SEDE CONSULTIVA
Martedì 15 aprile 2014. — Presidenza del presidente Renato BALDUZZI.
La seduta comincia alle 14.25.
Documento di economia e finanza 2014.
Doc. LVII, n. 2.
(Parere alla V Commissione della Camera e alla 5a Commissione del Senato).
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l'esame.
Il presidente Renato BALDUZZI, relatore, ricorda preliminarmente che il documento di economia e finanza (DEF) è al centro del processo di coordinamento ex ante delle politiche economiche degli Stati membri dell'Unione europea – il cosiddetto Semestre europeo – ed è presentato alle Camere, per le conseguenti deliberazioni parlamentari, entro il 10 aprile di ciascun anno, al fine di consentire alle Camere di esprimersi sugli obiettivi programmatici di politica economica in tempo utile per l'invio, da parte del Governo, al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea, entro il successivo 30 aprile, del Programma di Stabilità e del Programma Nazionale di Riforma (PNR). Infatti a inizio giugno, sulla base dei Programmi di Stabilità e crescita e dei Programmi Nazionali di Riforma, la Commissione europea elabora le raccomandazioni di politica economica e di bilancio da rivolgere ai singoli Stati membri.
Ciò premesso, riferisce che il Programma di stabilità, che forma la I parte del DEF, si apre con considerazioni sulla congiuntura internazionale: in particolare, nel documento in esame si evidenza come nel 2013 il ritmo di crescita dell'economia mondiale abbia registrato un leggero rallentamento rispetto al 2012. Le prospettive di crescita dell'economia mondiale per il Pag. 2932014 si inseriscono in uno scenario di ripresa in cui il maggiore contributo proviene dalle economie sviluppate.
Per quanto riguarda l'Area dell'euro, il DEF 2014 evidenzia come l'evoluzione positiva dell'economia nella seconda parte dell'anno non sia stata sufficiente a impedire una contrazione del PIL nel 2013. Il Governo osserva che le cause di tale andamento del PIL nell'Area euro vanno riscontrate nella debolezza della domanda interna. Per il 2014, il DEF, in linea con quanto prospettato dalla Commissione europea, stima un incremento del PIL nell'Area dell'1,2 per cento e una lieve riduzione del tasso di disoccupazione, che dovrebbe attestarsi al 12 per cento.
Quanto allo scenario macroeconomico nazionale, il DEF evidenzia come la recessione si sia interrotta in Italia nell'ultimo trimestre del 2013, in cui il PIL ha manifestato una inversione di tendenza, dopo nove trimestri consecutivi di contrazione. Dal 2007, salvo un breve intermezzo, la recessione ha infatti comportato, nel complesso una diminuzione del prodotto interno lordo italiano di 9 punti percentuali rispetto ai livelli raggiunti prima della crisi.
Quanto alle prospettive dell'economia italiana, il DEF 2014 sottolinea come questa sia entrata in una fase di ripresa, contrassegnata in prospettiva da dinamiche abbastanza favorevoli del commercio estero e da una graduale stabilizzazione della domanda interna, fermo restando che, secondo il documento, le prospettive di recupero dell'economia italiana dipendono sostanzialmente dall'evoluzione dello scenario economico mondiale, che comunque si prospetta in graduale ripresa. Le stime di crescita del PIL per il 2014 sono peraltro riviste al ribasso rispetto alla crescita prevista ad ottobre 2013 nel Documento programmatico di bilancio (DPB). La revisione al ribasso deve essere attribuita nel breve periodo, secondo il Governo, al persistere della restrizione nella concessione del credito al settore privato.
Nel medio termine, tuttavia, vanno considerati anche alcuni ritardi di attuazione che non consentono ancora alle riforme intraprese di incidere in termini di crescita economica. Per gli anni successivi, il DEF prevede una crescita del PIL già nel 2015 e più consistente nel triennio successivo. Peraltro le previsioni di crescita non considerano gli effetti positivi attesi, sulle principali variabili del quadro macroeconomico, nonché sui saldi di bilancio, dalle riforme programmate dal Governo, volte a rafforzare la sostenibilità finanziaria dei conti pubblici anche attraverso un aumento della crescita potenziale.
