PAGINA: 0010 Intervengono per dichiarazione di voto finale i deputati PIA ELDA LOCATELLI (Misto-PSI-PLI) (Vedi RS), MASSIMO ARTINI (Misto-AL) (Vedi RS), IGNAZIO LA RUSSA (FdI-AN) (Vedi RS), MARIO CARUSO (PI-CD) (Vedi RS) e GIANLUCA PINI (LNA) (Vedi RS).
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PAGINA: 0069 PIA ELDA LOCATELLI. Grazie, signora Presidente. Le disposizioni contenute in questo decreto-legge di contrasto al terrorismo sono una sorta di atto dovuto per dare completa attuazione alla risoluzione ONU n. 2178 del 2014, risoluzione adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ai sensi del capo VII della Carta delle Nazioni Unite, che quindi è vincolante. La risoluzione obbliga a reprimere quei comportamenti che, attraverso un coinvolgimento diretto, agevolano il compimento di atti terroristici anche in territorio estero, tra questi l'attività che i foreign fighters pongono in essere per affiancare conflitti armati con gruppi ed organizzazioni di matrice terroristica. La discussione di questo decreto arriva all'indomani di due episodi che lo rendono quanto mai attuale ed urgente: il primo a Tunisi, alle porte di casa, dove l'ISIS, per la prima volta, ci ha colpito direttamente, uccidendo quattro italiani, nel corso dell'attacco al museo del Bardo, che ha visto la morte di ventiquattro persone; il secondo, mercoledì scorso, qui a casa nostra, quando è stata sgominata una cellula di reclutamento dell'ISIS, attiva fra Piemonte, Lombardia, Marche ed Albania. Un risultato che è stato reso possibile grazie al lavoro prezioso dei nostri servizi e che va valorizzato, ma senza le strumentalizzazioni di chi va ripetendo l'assioma: immigrato uguale terrorista, come hanno fatto i colleghi della Lega, che, per cercare consensi, non cessano di alimentare paura e xenofobia.
Noi Socialisti siamo, quindi, d'accordo nel merito del decreto, mentre affermiamo che ci pare saggio che il Governo abbia accettato di stralciare dal testo la parte relativa alla possibilità di fare intercettazioni @pagina=0070@telematiche, in quanto il controllo da remoto del computer di un cittadino o di una cittadina mette in gioco libertà e diritti fondamentali e, quindi, va valutato e regolato con estrema ponderazione e prudenza. Sappiamo che la questione non è chiusa e che se ne riparlerà in occasione della discussione del disegno di legge sulle intercettazioni, ma noi Socialisti diciamo sin da ora – e lo ripeteremo quando se ne discuterà – che l'equilibrio tra libertà e sicurezza è precario e va valutato e regolato con cautela e delicatezza estreme.
Di questo decreto ci convince anche l'estensione della competenza in tema di terrorismo al Procuratore nazionale antimafia, ma avremmo preferito che tale competenza fosse più larga e avesse compreso anche l'autorizzazione ai colloqui in carcere tra funzionari e detenuti, che rientra invece nella competenza del procuratore generale.
Sottolineo due aspetti di dissenso che, però, non sono tali da impedirci di votare a favore del provvedimento, ma che vanno evidenziati. Il primo è il mancato coinvolgimento della Commissione affari esteri nell'esame in sede primaria del provvedimento. La sua cortese ma ferma risposta, signora Presidente, che indica l'opzione a favore della Commissione difesa non ci trova consenzienti. Noi socialisti siamo profondamente convinti che la politica di difesa sia al servizio della politica estera e non viceversa. Pertanto, ci è difficile accettare che la Commissione affari esteri sia stata assegnataria del provvedimento solo in sede consultiva. A nostro parere, questa situazione è determinata dal fatto che questo decreto mette insieme due materie affatto diverse: missioni internazionali e misure antiterrorismo, coinvolgendo così il lavoro di molte, troppe Commissioni. Ci auguriamo che questo problema non si riproponga per futuri decreti, perché è sbagliato in sé e perché crea problemi come quello cui ho appena accennato.
Infine, sulle missioni internazionali, come abbiamo fatto per precedenti proroghe, votiamo convintamente anche la parte relativa alle missioni internazionali, che non sono, come qualcuno ha affermato, uno spreco di denaro, bensì un prezioso strumento per le popolazioni civili colpite da conflitti ed un importante contributo alle operazione di pace.
La nostra partecipazione alle missioni fa parlare di «modello italiano», che è apprezzato nel mondo per i rapporti che sappiamo costruire con le ONG, le autorità, le comunità locali, e per gli interventi di tipo civile che vanno oltre l'intervento militare. Infine, ancora una volta, suggeriamo la possibilità che le diverse missioni possano essere valutate e votate singolarmente. Questo perché sono molto diverse fra di loro: alcune con un forte impegno per il capacity building, come nei Balcani, altre per il peace enforcing, in Libano, e poi vi è l'Afghanistan, Paese controverso.
Poiché crediamo che sia opportuna la più ampia convergenza in tema di politica estera, ancora una volta chiediamo, e sappiamo che varrà per le future votazioni, che i gruppi parlamentari si possano esprimere in modo differenziato sulle singole missioni. Poter avere un consenso largo sul maggior numero di missioni in cui il nostro Paese è impegnato ci sembra una positività da valorizzare. I socialisti voteranno a favore di questo decreto (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)). PAGINA: 0070 MASSIMO ARTINI. Presidente, colleghi, esponenti del Governo, Alternativa Libera si dichiara, purtroppo, contraria a questo decreto. Purtroppo perché, anche stavolta, non me ne vogliano i colleghi, si è voluto trattare la materia con un decreto-legge: i requisiti di urgenza e necessità richiesti dalla Costituzione forse potevano essere applicabili alla parte antiterrorismo, ma il fatto di averlo presentato dopo più di 30 giorni dai fatti accaduti a Parigi, effettivamente, non lo rendono così necessario e urgente, e di certo la parte che riguarda il rinnovo delle missioni internazionali @pagina=0071@non aveva questi requisiti, tant’è che in corso d'opera sono state cassate un buon numero di missioni.
Alternativa Libera si dichiara, purtroppo, contraria a questo decreto. Purtroppo perché si è voluto sfruttare la definizione di terrorismo dettata dall'articolo 270-sexies del codice penale e, tramite questa, introdurre una nuova fattispecie di reato, per affrontare il problema dei combattenti di ritorno e dei lupi solitari.
Da molte parti, durante l'indagine conoscitiva svoltasi e non solo, anche in sessioni diverse e fuori dall'indagine fatta in Commissione, si è rilevato come la fattispecie di reato fosse troppo generica. Leggo, per maggiore chiarezza, cosa prevede questo articolo: sono considerate con finalità di terrorismo le condotte che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un Paese o ad un'organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un'organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di un'organizzazione internazionale, nonché le altre condotte definite terroristiche o commesse con finalità di terrorismo da convenzioni o altre norme di diritto internazionale vincolanti per l'Italia.
In questo ambito, a detta di quasi tutti gli auditi, può rientrare di tutto, non solamente gli argomenti che il Governo ha voluto trattare, ovvero il fenomeno dei foreign fighters e dei lupi solitari di stampo jihadista. Si è voluto evitare di trattare non il combattente di ritorno e chi si addestra per combattere in conflitti in territorio estero, dando così una certezza in merito all'ambito di applicazione, ma si è deciso di mantenere l'inadeguata definizione già indicata ed introdotta – e questo va detto – dal Governo Berlusconi nel 2005.
Sicuramente, sarebbe stato più opportuno, sia come deterrente sia come applicabilità, definire una nuova fattispecie che riguardava tutti i combattenti, tutti coloro che combattono in situazioni all'estero dove ci sono conflitti o crisi. Questo argomento, da noi sostenuto con forza, anche con una precedente proposta di legge, non ha trovato riscontro, sebbene valutato positivamente anche in audizione da parte di esperti in materia come un qualcosa che desse effettiva possibilità di affrontare il tema di questo problema.
Alternativa Libera si dichiara, purtroppo, contraria a questo decreto. Purtroppo, perché si è tentato di restringere, senza fortunatamente riuscirci, grazie ad un Parlamento che ha svolto una buona funzione di sentinella, la libertà personale dei cittadini italiani. Infatti, l'avere tentato di introdurre, senza i dovuti contrappesi, norme che davano all'autorità inquirente la disponibilità di accesso e, soprattutto, di archiviazione delle intercettazioni informatiche senza limiti era estremamente pericoloso.
Si è però purtroppo introdotto il concetto che, se un reato è compiuto tramite strumenti informatici, è più grave. Speriamo che queste fattispecie abbiano un reale valore di deterrenza, ma ci preoccupa che, al momento, limiti solamente la libertà personale di ogni singolo cittadino. Da rilevare come la creazione di un elenco di siti bloccati, che deriva da quello della pedopornografia, senza possibilità di verifica del contenuto (è stata una nostra richiesta più volte non accolta, sia in Commissione, che in sede emendativa in Aula), se, in un primo momento, ci vedeva indubbiamente contrari, perché ritenuto dannoso dagli studiosi della materia, è da vedere sotto un occhio diverso, se rilevate le parole dei rappresentanti della polizia postale che hanno indicato come la popolazione di quell'elenco avvenga solo dopo che tutte le necessità di indagine siano state espletate.
Comunque, Alternativa Libera si dichiara, purtroppo, ancora contraria a questo decreto. Purtroppo, perché anche questa volta, e a prescindere dalle lacrime di coccodrillo che durante la fase emendativa in Aula il collega, ed ex Ministro, La Russa ha proferito, è stato impossibile valutare singolarmente le missioni internazionali a @pagina=0072@cui l'Italia partecipa, o in alcuni casi partecipava. Niente da dire, infatti, su missioni come UNIFIL in Libano, ma molto ci sarebbe stato da dire sulle eliminate missioni in Libia. Molto ci sarebbe stato da valutare, in particolare sul dettaglio dei costi, della Missione in Iraq, contro il Daesh; molto ci sarebbe da valutare sulla missione in Afghanistan, per anni indicata, da tutti, come l'unico baluardo di esportazione di democrazia, come esempio di missione da replicare per le altre missioni e dalla quale, per legittimi, e spesso più volte richiesti anche dalle opposizioni, interessi nazionali, usciamo speditamente prima delle scadenze che avevamo indicato agli altri Paesi coinvolti nella missione. Come un padre disattento, evitiamo di verificare che il figlio abbia effettivamente appreso la lezione o ancora di più superato l'esame, ma gli regaliamo, per lavarci la coscienza, ben 120 milioni di euro. Interessi legittimi che ci fanno essere più presenti non in terra di Libia, bensì davanti alle sue coste, con un dispositivo navale, nato durante la trattazione in Commissione del decreto, di cui abbiamo informazioni informali, ma che ancora deve vedere la luce (sotto il profilo di informazione e dettagli) nelle Commissioni competenti. Dispositivo che, anche se in maniera un po’ vile, perché non espressamente indicato negli obbiettivi comunicatici dalla signora Ministro Pinotti, supporterà anche, ovviamente per quelle che sono le Convenzioni che l'Italia ha ratificato sul soccorso in mare, anche la Guardia Costiera nella faticosa battaglia per il soccorso dei migranti che dalla Libia scappano o vengono indotti a scappare, verso l'Europa.
Purtroppo questo non basta a valutare diversamente questo decreto; non basta aver chiuso una serie di missioni, come richiesto in vari atti di indirizzo ed emendamenti in altri decreti missioni, missioni che non erano ormai più attive, come RCA, come quelle a Cipro e in Mozambico. Non basta perché questo è avvenuto in corsa e sulla base di valutazioni che il Governo, effettivamente, poteva fare già in precedenza.
Purtroppo non basta a valutare diversamente questo decreto aver introdotto un coordinamento nazionale dell'azione antiterrorismo, assegnandola alla procura antimafia. Dobbiamo verificare quali fondi effettivamente verranno stanziati per sopperire al nuovo carico di lavoro che investirà l'attuale struttura della procura antimafia.
Purtroppo non basta a valutare diversamente questo decreto l'aver soppresso, come richiesto, peraltro, anche dal collega Rizzo in una apposita proposta di legge, la possibilità di utilizzare team di fucilieri di marina su navi mercantili battenti bandiera italiana, per ovviare ai problemi che hanno causato l'increscioso evento del 19 febbraio 2012 con la successiva detenzione di Massimiliano Latorre e di Salvatore Girone.
Purtroppo non basta a valutare diversamente questo decreto l'aver introdotto, anche grazie al lavoro incessante in questi mesi della collega Basilio e della collega Scopelliti, nonché di tutta la Commissione difesa, un chiaro indirizzo verso l'utilizzo di aerei a pilotaggio remoto per la prevenzione di reati, tra cui anche quelli ambientali, sul territorio italiano. Come ho detto anche in fase di discussione di questo emendamento, dall'approvazione di questa legge di conversione, sarà necessario tenere il fiato sul collo sia dell'ENAC, che dei Ministeri interessati perché i tempi siano rispettati, affinché l'Italia sia effettivamente, in Europa, uno dei Paesi all'avanguardia, anche in ambito civile, nel settore degli unmanned; settore che ha potenzialità enormi nei prossimi dieci, venti, anni.
Cosa avremmo fatto al vostro posto ? Quali sarebbero state le azioni politiche da mettere in campo per affrontare i problemi urgenti che questo decreto tratta ?
Di nuovo, anzitutto dare una definizione chiara del reato di combattentismo in terre di crisi e conflitti civili, senza appoggiarsi alle definizioni fumose che ha utilizzato il Governo.
In più, una volontà non solamente di deterrenza e di contrasto ai reati di terrorismo, ma anche strumenti che affrontino @pagina=0073@il problema alla radice. Gli studi sul fenomeno dei foreign fighters non nascono negli ultimi anni, ma da molti anni a questa parte se ne parla. L'idea è di dare risposte sociali e non giudiziarie.
Inoltre, un'analisi singola e puntuale delle missioni. A questo proposito mi va di introdurre un piccolo ragionamento su quella che è la nascente legge quadro. L'idea è di non perdere quegli spunti che durante la fase di trattazione del decreto-legge hanno permesso – vado a concludere, Presidente – la valutazione di dare al Parlamento una possibilità di controllo, che al momento nel testo tirato fuori dai relatori non c’è. Questo sarebbe un buon modo di aumentare il potere del Parlamento su queste missioni.
Infine, uno spunto di nuovo sulla Guardia costiera. Coloro che fanno soccorso in mare – lo dico in particolare, Presidente, al Governo – affronteranno nei prossimi mesi una situazione effettivamente pesante, probabilmente più pesante dell'anno scorso. Avevamo trattato una serie di spunti che potevano supportare la Guardia costiera in questo periodo. Come Alternativa Libera riproporremo in Commissione atti di indirizzo che andranno a lavorare su questo.
In ogni caso, per tutti i motivi che le ho elencato noi voteremo in modo contrario al decreto-legge in esame. PAGINA: 0073 IGNAZIO LA RUSSA. Grazie Presidente. Fratelli d'Italia nelle ultime occasioni non ha votato per le missioni internazionali. Non ha ritenuto di poter votare, nonostante la nostra vicinanza alle Forze armate sia nota e proverbiale, nonostante il nostro convincimento che la migliore gioventù d'Italia sia spesso proprio rintracciabile tra i giovani che indossano la divisa, tra gli uomini e le donne con le stellette. Non le ha votate per un motivo semplice: perché riteniamo e continuiamo a ritenere che in questo momento il sistema Italia, il Governo, ma tutto il sistema Italia abbia trascurato di considerare la reale importanza della vicenda dei due marinai, dei due marò che non si è riusciti a far ritornare liberi, interamente liberi, in Italia, o a giudicarli almeno in Italia.
Noi non ne facciamo una questione solo legata alla vicenda personale dei due marò, ma una questione di dignità nazionale e anche di tranquillità dei nostri militari nelle missioni internazionali. Infatti, che garanzie possiamo dare agli uomini e alle donne in divisa, che difendono nel mondo la sicurezza, la pace, la tranquillità nostra e delle altre nazioni, se di fronte a un atto improprio, a un atto criminale del Governo indiano non abbiamo saputo dare risposta ? E, in ipotesi, la vicenda potrebbe ripetersi se in Libano ci fosse anche un semplice omicidio colposo, un incidente stradale. Magari qualcuno potrebbe arrogarsi il diritto di trattenere un militare italiano e via via ipotesi anche assai peggiori.
E allora abbiamo detto che, fintanto che non saranno rientrati in Italia entrambi i marinai, Fratelli d'Italia ritiene che il Governo debba non autorizzare le missioni internazionali o, per lo meno, prevedere che progressivamente si esca dalle stesse. Se noi avessimo fatto un discorso chiaro alla NATO, all'ONU, all'Europa – «abbiamo bisogno di vedervi veramente con noi, vicini, nella soluzione di questo problema» –, probabilmente la pressione internazionale, diplomatica, economica nei confronti dell'India avrebbe già da tempo prodotto effetti.
Questo mi è capitato di sentirlo con le mie orecchie, caro sottosegretario, caro Presidente, cari colleghi.
Ma se l'Italia per prima non considera prioritaria questa vicenda, mi dicono, perché mai noi ONU, noi NATO, noi Europa dovremmo considerarla prioritaria ? Mai gli abbiamo posto un aut aut, mai gli abbiamo detto, sulla spinta di una pressione popolare, che voi, al contrario, avete cercato in tutti i modi di tacitare, o è così o, se non fate così, noi dobbiamo chiudere il rubinetto, peraltro costoso, delle missioni internazionali. E, allora, siamo di @pagina=0074@fronte alla perdurante insipienza del sistema Italia. Io non do la colpa solo al Governo, ma all'intero sistema Italia. Ricordo, non dimentico, che quando i due militari erano entrambi in Italia, sia pure con un permesso temporaneo, non vennero trattenuti in Italia, ma vennero rimandati nelle fauci del sistema giudiziario indiano che prevede la pena di morte, perché interessi economici erano alla base di quella decisione. E il Ministro Giulio Terzi di Sant'Agata, prima si dimise per protesta, poi alzò l'indice accusatore nei confronti dei reali motivi per cui i militari vennero rispediti in India. E, allora, quelle ragioni permangono. Noi oggi voteremmo «no» alle missioni internazionali se avessimo un decreto-legge che si riferisse solo alle missioni internazionali. Ma, stavolta, cari colleghi, c’è di peggio: questo è un provvedimento invotabile. Un provvedimento così eterogeneo non si è mai visto. Oltre alla vicenda delle missioni internazionali, introduce l'importantissima questione delle misure antiterrorismo; introduce la creazione della Direzione nazionale antiterrorismo, accorpandola, giusto o sbagliato che sia, ma senza possibilità di discussione, con la Direzione nazionale antimafia; mette in campo un fatto positivo, ossia l'implemento della missione «Strade sicure», cioè, per meglio dire, dell'utilizzo dei militari in compiti di supporto alle forze di polizia sul territorio. E, cari colleghi di sinistra, siete pochi in questo momento in Aula, ma a questi pochi presenti voglio ricordare che, quando da Ministro della difesa introdussi questa modalità di intervento nel territorio delle Forze armate al fianco dei carabinieri e della Polizia di Stato nei quartieri, con i presidi, con le pattuglie mobili, ci fu un'alzata di scudi terribile, sostenendo che stavamo militarizzando l'Italia. Io personalmente ero colui che voleva terrorizzare, con le divise in ogni angolo, cittadini e turisti. Ebbene, a volte il tempo è galantuomo e mi fa molto piacere che, dopo le passate maggioranze, anche questa maggioranza, anche questo Governo, hanno dovuto, non solo dire che quella è una soluzione percorribile, ma l'hanno implementata, l'hanno incrementata, rendendosi finalmente conto del valore delle nostre Forze armate, fatte di uomini e di donne che nelle missioni internazionali hanno svolto anche compiti di polizia in condizioni sicuramente ancora più difficili di quelle dei quartieri più disastrati delle città italiane.
Questo provvedimento, però, parla anche di cooperazione, con tutta una serie di norme più o meno misteriose. Quindi, cooperazione, strade sicure, militari, Direzione nazionale antiterrorismo, missioni internazionali, misure antiterrorismo. Non parla, però, per esempio, di una missione che avremmo voluto vedere, ossia una missione in Libia, per bloccare, sia via nave, con un blocco navale, sia occupando i porti della Libia stessa, il traffico di uomini, le morti nel Mediterraneo, l'arrivo indiscriminato di immigrati irregolari che, oltre al problema insito nell'impossibilità di accogliere tutti senza costi esorbitanti, porta anche a una crescita del pericolo di terrorismo.
Di questo non si parla: stiamo mettendo parole e soldi per cose importanti ma lontane, non c’è la minima preoccupazione per quello che avviene a poche miglia di distanza. Ricordo che ai tempi della guerra tra Roma e Cartagine – consentitemi per un attimo di tornare indietro – se non mi sbaglio fu Catone senatore che portò i fichi freschi ai senatori romani, dicendo loro che venivano da Cartagine e che, se erano così buoni, significava che Cartagine, che oggi è un quartiere di Tunisi, era vicinissima. Io credo che il vecchio insegnamento del Senato romano e dell'antico senatore Catone oggi potrebbe essere ripetuto. Vorrei avervi potuto portare dei fichi freschi della Libia e della Tunisia per farvi comprendere come il problema sia vicino e, nello stesso tempo, lontano dalle intenzioni del nostro Governo. Per tutti questi motivi, che rendono assolutamente invotabile il provvedimento in esame perché eterogeneo, contraddittorio con fatti positivi e fatti negativi e impossibile da votare anche per parti separate, un articolo sì e un articolo no, perché si tratta di un solo @pagina=0075@articolo, qualcosa di assolutamente incredibile in un provvedimento del genere, Fratelli d'Italia non parteciperà alla votazione, invitando l'opposizione perlomeno a dichiarare non votabile un provvedimento siffatto e sbagliato nei contenuti perché anche nelle parti buone mette in condizioni di non poter discernere il buono dal cattivo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale). PAGINA: 0075 MARIO CARUSO. Grazie Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento che ci troviamo oggi qui a discutere è di estrema attualità e urgenza. Alla luce dei gravissimi episodi che si sono verificati a Tunisi lo scorso giovedì, a pochi chilometri dalle nostre coste, e che confermano la pericolosità e la barbarie della minaccia terroristica di matrice jihadista, il mondo moderno è caratterizzato da una evoluzione continua dei principali processi politici, economici e sociali in corso. Nella crisi tra Israele e Palestina si registrano troppo spesso nuovi fattori di deterioramento. Il conflitto in Ucraina sembra destinato a continuare, nonostante la facile tregua firmata tra le parti, le guerre in corso in Siria, Iraq e Libia verosimilmente si protrarranno ancora per molto tempo con ricadute inevitabili sulla instabilità dei Paesi vicini. La Libia in particolare è nel caos totale, nonostante le recentissime voci di un possibile accordo tra le parti in chiave anti-ISIS. Vedremo se la via della diplomazia riuscirà a mettere d'accordo le fazioni che si fronteggiano in questa terra. Lo sviluppo delle attività terroristiche dell'ISIS prima nella terra di nessuno, tra Siria e Iraq, ed ora in Libia e Tunisia, insieme agli effetti della crisi petrolifera, potrebbero incidere significativamente sulla stabilità in molti altri Paesi in nord Africa e dell'area mediorientale, con ricadute anche sui Paesi europei. Senza contare poi la gigantesca massa dei rifugiati difficilmente gestibile che coinvolge una catena di Stati che va dalla Turchia al Libano, alla Giordania, all'Iran fino a tutta l'Europa. La Tunisia, che si credeva finora al sicuro da ogni turbolenza ha dovuto registrare quel violento e vivo attacco che è costato decine di vittime tra cui quattro italiani e oltre cento feriti. È indispensabile, quindi, ricorrere ad una seria politica di prevenzione contro tutte le minacce terroristiche con una visione ultranazionale ovvero che vada oltre i nostri confini e che sia mirata a rafforzare la presenza dei militari nei territori che presentano maggiori criticità. Dico questo perché riteniamo che sia necessario consolidare i processi di pace nelle zone più esposte alla minaccia terroristica per ottenere positivi ritorni sulla sicurezza dei nostri cittadini.
Riteniamo essenziale, quindi, sviluppare una capacità di contrasto al terrorismo, adottando misure specifiche sia sul versante interno, sia su quello internazionale. Il nostro Paese, innanzitutto, deve partecipare attivamente alla coalizione internazionale che sta contrastando la minaccia dell'ISIS. La lotta al terrorismo richiede di adottare principalmente due misure: la prima è quella di predisporre un insieme di norme che siano finalizzate a tutelare le esigenze di sicurezza della collettività di fronte ai fenomeni di terrorismo sempre più frequenti; la seconda è quella di consolidare la presenza dei nostri militari in Italia e all'estero.
