CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 9 novembre 2017
906.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-12638 Gebhard: Dati circa le rateizzazioni dei debiti tributari, nonché circa le ipoteche, i pignoramenti e le vendite immobiliari effettuate nell'ambito delle procedure di riscossione coattiva.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, gli Onorevoli interroganti evidenziano l'opportunità che venga effettuata una verifica sul reale impatto delle norme di favore per il contribuente (Decreto-legge n. 69 del 21 giugno 2013, convertito con modificazioni dalla Legge n. 98 del 9 agosto 2013) per quanto concerne le riscossione dei crediti fiscali mediante ruolo.
  A tal fine, gli Onorevoli chiedono di conoscere, «con specifica distinzione per anno e fino al 30 settembre 2017, il numero e il valore complessivo delle richieste di rateizzazione con numero di rate superiori a 72 e delle relative rateizzazioni concesse e, relativamente agli immobili, il numero delle ipoteche, dei pignoramenti e delle vendite effettuate dal 2010 al 30 settembre 2017».
  Al riguardo, l'Agenzia delle entrate-Riscossione riferisce quanto segue.
  Il numero delle richieste di rateizzazione con un numero di rate superiori a 72 è passato – come si evince dalla tabella che di seguito si riporta – da 3.416 del 2013, a 52.193 del 2014, a 28.123 del 2015, a 35.490 del 2016 a 10.955 al 30 settembre 2017.

Tabella 1
Dati rateazioni

ATTIVITÀ 2013 2014 2015 2016 2017 (al 30/09)
RATEAZIONI CON OLTRE 72 RATE 3.416 52.193 28.123 35.490 10.955
IMPORTO OGGETTO DI RATEAZIONE (in milioni di Euro) 445,5 4.989,7 3.170,3 3.397,5 984,1

  Deve precisarsi che il numero delle rateazioni rappresentato si riferisce alle rateazioni concesse. Le residuali rateazioni non concesse in forma rateale con oltre 72 rate sono gestite in fase di istruttoria dell'istanza, ma non sono tracciate sui sistemi informativi.
  L'importo oggetto di dilazione è passato da 445,5 milioni di euro del 2013, a 4.989,7 milioni di euro del 2014, a 3.170,3 milioni del 2015, a 3.397,5 milioni del 2016 a 984,1 milioni al 30 settembre 2017.
  Per quanto riguarda invece le procedure immobiliari:
   le iscrizioni di ipoteca sono passate da 135.103 del 2010 a 16.542 al 30 settembre 2017;
   i pignoramenti immobiliari sono passati da 7.505 del 2010 a 79 al 30 settembre 2017;
   le vendite sono passate da 1.352 del 2010 a 8 al 30 settembre 2017.

  Nella Tabella che si seguito si riporta sono illustrati i menzionati dati registrati a partire dal 2010.

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Tabella 2
DATI PROCEDURE IMMOBILIARI

ATTIVITÀ 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 (al 30/09)
ISCRIZIONI IPOTECARIE 135.103 30.474 13.369 26.000 13.583 29.604 44.347 16.542
PIGNORAMENTI IMMOBILIARI 7.505 1.853 1.546 1.258 274 311 246 79
INCANTI IMMOBILIARI (Vendite) 1.352 782 172 122 6 23 20 8
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ALLEGATO 2

