ATTI DI CONTROLLO E DI INDIRIZZO
Seduta n. 884 di venerdì 10 novembre 2017
INDICE
ATTI DI INDIRIZZO:
Mozione:
Romanini 1-01747 51331
Risoluzioni in Commissione:
IV Commissione:
Rizzo 7-01388 51333
VIII Commissione:
Segoni 7-01389 51334
Daga 7-01390 51336
IX Commissione:
Tullo 7-01391 51338
X Commissione:
Benamati 7-01392 51340
ATTI DI CONTROLLO:
Presidenza del Consiglio dei ministri.
Interrogazioni a risposta in Commissione:
Zaratti 5-12658 51342
Bueno 5-12671 51343
Interrogazioni a risposta scritta:
Melilla 4-18448 51344
Pastorino 4-18450 51344
Nuti 4-18454 51345
Micillo 4-18456 51346
Affari esteri e cooperazione internazionale.
Interrogazione a risposta in Commissione:
Rizzetto 5-12667 51347
Interrogazione a risposta scritta:
Porta 4-18435 51348
Ambiente e tutela del territorio e del mare.
Interrogazioni a risposta in Commissione:
Mantero 5-12663 51349
Bernini Massimiliano 5-12669 51350
Interrogazione a risposta scritta:
Parentela 4-18436 51350
Beni e attività culturali e turismo.
Interrogazioni a risposta scritta:
Borghese 4-18444 51351
Prodani 4-18453 51352
Difesa.
Interrogazione a risposta scritta:
Basilio 4-18445 51353
Economia e finanze.
Interrogazioni a risposta scritta:
Prodani 4-18452 51354
Zolezzi 4-18457 51355
Laboccetta 4-18458 51356
Giustizia.
Interpellanze:
Mazziotti di Celso 2-02009 51357
Pesco 2-02010 51358
Interrogazione a risposta in Commissione:
Rizzetto 5-12659 51360
Interrogazione a risposta scritta:
Giachetti 4-18446 51361
Infrastrutture e trasporti.
Interrogazione a risposta in Commissione:
Carloni 5-12670 51362
Interrogazioni a risposta scritta:
Di Maio Marco 4-18431 51363
D'Incà 4-18437 51363
D'Agostino 4-18438 51364
Interno.
Interpellanza:
Naccarato 2-02008 51364
Interrogazione a risposta in Commissione:
Fitzgerald Nissoli 5-12661 51366
Interrogazioni a risposta scritta:
Fraccaro 4-18439 51366
Rostan 4-18440 51367
D'Alia 4-18442 51367
Lacquaniti 4-18447 51368
Maestri Andrea 4-18455 51369
Istruzione, università e ricerca.
Interrogazioni a risposta in Commissione:
Gallo Luigi 5-12660 51370
Gagnarli 5-12666 51371
Interrogazioni a risposta scritta:
Pini Gianluca 4-18443 51371
Nicchi 4-18449 51372
Lavoro e politiche sociali.
Interrogazione a risposta orale:
Santelli 3-03349 51373
Interrogazioni a risposta in Commissione:
Baruffi 5-12665 51374
Bernini Massimiliano 5-12668 51374
Interrogazioni a risposta scritta:
Russo 4-18432 51375
Donati 4-18433 51376
Pastorelli 4-18459 51377
Salute.
Interrogazione a risposta in Commissione:
Becattini 5-12662 51378
Interrogazioni a risposta scritta:
Fucci 4-18430 51379
Parentela 4-18441 51380
Sviluppo economico.
Interrogazione a risposta in Commissione:
Ferrari 5-12664 51380
Interrogazioni a risposta scritta:
Fantinati 4-18434 51381
Prodani 4-18451 51382
Apposizione di firme ad interpellanze 51383
Apposizione di una firma ad una interrogazione 51383
Pubblicazione di un testo riformulato 51383
Interrogazione a risposta scritta:
Busto 4-18403 51383
ATTI DI INDIRIZZO
Mozione:
La Camera,
premesso che:
quella dei curdi è una storia lunga e travagliata. Per stare solo agli ultimi cento anni, nel primo dopoguerra con il trattato di Sèvres del 1820, fu definito sulla carta geografica uno Stato del Kurdistan, ma la soluzione della questione curda così definita durò pochissimo. Trascorsero tre anni e con il Trattato di Losanna (1923) la comunità curda venne smembrata tra Turchia, Siria, Iraq e Iran;
all'inizio degli anni Novanta, dopo la prima guerra del Golfo (1991), su proposta della Francia, venne istituita sui territori curdi iracheni fin lì martoriati da Saddam Hussein, una no-fly zone attuata dalla coalizione guidata dagli Stati Uniti. Da allora il Kurdistan iracheno gode di una forte autonomia diventata di fatto, con il passare degli anni, un embrione di Stato autonomo. Un'altra simile regione autonoma si determinò, dal 2012, nell'area curda del nel Nord-Est della Siria, dopo l'avvio della rivolta contro Assad;
l'attuale forma di autonomia del Kurdistan è stata formalizzata con la Costituzione irachena approvata nel 2005 dopo il crollo del regime baathista di Saddam Hussein seguìto alla seconda guerra del Golfo, ed è il frutto della riconciliazione avvenuta nel 2002 fra i due partiti storici dei curdi iracheni: il Partito democratico del Kurdistan (Kdp), di riferimento del presidente Masoud Barzani, e l'Unione patriottica del Kurdistan (Puk), di cui era espressione l'ex presidente dell'Iraq Jalal Talabani, deceduto a settembre;
nel nuovo Iraq federale viene riconosciuta la regione autonoma del Kurdistan (KRG) in base a precise garanzie territoriali sulle quattro province di Sulaymaniyya, Erbil, Dahuk e Halabja economiche sul diritto allo sfruttamento del petrolio ed istituzionali sul diritto ad avere un Parlamento, un Governo ed un esercito propri;
con la conquista della città di Mosul il 9 giugno del 2014 da parte delle milizie del Daesh e la rotta dell'esercito di Baghdad che abbandonò la città in mano ai terroristi, nella regione ha preso avvio, per mano militare, la sopraffazione del sedicente Stato Islamico di Abu-Bakr-Al-Baghdadi, ed i peshmerga curdi, iracheni e siriani, sono rimasti le uniche forze in grado di opporsi all'avanzata del Califfato islamico;
a loro fu affidata la missione di combatterlo sul terreno laddove gli eserciti, irakeno e siriano, erano stati travolti proprio dagli uomini di Al Baghdadi. I peshmerga si sono battuti con coraggio e tenacia, indispensabili per il successo degli interventi militari della coalizione contro lo Stato Islamico. Americani e russi hanno dato il loro contributo dai cieli, ma ad affrontare le milizie del Califfato sul terreno c'erano pressoché soltanto i curdi. Con nuclei militari composti da uomini e donne, sono scesi in campo e sono stati la fondamentale struttura militare prima per resistere e poi per contrattaccare;
in questa azione di contrasto all'Isis, avvenuta con il sostegno logistico ed economico degli Stati Uniti e di molti Paesi europei fra cui l'Italia, che hanno fornito armi e istruttori, i peshmerga hanno oltrepassato i confini amministrativi delle tre province autonome e occupato gran parte dei territori contesi con Baghdad, che rappresentavano fino settembre di quest'anno oltre il 40 per cento del territorio curdo ed includevano città importanti come Kirkuk, il secondo polo petrolifero iracheno;
forte del contributo determinante dei combattenti curdi nella guerra al sedicente stato islamico, il Presidente della regione Masoud Barzani ha fortemente voluto e poi indetto un referendum consultivo per l'indipendenza dall'Iraq;
il referendum si è svolto in tutta la regione del Kurdistan, compresi i territori contesi, il 25 settembre 2017 e vi hanno partecipato oltre il 72 per cento degli aventi diritto, non solo i curdi ma anche gli arabi, gli armeni, gli assiri, gli azeri, gli osseti, i persiani, i turchi ed i turcomanni che popolano la regione, con un'adesione favorevole all'indipendenza superiore al 92 per cento;
il premier dell'Iraq Al Abadi ed il parlamento nazionale iracheno hanno condannato il referendum definendolo «incostituzionale» ed il Governo iracheno ha reagito con il blocco dei flussi bancari con il KRG, ha proceduto alla nazionalizzazione delle compagnie telefoniche ivi operanti e ha disposto la chiusura dello spazio aereo della regione kurda e delle frontiere con la Turchia, con la Siria e con l'Iraq. Inoltre, l'11 ottobre una procura irachena ha emesso un mandato di arresto nei confronti dei dodici membri della commissione elettorale indipendente che aveva il compito di presiedere al corretto svolgimento della consultazione, rei di aver violato la legge della Corte suprema dello Stato;