Il provvedimento, infatti, prevede valide misure volte a rafforzare gli strumenti di prevenzione e di repressione dei fenomeni terroristici, ad introdurre maggiori tutele per il personale appartenente ai servizi di informazione e sicurezza, nonché a consentire la partecipazione alle missioni internazionali di Forze armate e di polizia finalizzata al sostegno dei processi di pace e a rafforzare i contingenti di militari che operano in Italia, vigilando sui siti più sensibili.
Per quanto attiene alla repressione, si prevedono modifiche al codice penale che introducono misure specifiche di carattere sanzionatorio verso coloro che compiono atti di violenza con finalità di terrorismo, che svolgono azioni di proselitismo o atti preparatori a sostegno del terrorismo. In @pagina=0076@materia di intelligence si renderà ancora più efficace l'azione informativa svolta dai nostri servizi di sicurezza. Inoltre, le norme che garantiscono un coordinamento su scala nazionale delle indagini e delle misure di prevenzione, attribuendo specifiche funzioni al Procuratore nazionale antimafia, potranno senz'altro assicurare risultati di rilievo.
A carattere nazionale, ben venga l'incremento di 1.800 unità militari nelle attività del progetto «Strade sicure», con un controllo più capillare degli obiettivi sensibili alla lotta alla criminalità organizzata.
Per quanto riguarda la proroga delle missioni internazionali e, quindi, il contributo ai processi di pace, si tratta di estendere sino al 30 settembre 2015 l'effetto delle norme già approvate in questa legislatura: l'ultima è stata il decreto-legge del 1o agosto 2014, n. 109, convertito dalla legge 1o ottobre 2014, n. 141, che ha prorogato le missioni fino al 31 dicembre 2014. A questo riguardo, poniamo l'attenzione anche sulla circostanza che il provvedimento comporterà una riduzione della spesa a carico del bilancio della Difesa di ben 9 milioni di euro.
Le stesse motivazioni, quindi, che ci hanno spinto a votare a favore del precedente decreto, ci inducono a votare con rinnovata convinzione le norme contenute in questo provvedimento, in relazione soprattutto allo scenario internazionale che diventa sempre più perturbato e ai rischi cui sono sottoposti i nostri cittadini. Pertanto, il gruppo Per l'Italia-Centro Democratico voterà favorevolmente le misure urgenti per il contrasto al terrorismo e per il finanziamento delle missioni internazionali (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia – Centro Democratico). PAGINA: 0076 GIANLUCA PINI. Grazie, Presidente, rappresentante del Governo, difficilmente il gruppo della Lega Nord potrà votare favorevolmente o anche arrivare ad un'astensione relativamente ad un provvedimento che, in una parola, si può definire schizofrenico. Al di là dell'eterogeneità dei contenuti, che, come ricordava prima il collega La Russa, vanno da questioni legate all'antiterrorismo – o, perlomeno, ci provano, perché di norme effettivamente efficaci nel contrasto al terrorismo internazionale non ve n’è traccia, almeno per quello che attiene la nostra valutazione –, da un tentativo di normare o di dare strumenti sull'antiterrorismo, alle missioni internazionali, alla cooperazione, addirittura, ci buttano dentro, così, en passant, questioni relative anche alla caccia. Quindi, vi è proprio una confusione totale, una confusione che, in qualche modo, abbiamo già visto in altri provvedimenti emanati da questo Governo, appunto, schizofrenici.
Sono schizofrenici anche nel testo, rispetto a quello che è l'obiettivo dichiarato inizialmente già nel titolo del provvedimento, non fosse altro che, inizialmente, il testo prevedeva delle pene per reati collegati al terrorismo internazionale o al reclutamento, pene che, addirittura, stavano sotto la soglia della possibilità di utilizzare le semplici intercettazioni.
Questo la dice lunga sull'approssimazione con cui questo Governo affronta problemi delicatissimi come il contrasto al terrorismo, la gestione di Mare Nostrum, di Triton, l'incapacità di fermare l'onda invasiva del nostro territorio sull'onda altrettanto ipocrita della carità pelosa nei confronti di questi profughi, che poi profughi non sono. Gli stessi dati che ci fornisce questo Governo ci dicono che oltre il 90 per cento di chi arriva clandestinamente nel nostro Paese non ha nessun titolo per chiedere protezione internazionale. Comunque, dicevamo questo è un provvedimento che qualcuno ha definito invotabile.
Anche noi siamo stati tentati di non partecipare al voto finale nonostante, e questo è da riconoscere, il testo sia stato moderatamente migliorato proprio grazie a emendamenti del nostro gruppo. Quello che si ricordava prima sulle pene minime edittali per determinati reati che così almeno @pagina=0077@danno lo strumento delle intercettazioni all'autorità inquirente; la delimitazione, la perimetrazione dell'utilizzo dei dati dei tabulati telefonici e del traffico dati Internet che, con un blitz, viene definita la possibilità per gli operatori telefonici di trattenere questi dati fino al 31 dicembre 2016 in attesa di una direttiva generale che poi sicuramente non arriverà mai in tempo, quindi ci sarà un'ulteriore proroga.
Così come era stato scritto dal Governo veniva definito, in maniera agghiacciante, un «Grande Fratello» che andava a conservare tutti i dati e in maniera indiscriminata qualsiasi procura poteva utilizzare questi dati, non solo per finalità di reati gravi come antiterrorismo o mafia ma per qualsiasi tipo di reato, anche il più stupido.
Alla faccia del non intasare le procure con reati di lievi entità. E poi, ripeto, anche qui il comportamento schizofrenico, da una parte si fanno gli «svuotacarceri», da una parte si introduce la depenalizzazione di determinati reati, poi si va a creare un corto circuito come quello che comunque fortunatamente è stato evitato proprio grazie a un nostro emendamento in extremis, l'ultimo giorno in Commissione prima di arrivare in Aula.
È comunque questo un provvedimento assolutamente insufficiente, inefficace, confuso ed è anche pericolosamente lesivo delle libertà individuali.
Questo dibattito, di quanto noi possiamo cedere in qualche modo le nostre libertà individuali allo Stato o il controllo di queste nostre libertà individuali allo Stato, di questi nostri diritti, in funzione di una tutela della sicurezza, era dibattito da svolgere in maniera separata, non all'interno di uno zibaldone, di un minestrone come questo decreto.
Anche perché qui il Governo chiede di controllare la vita privata dei cittadini ma non fornisce nessun tipo di elemento pratico, concreto, efficace al contrasto del terrorismo. Allora, siccome lo Stato, insegnano i fondamenti del diritto, non è altro che un patto sociale fra cittadini, dove i cittadini cedono in qualche modo loro capacità decisionali a fronte di servizi e di tutele che lo Stato deve dare, qui lo Stato chiede ma non fornisce assolutamente nulla di concreto soprattutto nel contrasto dell'antiterrorismo. E c’è un motivo per cui non fornisce nulla, perché avete bocciato, voi della maggioranza, tutte quelle proposte che andavano invece nella direzione di una maggiore sicurezza e di una maggiore tutela.
Avete bocciato le nostre proposte sull'aumento degli effettivi delle forze dell'ordine, perché se si vuol fare sicurezza bisogna che ci siano persone sul territorio a controllarlo. Avete bocciato la nostra proposta di formare gli agenti che vanno sul territorio con dei corsi di antiterrorismo così come invece avviene in tutti i Paesi occidentali che devono fronteggiare questa sfida. Avete bocciato l'emendamento che prevede l'aumento da 2 a 3 del personale in pattuglia, e soprattutto personale qualificato e pronto, perché sono i primi che in caso di attacchi devono affrontare i rischi di un eventuale secondo attacco perché è sistematico, spesso e volentieri, che chi porta attacchi terroristici all'interno dei Paesi occidentali poi cerca immediatamente di colpire anche chi interviene in prima battuta.
Avete bocciato le dotazioni speciali che noi volevamo dare alle forze dell'ordine; avete bocciato la nostra richiesta di regolamentare la creazione di nuovi luoghi di culto o di nuovi centri di cultura islamica che, non la Lega, ma le cronache, le procure, la storia, i servizi segreti di tutti i Paesi occidentali dicono essere centri di reclutamento di terroristi in maniera diretta, oltre che quella indiretta su Internet. Avete bocciato le norme che abbiamo proposto per fermare lo sbarco di clandestini, clandestini in mezzo ai quali si possono annidare terroristi; e anche questo lo dicono le procure, coordinate proprio da quella procura antiterrorismo che avete voluto creare, giustamente; questa è una delle poche cose sagge che sono state fatte per il coordinamento. Le stesse procure che devono contrastare il terrorismo ci dicono che lì in mezzo, siccome non sono profughi, ma sono clandestini, questi @pagina=0078@clandestini tra l'altro alimentano, grazie ai soldi che pagano ai trafficanti di uomini, proprio le bande armate che ci fanno poi terrorismo sui nostri territori.
Sarebbe già sufficiente questo a dire assolutamente no, avete sbagliato, totalmente sbagliato, avete fatto l'ennesimo decreto-legge sull'onda emotiva e non avete ragionato su quello che effettivamente serviva per il contrasto al terrorismo. Ma, di più, avete sbagliato anche tutto quanto sulle missioni internazionali, tutto, tutto ! Noi come Lega, a metà di febbraio, quindi, un mese e mezzo fa, avevamo fatto una proposta durante il dibattito parlamentare su quelle che dovevano essere le linee guida della politica internazionale di questo Paese. Avevamo fatto pochissime proposte, quando, invece, c'erano tante risoluzioni che parlavano di tutto, della pace nel mondo. Abbiamo detto: affrontiamo il tema specifico e contingente di adesso, il rischio del terrorismo e la questione che la Libia è veramente a un tiro di cannone, in tutti i sensi, da noi. Sfruttiamo le risorse navali che abbiamo per un blocco navale dei porti, perché questo significa anche evitare i morti nel Canale di Sicilia. È inutile piangere i morti quando i morti li si ha sulla coscienza per scelte scellerate, dettate solo da ipocrisia politica.
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PAGINA: 0010 Intervengono inoltre per dichiarazione di voto finale i deputati MARIANO RABINO (SCpI) (Vedi RS), DANIELE FARINA (SEL) (Vedi RS), ERASMO PALAZZOTTO (SEL) (Vedi RS), FABRIZIO CICCHITTO (AP) (Vedi RS), ELIO VITO (FI-PdL) (Vedi RS), GIULIA SARTI (M5S) (Vedi RS), ANGELO TOFALO (M5S) (Vedi RS), ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI (PD) (Vedi RS), EMANUELA CORDA (M5S) (Vedi RS), MARTA GRANDE (M5S) (Vedi RS), ALFONSO BONAFEDE (M5S) (Vedi RS),ANDREA COLLETTI (M5S) (Vedi RS), EMANUELE SCAGLIUSI (M5S) (Vedi RS), MARIA EDERA SPADONI (M5S) (Vedi RS), MANLIO DI STEFANO (M5S) (Vedi RS), VITTORIO FERRARESI (M5S) (Vedi RS), TATIANA BASILIO (M5S) (Vedi RS), FERDINANDO ALBERTI (M5S) (Vedi RS), ROBERTA LOMBARDI (M5S) (Vedi RS), SERGIO BATTELLI (M5S) (Vedi RS),PAOLO BERNINI (M5S) (Vedi RS) e MASSIMILIANO BERNINI (M5S) (Vedi RS).
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PAGINA: 0078 MARIANO RABINO. Signor Presidente, colleghi, i recenti episodi verificatisi sia in Europa sia in Paesi dello scacchiere mediorientale hanno evidenziato l'innalzamento della minaccia terroristica di matrice jihadista che presentandosi in forme spesso nuove di inusitata violenza costituisce una gravissima insidia per la sicurezza interna ed è fattore di instabilità in Stati, anche del vicino Oriente, che versano in complesse situazioni politiche e sociali. Una concreta e corretta politica di prevenzione e tutela contro tali minacce comporta, necessariamente, una visione del fenomeno non limitata all'ambito del territorio del nostro Paese, ma mirata anche al rafforzamento della presenza di Forze armate, in particolare nei territori di maggior criticità. Il consolidamento, dunque, dei processi di pace e di stabilizzazione in aree di crisi acquisisce sempre più anche tale funzione preventiva, quale elemento essenziale di politica estera con sicuri riflessi sulla sicurezza dei cittadini.
La lotta al terrorismo richiede, pertanto, una strategia complessiva per dare @pagina=0079@una risposta efficace a una minaccia di tale entità. È ovvia, dunque, la straordinaria necessità ed urgenza di mettere in piedi un insieme di norme che, a vari livelli, si preoccupino di rispondere alle esigenze di sicurezza della collettività, a fronte di fenomeni terroristici, drammaticamente assurti alle cronache giornalistiche, che impongono strategie mirate ed efficaci proprio perché sistemiche. Perseguendo quest'approccio di contrasto globale del terrorismo, il provvedimento prevede misure volte sia a rafforzare e attualizzare gli strumenti di prevenzione e repressione penale del fenomeno nel territorio dello Stato sia a consentire la partecipazione a missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, finalizzata alla cooperazione, allo sviluppo e al sostegno ai processi di ricostruzione e di pace. L'opportunità di un aggiornamento degli strumenti di contrasto del terrorismo deriva anche dalla necessità di dare attuazione nell'ordinamento interno alla risoluzione n. 2178 del 2014, adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e vincolante per gli Stati. Tale Atto dell'ONU obbliga a reprimere una serie di condotte volte ad agevolare, attraverso un coinvolgimento diretto, il compimento di atti terroristici, anche in territorio estero, e consistenti anche nelle attività che i cosiddetti foreign fighters mettono in essere per affiancare in conflitti armati gruppi od organizzazioni di matrice terroristica. Sul piano penale si prevede l'introduzione di una nuova figura di reato destinata a punire chi organizza, finanzia e promuove viaggi per commettere terrorismo all'estero; la punibilità del soggetto reclutato con finalità di condotta terroristica anche fuori dai casi di partecipazione ad associazioni criminali operanti con le medesime finalità; la punibilità, sul modello francese, di colui che si auto-addestra alle tecniche terroristiche; l'introduzione di specifiche sanzioni, di ordine penale ed amministrativo, destinate a punire le violazioni degli obblighi in materia di controllo della circolazione delle sostanze, i cosiddetti precursori di esplosivi, che possono essere impiegate per costruire ordigni con materiali di uso comune.
Inoltre, sono aggiornati gli strumenti di contrasto all'utilizzazione della rete Internet per fini di proselitismo e agevolazione di gruppi terroristici. Esprimiamo soddisfazione, grazie alla collaborazione del collega Quintarelli, per la soppressione della norma che permetteva, in materia di intercettazioni di comunicazioni informatiche e telematiche, di utilizzare programmi informatici per acquisire da remoto le comunicazioni e i dati presenti in un sistema informatico.
Se non fossimo intervenuti, per qualsiasi reato commesso a mezzo del computer, dalla diffamazione alla violazione del copyright o ai reati di opinione o all'ingiuria, sarebbe stata consentita la violazione, da remoto, in modo occulto del domicilio informatico dei cittadini. L'uso di captatori informatici quale mezzo di ricerca delle prove da parte delle autorità statali, giudiziarie o di sicurezza, è controverso in tutti i Paesi democratici per una ragione semplicemente tecnica: con quei sistemi si compie una delle operazioni più invasive che lo Stato possa fare nei confronti dei cittadini, poiché quella metodologia è, allo stesso tempo, un'ispezione, una perquisizione, una intercettazione di comunicazioni, una acquisizione occulta di documenti e dati anche personali. Per ciò che concerne le parti di competenza della Commissione difesa, la problematicità del decreto-legge in esame nasce dalla piena partecipazione dell'Italia all'impegno della comunità internazionale contro la grave minaccia terroristica, rappresentata innanzitutto dal Daesh o IS o ISIS che dir si voglia, con il suo portato di destabilizzazione del quadro mediorientale, ma anche nordafricano e soprattutto libico, per ciò che concerne gli interessi strategici regionali dell'Italia.
Purtroppo, è evidente il fatto che non sia scomparsa la minaccia rappresentata da Al Qaeda, anzi, si è estesa spingendosi verso nuovi scenari e restando comunque attiva sul territorio europeo. Per questi motivi è necessario monitorare costantemente anche il conflitto mediatico iniziato @pagina=0080@da Daesh, che ha innescato una reazione di orgoglio competitivo da parte di Al Qaeda.
È importante puntualizzare che siamo al cospetto di un impegno costante, profuso con uno sforzo ammirevole, compiuto dalle donne e dagli uomini impegnati nelle missioni, sia sul piano militare sia su quello civile. L'impegno dei nostri soldati contribuisce alla stabilità del quadro internazionale e dà la possibilità di arginare il possibile e ulteriore deterioramento di un quadro internazionale gravemente compromesso. Il testo, lungi dall'essere disomogeneo ed incoerente risponde in modo quasi pedissequo alla richiesta saliente e dettagliata fatta dalle Nazioni Unite.
Il fulcro del provvedimento è rappresentato dalla tutela della sicurezza dei nostri cittadini, attraverso misure di carattere nazionale ed internazionale, e vanno in questa direzione, lo voglio ribadire, i nostri emendamenti presentati e approvati nelle Commissioni di appartenenza. Del resto, questo provvedimento in larga parte riprende una proposta di legge, a prima firma Stefano Dambruoso, deputato del Gruppo di Scelta Civica, depositato molti mesi e, quindi, profeticamente anticipatore.
Decisivo è stato il contributo di Scelta Civica al miglioramento del testo, attraverso emendamenti finalizzati a conferire al Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo il potere di proposta di misure di prevenzione personale, nonché a renderlo destinatario delle richieste di intercettazioni preventive e dell'autorizzazione ai colloqui investigativi; a modificare la disciplina in materia di collaboratori di giustizia, stabilendo l'intervento del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo anche ai casi di collaborazione collegata a reati in materia di terrorismo; a prevedere la segnalazione al Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo di operazioni sospette di finanziamento al terrorismo; a concedere al Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo la possibilità di disporre dei servizi centrali e interprovinciali delle forze di polizia e di impartire direttive, per regolarne l'impiego a fini investigativi; ad estendere infine l'obbligo di trasmissione delle rogatorie al Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, in considerazione della natura transnazionale dei delitti in materia di terrorismo.
Le misure descritte di contrasto al terrorismo, unitamente alla conferma delle missioni internazionali, daranno al nostro Paese la possibilità di assumere un ruolo centrale nelle relazioni internazionali e ci daranno la possibilità di presentarci agli occhi dell'intera comunità internazionale come Paese cerniera, tra Europa, Mediterraneo e Medioriente.
La posizione dell'Italia è stata prestigiosa in diversi teatri di crisi, basti citare il caso del Libano; inoltre, sul piano umanitario, determinante è stato il nostro aiuto alle masse di profughi e di vittime della tratta di esseri umani che affrontano il pericolo dell'attraversamento del mare Mediterraneo.
Il nostro Paese è impegnato a perseguire una vasta azione politico-diplomatica, volta al rafforzamento del dialogo con i paesi islamici moderati, e contemporaneamente al consolidamento del nostro modello nazionale di cooperazione allo sviluppo oltre che ad un approntamento dello strumento militare conforme ai rischi di escalation.
Il decreto, oltre a prevedere le misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale, contiene disposizioni concernenti l'impiego del personale delle Forze armate in attività di controllo del territorio, di vigilanza di siti e obiettivi sensibili e di prevenzione dei fenomeni di criminalità organizzata e ambientale nella regione Campania, dove le misure sono adottate, anche in relazione alle straordinarie esigenze di sicurezza connesse alla realizzazione dell'Expo 2015.
Per tutti questi motivi il gruppo di Scelta Civica auspica la tempestiva approvazione del provvedimento in esame, che rappresenta la possibilità per l'Italia, attraverso la costruzione di un efficace apparato normativo, di collaborare fattivamente @pagina=0081@con gli altri Paesi occidentali ed europei esposti alla minaccia del terrorismo. PAGINA: 0081 DANIELE FARINA. Grazie Presidente. Stiamo convertendo un provvedimento che riguarda il terrorismo. «Non gliela diamo vinta» così ha detto il Presidente del Consiglio, ma a noi sinceramente non sembra così, perché questo provvedimento racconta anche un'altra storia. Si tratta innanzitutto di uno scambio di libertà contro sicurezza, questo è indubitabile. Solo che la restrizione della libertà per tutti gli italiani è esigibile subito, per la sicurezza, invece, si vedrà.
Sulle libertà degli italiani questo decreto agisce con certezza restringendole, che prevenga o contrasti efficacemente il terrorismo è tutto da dimostrare. Siamo stati tutti Charlie solo per le foto di rito, chissà cosa ne penserebbe Charb, il direttore Stephane Charbonnier.
Forse, titolerebbe «L'Isis ha già vinto», oppure «Isis 1, Italia 0, perché quella che introduciamo è una legge di emergenza; quando l'eccezione entra nell'ordinamento, non ne esce più, gli anni del terrorismo, quello nostrano, dovrebbero avercelo insegnato bene. Dei delitti contro la personalità dello Stato, personalità esuberante che, all'inizio, era 270 nel codice penale, poi la famiglia è cresciuta: 270-bis, 270-ter, 270-quater, 270-quinquies, 270-sexies, e ci ritroviamo qui. Ma ce ne era proprio bisogno ? Ma è servito ? Ma facciamo attenzione perché nessuno qui mette in discussione il diritto di difenderci dalla minaccia interna o esterna; ho però il dubbio che questa strada non porti a nulla. Qualcuno dirà che siamo la solita sinistra del «no», apocalittica e magari anche disintegrata, e chiederebbe e chiederà: e tu, e voi, cosa avreste fatto ? Di sicuro non le nozze con i fichi secchi, perché di risorse vere in questo provvedimento non c’è nulla nella parte sull'anti- terrorismo, non per le forze di polizia, né per l’intelligence. Citerò il volo A320, quel disgraziato aereo della Germanwings che ha distrutto molte vite, le vittime e le loro famiglie, non lo farò per mettervi al comando il Presidente del Consiglio e parlargli d'Italia, quelle sono brutte sciocchezze. Però quella cabina di pilotaggio mi interroga, quella cabina blindata introdotta dopo i fatti dell'11 settembre 2001, che dovrebbe salvarci dal dirottamento e dall'atto di terrorismo e che diventa causa prima della nostra rovina, fortezza che cambia il segno della propria missione, consentendo al bene di trasformarsi in male. Ecco, ci sono troppe cabine blindate in questo decreto, dispositivi pensati contro il terrorismo ma che rischiano invece di colpire i normali cittadini, noi tutti e le nostre libertà. La legislazione di emergenza è come un cancro, si espande ed esonda, dichiara buone intenzioni ma buona non è mai alla fine e oggi siamo a discutere – basta guardare gli emendamenti che sono stati presentati – se la legislazione sugli stadi, in forte odore tra l'altro di incostituzionalità, la possiamo esportare alla società, se la flagranza differita vale solo in laboratorio o possiamo applicarla anche alle manifestazioni politiche. Ecco cosa fanno le legislazioni di emergenza, ma in quest'Aula non è echeggiata una sola parola di responsabilità, come se l'Italia non avesse partecipato a quelle tragiche avventure di Iraq e Afghanistan, quasi che le forze politiche di questo Parlamento non avessero votato, ripetute e ripetute volte, la nostra partecipazione a quella follia che, parlando di esportazione della democrazia, ha finito per deflagrare un'intera regione, che proclamando la lotta al terrorismo ha finito per alimentarlo e financo di importarlo. Errori che chiamano orrori, ma di tutto questo non c’è, come dicevo, che una pallida traccia nella nostra discussione e una patologica rimozione del passato che ci costringe eternamente sulla via sbagliata. Ecco, perché Sinistra Ecologia Libertà non darà il proprio assenso a questo provvedimento e voterà contro (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà). PAGINA: 0082 ERASMO PALAZZOTTO. Signor Presidente, io vorrei iniziare questo intervento, ringraziando i colleghi della Commissione giustizia del mio partito, il collega Daniele Farina che da ultimo è intervenuto, ringraziando i miei colleghi della Commissione difesa e la collega Duranti per il lavoro che ha fatto, e vorrei fare questo ringraziamenti anche per sottolineare l'assurdità di una discussione che noi stiamo facendo in quest'Aula di un decreto che è stato approfondito, studiato e modificato dalla sola Commissione difesa e dalla sola Commissione giustizia.
Ovvero, si tratta di un decreto che è stato accorpato in un'unica «paccottiglia», in cui le politiche interne sull'antiterrorismo si sono messe insieme alle missioni militari nonché alla cooperazione internazionale allo sviluppo. Io penso che su questo punto noi abbiamo una grande responsabilità e lo dico perché questo Parlamento si è assunto alcune responsabilità e ha impegnato il Governo rispetto ad alcune questioni e vorrei andare anche a leggere quelli che sono gli impegni che il Governo si era assunto l'ultima volta. Torniamo ancora qui a discutere del ruolo del Parlamento e del fatto che i provvedimenti e gli atti che noi, all'interno di questo Parlamento, votiamo e con cui impegniamo il Governo alla fine non hanno nessun esito e nessun significato.
