci essendo i Presidenti di Provincia Sindaci o amministratori comunali, e questi potrebbero essere il luogo in cui gli amministratori comunali scelgono i Sindaci da mandare al Senato.
  Questa potrebbe essere una modifica logica, che in termini di rappresentanza recupera degli spazi ed evita quello che il presidente dice, ovvero che qualcuno diventi senatore a sua insaputa, a parte che mi sembra comunque una cosa curiosa perché, se uno fa parte di un'assemblea di Sindaci che elegge i senatori, di certo non è inconsapevole dell'elezione che eventualmente avviene. Sarebbe sicuramente una modifica positiva dal nostro punto di vista.
  Mi rendo conto che l'equilibrio trovato è un equilibrio difficile da rimuovere, però siamo qui per essere ascoltati, per esprimere le nostre opinioni e queste sono le opinioni che ribadisco ancora una volta e che vi consegno attraverso un documento e degli emendamenti precisi che come ANCI abbiamo sviluppato.

  ALESSANDRO PASTACCI, Presidente dell'UPI. Le sollecitazioni sono diverse e cercherò di toccarle tutte.
  Alcune toccano anche provvedimenti che oggi stanno venendo all'attenzione del Parlamento come la legge di stabilità, cioè l'intreccio sui costi standard e quindi sulle risorse. In primis devo evidenziare che sulla rappresentanza e sul tema dell'area vasta sono a ribadire quanto dicevo prima, e qui mi rifaccio al quesito dell'onorevole Fraccaro, che chiedeva se esista o meno un disegno che stia alla base di tutta la riforma.
  Sarebbe meglio chiarire bene qual è il disegno complessivo al quale si vuol portare e far transitare il Paese, perché questo è l'aspetto importante. Se non ci saranno più le Province, non ci saranno più gli Enti di area vasta, perché oggi esistono normati all'interno della legge n. 56 del 2014, che sembra una norma di transizione verso la riforma costituzionale e che poi è una vera e propria riforma dell'Ente provinciale, perché la Provincia è definita Ente di area vasta nella parte iniziale della norma.
  Se l'Ente di area vasta è comunque un soggetto di riferimento sul quale andare a riprogrammare in questa fase l'erogazione dei servizi e l'allocazione delle funzioni, come previsto nella norma quando parla di ambiti ottimali, dobbiamo chiederci cosa succederà nel momento in cui verrà approvata la riforma costituzionale e questo soggetto non esisterà più e verrà di conseguenza meno tutto l'impianto che abbiamo creato con la legge n. 56 del 2014, la legge Delrio, che non abolisce le Province ma ne dà un'architettura diversa, iniziando a dare un respiro diverso all'ambito amministrativo di dialogo con un altro ambito amministrativo, per creare il cosiddetto Governo di area vasta.
  Non sappiamo cosa succederà rispetto al fatto che probabilmente in un processo ordinario prima avremmo fatto la riforma costituzionale, capendo qual era l'impianto Pag. 14nuovo che il Paese voleva darsi, poi attraverso legge ordinaria o decreti legge da convertire successivamente avremmo costruito l'architettura che derivava dal disegno complessivo della riforma costituzionale.
  Questo forse sarebbe stato più semplice per tutti, perché oggi non ci saremmo posti queste domande oggi, perché avremmo di fronte lo scenario finale in cui far transitare il Paese e portarlo a regime in una nuova era, ma oggi non ce l'abbiamo.
  Credo che in questa fase sia fondamentale capire con chiarezza come attuare la riforma che diventa prioritaria, perché tante domande fatte oggi sono collegate anche all'azione che faremo di attuazione della legge Delrio, perché è un ente di governo oggi intermedio previsto dalla Costituzione. Per quanto riguarda il governo dei territori è fondamentale, perché è un Ente che in certe Regioni non può venire meno, perché altrimenti non si capirebbe come riuscire a gestire certe funzioni fondamentali, quindi questo tipo di architettura in una fase di transizione.
  Questa non sarà l'ultima riforma della Costituzione, ce ne saranno altre fra quindici-venti anni, ma ce n’è stata una nel 2001, quindi sono passati poco meno di tredici anni e siamo già alla seconda, per cui probabilmente ce ne sarà un'altra per cui dovremmo vederla come un momento di grande transizione verso uno snellimento del bicameralismo perfetto di questo Paese, ma anche intermedio nella fase di attuazione e di rivisitazione del processo di Governo dei territori, che oggi si articola tra Comuni, Province e Regioni, con gli Enti amministrativi che dovrebbero essere Comuni e Province e quello regionale normativo e legislativo, che sappiamo però oggi che non è propriamente così.
  Ribadiamo quindi questo aspetto che diventa fondamentale in un Paese che oggi sta scegliendo di essere un Paese con una visione unitaria, ma con un forte processo autonomista e di decentramento, perché altrimenti ci dovremmo interrogare sulla validità dell'articolo 5 della Costituzione.
  Se l'articolo 5 della Costituzione riconosce le autonomie, bisogna ricordare in primis che quando è stata fatta la nostra grande Carta Costituzionale queste erano di due tipi, i Comuni e le Province, come elementi di Governo del territorio. Probabilmente un elemento fondamentale di gestione del territorio nazionale è comunque il fatto di avere un soggetto intermedio di condizione sovracomunale, che abbia una sua forte autorevolezza decisionale per evitare anche un conflitto sul territorio.
  Non a caso in tutta Europa l'ente intermedio, dove è presente, ha una sua rilevanza costituzionale. In Spagna è ente di secondo livello, ma riconosciuto a livello costituzionale, perché permette nella normazione nazionale di mantenere il forte accentramento nel senso di chiarezza su tutto il territorio nazionale su quali devono essere gli indirizzi fondamentali per la gestione dell'Ente intermedio, lasciando però alla legislazione regionale la possibilità di intervenire con una declinazione che può renderlo particolare da Regione a Regione, ma con un corpus iniziale che invece trova un quadro nazionale omogeneo. Si ribadisce quindi il tema dell'articolo 117.
  Voglio però sottolineare un aspetto che ritengo estremamente importante che si ricollega pienamente al fatto che una normazione nazionale di riferimento e non una normazione singola regionale che porta ad uno scenario di 15-20 situazioni diverse è proprio quella dei costi standard.
  I costi standard sono un impianto nazionale, ma assocerei a questi anche il fabbisogno standard perché, se diamo funzioni fondamentali per i cittadini, per il contesto territoriale in capo a un determinato Ente, dobbiamo anche avere la coerenza e la responsabilità che, nel momento in cui andiamo a fare altri atti che possono incidere sull'autonomia anche finanziaria di questi soggetti, rispettiamo il principio che per fare quel tipo di funzione in quell'Ente ci debba essere una dotazione minima, il fabbisogno standard.
  Non può essere diversamente, perché altrimenti, alla luce di un equilibrio finanziario Pag. 15come stiamo vedendo in questi giorni con prima le coperture del decreto – legge n. 66 del 2014 su Province e Comuni e oggi la legge di stabilità in previsione, raggiungiamo forse degli equilibri finanziari fino al 2014 o 2015 (già nel 2014 abbiamo molti Enti che non li raggiungono) dovuti al fatto che viene fatto un prelievo dai contributi e quindi un contributo di un soggetto istituzionalmente riconosciuto rispetto ad un altro, non assicurando più il mantenimento di quel fabbisogno standard per gestire cose importanti come gli edifici scolastici piuttosto che per l'80 per cento delle strade di questo Paese.
  È fondamentale mantenere gli equilibri, mantenere la responsabilità in capo a quegli amministratori, ma le due cose non si parlano, quindi credo che l'effetto combinato correttamente tra riforma istituzionale...