Quanto al quadro di finanza pubblica, i risultati del 2013 relativi al consuntivo 2013 attestano il che deficit è in linea con le previsioni, mentre, rispetto alla Nota di aggiornamento 2013, il DEF 2014 rivede in senso moderatamente peggiorativo il livello di indebitamento netto per il 2014 e per gli anni successivi, ferma restando la sua progressiva discesa nel quinquennio 2014-2018, attesa in gran parte dal controllo dell'andamento della spesa: infatti, a fronte di una sostanziale stabilità delle entrate, il DEF prevede che le spese decrescano continuamente, in proporzione al PIL.
Quanto al quadro programmatico, quello presentato nel Programma di stabilità 2014 si discosta da quello contenuto nel precedente Programma contenuto nel DEF 2013, soprattutto per gli andamenti del debito pubblico. È previsto un percorso di risanamento e di crescita più graduale di quello atteso in base alla Nota di aggiornamento 2013. In sostanza, si prevede il raggiungimento del pieno pareggio di bilancio nel 2016, e non più quindi nel 2015.
Venendo al Programma Nazionale di Riforma (PNR), contenuto nella Sezione III del DEF, è bene ricordare che questo ha, da un lato, la funzione di verificare – in termini di effetti, portata e conformità con gli obiettivi europei – le riforme intraprese dopo l'approvazione del PNR dello scorso anno, e, dall'altro, quella di prospettare un'agenda di interventi per il futuro funzionali al conseguimento degli obiettivi della Strategia Europa 2020 e all'attuazione degli indirizzi sulle politiche pubbliche che le istituzioni comunitarie, Pag. 294nel quadro della nuova governance economica europea, hanno rivolto all'Italia.
Con riferimento al PNR in esame, tali indirizzi sono individuabili nelle Raccomandazioni rivolte all'Italia dal Consiglio dell'Unione europea il 9 luglio 2013, a chiusura del semestre europeo 2013, sulla base delle valutazioni della Commissione sul PNR e sul Programma di stabilità contenuti nel DEF 2013, nonché nel Rapporto della Commissione europea del 5 marzo 2014, prodotto a conclusione della procedura annuale sugli squilibri macroeconomici: rapporto che concerne oltre all'Italia altri 16 Paesi dell'Unione europea.
Quanto alle nuove iniziative, queste vengono illustrate nella prima parte del PNR (intitolata «Un cambio di marcia»). Qui il Governo sottolinea come il presupposto del cambio di marcia stia nella riforma delle istituzioni, la quale è articolata su due pilastri. Il primo pilastro è la riforma elettorale, che come noto è stata approvata dalla Camera ed è all'esame del Senato: la riforma, che il Governo chiede sia approvata definitivamente entro settembre 2014, è finalizzata alla formazione di stabili maggioranze parlamentari e a una riduzione della frammentazione partitica. Il secondo pilastro è la riforma del bicameralismo con annessa revisione del titolo V, per le quali riforme il Governo ha presentato al Senato il disegno di legge costituzionale S. 1429 e che chiede siano approvate entro dicembre 2015.
Oltre alle riforme istituzionali, il quadro delle nuove iniziative si incentra su quattro strategie di politica economica: il taglio del cuneo fiscale e dell'Irap; la promozione degli investimenti, soprattutto di quelli pubblici, con un maggior spazio di azione per gli enti territoriali mediante un intervento sui vincoli del Patto di stabilità interno; il miglioramento della competitività d'impresa; e il pagamento dei debiti commerciali della pubblica amministrazione, cui il Governo intende destinare nuove risorse.
Venendo ora ai contenuti di più stretto interesse della Commissione, non si può che cominciare dalle riforme costituzionali e istituzionali, che rappresentano – come visto – uno dei pilastri della strategia del Programma nazionale di riforma (PNR) per il rilancio del Paese. Gli obiettivi – come in parte anticipato – sono il rafforzamento dell'efficienza dei processi decisionali pubblici, una maggiore stabilità degli esecutivi, il miglioramento generale della qualità della vita democratica e il recupero della fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni.