5-12639 Sottanelli: Gettito riscosso nel 2015 e nel 2016 della tassa regionale di possesso su autoveicoli e motoveicoli con età compresa tra venti e ventinove anni.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, gli Onorevoli interroganti chiedono di conoscere l'ammontare del gettito riscosso per gli anni 2015 e 2016, a titolo di tassa automobilistica regionale di possesso, per i veicoli ed i motoveicoli con età compresa tra venti e ventinove anni interessati dall'abolizione dell'esenzione vigente in caso di particolare interesse storico collezionistico.
  Al riguardo, sentito il Dipartimento delle finanze, si rappresenta quanto segue.
  L'articolo 1, comma 666 della legge 190 del 2014 (legge di stabilità per il 2015) ha soppresso l'agevolazione vigente relativa ai veicoli ultraventennali di particolare interesse storico e collezionistico, abrogando il citato comma 2 dell'articolo 63 della legge 21 novembre 2000, n. 342 a partire dal 1o gennaio 2015.
  La relazione tecnico-finanziaria a corredo della disposizione menzionata ha stimato, sulla base dei dati-macro forniti dal competente Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un maggior gettito annuo a regime di 78,5 milioni di euro, correlato all'abolizione dell'esenzione che, come anzidetto, riguardava solo una parte dei veicoli e motoveicoli con anzianità compresa tra 20 e 29 anni.
  Tanto premesso, come già precisato nella risposta all'interrogazione a risposta immediata n. 5-12299 presentata dall'Onorevole Lodolini del 28 settembre scorso, in merito ai dati di gettito una valutazione dell'effettivo impatto dell'abrogazione del beneficio può essere effettuata confrontando il gettito annuale della tassa automobilistica relativo ai veicoli e motoveicoli con anzianità compresa tra 20 e 29 anni.
  A tal proposito, il Dipartimento evidenzia che, rispetto all'anno 2014, il gettito riferibile alla classe di anzianità di veicoli sopra considerata ha fatto registrare un incremento di 54,4 milioni di euro per il 2015 e di 81,5 milioni di euro per il 2016.
  Detto incremento, a parere del Dipartimento delle finanze, può essere ritenuto imputabile in linea di massima all'abolizione dell'esenzione di cui si discute.
  Pertanto, deve osservarsi che, per l'ultima annualità disponibile, ossia il 2016, l'incremento di gettito rilevato appare sostanzialmente coerente con la stima originaria.