E, allora, scopriamo che, nel 2013, in occasione dell'approvazione dell'ultimo «decreto missioni», un ordine del giorno, presentato dal collega Quaranta del mio gruppo, impegnava il Governo – e fu accolto dal Governo – a valutare l'opportunità di proporre, per il prossimo intervento legislativo – ma ve ne sono stati altri due senza che nulla accadesse – in materia di missioni internazionali separati decreti-legge, ovvero articoli distinti per le diverse missioni in cui è impegnato il nostro Paese.
Nel frattempo, è sopravvenuta una legge sulla cooperazione internazionale, che doveva svincolare i fondi della cooperazione internazionale dalle missioni militari. Nel frattempo, ci sono stati altri decreti che si sono perpetrati esattamente allo stesso modo e, quindi, con un unico accorpamento. Arriviamo ad oggi con un unico decreto con cui non solo si prevedono tutte le missioni militari nello stesso decreto-legge, non solo si prevede la cooperazione, ma si aggiungono anche le norme relative all'antiterrorismo, impedendo a questo Parlamento di lavorare come dovrebbe su questo terreno.
Ed io vorrei proprio partire da qui, cioè dall'idea che noi abbiamo rispetto a che cosa sono le missioni militari e dal fatto che la politica estera di un Paese sia subordinata agli interessi militari e bellici, spesso anche dei nostri eserciti e delle nostre industrie belliche e di armamenti, o se deve essere il contrario, cioè che noi determiniamo il nostro intervento militare in zone di guerra sulla base di una strategia politica, di politica estera, e sulla base di obiettivi a medio-lungo termine che il nostro Paese, il nostro Governo dovrebbe avere.
Ed è proprio di questo che vorrei discutere oggi, non solo del merito delle singole missioni o dell'aspetto tecnico che queste missioni comportano. Quando noi parliamo del finanziamento di sette milioni di euro alla Baltic Air Policing, missione NATO nel mar Baltico, noi non stiamo parlando semplicemente della partecipazione dell'Italia, della spending review, dello spreco di risorse per partecipare a una missione inutile, ma noi stiamo parlando, nel prolungamento di questa missione, dell'impianto politico della politica estera del nostro Paese, cioè del rapporto che noi vogliamo avere in Europa e dall'Europa verso i nostri vicino a Oriente, cioè del rapporto con la Russia.
Se oggi siamo nelle condizioni in cui siamo in Ucraina, è probabilmente anche responsabilità della politica estera europea, della politica estera della NATO e, quindi, anche di quella del nostro Paese, che hanno puntato, in questi anni, alla militarizzazione della frontiera orientale d'Europa ? Perché invece di costruire, su @pagina=0083@quel fronte, un terreno di confronto, di dialogo e di scambi commerciali, abbiamo provato a colonizzare i Paesi che facevano parte dell'ex blocco sovietico, a colonizzarli militarmente, e quindi costruendo, diciamo, dei rapporti rigidi sul piano della politica estera ?
È una discussione che si può fare in questo Parlamento. Noi possiamo affrontare questa discussione anche sulla base delle scelte che sono state compiute nel passato e che si stanno continuando a compiere, oppure il tema è semplicemente quello della ripicca che riguarda l'atteggiamento di Putin in ordine alla vicenda della Crimea e, dunque, vogliamo fare finta di non vedere il macro-problema che riguarda i rapporti tra l'Unione europea e il vicino russo e la subalternità dell'Unione europea rispetto alle politiche di colonizzazione degli Stati Uniti d'America sul fronte est europeo ? Perché se questa discussione non c’è, allora noi stiamo facendo una discussione che non ha a che vedere con la politica estera e si capisce, dunque, perché si vara un «decreto paccottiglia» e si esclude la Commissione esteri da questo dibattito.
Vorrei parlare proprio di questo, di che cosa significa fortificare il confine orientale d'Europa e di come l'Europa affronta questa discussione.
Gli ultimi accordi di Minsk sono la rappresentazione plastica di un'Europa che non esiste sul piano politico e della politica estera soprattutto. E non è solo l'assenza dell'Alta Rappresentante per la politica estera, Mogherini, a quel tavolo che dimostra l'assenza di una politica europea, ma è il modo in cui quella trattativa si è costruita, è il modo in cui, in ordine sparso, la Germania ha aperto un tavolo di dialogo che serviva prima di tutto a verificare le difficoltà delle condizioni determinate dalle sanzioni nei confronti della Russia e, quindi, la necessità di riaprire un dialogo con la Russia e non una strategia politica di un'Europa che guarda ai rapporti di buon vicinato con il vicino orientale. E la stessa cosa vale per il Medio Oriente, vale per la questione libica. Forse, la questione libica è la più emblematica di questa assenza di una politica estera europea. Io credo che questa dovrebbe essere la prima sfida. Noi abbiamo avuto alti rappresentanti di questo Governo, abbiamo avuto la Ministra della difesa che, in maniera del tutto sconsiderata, si è lasciata andare ad interviste in cui paventava una forza composta da 5 mila uomini pronti ad intervenire in Libia e non si capiva ancora a combattere chi o cosa, visti i rapporti che tutti noi abbiamo e la situazione sul campo in Libia e, quindi, l'inutilità di un qualunque intervento militare in questo momento. Ma ciò che più ci stupisce e ci scandalizza non sono le improvvide dichiarazioni di un Ministro o di una Ministra che, in questo caso, non aveva ben idea di che cosa stava parlando, ma quello che più ci stupisce nella questione libica è l'approssimazione con cui noi affrontiamo il dibattito, come se in Libia, in questo momento, ci fosse un terreno in mano ai terroristi dell'ISIS e tutto quello che, invece, è stato determinato in questi anni, le nostre responsabilità e le condizioni attuali sul campo non esistessero. Davanti all'affacciarsi della presenza terroristica in Libia, noi abbiamo cancellato tutto quello che è il contesto attuale e ci siamo trasformati in tifosi, ultras, siamo stati sollecitati in più occasioni e anche qui vi è l'assenza della politica estera europea.
La Francia si è precipitata a sostenere il Governo di Tobruk, quindi una delle parti in causa; lo ha fatto sostenendo anche la politica di intervento dell'Egitto, con cui la Francia ha costruito degli accordi di partenariato economico e militare. Non è un caso che nello stesso momento in cui la Francia riconosce il Governo di Tobruk chiude un accordo di cooperazione militare e vende milioni di euro di aerei militari all'Egitto. Possiamo dire anche che non è un caso che la Francia si schieri da quella parte perché è esattamente in quella parte della Libia che ha i suoi interessi economici e petroliferi, con la Total. E noi invece che facciamo ? Noi facciamo dichiarazioni che vengono smentite un minuto dopo; noi ritiriamo il nostro ambasciatore, che aveva lì costruito @pagina=0084@un circuito di relazioni che ci davano l'autorevolezza per intervenire sul piano politico, prima ancora che militare, e non guardiamo neanche, cosa che sarebbe alquanto normale, ai nostri interessi economici, al nostro interesse nazionale, che si trova in quel Paese.
Nel tempo che mi resta voglio concludere proprio su questo, sul fatto che noi abbiamo bisogno di cambiare la nostra politica estera, se vogliamo fare in modo che cambi anche la politica militare in qualche modo e noi abbiamo bisogno di cambiare la politica estera se vogliamo investire sulla nostra sicurezza. Noi oggi in questo decreto – e questo è l'altro elemento emblematico – non facciamo quello che avremmo dovuto fare, ossia aumentare i fondi per la cooperazione internazionale. Noi oggi sconfiggiamo l'ISIS se lo facciamo prima di tutto sul piano politico, se andiamo a ricostruire quei Paesi che abbiamo contribuito a distruggere, come la Libia. Siamo stati da poco in Tunisia e abbiamo visto come quel Paese da solo si sta difendendo e quel Paese, che ha rappresentato l'unico sbocco democratico per le primavere arabe, in totale solitudine, senza che nessun Governo occidentale e senza che neanche il Governo italiano lo abbia fatto, ha investito nella ricostruzione. Ecco, se noi investissimo oggi nella ricostruzione di scuole, ospedali e di diritti per quei popoli che li hanno negati, probabilmente avremmo molte più Tunisie e molte meno Libie e saremmo molto più sicuri (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà). PAGINA: 0084 FABRIZIO CICCHITTO. Signor Presidente, l'urgenza dell'approvazione di nuovi provvedimenti in materia di antiterrorismo, al di là dell'autentico controsenso costituito dall'esclusione della Commissione affari esteri dall'esame in sede referente di un decreto che è chiaramente di sua competenza, ovviamente insieme ad altre Commissioni, ci ha anche spinto a non allungare e complicare politicamente i lavori dell'Aula, presentando emendamenti su un punto sul quale vi è il nostro dissenso di merito, e cioè l'attribuzione alla procura antimafia anche dei compiti di antiterrorismo, ma su ciò tornerò nelle conclusioni.
Siamo in corsa contro il tempo perché tutti, sia gli Stati arabi di opposto orientamento quali l'Arabia Saudita e l'Iran, l'Egitto e la Turchia, sia gli Stati occidentali e la stessa Russia in Siria non si sono resi conto tempestivamente che i loro stessi errori in Iraq, in Siria, in Libia, ma anche una tendenza autonoma dell'islamismo salafita, da alcuni mesi a questa parte, ha prodotto qualcosa di intrinsecamente nuovo.
A questo proposito, si può anche fare la guerra sulle parole e sulle sigle, chiamarlo Daesh o ISIS, ma, comunque, ciò che si è affermato, armi alla mano, dalla Siria all'Iraq, è un terrorismo che si è fatto esercito e che si è radicato su una vasta area del territorio, segnando la crisi forse definitiva di Stati quali la Siria e l'Iraq, ed esso sta lavorando per dividere i sunniti, assimilandone una parte e annichilendone un'altra, e si sta impegnando per annientare gli sciiti e tutte le comunità religiose minori, che costituiscono la ricchezza del Medio Oriente.
Partendo da questo insediamento territoriale, che evoca il califfato, l'ISIS o Daesh si è anche dotato di pericolose soggettività, individuali e di gruppo, che possono condurre operazioni terroristiche in altre parti del mondo: di qui i cosiddetti foreign fighters, i lupi solitari ed altre sinistre figure. Tutto ciò deve avere in tempi rapidi due risposte: la prima, evidentemente, nello stesso Medio Oriente, ed essa è, allo stato attuale, in ritardo e anche fortemente contraddittoria, specie alla luce di ciò che sta avvenendo in Yemen.
Questa risposta deve essere, in primo luogo, culturale, con la proposizione di un Islam di opposto segno a quello salafita terrorista e con la riaffermazione anche dei valori di libertà dell'Occidente; dovrebbe essere di tipo economico, con un grande Piano Marshall, che dovrebbe essere @pagina=0085@un'operazione dello stesso respiro di quella fatta dagli USA verso l'Europa negli anni quaranta e di tipo politico-militare, anche se finora solo i curdi combattono sul campo e solo adesso si riaffaccia l'esercito iracheno. L'altra faccia della medaglia deve essere quella costituita dal salto di qualità che, nei vari Paesi dell'Occidente e, per quello che ci riguarda, nel nostro, deve assumere l'azione antiterrorista di carattere preventivo e repressivo, e questo è il merito del provvedimento che stiamo approvando oggi.
È indispensabile, a questo proposito, trovare un difficile equilibrio fra esigenze di sicurezza ed esigenze di tutela, non solo della privacy, ma proprio dello Stato di diritto. Questa tematica si è affacciata per accertamenti certamente troppo invasivi rispetto ai computer, e saggiamente si è fatto un momento di riflessione, ma dobbiamo anche sapere che larga parte di questa attività terroristico-eversiva si svolge attraverso la rete.
Ciò detto, confermiamo il nostro consenso alle misure contenute nel provvedimento, dalle nuove tipologie di reato per i foreign fighters, e quindi misure riguardanti non solo il loro reclutamento, ma il loro autoreclutamento, ai provvedimenti di urgenza dei questori per il ritiro dei passaporti e per le espulsioni, e anche al ruolo nelle carceri dei servizi segreti, che vanno considerati una struttura dello Stato di grande rilievo e di grande importanza.
Concludo, per esprimere, invece, il dissenso, che evidentemente rimane in una chiave platonica, sul punto del provvedimento che attribuisce alla procura antimafia anche il ruolo dell'antiterrorismo. Si tratta, a mio avviso, di un'operazione di pura concentrazione del potere nell'ambito di un settore della magistratura non suffragata da alcuna ragione obiettiva. Terrorismo e mafia sono due fenomeni di grande spessore, ma che non hanno nulla a che fare l'uno con l'altro e che richiedono, quindi, specializzazioni specifiche ognuna in un campo diverso dall'altro. Metterli assieme, e magari aggiungerci pure la tematica della corruzione, significa demagogia pura e non fare i conti con delle realtà molto complesse, molto difficili, che richiedono ognuna una loro specializzazione; basta pensare alla specializzazione che richiede l'azione antiterrorismo sul terreno della politica internazionale. Lo stesso procuratore antimafia Roberti ha avanzato perplessità. A questo proposito voglio concludere citando il professor Giorgio Spangher, che è una persona di grande spessore dal punto di vista giuridico, che ha detto: il ruolo della direzione nazionale antimafia non mi sembra funzionale al fenomeno, perché c’è molta differenza tra le mafie e le organizzazioni terroristiche. Questo sembra ovvio, ma non lo è sembrato a chi, specie a livello di Commissione giustizia e di Ministero della giustizia, si è misurato con questo aspetto del provvedimento e lo ha risolto in questo modo (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare (NCD-UDC)). PAGINA: 0085 ELIO VITO. Grazie, Signor Presidente, Forza Italia voterà a favore di questo provvedimento. Non si tratta naturalmente di un voto favorevole al Governo, un Governo che, peraltro, anche in questa occasione, ha mostrato arroganza e protervia nel respingere dei nostri importanti emendamenti. Lo faremo da forza di opposizione, un'opposizione seria e responsabile, un'opposizione non massimalista, che sa riconoscere l'interesse generale nel Paese e sa riconoscere che nella lotta al terrorismo internazionale oggi, come nella lotta al terrorismo nazionale ieri, il nostro Paese deve essere unito. Lo faremo, naturalmente, per testimoniare ancora una volta il nostro, in questo caso sì, favore e sostegno alle donne e agli uomini, militari e forze dell'ordine, che, a spregio del rischio e del sacrificio della loro stessa vita, contribuiscono in maniera decisiva alla lotta al terrorismo internazionale e al mantenimento della pace e della sicurezza nel mondo. Colleghi, quello che stiamo per @pagina=0086@votare è un decreto che contiene – ed è un'anomalia grave che abbiamo denunciato – due distinte serie di norme. La prima serie è relativa, appunto, alla lotta al terrorismo internazionale. La seconda serie è la consueta proroga delle missioni internazionali per la pace; consueta anche se per la verità, questa volta, è arrivata con un tutt'altro che consueto, ma anzi piuttosto grave, ritardo di quasi cinquanta giorni. Per quanto riguarda le misure antiterrorismo, esse vanno nella giusta direzione di un maggior controllo del territorio e di un potenziamento dei servizi di intelligence. Ma non vi è dubbio che questo lotta, come ha ricordato nei giorni scorsi il nostro presidente Berlusconi, deve vedere l'Italia e l'Europa, ancora più impegnate, anche perché si tratta di una lotta ad un terrorismo che minaccia sempre più da vicino il nostro Paese e l'Europa intera. Sembra che di questa minaccia non vi sia ancora una piena consapevolezza, soprattutto da parte di quell'Europa che proprio sul terreno della politica estera del Mediterraneo, e dei Paesi del Medio Oriente, deve ancora svolgere un ruolo ed un'azione ben decisivi.
D'altra parte, ai confini della nostra Europa e della nostra Italia siamo circondati da vere e proprie guerre: Paesi, tribù, lotte che si contrappongono fra di loro, fra sigle, Paesi che minacciano ormai la pace in tutto il mondo e mettono a rischio la nostra sicurezza, la nostra democrazia e la nostra libertà, quei valori della civiltà occidentale che, proprio per rappresentare essi stessi valori universali, vengono minacciati dal terrorismo internazionale.
Con questo provvedimento viene riconosciuto un potenziamento del ruolo delle Forze dell'ordine e delle Forze armate, anche in territori del nostro Paese particolarmente vessati, come noi avevamo chiesto; penso alla «Terra dei fuochi» in Campania.
Ma alle nostre Forze dell'ordine e alle nostre Forze armate, alle quali va naturalmente il nostro sentimento di vicinanza e di gratitudine, devono essere riconosciuti maggiori diritti, maggiori garanzie ed anche maggiori risorse. Basta tagli alle spese per la difesa, basta tagli alle spese per la sicurezza, più e migliori retribuzioni alle Forze dell'ordine e alle Forze armate e – se permettete, colleghi del Governo e della maggioranza – anche basta con la minaccia, che periodicamente viene avanzata, di misure odiose nei loro confronti, come, ad esempio, quella del numero identificativo sui loro caschi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
L'altra parte di questo provvedimento riguarda la proroga delle missioni internazionali. Anche in questo caso Forza Italia con convinzione voterà, come ha sempre fatto, a favore, per il mantenimento della pace e della sicurezza nel mondo, per il prestigio ed il ruolo del nostro Paese nel mondo, per le nostre donne ed i nostri uomini che, a migliaia, in decine di zone a rischio del mondo, svolgono queste importanti funzioni. PAGINA: 0087 GIULIA SARTI. Grazie Presidente, questo decreto-legge è una foglia di fico; verrà sbandierato, anzi è già stato sbandierato da Renzi come una risposta efficace che l'Italia dà nella lotta al terrorismo internazionale. Purtroppo, le norme che stiamo convertendo in legge secondo noi non assolvono a questo scopo. Sembra non essere nient'altro che l'ennesimo passo in avanti in un percorso di politica internazionale fallimentare, proprio come tutti i decreti che sono stati emanati in merito negli ultimi vent'anni. Di soluzioni, concrete e valide, che rispondano al problema della minaccia del terrorismo, c’è davvero ben poco secondo noi.
Andiamo ad analizzare questa urgenza terrorismo. Il Governo crede effettivamente che con i primi dieci articoli di questo decreto-legge, modificando il codice @pagina=0088@penale e introducendo nuovi vaghi reati, si possa sconfiggere il terrorismo, quando in questi due anni di legislatura, in realtà, il codice penale è stato toccato solo per concedere depenalizzazioni e favori ai criminali. Si veda l'assurda legge sulla responsabilità civile dei magistrati o il voto di scambio elettorale politico-mafioso con pene bassissime (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Ecco, questa è la soluzione che si vuole adottare. In altre parole, il problema non è prevenire il terrorismo con risorse e strumenti alle forze dell'ordine, magari anche con assunzioni, visto che ci sono migliaia di idonei che stanno aspettando ancora giustizia da questo Ministero dell'interno e non vengono considerati, no, non è questa la priorità del Paese, non è la prevenzione, non è l'organizzazione, non è lo sviluppo tecnologico, non sono risorse, personale e strumenti, ma è il codice penale. All'articolo 1 si introducono nuovi reati e circostanze aggravanti. Ad esempio, chi organizzerà viaggi o finanzierà o propaganderà viaggi finalizzati al compimento delle condotte con finalità di terrorismo, di cui all'articolo 270-sexies del codice penale, verrà punito con una pena da cinque a otto anni.
Abbiamo presentato un emendamento il quale precisa che si tratta di viaggi in territorio estero per ovviare a delle conseguenze, secondo noi, disastrose ossia sarebbero state ricomprese le condotte che nulla hanno a che fare con le finalità di terrorismo internazionale ma che, probabilmente, costituiscono un fastidioso ostacolo alla realizzazione di attività quali, ad esempio, la costruzione di grandi opere: l'organizzazione di un viaggio da Tivoli alla Val di Susa, ad esempio, magari collegato ai no TAV, guarda caso, rientrerebbe in questa fattispecie. Per fortuna questo emendamento del MoVimento 5 Stelle per limitare il danno è stato accolto. Sempre grazie all'approvazione di un nostro emendamento siamo riusciti a migliorare la lettera dell'articolo 1 quando fa riferimento alla persona arruolata di cui non si sa nulla, come hanno sottolineato gli esperti auditi, specificando come la genericità del termine possa portare a conseguenze gravi poiché verrebbero ricomprese innumerevoli condotte tra loro eterogenee e per nulla inerenti al terrorismo, mettendo i giudici a dover interpretare quanto, invece, spettava al legislatore definire. Perlomeno, nonostante il termine arruolato rimanga generico, grazie all'approvazione del nostro emendamento, sono state circoscritte le condotte penalmente rilevanti a quelle persone che acquisiscano informazioni univocamente dirette a porre in essere comportamenti finalizzati alle condotte individuate nel codice penale come aventi finalità terroristiche. Anche qui norme costruite in modo tale che persino i giudici che dovranno applicarle faranno sicuramente fatica a capirle. Comunque il vero problema è che il riferimento alle condotte previste dall'articolo 270-sexies è un riferimento secondo noi sbagliato. L'articolo, infatti, è rubricato sì condotte finalizzate al terrorismo ma, all'interno della sua lettera, non viene indicata proprio nessuna condotta. Ciò significa che il magistrato si troverà, come ho detto, a dover interpretare sia cosa si debba intendere per persona arruolata sia quali siano gli atti con cui si compiano condotte dell'articolo 270-sexies dove appunto nessuna condotta viene descritta. Comunque, sono stati approvati i nostri emendamenti che prevedono una pena maggiore per chi addestra o istruisce soggetti attraverso il web, anche se il dettato dell'articolo 2 rimane, secondo noi, preoccupante. L'articolo 2, infatti, inserisce norme che nulla hanno a che fare con il terrorismo ovvero un aumento di pena per l'istigazione a delinquere di chi commette il fatto tramite strumenti informatici o telematici come se il mezzo fosse più importante della condotta da punire. Su quanto previsto dall'articolo 2, questo articolo a nostro parere rappresenta un vero e proprio attacco alla libertà di espressione quando invece la sua possibilità di incisione sul terrorismo è bassissima. Nella stragrande maggioranza dei casi, come non hanno mancato di sottolineare gli auditi in Commissione giustizia e difesa, è molto più utile mantenere attivo un @pagina=0089@sito di matrice terrorista per poterlo monitorare e acquisire informazioni precise al riguardo. Infatti con questa norma verranno bloccati i siti legati mentre quelli illegali o verranno immediatamente riaperti sotto differenti sembianze o semplicemente continueranno ad esistere attraverso sistemi come la rete Tor che permettono il traffico anonimo in uscita e la realizzazione di servizi anonimi nascosti. Purtroppo avremmo siti che verranno chiusi quindi questa nuova black list ma poi si moltiplicheranno siti nel cosiddetto deep-web o darknet quindi quel web sommerso che non è possibile disciplinare. Comunque attraverso l'approvazione in Commissione di alcuni emendamenti, di cui due del MoVimento 5 Stelle, il danno di questo articolo 2 è stato limitato poiché abbiamo introdotto la previsione che possa essere disposta la rimozione solo di specifici contenuti illeciti e che sia garantita, ove possibile, la fruizione dei contenuti estranei alle condotte illecite.
All'articolo 7, inoltre, c’è una portata che limita il diritto alla privacy in maniera del tutto esagerata. Esso infatti dispone che una serie di norme sulla privacy (le notifiche, il consenso informato, come esercitare i diritti, come correggere il trattamento dei dati, se e come ricorrere al Garante per farli correggere) non troveranno applicazione quando siano le forze di polizia a raccogliere i dati, più precisamente quando si tratti di finalità di polizia. Ma non viene data alcuna indicazione per quanto riguarda quali siano queste finalità di polizia. Comunque anche in questo caso, sempre grazie all'approvazione di un nostro emendamento, abbiamo inserito un piccolo correttivo prevedendo in sostanza che eventuali restrizioni dei diritti stabiliti con decreto del Ministero dell'interno, di cui al comma 3 di questo articolo 7, siano monitorati dalle Commissioni parlamentari competenti. Il Ministero, infatti, dovrà inviare il proprio decreto prima dell'emanazione alle Commissioni parlamentari competenti per eventuali osservazioni.