La riforma del bicameralismo e del titolo V della parte II della Costituzione, l'istituzione delle città metropolitane e il superamento delle amministrazioni provinciali, che sono le riforme che interessano più da vicino la Commissione, si inquadrano, nel Programma nazionale, in un insieme più ampio di riforme, che prevede anche la revisione della legge elettorale, la riduzione dei costi delle istituzioni, il ripensamento del finanziamento pubblico ai partiti e la riduzione delle spese per consultazioni elettorali.
Quanto alla riforma costituzionale, il già ricordato disegno di legge del Governo presentato al Senato (S. 1429) è incentrato sul superamento del bicameralismo paritario – con la trasformazione del Senato della Repubblica in Senato delle autonomie, ossia in una Camera non eletta direttamente e rappresentativa degli enti territoriali – e sulla revisione del titolo V della parte II, con la quale si prevede, in particolare, l'eliminazione delle materie di competenza legislativa concorrente di Stato e regioni e l'attribuzione allo Stato di poteri di chiusura finalizzati a garantire l'unità nazionale; più precisamente si prevede che lo Stato possa intervenire in materie o funzioni non riservate alla legislazione esclusiva quando richieda la tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica o lo renda necessario la realizzazione di programmi o di riforme economico-sociali di interesse nazionale.
Va detto infatti che il Programma nazionale di riforma (PNR) ascrive al decentramento legislativo successivo alla riforma del titolo V operata nel 2001 e alla situazione di incertezza sul riparto Pag. 295delle competenze da esso generata un'azione di freno nei confronti dell'economia, dovuta allo scoraggiamento degli investimenti nazionali ed esteri. Più precisamente, il Governo ritiene che «il superamento dell'attuale sistema di bicameralismo paritario e simmetrico si rende necessario per eliminare le cause del rallentamento dei processi decisionali, non più sostenibile in una moderna democrazia» e che «la sostituzione del Senato con un Senato delle autonomie, a rappresentanza delle istituzioni territoriali, potrà favorire una maggiore cooperazione nell'esercizio dei poteri di ciascun soggetto istituzionale» (Parte I, I.1).
Il Governo sostiene inoltre che «i limiti impliciti del sistema costituzionale italiano sono stati amplificati dall'intenso decentramento legislativo seguito alla modifica del titolo V della Costituzione. La mancanza di strumenti di raccordo tra il Governo centrale e il sistema delle autonomie territoriali ha fatto emergere continui veti incrociati che hanno scoraggiato gli investimenti nazionali ed esteri. Tale situazione ha anche interferito in quasi tutti i processi di riforma generando anche un grave livello di incertezza del diritto e un enorme contenzioso a livello costituzionale, elementi questi che hanno inciso negativamente sulla competitività del sistema Paese». Per eliminare queste criticità il Governo ritiene che debbano essere eliminate le materie di legislazione concorrente tra Stato e regioni, lasciando a queste ultime la potestà legislativa solo in riferimento a ogni materia o funzione non espressamente riservata allo Stato (Parte I, I.1).
Circa i tempi di approvazione della riforma, il PNR – come accennato – guarda a settembre 2014 come al termine per l'approvazione in prima deliberazione da parte del Parlamento e a dicembre 2015 come termine per l'approvazione finale.
Nell'ambito della riforma costituzionale, il Governo si prefigge anche la soppressione delle province. Come noto, è stata nel frattempo approvata la legge n. 7 aprile 2014, n. 56, che prevede l'istituzione di dieci città metropolitane, subentranti alle rispettive province dal 1o gennaio 2015, nonché il riordino delle province – che diventano enti di secondo livello con elezione di secondo grado degli organi di governo – e una nuova disciplina per incentivare unioni e fusioni di comuni.
Secondo il PNR, dalla riforma delle province si attendono i risparmi già previsti, per effetto della revisione della disciplina della rappresentanza locale, dalla prima spending review, ossia dal decreto-legge n. 95 del 2012 del Governo Monti, la cui riforma delle province è stata dichiarata incostituzionale in ragione della fonte impropria – il decreto-legge – con cui era stata adottata. Dalla riforma costituzionale sono invece attesi risparmi legati al venir meno della natura elettiva del Senato, alla riduzione del numero dei senatori con conseguente eliminazione delle relative indennità, alla riduzione delle spese per i consigli regionali e all'abolizione del CNEL.