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ALLEGATO 3

5-12640 Alberti: Iniziative per stabilire la nullità o inefficacia delle clausole dei contratti di credito che possano determinare tassi di interesse superiori alla soglia di usura.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'interrogazione in esame fa riferimento alla recente sentenza del 19 ottobre 2017 n. 24675 della Corte di cassazione civile che, nella sua composizione a sezioni unite, è stata chiamata a dirimere la questione di diritto circa la configurabilità di una «usura sopravvenuta» e delle relative conseguenze sulle stipule dei contratti di mutuo concluse prima e dopo l'entrata in vigore della legge n. 108 del 1996, recante disposizioni in materia di usura.
  Al riguardo, giova preliminarmente precisare che la composizione della questione oggetto della sentenza verta specificamente sul «l'applicabilità o meno delle norme della Legge n. 108 del 1996 ai contratti di mutuo stipulati prima dell'entrata in vigore di quest'ultima e consiste, più precisamente, nel chiarire quale sia la sorte della pattuizione di un tasso d'interesse che, a seguito dell'operatività del meccanismo previsto dalla stessa legge per la determinazione della soglia oltre la quale un tasso è da qualificare usurario, si riveli superiore a detta soglia. Peraltro la questione della configurabilità di una “usura sopravvenuta” si pone non soltanto con riferimento ai contratti stipulati prima dell'entrata in vigore della legge n. 108 del 1996, come nel caso in esame, ma anche con riferimento a contratti successivi all'entrata in vigore della legge recanti tassi inferiori alla soglia dell'usura, superata poi nel corso del rapporto per effetto della caduta dei tassi medi di mercato, che sono alla base del meccanismo legale di determinazione dei tassi usurari: meccanismo basato, appunto, secondo la Legge n. 108, articolo 2, sulla rilevazione trimestrale dei tassi medi praticati per le varie categorie di operazioni creditizie, sui quali viene applicata una determinata maggiorazione».
  Da un breve excursus giuridico-normativo, fornito dal Ministero della giustizia, si evince che la questione sorse immediatamente all'indomani dell'entrata in vigore della richiamata legge n. 108 e la giurisprudenza di legittimità si orientò nel senso della sua applicabilità ai rapporti pendenti alla data della sua entrata in vigore.
  Il legislatore è tuttavia intervenuto con una norma d'interpretazione autentica (articolo 1, comma 1, decreto-legge n. 394 del 2000), che recita: «Ai fini dell'applicazione dell'articolo 644 del codice penale, e dell'articolo 1815 del codice civile, comma 2, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento».
  Ed è a seguito di tale ultimo intervento normativo che è maturato il contrasto interpretativo risolto dalla sentenza in esame.
  Un primo orientamento dava alla questione della configurabilità dell'usura sopravvenuta risposta negativa, sulla base della norma d'interpretazione autentica citata che attribuisce rilevanza, ai fini della qualificazione del tasso convenzionale come usurario, al momento della pattuizione dello stesso e non al momento del pagamento degli interessi.Pag. 40
  In altre decisioni, al contrario, è stata affermata l'incidenza della nuova legge sui contratti in corso alla data della sua entrata in vigore e tale orientamento omette di prendere in considerazione la norma d'interpretazione autentica di cui al decreto-legge n. 394 del 2000.
  Le Sezioni Unite hanno stabilito di dare continuità al primo dei due orientamenti giurisprudenziali sopra richiamati, negando quindi la configurabilità dell'usura sopravvenuta «essendo il giudice vincolato all'interpretazione autentica dell'articolo 644 del codice penale, e articolo 1815 del codice civile, comma 2, come modificati dalla legge n. 108 del 1996, (rispettivamente all'articolo 1 e all'articolo 4), imposta dal decreto-legge n. 394 del 2000, articolo 1, comma 1». L'interpretazione in esame è stata poi corroborata dalla sentenza della Corte costituzionale n. 29/2002, the ha escluso la illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2000, n. 394 (Interpretazione autentica della legge 7 marzo 1996, n. 108, recante disposizioni in materia di usura).
  In sintesi, la Corte ha quindi stabilito il seguente principio di diritto, come riportato nel corpo dell'interrogazione: «Allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell'usura come determinata in base alle disposizioni della L. n. 108 del 1996, non si verifica la nullità o l'inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all'entrata in vigore della predetta legge, o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula; né la pretesa del mutuante di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di tale soglia, contraria al dovere di buona fede nell'esecuzione del contratto».
  E, sulla base di detto principio ha quindi rigettato il ricorso della Eurofinanziaria s.p.a. che ebbe a stipulare il 19 gennaio 1990 un contratto di mutuo fondiario con la Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., chiedendo dichiararsi nulla la previsione del tasso d'interesse del 7,75 per cento fisso semestrale, contenuta nel mutuo decennale di 14 miliardi di lire.
  Ora, l'interrogazione è sostanzialmente mirata a conoscere se il Ministro intenda assumere iniziative intese a prevedere, contrariamente a quanto deciso con la sentenza in esame, sulla base della testuale previsione del decreto-legge n. 394 del 2000, la nullità della clausola contrattuale in caso di superamento del tasso-soglia in corso di rapporto e che la pretesa in se del mutuante di dare esecuzione al contratto sia considerata nel caso contraria a buona fede.
  Su tale aspetto si evidenzia come la buona fede nell'esecuzione del contratto sia regolata dall'articolo 1375 del codice civile che stabilisce: «Il contratto deve essere eseguito secondo buona fede». Si tratta di un principio generale, che presiede anche la formazione della volontà contrattuale (articolo 1337 del codice civile), esponendo ad eventuale responsabilità nel corso delle trattative.
  La buona fede esecutiva menzionata nell'interrogazione risulta invece collegata alle particolari modalità di esercizio in concreto dei diritti scaturenti dal contratto, modalità che devono essere scorrette e abusive in relazione alle circostanze del caso.
  Al riguardo è doveroso segnalare che, nella medesima sentenza sin qui esaminata, sia affermato che «in presenza di particolari modalità o circostanze, anche la pretesa di interessi divenuti superiori al tasso soglia in epoca successiva alla loro pattuizione potrebbe dirsi scorretta ai sensi dell'articolo 1375 c.c.; ma va escluso che sia da qualificare scorretta la pretesa in sé di quegli interessi, corrispondente a un diritto validamente riconosciuto dal contratto».
  La buona fede esecutiva attiene cioè alla più ampia tematica dell'abuso del diritto, quando cioè il titolare di un diritto soggettivo, pur in assenza di divieti formali, lo eserciti con modalità non necessarie Pag. 41ed irrispettose del dovere di correttezza e buona fede, causando uno sproporzionato ed ingiustificato sacrificio della controparte contrattuale, ed al fine di conseguire risultati diversi ed ulteriori rispetto a quelli per i quali quei poteri o facoltà sono stati attribuiti.
  All'interpretazione autentica offerta dal decreto-legge n. 394 del 2000, sulla base della quale è stata esclusa la nullità dei contratti stipulati prima dell'entrata in vigore della legge del 1996, si è comunque accompagnata la previsione di un meccanismo di perequazione dei tassi relativamente alle annualità successive.
  Non si ritiene irrilevante sottolineare che la sentenza in esame sia intervenuta in sede civile e, dunque, non sia possibile escludere ripercussioni né differenti approdi in sede penale.
  Ora per entrare in un ambito più squisitamente tecnico, si ritiene utile rammentare che la più volte richiamata normativa vigente (legge 7 marzo 1996, n. 108) volta a contrastare il fenomeno dell'usura, prevede che siano pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale con cadenza trimestrale i tassi effettivi globali medi (TEG), comprensivi di commissioni e spese connesse col finanziamento, praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari. I TEG medi rilevati dalla Banca d'Italia includono, oltre al tasso nominale, tutti gli oneri connessi all'erogazione del credito.
  Ai sensi dell'articolo 2 della legge anzidetta, il Ministero dell'economia e delle finanze pubblica i tassi effettivi globali, sulla base della rilevazione eseguita trimestralmente dalla Banca d'Italia. Quest'ultima a sua volta impiega, come metodologia tecnica di riferimento ai fini della rilevazione e del calcolo, le Istruzioni che emana in materia, per come modificate lo scorso anno.
  Come già ricordato, il Codice Civile stabilisce all'articolo 1815 che, se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi.
  Va comunque sottolineato, che fluttuazioni dei tassi d'interesse fanno parte delle normali logiche di mercato.
  Anche la Banca d'Italia, sentita in proposito, nell'ambito dei controlli di vigilanza e di verifica che gli intermediari finanziari si attengano ai criteri di calcolo previsti dalle Istruzioni e rispettino il limite delle soglie di usura, ha fatto presente che, dal punto di vista degli effetti economici, l'interpretazione fatta propria dalla sentenza della Cassazione consenta di evitare gli effetti distorsivi potenzialmente conseguenti all'opposto orientamento: riconoscere rilevanza alle oscillazioni del tasso che avvengono nel periodo durante il quale si protrae il rapporto potrebbe, infatti, spingere gli intermediari a preferire i finanziamenti a tasso variabile e, più in generale, avere effetti di razionamento del credito.
  Tutto ciò premesso, il Governo prende atto della recente sentenza e dei relativi chiarimenti e conclusioni, riservandosi, comunque, anche sulla scorta delle osservazioni contenute nell'interrogazione, ogni opportuno approfondimento circa i complessivi effetti della pronuncia delle Sezioni Unite. Tutto, ovviamente, nel pieno, dovuto rispetto dell'orientamento espresso dalla Suprema Corte.