L'argomento è estremamente delicato in quanto deve bilanciare le esigenze legate alla prevenzione in materia di terrorismo con il diritto fondamentale al rispetto della privacy di ogni cittadino e prevedere una deroga così ampia, per non meglio specificate finalità polizia, ci sembra davvero troppo grave. Relativamente poi agli articoli 6 e 8 c’è stata un'offesa all'intero Parlamento, c’è stata un'azione di forza, un abuso di potere da parte del Governo che è intervenuto modificando sia la legge n. 124 del 2007, cosa sicuramente sbagliata, sia la legge n. 155 del 2005, e siamo dovuti correre ai ripari in maniera goffa con l'accordo trasversale partito direttamente dal Copasir per limitare, almeno in fase temporanea, le attività dei servizi all'interno delle carceri: quelle che saranno, che sono ormai, è legge, le garanzie funzionali agli uomini dei servizi.
È materia molto ampia e bisognava discuterne secondo noi in sede di Commissioni parlamentari e non buttare queste cose dall'alto con due articoletti così in un decreto-legge. Evidenziamo che proprio questa mancanza di visione politica e strategica nella lotta contro il terrorismo è testimoniata dal fatto che noi eravamo in Commissione e ogni giorno, nei primi tre giorni, arrivavano ancora emendamenti e subemendamenti del Governo stesso ai propri articoli e ai propri emendamenti. Questa è la prova inconfutabile del non avere le idee chiare e di non avere una chiara strategia nella lotta al terrorismo: non può un Governo emendare e poi ri-emendare se stesso fino a tre volte e poi arrivare perfino a stralciare suoi emendamenti introdotti in questo decreto.
Per quanto riguarda le funzioni del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, il problema anche qui è che il Governo nel testo originario del decreto aveva previsto che il nuovo Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, fino ad oggi solo antimafia, fosse senza poteri specifici. Quindi, siamo dovuti correre ai ripari pure qui con emendamenti in Commissione, per fortuna molti di questi approvati, ma sembrava veramente il «decreto bandiera»: aggiungiamo la parolina «antiterrorismo» di fianco a Procuratore nazionale antimafia e, quindi, abbiamo il @pagina=0090@nuovo Procuratore, abbiamo la nuova Direzione nazionale antiterrorismo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Non è così che si legifera ! O si dota direttamente un Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo dei suoi poteri oppure se le norme devono essere fatte male, è meglio non farle. Noi con i nostri emendamenti approvati abbiamo cercato in qualche modo di limitare i danni, di tamponare, ma la sostanza non cambia. Questo decreto, purtroppo, non è la risposta che il nostro Paese dovrebbe dare nella lotta al terrorismo. Dunque, annuncio voto contrario del Movimento 5 Stelle a questo decreto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). PAGINA: 0090 ANGELO TOFALO. Signor Presidente, con questo intervento voglio provare a spiegare ai cittadini italiani cosa realmente sta accadendo, voglio metterli tutti in guardia su quanto può essere pericoloso trattare temi così delicati senza avere il tempo e la possibilità di analizzare tutte le sfaccettature. Già perché forse qualcuno in questa Aula non se ne sarà accorto ma stiamo parlando di terrorismo e di possibili soluzioni per contrastarlo; soluzioni che non si vedono affatto in questo ennesimo decreto omnibus. Secondo l'attuale ricerca pubblicata dall’Institute for economic and peace sul terrorismo globale, le vittime del terrorismo sono quintuplicate dagli attacchi dell'11 settembre 2001 ad oggi, nonostante la guerra al terrore lanciata dagli USA e i 4.400 miliardi di dollari spesi nelle guerre in Afghanistan, in Iraq e in operazioni antiterrorismo in giro per il mondo. Nel 2000 le vittime del terrorismo sono state 3.361, mentre lo scorso anno il numero è salito a circa 18 mila. Ebbene, negli ultimi 45 anni l'80 per cento delle organizzazioni terroristiche è stato neutralizzato grazie al miglioramento della sicurezza e alla creazione di un processo politico finalizzato alla inclusione e alla risoluzione dei problemi che erano alla base del sostegno ai gruppi terroristici. Soltanto il 7 per cento è stato eliminato dall'uso diretto della forza militare. Ripeto, soltanto il 7 per cento. Eppure i media, al posto di spiegare queste cose, come dovrebbero fare ai cittadini italiani, incalzano con video di assassini, decapitazioni pubbliche, minacce al mondo occidentale in full HD, ed oggi, giorno in cui il Parlamento dovrebbe rispondere con atti concreti a questa legittima esigenza di sicurezza, mi sarei aspettato la stessa attenzione nella diffusione delle vostre fragili ed inconsistenti soluzioni. Come ha già detto la collega Sarti, sventolare il codice penale per risolvere i problemi che andrebbero risolti con analisi attente e con azioni incisive sugli attuali assetti geo-politici non è la soluzione al problema.
C’è un approccio culturale di base completamente sbagliato. Si vuole dare come pena una pausa per un caffè e sigaretta a chi è pronto a farsi saltare in aria, magari in una metro o dentro un aereo contro una palazzina. Noi gli diamo un caffè e sigaretta. Ma questo lo sa bene chi dal Ministero dell'interno ritiene, udite, udite, di poter calpestare i diritti fondamentali dell'uomo, articoli 13 e 14 della Costituzione, arrogandosi il diritto di stilare una black list in totale indipendenza, fatte salve alcune determinazioni da parte dell'autorità giudiziaria, ma conosciamo i tempi biblici, in quest'ultimo caso.
Come ho già avuto modo di dire in altre occasioni, fino a che persone come Alfano copriranno ruoli di questo tipo, gli italiani non potranno dormire sonni tranquilli. Figuriamoci se possiamo mai essere d'accordo a dare il potere di censura a chi non è capace neanche di contenere qualche tifoso in uno stadio. Le vostre soluzioni saranno utili soltanto a punire fattispecie di reato differenti dal terrorismo. Le missioni di guerra, poi, hanno già dimostrato di essere inefficienti nella lotta al terrorismo e in questo decreto-legge ci sono fiumi di milioni di euro spesi in maniera assurda. Il tema della sicurezza e delle forze dell'ordine, poi, vi è servito soltanto ad illudere, per l'ennesima volta, i giovani ragazzi idonei.@pagina=0091@
Una parte significativa del testo è dedicata alla repressione dell'attività di propaganda e organizzazione via web. Le misure tendono, essenzialmente, a identificare e chiudere i siti jihadisti, ma chiuderli è un'inutile fatica, perché dopo aver impegnato uomini e risorse per identificare un sito del genere e averlo chiuso gli jihadisti si sposterebbero altrove. Inoltre è controproducente, perché elimina preziose fonti di informazioni; infatti un accorto monitoraggio, trattando queste informazioni attraverso modelli di simulazione, potrebbe segnalare interessanti anticipazioni su attentati, crisi interne ed evoluzioni del gruppo dirigente. Infine è assolutamente negativo, perché ci si preclude, in questo modo, ogni possibile azione di contrasto psicologico via web che è una cosa fondamentale. Ancora non lo volete capire !
Quotidianamente affermiamo noi, in quest'Aula, un concetto molto semplice che può capire anche chi è abituato a dialogare con dei semplici tweet. La decretazione d'urgenza è la resa di un Parlamento d'ignavi, di persone che sono pagate per rimanere inchinate alle decisioni di chi gli garantisce una poltrona fino al 2018. Signori, siete pagati per pensare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! A quando un progetto di legge di cui essere fieri timonieri, poteva essere questa una bella occasione, ci sono le teste buone per farlo. Al concetto di urgenza quando sostituirete la razionalizzazione degli apparati. Oggi state dicendo ai cittadini italiani che per non difenderli dalla minaccia straniera, volete limitare la loro libertà. La cosa più grave è che lo fate senza nessun mandato elettorale. Vi ricordo che questo è il Governo illegittimo e incostituzionale che doveva fare velocemente la legge elettorale e poi andare tutti al voto. Lo dicevate anche voi, ricordate ? Menzogne su menzogne (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
Aprendo il sito della Camera dei deputati, poi, Presidente, c’è addirittura una sezione denominata «carta dei diritti in Internet» in cui il legislatore – per la Costituzione saremmo noi, il Parlamento, per voi è il Governo – esorta il cittadino a partecipare con le proprie idee a un processo di costruzione delle linee guida da utilizzare per regolamentare il web. I cittadini si diranno: bene, finalmente, in modo partecipativo, questa volta vogliono ascoltare la nostra voce. Ennesima presa per i fondelli. Oggi, infatti, uscite definitivamente allo scoperto con la proposta di un Patriot Act all’«amatriciana». Già perché proprio dopo l'11 settembre ci fu quello americano che ha portato gli incredibili scandali del Datagate ancora in corso, come ci hanno dimostrato WikiLeaks, Assange, Snowden e così via, presto lo vedremo anche in Italia; proprio nel momento in cui gli Stati Uniti ammettono per la stessa bocca di Obama che si è sbagliato l'approccio alla guerra contro il terrorismo, che l'ISIS stesso è frutto di una guerra costosa e inefficace, che bisognava prendere bene la mira prima di sparare, ve lo ripeto, bisognava prendere bere la mira prima di sparare. Voi proponete di gestire il problema tra amici con un gruppetto di persone scelte dal Viminale, con diritto di vita e di morte sulla libertà di espressione.
Non bisognava alimentare una guerra ideologica, ma per far crescere la consapevolezza che siamo davanti a una sfida culturale, la soluzione del problema è come integrare l'Islam nei processi di globalizzazione in modo non conflittuale. Stiamo invece assistendo a un atto di prevaricazione politica a danno della privacy dei cittadini che una forza come la nostra non può e non potrà mai accettare. Come dobbiamo farvi capire che siamo qui per riportare la sovranità al popolo, per cacciare dalle istituzioni persone che hanno deciso di tradire il proprio mandato elettorale e che oggi mentono spudoratamente per difendere i propri interessi e accrescere il proprio potere ?
Proprio l'altro giorno abbiamo visto un vostro sindaco, PD, candidato alle europee, bell'arrestato, il sindaco di Ischia, un altro, e forse domani ce ne sarà un altro ancora. Proposte concrete sarebbero state l'utilizzo di software di analisi per monitorare i siti, @pagina=0092@e non chiuderli, se peccaminosi, dopo l'inserimento in una black list, e il rafforzamento della sicurezza interna con risorse idonee. Se volete fare qualcosa di veramente utile per la sicurezza di questo Paese, incrementate l'organico a disposizione, date mezzi e strumenti adeguati, coordinate meglio le interazioni tra forze di polizia, autorità giudiziarie, servizi informativi per la sicurezza e incrementate realmente la cooperazione con gli altri Paesi, senza gettare fior di quattrini. Questo decreto d'urgenza, privo di idee e con scarsi contenuti, non aiuterà a risolvere i problemi del terrorismo, ma viene il sospetto che molto probabilmente aiuterà a risolvere alcuni problemi operativi di altri Governi. Ma questo l'abbiamo visto: magari la Germania viene spiata e la Merkel ruggisce; noi veniamo spiati e nessuno dice nulla. Avete dimostrato in Commissione di non saper dare nemmeno i pareri sui vostri emendamenti, gli stessi che avete dovuto cambiare con subemendamenti last minute a causa di errori grossolani in essi contenuti, prova inconfutabile di una non chiara strategia alla lotta al terrorismo. Signori, ce lo possiamo dire, tanto nessuno ci sta inseguendo: non sapete che pesci prendere ! Sono vent'anni ! Non avete imparato nulla dagli errori di vent'anni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Fatevi un esame di umiltà e di coscienza ! L'unica cosa che mi fa ben sperare, Presidente, in conclusione, è che ormai siete il passato. Siete anacronistici, come le soluzioni che proponete. Mentre noi costruiamo le leggi on line con i cittadini, voi mettete a disposizione e-mail istituzionali che non aprite nemmeno. Non avete letto, infatti, le centinaia di e-mail degli idonei. E questo decreto è la prova che restate ancorati ad una vecchia visione politica, incapace di adeguarsi al mutevole e rapido cambiamento in atto. Sui temi che riguardano la sicurezza nazionale, però, non si gioca. Non si gioca, signori, non si gioca, perché non si gioca con la vita delle persone. Siete ormai come un Commodore 64 che si è inceppato a causa della polvere; siete come una connessione 56K in un mondo che viaggia in fibra ottica. State bloccando il progresso di questo Paese con leggi che cercano di controllare ciò che voi non conoscete e ciò di cui voi avete oggi paura ! E noi, Presidente, che la Rete la respiriamo e la conosciamo, non vi permetteremo di lasciare questo Paese ad una continua pubblicità spot degli anni Ottanta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). PAGINA: 0092 ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, «mai l'Europa è stata così prospera, sicura e libera». Con queste parole si apriva la Strategia di sicurezza dell'Unione europea siglata nel 2003 dall'allora Alto rappresentante per la politica estera Javier Solana. Poco dopo, l'intervento militare in Iraq, che cambia completamente il contesto e di cui oggi abbiamo i risultati. È incontestabile che oggi i termini di quell'affermazione, infatti, siano radicalmente mutati. Crisi economica, minaccia terroristica, strategia preventiva e repressiva rappresentano i fattori che contribuiscono a invertire quella prospettiva. E infatti, secondo un recente sondaggio dell'Istituto di politica internazionale, gli italiani sono oggi preoccupati in pari misura dal terrorismo e dall'insicurezza economica. L'Unione europea ha reagito, adottando una strategia regionale sulla Siria, sull'Iraq e sulla minaccia rappresentata da Daesh, in linea con alcune risoluzioni ONU, prima tra tutte la n. 2178 del 2014, architrave del provvedimento in esame, e tutte finalizzate al medesimo obiettivo: il contrasto al terrorismo globale e la tutela della sicurezza e della pace internazionale. Questo decreto rappresenta la trasposizione sul piano nazionale di quanto deciso in termini unanimi al più alto livello multilaterale e regionale, ed in tale ottica, di adeguamento del nostro ordinamento interno al diritto internazionale ed europeo. Questo è il senso profondo dell'articolo 11 della Costituzione.
Si tratta di quei valori che il Capo dello Stato ha richiamato proprio in quest'Aula @pagina=0093@allorquando, nel giorno del suo giuramento, ha solennemente dichiarato che garantire la Costituzione significa ripudiare la guerra e promuovere la pace. Oggi noi, con questo provvedimento, stiamo operando nel segno di questi valori, che riconducono all'interno di un'unica filosofia di pace e di sicurezza e che impone a tutti noi, maggioranza e opposizione, uno speciale sforzo di unità e di responsabilità.
Gli arresti di questi giorni a Brescia per i reati di apologia dello Stato islamico e associazione con finalità di terrorismo internazionale, fatti sulla base delle norme del decreto-legge in esame, rivelano i connotati inquietanti di una minaccia difficilissima da contrastare. La condizione sociale ed economica dei cosiddetti «lupi solitari», le connessioni di parentela che ne mascherano l'operare e gli obiettivi sono elementi che fanno riflettere sulla capacità delle nostre società evolute di eradicare sin dalle fondamenta una minaccia che non è possibile nemmeno definire solo asimmetrica, essendo connaturata al nostro stesso tessuto sociale, come rivelano gli ideatori degli attentati di Parigi ma anche di Tunisi.
La connessione tra questi arresti e lo svolgersi dello scenario a Kobane o a Sanaa, rafforza questo approccio legislativo fondato sulla totale coincidenza tra sicurezza interna ed esterna. E fa emergere anche che la responsabilità del legislatore è sempre più destinata ad includere decisioni complesse, che la pubblica opinione può faticare a comprendere se non si provvede a spiegarle, con rispetto e maturità, e collocarle, fin da subito e in modo inequivoco, in un contesto in cui la priorità assoluta è rappresentata dalla sicurezza collettiva quale parte essenziale del patrimonio di diritti e di libertà di cui è titolare ogni cittadino.
Care colleghe e colleghi, qui non dobbiamo scomodare Hobbes e la teoria del Leviatano, qui non si tratta di barattare sicurezza in cambio di libertà. Noi non stiamo costruendo nessun Leviatano, nessuno Stato di polizia, stiamo solo dotandoci di strumenti in grado di prevenire episodi criminosi tali da turbare la pace interna e quella internazionale.
Le missioni all'estero, rappresentano oggi ancor più di ieri, un importantissimo strumento di politica estera e di difesa della pace in scenari complessi divorati da conflitti interni come Afghanistan, Libano, Iraq e Balcani.
In questo quadro così drammaticamente posto all'attenzione della comunità internazionale, acquista una particolare valenza la situazione che si è venuta a creare in Libia dopo la caduta di Gheddafi, e al conseguente disinteresse della comunità internazionale. Una situazione caratterizzata da scontri tra milizie armate, tra loro contrapposte, e dalla presenza di due Governi. Uno frutto di una elezione e l'altro insediatosi di fatto. Siamo quindi di fronte ad una emergenza umanitaria, che ha portato centinaia di migliaia di libici a rifugiarsi in Egitto ed altrettanti disperati a tentare di raggiungere le coste italiane affidandosi a vere e proprie organizzazioni criminali. Ed in questa situazione, già così drammatica, si è insinuato anche il terrorismo di matrice jihadista, il Daesh. Lo indico così perché non si deve riconoscerne anche da un punto di vista semantico il riferimento ad un concetto di Stato, così come autoproclamatosi nel vuoto di poteri statuali, occupando parte del territorio siriano ed iracheno. Il dovere di misurarsi con la questione libica è in assoluto una delle priorità per l'Italia. Dal punto di vista politico e diplomatico siamo fermamente impegnati a sostenere lo sforzo di Bernardino Leon, capo della missione Onu per la Libia, orientato alla formazione di un Governo di unità e pacificazione nazionale, pur consapevoli, come ha detto il ministro Gentiloni, che le probabilità di successo siano ridotte e il tempo sia limitato. Ed abbiamo per questo previsto il potenziamento di un dispositivo aeronavale di sorveglianza e sicurezza nel Mediterraneo centrale chiamato ad operare in acque internazionali e al largo delle coste libiche in relazione alle straordinarie esigenze @pagina=0094@di prevenzione e contrasto del terrorismo e allo scopo di assicurare la tutela degli interessi nazionali.
Al momento non credo si possa fare di più. Ma proprio per questo grazie alla discussione parlamentare è stato previsto l'obbligo per il Governo di riferire alle Camere sugli sviluppi della situazione e sulle iniziative che il nostro contingente aeronavale potrebbe essere obbligato a dover assumere di fronte ad un'evoluzione negativa.
Oggi abbiamo l'esigenza di dotarci di tutti gli strumenti necessari per prevenire e contrastare il terrorismo in ogni sua possibile forma, reale o virtuale che sia. Ed il decreto, grazie all'attento e costruttivo esame delle Commissioni difesa e giustizia e del Governo, fornisce al nostro sistema una serie di dispositivi preventivi, di protezione, di azione giudiziaria e risposta integrata e coordinata che costituiscono proprio quell'approccio globale di cui abbiamo bisogno.
Si interviene in diversi ambiti modificando il codice penale in tema di delitti di terrorismo, colpendo in particolare i cosiddetti «Foreign Fighters», i reclutatori e tutti coloro che compiono atti di violenza con finalità terroristiche dando i poteri di coordinamento per l'attività di indagine alla Procura antimafia e antiterrorismo.
Sono previste misure specifiche per quanto riguarda il controllo della rete da parte della polizia postale per intervenire e oscurare, se necessario, siti internet utilizzati con finalità di terrorismo. Una cosa va detta con chiarezza: con queste norme non si vuole criminalizzare il web o i social network, ma si tenta di evitare che diventi vettore di propaganda del terrore e quindi di morte. Ricordiamoci, colleghi, che è più difficile prevenire l'azione di un «lupo solitario» che si auto-addestra sul web nel chiuso di una stanza. Credo sia stata tuttavia apprezzata, anche se oggi non ho sentito dire queste parole dal MoVimento 5 Stelle e ne sono onestamente sorpresa, visto che la stessa onorevole Sarti ha raccontato quanti dei loro emendamenti siano stati accolti nel corso della discussione parlamentare in Commissione, dai gruppi di Scelta Civica e SEL, che avevano sollevato dubbi in merito, e a questo punto penso sia stato importante eliminare la norma sulle intercettazioni telematiche. Vorrei sottolineare, inoltre, quanto unanime e attento sia stato l'intervento normativo per quanto attiene le garanzie funzionali per i dipendenti dei Servizi di Informazione e Sicurezza, che possono entrare nelle carceri soltanto per finalità antiterroristiche. Vi è stato un vaglio preventivo del Copasir e un intervento emendativo condiviso da tutti i componenti del Comitato parlamentare, che ha fissato un termine temporale dell'efficacia di queste disposizioni per l’intelligence, in considerazione anche di quanto sottolineato dagli stessi costituzionalisti auditi in Commissione, che avevano richiamato la necessità della «sunset law» nella decretazione d'emergenza e abbiamo inserito anche il controllo del Comitato parlamentare. Stupisce quindi l'ostruzionismo del MoVimento 5 Stelle, che così non si è dimostrato assolutamente all'interno del Copasir stesso. A queste misure si devono affiancare approcci più consoni alla realtà del fenomeno terrorista che va intercettato negli snodi reali in cui esso si alimenta, includendo un'attenzione alle dinamiche che si sviluppano nelle carceri, nei luoghi di aggregazione delle periferie, nelle realtà dove è più elevata l'emarginazione sociale e l'esclusione economica delle nuove generazioni di stranieri, senza naturalmente trascurare la condizione di chi approda sulle nostre coste e affronta la frustrazione della speranza di benessere immediato e reagisce, enfatizzando pregiudizi antioccidentali. È una giusta risposta e voglio ricordare ai colleghi che chi ha distrutto le Torri Gemelle era arrivato negli Stati Uniti con regolare visto turistico e volo di linea, non nascosto dentro un container alla frontiera con il Messico. Finitela di identificare profughi di guerra e terroristi. Insultate la vostra intelligenza e quella degli italiani e non fate un gran servizio alla causa della sicurezza. PAGINA: 0095 EMANUELA CORDA. Signor Presidente, eccoci qui, dunque, ancora una volta costretti ad avvalerci dello strumento della decretazione d'urgenza, calatoci sulla testa dall'Esecutivo come da copione, per parlare di missioni internazionali, questa volta per giunta, sotto il cappello dell'antiterrorismo. L'aver unito la delicatissima materia dell'antiterrorismo con l'altrettanto delicata materia legata alle missioni internazionali, è forse l'aspetto più inquietante ed allarmante di questo provvedimento per il quale abbiamo presentato pregiudiziale di incostituzionalità, e non è la prima volta che accade. In primis perché tale scelta denota superficialità da parte del Governo, ma soprattutto una malcelata volontà di far passare in cavalleria una serie di norme fuorvianti e in taluni casi addirittura peggiorative della normativa vigente, facendo leva sulla sensibilità dell'opinione pubblica con la sponda dei media compiacenti che, nell'allarmismo generale, giustificano qualsiasi tipo di azione di parte governativa. Infatti, pur essendo vero che vi sia un'emergenza legata al proliferare di gruppi terroristici (daesh su tutti) e un'innegabile esigenza di far fronte comune dinnanzi al pericolo attentati in tutta Europa e non solo, non è tollerabile infilare le missioni internazionali in questo contesto, abbinandole alle norme antiterroristiche.
Si tratta di impegni che costano allo Stato oltre 1 miliardo e mezzo all'anno circa. Ci sono oltre 875 milioni di rifinanziamento alle missioni internazionali in questo ultimo decreto, a partire dal gennaio 2015 fino a settembre.
Quindi, è sufficiente guardare i numeri per capire che tale materia meriterebbe d'essere trattata con più attenzione e in sede separata, possibilmente evitando la decretazione d'urgenza, appunto. Non a caso, ci stiamo battendo dall'inizio di questa legislatura, in Commissione e non solo, affinché una legge quadro, che disciplini definitivamente l'impegno italiano nelle aree di crisi internazionale, sia finalmente votata dal Parlamento e imponga una normativa seria e certa in via definitiva. PAGINA: 0096 MARTA GRANDE. Grazie, Presidente, il decreto che ci accingiamo a votare denota indubbiamente una discontinuità rispetto al passato, poiché questo testo, nonostante riguardi anche le missioni internazionali e la cooperazione internazionale, non è stato oggetto di sede referente della Commissione di cui faccio parte, ovvero la III Commissione affari esteri e comunitari. Inoltre, il decreto-legge in esame avrebbe dovuto, nelle annunciazioni del Governo, adeguare le disposizioni normative interne ad esigenze legate all'emergenza terrorismo, nonché alla necessità di dare attuazione alla risoluzione n. 2178 del 2014, adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, vincolante per gli Stati. Rischia invece – come in larga @pagina=0097@parte dimostrato dai decreti che in modo ininterrotto si sono succeduti in questi venti anni su questi argomenti – di rappresentare più che una soluzione al problema della minaccia del terrorismo alla pace e alla convivenza tra i popoli, il proseguimento di una politica internazionale fallimentare che ha reso il nostro pianeta più insicuro.