nonostante le dichiarazioni di rassicurazione del Primo ministro Al Abadi per il quale «mai saranno imbracciate armi contro i curdi d'Iraq», il 12 ottobre 2017 esercito iracheno ha disposto il posizionamento di mezzi pesanti e artiglieria delle Iraqi Security Forces (ISF) alle porte della città petrolifera di Kirkuk riconquistandola, quasi senza combattere. La perdita della città e degli altri territori contesi ha ridotto di quasi il 40 per cento il territorio controllato dal Governo regionale del Kurdistan;
al di là del giudizio che si può dare circa il referendum lanciato a settembre da Masoud Barzani per la costituzione di uno stato autonomo del Kurdistan, la reazione del Governo iracheno, non può che ritenersi inaccettabile. All'attacco e all'occupazione di Kirkuk per mano delle milizie sciite Hasd al Sha'bi e pasdaran iraniani guidati da Qasem Soleimani, hanno fatto seguito atti repressivi di straordinaria gravità: dieci peshmerga fatti prigionieri sono stati decapitati e contro le donne sono state commesse violenze nella città di Tuz, come riportato dall'Alta rappresentante del Governo regionale del Kurdistan in Italia dottoressa Rezan Kader audita informalmente in commissione Esteri della Camera il 19 ottobre 2017;
dopo che l'Occidente si è avvalso dell'impegno e del sacrificio dei peshmerga curdi per sconfiggere sul piano militare il Califfato, il velo di silenzio su quanto sta accadendo è percepito dalle comunità curde come segno dell'abbandono e dell'ingratitudine della comunità internazionale;
il 24 ottobre 2017 il Primo ministro del Governo regionale del Kurdistan iracheno, Nechirvan Barzani, ha ricevuto il rappresentante speciale dell'Onu in Iraq, Jan Kubis, per discutere degli ultimi sviluppi politici e militari tra Erbil e Baghdad. Sulla base di quanto riferito dal governo regionale curdo in un comunicato, Kubis avrebbe espresso preoccupazioni per la situazione per la situazione di tensione creatasi a seguito del referendum del 25 settembre e avrebbe confermato l'impegno dell'Onu per mettere fine alla controversia. Il Primo ministro Barzani si sarebbe detto favorevole al dialogo e a qualsiasi iniziativa di ripresa dei negoziati;
il 30 ottobre 2017, sempre più isolato sul piano internazionale, il presidente Masoud Barzani ha annunciato le sue dimissioni dall'incarico, rivendicando il ruolo del suo popolo nella guerra all'Isis e denunciando il disimpegno degli Occidentali dal Kurdistan, nonostante gli impegni presi;
gli accadimenti nel Kurdistan Iracheno suonano come un campanello di allarme ai fini degli equilibri geopolitici nell'area Medio Orientale ed in particolare sull'influenza che l'Iran si propone di esercitare sul piano politico in Iraq,
impegna il Governo
1) a farsi promotore in sede europea ed internazionale di un'iniziativa politico-diplomatica che consenta di: stabilizzare le relazioni tra il governo regionale del Kurdistan e l'Iraq attraverso la cessazione e la ferma condanna di ogni forma di violenza o rappresaglia, favorendo la fine dell'embargo economico e la riapertura dello spazio aereo e dei collegamenti internazionali; provvedere nei modi congrui al dovuto riconoscimento all'impegno determinante dei peshmerga nella guerra contro il terrorismo di matrice islamica; favorire il confronto istituzionale tra i diversi partiti curdi con l'obiettivo di conciliare le aspirazioni all'autodeterminazione con le imprescindibili istanze di pace e stabilità della regione, anche alla luce delle atrocità sofferte dalla popolazione civile a causa del Daesh.
(1-01747) «Romanini, Quartapelle Procopio, Sereni, Luciano Agostini, Albanella, Amoddio, Borghi, Michele Bordo, Carella, Cenni, Ciracì, D'Ottavio, Marco Di Maio, Donati, Fossati, Gallinella, Galperti, Gandolfi, Gigli, Giuseppe Guerini, Locatelli, Andrea Maestri, Patrizia Maestri, Malisani, Palazzotto, Pinna, Prina, Paolo Rossi, Schirò, Tacconi, Taricco, Terrosi, Tidei, Venittelli, Zardini».
Risoluzioni in Commissione:
La IV Commissione,
premesso che:
il Muos (mobile user objective system) è un sistema di comunicazione satellitare di proprietà del Governo degli Stati Uniti in fase di completamento, composto da 5 satelliti e 4 stazioni di terra, di cui una all'interno della riserva naturale «Sughereta di Niscemi»;
esso è regolato dall'Accordo tra Italia e Usa sottoscritto il 6 aprile 2006; tale accordo, nel proprio allegato numero 1, specifica che il sito di Niscemi è fra quelli US Funded - US exclusive use (finanziato ed utilizzato esclusivamente dalle forze armate statunitensi);
con il termine «uso esclusivo» si intende l'utilizzazione, da parte di una forza appartenente ad una singola nazione, di installazioni e/o infrastrutture, definite e comprese nel perimetro dell'installazione, per lo svolgimento di attività correlate alla missione e/o dei compiti assegnati a detta forza dal Governo dello Stato di origine. L'attribuzione di «uso esclusivo» ad installazioni e/o infrastrutture utilizzate dalle forze degli Usa non limita in alcun modo l'esercizio della sovranità dello Stato italiano, secondo quanto stabilito dall'articolo VII della Convenzione sullo Statuto delle forze (SOFA) della Nato del 1951;
il Capitolo IX del memorandum del 1995 che disciplina le infrastrutture, inquadra, in base anche a quanto si desume dall'allegato 1 dell'accordo sottoscritto il 6 aprile 2006, il sito di Niscemi fra quelli classificati a finanziamento degli Usa e di uso esclusivo degli Usa;
la base militare americana di Niscemi esiste dal 1991 come distaccamento della base di Sigonella dove è stata realizzata la Naval Radio Trasmitter Facility (NRTF-8), composta da 41 antenne installate, di cui molte contemporaneamente in funzione, per le comunicazioni con le unità di superficie e di un'antenna elicoidale a bassa frequenza per le comunicazioni sottomarine;
le misurazioni dei campi elettromagnetici generate dall'NRTF-8 effettuate dell'Arpa Sicilia tra il dicembre del 2008 e l'aprile del 2010, hanno evidenziato, in alcuni casi, il raggiungimento di valori pari a 6 V/m che rappresentano i valori di soglia individuati nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 luglio 2003 di attuazione della legge n. 36 del 2001 sulle radiazioni non ionizzanti;
le misurazioni effettuate dall'Arpas sono da considerarsi come valutazioni minime, dal momento che il protocollo di indagine prevede la misurazione al momento di attivazione di tutte le fonti emissive, fattispecie che non è possibile garantire nel caso in questione;
una visita conoscitiva svolta il 27 ottobre 2017 da una delegazione di parlamentari del MoVimento5Stelle ha potuto verificare come le attuali tecnologie in utilizzo alla base Nrtf di Niscemi abbiano ridotto il numero di antenne contemporaneamente in funzione, tanto che diverse di queste — secondo quanto dichiarato dal comandante degli Usa della base ai deputati – sono in stato di disuso o non più utilizzate;
va considerato l'impatto paesaggistico di dette antenne,
impegna il Governo
a verificare l'effettivo mancato dell'impiego delle sopracitate antenne, assumendo iniziative, di concerto con le autorità militari statunitensi, per smantellare quelle non più utilizzate per attività originariamente previste dagli accordi bilaterali e provvedere al loro corretto smaltimento.