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ALLEGATO 4

5-12641 Paglia: Iniziative per garantire la stabilità di Banca Carige.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'interrogazione in esame concerne l'intermediario banca Carige Spa ed, in particolare, si chiede al Ministro dell'economia e delle finanze se «stia monitorando con attenzione gli sviluppi del piano industriale e di rafforzamento patrimoniale di Carige e quali strumenti intenda eventualmente mettere in campo per garantire la stabilità dell'istituto e la salvaguardia dei lavoratori».
  Al riguardo, la Banca d'Italia, sentita in proposito, ha fatto presente che l'Istituto segue l'evolversi della situazione relativa a banca Carige, anche nell'ambito della partecipazione al Gruppo di Vigilanza Congiunto (Joint Supervisory Team) coordinato dalla Banca Centrale Europea (BCE), in collaborazione con la quale viene monitorata l'implementazione delle misure contenute nel piano industriale della banca.
  Su quest'ultimo e sugli specifici aspetti richiamati nell'interrogazione, la Consob ha fornito i pertinenti elementi, come di seguito riportati.
  In data 13 settembre 2017, il Consiglio di amministrazione dell'Emittente ha approvato il Piano Industriale 2017/2020, che sostituisce quello approvato il 28 febbraio 2017 e conferma le azioni di miglioramento della qualità dell'attivo e di rafforzamento patrimoniale annunciate il 3 luglio 2017.
  In particolare, il Piano Industriale 2017/2020, comunicato al mercato il 14 settembre 2017, prevede ulteriori cessioni di sofferenze per 1,4 miliardi di euro entro il 2017 e di inadempienze probabili («Unlikely To Pay – UTP») per 500 milioni di euro entro il 2018.
  Il piano si fonda, inoltre, su una complessiva manovra di rafforzamento patrimoniale che si articola in:
   1) un'operazione di ottimizzazione del passivo (cosiddetto « Liability Management Exercise – LME»);
   2) un aumento di capitale sociale per un importo massimo complessivo di euro 560 milioni, di cui una tranche, fino ad un massimo di euro 60 milioni, riservata ad una o più categorie di portatori di titoli subordinati oggetto di LME;
   3) alcune cessioni di asset, tra cui taluni immobili, la società di credito al consumo Creditis Servizi Finanziari S.p.A. («Creditis»), il ramo d'azienda relativo al recupero dei crediti in sofferenza, nonché il business dei servizi di incasso relativi ai contratti POS.