Potrei entrare nel merito di quanto le politiche attuate da gran parte delle potenze occidentali dopo l'11 settembre siano state fallimentari, arrivando a tracciare la linea seguita per quanto riguarda la sicurezza internazionale, ma non volendo distaccarmi troppo dall'argomento di questo decreto, mi occuperò di ciò che viene analizzato ed approvato con il suddetto decreto.
Prima di tutto, non possiamo non legare questo decreto alle contingenze drammatiche e preoccupanti che stanno interessando vari Paesi, Italia compresa. Le recenti stragi avvenute nei mesi passati e non ultimo l'attentato di Tunisi ci pongono di fronte alla necessità di dover rivedere non solo la nostra politica estera, ma anche la politica interna, il che dovrebbe lasciare spazio ad un ampio dibattito tanto interno alle istituzioni quanto partecipato con l'esterno, con i cittadini, con i comitati. È sempre più evidente quanto lo scollamento tra la politica e la vita reale possa generare dei mostri, degli spettri che prima abbiamo contribuito a creare e che ora dobbiamo, in qualche modo, gestire.
Questa nuova forma di terrore, che trasversalmente colpisce qualsiasi nazione e qualsiasi strato sociale ha, però, in se qualcosa che l'Europa, purtroppo, conosce bene. Il terrorismo nei nostri Paesi non è qualcosa di nuovo, benché queste nuove dinamiche, che ora rendono tutti vittime di un estremismo che nulla ha a che fare con la religione, ma che evidentemente ha una fortissima connotazione politica, vanno condannate senza se e senza ma. Qualsiasi restrizione della libertà dell'uomo, del proprio pensiero, della propria religione, della propria cultura e il rifiuto della storia e dell'arte sono atti che creano un fortissimo divario tra noi e loro, tra quello che è il mondo moderato e quello estremista. Al netto di questo, però, il nostro Paese deve reagire con intelligenza e con un piano programmatico che abbia contestualmente un elemento emergenziale se sussistono le minacce. È anche vero che il nostro Paese, però, deve decidersi e assumersi definitivamente la responsabilità di voler investire in sicurezza, perché la sicurezza, i controlli, i fondi stanziati in prevenzione sono sempre – sottolineo sempre – spesi bene. Si pensi ai molti poliziotti ai quali non viene fornito un nuovo giubbotto antiproiettile o alle volanti di polizia senza carburante. Tutto questo dovrebbe farci riflettere su quali siano le nostre priorità come Paese e quali siano i passi che devono necessariamente essere fatti per far sì che la sicurezza interna possa effettivamente soddisfare quelle esigenze che ogni giorno i nostri militari devono fronteggiare. Partendo da questo presupposto, ci saremmo aspettati più un piano strutturale per rimodulare i fondi interni, un piano programmatico per poter effettivamente affrontare le nuove terribili sfide che vediamo ai nostri confini.
Secondo uno studio dell’Institute for Economics and Peace, negli ultimi quarantacinque anni, l'80 per cento delle organizzazioni terroristiche è stato neutralizzato grazie al miglioramento della sicurezza e alla creazione di un processo politico finalizzato all'inclusione e alla risoluzione dei problemi che erano alla base del sostegno ai gruppi terroristici. Appena il 7 per cento è stato eliminato dall'uso diretto della forza militare.
Un'analisi che non ci stupisce affatto, ma che dovrebbe anche far riflettere su quale sia la necessità del sistema internazionale, su quali debbano essere le nostre priorità politiche, militari e culturali. È necessario, però, entrare nel merito dei singoli articoli per poter comprendere il perché del nostro ostruzionismo, che, a differenza di quanto detto dai partiti di maggioranza, ha un suo perché.
Secondo la nostra Commissione giustizia, il decreto in esame promette norme @pagina=0098@per un'efficace lotta al terrorismo internazionale; tuttavia, sia la modalità di trattazione della materia che l'impianto normativo non appaiono adeguati a costituire la risposta efficace che i cittadini si aspettano e hanno il diritto di pretendere dallo Stato. La vaghezza delle formule utilizzate, infatti, non rende ipotizzabile un vero e proprio cambio di passo, così come il livello di approssimazione nella disciplina delle singole fattispecie lascia presagire un futuro non troppo brillante per questo specifico decreto.
Quanto detto è particolarmente evidente, ad esempio, nelle norme relative alla configurazione di nuove ipotesi di reato o circostanze aggravanti. Ci si riferisce, in particolare, alla figura criminosa di «persona arruolata» e alla condotta di «organizzazione di trasferimenti per finalità di terrorismo», nonché all'aggravante per reati di istigazione ove commessi «attraverso strumenti informatici o telematici» di cui all'articolo 2 del decreto medesimo.
Contestualmente, se si analizza la risposta che l'Italia darà alla risoluzione 2178 delle Nazioni Unite alla luce di questa valutazione, appare evidente quanto l'approvazione di questo decreto non sarà affatto adeguata. La fretta e l'approssimazione non ci permettono di intervenire, quindi, in maniera ottimale.
Nessuna prevenzione efficace, nessuna garanzia, compressione dei diritti dei cittadini. Avremo, infatti, nuove norme repressive delle libertà individuali, in particolare della libertà di circolare e della libertà di espressione, cioè una nuova, allarmante e drammatica compressione di diritti fondamentali garantiti dagli articoli 16 e 21 della nostra Costituzione.
Questa metodologia di compressione dei diritti, questo trade-off tra libertà individuali e sicurezza nazionale, già strutturato dopo il 2001, dovrebbe già essere stato testato e dovremmo avere capito che questa non è la soluzione ad un problema del genere. Le vittime del terrorismo sono quintuplicate dagli attacchi dell'11 settembre 2001 ad oggi; evidentemente, ciò non può bastare. Per queste ed altre motivazioni, che verranno ampiamente approfondite e discusse dai miei colleghi, il MoVimento 5 Stelle voterà contrariamente a questo decreto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). PAGINA: 0098 ALFONSO BONAFEDE. Grazie, Presidente, con il provvedimento che stiamo esaminando e che ormai siamo prossimi a votare, abbiamo l'ennesimo decreto-legge. Qui non ci troviamo soltanto di fronte all'ennesimo decreto-legge di proroga di tutte le diverse missioni militari internazionali a cui partecipa l'Italia, alcune, tra l'altro, di segno opposto fra di loro, e quindi anche nella solita schizofrenia politica che caratterizza questa maggioranza.
Qui la situazione si aggrava perché il Governo inserisce nei primi dieci articoli disposizioni del tutto estranee alle missioni internazionali e agli interventi di cooperazione allo sviluppo, che riguardano misure per il contrasto al terrorismo, che avrebbero dovuto, invece, e avrebbero meritato un'altra sede, cioè, probabilmente, almeno un decreto più specifico.
Ora, è evidente che parlare a questa maggioranza di decretazione d'urgenza, dell'inopportunità di utilizzare la decretazione d'urgenza per materie così delicate, è come parlare ai muri, e non solo per una questione strettamente istituzionale, ma perché proprio è evidente che a questa maggioranza manca qualsiasi sensibilità nei confronti del concetto di assemblea, del concetto di democrazia, che sono le basi su cui dovrebbe poter lavorare questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Ma, d'altronde, sto parlando ad una maggioranza che ha al suo centro un partito che ormai, quando si riunisce per votare, è solo per dire «sì» al padrone (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), e chi la pensa diversamente preferisce non votare, piuttosto che votare in contrasto. Quindi, per tutte queste ragioni, poter parlare di democrazia al @pagina=0099@Partito Democratico sarebbe veramente temeraria come azione.
Pertanto, ritorniamo a parlare di un provvedimento (Commenti del deputato D'Ottavio)... Presidente, sento un rumore di sottofondo. PAGINA: 0100 ANDREA COLLETTI. Signor Presidente, quindi siamo arrivati alla fine della discussione di questo decreto-legge. Vi è da specificare una cosa, in realtà. Alcuni, ovvero coloro che sono in realtà meno interessati alle motivazioni di questo provvedimento e delle varie posizioni, diranno che il MoVimento 5 Stelle è contro il decreto-legge antiterrorismo. Ora, capiamo bene la malafede di queste persone e risulta facile anche verificare da che parti provengano queste persone politicamente.
Però vi è anche da fare alcune specifiche sul testo. Anche coloro che in questa sede hanno dato parere favorevole a questo decreto-legge hanno voluto dire come in molte parti, in realtà, questo stesso decreto-legge sia altamente deficitario. Da una parte, vi è l'enorme ritardo, giacché rispetto ad altri Paesi, altre nazioni, occidentali e non, che avevano legiferato, senza nemmeno un decreto-legge, già due anni fa sul tema dei cosiddetti foreign fighters – ovvero in questo momento parlo soprattutto dei primi articoli dell'intestato decreto-legge –, noi siamo arrivati sempre in ritardo. Ci accorgiamo sempre quando accade qualcosa.
E cosa è accaduto purtroppo ? È accaduto l'attentato a Parigi da parte di persone che, in realtà, alcune non erano nemmeno foreign fighters, bensì erano persone che si erano addestrate in alcuni campi di addestramento esteri. Dopo l'attentato, ci siamo stracciati le vesti, come facciamo sempre, e abbiamo detto che è finalmente ora di normare il problema dei foreign fighters. Noi in Italia dovevamo aspettare un attentato per legiferare sui foreign fighters. Non abbiamo la capacità predittiva o precauzionale che hanno negli altri Paesi per poter normare prima che accadano certe cose.
Ma questa è, purtroppo, la politica italiana. Il vero problema, in realtà, è che tutto ciò di cui stiamo disquisendo in questa sede non raggiungerà l'obiettivo e lo scopo che forse il Governo o chi per lui si era prefissato, ovvero quello di contrastare, prevenire e sanzionare, sia coloro che vanno a combattere guerre in territorio estero, dove si fronteggiano effettivamente diverse realtà, sia statuali, che non statuali, ma anche tribali, sia coloro che si vanno ad addestrare, sempre in territorio estero (possiamo citare il caso dello Yemen o alcune parti anche dell'Oman o la Somalia, il Pakistan e ancora Afghanistan), per partecipare alle suddette @pagina=0101@guerre o alle azioni di guerriglia che vengono svolte in diversi Paesi del mondo (e non parliamo, in realtà, solo del Medio Oriente perché si stanno avvicinando anche all'Asia centrale o alle Filippine o ad altre realtà come l'Indonesia, di cui potremmo parlare). Infine, cerca di contrastare, prevenire e sanzionare il fatto che queste persone, dopo l'addestramento, ritornano ai loro Paesi di origine – e per fortuna in Italia ne abbiamo ancora pochi rispetto ad altri Paesi occidentali – per commettere attentati, per essere delle cellule cosiddette dormienti.
Ebbene, questo decreto-legge vorrebbe sanzionare queste fattispecie. Peccato, però, che va completamente ad errare nei suoi obiettivi, anzi nelle sue finalità piuttosto che negli obiettivi, perché gli obiettivi in realtà potevano essere anche condivisibili. Noi, nelle Commissioni, abbiamo detto al Governo che, se avessero voluto normare semplicemente l'andare ad addestrarsi in campi esteri, potevano normarlo in maniera differente. Potevano normarlo, ad esempio, escludendo le finalità di terrorismo, anche perché, se rimangono le finalità di terrorismo, in realtà rimane la difficile prova che deve essere data da un pubblico ministero in un giudizio penale che si è andati ad addestrarsi meramente per finalità di terrorismo. E, sapendo che, purtroppo, il pubblico ministero molto difficilmente ha capacità di documentazione di ciò che avviene in quei Paesi, è una prova quasi impossibile, è quasi una prova diabolica. D'altro canto, non lo diciamo noi, ma lo dice l'esperienza penalistica di altri Paesi, quali il Belgio, l'Olanda, la Danimarca, gli Stati Uniti, il Canada. Purtroppo, in tutti questi Paesi, tali norme, quando sono state applicate, hanno fallito proprio perché mancava la conoscenza da parte dell'autorità giudiziaria di ciò che accadeva in quei territori, nel senso che le autorità potevano presumere ciò che poteva accadere in quei territori e in quei campi di addestramento, ma, purtroppo per loro, non lo potevano provare secondo i crismi dell'accertamento della colpevolezza presente nei vari ordinamenti giudiziari cosiddetti civili. Ed è proprio qui il «busillis», il problema principale, che, purtroppo, il Governo non ha voluto risolvere. Si poteva risolvere in un altro modo; bastava parlarne e avremmo potuto fare anche un decreto-legge o un disegno di legge accelerato, ma decente, che servisse allo scopo. Capisco che è servito a fare un comunicato stampa da parte del Consiglio dei ministri che finalmente abbiamo una legislazione antiterrorismo. Purtroppo, noi già ce l'avevamo e purtroppo questa cosiddetta legislazione emergenziale non servirà a nulla. Potevate ascoltarci per molte cose e, ovviamente, avremmo potuto tutti favorevolmente votare in questa sede il presente provvedimento, cosa che, purtroppo, per il vostro comportamento, non è potuta avvenire.
Ma la volontà si denotava anche da alcuni emendamenti presentati in corso d'opera, sia dal Ministero, che dai relatori per la maggioranza. Ebbene, uno di questi emendamenti dovremmo citarlo proprio perché è fondamentale per capire come vengono enucleati dal Governo questi stessi emendamenti. Siamo in un momento storico, in Italia, dove, purtroppo e troppo spesso, la politica si batte contro l'uso delle intercettazioni telefoniche da parte dell'autorità giudiziaria oppure contro la pubblicazione di dette intercettazioni qualora avessero rilevanza pubblica sui giornali. Ebbene, nonostante tutto questo, invece, il Governo, con un emendamento che non è presente neanche in una realtà come quella degli Stati Uniti dopo il cosiddetto Patriot Act, autorizzava se stesso, ossia il Ministero dell'interno e i suoi organi, a intercettare – io dico abusivamente, ma, purtroppo, a norma di legge in quel caso – tutti i cittadini italiani, nonché tutte le comunicazioni via e-mail e via social di ogni cittadino italiano. Tutto ciò, solo pensando che potevano essere commessi dei reati e, inoltre, qualunque reato. Io penso a un'ingiuria, per esempio. Ebbene, neanche l'autorità giudiziaria, ma il Ministro dell'interno, se pensava che un cittadino italiano poteva commettere un reato di ingiuria, poteva richiedere le intercettazioni telefoniche e @pagina=0102@Internet di quel cittadino italiano senza neanche la regolarità cosiddetta di un giudice.
C'era sì l'autorizzazione, se non sbaglio, del procuratore capo all'interno della procura generale ovviamente però andava a toccare talmente tante realtà, talmente tante fattispecie, talmente tanti cittadini che quell'autorizzazione era una mera firma senza alcun valore probatorio in verità e quindi, in realtà, con quell'emendamento che per fortuna è stato ritirato dal Governo che si è accorto dell'assurdità e se ne è accorto purtroppo solo dopo i nostri comunicati stampa a denotare la malafede nel voler architettare quell'emendamento quatto quatto senza farsi accorgere così che potesse passare in sordina, dimostra la mala fede nel voler normare cose inutili, se non cose dannose. E proprio per questo il dispiacere maggiore per dover discutere il provvedimento in quest'aula: dover discutere un provvedimento che poteva essere un buon provvedimento e, invece, ci troviamo a discutere un provvedimento che va a ricalcare in realtà tutto quello che c'era già, va evidentemente soltanto ad aumentare le pene e anche ben venga quell'aumentare le pene ma non va ad incidere nella carne viva della legislazione penale, non va a incidere nella vera non solo repressione ma anche nella prevenzione di comportamenti delittuosi di possibili terroristi. Caro sottosegretario, si doveva andare ad incidere in quel modo. Voi non so perché non avete voluto, non avete voluto incidere in quel modo. Dovreste spiegare in realtà perché non vi siete interessati alla prevenzione dei reati piuttosto che alla mera sanzione e ben venga la sanzione ma noi preferiamo prevenire attentati terroristici non solo sanzionarli dopo perché ci sembra alquanto inutile per tutelare i cittadini italiani. PAGINA: 0102 EMANUELE SCAGLIUSI. Signor Presidente, eccoci qui a parlare dell'ennesimo decreto missioni. Un decreto-legge a competenza mista che ha visto l'assegnazione alla Commissione esteri soltanto in sede consultiva e non in sede referente (fatto mai accaduto, almeno in questa legislatura). Infatti anche il presidente Cicchitto ha manifestato il suo disappunto alla Presidente Boldrini; noi del MoVimento 5 Stelle abbiamo fatto lo stesso ma, come al solito, nulla è cambiato. Un vero peccato, perché la lotta e il contrasto al terrorismo internazionale non possono non avvalersi delle specificità e delle competenze della Commissione esteri.
Ma andiamo avanti. Composto da provvedimenti finalizzati alla lotta contro il terrorismo e al rinnovo delle missioni italiane all'estero, il decreto-legge in esame reca in sé una enorme serie di aspetti controversi nel senso di fornire una apparente risposta a problematiche molto serie con strumenti del tutto inefficaci e anzi pericolosi in quanto possono rivelarsi strumenti di repressione che limitano eccessivamente i diritti fondamentali della persona quali quelli alla privacy, la libertà di circolazione e di espressione. Di contro, alcuni dei rimedi previsti risultano minimamente o per nulla efficaci. Tutto sommato, si può dire che rispetto all'ultimo decreto di proroga delle missioni internazionali, non ci sono particolari novità per le parti di competenza delle Commissioni esteri e difesa. La novità sostanziale in negativo è l'inserimento di misure antiterrorismo che, prima ancora di entrare nel merito del decreto-legge, ci permettono di dubitare sulla costituzionalità di quest'ultimo reso ancora più disomogeneo.
Il Grande Fratello sta arrivando. Ma non parliamo del reality televisivo; parliamo di quello «reale» degno del romanzo di George Orwell. Lo state cucinando a fuoco lento, approfittando cinicamente delle tragedie di Charlie Hebdo, di Copenaghen e del recente attentato a @pagina=0103@Tunisi. Il modus operandi è sempre lo stesso: subito dopo un attentato, grazie alla pressione dei media, il cordoglio viene trasformato in paura. Qualche settimana dopo, quando gli occhi di stampa e tv si spostano su altro, arrivano le misure liberticide. È già successo all'indomani dell'attentato delle Torri Gemelle con il Patriot Act firmato da George Bush e scritto da CIA e FBI. Adesso il copione si ripete.
Il Governo sfrutta l'argomento di notevole appeal mediatico dell'antiterrorismo per confezionare l'ennesimo «decreto missioni».
Non serve un Patriot Act italiano. La risposta di USA e della Gran Bretagna al terrorismo ha compresso diritti e libertà, ostacolando la via della convivenza multiculturale.
«Comprimere la libertà personale a favore della sicurezza collettiva» forse può essere un ottimo slogan, ma di certo non è una verità assoluta. Tanto che dopo l'11 settembre si sono moltiplicati in tutto il mondo gli atti di terrorismo.
La strada della restrizione delle libertà, non funziona. Negli USA lo dimostrano Guantanamo e lo spionaggio di massa. In Gran Bretagna sono stati presi provvedimenti simili con i quali un giudice può vietare in pratica qualsiasi comportamento o attività sia ritenuta sospetta o socialmente pericolosa. Si può fermare una persona solo perché sospetta.
Così adesso in tutta Europa si tende a limitare le libertà e si aumenta il controllo sociale con il controllo delle conversazioni telefoniche, chat, e-mail, cartelle cliniche, transazioni bancarie.
Aumentano le misure di controllo nell'utilizzo di Internet. Però, per non incutere timore e scoraggiarne l'uso, l'utente medio non si accorgerà di essere sorvegliato.
In pratica si lede la privacy del cittadino comune, spiandolo in tutti gli aspetti, e si lascia invece i terroristi e i criminali in grado di agire. Non basta una black list a fermare i terroristi, su Facebook o su altri social network spierete solo i cittadini comuni.
I criminali e i terroristi agiscono sul lato oscuro di Internet, il deep web, che non viene per niente interessato da questo decreto. Pensate di conoscere Internet, ma dimenticate che siti come Facebook, Amazon e Instagram sono solo la facciata superficiale. Esiste tutto un mondo nascosto, in cui le informazioni sono protette da password o da accessi tramite software speciali. Alcuni analisti hanno stimato che il lato nascosto di Internet è 500 volte più grande della superficie accessibile a tutti. Secondo uno studio pubblicato su Nature, Google indicizza non più del 16 per cento dei contenuti web e non comprende il deep web. Siamo abituati a pescare in un metro sulla superficie dell'oceano, ignorando ciò che c’è nel profondo. Come una matrioska russa, il deep web prevede vari strati di contenuti, un vasto underground digitale dove operano hacker, cyber criminali, terroristi e pedofili. Ecco qualche esempio di cosa e possibile trovare nel deep web.
Droghe: di qualsiasi tipologia, in quantità per uso personale o da rivendere. Silk Road, il sito di commercio chiuso dall'FBI nel 2013, ha fatturato 200 milioni di dollari in 28 mesi.
Denaro contraffatto: euro, sterline e yen falsi, a prezzi variabili, in grado di superare i tipici test della penna e dei raggi ultravioletti.
Documenti: passaporti, patenti, carte d'identità, diplomi, permessi di soggiorno e anche carte diplomatiche. Una patente americana costa circa 200 dollari, mentre i passaporti costano qualche migliaio di dollari.
Si possono comprare armi, munizioni ed esplosivi, venduti in confezioni speciali per evitare i raggi x o inviati smontati nascosti in strumenti musicali, giocattoli o elettronica.
Sicari: «soluzioni definitive a problemi comuni», questi servizi possono essere pagati in bitcoin a fronte di una prova fotografica dell'omicidio compiuto.
Organi umani: un mercato nero con reni da 200 mila dollari, cuori a 120 mila dollari, fegati e anche bulbi oculari. Cryptovaluta: denaro digitale, come i bitcoin e i darkcoin, e il sistema di pagamento @pagina=0104@Liberty Reserve sono il sistema più conveniente per pagare online tenendo la propria identità nascosta.
Contro queste fattispecie di reato non avete nessuno strumento e se aspettate che il terrorista si iscriva a Facebook, registrandosi con nome e cognome, e magari anche con una bella foto, allora non avete proprio capito l'entità del problema. Per il Movimento 5 Stelle questa è la strada sbagliata. Oltre che dannosi, questi controlli sono inutili. Ogni giorno nascono circa trenta applicazioni di scambi messaggi e voce che possono essere installate sui cellulari.
Come possono le forze dell'ordine monitorare ogni singola informazione che passa nel mare magnum delle nuove tecnologie ? Nelle ultime ore anche il Garante della Privacy ha parlato di «Sbilanciamento eccessivo sulle esigenze investigative» riferendosi a questo decreto. Intercettazioni preventive nei confronti di meri sospettati e l'allungamento da uno a due anni del termine di conservazione dei dati di traffico telematico e delle chiamate senza risposta non piacciono al Garante della privacy, Antonello Soro, esponente del PD.
Il decreto va «nel senso esattamente opposto a quello indicato dalla Corte nella sentenza dell'8 aprile scorso» riferisce il Garante della privacy. La sentenza aveva annullato la direttiva sulla data retention in ragione della «natura indiscriminata della misura» e ribadiva la centralità del principio di stretta proporzionalità tra privacy e sicurezza, che per essere rispettata necessita di un'adeguata differenziazione in base al tipo di reato, alle esigenze investigative, al tipo di dato e di mezzo di comunicazione utilizzato. Non solo, suscitano perplessità anche le intercettazioni preventive per i reati genericamente commessi online o con strumenti informatici.
Le novità introdotte considerano più gravi le condotte di istigazione, qualora esse vengano condotte attraverso Internet rispetto alla modalità tradizionale.
Nell'articolo 2 si prevede che la Polizia postale debba tenere costantemente aggiornata una black list dei siti Internet che vengono utilizzati per commettere reati. Si discute anche di un Patriot Act europeo.
Per qualcuno interrogatori di garanzia, udienze preliminari, autorizzazioni preventive di giudici imparziali sono una perdita di tempo e un ostacolo per la giustizia. Non bisogna trasformare lo Stato di diritto in uno Stato di polizia.
Il Patriot Act made in USA è stato un provvedimento normativo affrettato, incostituzionale e inefficace. Copiando quei principi si ottiene soltanto un controllo minuzioso del cittadino comune, mentre il terrorista troverà sempre delle soluzioni alternative: le vie di fuga per i terroristi e per i criminali vengono sempre garantite in questo Paese, mentre si viola la privacy del cittadino comune.
Per questi motivi che noi del MoVimento 5 Stelle voteremo contro questo ennesimo decreto. PAGINA: 0104 MARIA EDERA SPADONI. Signor Presidente, siamo di fronte all'ennesimo decreto sulle missioni internazionali.