È opportuno spendere qualche parola anche sul finanziamento della spesa sanitaria, considerata l'importanza che essa riveste per le regioni. Il DEF prevede per il 2014 una spesa sanitaria in termini di pubblica amministrazione pari a 111.474 milioni, con un incremento del 2 per cento rispetto al 2013. Nel periodo 2015-2018 è previsto che la spesa sanitaria cresca – prendendo a riferimento l'anno 2014 – ad un tasso medio annuo dell'2,1 per cento con un rapporto spesa sanitaria PIL pari al 6,8 per cento. Il DEF evidenzia peraltro che nel 2013 la spesa sanitaria in termini di pubblica amministrazione ha subito una riduzione dello 0,3 per cento rispetto all'anno 2012, confermando il sensibile rallentamento della sua dinamica negli ultimi anni: dinamica che per il terzo anno consecutivo nel 2013 ha registrato un tasso di crescita negativo rispetto all'anno precedente.
Nella parte I del Programma nazionale di riforma viene sottolineato (Par. 1.13) come la principale criticità del Servizio sanitario nazionale (SSN) riguardi la sua sostenibilità nel periodo medio-lungo, e questo in ragione sia delle esigenze di Pag. 296razionalizzazione della spesa pubblica sia delle tendenze demografiche in atto. Allo scopo di ripensare il SSN in un'ottica di sostenibilità ed efficacia, il Governo ritiene soprattutto necessario: rafforzare le politiche legate alla prevenzione, predisponendo quindi il nuovo Piano nazionale di prevenzione; dare impulso alla informatizzazione (compreso il fascicolo sanitario elettronico); perfezionare il Patto per la salute 2014-2016; riorganizzare l'assistenza ospedaliera con trasferimento di attività alla rete territoriale; e potenziare il ruolo delle farmacie. Si tratta di obiettivi che – a cominciare dal Patto per la salute 2014-2016, che, secondo quanto riferito nel DEF, è in fase di avanzato confronto con le regioni – implicano la collaborazione dello Stato con le regioni, per le rispettive competenze. In particolare, per quanto riguarda il Patto per la salute, il DEF sottolinea l'importanza che questo atto ha nell'individuare gli sprechi sui quali è possibile intervenire per ridurre la spesa. In particolare, si tratta di adottare misure contro le spese che eccedono significativamente i costi standard.
Va rilevato che il DEF prevede che «Al fine di consentire i pagamenti di debiti di parte capitale al 31 dicembre 2013 da parte delle Regioni e degli Enti locali, il Governo prevedrà eventuali meccanismi di allentamento dei vincoli del Patto di Stabilità Interno».
Va rilevato, ancora, che il Governo ritiene «fondamentale dare piena operatività al federalismo demaniale, che prevede il trasferimento dei beni immobili non utilizzati dallo Stato a Comuni, Province, Città Metropolitane e Regioni». Il documento riferisce che oltre 9.000 istanze sono già state presentate al Demanio dagli enti territoriali, che potranno disporre dei beni trasferiti favorendone la massima valorizzazione funzionale.
In conclusione, preso atto che non vi sono richieste di intervento e considerata la complessità del quadro delineato dall'atto in esame, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
DL 47/2014: Misure urgenti per l'emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015.
S. 1413 Governo.
(Parere alle Commissioni riunite 8a e 13a del Senato).
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l'esame.
Il senatore Gianpiero DALLA ZUANNA (SCpI), relatore, introducendo l'esame, riferisce che il decreto-legge in titolo si prefigge di fornire immediato sostegno economico alle categorie sociali meno abbienti che non riescono a pagare l'affitto e di incrementare l'offerta di alloggi in affitto a canone concordato.
In particolare, l'articolo 1 incrementa il Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione e il Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli.
L'articolo 2 modifica l'articolo 11 della legge n. 431 del 1998, relativo al Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione. In particolare, la legge n. 431 prevede che il Fondo finanzi tra l'altro le iniziative intraprese dai comuni per favorire la mobilità nel settore della locazione grazie al reperimento di alloggi da concedere in locazione. Il decreto in esame prevede che, oltre ai comuni, possano essere finanziate, per le stesse attività, anche le regioni; specifica inoltre che gli alloggi devono essere concessi in locazione a canoni concordati.