(7-01388) «Rizzo, Basilio, Corda, Frusone, Tofalo».
La VIII Commissione,
premesso che:
i contratti di fiume normativamente sono trattati dall'articolo 68-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006 (Norme in materia ambientale), come modificato dall'articolo 59 della legge n. 221 del 2015 (cosiddetto «Collegato Ambientale»), che riporta: «I contratti di fiume concorrono alla definizione e all'attuazione degli strumenti di pianificazione di distretto a livello di bacino e sottobacino idrografico, quali strumenti volontari di programmazione strategica e negoziata che perseguono la tutela, la corretta gestione delle risorse idriche e la valorizzazione dei territori fluviali, unitamente alla salvaguardia dal rischio idraulico, contribuendo allo sviluppo locale di tali aree»;
nel presente atto di indirizzo si concepisce il termine «contratti di fiume» in senso lato, includendovi anche contratti che hanno ad oggetto categorie di corpo idrico diverse dal fiume come ad esempio i contratti di lago, di costa, di acque di transizione, di foce e di falda;
i contratti di fiume sono strumenti fondamentali per affrontare in maniera organica una serie di tematiche apparentemente eterogenee ma in realtà profondamente interconnesse tra loro: la qualità delle acque e degli ecosistemi dei corpi idrici, l'esposizione del territorio ai rischi idraulici ed idrogeologici, la difesa del suolo, una gestione del territorio in grado di coniugare sostenibilità economica e sostenibilità ambientale, lo sviluppo di una società e di un tessuto produttivo resiliente alle dinamiche naturali e ai cambiamenti climatici;
i contratti di fiume sono riconosciuti nelle linee guida per il contrasto al rischio idrogeologico redatte dall'unità di missione Italia sicura, sono richiamati nella strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, e sono presenti nei criteri di selezione previsti per il Programma di sviluppo rurale nazionale del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
i contratti di fiume non sono elementi statici, ma sono costituiti da processi continui di negoziazione tra le pubbliche amministrazioni e i soggetti privati coinvolti a diversi livelli territoriali e si sostanziano in accordi multisettoriali e multiscalari caratterizzati dalla volontarietà e dalla flessibilità tipiche di processi decisionali dal basso;
il fondamento del concetto del «contratto di fiume» è la visione condivisa del bacino idrografico, che guida i sottoscrittori del contratto ad elaborare un progetto coerente con le reali potenzialità che il territorio esprime. Un punto saliente e dirimente è la spinta propulsiva «dal basso», per cui la comunità è chiamata a elaborare una visione condivisa delle problematiche e delle possibili soluzioni, facendo emergere i conflitti, gli interessi, ma anche le vocazioni territoriali e le capacità di «fare sistema», promuovendo il dialogo tra i soggetti a vario titolo portatori di interesse e l'integrazione dei diversi strumenti di programmazione, di pianificazione territoriale e di tutela ambientale;
inoltre, i contratti di fiume possono essere considerati uno strumento utile ad ovviare alla frammentazione della gestione del territorio, che in alcuni casi può sfociare in sovrapposizioni di competenze amministrative e gestione conflittuale da parte della pubblica amministrazione;
d'altra parte, da un punto di vista prettamente tecnico-scientifico, occorre sottolineare come la gestione dei corpi idrici e dei territori prospicienti non possa essere affrontata a scala puntuale, perché non è infrequente che un determinato intervento generi localmente effetti positivi, inducendo al contempo effetti molto negativi a valle o a monte, sia a livello idraulico che a livello sedimentario (dannosi fenomeni di erosione o sedimentazione possono innescarsi anche a chilometri di distanza da un intervento mal progettato). È pertanto fondamentale che i contratti di fiume trovino il loro naturale ambito di progettazione ed applicazione nella pianificazione di bacino. Conseguentemente, appare scontato un coinvolgimento prioritario ed un ruolo preminente da parte dei distretti idrografici, coerentemente peraltro alla definizione normativa di contratto di fiume;
in diverse regioni italiane sono stati già da tempo sperimentati processi partecipativi per la gestione delle risorse idriche e dei territori, che hanno dato vita a contratti di fiume;
in alcuni realtà regionali e territoriali, processi partecipativi simili hanno portato alla sigla di protocolli di intesa tra le amministrazioni pubbliche, il tessuto sociale ed il settore tecnico-professionale; tali protocolli non sempre sono stati portati a compimento, soprattutto per carenza di risorse o per mancanza di una governance chiara e univoca;
nel 2007 è stato costituito un tavolo nazionale dei contratti di fiume; grazie al quale nel 2010 si è giunti alla condivisione in sede di Conferenza Stato-regioni di una carta nazionale dei contratti di fiume, a cui risultano aver aderito 14 regioni, mentre le altre hanno avviato le procedure di adesione;
i contratti di fiume si sono già dimostrati uno strumento estremamente efficace nell'armonizzare le istanze di diversi portatori d'interesse ed il coinvolgimento di vari livelli istituzionali, dando luogo a forme di collaborazione che superano la mancanza di dialogo e l'approccio settoriale, permettendo di approdare a interventi efficaci, condivisi ed accettati dalle comunità;
i contratti di fiume possono costituire inoltre un valido strumento per riconciliare le comunità con i corsi d'acqua, spesso visti come fonte di pericolo da cui difendersi o come una zona «tabù» in cui amministrazioni ed enti percepiti come distanti pongono incomprensibili veti a qualsiasi tipo di attività produttiva, imprenditoriale e ricreativa;
la chiave di un buon contratto di fiume è il coinvolgimento e la responsabilizzazione non solo nelle decisioni, ma anche nella fase di realizzazione degli interventi, dei privati proprietari o fruitori a vario titolo di terreni in area golenale o in aree prospicienti ai corpi d'acqua minori e maggiori. Senza sottovalutare l'importanza che la gestione virtuosa di ampi terreni montani e collinari, anche lontani dal reticolo idrografico, può avere sull'equilibrio idraulico e sedimentologico di un intero bacino idrografico;
in particolare, appare fondamentale il coinvolgimento degli agricoltori in duplice veste di elementi di presidio territoriale e categoria produttiva direttamente connessa alla qualità delle risorse idriche e direttamente esposta alle dinamiche naturali dei corsi d'acqua,
impegna il Governo:
ad assumere iniziative per istituire una struttura nazionale di coordinamento per l'attuazione dei contratti di fiume, attraverso la creazione di un Osservatorio nazionale dei contratti di fiume che operi in stretta collaborazione con le regioni e le autorità di distretto, con l'obiettivo primario di indirizzo, monitoraggio, supporto informativo e di formazione ai vari livelli territoriali;
a promuovere una ricognizione, in collaborazione con le regioni, i comuni, gli ordini nazionali delle professioni tecniche, dell'eventuale esistenza di protocolli d'intesa che se aggiornati e resi pienamente operativi potrebbero costituire una base di partenza per l'implementazione di contratti di fiume, con notevole risparmio di tempi e risorse;
a farsi promotore presso tutte le regioni e province autonome affinché l'adesione alla carta nazionale dei contratti di fiume condivisa in sede di Conferenza Stato-regioni sia completata in tempi brevi su tutto il territorio nazionale;
ad assumere iniziative di competenza per salvaguardare, coerentemente con quanto disposto all'articolo 68-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006 con cui è disposto che i contratti di fiume concorrono alla definizione e all'attuazione degli strumenti di pianificazione di distretto a livello di bacino e sottobacino idrografico, la preminenza della pianificazione a scala di bacino idrografico, e di conseguenza il ruolo predominante delle autorità di distretto idrografico;
a dar seguito con sollecitudine, in stretto raccordo con le regioni e le autorità di distretto interessate, alle attività formative e di supporto tecnico già previste dall'apposito progetto proposto dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nell'ambito del PON governance 2014-2020;
ad adottare iniziative per il finanziamento di azioni e progetti previsti dai programmi d'azione di contratti di fiume, sottoscritti, ufficializzati, e definiti in stretto raccordo con le misure previste dai piani di gestione di distretto e dai piani di tutela delle acque regionali;
ad assumere iniziative volte a considerare come destinatari prioritari di finanziamenti economici i singoli soggetti privati, soprattutto agricoltori, che tramite i contratti di fiume accettano di svolgere attivamente un ruolo di presidio e manutenzione del territorio;
a favorire processi per cui, tramite lo strumento dei contratti di fiume, i terreni demaniali o di proprietà di enti pubblici possano essere affidati temporaneamente in gestione o in usufrutto a soggetti privati che nel contempo curino la manutenzione e la gestione sostenibile del territorio;
ad assumere iniziative volte a considerare i «contratti di fiume» in senso lato, includendovi anche contratti che hanno ad oggetto categorie di corpo idrico diverse dal fiume come ad esempio i contratti di lago, di costa, di acque di transizione, di foce e di falda.