  PRESIDENTE. Mi scusi, devo invitarla cortesemente a chiudere.

  ALESSANDRO PASTACCI, Presidente dell'UPI. La ringrazio, ma le sollecitazioni degli onorevoli sono state molte e importanti.
  Sul Patto di stabilità che veniva citato noi entreremo, come previsto in Costituzione, in regime di pareggio di bilancio anche se lo Stato l'ha spostato, e bisognerà vedere cosa succede sugli Enti, però nella fase di transizione bisognerà anche capire, per quanto riguarda tutta l'armonizzazione, come fare in modo che «togliere» il Patto di stabilità ma dover applicare il nuovo regime non sia comunque depressivo per gli investimenti.
  Su questo tema dobbiamo essere molto chiari, perché, se si toglie il patto e si dice che si fanno più investimenti, ma dall'altro lato si cambia il regime contabile, probabilmente questo non è proprio vero, quindi è meglio fare delle simulazioni anche su questo.
  Vi ringrazio per queste sollecitazioni, sul primo e secondo livello rispetto alla rappresentanza degli enti vi lasceremo alcuni emendamenti e il testo che è stato predisposto, sugli equilibri finanziari diciamo solo che in due o tre anni a determinati Enti è stato tolto il 30-35 per cento, ad altri il 3 per cento, quindi capite che assicurare le funzioni fondamentali diventa difficile.

  PRESIDENTE. Nel ringraziare i nostri ospiti per i loro interventi utili e puntuali, che certamente contribuiscono a ravvivare e tenere desto l'interesse della Commissione per le loro problematiche, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.15.