Le risorse per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione sono sia risorse nazionali, sia risorse stanziate dalle regioni. Tali risorse sono ripartite tra i comuni dalle regioni stesse. Prima del decreto in esame era previsto che nella ripartizione le regioni dovessero tendere anche a premiare la disponibilità dei comuni a concorrere con proprie risorse alla realizzazione degli interventi. Era inoltre previsto che, qualora le risorse stanziate dallo Stato non fossero state trasferite ai comuni entro novanta giorni, il Governo, previa diffida alla regione, nominasse un commissario ad acta. Con la nuova disciplina Pag. 297non si prevede più che le regioni premino la disponibilità dei comuni a concorrere con proprie. Si prevede invece che i comuni siano premiati in base al numero di abbinamenti tra alloggi a canone concordato e nuclei familiari provenienti da alloggi di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata o sottoposti a procedure di sfratto esecutivo; e in base al numero di contratti di locazione a canone concordato complessivamente intermediati nel biennio precedente. Inoltre, non si prevede più la nomina di un commissario ad acta in caso di mancato trasferimento ai comuni delle risorse nazionali.
L'articolo 3 demanda al Governo, previa intesa in sede di Conferenza unificata, l'approvazione di procedure per l'alienazione degli immobili di proprietà degli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati. Istituisce inoltre un Fondo per la concessione di contributi in conto interessi su finanziamenti per l'acquisto dei predetti alloggi, cui è esteso l'ambito di applicazione del Fondo di garanzia per la prima casa, volto alla concessione di garanzie su mutui ipotecari. I criteri, le condizioni e le modalità per l'operatività del Fondo sono stabiliti con decreto ministeriale. È prevista la possibilità di convenzioni tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e istituzioni finanziarie nazionali o europee per la disciplina di forme di partecipazione finanziaria e nella gestione del Fondo che devono servire ad aumentare le disponibilità del Fondo stesso e a renderne diffuso sul territorio l'accesso.
L'articolo 4 prevede che con decreto interministeriale – previa intesa in sede di Conferenza unificata – sia definito un piano per il recupero e la razionalizzazione degli immobili e degli alloggi di proprietà degli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati. Gli interventi devono prevedere sia il ripristino di alloggi di risulta, sia la manutenzione straordinaria degli alloggi in generale, anche ai fini dell'adeguamento energetico, impiantistico statico e del miglioramento sismico. Gli alloggi recuperati o ristrutturati devono essere assegnati a soggetti appartenenti alle categorie sociali di cui all'articolo 1, comma 1, della legge n. 9 del 2007, vale a dire persone o famiglie soggette a procedure di rilascio esecutivo dell'alloggio nelle zone ad alta tensione abitativa. Per l'attuazione degli interventi in questione è istituito un apposito fondo, che viene ripartito tra le regioni e le province autonome secondo i criteri definiti con lo stesso decreto interministeriale con il quale è adottato il piano degli interventi di recupero e razionalizzazione degli alloggi popolari. Le regioni e province autonome sono a loro volta tenute ad assegnare le risorse ai comuni e agli Istituti autonomi per le case popolari entro quattro mesi.
Quanto al finanziamento del fondo, è previsto l'utilizzo, fino al massimo di 500 milioni di euro, delle risorse derivanti dalla revoca – ai sensi dell'articolo 1, comma 79, della legge di stabilità per il 2014 (n. 147 del 2013) – di finanziamenti destinati alle infrastrutture strategiche non tempestivamente utilizzati, nonché delle risorse non utilizzate già stanziate per programmi di edilizia convenzionata-agevolata, per l'anagrafe degli assegnatari di abitazioni di edilizia residenziale, per interventi straordinari nel settore dell'edilizia residenziale connesse ad urgenze, per es. calamità naturali.
L'articolo 5 dispone che chiunque occupi abusivamente un immobile non possa poi chiedere la residenza e l'allacciamento a pubblici servizi per quell'immobile, laddove oggi è consentito a coloro che abbiano occupato abusivamente un edificio di ottenervi la residenza pur in pendenza di un procedimento penale.