(7-01389) «Segoni, Artini, Baldassarre, Bechis, Turco».
L'VIII Commissione,
premesso che:
il contratto di fiume è stato definito nel corso del II Forum mondiale dell'acqua (L'Aja, marzo 2000) come «strumento che permette di adottare un sistema di regole in cui i criteri di utilità pubblica, rendimento economico, valore sociale e sostenibilità ambientale intervengono in modo paritario nella ricerca di soluzioni efficaci per la riqualificazione di un bacino fluviale»;
il contratto di fiume si configura come un accordo negoziato e volontario fra soggetti pubblici e privati interessati alla gestione, all'utilizzo e alla tutela della risorsa «acqua», dei bacini idrici in generale e del relativo contesto ambientale circostante. Esso si lega strettamente al perseguimento degli obiettivi delle normative in materia ambientale, con particolare riferimento alla direttiva 2000/60/CE (direttiva quadro sulle acque), che prevede il raggiungimento del «buono stato» di qualità dei corpi idrici, alla direttiva 2007/60/CE (direttiva alluvioni), e alle direttive 42/93/CEE (direttiva Habitat) e 2008/56/CE (direttiva quadro sulla strategia marina), in quanto utile strumento per la mitigazione e la prevenzione di fenomeni di dissesto, inondazione e di siccità, per l'utilizzo sostenibile dell'acqua, la protezione dell'ambiente e degli ecosistemi faunistici e floristici;
i contratti di fiume in Europa si sono sviluppati, a partire dalla Francia nei primi anni ’80, per poi diffondersi in pochi anni in molte altre nazioni come il Belgio, il Lussemburgo, i Paesi Bassi, la Spagna e l'Italia, in molti casi sotto forma di processi transfrontalieri che interessavano più territori. I contratti francesi richiamano gli accordi ambientali a carattere volontario non aventi natura vincolante e si basano su un livello di concertazione tra enti e tra livelli di pianificazione e programmazione molto forte e su un coinvolgimento delle comunità locali principalmente legato alle fasi informativa e consultiva;
nel contesto nazionale i contratti di fiume, anche sottoforma di contratti di lago, falda, foce, costa, paesaggio fluviale, costituiscono una vera innovazione, una rivoluzione pacifica, democratica e dal basso, principalmente per reagire al continuo diffondersi del dissesto idrogeologico e della precarietà di un territorio reso sempre più drammaticamente vulnerabile dall'eccessiva antropizzazione e dalla carenza di manutenzione. Con tale strumento si tenta di contribuire a superare la logica dell'emergenza, mettendo in campo una politica integrata preventiva e condivisa attraverso accordi, impegni veri e propri programmi di azione per la manutenzione del territorio, attraverso l'implementazione del ruolo ambientale dell'agricoltura e/o altre attività culturali e turistiche sempre coerenti con le previsioni di piani e programmi già esistenti nel bacino idrografico di riferimento/sub-bacino;
i contratti di fiume possono contribuire ad integrare e riorientare la pianificazione locale e migliorare i contenuti degli strumenti di pianificazione sovraordinata, in conformità con gli obiettivi delle normative ambientali;
nel 2007 è nato il Tavolo nazionale dei contratti di fiume, gruppo di lavoro del coordinamento A21 locali italiane, con l'obiettivo di creare una community in grado di scambiare esperienze e promuovere i contratti di fiume in Italia. Il Tavolo nazionale dei contratti di fiume, con il coordinamento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, l'Ispra ed il contributo di 35 esperti ha fissato nel 2015 i criteri di qualità dei processi con il documento «Definizioni e Requisiti Qualitativi di base dei contratti di fiume». Ad oggi sono ormai 15 le regioni che hanno aderito alla Carta nazionale dei contratti di fiume (Milano 2010) e altre sono in corso di adesione. Esperienze di contratto di fiume sono presenti su tutti i grandi fiumi italiani sia al nord che al sud del Paese (Po, Piave, Tevere, Adda, Arno, Brenta, Trebbia e altro);
a livello normativo, la definizione di contratti di fiume («I contratti di fiume concorrono alla definizione e all'attuazione degli strumenti di pianificazione di distretto a livello di bacino e sottobacino idrografico, quali strumenti volontari di programmazione strategica e negoziata che perseguono la tutela, la corretta gestione delle risorse idriche e la valorizzazione dei territori fluviali, unitamente alla salvaguardia dal rischio idraulico, contribuendo allo sviluppo locale di tali aree») è stata introdotta nel codice dell'ambiente, decreto legislativo n. 152 del 2006, all'articolo 68-bis, con l'articolo 59 della legge n. 221 del 2015 (il cosiddetto collegato ambientale),
impegna il Governo:
a promuovere su tutto il territorio nazionale, in collaborazione con le regioni e le autorità di distretto/una pratica innovativa nella gestione dei bacini fluviali come quella dei contratti di fiume – soprattutto dei corsi minori – sostenendo strumenti di programmazione dal basso che puntino a garantire – attraverso un approccio innovativo e di partecipazione – la tutela e la corretta gestione delle risorse idriche, la valorizzazione dei territori fluviali, unitamente alla salvaguardia delle aree dal rischio idraulico assumendo iniziative capaci di supportare, indirizzare, informare, formare, ai vari livelli regionali e locali, soggetti sia pubblici che privati;
ad avviare un sistema di monitoraggio e coordinamento nazionale sui contratti di fiume, al fine di verificare lo stato di attuazione delle varie fasi e azioni, la qualità dei progetti e dei processi deliberativi conseguenti, nonché l'esito conclusivo dell'intervento, promuovendo anche un approccio organico e integrato con i contratti di lago, falda, foce, costa, paesaggio fluviale;
a promuovere l'impiego di strumenti e mezzi che garantiscano una efficace informazione al fine di attuare dei contratti di fiume collegialmente condivisi con la collettività, nell'ambito di un procedimento partecipato, facendo in modo che i dati e le informazioni sui contratti di fiume siano resi accessibili al pubblico, così come richiesto dalle direttive 4/2003/CE sull'accesso del pubblico all'informazione e 35/2003/CE sulla partecipazione del pubblico ai processi decisionali su piani e programmi ambientali, attraverso una pluralità di strumenti divulgativi, utilizzando al meglio tutti i canali di comunicazione, soprattutto il web;
ad avviare percorsi virtuosi e progetti di studio, anche in collaborazione con le università, gli ordini professionali o altri soggetti interessati a vario titolo, al fine di promuovere l'attuazione di interventi innovativi in grado di valorizzare i corsi d'acqua e il territorio circostante, dal punto di vista sociale, didattico, culturale, fruitivo, turistico e paesaggistico, garantendo un concreto presidio e una corretta manutenzione del contesto;
ad assumere iniziative volte a introdurre misure di defiscalizzazione che incentivino soggetti privati, soprattutto la categoria degli agricoltori, a ricorrere ai contratti di fiume, accettando di svolgere attivamente un ruolo di presidio e manutenzione del territorio;
ad assumere iniziative per destinare risorse economiche specifiche ai contratti di fiume, prevedendo che nei programmi triennali definiti nell'articolo 69 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, oltre ai fondi previsti dal comma 2 sia prevista una quota non inferiore all'8 per cento degli stanziamenti da destinare proprio ai contratti di fiume, sottoforma anche di contratti di lago, falda, foce, costa, paesaggio fluviale.