  La realizzazione della manovra di rafforzamento patrimoniale del Gruppo Carige è stata autorizzata dalla BCE in data 27 settembre 2017.
  In particolare, la BCE ha autorizzato:
   (i) le modifiche statutarie proposte confermando che le stesse non contrastano con la sana e prudente gestione dell'Emittente;
   (ii) l'aumento di capitale per un importo massimo fino a euro 560 milioni richiedendo che entro il 31 dicembre 2017 venga deliberato, sottoscritto e regolato almeno un importo pari ad euro 500 milioni;
   (iii) la riduzione dei fondi propri con la sostituzione di strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 (additional Tier 1) e Pag. 43di strumenti di capitale di classe 2 (Tier 2) con un valore aggregato di euro 510 milioni (oggetto dell'LME), con azioni ordinarie di nuova emissione classificabili come strumenti di CET 1, a condizione che tale emissione non fosse inferiore a circa 306 milioni di euro (ammontare da ricomprendere nei 560 milioni di euro dell'aumento di capitale).

  La BCE aveva inoltre richiesto, nell'ambito dell'autorizzazione alla manovra di rafforzamento patrimoniale, che qualora l'impatto positivo dell'operazione di LME non fosse risultato in linea con quanto rappresentato all'Autorità di vigilanza, la Banca avrebbe dovuto presentare, entro il 31 marzo 2018, un piano di rafforzamento con misure patrimoniali supplementari per coprire la differenza che si fosse venuta a determinare, pur prevedendo la possibilità di compensare tale differenza anche con eventuali utili superiori a quanto atteso dalle cessioni di asset in corso.
  Nel mese di ottobre la Banca ha quindi condotto l'esercizio di liability management conclusosi con successo, in considerazione dell'esito favorevole delle assemblee degli obbligazionisti alla consent solicitation, vincolante nei confronti di tutti i portatori delle obbligazioni subordinate interessate dall'operazione. Pertanto, l'operazione di LME può considerarsi effettuata sul valore nominale complessivo di euro 510 milioni.
  Ciò fermo restando che il regolamento dell'LME rimane subordinato al buon fine dell'aumento di capitale che sarà avviato a seguito dell'approvazione del Prospetto da parte della Consob.
  Quanto alle cessioni di asset, con comunicato stampa del 31 ottobre 2017, la Banca ha reso noto di aver firmato il preliminare di vendita del principale immobile in dismissione per un prezzo pari a 107,5 milioni di euro.
  Inoltre, nel comunicato stampa diffuso in pari data in merito all'approvazione dei risultati consolidati al 30 settembre 2017, l'Emittente ha dichiarato che «sono in corso di definizione le shortlist delle controparti che hanno presentato offerte non vincolanti per le cessioni degli altri asset previsti nel Piano Industriale, il cui closing è atteso tra la fine del 2017 e l'inizio del 2018».
  In particolare, dalla presentazione dei risultati dei primi 9 mesi dell'esercizio, emerge che, entro la fine di novembre, la Banca prevede di ricevere le offerte vincolanti relative alla cessione del portafoglio di sofferenze per 1,4 miliardi di euro e alla relativa piattaforma di recupero nonché alla società di credito al consumo Creditis.
  Con riferimento all'aumento di capitale, con comunicato stampa del 19 ottobre 2017, la Banca ha reso noto che Barclays è entrata a far parte del consorzio di garanzia, già composto da Credit Suisse e Deutsche Bank.
  A tal fine «è stato stipulato con le banche del consorzio un nuovo accordo, sostanzialmente in linea con quanto concordato nel precedente pre-underwriting agreement».
  Quanto alla tempistica di realizzazione dell'aumento di capitale, dalla sopra citata presentazione dei risultati consolidati al 30 settembre 2017, emerge che la Banca prevede di dare avvio all'operazione nella seconda metà del corrente mese di novembre, per poterla concludere entro la prima metà del prossimo mese di dicembre.
  Consob segue i profili informativi dell'operazione, compresa l'istruttoria per l'approvazione del prospetto informativo relativo al suddetto aumento di capitale.

