CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 27 novembre 2013
129.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-01523 Gebhard: Soppressione di agevolazioni tributarie relative alle imposte di registro, ipotecarie e catastali.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti chiedono chiarimenti interpretativi in ordine all'articolo 10 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, che modifica, a decorrere dal 1o gennaio 2014, l'aliquota in tema di imposta di registro, ipotecaria e catastale, relative ai trasferimenti immobiliari.
  In particolare, al comma 4, del predetto articolo 10, è prevista la soppressione di tutte le esenzioni e le agevolazioni tributarie, e pertanto l'Onorevole interrogante chiede di sapere quali siano le esenzioni e le agevolazioni tributarie da considerarsi soppresse a decorrere dal 2014, se debba considerarsi soppresso anche l'articolo 1 comma 497, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 ed infine, se non si ritenga opportuno prevedere una proroga dell'entrata in vigore del citato articolo 10 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23.
  Al riguardo, sentiti gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue, l'articolo 10 del decreto legislativo n. 23 del 2011 modifica l'articolo 1 della Tariffa, Parte Prima, allegata al Testo unico dell'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 (Testo Unico Registro).
  Per effetto di tali modifiche, come rilevato dall'interrogante, viene previsto che, a partire dal 1o gennaio 2014, gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili e gli atti traslativi o costitutivi di diritti reali di godimento, compresi la rinuncia pura e semplice agli stessi, i provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità e i trasferimenti coattivi sono soggetti all'imposta di registro, con l'aliquota del 9 per cento.
  Per i trasferimenti di case di abitazione per i quali ricorrono i requisiti previsti per l'acquisto della «prima casa», l'imposta di registro trova, invece, applicazione nella misura del 2 per cento.
  Il comma 4, del citato articolo 10, del decreto legislativo n. 23 del 2011 stabilisce, inoltre, che, in relazione ai trasferimenti indicati nell'articolo 1 della citata Tariffa, sono soppresse tutte le esenzioni e agevolazioni tributarie, anche se previste in leggi speciali.
  L'ampia formulazione del citato comma 4, dell'articolo 10, porta a ritenere che, in assenza di specifiche modifiche normative, dovrebbero risultare soppresse tutte le disposizioni concernenti l'imposta di registro in materia di trasferimenti immobiliari che abbiano portata agevolativa.
  Sarà cura dell'Agenzia delle entrate, d'intesa con il Dipartimento delle finanze, nell'ambito della propria attività istituzionale di interpretazione delle norme tributarie, fornire in tempo utile chiarimenti in merito all'applicazione delle nuove disposizioni.
  Per quanto riguarda il regime del «prezzo-valore», richiamato dall'Onorevole interrogante, si fa presente che l'articolo 1, comma 497, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, (legge Finanziaria per il 2006) e successive modificazioni, stabilisce che: «per le sole cessioni nei confronti di persone fisiche che non agiscano nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, aventi ad oggetto Pag. 85immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, all'atto della cessione e su richiesta della parte acquirente resa al notaio, la base imponibile ai fini delle imposte dì registro, ipotecarie e catastali è costituita dal valore dell'immobile determinato ai sensi dell'articolo 52, commi 4 e 5 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della repubblica n. 131 del 1986, indipendentemente dal corrispettivo pattuito indicato nell'atto.
  Pertanto, in deroga all'articolo 43 del citato testo unico sull'imposta di registro che prevede, la base imponibile per l'applicazione delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, è costituita dal valore catastale dell'immobile determinato ai sensi dell'articolo 52, commi 4 e 5, del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986 n. 131, indipendentemente dal corrispettivo pattuito indicato nell'atto.
  Tale disciplina si presenta come un sistema forfettario di determinazione della base imponibile e, quindi, non può essere ricondotto tra le previsioni di esenzioni o di agevolazioni cui fa riferimento l'articolo 10, comma 4, del citato decreto legislativo n. 23 del 2011.