Questa volta si tratta di una proroga di 9 mesi (fino al 30 settembre) e non annuale, per un importo di quasi 900 milioni (ovvero l'intero importo rifinanziato con l'ultima legge di stabilità e che verosimilmente doveva bastare per l'intero anno). Da una dichiarazione del 12/03/2014, quindi di un anno fa, il Ministro Pinotti afferma che è necessario «mettere a punto una legge quadro sul tema delle missioni internazionali», una questione «evidenziata già nelle scorse legislature e ribadita nell'attuale, in base alla constatazione dell'esistenza di un vuoto normativo rispetto alla procedura da seguire in ordine alla deliberazione e all'autorizzazione di tali missioni, nonché della mancanza di un quadro legislativo stabile che assicuri una disciplina uniforme da applicare in tutti i casi di partecipazione del personale militare alle missioni internazionali».
L’iter della legge quadro, che fa pensare ad un modo completamente diverso di @pagina=0105@affrontare le missioni internazionali, è iniziato il 15 gennaio 2014. Siamo al 25 marzo 2015.
Ancora più assurdo è che il provvedimento è stato assegnato in sede referente alle Commissioni congiunte giustizia e difesa: per la prima volta la III Commissione, di cui faccio parte, ne risulta assegnataria solo in sede consultiva.
I provvedimenti di proroga del finanziamento delle missioni internazionali contengono sempre sia disposizioni sull'impiego delle Forze armate e delle forze di Polizia sia disposizioni sugli interventi di natura civile, di cooperazione allo sviluppo e di aiuto alla ricostruzione.
Vengono così prorogate tutte le diverse missioni militari internazionali cui partecipa l'Italia: questa volta, però, il Governo ha pensato di inserire anche nei primi 10 articoli disposizioni di contrasto al terrorismo, anche di matrice internazionale, del tutto estranee alla consueta materia che ha caratterizzato tutti i precedenti decreti sulle missioni internazionali, che invece avrebbero dovuto essere oggetto di un provvedimento del tutto autonomo.
Oltretutto è evidente il contrasto tra ciò che era stato stabilito nel precedente decreto (decreto-legge 1o agosto 2014, n. 109, convertito con modificazioni dalla legge lo ottobre 2014, n. 141) e ciò che ritroviamo in questo.
Riguardo alle missioni antipirateria è stato disatteso l'articolo 3, comma 4, con il quale si prevedeva: concluse le missioni in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e comunque non oltre il 31 dicembre 2014, la partecipazione dell'Italia alle predette operazioni sarà valutata in relazione agli sviluppi della vicenda dei due fucilieri di marina del battaglione San Marco attualmente trattenuti in India. I due fucilieri, Girone e Latorre sono ancora in India, le missioni però sono state rifinanziate.
Sulla Libia è stato disatteso il comma 7-bis all'articolo 3 che recita testualmente: perdurando la situazione di instabilità politica in Libia, il Governo riferisce alle Camere sull'eventuale sospensione totale o parziale delle missioni di cui ai commi 1, 2 e 3. Tuttavia, a dispetto di quanto sta accadendo in Libia, risultano nel decreto-legge in discussione reiterate le relative missioni. È stata prorogata sotto altra forma l'occupazione militare dell'Afghanistan, denominata Resolute Support, senza che questa sia stata autorizzata preventivamente dal Parlamento. Il comma 3-bis dell'articolo 2 del decreto-legge di rifinanziamento delle missioni prevedeva, tra l'altro, che concluse quelle in corso nel 2014, della partecipazione dell'Italia a ulteriori missioni militari in Afghanistan doveva essere data preventiva comunicazione alle Camere. Questa comunicazione non c’è stata, semplicemente la missione in Afghanistan ha cambiato nome e, come al solito, le Camere, cioè il Parlamento, sono state messe da parte senza nessun tipo di comunicazione e si continua a rimanere in Afghanistan.
Negli articoli 17, 18 e 19 che riguardano le materie di competenza della Commissione affari esteri: iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione, si parla di ben 120 milioni di euro per il sostegno delle forze di sicurezza afgane. Sottolineo: forze di sicurezza. Ora, qualcuno mi deve spiegare per quale motivo negli articoli 17, 18 e 19, riguardanti proprio le materie di competenza della Commissione affari esteri e che hanno proprio come titolo: iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione, ci debbano essere 120 milioni di euro finanziati per le forze di sicurezza afgane. Ora, la Commissione affari esteri non è stata praticamente presa in considerazione perché, come è stato ricordato anche da altri miei colleghi, appunto, la Commissione affari esteri non è sede referente, ma è sede semplicemente consultiva e, per la prima volta, appunto, non si ritrova a poter aver effettivamente un peso nel merito di questo decreto-legge. Per la prima volta, a questo punto, è stato deciso dall'Ufficio di Presidenza che le Commissioni giustizia e difesa fossero le Commissioni referenti. Ne @pagina=0106@prendiamo atto, direi che a questo punto possiamo anche togliere questi articoli visto che sarebbero di competenza della Commissione affari esteri.
Quindi, ritornando al discorso degli articoli 17, 18 e 19 non riusciamo a capire la ratio per la quale, in articoli in cui si parla di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione, si debba parlare di 120 milioni di euro per il sostegno delle forze di sicurezza afgane. Quindi, non capiamo cosa c'entra con il concetto di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali. Tra l'altro, bisognerebbe stanziare queste risorse principalmente per lo sminamento, la bonifica di bombe e missili inesplosi e l'addestramento e istruzione di nuovi sminatori. Infatti, il MoVimento 5 Stelle ha anche presentato un ordine del giorno proprio per richiedere che questi fondi vengano specificatamente stanziati soprattutto per lo sminamento e la bonifica di bombe e missili inesplosi.
In merito alla cooperazione allo sviluppo non capiamo come possano essere stati esclusi dall'elenco dei Paesi beneficiari alcuni Stati come il Libano o la Giordania. Migliaia di siriani continuano a fuggire in Giordania, in Turchia, in Libano e in Iraq.
Le Nazioni Unite hanno ad oggi registrato più di 2.500.000 rifugiati ma sono molti di più secondo le organizzazioni umanitarie ed i governi ospitanti. Mentre lo stanziamento di appena 2 milioni di euro per le iniziative a sostegno dei processi di pace e di rafforzamento della sicurezza in Africa sub-sahariana e in America Latina e caraibica appare ampiamente insufficiente.
Tuttavia, l'aspetto più grave rimane la questione afghana, nel concreto si è cambiato solo il nome della missione, da ISAF a Resolute Support, stanziamo, per l'anno 2015, 120 milioni di euro.
Una delle prime mozioni che abbiamo depositato alla Camera nel 2013 chiedeva proprio il ritiro delle truppe dall'Afghanistan. Una guerra, in corso da più di 10 anni, che non ha portato a nessuna soluzione, ma, anzi, ha solo fomentato indirettamente il terrorismo islamico. Il radicalismo si è allargato a macchia d'olio, perché, oltre all'Isis ci sono gli Shehab somali, Boko Haram in Nigeria, ci sono cellule minori in Egitto, nel Sinai e in Algeria.
Il MoVimento 5 Stelle ha anche presentato al Governo le proprie proposte per la lotta al terrorismo e la questione dei foreign terrorism fighters (FTF): monitorare il movimento dei «foreign terrorism fighters» con controlli effettivi delle frontiere, ad attivarsi in sede europea per sbloccare la direttiva sul Passenger Name Record (PNR) per la registrazione dei passeggeri sui voli nell'area Schengen; rafforzare l'ufficio centrale nazionale Interpol e implementare la collaborazione con i corpi locali di polizia.
Abbiamo fatto anche altre richieste e crediamo che dopo tutte queste informazioni e soprattutto per il fatto che vi è stato un insieme di antiterrorismo, di missioni internazionali, in un insolito pout pourri di questioni che sicuramente dovevano essere valutate singolarmente che il Movimento 5 Stelle voterà contro questo decreto. PAGINA: 0106 MANLIO DI STEFANO. Ai colleghi che sono ancora in Aula voglio spiegare perché sono ancora qui. Dovete prendervela con chi dirige il vostro gruppo parlamentare: è stato tradito, tanto per cambiare, un accordo tra i gruppi preso nel pomeriggio. Siamo ancora qui per tale motivo, capisco che vi faccia anche piacere, ma ve lo sto spiegando giusto perché magari vi può anche interessare.
Entrando nel merito del decreto rilevo che il provvedimento parte già male, perché unisce, come già detto diverse volte, le competenze di tre Commissioni mentre viene assegnato soltanto a due di queste, escludendo la Commissione esteri. Inoltre, tanto per cambiare, è un decreto chiaramente @pagina=0107@incostituzionale, motivo per il quale abbiamo presentato la pregiudiziale di incostituzionalità, in quanto non è urgente in tutte le sue parti. Sono urgenti le misure antiterrorismo, ma non lo sono le parti riprodotte dal decreto missioni al suo interno. Senza contare il fatto che non si possono affrontare materie così disomogenee all'interno dello stesso decreto.
Ovviamente la nostra pregiudiziale è stata bocciata e ora siamo qui a discutere questo decreto senza neanche interessare tutte le competenze che avremmo dovuto interpellare, in quanto la Commissione esteri, che di solito si occupa del decreto missioni, non è stata coinvolta. Tanto che persino il presidente della Commissione, Fabrizio Cicchitto, si è mosso scrivendo una lettera alla Presidente Boldrini. La lettera è stata ovviamente ignorata perché evidentemente ai piani alti, ovvero al Governo Renzi, questa cosa non piaceva assolutamente.
Anche volendo entrare nel merito di questo decreto, esso contiene misure del tutto inefficaci. È evidente che voi non conoscete la materia che state affrontando perché presentate un decreto che in materia di contrasto al terrorismo è in gran parte centrato sulla lotta al terrorismo cibernetico, che per come lo avete inteso voi nasce dal cyberspazio. Una roba che non sta né in cielo né in terra, perché, come spiegavamo poc'anzi, gran parte del tessuto di Internet non è quello perseguibile con un semplice decreto di questo tipo ma andrebbe scandagliato con sistemi molto più efficaci.
Sulla parte delle missioni internazionali non vi sono grandi novità rispetto all'ultimo decreto.
Paradossalmente, questa è la cosa che ci dà più fastidio, nel senso che un decreto, che vede ogni tre, sei o nove mesi il riproporsi delle stesse missioni internazionali, quindi le cosiddette proroghe, già di per sé, lo capirebbe anche un bambino, non può essere un decreto d'urgenza, perché proroghiamo delle cose che già sono state sancite in altre leggi, in altri decreti, quindi non ha senso inserirle in forma di decreto-legge. Magari, aspetteremmo, anche da questo punto di vista, che il nuovo Presidente della Repubblica battesse un colpo, visto che è proprio il suo ruolo quello di sancire se un decreto-legge è davvero urgente o meno, se è ammissibile o meno e, caso mai, respingerlo al Governo. Mi vorrei soffermare di più sulla parte relativa all'antiterrorismo. Come hanno giustamente detto altri miei colleghi, il dramma di questo decreto è che si avvia verso quello che potremmo definire un «Grande Fratello», non tanto per dire, ma davvero di orwelliana memoria. Il metro, poi, è sempre lo stesso e davvero scientificamente ormai comprovato: periodicamente, che sia reale o indotto dall’intelligence oggi americana, domani israeliana e dopodomani italiana, scoppia un caos legato al terrorismo e, quindi, l'attentato in una parte del mondo un po’ instabile. A quel punto, tutti i Governi prendono la palla al balzo – se non se la sono già costruita questa palla al balzo, come ho già detto prima – per rilanciare quelle riforme liberticide che tanto vanno di moda e che anche in Italia, tra l'altro, si è provato più volte ad attuare. Ricordo ancora, nonostante non fossi in questo Parlamento, che i primi a parlare di riforma per limitare l'uso del web, per limitare la libertà nel cyberspazio iniziano già dall'era Berlusconi, del I Governo Berlusconi e arrivano ai giorni d'oggi. Sostanzialmente, da quando è nato Internet, che cercate di bloccarlo. La bellezza di Internet, però, è che non è controllabile e, anche per questo motivo, questo decreto è carta straccia. Il copione si ripete anche con questo decreto, sfruttando questo argomento appunto, l'antiterrorismo, perché fa molta presa. Fa molta presa sull'opinione pubblica, che ovviamente viene prima oleata, viene prima preparata ad accettare qualsiasi cosa grazie alla stampa di regime che vi sostiene e che, anzi, trova mutuo sostentamento, perché loro sostengono la politica e la politica, in compenso, elargisce rimborsi all'editoria. Sostengono, quindi, questa editoria di regime, che, altrimenti, crollerebbe come un castello di carta dopo pochi mesi, perché nessuno ormai compra dei giornali che sono buoni @pagina=0108@soltanto per incartare il pesce, probabilmente. Non servono a nulla; di notizie non ce ne sono. E anche a livello di storia: la storia ha già superato i giornali, perché danno le notizie ventiquattro ore dopo la loro diffusione su mezzi quali appunto Internet. Tutto questo per dire che non serve un Patriot Act italiano. L'hanno già fatto gli Stati Uniti con la loro fallimentare gestione dei rapporti di politica estera e in Italia certamente non ci aspettiamo che possa essere né utile né soprattutto che possa lasciare liberi i cittadini italiani di esprimersi, principio sancito anche nella nostra Carta costituzionale. La risposta di USA e Gran Bretagna al terrorismo ha compresso diritti e libertà, ostacolando la via della convivenza multiculturale. La strada della restrizione delle libertà, poi, non funziona. Questo è un dato di fatto e negli USA lo dimostra chiaramente Guantanamo, che è l'attuazione palese e chiara di uno spionaggio di massa che è sotto gli occhi di tutti. In Gran Bretagna sono stati presi provvedimenti simili con i quali un giudice può vietare persino qualsiasi comportamento o attività che sia ritenuta sospetta o socialmente pericolosa. Si può fermare una persona solo perché sospetta: questo è il grado di libertà che si è raggiunto con le misure come quelle che state proponendo in questo decreto. Così adesso in tutta Europa si tende a limitare la libertà e siamo al controllo sociale con il controllo delle conversazione telefoniche, chat, e-mail, cartelle cliniche e transazioni bancarie, aumentando le misure di controllo e di utilizzo di Internet. Però una cosa bella di questo decreto è che tutto ciò non incuterà né timore né scoraggerà chi Internet lo utilizza già in maniera illecita, anche perché è un ambito così vasto che non è facile neanche decifrarlo. In pratica, si deve soltanto alla privacy del cittadino comune, questa è un po’ la nostra preoccupazione principale.
Noi siamo assolutamente favorevoli a che si combatta il terrorismo e anche quelle matrici terroristiche che partono dal web, quindi l'addestramento, la ricerca di sodali negli atti terroristici in rete, ma mi viene da ridere quando leggo, come oggi, dichiarazioni di colleghi del PD su Twitter, come Fiano, che hanno scritto tranquillamente che è scandaloso che il MoVimento 5 Stelle faccia ostruzionismo al decreto antiterrorismo. Lui lo fa, chiaramente, il collega Fiano perché sa che tanto un giornalista o presunto tale di La Repubblica che poi rilancia questo tweet lo troverà; il problema reale è che i cittadini dovrebbero sapere che noi l'avversione a questo decreto l'abbiamo proprio perché in realtà l'unica privacy che verrà lesa è quella del cittadino comune, il cittadino che nulla a che vedere con le organizzazioni terroristiche ma che anche lui, poveraccio, utilizza e-mail, chat e quant'altro ma che si troverà questi dispositivi controllati e intercettati in modo preventivo, un po’ come, non so se avete mai visto Minority Report, quando la giustizia addirittura anticipava le intenzioni del presunto delinquente. Ecco, questo volete fare voi, motivo per il quale noi non ci stiamo. I criminali e terroristi – questo è un dato di fatto, chi conosce un po’ di informatica lo sa – agiscono sul lato oscuro di Internet, quello che viene chiamato il deep web, che non viene per niente interessato da questo decreto. Pensate veramente di conoscere il web a tal punto da risolvere quello che lì avviene con questo decreto ? Io dico chiaramente di «no» e il dato di fatto è che il lato nascosto di Internet – questo lo dicono gli analisti – è 500 volte più grande della superficie accessibile a tutti, cioè il fatto che si conosca la parte di utilizzo comune e di fruizione comune del web non significa conoscere la parte appunto del deep web, dove tutto si annida. Nel deep web si commerciano droghe, denaro contraffatto, documenti, armi, munizioni, sicari, organi umani, tutti dati con quantità enormi di traffico, circolazione di moneta e contro questa fattispecie di reato... PAGINA: 0109 VITTORIO FERRARESI. Signor Presidente, ci ritroviamo qui ancora a discutere l'ennesimo decreto missioni e un decreto antiterrorismo che assolutamente di antiterrorismo ha poco, se non andare sui giornali per dire: «l'abbiamo fatto, abbiamo risolto l'emergenza antiterrorismo con un provvedimento molto efficace», se non per dire i grillini o il MoVimento 5 Stelle è contrario all'antiterrorismo, quindi sono tutti terroristi. Ecco, a parte queste facili boutade mediatiche, a parte queste bolle che presto si sveleranno per quello che sono, ovvero solamente spot elettorali, questo decreto di prevenzione al terrorismo ha veramente poco. Noi sappiamo che la prevenzione, soprattutto sulla criminalità organizzata, sulla corruzione, sugli appalti, sul terrorismo, quello vero, si fa utilizzando strategie di prevenzione, programmi di prevenzione ma soprattutto si fa con risorse, strutture e uomini, quelli che, al momento, le nostre forze di polizia non hanno, visto che non si vuole neanche far scorrere le graduatorie per assumere giovani idonei pronti a prestare servizio per la nostra nazione; e non si vuole fare perché, come al solito, si punta il dito verso il problema, si grida allo scandalo, si cerca di risolvere con l'ennesimo decreto-legge incostituzionale ma non si guarda quelli che sono i reali problemi anche perché di andare a prendere i soldi dalla politica o dalle missioni militari all'estero e metterli nella prevenzione in territorio italiano è cosa ben più ardua. Questo decreto ha tanti articoli, fa una commistione, è un decreto eterogeneo e soprattutto dai primi si capisce bene che non solo è un decreto incostituzionale, non solo è un decreto che non risolve la situazione sul terrorismo ma è un decreto anche scritto con i piedi.
Io non posso immaginare che un Governo di una Repubblica come l'Italia possa, di fretta e furia, varare un decreto che deve essere analizzato con una certa velocità dalle Camere, partendo da una base testuale assolutamente ridicola. Non potrei definire in altra maniera questo testo uscito dal Governo, che ha avuto bisogno di una revisione non solo da parte del Parlamento ma dello stesso Governo, che è intervenuto con emendamenti e subemendamenti innumerevoli volte per cercare di mettere un tampone a quella che era un'emorragia normativa indecente.
Sono uscite, quindi, anche norme penali di un certo livello, di un certo livello di punibilità, ovviamente con pene alte, e questo, ovviamente, non è il primo dei problemi ma sicuramente è un problema, perché se le pene sono alte sono anche indeterminate. È un problema per gli interpreti, per i cittadini che andranno a leggersi questi leggi nel caso ed è un problema per i giudici, che fortemente hanno criticato in Commissione l'indeterminatezza nonché la mancanza di specificità e di offensività delle norme che il Governo ha prodotto per il contrasto al terrorismo.
Pensare che i veri terroristi abbiano paura del nostro codice penale, Presidente, è veramente ridicolo. I terroristi hanno paura, semmai, delle nostre forze dell'ordine, se avessero gli strumenti e il personale adatto per prevenire il terrorismo, ma di certo non hanno paura del nostro codice penale, perché è un terrorismo di matrice ideologica, un terrorismo che certo non si ferma con qualche norma in più, ma si ferma senz'altro con un'attività, anche di politica estera, totalmente diversa. Ricordiamo che, con tutti i miliardi spesi per la lotta al terrorismo in questi ultimi dieci, vent'anni, non solo non si è fermato il fenomeno del terrorismo, ma le organizzazioni e le sigle terroristiche in questo mondo sono addirittura aumentate. Quindi, da questa vicenda si dovrebbero prendere consiglio, si dovrebbe prendere @pagina=0110@un auspicio per cambiare le politiche di guerra, le politiche energetiche, le politiche umanitarie a livello internazionale, e non certo andare a varare un decreto che serve solo, forse, per scrivere un articolo domani su La Repubblica e non certo, invece, per fermare quello che è un problema ben più radicato nella società (è anche un problema culturale, a mio avviso).
Per il resto, appunto, queste norme sono indeterminate e creeranno sicuramente problemi interpretativi. Li crea già l'articolo 270-sexies del codice penale con le condotte, appunto, finalizzate al terrorismo. È una norma che già non ha nessun criterio di punibilità, ma viene rimandata, appunto, da altre norme sul terrorismo. Questo è già un problema in Italia a livello applicativo, per quanto riguarda condotte che, con il terrorismo, non hanno nulla a che fare. Mi viene da pensare alle manifestazioni di chi, appunto, difende il proprio territorio. Queste condotte, dunque, non possono essere assolutamente ricondotte al terrorismo. Qualcuno ci ha provato ma, purtroppo per lui e per fortuna per tutti i cittadini italiani, gli è andata male.
Però, ogni tanto, con questi provvedimenti, come quello sulle olimpiadi invernali di Torino, si presenta sempre l'occasione buona per inserire misure che, con la lotta alla criminalità organizzata, con il terrorismo e la corruzione, non c'entrano niente. È sempre la volta buona per indirizzare, invece, e sfogare la repressione verso condotte che, con questi atteggiamenti, non c'entrano niente, ma si riferiscono alla vera – questa sì – privazione della privacy, cioè il controllo del Governo e dell'Esecutivo su tutti i cittadini italiani. Ne abbiamo avuto, appunto, subito concreta attuazione con un blitz del Governo, con un emendamento del Governo che voleva porre le intercettazioni preventive, quindi non quelle investigative, quelle che servono quando c’è una notizia di reato. Queste servono e le volete oscurare; si tratta, invece, di quelle preventive, cioè di quelle che si fanno anche senza alcuna notizia di reato. Ecco, il Governo voleva praticamente stabilirle non solo per i reati gravi, per i reati della criminalità organizzata, per i reati riguardanti il terrorismo, ma per tutti i reati commessi tramite strumenti informatici o telematici. Un vero e proprio controllo indiscriminato del Governo, senza alcuna garanzia, su tutti i reati. Praticamente, mancava solo il reato di pascolo abusivo, perché veramente tramite il computer si possono commettere tantissimi tipi di reati. Un controllo generalizzato che forse neanche Orwell, nel suo romanzo 1984, aveva previsto.
Detto questo, questo blitz è stato sventato subito da un comunicato stampa del MoVimento 5 Stelle e, alla sera, il Governo, tramite il relatore, aveva già presentato un emendamento che cambiava il corso del provvedimento, per fortuna.
Ma, in altre parti, appunto, continuava, mi riferisco ad esempio, ai controlli da remoto, controlli Keylogger per entrare nei PC della gente. Anche questo per fortuna è stato espunto, anche se, comunque, una discussione in merito ci dovrebbe assolutamente essere e non certo tramite un decreto-legge. Detto questo, ci sono norme indeterminate, bersagli sfuggenti e anche norme che, con il terrorismo, non c'entrano niente, come l'innalzamento delle aggravanti per il reato di istigazione a delinquere commesso tramite strumenti informatici o telematici. Questo ci poteva stare, lo avevamo accettato per reati riguardanti il terrorismo internazionale, ma allargarlo a tutti i reati indiscriminatamente non solo non c'entra nulla con il terrorismo, ma è anche un atto assolutamente ipocrita e, secondo noi, molto pericoloso. Infatti, inserirsi in un decreto che parla di terrorismo per poi non parlare di terrorismo, ma agire su tutte le altre fattispecie che, con il terrorismo non hanno nulla a che fare, è assolutamente un atteggiamento pericoloso da parte di un Governo, che non dovrebbe mai tenere, ma anche ingeneroso nei confronti di una materia come quella penale, che è assolutamente delicata e, quindi, dovrebbe prevedere una certa sistematicità.
Detto questo, alcune grandi cose sono state ottenute dal MoVimento 5 Stelle per delineare meglio le fattispecie penali, e @pagina=0111@questo è vero. Avevamo ottenuto tanti emendamenti, ma emendamenti che non sono bandiere ideologiche o bandiere politiche; sono emendamenti tutti tecnici, non certo da sbandierare in giro, ma che vanno a migliorare nel concreto un provvedimento a cui noi siamo contrari, ma non per questo abbiamo rinunciato a lavorare nel merito per cercare di farlo diventare un provvedimento migliore possibile.