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ALLEGATO 5

5-12642 Pelillo: Concessione al comune di Cameri di un immobile demaniale.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento di sindacato ispettivo in esame si richiedono iniziative per garantire l'utilizzo dell'impianto denominato «Stabilimento per la produzione di latte in polvere», sito nel comune di Cameri, in Piemonte.
  Sulla base di quanto riferito dalla competente struttura regionale dell'Agenzia del demanio, l'Agenzia del Demanio rappresenta quanto segue.
  Ai sensi dell'articolo 10 della legge n. 910 del 1966, si autorizzava il Ministero dell'agricoltura e delle foreste a provvedere alla realizzazione di impianti di particolare interesse pubblico, per la raccolta, conservazione, lavorazione, trasformazione e vendita di prodotti agricoli e zootecnici, per la cui esecuzione era prevista la possibilità di affidamento in concessione agli Enti di Sviluppo Agricolo o, nelle zone in cui questi non operano, a cooperative e a loro consorzi e ad associazioni di produttori agricoli.
  In attuazione della predetta legge n. 910 del 1966, del decreto dell'allora Ministero dell'agricoltura e del decreto ministeriale n. 8941 del 5 novembre 1982, il predetto Ministero affidava alla società cooperativa Latteria sociale di Cameri la realizzazione, a totale carico dello Stato, dell'impianto industriale denominato «Stabilimento per la produzione di latte in polvere».
  Sul finire degli anni ’90, nell'ambito del più vasto trasferimento di competenze statali alle regioni e delle relative risorse umane e strumentali, ai sensi del decreto legislativo n. 143 del 1997, veniva emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 maggio 2001, che, in relazione alle funzioni decentrate in materia di agricoltura e pesca, individuava (articolo 4) le relative risorse, fra cui anche gli immobili già in uso al Ministero e al Corpo forestale dello Stato, che venivano pertanto trasferiti in proprietà ai suddetti enti territoriali.
  Il trasferimento riguardava anche gli impianti di interesse pubblico, realizzati ai sensi della legge n. 910 del 1966 ed individuati nell'allegato B del predetto decreto.
  Il medesimo articolo 4 prevedeva (commi 4-10) che le Regioni subentrassero allo Stato nei rapporti attivi e passivi relativi ai beni trasferiti a seguito della sottoscrizione dei verbali di consegna, che costituivano titolo per la trascrizione e la voltura, previa eventuale identificazione catastale.
  Orbene, all'interno dell'allegato B del citato DPCM figura, tra gli immobili trasferiti, anche lo stabilimento in questione.
  Proprio per dar corso alla consegna di tale complesso il Ministero delle politiche agricole e forestali convocava, nell'anno 2003, per un sopralluogo, la regione Piemonte, l'Agenzia del demanio, la società cooperativa concessionaria, il comune di Cameri, la Prefettura, l'ARPA di Novara.
  In quella sede venne deciso il rinvio della sottoscrizione del verbale di consegna, in ragione dello stato dell'immobile, occupato abusivamente da una depositeria di veicoli e del mancato accatastamento degli impianti al Catasto Fabbricati del comune di Cameri.
  Nell'anno 2008 il MIPAF sollecitava la Regione alla sottoscrizione del verbale, essendo state risolte le problematiche sopra esposte.Pag. 45
  La regione opponeva ulteriori problematiche:
   1. la necessità di una dichiarazione formale che l'intero stabilimento ricadesse entro i confini della proprietà statale;
   2. la revoca anticipata della convenzione in essere con la soc. coop. Latteria;
   3. la messa in sicurezza di un pozzo presente nella struttura.