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ALLEGATO 2

5-01563 Zanetti: Contenzioso relativo alle nomine di dirigenti presso l'Agenzia delle entrate.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti chiedono di conoscere le ragioni per le quali l'Agenzia delle Entrate abbia attribuito un gran numero di incarichi dirigenziali a propri funzionari senza espletare le previste procedure concorsuali, in violazione delle norme che disciplinano le progressioni di carriera nel pubblico impiego. Gli interroganti richiamano le sentenze con le quali la giustizia amministrativa ha recentemente contestato la legittimità di tali nomine e manifestano preoccupazione per le ricadute negative che la situazione rappresentata potrebbe avere sia sul gettito erariale, qualora gli atti emessi dagli uffici a cui i funzionari in questione sono stati preposti venissero dichiarati a loro volta illegittimi, sia sull'immagine dell'amministrazione finanziaria.
  Al riguardo l'Agenzia delle entrate riferisce quanto segue.
  Giova ricostruire nel dettaglio la questione prospettata dagli Onorevoli interroganti.
  L'amministrazione finanziaria ha sempre sofferto di gravi carenze di personale dirigente che, di conseguenza, si sono riversate anche nel nuovo assetto organizzativo voluto dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.
  Fin dal suo avvio, pertanto, l'Agenzia delle Entrate aveva tra le sue priorità quella di bandire un concorso per dirigenti.
  Con l'istituzione delle agenzie fiscali il legislatore ha voluto affidare la gestione del fisco a strutture in grado di operare secondo regole gestionali più flessibili di quelle tipiche del modello ministeriale, che aveva evidenziato nel tempo gravi inadeguatezze rispetto al compito della conduzione di una macchina così complessa qual è quella fiscale, cui sono affidate funzioni che richiedono forte operatività allo scopo di reperire le risorse destinate al funzionamento dello Stato e al sostegno dell'economia.
  Coerentemente con le peculiari caratteristiche del modello organizzativo delle agenzie fiscali e, in particolare, con l'autonomia ad esse attribuita in materia di gestione e sviluppo del proprio personale, l'articolo 71, comma 3, lettera d), tuttora in vigore, del citato decreto legislativo n. 300 del 1999 prevede che ogni Agenzia con il proprio regolamento di amministrazione e in conformità con i principi contenuti nel decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, «determini le regole per l'accesso alla dirigenza». Introducendo tale disposizione, il legislatore aveva evidentemente ritenuto che la disciplina delle modalità di selezione dei dirigenti non potesse rimanere estranea alla sfera di autonomia delle agenzie fiscali, trattandosi – analogamente ad altre materie riguardanti la gestione del personale e l'ordinamento degli uffici, demandate, sempre dal decreto legislativo n. 300 del 1999, al regolamento di amministrazione – di una leva fondamentale per assicurare la funzionalità e lo sviluppo dell'organizzazione.
  Tale disposizione si attagliava bene alle peculiari esigenze dell'Agenzia delle entrate. La direzione degli uffici operativi dell'Agenzia richiede infatti, da un lato, ampie e approfondite conoscenze in materie di notevole complessità tecnica e, dall'altro, solide competenze manageriali, Pag. 87perché occorre indirizzare, coordinare, motivare e monitorare, nello svolgimento di una variegata gamma di processi di lavoro, l'attività di un gran numero di addetti. Molti di questi operatori hanno poi un'elevata qualificazione professionale e il modulo organizzativo essenziale della loro attività è quello del lavoro in team, che, se da una parte, può assicurare maggiore qualità dei servizi a fronte di una forte varianza delle richieste da soddisfare, dall'altra, però, mette in gioco dinamiche di cooperazione spesso critiche, che richiedono al dirigente della struttura doti di leadership, capacità relazionali e abilità di gestione manageriale.