L'articolo 6 dispone che i redditi derivanti dalla locazione di alloggi sociali non concorrono, nella misura del 40 per cento, alla formazione del reddito d'impresa ai fini delle imposte sui redditi né alla formazione del valore della produzione netta ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive: questo fino all'eventuale riscatto dell'immobile da parte del conduttore o comunque per non più di dieci anni dalla ultimazione dei lavori di realizzazione dell'alloggio. La misura è comunque Pag. 298subordinata all'autorizzazione della Commissione europea per la verifica che non si tratti di aiuti di Stato alle imprese.
L'articolo 7 prevede detrazioni d'imposta a favore dei soggetti titolari di contratti di locazione di alloggi sociali adibiti a propria abitazione principale, a condizione che il loro reddito non sia superiore a determinate soglie.
L'articolo 8 prevede che, dopo almeno sette anni dalla stipula del contratto di locazione, il conduttore di un alloggio sociale possa riscattare l'alloggio e che fino a quel momento possa imputare parte dei corrispettivi pagati al locatore in conto del prezzo di acquisto futuro dell'alloggio. Le clausole standard dei contratti locativi e di futuro riscatto sono disciplinate con decreto ministeriale, previa intesa in sede di Conferenza unificata.
L'articolo 9 dispone la riduzione – per il quadriennio 2014-2017 – dell'aliquota della cedolare secca al 10 per cento per gli immobili locati a canone cosiddetto concordato.
L'articolo 10 detta misure per incentivare la promozione, da parte dei comuni, di politiche urbane di edilizia sociale, e in particolare per garantire l'incremento degli alloggi sociali nei comuni ad alta tensione abitativa (cioè quelli da ultimo individuati dalla delibera CIPE 13 novembre 2013, n. 87). A tal fine, dopo aver precisato cosa deve intendersi per «alloggio sociale», il decreto stabilisce che le aree o gli immobili da destinare ad alloggio sociale non si computano ai fini delle quantità minime inderogabili di spazi pubblici o di spazi riservati alle attività collettive o a verde pubblico o parcheggi. Le misure previste dall'articolo si applicano soltanto al patrimonio edilizio esistente, dizione nella quale vengono fatti rientrare gli edifici non ancora ultimati e quelli non ancora iniziati, ma per i quali i titoli abilitativi siano stati rilasciati entro il 31 dicembre 2013.
In sostanza, vengono consentite ristrutturazioni edilizie, sostituzioni edilizie, anche mediante demolizione totale degli edifici e loro ricostruzione con modifica di sagoma o diversa localizzazione nel lotto di riferimento, variazioni della destinazione d'uso, creazioni di servizi e funzioni connesse e complementari alla residenza, creazioni di quote di alloggi da destinare alla locazione temporanea di soggetti i cui immobili di edilizia residenziale pubblica siano i corso di ristrutturazione o di soggetti sottoposti a procedure di sfratto. Gli interventi in questione – che non possono riguardare edifici abusivi, siti nei centri storici o siti in aree ad inedificabilità assoluta – sono autorizzati anche in deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi e alle destinazioni d'uso, nel rispetto delle norme e dei vincoli artistici, storici, archeologici, paesaggistici e ambientali, nonché delle norme di carattere igienico-sanitario e degli obiettivi di qualità dei suoli. Gli interventi sono regolati da convenzioni tra il comune e il soggetto privato, con la previsione di clausole sanzionatorie per il mancato rispetto del vincolo di destinazione d'uso. Gli interventi, infine, dovranno assicurare la copertura del fabbisogno energetico necessario per l'acqua calda sanitaria, il riscaldamento e il raffrescamento, con energia da fonti rinnovabili.
È previsto che le regioni definiscano i requisiti di accesso e di permanenza nell'alloggio sociale, i criteri e i parametri per la regolamentazione dei canoni minimi e massimi di locazione e i prezzi di cessione degli alloggi concessi in locazione con patto di futura vendita. Le regioni definiscono inoltre la durata del vincolo di destinazione d'uso, ferma restando la durata minima di quindici anni per gli alloggi concessi in locazione e di otto anni per gli alloggi concessi in locazione con patto di futura vendita o con patto di riscatto. Le regioni possono infine introdurre norme di semplificazione per il rilascio del titolo abilitativo edilizio convenzionato e possono ridurre gli oneri di urbanizzazione per gli interventi di cui all'articolo in esame.