  In data 19 gennaio 2012 venivano fornite dall'Agenzia del demanio alla regione Piemonte tutti i chiarimenti e le garanzie richieste, salvo quello relativo alla revoca della concessione anticipata, a cui avrebbe dovuto provvedere il MIPAF, sollecitando, nel contempo, la sottoscrizione del verbale di consegna.
  La regione opponeva nuovamente la presunta mancata bonifica dell'area nonché la mancata revoca della concessione.
  In sostanza il verbale di consegna non è mai stato sottoscritto.
  In tale contesto il comune di Cameri richiedeva l'acquisizione a titolo gratuito dell'intero compendio, ai sensi dell'articolo 56-bis del decreto-legge n. 69 del 2013 e successive modificazioni e integrazioni, istanza che non veniva accolta dall'Agenzia, atteso che l'immobile figurava tra quelli trasferiti alla regione ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 maggio 2001.
  La regione viceversa, sollecitava tale trasferimento al comune, ritenendo che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri non avesse avuto esecuzione nella parte di individuazione del cespite e che pertanto lo stesso non era mai entrato a far parte del patrimonio regionale.
  L'Agenzia faceva presente che a termini della legge e del decreto citati e del carattere meramente dichiarativo del verbale di consegna, gli effetti traslativi si erano già verificati ope legis e di conseguenza non si era in grado di disporre del bene.
  Al fine di dare soluzione alla questione e di assecondare la richiesta del comune, l'Agenzia ha richiesto all'Ente regionale la formale rinuncia alla proprietà dello stesso, essendo il compendio comunque gravato da un vincolo di destinazione e le funzioni già trasferite alle regioni. Tanto a salvaguardia della legittimità degli atti.
  L'Agenzia continua a sollecitare la regione sia nel senso della sottoscrizione del verbale di consegna, ovvero in quello di una formalizzazione della rinuncia.
  Massimo è lo sforzo e l'interesse dell'Agenzia ad una soluzione del problema anche al fine di evitare il degrado del compendio.

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ALLEGATO 6

5-12582 Alberti: Chiarimenti circa l'applicazione dei nuovi criteri di accatastamento agli impianti di estrazione di idrocarburi.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Il question time in esame, nel richiamare la sentenza n. 3816 del 25 febbraio 2016 della Corte di Cassazione in tema di presupposti di imponibilità ai fini ICI/IMU delle piattaforme petrolifere ed il recente intervento normativo di cui alla legge 28 dicembre 2015, n. 208, con riguardo alla disciplina dei cosiddetti «macchinari imbullonati», riporta i termini della questione alla tassazione dei siti di estrazione di idrocarburi ubicati sulla terraferma.
  Più in dettaglio, con la sentenza citata sono stati enunciati principi di diritto relativi all'assoggettabilità a ICI/IMU delle piattaforme petrolifere site nel mare territoriale, stante la loro suscettibilità di accatastamento nella categoria D/7, in quanto riconducibili al concetto di immobile ai fini civili e fiscali.
  In mancanza di rendita catastale, la base imponibile delle piattaforme è costituita dal valore di bilancio, secondo i criteri stabiliti nel penultimo periodo del comma 3 dell'articolo 7 del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359.
  Nell'Interrogazione viene, altresì, evidenziato che l'enunciazione dei suddetti principi di diritto avrebbero «riacceso il dibattito» anche sulla tassazione delle cosiddette «trivelle a terra», ovvero dei siti di estrazione degli idrocarburi ubicati sulla terraferma, potendosi estendere anche a questi ultimi gli stessi principi enunciati dalla Suprema Corte per le piattaforme site, invece, nel mare territoriale.
  Gli Interroganti, al fine di valutare eventuali iniziative normative per coordinare i principi stabiliti dalla Suprema Corte con i nuovi criteri di accatastamento introdotti dalle citate disposizioni legislative, in tema di determinazione della rendita catastale degli immobili censiti nelle categorie dei Gruppi D e E, chiedono di fornire maggiori dati circa i pozzi petroliferi esistenti sul territorio nazionale, con specifica indicazione del comune di ubicazione; di quantificare i pozzi che risultano accatastati, con relativa categoria di accatastamento; di indicare il gettito derivante dall'imposizione ICI/IMU dell'ultimo decennio sui predetti manufatti. Viene infine richiesto di chiarire l'applicazione, nel caso di pozzi e trivelle a terra, dei nuovi criteri di accatastamento di cui ai commi 21-24 della citata legge n. 208 del 2015.
  Al riguardo, sentiti gli Uffici competenti, si riferisce quanto segue.
  Per quanto concerne il numero dei pozzi petroliferi esistenti sul territorio nazionale, nella banca dati catastale sono censite le unità immobiliari oggetto di dichiarazione da parte del soggetto obbligato (il proprietario) e pertanto, in caso di omissione della dichiarazione, lo stock censito potrebbe non essere tutto quello esistente.
  Si può quindi far riferimento ai dati pubblicati dal competente Ministero dello sviluppo economico, distinti per ubicazione (di terra o di mare), minerale prodotto (gas o olio greggio) e altre caratteristiche.
  In particolare il MISE fornisce, tra gli altri, l'elenco dei pozzi per la coltivazione di idrocarburi in Italia con dati aggiornati al 6 aprile 2017 e reperibili sul sito internet istituzionale.Pag. 47
  In ragione dei tempi ristretti per fornire la risposta al presente atto di sindacato ispettivo, non è stato possibile acquisire ulteriori informazioni dallo stesso Ministero.
  Con riferimento al numero dei pozzi accatasti e alla relativa procedura di accatastamento con la scelta della relativa categoria catastale, occorre precisare che, in catasto, sono dichiarate «unità immobiliari» e non singoli «pozzi o trivelle».
  Ne consegue che tali elementi, laddove inseriti nell'ambito di un più ampio sito industriale destinato al trattamento degli idrocarburi, sono ricompresi nella dichiarazione catastale di questi ultimi.
  Tenuto conto della attuale struttura informativa della banca dati catastale, non è, pertanto, possibile estrarne i dati di numerosità.
  Ad ogni modo, si evidenzia che i siti destinati al trattamento degli idrocarburi, indipendentemente dalla circostanza che al loro interno siano ubicati pozzi e/o trivelle, sono censiti in catasto con attribuzione della categoria D/1 – Opifici.
  Infine, per ciò che riguarda il gettito derivante da imposizione ICI/IMU degli ultimi 10 anni, si fa presente che non esistendo uno specifico codice tributo che identifichi il versamento imputabile ai soli pozzi, non è possibile fornire i dati richiesti.
  Inoltre, al momento, i dati presenti nella banca dati immobiliare integrata del Dipartimento delle Finanze identificano gli immobili secondo la categoria catastale e non esiste un'autonoma classificazione degli impianti petroliferi.
  Pertanto per effettuare eventuali stime sulla base dei dati catastali risulterebbe necessario che gli Uffici elaborino ulteriori elementi informativi, acquisiti con riferimento al comune di ubicazione degli impianti e alla relativa rendita catastale.
  Relativamente, infine, ai chiarimenti richiesti in merito all'applicazione, nel caso dei pozzi e trivelle a terra, dei nuovi criteri di accatastamento di cui ai menzionati commi da 21 a 24 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015, l'Agenzia delle entrate osserva che, in base alla norma sopra citata, per i siti ospitanti impianti per la trattazione (estrazione e raffinazione) degli idrocarburi, risultano oggetto di stima le sole parti dell'immobile che possono essere ascritte al suolo e alle costruzioni, nonché agli elementi ad essi strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e l'utilità, nei limiti dell'ordinario apprezzamento, tenendo esclusi, invece, i macchinari, i congegni, le attrezzature e gli altri impianti funzionali allo specifico processo produttivo.
  Al riguardo, si rinvia ai chiarimenti ed indirizzi operativi forniti con la Circolare n. 2/E del 1o febbraio 2016 dell'Agenzia delle Entrate.