  Per fare fronte a compiti di direzione di tale natura, sulla base delle disposizioni del menzionato decreto legislativo n. 300 del 1999, l'Agenzia delle entrate, al pari delle altre agenzie fiscali, aveva previsto nel proprio Regolamento di amministrazione, precisamente, nell'articolo 12, procedure concorsuali innovative in base alle quali, dopo una prima selezione concorsuale pubblica, i candidati avrebbero dovuto seguire un periodo di tirocinio teorico-pratico di congrua durata, volto a verificare sul campo il possesso delle capacità necessarie per svolgere le funzioni di dirigente. Solo se la valutazione di tale periodo fosse stata positiva il candidato avrebbe potuto conseguire la qualifica dirigenziale.
  Il percorso selettivo che la norma regolamentare prefigurava si è avviato nell'Agenzia delle entrate, già nel 2001 (nell'anno stesso, quindi, in cui l'Agenzia fu attivata), con un concorso per 300 posti di dirigente che avrebbe consentito di coprire tutte le vacanze di organico esistenti all'epoca. Quel percorso, però, si è ben presto interrotto poiché Il TAR del Lazio, adito dal sindacato Dirpubblica, con sentenze n. 1601 e n. 1602 del 2002 ha infatti ritenuto che, in assenza di una specifica norma di deroga, il decreto legislativo n. 300 del 1999, facendo richiamo ai «principi contenuti nel decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29» (ora decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165), abbia voluto recepire l'intera disciplina dettata da tale decreto per il reclutamento dei dirigenti, con un «rinvio dinamico» anche alle disposizioni di carattere regolamentare cui lo stesso decreto demanda la normativa di dettaglio delle modalità di reclutamento.
  In altre parole, il TAR ha affermato che la previsione contenuta nel decreto legislativo n. 300/1999, che demanda ai regolamenti di amministrazione delle agenzie fiscali la determinazione delle regole di accesso alla dirigenza, deve interpretarsi come meramente riproduttiva della normativa generale in materia.
  Le sentenze in questione hanno sostanzialmente vanificato lo specifico e importante spazio di autonomia gestionale previsto dal decreto legislativo n. 300/1999, riconducendo anche le agenzie fiscali alla pedissequa osservanza delle modalità di selezione previste in modo dettagliato, per tutte le pubbliche amministrazioni, dall'articolo 28, comma 5, del decreto legislativo n. 165/2001. Tale ultima norma è stata oggetto di riscrittura ad opera della legge 15 luglio 2002, n. 145, che demandava a un apposito regolamento governativo (emanato con il decreto del Presidente della Repubblica 24 settembre 2004, n. 272) la definizione dei criteri e delle modalità di svolgimento delle procedure concorsuali per l'accesso alla dirigenza pubblica.
  L'impossibilità di avviare procedure di reclutamento che rispondessero in maniera ottimale alle esigenze funzionali dell'Agenzia, l'evoluzione della normativa di riferimento e i perduranti blocchi delle assunzioni nella pubblica amministrazione hanno dato luogo a una situazione di stallo. Nel frattempo, per assicurare il regolare svolgimento dell'attività degli uffici, l'Agenzia ha dovuto necessariamente conferire incarichi dirigenziali a propri funzionari. La possibilità di affidare incarichi dirigenziali a funzionari è prevista dall'articolo 24, comma 2, del Regolamento di amministrazione; la portata della norma – limitata inizialmente al triennio 2001-2003 – è stata necessariamente più volte prorogata. I funzionari prescelti sono soggetti dei quali sono state sperimentate Pag. 88sul campo, per un congruo periodo di tempo, le competenze professionali e l'attitudine a svolgere funzioni di maggiore responsabilità; sono stati individuati previa attenta valutazione delle loro capacità e conoscenze, secondo criteri molto puntuali fissati con apposite Linee guida di cui agli atti direttoriali n. 39504 del 9 marzo 2006 e n. 110388 del 20 luglio 2011.
  I funzionari incaricati, per via delle cessazioni dal servizio dei dirigenti, coprono ormai circa i due terzi delle posizioni dirigenziali attive. Molti di essi ricoprono incarichi dirigenziali fin dall'avvio dell'Agenzia o addirittura anche da prima. È una situazione obiettivamente atipica, che l'Agenzia intende risolvere; allo stesso tempo, l'Agenzia non intende rinunciare all'obiettivo di reclutare i propri dirigenti sulla base di una valutazione delle conoscenze professionali, dell'esperienza e delle competenze effettivamente maturate dagli interessati.