(7-01390) «Daga, Busto, De Rosa, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Vignaroli».
La IX Commissione,
premesso che:
il comparto marittimo rappresenta un settore fondamentale dell'economia italiana;
la portualità in Italia, sia merci che passeggeri, genera nel complesso circa il 2,6 per cento del Pil italiano, registrando oltre 11.000 imprese nel settore e 90.000 addetti impiegati (dati Unioncamere, 2014);
complessivamente, sono interessati dall'interscambio commerciale marittimo oltre 230 miliardi di euro (Istat, 2014), che rappresentano oltre il 15 per cento del Pil nazionale. Il cluster della logistica nel suo insieme, invece, incide per il 14 per cento sul Pil italiano, registrando 150.000 imprese nel settore e un milione di addetti (corrispondente a circa il 5 per cento dell'occupazione complessiva);
l'Italia, inoltre, è tra i Paesi leader dello shipping mondiale, risultando 2° tra le flotte dell'Unione europea e 4° al mondo. Anche l'età media della flotta (inferiore ai 13 anni) riflette la vivacità di un settore in cui si continua ad investire, per navi più moderne, più sicure, più ecologiche. Ciò fa sì che la maggior parte delle esportazioni e delle importazioni siano espressioni dell'economia del mare, in particolare nel Mezzogiorno d'Italia;
a contribuire in maniera determinante al successo di questo sistema è senza dubbio la qualità dei marittimi che vengono formati dal nostro sistema scolastico e professionale, unanimemente riconosciuta da tutti gli operatori del settore come di assoluta eccellenza;
è tuttavia importante fare in modo che i giovani formati agli istituti superiori nautici che intendano intraprendere la carriera marittima siano opportunamente agevolati in questo percorso, sia durante il corso di studi, garantendo un miglior funzionamento del sistema di alternanza scuola-lavoro, secondo quanto previsto dalla legge n. 107 del 2015, sia attraverso un'attenzione particolare alla delicata fase successiva al conseguimento del diploma;
un primo intervento assai utile potrebbe essere quello di acquisire presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti i nominativi dei diplomandi, ai quali comunicare alcune informazioni fondamentali per il prosieguo del loro percorso formativo e professionale (ad esempio la modalità d'iscrizione alle matricole della gente di mare, i corsi necessari per il primo imbarco, elementi informativi per favorire una consapevole valutazione del percorso formativo da intraprendere);
un secondo aspetto rilevante è quello relativo al sostegno economico per i giovani che intendono, successivamente al diploma, svolgere i percorsi formativi necessari per la loro qualificazione;
se infatti i giovani diplomati assunti presso grandi società di navigazione, o ammessi all'Accademia del mare, effettuano tutti i corsi gratuitamente, per gli altri giovani diplomati che intendono intraprendere la carriera marittima il principale strumento di sostegno è rappresentato dalle risorse del Fondo nazionale marittimi, istituzione beneficiaria dell'importo formativo di cui al decreto ministeriale 17 dicembre 2008 destinato alla formazione degli allievi ufficiali. Il Fondo assicura un sostegno a copertura delle spese dei corsi, di vitto, di alloggio e di viaggio dei diplomati meritevoli con una votazione superiore a 75/100. Per fruire del contributo è previsto un termine, spesso molto prossimo alla data di diploma;
potrebbe essere valutata, nell'ottica di agevolare un ampliamento della platea dei potenziali lavoratori marittimi, sia la possibilità di attribuire benefici anche a diplomati nautici con punteggi inferiori a 75/100 (magari limitandoli alle sole spese dei corsi), sia quella di rendere meno stringente il termine per la presentazione delle domande (anche fino ad un anno dopo il conseguimento del diploma), così da consentire ai giovani un tempo adeguato per maturare la decisione di intraprendere o meno la carriera di ufficiale marittimo;
più in generale la formazione dei lavoratori marittimi è stata oggetto recentemente di un processo di riforma per l'adeguamento a direttive europee e alla normativa internazionale;
in particolare, con il decreto legislativo 12 maggio 2015, n. 71, è stata data attuazione alla direttiva 2012/35/CE concernente i requisiti minimi di formazione per la gente di mare. In attuazione di questa disposizione normativa è stato emanato il decreto ministeriale 25 luglio 2016 che disciplina i requisiti richiesti per conseguire il certificato di competenza e il certificato di addestramento;
il decreto direttoriale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 22 novembre 2016 ha infine disciplinato i programmi di esame per il conseguimento delle certificazioni di competenza e delle certificazioni di addestramento per gli iscritti alla gente di mare;
la riforma è volta ad accrescere ed adeguare al nuovo quadro di riferimento la formazione dei marittimi, in particolare rafforzando la conoscenza dell'inglese tecnico, ormai fondamentale per gli ufficiali;
in fase di attuazione di queste riforme si sono rilevate alcune criticità che potrebbero essere tuttavia agevolmente ridimensionate con opportuni adeguamenti delle disposizioni citate;
in primo luogo è stato segnalato un allungamento del tempo di conseguimento delle certificazioni sia di ufficiale di coperta che di macchina (per la cui certificazione è richiesto il superamento di quattro prove), sia per quella di primo ufficiale di macchina (per la cui certificazione è richiesto il superamento di tre prove);
l'articolo 6 del decreto direttoriale del 22 novembre 2016 ha infatti previsto che, qualora un candidato non superi una delle prove previste, è ammessa la ripetizione della stessa entro 12 mesi dalla data di effettuazione della stessa; la circolare ministeriale del 4 agosto 2017 ha imposto però che, ove una prova non sia superata, la ripetizione della stessa si svolga davanti alla medesima commissione e che in generale tutte le prove si svolgano presso una sola direzione marittima o capitaneria di porto;
rendere ammissibile l'effettuazione degli esami presso più direzioni marittime abbrevierebbe sensibilmente i tempi necessari per l'abilitazione, venendo incontro anche alla situazione di oggettivo disagio per i marittimi derivante dalla necessità di recarsi, talora appositamente, presso una specifica direzione marittima al fine del superamento degli esami;
inoltre, potrebbe essere un'opportuna agevolazione consentire l'utilizzo delle prove nelle quali il candidato è risultato idoneo come crediti nelle future sessioni di esame, limitando al solo caso in cui non si superi per due volte la medesima prova la ripetizione dell'intero iter d'esame;
un secondo elemento di criticità segnalato riguarda la durata della prova di esame di inglese tecnico che è stata ridotta da 90 a 60 minuti. Tale termine appare troppo breve in relazione alla complessità della prova stessa e sarebbe pertanto opportuna una riconsiderazione dello stesso;
infine, occorrerebbe intervenire sulla composizione delle commissioni di esame in quanto spesso si verifica che ci sia un eccessivo lasso temporale tra le varie sessioni in considerazione della difficoltà di conciliare la disponibilità di tutti i commissari; a tale scopo potrebbe ipotizzarsi la creazione di un database con i potenziali membri in possesso dei requisiti opportunamente selezionati in modo da poter sostituire tempestivamente i membri che non risultano disponibili abbreviando i tempi per l'espletamento degli esami,
impegna il Governo:
ad assumere le iniziative di competenza per acquisire, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, i nominativi dei diplomandi presso gli istituti nautici, al fine di comunicare loro, al termine del percorso di studio, con una nota personalizzata le informazioni fondamentali per il prosieguo del loro percorso formativo e professionale ricordate in premessa;
ad assumere iniziative per favorire un'estensione dei beneficiari delle provvidenze del Fondo nazionale marittimi, assicurando anche a coloro che hanno conseguito il diploma nautico con media inferiore a 75/100 di accedere alle provvidenze del Fondo medesimo quanto meno per la copertura delle spese dei corsi di formazione;
ad assumere iniziative per consentire che la domanda di accesso alle provvidenze del Fondo possa essere effettuata anche entro un anno dal conseguimento del diploma;
a semplificare le procedure al fine di favorire gli interventi autorizzatori da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per consentire agli studenti degli istituti nautici di poter accedere all'imbarco, nell'ambito dell'alternanza scuola-lavoro, prevedendo margini di modificabilità di alcuni elementi come le date di imbarco, il/i porto/i di attracco, il nome della nave, e altro, senza dover necessariamente ricorrere ad un nuovo provvedimento;
ad assumere le iniziative di competenza al fine di rendere ammissibile l'effettuazione degli esami presso più direzioni marittime, superando le previsioni della circolare ministeriale del 4 agosto 2017;
a consentire l'utilizzo delle prove nelle quali il candidato è risultato idoneo, come crediti nelle future sessioni di esame, limitando al caso in cui non si superi per due volte la medesima prova la ripetizione dell'intero iter d'esame;
a riportare la durata della prova di inglese tecnico di cui agli articoli 7, 9 e 10 del decreto direttoriale 22 novembre 2016 a 90 minuti;
ad assumere le necessarie iniziative per rendere più frequenti le sessioni d'esame per il conseguimento delle certificazioni anche valutando la creazione di un database con i potenziali membri delle commissioni in modo da poter sostituire tempestivamente i membri che non risultano disponibili, o che danno una disponibilità parziale.