Ecco il nostro voto è contrario: ovviamente è un decreto incostituzionale ed eterogeneo che non affronta il terrorismo e che, senz'altro, va a rifinanziare alcune cose che non dovevano essere rifinanziate, ma non abbiamo rinunciato a lavorare, come sempre, nelle Commissioni giustizia e difesa nella profondità del decreto, quindi nel tecnico, e abbiamo ottenuto anche vittorie importanti, come quella di specificare che questi viaggi di terrorismo, che sono propagandati e finalizzati a compiere delle condotte che non sono specificate bene nel codice penale – e questo è un altro vulnus di cui assolutamente ci dovremo occupare – devono essere condotti all'estero. Altro problema di particolare delicatezza è quello riguardante la Procura antimafia e antiterrorismo, di cui altri colleghi avranno modo di parlare. Il nostro voto comunque rimane contrario. PAGINA: 0111 TATIANA BASILIO. Signor Presidente, dopo il quarto decreto missioni che trattiamo in Commissione difesa diciamo che abbiamo quasi terminato le parole anche se, questa volta, ci hanno aggiunto la novità del decreto antiterrorismo.
Ho già evidenziato, intervenendo in quest'Aula sul complesso degli emendamenti, come il provvedimento in esame rappresenti un testo composito, eterogeneo e antitetico rispetto alle presunte finalità di necessità ed urgenza che il Governo intende, in via ipotetica, perseguire. Non può considerarsi, quindi, omogeneo un provvedimento che affronta il contrasto al terrorismo, insieme alla proroga delle missioni internazionali, passando per la cooperazione allo sviluppo, per la condizione degli uomini in divisa e per le modifiche al codice penale. Non può considerarsi, quindi, necessario ed urgente un provvedimento che, nel suo melting pot, rifinanzia vecchie e nuove missioni internazionali – non si sa neanche più se di pace, di guerra, o una via di mezzo – mentre siamo in attesa da almeno due anni che questo Parlamento si faccia finalmente carico del problema, approvando una benedetta legge-quadro sulle missioni, sperando che essa non sia peggiorativa della situazione attuale. Infatti, a questo punto, visto come è stata rimaneggiata la legge quadro sulle missioni internazionali, ossia all'articolo 1 e all'articolo 2, ci toccherà quasi dire che era meglio la decretazione d'urgenza, anche se ovviamente di urgente non c’è nulla.
È un provvedimento che, nella sua composizione, avrebbe dovuto essere esaminato da almeno quattro Commissioni parlamentari – anche questo non ci stancheremo mai di dirlo, perché è palese come viene esautorato sempre, e ormai è portato alla normalità, il ruolo del Parlamento ed è decentralizzato – vale a dire difesa, giustizia, affari esteri e affari costituzionali, ma queste ultime due, non si sa bene il perché, sono state completamente estromesse dalla sede referente, il che la dice lunga sulla scarsa importanza ormai assunta dal Parlamento in questa legislatura, sempre più ratificatore di decisioni assunte all'esterno, sempre meno luogo di dialogo e confronto democratico tra maggioranze e minoranze politiche. Questa è ormai una dittatura governativa con un solo re che comanda. Il Re ormai lo conosciamo tutti: è Renzi.
Abbiamo già ampiamente evidenziato l'anomalo e discutibile modus operandi del Governo Renzi. Nel merito, le considerazioni non sono sicuramente migliori, in quanto non registriamo misure concretamente finalizzate al contrasto al terrorismo, bensì mere operazioni mediatiche e di facciata: è la debolezza complessiva del provvedimento, la pochezza di idee e la @pagina=0112@prevedibile inefficacia delle misure adottate, infatti, ciò che emerge da questo testo deforme in esame.
Si ha la sensazione che la cultura politica retrostante sia in ritardo di almeno 15 anni sulla realtà. In particolare, fa rabbrividire l'azione inerente al web, che andava fatta 10 anni fa, non ora che il fenomeno è ormai fortemente radicalizzato, mettendo un bavaglio al mondo del web, pensando di mettere una toppa ai buoi che sono già scappati dalla stalla. In particolare, manca una riflessione adeguata sull'esperienza maturata in questi 14 anni e sui risultati tutt'altro che soddisfacenti raggiunti nella campagna antiterrorismo.
Se dopo tre lustri di guerre, di impegno antiterroristico di tutte le intelligence occidentali, e non solo, e con i fiumi di soldi spesi, ci ritroviamo di fronte a fenomeni come l'ISIS o Daesh (come si voglia chiamare), la strage parigina e quella tunisina, vuole dire che qualcosa non ha proprio funzionato. E sorge il dubbio che, prima di ogni altra cosa, il fenomeno dello jihadismo non sia stato adeguatamente compreso e, di conseguenza, sia mancato il necessario contrasto politico e psicologico, quel contrasto che dovrebbe essere inclusivo e non di attacco, quel contrasto che dovrebbe portare a comprendere le diverse culture fino ad integrarle, e non deve diventare sempre e solo un contrasto di tipo armato.
La lotta al terrorismo non è solo una battaglia online nell'ampio mare della rete informatica, ma è sopratutto una gara di velocità. Precedere i terroristi è necessario per batterli politicamente. Serve a poco proteggere gli obiettivi sensibili, perché non si riuscirà mai a proteggerli tutti e l'azione terroristica si dirigerà verso quelli non protetti o poco protetti. Quindi, la soluzione per i nostri Ministeri della difesa e della giustizia quale sarebbe ? Militarizzare mari e monti e mettere i bavagli ai navigatori della rete ? Non riusciamo a pensare che qualcosa a livello culturale sia fallito ?
Ma perché mai pensarci ? È meglio mettere una toppa sempre e solo dopo ! È necessario, quindi, prevenire gli attentati, ed a questo servono tanto le fonti umane quanto quelle tecniche da intercettazioni, ma spesso le informazioni, magari proprio per la loro abbondanza, non sono adeguatamente utilizzate.
Sia nel caso della strage parigina che in quella di Londra è poi emerso che vi erano stati degli indizi, delle segnalazioni, notizie che erano state trascurate, o perché non messe in comune dai vari apparati di sicurezza o perché non messe in relazione l'una con l'altra. Da questa esperienza sembra venire il suggerimento di modalità tecniche diverse per l'utilizzo delle informazioni, ad esempio trattandole con modelli informatizzati di simulazione o anche solo con programmi di reti di relazioni, che, in tempi ridottissimi, mettano sotto gli occhi degli operatori la rete di connessione fra gruppi, persone, tecniche operative.
Non serve legare le mani ai naviganti del web, ai cittadini di tutto il mondo, ma serve che le intelligence mondiali siano più celeri e serve che si diventi inclusivi, comprendendo che Paesi differenti devono imparare a leggere le differenze tra di loro e ad accettarsi tra di loro. Sul fronte missioni internazionali, il decreto stanzia un fiume di denaro per rifinanziare missioni militari all'estero, senza un minimo di riflessione sui risultati di esse e sullo stato di forte dispersione delle forze.
Passiamo dal Kosovo alla Libia (ormai missione terminata), dalla Georgia (che, per fortuna, anche questa terminerà) alla Bosnia, dal Barhein all'Afghanistan, dal Centro Africa al Libano, senza che si capisca un disegno complessivo della nostra politica estera e senza una riflessione profonda sull'opportunità di questo stato di dispersione. In fondo, non si dovrebbe pensare alla politica estera attraverso le missioni internazionali, nelle quali sono implicate le Forze armate; questa andrebbe pianificata in ben altri luoghi e in ben altre sedi.
Voglio di nuovo rammentare al Governo che per soli nove mesi si prorogano missioni internazionali e sono stati utilizzati tutti gli 860 milioni di euro stanziati durante la legge di stabilità di dicembre, i @pagina=0113@quali dovevano essere impiegati in tutto l'anno 2015. E per i restanti mesi che rimarranno, per arrivare fino a dicembre 2015, quali fondi verranno utilizzati ? Quelli dell'anno 2016, stanziati sempre nella legge di stabilità del 2014 ?
Questa si chiama finanza creativa, Presidente ! Qui non stiamo giocando con i soldi e con le vite umane ! Assistiamo al rifinanziamento di missioni del tutto inutili, come quella in Kosovo, ovvero ormai inopportune, considerando i tempi, come quella in Afghanistan, per la quale auspichiamo una veloce risoluzione e il rientro totale delle nostre Forze armate: denaro pubblico sperperato per rifinanziare missioni militari all'estero, talvolta vere e proprie operazioni belliche, ma troviamo sempre esigue voci di spesa per l'analisi scientifica dei fenomeni sociali.
Proprio la cattiva riuscita dell'impegno antiterroristico di questi anni dovrebbe suggerire una maggiore attenzione all'analisi e non sarebbe affatto di troppo la costituzione, presso la Presidenza del Consiglio, di un centro di analisi sul terrorismo internazionale, magari in raccordo con istituzioni universitarie e centri specialistici. Missioni inutili ed inopportune, economicamente, politicamente e strategicamente. Mi riferisco, in particolare, alle missioni antipirateria e antiterrorismo, Active Endevour della NATO, nel Mar Mediterraneo ed Atalanta dell'Unione Europea, al largo delle coste della Somalia, inutili se pensiamo che il Ministero della difesa ci ha annunciato che ci sarà un'altra missione nel Mediterraneo, «Mare sicuro», del costo di più di 40 milioni di euro. Ma perché continuare a creare missioni su missioni ? Riusciremo a fermarci e a comprendere dove vogliamo andare e a fare una giusta scelta e ponderata, invece che continuare a inseguire interventi di tutti i tipi, NATO, UE e nazionali ? Abbiamo un piano di lavoro di chi siamo, da dove veniamo e dove vogliamo andare ? Con questo modus operandi sembriamo delle biglie impazzite che corrono dietro a qualsiasi proposta, aggiungendone anche delle nostre, le quali si sovrappongono a quelle già esistenti NATO e UE, come quelle che ho appena menzionato che operano nel mar Mediterraneo, o forse non sono aggiuntive, ma semplicemente con delle finalità a noi ignote. Ci piacerebbe e gradiremmo saperlo, dato che lo abbiamo più volte chiesto in Commissione, e in questa serie di discussioni, e io stessa lo chiesi nella discussione sulle linee generali.
A seguito dell'approvazione di un emendamento presentato all'ultimo «decreto missioni», la partecipazione a missioni antipirateria venivano subordinate alla preventiva soluzione della questione dei due fucilieri di Marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, Durante la discussione in Commissione è stato approvato un ennesimo emendamento all'unanimità con il quale si richiede che, conclusa la missione Atalanta, il 30 settembre 2015, questa sarà subordinata alle sorti dei due fucilieri di marina ed il Governo dovrà riferire alle Camere prima di decidere se rifinanziare o meno la missione Atalanta. PAGINA: 0114 FERDINANDO ALBERTI. Grazie Presidente, il decreto-legge in esame avrebbe dovuto, nelle annunciazioni del Governo, adeguare le disposizioni normative interne ad esigenze legate alla cosiddetta emergenza terrorismo nonché alla necessità di dare attuazione alla risoluzione 2178, adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, vincolante per gli Stati. Rischia invece, come in larga parte dimostrato dai decreti che in modo ininterrotto si sono succeduti in questi venti anni su questi argomenti, di rappresentare più che una soluzione al problema della minaccia del terrorismo alla pace e alla convivenza tra i popoli, il proseguimento di una politica internazionale fallimentare che ha reso il nostro pianeta più insicuro.
Prima di procedere all'esame del decreto è bene capire di cosa stiamo parlando. Proviamo, quindi, a definire il terrorismo, che nella dicitura utilizzata dal Global Terrorism Index è: «L'uso minacciato o effettivo della forza illegale e della violenza da parte di un attore non statale per raggiungere un obiettivo politico, economico, religioso o sociale attraverso la paura, la coercizione o l'intimidazione».
Secondo l'annuale ricerca pubblicata dall’Institute for Economics and Peace sul terrorismo globale (Global Terrorism Index) le vittime del terrorismo sono quintuplicate dagli attacchi dell'11 settembre 2001 ad oggi, nonostante la guerra al terrore lanciata dagli Usa e i 4.400 miliardi di dollari spesi nelle guerre in Iraq, Afghanistan e in operazioni antiterrorismo in giro per il mondo. Il terrorismo è diventato un fenomeno globale con un aumento, nel 2013, del 61 per cento di morti in attacchi terroristici nel corso dell'ultimo anno.
Nel dettaglio, se nel 2000 le vittime sono state 3.361, nel 2013 l'attività terroristica è aumentata notevolmente. Il numero di morti è salito da 11.133 nel 2012 a 17.958 nel 2013, registrando, come detto, un aumento del 61 per cento. Oltre l'80 per cento delle morti per attività terroristiche nel 2013 si è verificato in soli cinque Paesi: Iraq, Afghanistan, Pakistan, Nigeria e Siria. Tuttavia, altri 55 Paesi hanno registrato vittime causate da attività terroristiche. Nello stesso periodo, il numero di Paesi che hanno subito più di 50 morti per attacchi terroristici è salito da 15 a 24. Nel 2013, solo in 75 Paesi nel mondo non c’è stato un attacco terroristico. Ciò evidenzia che non è solo l'intensità del terrorismo a crescere, ma anche la sua estensione.
Negli ultimi 45 anni l'80 per cento delle organizzazioni terroristiche è stato neutralizzato grazie al miglioramento della sicurezza e alla creazione di un processo politico finalizzato all'inclusione e alla risoluzione dei problemi che erano alla base del sostegno ai gruppi terroristi. Appena il 7 per cento è stato eliminato dall'uso diretto della forza militare.
Sempre nel 2013 – dati del Global Terrorism Index – il quadro terroristico mondiale è stato dominato da quattro gruppi: i talebani, Boko Haram, ISIL e Al Qaeda. Il 66 per cento di tutte le vittime di attacchi terroristici rivendicati sono stati causati proprio da questi quattro gruppi. Gli obiettivi primari di attacchi terroristici sono stati i cittadini e le proprietà private. Più del 90 per cento di tutti gli attacchi si verificano in Paesi che hanno gravi violazioni dei diritti umani. L'Iraq è il Paese più colpito dal terrorismo: nel 2013 ci sono stati 2.492 attacchi terroristici che hanno ucciso 6.362 persone. @pagina=0115@La maggior parte degli attacchi terroristici usano esplosivi: a partire dal 2000 solo il 5 per cento erano attacchi suicidi.
Anche se il terrorismo è in aumento, il suo impatto nel mondo è relativamente più contenuto rispetto a quello degli omicidi: 437 mila persone sono state uccise da un omicidio nel 2013. Negli Stati Uniti un individuo è 64 volte più a rischio di essere vittima di un omicidio che di un attacco terroristico.
Il decreto-legge in esame promette norme per una efficace lotta al terrorismo internazionale. Tuttavia, sia la modalità di trattazione della materia che l'impianto normativo non appaiono adeguati a costituire la risposta efficace che tutti i cittadini si aspettano e hanno il diritto di pretendere dallo Stato.
Illustri esponenti della lotta al terrorismo internazionale, coloro che quotidianamente si adoperano per la sicurezza del nostro territorio, hanno evidenziato chiaramente, in sede di audizioni in Commissione, l'insufficienza delle norme contenute nel decreto-legge per vaghezza delle formule utilizzate. Il rilievo non è solo in relazione all'insufficienza del dettato normativo a far fronte ad un pericolo attuale e concreto, ma anche in relazione al gravissimo livello di approssimazione nella disciplina delle singole fattispecie, tale da lasciare aperte applicazioni a casi concreti che restano coinvolti malgrado non abbiano nulla a che vedere con la lotta al terrorismo internazionale.
Quanto detto è particolarmente evidente, ad esempio, nelle norme relative alla configurazione di nuove ipotesi di reato o circostanze aggravanti. Ci si riferisce in particolare alla figura criminosa di persona arruolata o alla condotta di organizzazione di trasferimenti per finalità di terrorismo, nonché all'aggravante per reati di istigazione, ove commessi attraverso strumenti informatici o telematici.
Ma scendendo nello specifico, si sottolinea, quanto all'articolo 1, che non è affatto chiaro cosa si intenda, nella lettera della norma, per «persona arruolata». La genericità del termine rischia di comportare conseguenze gravi in termini di assunzione di iniziative inquirenti nei confronti di una massa tanto eterogenea quanto numerosa di condotte. Il termine «arruolati» non è definito e rimane, pertanto, suscettibile di un numero eccessivo di interpretazioni, ancora una volta rimettendo nelle mani del magistrato una scelta che spetta, invece, al legislatore.
I medesimi rilievi valgono per il nuovo reato di viaggi finalizzati al compimento delle condotte con finalità di terrorismo, che viene legato al dettato dell'articolo 270-sexies. L'articolo 270-sexies, tuttavia, non indica e nemmeno offre indicazioni circa i comportamenti che configurano i reati di terrorismo, limitandosi a parlare di condotte che, per loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un Paese. Il margine di discrezionalità dell'interprete è massimo e l'ambito di applicazione è tale da ricomprendervi ogni tipo di condotta anche al di là dello specifico riferimento al terrorismo internazionale.
Le predette considerazioni valgono per le previsioni dell'articolo 2, con riferimento a gravissime repressioni che possono facilmente arrivare dall'oscuramento – la norma parla di inibizione dell'accesso – di siti non meglio identificati se non attraverso il loro inserimento nella famigerata black list.
Il decreto-legge in esame impone a qualunque pubblico ministero di interdire l'accesso ai domini Internet di provider che non adempiano, entro quarantotto ore, all'ordine di rimozione di contenuti, originariamente di ogni genere, con l'unica condizione che si proceda per delitti commessi con finalità di terrorismo di cui all'articolo 270-sexies. Relativamente all'articolo 2, ci sarebbe da parlare per giorni. Questo articolo rappresenta un vero e proprio attacco alla libertà di espressione. Potrebbero essere gravissime le conseguenze che sono, invece, destinate a colpire poco o nulla il terrorismo, ma senza ombra di dubbio la libertà di espressione. La dinamica prevista dalla normativa in esame fa prevedere che quello che verrà bloccato sarà solo l'accesso a siti perfettamente legali, mentre i @pagina=0116@siti illegali, o rinasceranno sotto differenti sembianze, o semplicemente continueranno a esistere attraverso i sistemi, come la rete TOR, che permetteranno il traffico anonimo in uscita e la realizzazione di servizi anonimi nascosti. Lo scopo di TOR è proprio quello di rendere difficile l'analisi del traffico e proteggere così la riservatezza delle comunicazioni e l'accessibilità dei servizi. Per intenderci, il web invisibile, conosciuto anche come web sommerso o deep web, è l'insieme delle risorse informative del World Wide Web non segnalate dai normali motori di ricerca.
Secondo una ricerca sulle dimensioni della rete condotta nel 2000, il web è costituito da oltre 550 miliardi di documenti, mentre Google ne indicizza solo 2 miliardi, ossia meno dell'uno per cento. Per accedere al web invisibile, un utente deve utilizzare specifici programmi. Oltre al programma TOR già nominato, che è quello più comunemente utilizzato, ci sono altre alternative, come I2P e Freenet. Il vero problema del terrorismo in rete non è Internet, ma la cosiddetta darknet, un mondo sommerso, non tracciato, dove avvengono i reclutamenti, gli scambi di informazioni, la diffusione di video, gli accordi per lo scambio di armi e droga. L'Internet che noi conosciamo contiene circa il 20 per cento delle informazioni di pubblico dominio. È ingenuo, o meglio ipocrita, dichiarare di voler combattere il terrorismo se si pretende di farlo con il pugno di ferro contro i siti Internet, i blog e i social, quando, in realtà, le vere attività terroristiche si svolgono tranquillamente nella darknet.
I normali motori di ricerca, utilizzati da tutti per trovare i contenuti del web, usano dei software chiamati crawler, che seguono gli hyperlink. Questa tecnica si rivela inefficace per ritrovare le risorse del web nascosto. I web-crawler, per esempio, non sono in grado di interrogare un database di una pagina dinamica dato il numero infinito di termini che si potrebbero ricercare. Per scavare nel web invisibile si utilizzano web-crawler che interrogano questi database con alcuni termini forniti dall'utente o facenti parti di un proprio database interno, oppure procedendo con una ricerca per soggetto come fanno i motori di ricerca focalizzati.
Presidente, concludo semplicemente con una riflessione. All'inizio abbiamo parlato della definizione di terrorismo. Ecco, mi viene in mente l'audizione dell'altro giorno... PAGINA: 0116 ROBERTA LOMBARDI. Grazie Presidente, il decreto-legge in conversione è l'ennesimo atto di propaganda mediatica di questo Governo populista. Oggi si strumentalizza il sentimento di paura che serpeggia tra quanti, sfogliando un quotidiano o ascoltando il telegiornale, sono colpiti da notizie scioccanti su stragi perpetrate in nome di un Dio che la maggior parte di noi neanche conosce e sul quale, però, proprio noi, in quest'Aula, abbiamo il dovere di interrogarci. È in questa sede che devono emergere le differenti visioni @pagina=0117@del mondo e della società perché solo da un confronto del genere si può arrivare a una strategia condivisa per contrastare la degenerazione della religione che si fa controllo temporale e strumento di oppressione dei popoli e dei loro diritti.
Invece siamo qui per convertire l'ennesimo decreto missioni. Del resto non è un caso: questa maggioranza ha definitivamente abbandonato la diplomazia e la cooperazione come strumenti di lotta al terrorismo per mettere al centro l'interventismo militare.
Noi pensiamo che il terrorismo sia un fenomeno da combattere attraverso il sostegno alla società civile e che i costi – anche sociali – di un'azione militare vadano sempre ponderati con cautela.
Il provvedimento invece reca in sé una enorme serie di aspetti controversi: tenta di fornire una apparente risposta a problematiche molto serie, attraverso mezzi del tutto inefficaci e, anzi, pericolosi a nostro avviso: essi, infatti, possono rivelarsi strumenti di repressione, che limitano eccessivamente diritti fondamentali della persona, quali quelli alla privacy, alla libera circolazione e alla libertà di espressione. Come al solito, durante il lavoro in Commissione, abbiamo cercato di introdurre dei miglioramenti: alcune delle nostre proposte sono state accolte, molte altre no.
Solo a titolo di esempio, quanto al potenziamento del personale militare appartenente alle forze dell'ordine, non sono in alcun modo state recepite le nostre richieste. Non sono stati approvati in Commissione emendamenti riguardanti lo scorrimento di alcune graduatorie nell'assunzione di personale idoneo. È opinione di tutti, non esclusivamente del MoVimento 5 Stelle, che la minaccia principale a cui è sottoposto il nostro Paese sia la minaccia interna, quindi è prioritaria la necessità che il Governo investa in sicurezza interna; questo non si fa con spot o slogan televisivi, ma investendo soldi in risorse umane addestrate, in grado di operare professionalmente sul territorio. Sarebbe bastato ridurre anche di poco una sola voce di una qualunque missione militare internazionale per avere i fondi necessari ad investire nella sicurezza interna.
Ma nessuno meglio della sottoscritta sa quanto questo Governo sia sordo in merito agli investimenti in pubblica sicurezza: papiri di lettere e atti di sindacato ispettivo indirizzati al Ministro Alfano per colmare le lacune interne – soprattutto di conoscenza, visto che la mission del Ministro rimane ancora nebulosa dopo due anni – tutti questi atti non sono mai stati ritenuti degni di risposte concrete da parte del Viminale.
Noi non crediamo che il terrorismo a cui stiamo assistendo negli ultimi anni sia contrastabile attraverso il diritto penale e l'inasprimento delle pene; bisogna agire sulle radici dell'odio, che tutto l'Occidente – e anche il nostro Paese con le politiche attuate negli ultimi venti anni – ha contribuito a generare.
In questo decreto-legge, di soluzioni concrete e valide, che rispondano al problema della minaccia terroristica, c’è davvero poco secondo noi.
Negli ultimi quarantacinque anni, 1'80 per cento delle organizzazioni terroristiche è stato neutralizzato grazie al miglioramento della sicurezza e alla creazione di un processo politico finalizzato all'inclusione e alla risoluzione dei problemi alla base del sostegno ai gruppi terroristici. Appena il 7 per cento, contro l'80 di prima, è stato eliminato dall'uso diretto della forza militare.
Se non cambiamo alla radice la nostra politica estera e di sicurezza continueremo a commettere quindi sempre gli stessi sbagli. È quindi necessaria una radicale inversione di rotta, ma quella di oggi finirà purtroppo per essere l'ennesima occasione sprecata.