  La possibilità di perseguire entrambi questi obiettivi è stata offerta dall'articolo 1, comma 530, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007): in base a tale disposizione, il reclutamento di personale dell'amministrazione economico-finanziaria, compreso quello delle agenzie fiscali, può avere luogo con modalità speciali, stabilite con decreto del Ministro.
  Con riferimento all'Agenzia delle Entrate, un decreto in tal senso è stato firmato dal Ministro il 10 settembre 2010 e registrato dalla Corte dei Conti il successivo 8 ottobre. Il relativo bando, emanato il 29 ottobre e pubblicato il 5 novembre 2010, riguardava un concorso per 175 dirigenti, che avrebbe potuto costituire il primo passo per avviare a soluzione il problema delle reggenze.
  La procedura di reclutamento era mutuata da quella adottata in occasione di un analogo concorso per dirigenti indetto e regolarmente portato a termine dal Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato. Essa mirava a un esame complessivo delle competenze specifiche possedute dai candidati, con particolare riferimento alla verifica delle esperienze professionali maturate nelle peculiari aree di attività dell'Agenzia, nonché all'accertamento delle capacità manageriali, dell'attitudine a lavorare per obiettivi e risultati, delle motivazioni professionali e della capacità di sviluppare competenze e livelli di performance in linea con la missione istituzionale dell'Agenzia. In relazione a queste finalità, la procedura sarebbe dovuta consistere nella valutazione di titoli e nella verifica dei requisiti e delle attitudini professionali, integrata da un colloquio.
  La procedura prevedeva una riserva di posti fino al 50 per cento per i funzionari di ruolo dell'Agenzia, appartenenti alla posizione economica F3 o a quelle superiori della terza area funzionale, muniti di laurea, che alla data di emanazione del bando stesso, risultavano in servizio presso la medesima Agenzia e avessero compiuto, anche complessivamente, almeno otto anni di servizio nelle suddette posizioni economiche.
  Tuttavia il TAR del Lazio, nuovamente adito dal sindacato Dirpubblica, con due distinte sentenze – rispettivamente del 1o agosto e del 30 settembre 2011 – ha dichiarato illegittima la previsione contenuta nell'articolo 24 del Regolamento di amministrazione dell'Agenzia (attribuzione di incarichi dirigenziali a funzionari) ed ha annullato il concorso per 175 dirigenti.
  Secondo il TAR, l'articolo 24 del Regolamento di amministrazione sarebbe illegittimo in quanto conterrebbe una previsione non supportata da una disposizione normativa di rango primario. In sostanza il TAR, muovendo dall'assunto che l'affidamento di compiti dirigenziali a funzionari costituisce una fattispecie di attribuzione di mansioni superiori, ha ritenuto che l'ordinamento non contenga norme di legge che contemplino una fattispecie del genere, prevedendo il conferimento di mansioni superiori esclusivamente nell'ambito delle funzioni non dirigenziali (articolo 52 del decreto legislativo n. 165/2001). Sempre in quest'ordine di considerazioni, il TAR ha successivamente annullato il concorso per dirigenti cui prima si è fatto cenno, in considerazione Pag. 89appunto del fatto che esso prevede l'attribuzione di un punteggio anche per gli incarichi dirigenziali «illegittimamente» affidati in applicazione del citato articolo 24 del Regolamento di amministrazione.
  L'Agenzia ha tempestivamente interposto appello ed ha ottenuto dal Consiglio di Stato la sospensione dell'esecutività della sentenza riguardante l'articolo 24, la cui udienza di merito, inizialmente fissata per il 20 marzo, è stata poi rinviata al 3 luglio 2012.
  In pendenza dell'appello, l'articolo 8, comma 24, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito dalla legge 26 aprile 2012, n. 44 ha introdotto disposizioni che in buona sostanza:
   autorizzano le agenzie fiscali ad espletare procedure concorsuali per la copertura delle posizioni dirigenziali vacanti, secondo le modalità speciali già richiamate nel precedente concorso;
   fanno salvi, nelle more della conclusione del concorso, gli incarichi dirigenziali attualmente affidati a funzionari e prevede che altri potranno esserne affidati in relazione al tempo necessario per la copertura dei posti vacanti tramite il concorso stesso;
   stabiliscono che, una volta assunti i vincitori del concorso, la agenzie non potranno più attribuire nuovi incarichi dirigenziali a funzionari.