(7-01391) «Tullo, Carloni, Carocci, Gnecchi, Miccoli, Minnucci, Mura».
La X Commissione,
premesso che:
l'articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102, ha stabilito che, con uno o più provvedimenti e con riferimento ai clienti domestici, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico adegui le componenti della tariffa elettrica da essa stessa definite, con l'obiettivo di superare la struttura progressiva rispetto ai consumi e adeguare le predette componenti ai costi del relativo servizio, secondo criteri di gradualità e modalità atte a stimolare comportamenti virtuosi da parte dei cittadini, e favorire il conseguimento degli obiettivi di efficienza energetica, senza determinare impatti sulle categorie di utenti con struttura tariffaria non progressiva;
a chiusura di un lungo e articolato procedimento di analisi di impatto della regolazione, con la deliberazione 2 dicembre 2015, 582/2015/R/eel, l'Autorità ha disposto l'avvio formale della riforma tariffaria a decorrere dal 1° gennaio 2016, con una gradualità che avrebbe la sua conclusione solo al 1° gennaio 2018, prevedendo due anni di regime transitorio ed ottemperando in tal modo al requisito di gradualità espressamente formulato dal decreto legislativo n. 102 del 2014;
dal 1° gennaio 2017 è entrata a regime la nuova struttura delle tariffe di rete relative a trasmissione, distribuzione e misura, caratterizzata dal completo superamento della progressività e dalla completa aderenza delle tariffe ai costi dei relativi servizi. Resta invece da completare, in occasione del prossimo aggiornamento tariffario di fine 2017, il superamento della progressività delle componenti tariffarie a copertura degli oneri generali, previsto al 1° gennaio 2018, sulla base del già menzionato percorso di gradualità;
il 2 novembre 2017, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, nella segnalazione n. 733/2017/l/eel al Governo e al Parlamento ai sensi dell'articolo 2, comma 6, della legge 14 novembre 1995, n. 481, relativa al completamento della riforma delle tariffe applicabili alle utenze elettriche domestiche relativamente alle componenti tariffarie a copertura degli oneri generali di sistema, ha comunicato lo stato di avanzamento delle attività che dal 2015 sta svolgendo per attuare la riforma delle tariffe elettriche (tariffe di rete e componenti tariffarie a copertura degli oneri generali di sistema) applicabili ai clienti domestici;
nella citata segnalazione, l'Autorità evidenzia che per alcuni dei benchmark di clienti considerati, rappresentativi di un numero significativo di clienti domestici con consumi bassi o medio bassi, il completamento della riforma tariffaria così come originariamente previsto dall'Autorità relativamente agli oneri generali determinerebbe un aggravio di spesa o la sostanziale invarianza della stessa, mentre per la restante quota di grandi consumatori domestici la riforma comporterebbe sensibili risparmi;
tuttavia, l'Autorità segnala che l'adozione delle disposizioni relative in particolare alla revisione del meccanismo di agevolazioni per le imprese energivore stabilita dall'articolo 19 del disegno di legge recante «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2017», approvato in via definitiva dalla Camera l'8 novembre 2017, e finalizzata ad adeguare la normativa nazionale alla comunicazione 2014/C 200/01 della Commissione, potrebbe tradursi in una concentrazione di interventi nel primo trimestre dell'anno 2018 con impatto tariffario sui clienti domestici;
va ricordato che il medesimo articolo contiene, al comma 1, una disposizione di carattere generale volta a destinare automaticamente alla riduzione delle tariffe elettriche degli utenti che sostengono gli oneri connessi all'attuazione delle misure di cui ai commi successivi dell'articolo stesso, almeno il 50 per cento delle risorse derivanti dalle riduzioni per gli anni 2017-2019, della componente tariffaria A3, destinata alla promozione di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, ma non è chiaro se e in quale misura i risparmi siano già scontati nella stima della spesa annua attuale sostenuta dai clienti domestici contenuta nella citata segnalazione;
nel contempo è in sede attuativa il provvedimento del Ministro dello sviluppo economico di revisione della disciplina del bonus sociale elettrico e gas, ai sensi dell'articolo 1, commi 75 e 76, della legge 4 agosto 2017, n. 124 (legge annuale per il mercato e la concorrenza), volto a migliorare il coordinamento delle politiche di sostegno ai clienti economicamente svantaggiati,
impegna il Governo
ad assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a individuare gli obiettivi da privilegiare nell'attuazione dell'ultima fase della riforma tariffaria e a rinviare di un anno il completamento della riforma inerente le componenti a copertura degli oneri generali di sistema per i clienti domestici, in modo da assicurare gradualità nell'applicazione e omogeneità nella distribuzione delle variazioni tariffarie.