Pag. 48

ALLEGATO 7

5-12583 Sottanelli: Riconoscimento del tirocinio pregresso ai fini dell'iscrizione nel registro dei revisori contabili.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione in esame, evidenziati i vantaggi che discenderebbero a favore degli aspiranti professionisti dal riconoscimento del tirocinio per revisori legali, sulla base di apposita dichiarazione di svolgimento pregresso, si richiedono in proposito le pertinenti valutazioni.
  Al riguardo, si rappresenta che il riconoscimento «a posteriori» di un periodo di tirocinio professionale trova un ostacolo nel vigente quadro normativo.
  L'articolo 10 del decreto ministeriale n. 146 del 25 giugno 2012, – che reca il Regolamento riguardante il tirocinio per l'esercizio dell'attività di revisione legale, in applicazione dell'articolo 3 del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, recante attuazione della direttiva 2006/43/CE relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati – stabilisce, infatti, che «il tirocinio ha durata di tre anni e decorre dalla data di ricezione della domanda di iscrizione nel registro».
  Tale previsione traduce, senza margini di discrezionalità, una precisa disposizione della direttiva europea di riferimento: il revisore non è tale se non ha maturato una esperienza teorico pratica di tre anni prima dell'esame.
  Con l'adozione di detta disciplina si è dovuto contestualmente abrogare l'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica, n. 99 del 1998, come modificato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 233 del 2000, il quale consentiva, all'atto dell'iscrizione, su proposta della Commissione centrale per i revisori contabili, il riconoscimento di un periodo di tirocinio, seppure svolto anteriormente all'iscrizione stessa.
  Con la completa delineazione del vigente regime non è possibile, quindi, prevedere il riconoscimento di periodi di pratica svolti, in difetto della anteriore e formale iscrizione nel relativo registro.