  La norma in questione costituiva la condizione essenziale per consentire alle agenzie di continuare a funzionare regolarmente nell'interesse dello Stato e della collettività, e quindi in piena coerenza con il principio costituzionale di buon andamento dell'amministrazione.
  Nell'ambito del giudizio di appello promosso dall'Agenzia contro la sentenza con la quale il TAR ha annullato l'articolo 24 del Regolamento di amministrazione, Dirpubblica ha eccepito l'incostituzionalità della previsione contenuta nel citato articolo 8, comma 24, del citato decreto-legge n. 16 del 2012. Secondo Dirpubblica la norma si introduce in un giudizio in corso a vantaggio di una delle due parti in lite.
  Solo in questi giorni è stata depositata la sentenza del Consiglio di Stato, che ha sospeso il giudizio e ha preannunciato la rimessione degli atti alla Corte Costituzionale con separata ordinanza che non è stata però ancora depositata. Qualsiasi ulteriore considerazione resta necessariamente in sospeso in attesa di conoscere il contenuto dell'ordinanza di rinvio alla Corte e, successivamente, la decisione di quest'ultima.
  In sintesi, pertanto, l'Agenzia delle entrate ribadisce che la scelta di attribuire incarichi dirigenziali a funzionari della terza area (previa sperimentazione sul campo delle loro competenze professionali e dell'attitudine a svolgere funzioni di maggiore responsabilità) è una diretta conseguenza dell'esigenza di reclutare per tali posizioni candidati non solo sulla base delle loro conoscenze teoriche (requisito, questo, necessario ma non sufficiente), bensì anche – e soprattutto – sulla base della loro capacità di governare il contesto nel quale tali conoscenze devono trovare applicazione.
  Lungi dal compromettere l'immagine dell'Agenzia, come paventato dagli interroganti, una scelta di questo tipo dimostra, all'opposto, l'attenzione che la stessa pone al buon funzionamento dei propri uffici.
  Per quanto riguarda infine la legittimità degli atti emessi dai funzionari preposti a incarichi dirigenziali, si sottolinea che, secondo la giurisprudenza amministrativa, quando la nomina di un soggetto a organo della pubblica amministrazione si appalesi illegittima e venga annullata, gli eventuali atti adottati da tale soggetto restano efficaci, essendo di norma irrilevante verso i terzi il rapporto in essere fra la pubblica amministrazione e la persona fisica dell'organo che agisce (TAR Lazio, 14 febbraio 2011, n. 1379). Al riguardo il Consiglio di Stato ha precisato che l'annullamento giurisdizionale dell'atto di nomina di un funzionario non travolge, in linea di principio, gli atti da questo adottati nell'esercizio della sua funzione e riguardanti soggetti diversi da quelli che Pag. 90hanno impugnato l'atto di nomina (Consiglio di Stato, 10 marzo 2005, n. 992).
  Si aggiunga che, in base all'articolo 42 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, gli avvisi di accertamento devono essere sottoscritti dal «capo dell'ufficio» (o da un suo delegato): è evidente che «capo dell'ufficio» e «dirigente» non sono espressioni sinonime, come sottolineato nella sentenza del 10 agosto 2010, n. 18515, della Corte di Cassazione, la quale ha appunto stabilito che ai fini della legittimità degli avvisi di accertamento la legge non richiede che il soggetto preposto alla direzione dell'ufficio rivesta qualifica dirigenziale.
  L'Agenzia segnala, da ultimo, che, con sentenza del 18 giugno 2003, n. 9779, la Corte di Cassazione ha stabilito che l'esistenza di un atto (nel caso di specie, un avviso di accertamento) non dipende dall'apposizione del sigillo o del timbro o dalla leggibilità della sottoscrizione, ma piuttosto dal fatto che l'atto stesso sia riferibile, in modo inequivoco, all'organo amministrativo titolare del potere di emetterlo. Il fatto che secondo la suprema Corte l'unica condizione per la validità di un atto è che esso sia inequivocabilmente riferibile all'ufficio competente ad emetterlo, può ritenersi un ulteriore elemento a favore della validità degli atti emessi dagli uffici diretti da funzionari, non essendovi alcun dubbio sulla competenza di tali uffici ad emettere gli atti medesimi.