Sono stanziati fino a 100 milioni di euro per il finanziamento degli interventi previsti dall'articolo. L'importo è ripartito, con decreto ministeriale e previa intesa in sede di Conferenza unificata, tra le regioni che entro sessanta giorni dalla conversione del decreto hanno definito i criteri di Pag. 299accesso agli alloggi sociali e di determinazione dei canoni di locazione e che abbiano definito i criteri per il riparto delle risorse tra i comuni che hanno siglato con gli operatori privati le convenzioni di cui si è detto.
Con l'articolo 11 viene previsto che le modalità di utilizzo delle risorse stanziate dal decreto, nonché le modalità di monitoraggio dell'avanzamento degli interventi e di applicazione di misure di revoca siano stabilite con gli stessi provvedimenti di assegnazione delle risorse stesse, fermo restando che le risorse revocate dovranno restare destinate al contrasto del disagio abitativo.
L'articolo 12 riprende una disposizione del decreto-legge n. 151 del 2013, non convertito in legge, a sua volta analoga ad una introdotta dal Senato nel decreto-legge n. 126 del 2013, anch'esso non convertito: si tratta dei due primi decreti-legge correntemente detti salva-Roma. In sostanza, si sospendono gli effetti di una decisione del Capo dello Stato che ha annullato alcuni articoli del regolamento di esecuzione del codice degli appalti, in accoglimento di un ricorso straordinario, in modo da modificare il regolamento, con riguardo al sistema di qualificazione delle imprese.
L'articolo 13 reca una serie di disposizioni dirette complessivamente ad agevolare la realizzazione dell'evento EXPO 2015.
L'articolo 14 provvede alla copertura finanziaria del provvedimento e l'articolo 15 ne regola l'entrata in vigore.
Renato BALDUZZI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire e non sussistendo ragioni di urgenza per l'espressione del parere, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
DL 52/2014: Disposizioni urgenti in materia di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari.
S. 1417 Governo.
(Parere alle Commissioni riunite 2a e 12a del Senato).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).
La Commissione inizia l'esame.
Il senatore Raffaele RANUCCI (PD), relatore, introducendo l'esame, riferisce che il decreto-legge in titolo interviene sul processo di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, sostanzialmente prorogando di un anno la chiusura degli stessi, in quanto non sono state completate da parte delle regioni interessate le procedure per la realizzazione delle strutture sanitarie sostitutive.
È bene ricordare preliminarmente che gli ospedali psichiatrici giudiziari sono attualmente sei, ospitano 866 persone e sono ubicati nei comuni di Aversa (CE), Barcellona Pozzo di Gotto (ME), Castiglione delle Stiviere (MN), Montelupo Fiorentino (FI), Napoli e Reggio-Emilia.
In base al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008 e ai conseguenti accordi sanciti in sede di Conferenza unificata il 20 novembre 2008, il 26 novembre 2009 e il 13 ottobre 2011, le funzioni sanitarie relative agli ospedali in questione sono state trasferite ai Servizi sanitari regionali.
L'articolo 3-ter del decreto-legge n. 211 del 2011 aveva stabilito il 1o aprile 2014 come termine per la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari e la loro definitiva sostituzione con le nuove strutture sanitarie regionali previste dalla legge, vale a dire le cosiddette REMS (residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza). Queste, in particolare, devono essere conformi ai requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi che sono stati nel frattempo stabiliti con il decreto ministeriale 1o ottobre 2012. Questo prevede tra l'altro – in conformità con il citato decreto-legge n. 211 – che la gestione all'interno delle nuove strutture sia di esclusiva competenza sanitaria e che, per l'attività perimetrale di sicurezza e di vigilanza esterna – per la quale è esclusa la competenza sia del Servizio sanitario nazionale sia dell'Amministrazione penitenziaria – le regioni e le province autonome possano ricorrere ad accordi con le prefetture, per garantire adeguati standard di sicurezza.Pag. 300
Il citato decreto-legge n. 211 ha stanziato risorse per il superamento degli OPG, prevedendo che le stesse siano ripartite tra le regioni previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni e quindi assegnate a ogni singola regione a fronte di uno specifico programma di utilizzo proposto dalla medesima regione e approvato dal ministro della salute.