Sono di poche settimane fa le denunce pubblicate su tutti i giornali da parte della polizia in servizio all'aeroporto di Fiumicino, lo scalo più importante d'Italia al cui interno sono transitati, solo nel 2014, 38 milioni di passeggeri, e su cui ci aspettiamo un incremento notevole di traffico dato anche che l'inizio del Giubileo che ci sarà quest'anno, che denunciano di disporre @pagina=0118@di tecnologie e di equipaggiamenti assolutamente inadeguati: armi degli anni Settanta, giubbotti antiproiettile scaduti, esercitazioni una tantum, nessun'auto in dotazione a meno di 200 km ed i 30 km del perimetro aeroportuale sono scarsamente vigilati, a causa di videocamere e sistemi anti-intrusione obsoleti; gli stessi poliziotti dichiarano che arrivano almeno due segnalazioni al giorno, dal Ministero degli Interni o dai servizi segreti, di soggetti o situazioni potenzialmente associabili al rischio terrorismo nel nostro Paese – ma ovviamente con questi mezzi si capisce che poco possano fare se effettivamente non si trasformano da segnalazioni a fatti – i poliziotti di frontiera contestano che la notte spesso gira solo una volante per tutto l'aeroporto; oltre ai mezzi anche gli uomini sono insufficienti e male distribuiti; ci sono funzionari che hanno fino anche a dieci uomini nella propria segreteria, quando invece questo personale servirebbe sul campo.
Tutte le norme nazionali ed europee puntano al coordinamento, mentre nel nostro Paese manca un canale unico che governi e controlli una situazione di emergenza, coordinando tutte le forze in campo. In questo decreto si stanziano milioni di euro per finanziare le missioni di guerra in Medio Oriente, quando sarebbe più che sufficiente una minima parte di quei soldi per garantire condizioni effettive di sicurezza per i cittadini e per quanti, ogni giorno, rischiano la pelle per tutelare la nostra incolumità. È evidente, però che, ancora una volta, gli interessi economici prevalgono sulle ragioni della pace e sui diritti e la sicurezza dei popoli. PAGINA: 0118 SERGIO BATTELLI. Signor Presidente, Alfano e Renzi pensano di risolvere il problema del terrorismo modificando il codice penale per decreto. Ossia noi, anzi voi, avete l'urgenza improvvisa di dover riconoscere nuove fattispecie di reato, in barba alle più banali garanzie e certezze del diritto.
Si parla, qui, di limitazione delle libertà personali e voi strozzate il dibattito e la discussione di temi delicatissimi.
Ma pensate solo alla folle e malaugurata situazione che una persona commetta il «nuovo» reato oggi. Una persona viene indagata e rinviata a giudizio in questi 60 giorni perché organizza, finanzia e propaganda viaggi per commettere condotte terroristiche. Alla fine dei 60 giorni però il decreto non viene convertito: sparisce, quindi, la fattispecie di reato e deve sparire il processo, avendo speso migliaia di euro di soldi pubblici per indagare e mandare a processo un presunto terrorista, per un reato che dopo pochi giorni non esiste più, anzi, secondo l'articolo 77 della Costituzione quel reato non è mai esistito !
Vi rendete conto della follia giuridica che state costruendo ? Riporto quanto scritto sul dossier del Servizio studi della Camera: Nella recente sentenza n. 32 del 2014 (relativa al testo unico stupefacenti, incostituzionalmente modificato attraverso il procedimento di conversione di un decreto-legge), la Corte ha svolto una importante precisazione anche in merito al margine di ammissibilità della decretazione d'urgenza, rilevando che «tale penetrante e incisiva riforma, coinvolgente delicate scelte di natura politica, giuridica e scientifica, avrebbe richiesto un adeguato dibattito parlamentare, possibile ove si fossero seguite le ordinarie procedure di formazione della legge, ex articolo 72 Cost.».
Vediamo dunque quali sono le modifiche che avete fatto: avete introdotto una nuova figura di reato per chi organizza, finanzia e propaganda viaggi per commettere condotte terroristiche (reclusione da tre a sei anni). Avete introdotto la punibilità del soggetto reclutato con finalità di terrorismo anche fuori dai casi di partecipazione ad associazioni criminali operanti con le medesime finalità e la punibilità, sul modello francese, di colui che si «auto-addestra» alle tecniche terroristiche.
Queste condotte non sono per niente ben definite con rischio di coinvolgere @pagina=0119@anche coloro che sono solo curiosi o si interessano a solo scopo informativo.
Avete previsto nuove sanzioni per l'uso, fornitura o detenzione dei «precursori di esplosivi» che possono essere impiegati per costruire ordigni con materiali di uso comune. Poi una delle vostre chicche, avete introdotto nuovi strumenti di contrasto all'utilizzazione della rete Internet per fini di proselitismo e agevolazione di gruppi terroristici. Peccato che non sono previsti obblighi simili a quelli imposti ai gestori di telefonia per il monitoraggio dei dati e le intercettazioni. Inoltre, è stato rilevato il pericolo che possa essere disposto l'oscuramento di un intero social a causa del mancato adempimento, entro 48 ore, dell'ordinanza di rimozione che ne censura determinati contenuti.
Abbiamo capito che avete un legame difficoltoso con l'innovazione e il futuro, ma usare la scusa del terrorismo per oscurare la rete è da regime cinese, non da moderno Stato occidentale !
Poi il potenziamento eccessivo dei poteri in capo alle forze di Polizia, come la possibilità di applicare la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza ai potenziali foreign fighters o la facoltà del questore di ritirare il passaporto ai soggetti indiziati di terrorismo, all'atto della proposta di applicazione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno.
Procedo ancora con stralci presi dal dossier del Servizio studi. Per quanto riguarda più strettamente le fattispecie penali, si osserva che l'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 7 del 2015 interviene sul delitto di arruolamento con quattro finalità di terrorismo, per punire anche colui che si arruola. In base al testo della disposizione, dunque, deve essere punita la mera adesione alla richiesta di arruolamento, che non presuppone il compimento di specifici fatti.
In particolare, nel corso delle audizioni svolte dalle Commissioni giustizia e difesa, è stato sottolineato che questa formulazione non consentirebbe di individuare il momento di consumazione del reato e anticipa fortemente la soglia di punibilità, sollevando dubbi circa la determinatezza della fattispecie penale e il necessario rispetto del principio di offensività.
Peraltro, la Corte costituzionale ha sin qui fondamentalmente riservato alla discrezionalità del legislatore il livello e il modulo di anticipazione della tutela, rinunciando, in sostanza, a sindacare le stesse scelte tecniche di costruzione dell'illecito penale, secondo lo schema del reato di danno ovvero di pericolo, ovvero secondo una particolare forma di tipizzazione del pericolo.
Anche di recente la Consulta ha ribadito che «l'ampia discrezionalità» che va riconosciuta al legislatore penale «si estende anche alla scelta delle modalità di protezione penale dei singoli beni e o interessi» e che «rientra (...) in detta sfera di discrezionalità l'opzione per le forme di tutela avanzata, che colpiscano l'aggressione ai valori protetti nello stadio della semplice esposizione a pericolo (...) nonché, correlativamente, l'individuazione della soglia di pericolosità alla quale riconnettere la risposta punitiva».
In relazione al principio di offensività occorre valutare anche l'articolo 3 del decreto-legge, che punisce a titolo di contravvenzione chiunque, senza titolo, introduce nello Stato, detiene, usa o mette a disposizione di terzi le sostanze e le miscele che sono qualificate «precursori di esplosivi» dal regolamento UE n. 98/2013 del 15 gennaio 2013. La norma penale rinvia alla qualificazione delle sostanze operata dal regolamento, senza richiamare però i valori limite per la pericolosità della condotta indicati dal regolamento stesso. Andrebbe dunque fatto rinvio espresso a tali valori anche al fine di evitare incertezze in sede applicativa.
Poi la genialata, ossia la semplificazione, nel rispetto del codice della privacy, delle modalità con le quali le forze di Polizia effettuano trattamenti dei dati personali. Sono interventi eccessivamente invasivi. In nome di un preteso pericolo, infatti, si impongono limitazioni rilevanti alla legge sulla privacy attribuendo eccessivo potere, sul punto, alle forze di Polizia. @pagina=0120@Inoltre, si prevede un intervento con fonte di terzo grado per derogare a disposizioni di fonte primaria.
Riporto le parole del Garante della privacy, Antonello Soro, uomo PD, non di certo un vostro acerrimo oppositore, che sono queste: «Suscitano seria preoccupazione alcuni emendamenti al decreto-legge antiterrorismo approvati in Commissione, che alterano il necessario equilibrio tra privacy e sicurezza. In particolare, l'emendamento che porta a 2 anni il termine di conservazione dei dati di traffico telematico e delle chiamate senza risposta (ora di un anno e, rispettivamente, di un mese) va nel senso esattamente opposto a quello indicato dalla Corte di giustizia 1'8 aprile scorso».
Soro, inoltre, ha ricordato che la sentenza ha annullato la direttiva sulla data retention proprio per la «natura indiscriminata della misura». In quella sede, la Corte ha ribadito la centralità del principio di stretta proporzionalità tra privacy e sicurezza; proporzionalità che esige un'adeguata differenziazione in base al tipo di reato, alle esigenze investigative, al tipo di dato e di mezzo di comunicazione utilizzato. Queste, dunque – come già sottolineato in sede di audizione, in Commissione, sul decreto-legge, riporto ancora il virgolettato – «le indicazioni ineludibili per riformare la disciplina interna attuativa di quella direttiva; non quelle, di segno opposto, proposte all'Aula dalla Commissione».
La seconda perplessità del Garante riguarda l'emendamento che ammette le intercettazioni preventive, per i reati genericamente commessi online o comunque con strumenti informatici. Soro afferma che «anche in tal caso l'equilibrio tra protezione dati ed esigenze investigative sembra sbilanciato verso queste ultime, che probabilmente non vengono neppure realmente garantite da strumenti investigativi privi della necessaria selettività».
Tra l'altro siete schizofrenici e mi viene da sorridere: da un lato volete meno intercettazioni per imbavagliare magistrati e media, mentre dall'altra in questo decreto-legge ne ampliate la portata e la possibilità di utilizzo, quasi incontrollato. Parliamoci chiaro, diciamo pure che le uniche intercettazioni che non volete sono quelle che riguardano voi e i vostri compagni di merende, mentre per tenere sotto controllo i cittadini va bene tutto. Schizofrenici e anche pericolosi, direi !
Poi ovviamente troviamo anche la proroga delle missioni internazionali, molte delle quali sono causa e non conseguenza dell'instabilità che credete di risolvere con questo decreto-legge.
Oltre al merito di questa proroga, vorrei soffermarmi sul metodo, prendendo alcuni stralci del parere del Comitato per la legislazione. Secondo un procedimento consueto nei decreti-legge che regolano la partecipazione italiana alle missioni internazionali, il provvedimento – reiterando una modalità di produzione normativa i cui aspetti problematici sono stati più e più volte segnalati dal Comitato per la legislazione e dei quali dà conto anche la relazione sull'analisi tecnico-normativa – effettua rinvii alla normativa esistente, senza potersi, però, rapportare a una disciplina unitaria che regolamenti stabilmente i profili giuridico-economici delle missioni stesse.
Si segnala in proposito che gli elementi essenziali della disciplina di carattere generale potrebbero rinvenirsi nella legge n. 108 del 2009, cui, ad esempio, si rinvia per alcuni aspetti in materia di personale; per la disciplina in materia penale il provvedimento in esame perpetua, invece, la lunga e complessa catena di rinvii normativi ai decreti-legge n. 152 del 2009 e n. 209 del 2008 che, a sua volta, contiene anche ulteriori rinvii al codice penale militare di pace ed alla peculiare disciplina in materia di missioni militari recata dal decreto-legge n. 421 del 2001. Accade così che disposizioni inizialmente valide per il breve arco temporale di riferimento dei decreti-legge in materia di missioni vengono di volta in volta prorogate, per di più in maniera non testuale e attraverso una rete di richiami normativi difficilmente dipanabile, consolidandosi nel tempo. PAGINA: 0121 PAOLO BERNINI. Grazie, Presidente. Colleghi e colleghe, Presidente, questo «decreto missioni» prorogherà le missioni internazionali che proprio missioni non sono, ma sono azioni per difendere gli interessi strategici ed economici italiani all'estero per un costo complessivo di quasi un miliardo di euro. Queste azioni militari che l'Italia esercita all'estero sono occupazioni di territorio condizionate dall'influenza degli Stati Uniti sul nostro Paese. Questo decreto dimostra quanto gli USA siano influenti nell'attuazione della politica estera e militare italiana. In poche parole, l'Italia continua ad essere una colonia degli Stati Uniti, e pensare che l'America, dopo essere stata scoperta dai vichinghi fu riscoperta da un italiano; ora sono gli italiani i sudditi di una terra scoperta da un nostro connazionale: i paradossi della vita.
Con un mio intervento dell'11 settembre 2013 sulla mozione per impedire l'invasione della Siria da parte dell'Italia avevo avvertito il Parlamento sul pericolo ISIS esattamente con queste parole, che però rimasero inascoltate. A inizio settimana del settembre 2013 avevamo incontrato una rappresentante del partito curdo della Turchia, che ci ha raccontato che Aleppo (città siriana vicino a nord della Turchia) era sotto controllo dei ribelli e tra questi ribelli ci sono ex comandanti e generali dell'esercito siriano di Assad che conoscono molto bene la zona e sanno dove si trovano le armi convenzionali e chimiche, che hanno utilizzato per depredare le città; inoltre abbiamo avuto accesso a una serie di documenti raccolti dall'YPG (unità di difesa popolare curda) nella zona del Kurdistan siriano in cui i cosiddetti ribelli attaccano con il supporto di potenze straniere, in particolare quella della Turchia. I documenti sequestrati comprendono un certo numero di passaporti e carte d'identità, tra cui quelli di americani, egiziani, tunisini e cittadini del Bahrein. Questa documentazione è emersa dopo aver perquisito le sedi centrali dei gruppi Islamic State of Iraq, cioè ISIS, e il fronte Al-Nusra, affiliato ad Al Qaeda.
Tutto ciò accadeva nel 2013, quando ancora l'ISIS non faceva paura ma era finanziata e supportata da noi e soprattutto era stata creata dagli Stati Uniti per far cadere Assad. Come tutte le vicende che ci hanno portato a invadere territori esteri, queste vanno a far parte della teoria delle coincidenze, come ad esempio l'11 settembre, dove ad attaccare gli USA non furono due aerei, come pensano la maggior parte delle persone, ma quattro, e non furono distrutti due edifici, bensì quattro. Uno, in particolare, desta qualche perplessità, il World Trade Center 7, che era un edificio, di fianco alle Torri gemelle, di quasi cinquanta piani, che crollò su se stesso diverse ore dopo la caduta delle due Torri senza che nessun aereo lo colpisse, per non parlare dell'aereo poi che attaccò il Pentagono, del quale non c’è un solo filmato a prova della teoria ufficiale, nonostante ci siano quasi 100 telecamere di sicurezza e il Pentagono sia una delle zone più videosorvegliate al mondo.
La versione ufficiale di quell'evento è stata smentita da tutti i punti di vista, non da me, dal sottoscritto, ma dalle associazioni dei familiari delle vittime dell'11 settembre e da più di duemila ingegneri e architetti che lavorano per scoprire la verità su quello che è accaduto veramente e che chiedono una nuova indagine trasparente e legale sull'11 settembre. La verità, probabilmente, non la sapremo mai, ma sicuramente è molto diversa da quella che i media mainstream ci hanno raccontano e continuano a raccontarci. In @pagina=0122@questo caso si può dire che tutto quello che ci è stato detto è falso e, detto all'americana: it was an inside job.
Tutto questo portò all'invasione dell'Afghanistan, dove con questo decreto missioni continuiamo a finanziare, lì non esiste alcuna missione di pace e alcuna esportazione di democrazia. In Afghanistan si gioca una delle partite strategiche più importanti dal dopoguerra ad oggi, una partita che delineerà nei prossimi 20 anni lo sfruttamento e la distribuzione di una grandissima parte di riserve di idrocarburi nel mondo in mano alle compagnie petrolifere occidentali.
Al centro della partita ci sono due lunghi serpenti d'acciaio che dovrebbero tagliare in due l'Afghanistan. In uno, viaggeranno ogni giorno un milione di barili di greggio proveniente dai giacimenti dell'ex URSS, nel secondo correrà il gas che sgorga dai giacimenti di Dauletabad in Turkmenistan. Due arterie strategiche per rendere accessibile alle grandi compagnie petrolifere americane le immense riserve di idrocarburi dell'Asia centrale. Questa «unica soluzione» rappresentata dal passaggio in Afghanistan, è dovuta all'impossibilità, per gli USA, di passare per un Paese storicamente nemico come l'Iran, e di costruire 5 mila chilometri di oleodotto passando dalla Cina centrale, per poter assicurarsi le riserve energetiche del futuro, provenienti dai Paesi del Mar Caspio.
In Afghanistan siamo andati per stanare il famigerato Osama Bin Laden: una caccia all'uomo durata dieci anni per poi, infine, arrivare a scoprire che è stato ucciso in Pakistan e, caso strano, sono morti quasi tutti i militari che hanno fatto parte di quell'operazione (sempre, teoria delle coincidenze). E questo lo dice un articolo del Corriere della sera del 31 Marzo 2013, dove viene detto che erano 25 i membri del «Team Six» dei Navy Seal che nel maggio 2011, vicino a Islamabad, entrarono nel bunker dello sceicco del terrore Osama Bin Laden e lo uccisero. Adesso in vita ce ne sarebbero soltanto due. Dopo il tragico incidente di elicottero che uccise 22 membri di quella squadra, nell'agosto dello stesso anno, infatti, un altro marine del «Team Six» è morto durante un'esercitazione.
Ma sull'Afghanistan possiamo continuare il racconto. Possiamo infatti notare come l'esportazione della democrazia abbia di fatto aumentato la coltivazione dei papaveri da oppio e il conseguente commercio di eroina nel mondo. «L'eroina afgana ha ucciso più di un milione di persone in tutto il mondo da quando è cominciata l'operazione Enduring Freedom, e più di un trilione di dollari provenienti dalla vendita di droga sono stati investiti nella criminalità organizzata transnazionale», ha rivelato Viktor Ivanov ad una conferenza sulla situazione della droga in Afghanistan. Ivanov ha sottolineato che il principale fattore d'instabilità nel Paese devastato dalla guerra rimane la prospera industria dell'eroina. «Ogni osservatore imparziale deve ammettere il triste fatto che la comunità internazionale non è riuscita a frenare la produzione di eroina in Afghanistan dall'inizio delle operazioni della NATO». Nel suo intervento alla 56a sessione della Commissione sugli stupefacenti presso le Nazioni Unite a Vienna, lo scorso 11 marzo, ha affermato che la produzione di oppio è aumentata del 18 per cento, da 131.000 a 154.000 ettari. La produzione di oppio è stata fondamentale per l'economia dell'Afghanistan da quando gli USA e la NATO l'hanno invaso nell'ottobre 2001. Poco prima dell'invasione, i talebani avevano promulgato il divieto di coltivazione del papavero da oppio, dichiarandolo contrario alle regole islamiche, diminuendone la produzione complessiva. Ma in seguito al coinvolgimento dell'Occidente, la produzione è ripresa, e ora il Paese produce circa il 90 per cento dell'oppio mondiale, la maggior parte del quale finisce in Europa e in Russia.
E poi, vi ricordate che siamo andati anche in Iraq ? Abbiamo investito soldi pubblici per andare a combattere la guerra contro le famigerate armi chimiche di Saddam, mai trovate, ed invece di @pagina=0123@trovare armi chimiche abbiamo bombardato e hanno bombardato, gli USA, con il fosforo bianco.
Spostandoci in Iraq c’è da notare che la strage di Falluja è rimasta impunita, ma dai documenti emersi sappiamo bene come è stata esportata la democrazia in quei luoghi, in quella città ! Il Governo italiano, pur essendo in missione di pace in quei luoghi, non ha mai condannato quelle barbarie, ovvero l'uso di armi chimiche da parte di chi denunciava di volerle eliminare, da parte di chi sosteneva che quelle armi fossero in possesso del nemico, da parte di chi ha scatenato una guerra ben sapendo, come poi emerso, che non c'erano ! E l'Italia si è resa complice, con la missione in Iraq, di questi crimini di guerra, appoggiando l'occupazione dell'Iraq con le proprie truppe. E anche questa volta, il vero scopo qual era ? Le fonti energetiche, il petrolio !
E ad oggi, dopo esser venuti a sapere che i nostri alleati americani avevano preso in giro noi e tutto il mondo sulle armi chimiche in possesso di Saddam, che poi sono stati loro stessi ad utilizzare contro i civili, siamo ancora qui a voler rifinanziare missioni chiamate di pace, ma che in realtà sono di occupazione.
Ed oggi cosa rimane a Falluja, oltre ad una città fantasma ? Rimane la contaminazione del suolo dovuto all'uso di armi chimiche che, come documentato, creano malformazioni nei neonati.
Sta succedendo esattamente quello che è successo in Vietnam dopo l'uso delle armi chimiche come il Napalm e l'Agente arancio, che è un defoliante che fu irrorato dagli aerei su tutto il Vietnam del Sud, tra il 1961 e il 1971, durante la Guerra del Vietnam. L'impiego militare ufficiale era finalizzato alla rimozione delle foglie degli alberi così da privare i VietCong della copertura del manto vegetale. L'erbicida produceva delle diossine altamente tossiche. Agli erbicidi si sommava la contaminazione con TCDD ritenute responsabili di malattie e difetti alla nascita sia nella popolazione vietnamita che nei veterani di guerra statunitensi. Si stima che circa 4 milioni di vietnamiti furono presenti durante l'irrorazione e continuano ad essere esposti al cibo contaminato e alle piante contaminate e i cittadini continuano a soffrire di malattie e malformazioni. Le vittime civili sono solo una parte di queste guerre combattute per motivi economici, Paesi distrutti che poi sono stati occupati militarmente, e a cui è stato dato il nome, a queste occupazioni, di missioni di pace. In queste missioni di pace sono morti decine e decine di militari italiani: dal 2000 ad oggi abbiamo perso i nostri militari in missioni come il Kosovo, l'Iraq, l'Afghanistan, Libano e Bosnia Erzegovina. Volete continuare così ? La pace non si raggiunge con le armi e la forza, ma con il dialogo, e se ora noi siamo a questo livello di destabilizzazione a livello internazionale dobbiamo solo guardarci allo specchio, perché è lì che si trova il colpevole (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). PAGINA: 0123 MASSIMILIANO BERNINI. Signor Presidente, colleghi, membri del Governo, ci troviamo per l'ennesima volta di fronte ad un provvedimento che accorpa materie affini ma anche molto distanti tra loro, come sono distanti i Paesi che vengono qui nominati, dall'Afghanistan alla Libia, dal Libano al Corno d'Africa, all'Iraq eccetera, senza tener conto che ora si tratta di intervenire ossia di prendere una posizione nazionale anche sul piano della lotta al terrorismo internazionale. Francamente un nuovo gioiello di irresponsabilità e confusione. Realtà diverse, scenari geopolitici multiformi che meriterebbero approfondimenti e trattazioni separate in modo che su ogni situazione si potesse prendere una posizione specifica e circostanziata. Purtroppo, noi facciamo le cose all'italiana per cui siamo chiamati a votare per l'appunto tutto un provvedimento. Tutto o niente. Sì o No. Dentro o fuori, senza possibilità di distinguo. Quindi, nessuna distinzione che sarebbe l'ovvia conseguenza di un ragionamento ponderato tra @pagina=0124@i diversi gruppi politici, ovvero, tra le diverse anime e sensibilità presenti in quest'Aula e che riflettono quelle presenti nel nostro Paese. Invece fretta, solo la maledettissima fretta di approvare un provvedimento al fine di dimostrare agli alleati, o meglio i padroni, la nostra affidabilità e sudditanza finalizzata all'esportazione mondiale del modello imperialista occidentale, che noi del MoVimento 5 Stelle consideriamo un modello assolutamente sbagliato ! Tutto questo si evince nel titolo che, a guardar bene, ha quasi del magico, lo leggo: Conversione in legge del decreto-legge 18 febbraio 2015, n. 7, recante misure urgenti per il contrasto del terrorismo, anche di matrice internazionale, nonché proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle Organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione. Il titolo è scritto così bene che sembra vero ! Sembra quasi che quello che c’è scritto risponda alla realtà. Purtroppo, non è così e lo dimostra il fatto che, da quando le diverse operazioni internazionali si sono dispiegate sui vari territori, la situazione è – ahimè – peggiorata, quasi ovunque. E verrebbe davvero da chiedersi cosa si stia facendo in certi luoghi se poi invece di risolvere i conflitti, li allarghiamo a dismisura, fino a portarli a casa nostra, come dimostra quanto è accaduto recentemente a Parigi, nella sede del giornale satirico francese, Charlie Hebdo. Insomma, cos’è che non si è fatto per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione ? Quanti soldi sono finiti nei posti sbagliati per appoggiare questa o quella fazione e per quali obiettivi ?
Tutte queste domande rimangono senza risposta, lasciando perciò spazio a congetture che, però, a questo punto non sono solo frutto di logiche complottiste. Questo quadro è chiaro e prende il nome di «fabbrica del panico».
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