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ALLEGATO 3

5-01564 Causi: Dati relativi alla fruizione della misura per l'aiuto alla crescita economica – ACE.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame l'Onorevole interrogante chiede che il Governo fornisca i dati relativi al primo triennnio 2011-2013 di applicazione della misura agevolativa denominata Aiuto alla Crescita Economica (A.C.E.), introdotta dall'articolo 1 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
  Ciò servirebbe, in primo luogo, al fine di analizzare la reale efficacia di tale agevolazione, ma soprattutto affinché possano essere effettuate opportune valutazioni tese a consolidare, ed eventualmente migliorare, l'utilizzo di questo strumento da inquadrarsi nel novero dei necessari interventi destinati a far uscire dalla attuale crisi il sistema imprenditoriale del nostro paese.
  Al riguardo il Dipartimento delle finanze rappresenta quanto segue.
  Come riportato nel testo dell'interrogazione, al momento sono disponibili i soli dati definitivi relativi all'ACE riguardanti unicamente le società di persone e le imprese individuali.
  Per quanto concerne invece le società di capitali, i dati statistici relativi alle dichiarazioni 2012 (anno d'imposta 2011) sono in corso di elaborazione e saranno pubblicati il 15 gennaio 2014, come previsto dal calendario ufficiale delle pubblicazioni statistiche del Dipartimento delle Finanze, disponibile sul sito www.finanze.gov.it alla voce «dati e statistiche fiscali».
  In particolare, le statistiche relative alle società di capitali sono diffuse con un maggiore intervallo di tempo rispetto alle altre statistiche poiché molte società di capitali (anche di grandi dimensioni) hanno un esercizio finanziario non coincidente con l'anno solare, con conseguente slittamento dei termini di presentazione delle dichiarazioni.
  Pertanto, il Dipartimento ha attualmente a disposizione soltanto dei dati parziali che non consentono di formare un utile quadro informativo sul reale effetto della norma.
  In concomitanza della pubblicazione dei dati relativi alle società di capitali, prevista come già detto il 15 gennaio 2014, le tabelle statistiche saranno accompagnate, come di consueto, da un'analisi dei dati che permetterà di comprendere l'effetto dell'A.C.E. sulle società di capitali, come auspicato nel testo dell'interrogazione in oggetto.

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ALLEGATO 4

5-01565 Barbanti: Clausole di salvaguardia che comportano aumenti di aliquote o di acconti tributari.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti chiedono chiarimenti circa l'intenzione emersa da notizie di stampa, di attivare la clausola di salvaguardia contenuta nell'articolo 15, comma 4, del decreto legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito con modificazioni dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, in base alla quale «il Ministero dell'economia e delle finanze effettua il monitoraggio sulle entrate di cui alle lettere e) e f) del comma 3. Qualora da tale monitoraggio emerga un andamento che non consenta il raggiungimento degli obiettivi di maggior gettito indicati alle medesime lettere, il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, da emanare entro il mese di novembre 2013, stabilisce l'aumento della misura degli acconti ai fini dell'IRES e dell'IRAP, e l'aumento delle accise di cui alla Direttiva del Consiglio 2008/118/CE del 16 dicembre 2008, in misura tale da assicurare il conseguimento dei predetti obiettivi anche ai fini della eventuale compensazione delle minori entrate che si dovessero generare nel 2014 per effetto dell'aumento degli acconti per l'anno 2013».
  Al riguardo, il Dipartimento delle finanze riferisce che è attualmente in corso l'attività di monitoraggio svolta congiuntamente con il Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato sull'andamento delle entrate relative al gettito dell'IVA sull'accelerazione dei pagamenti della P.A e dalla definizione agevolata del contenzioso con i concessionari dei giochi ai fini dell'attivazione o meno della clausola di salvaguardia prevista dall'articolo 15, comma 4 del citato decreto-legge n. 102 del 2013.
  Giova comunque segnalare che, nel caso di attivazione della clausola medesima, coerentemente con quanto previsto dalla norma, l'incremento degli acconti per l'anno 2013 ai fini dell'IRES e dell'IRAP comporterebbe un corrispondente effetto negativo nell'anno successivo, che si manifesta in termini di un minore saldo e che richiede, pertanto, idonea copertura.
  In ordine alla ricognizione generale delle clausole di salvaguardia attualmente previste da disposizioni normative vigenti, che implichino aumenti di aliquote di imposte e tasse, ovvero degli acconti, si rappresenta l'esigenza manifestata dagli Uffici dell'amministrazione di avere maggior tempo a disposizione per effettuare detta ricognizione.