Poiché i programmi regionali per il superamento degli OPG non potevano essere attuati entro il termine anzidetto del 1o aprile 2014, il decreto in esame, con l'articolo 1, comma 1, ha prorogato il termine in questione dal 1o aprile 2014 al 31 marzo 2015.
In base al comma 4 dell'articolo 3-ter del decreto-legge n. 211, a decorrere dal termine oggetto della proroga – ossia dal termine prorogato al 31 marzo 2015 – gli OPG sono chiusi e le misure di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario e dell'assegnazione a casa di cura e custodia sono eseguibili esclusivamente all'interno delle nuove strutture, fermo restando che le persone che abbiano cessato di essere socialmente pericolose devono «essere senza indugio dimesse e prese in carico, sul territorio, dai Dipartimenti di salute mentale».
Il decreto in esame stabilisce poi che il giudice deve disporre nei confronti dell'infermo di mente l'applicazione di una misura di sicurezza diversa dal ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, salvo quando sono acquisiti elementi dai quali risulta che ogni altra misura diversa non è idonea ad assicurare cure adeguate e a far fronte alla sua pericolosità sociale. Il decreto si limita in questo a esplicitare quanto già costituisce norma vigente per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 253 del 2003, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'articolo 222 del codice penale nella parte in cui precludeva al giudice di adottare un'altra fra le misure previste dalla legge quando ravvisava l'inidoneità del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario; e in specie gli precludeva di applicare la misura della libertà vigilata, accompagnata da prescrizioni idonee ad evitare le occasioni di nuovi reati.
Il comma 2 dell'articolo 1 del decreto-legge in esame prevede poi che le regioni e le province autonome comunichino entro il 1o ottobre 2014 al Governo e al Comitato paritetico interistituzionale in materia di sanità penitenziaria – istituito presso la Conferenza Stato-regioni con il citato d.P.C.M. 1o aprile 2008 – lo stato di realizzazione delle nuove strutture sanitarie nonché le iniziative assunte per garantire il completamento del processo di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari. Qualora dalla comunicazione della regione risulti che lo stato di realizzazione e di riconversione delle strutture e quello delle iniziative sia tale da non garantire il completamento del processo di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari entro il nuovo termine del 31 marzo 2015, il Governo provvede in via sostitutiva.
L'intervento sostitutivo in caso di mancato rispetto del termine di completamento del programma regionale relativo al superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari era peraltro consentito anche dalla normativa anteriore al decreto-legge in esame, e precisamente dal comma 9 dell'articolo 3-ter del decreto-legge n. 211. Per la procedura sostitutiva trovano applicazione le norme generali di cui all'articolo 8 della legge n. 131 del 2003, insieme con la norma specifica di cui al citato articolo 3-ter: questo prevede che il Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza Stato-regioni, nomini commissario la stessa persona per tutte le regioni per le quali si rendano necessari gli interventi sostitutivi in oggetto.
Il comma 3 dell'articolo 1 quantifica gli oneri derivanti dalla proroga del termine di completamento del processo di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari. Tali oneri – come specifica la relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione – riguardano le spese che, nel prolungamento della fase transitoria, ricadono sul Ministero della giustizia per i compiti che ad esso residuano Pag. 301dopo il trasferimento delle funzioni sanitarie ai Servizi sanitari regionali. Fa eccezione la struttura di Castiglione delle Stiviere, che – secondo quanto risulta dalla relazione tecnica – è passata alla regione Lombardia.
Ai fini della copertura finanziaria degli oneri, il comma 3 riduce le risorse stanziate per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari.
In conclusione, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato).
Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere del relatore.
La seduta termina alle 14.50.
AVVERTENZA
Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:
SEDE CONSULTIVA
DL 36/2014: Disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché di impiego di medicinali meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale.
C. 2215 Governo.
(Parere alle Commissioni riunite II e XII della Camera).