(7-01392) «Benamati, Scuvera, Becattini, Donati, Camani, Taranto, Montroni, Vico, Impegno, Tentori, Cani, Senaldi, Bargero, Arlotti, Peluffo».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazioni a risposta in Commissione:
ZARATTI, ZACCAGNINI, LAFORGIA e FOSSATI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
la strategia energetica nazionale è stata approvata con decreto interministeriale l'8 marzo 2013 dagli allora Ministri dello sviluppo economico, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il 10 maggio 2017 in audizione alla Camera, il Ministro Carlo Calenda, insieme al Ministro Galletti, ha presentato la nuova strategia energetica nazionale (Sen). Rispetto al documento è stata avviata una consultazione il 12 giugno 2017 che si è chiusa il 12 settembre 2017: molti sono stati i contributi da parte delle associazioni e delle realtà del settore, tuttavia è da rimarcare come tale tentativo, che si sostanziava in semplici consultazioni, non abbia prodotto un reale coinvolgimento dal basso, volto all'elaborazione di un unico programma energia-clima, così come è stato fatto in altri Paesi d'Europa ad iniziare dalla Germania;
a quanto risulta agli interroganti, l'impostazione generale della strategia energetica nazionale rappresenta un notevole passo indietro rispetto al documento del 2013. Sul piano formale, viene persino eliminata la priorità da attribuire all'efficienza energetica. Sul piano sostanziale, fra le altre carenze, sparisce qualsiasi indicazione strategica, nella prospettiva 2030, del ruolo dei certificati bianchi come strumento di mercato per conseguire gli obiettivi di efficienza energetica. Il ruolo delle fonti rinnovabili rappresenta un ulteriore involuzione. Appare centrato in modo prioritario sulle sole rinnovabili elettriche, la cui produzione dovrebbe raddoppiare. Lo spazio dedicato alle fonti rinnovabili termiche è superficiale e limitato: pur riconoscendo correttamente il ruolo di punta alle pompe di calore, non si sofferma sul ruolo determinante delle rinnovabili nel comparto termico (ovvero la parte maggiore dei consumi energetici) e sulle sue implicazioni strategiche. È scarsa la definizione dell'evoluzione del sistema energetico italiano al 2030 sia come scenario base (in assenza di nuove politiche) che come scenario di policy (con gli effetti delle nuove politiche per gli obiettivi 2030). Risalta la mancanza di dati chiari sul ruolo delle diverse fonti e dei vettori nella evoluzione della struttura dei consumi finali. In particolare, non ci sono indicazioni sul grado di penetrazione elettrica, elemento dirimente per dare un significato sia agli obiettivi per le fonti rinnovabili elettriche in connessione con gli usi efficienti del vettore elettrico, che alla diffusione delle rinnovabili termiche tramite le pompe di calore;
la proposta di nuova strategia energetica nazionale posta in consultazione deve essere letta nella prospettiva della comunicazione «Energy State Union 2030» che ha sviluppato un nuovo approccio delle politiche energetiche europee che considera come vincolanti i tre obiettivi 2030 già fissati a livello di Unione europea e quelli nazionali per la riduzione dei gas serra, ma lascia ad ogni Stato membro la scelta del ruolo da attribuire all'efficienza energetica e alle rinnovabili senza prevedere la fissazione a livello di Unione europea di obiettivi nazionali al 2030 vincolanti;
le criticità emerse sull'alta entalpia e il rapporto fra sostenibilità energetica e ambientale hanno messo in dubbio la validità degli incentivi al settore della geotermia, senza i quali il settore medesimo non riuscirebbe probabilmente a sussistere. Inoltre, il forte inquinamento che la geotermia ad alta entalpia produce, come l'affiorare in superficie dell'arsenico ad esempio, ne fa decadere l'appartenenza alle fonti energetiche rinnovabili ed ecologiche –:
se non reputino opportuno e necessario assumere iniziative per prevedere un fondo rotativo destinato prioritariamente alla promozione dell'efficienza energetica e delle rinnovabili termiche;
se non reputino opportuno superare, con ogni strumento utile, la mancanza di un chiaro raccordo tra la proposta di strategia energetica nazionale e il piano «energia e clima» 2030, che avrebbe dovuto essere già stato elaborato e anch'esso posto in consultazione, e che ha invece rappresentato una ulteriore criticità in termini di scarsa definizione dell'evoluzione del sistema energetico italiano;
se non intendano adoperarsi per un salto di qualità nelle politiche per la promozione dell'efficienza energetica in maniera tale da guidare efficacemente le scelte per la gestione energetica degli edifici e della mobilità, in sinergia con la promozione dei combustibili alternativi, da parte di imprese e famiglie, definendo altresì un piano di azione per la crescita degli usi efficienti del vettore elettrico nel settore residenziale e per la mobilità che valorizzi le sinergie possibili tra la nuova tariffa, lo smart metering e la liberalizzazione del mercato;
se non reputino utile ed essenziale riconoscere in modo più chiaro il potenziale di sviluppo delle reti di teleriscaldamento e assicurare adeguati strumenti di promozione, andando oltre le attuali incertezze che stanno penalizzando questo settore, rivedendo la proposta della strategia energetica nazionale che punta sul ripotenziamento degli impianti eolici e che privilegia gli interventi di repowering degli impianti idroelettrici e geotermici;
se non intendano porre in essere iniziative volte a favorire lo sviluppo e la diffusione della geotermia a bassa entalpia, ossia con impianti che sfruttano il calore a piccole profondità, per l'importante contributo che può dare alla riduzione del fabbisogno energetico del patrimonio edilizio italiano.
(5-12658)
BUENO, MENORELLO, MONCHIERO, GALGANO, MUCCI, CATALANO e OLIARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 5, comma 2, della legge concernente modifiche al sistema di elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica prevede che non possano essere candidati per le elezioni della Camera dei deputati o del Senato della Repubblica nella circoscrizione estero gli elettori che nei cinque anni precedenti la data delle elezioni ricoprano o abbiano ricoperto cariche di governo o cariche politiche elettive a qualsiasi livello o incarichi nella magistratura o cariche nelle Forze armate in un Paese della circoscrizione estero;
la dizione della norma potrebbe condurre a interpretazioni tali da comprimere i diritti politici di cittadini italiani in senso palesemente incongruo, persino sotto il profilo costituzionale, qualora il divieto ivi contenuto venga applicato anche a componenti di organi elettivi aventi natura sostanzialmente amministrativa, a prescindere dalle diverse discipline positive vigenti nei vari Paesi esteri;
il 12 ottobre 2017, in sede di discussione alla Camera dei deputati della legge di riforma elettorale, era stata presentato ed accolto come raccomandazione l'ordine del giorno n. 9/02352-AR/162 che impegnava il Governo a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui all'articolo 5, comma 2, della citata legge ed adottare ulteriori iniziative amministrative che escludano dalla suddetta norma gli elettori che ricoprono o che hanno ricoperto nei cinque anni precedenti la data delle elezioni cariche aventi sostanziale natura amministrativa, quali consiglieri di organi comunali comunque denominati –:
se il Governo non ritenga necessario assumere al più presto iniziative normative per chiarire la corretta interpretazione delle disposizioni di cui all'articolo 5, comma 2, della legge concernente modifiche al sistema di elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, dando seguito all'impegno contenuto nell'ordine del giorno citato in premessa.
(5-12671)
Interrogazioni a risposta scritta:
MELILLA, QUARANTA, FRANCO BORDO, NICCHI, MATARRELLI, PIRAS, ZARATTI, FERRARA, SCOTTO, KRONBICHLER e RICCIATTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
la Banca popolare di Bari ha avuto il «via libera» dalla Banca d'Italia all'acquisizione della Tercas nonostante i due giudizi «parzialmente sfavorevoli» con indicazioni di debolezze nella «governance aziendale nell'esposizione al rischio» con «insufficienti azioni della funzione di controllo». Qualche mese dopo aver firmato le suddette relazioni, la Banca d'Italia diede comunque l'autorizzazione alla Banca Popolare di Bari ad acquisire, con un investimento di 400 milioni di euro, la Tercas, «spolpata» dai suoi vecchi amministratori e con sofferenze di 1,4 miliardi di euro e 750 milioni di euro di perdite –:
di quali elementi disponga il Governo in ordine ai motivi per i quali la Banca Popolare, dopo aver fatto questa operazione così rischiosa, ebbe l'accesso alla vendita delle sue sofferenze con le garanzie del Tesoro;
se intenda assumere ogni iniziativa di competenza per tutelare i risparmiatori che hanno sottoscritto i titoli per l'aumento di capitale per finanziare l'acquisizione di Tercas, titoli che hanno perso gran parte del loro valore determinando una forte caduta della reputazione della Banca e una conseguente disaffezione dei soci e rassicurare i dipendenti sulle prospettive occupazionali ed economiche di questa banca.