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ALLEGATO 5

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica di Albania, la Repubblica greca e la Repubblica italiana sul progetto «Trans Adriatic Pipeline» (C. 1710 Governo, approvato dal Senato).

PROPOSTA DI PARERE FORMULATA DAL RELATORE

  La VI Commissione,
   esaminato il disegno di legge C. 1710, approvato dal Senato, recante ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica di Albania, la Repubblica greca e la Repubblica italiana sul progetto «Trans Adriatic Pipeline» (TAP), fatto ad Atene il 13 febbraio 2013;
   rilevato come l'articolo 9 dell'Accordo preveda che per la determinazione della base imponibile dell'Investitore del progetto (la società Trans Adriatic Pipeline AG) si applicheranno le disposizioni delle rispettive normative nazionali, sulla base dei principi OCSE, e che la stessa Trans Adriatic Pipeline AG stipuli con le autorità competenti in materia di tassazione delle Parti contraenti accordi preliminari sui prezzi (advanced pricing agreements), funzionali a definire la base imponibile della società stessa, coerenti con le clausole dei trattati per eliminare le doppie imposizioni,
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con la seguente osservazione:
   valuti la Commissione di merito l'opportunità di assicurare la più ampia trasparenza in ordine ai profili di natura tributaria derivanti dall'attuazione delle previsioni dell'articolo 9 dell'Accordo, segnatamente attraverso un monitoraggio periodico costante delle circostanze di fatto e di diritto sulle quali i medesimi accordi si basano, atteso in particolare il fatto che l'Investitore di progetto, la società Trans Adriatic Pipeline AG, è costituita secondo le leggi della Confederazione elvetica, Paese che non appartiene all'Unione europea.

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ALLEGATO 6

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica di Albania, la Repubblica greca e la Repubblica italiana sul progetto «Trans Adriatic Pipeline» (C. 1710 Governo, approvato dal Senato).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La VI Commissione,
   esaminato il disegno di legge C. 1710, approvato dal Senato, recante ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica di Albania, la Repubblica greca e la Repubblica italiana sul progetto «Trans Adriatic Pipeline» (TAP), fatto ad Atene il 13 febbraio 2013;
   rilevato come l'articolo 9 dell'Accordo preveda che per la determinazione della base imponibile dell'Investitore del progetto (la società Trans Adriatic Pipeline AG) si applicheranno le disposizioni delle rispettive normative nazionali, sulla base dei principi OCSE, e che la stessa Trans Adriatic Pipeline AG stipuli con le autorità competenti in materia di tassazione delle Parti contraenti accordi preliminari sui prezzi (advanced pricing agreements), funzionali a definire la base imponibile della società stessa, coerenti con le clausole dei trattati per eliminare le doppie imposizioni,
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con la seguente osservazione:
   valuti la Commissione di merito l'opportunità di assicurare la più ampia trasparenza in ordine ai profili di natura tributaria derivanti dall'attuazione delle previsioni dell'articolo 9 dell'Accordo, segnatamente attraverso un monitoraggio periodico costante delle circostanze di fatto e di diritto sulle quali i medesimi accordi si basano.