(4-18448)
PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
si apprende da notizie di stampa apparse il 7 novembre 2017 sui quotidiani nazionali che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, così come riportato in un comunicato pubblicato sul proprio sito istituzionale, ha sanzionato per oltre 23 milioni di euro le quattro principali società di revisione contabile, appartenenti ai network internazionali Deloitte, KPMG, Ernst&Young e PricewaterhouseCoopers (PwC), note anche come «big four»;
l'Autorità ha attribuito a dette società la creazione di un cartello per spartirsi una gara comunitaria indetta da Consip SpA il 19 marzo 2015 per conto del Ministero dell'economia e delle finanze;
tale gara era stata bandita per l'affidamento dei servizi di supporto e assistenza tecnica per l'esercizio e lo sviluppo della funzione di sorveglianza e audit dei programmi cofinanziati dall'Unione europea;
il bando di circa 66 milioni di euro è stato poi aggiudicato per complessivi 42 milioni di euro e l'Autorità si è mossa a seguito di una segnalazione della stessa Consip SpA;
il comunicato dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato riporta che «Dalla documentazione è emerso, che le parti, coordinandosi a livello di network, hanno presentato delle offerte economiche differenziate per i vari lotti in gara, secondo uno schema comune che appare indicativo di dinamiche concertative. Più precisamente questi soggetti, pur presentando sostanzialmente sempre un'offerta tecnica equivalente tra i diversi lotti, hanno presentato in alcuni lotti offerte economiche con ribassi tra il 30 e il 35 per cento, mentre in altri lotti le offerte sono risultate decisamente inferiori (con ribassi del 10-15 per cento circa)»;
gli altri partecipanti alla gara non hanno differenziato i loro ribassi a seconda del lotto di partecipazione e gli sconti medi ponderati da essi presentati sono stati sempre significativi (uguali o superiori al 40 per cento), con l'unica eccezione di un offerente che ha, invece, presentato dei ribassi molto contenuti in tutti i lotti;
il 5 maggio 2016 sono avvenute le aggiudicazioni e cinque dei nove lotti in gara sono stati aggiudicati alle società appartenenti alle cosiddette «big four»;
così come riportato dal documento prodotto dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato le imprese hanno annullato, di fatto, il reciproco confronto concorrenziale nello svolgimento della gara per spartirsi i lotti e neutralizzare la concorrenza esterna al cartello;
nel corso degli accertamenti sono stati trovati una serie di documenti che confermano i cosiddetti «contatti orizzontali» e gli incontri tra le società, oltre a documenti indicativi della ripartizione dei lotti e che tale intesa «rientra tra le più gravi violazioni del diritto della concorrenza» –:
se e quali ulteriori iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda adottare nei confronti delle società Deloitte, KPMG, Ernst&Young e PricewaterhouseCoopers (PwC) per arginare tali gravissime pratiche «di cartello» in appalti Consip;
quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo, anche sul piano normativo, affinché venga effettivamente tutelato e salvaguardato il processo competitivo tra gli operatori, lo svolgimento e la conclusione delle procedure di aggiudicazione di contratti e affinché l'applicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa sia improntata sulla competizione e sulle reali professionalità espresse, in luogo di accordi illegali tesi a limitare la concorrenza sul mercato.
(4-18450)
NUTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
il 16 dicembre 2016, a margine dei lavori della Conferenza internazionale «Legalità e sicurezza in America latina: strategie, esperienze condivise, prospettive di collaborazione», il Ministro della giustizia, Andrea Orlando, e la Ministra degli affari esteri della Colombia, Angela Holguin, hanno firmato, alla presenza dei Presidenti della Repubblica dei rispettivi Paesi, tre importanti accordi bilaterali nel settore della giustizia penale; nello specifico tali accordo riguardano assistenza giudiziaria, estradizione e trasferimento delle persone condannate che hanno una rilevanza strategica nella risposta alle nuove sfide del crimine transnazionale;
i contenuti di tali accordi prevedono alcuni meccanismi di semplificazione e fluidificazione dei rapporti tra le autorità centrali e le autorità giudiziarie di Italia e Colombia, che avranno un impatto estremamente positivo sull'efficacia dell'azione di contrasto ai fenomeni del narcotraffico, del riciclaggio, della corruzione e della criminalità organizzata; è previsto anche l'obbligo di cooperazione nell'esecuzione di misure patrimoniali riconducibili alla nozione internazionale di confisca senza condanna, che mettono a disposizione della collaborazione con la Colombia opportunità che neppure le più recenti direttive dell'Unione europea in tema di sequestro e confisca sono ancora in grado di offrire;
agli interroganti risulta che tali accordi non siano ancora stati recepiti dall'ordinamento giuridico italiano e che il processo di ratifica sia attualmente bloccato presso il Ministero di giustizia in quanto il Governo non ha ancora depositato il relativo disegno di legge di ratifica –:
se il Governo non intenda presentare al Parlamento con la massima urgenza il disegno di legge di ratifica dei trattati bilaterali di cui in premessa e per quali ragioni tale adempimento non sia ancora stato messo in atto;
se il Governo sia a conoscenza dell'attuale numero e dell'identità dei soggetti che potrebbero trasferiti ed estradati dalla Colombia all'Italia e viceversa, in base alle norme contenute nei trattati bilaterali di cui in premessa.
(4-18454)
MICILLO, SILVIA GIORDANO, LUIGI GALLO, LUIGI DI MAIO, DAGA, BUSTO, COLONNESE e SIBILIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
nel novembre 2012 il Ministro dell'interno pro tempore Cancellieri nominava un commissario al contrasto per il fenomeno dei roghi tossici nella regione Campania, nella persona del viceprefetto Donato Giovanni Cafagna;
il decreto assegnava al commissario poteri di impulso e coordinamento di enti e forze dell'ordine per contrastare il fenomeno dei roghi incontrollati di rifiuti nocivi;
con il decreto-legge n. 136 del 2013 si ufficializzava l'esistenza di un'area tra Napoli e Caserta così detta «Terra dei Fuochi»;
l'11 gennaio 2016 è stato pubblicato dall'Iss (Istituto superiore di sanità) il rapporto sulla situazione epidemiologica dei comuni della «Terra dei Fuochi» da cui si deduce che «si muore di più che in altre zone d'Italia, ci si ammala più di cancro, anche tra i bambini, e si registrano più ricoveri»;
le conclusioni del rapporto dell'Iss precisano che, per quanto riguarda l'età pediatrica (0-14 anni), lo studio evidenzia un eccesso di incidenza per i tumori dell'SNC, basato su 43 osservati, SIR=142 (IC90 per cento 108-183), che trova riscontro in un eccesso di bambini ricoverati per la stessa causa (113 ricoverati, SHR=117; IC90 per cento 100-137);
nell'agosto 2016 si apprende che «il Prefetto di Napoli Pantalone, a seguito delle dimissioni di oltre la metà dei consiglieri del Comune di Pompei, sospendeva il consiglio comunale nominando il Prefetto Cafagna quale commissario prefettizio»;
il 27 gennaio 2017 si apprende dalla stampa che il commissario Cafagna è il nuovo prefetto di Taranto;
nel febbraio 2017 è nominato suo successore, a commissario per il contrasto dei roghi tossici, il viceprefetto di Caserta, Michele Campanaro;
il 4 novembre 2017 il commissario Michele Campanaro è nominato prefetto di Ferrara;
il 5 novembre 2017 si viene a conoscenza del fatto che, leggendo la relazione consegnata alla commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, lo smaltimento illegale di rifiuti nella terra dei fuochi resta «un fenomeno dilagante», le bonifiche sono in stallo, i «tassi d'incidenza oncologica» possono essere identificati come «indicatori di rischio» in rapporto di casualità diretta tra sorgenti di rischio e patologia oncologica, e che ancora che la provincia di Caserta presenta situazioni di degrado ambientale gravissime;
il 6 novembre 2017 si è svolta nella sede della prefettura di Napoli la riunione della sezione operativa interforze per il contrasto ai roghi nella «Terra dei Fuochi» con esposizione dei risultati ottenuti dal 1° luglio al 30 settembre: 59.058 pattugliamenti, 16.254 veicoli controllati, 14.360 persone identificate, 146 persone fermate/arrestate, 3.583 siti di sversamento identificati, 678 roghi domati;
ciascun commissario, dal momento della nomina al suo insediamento, fino a esercitare pienamente l'effettivo ruolo, acquisite tutte le informazioni e documentazioni del caso, necessita per gli interroganti di non meno di tre mesi;
si rileva che Campanaro è stato trasferito ad altro ruolo, dopo pochi mesi dal suo insediamento;
la drammaticità della situazione vissuta dagli abitanti della «Terra dei Fuochi», attestata dal rapporto dell'Iss ed i roghi che ancora continuano dimostrano che l'emergenza dei roghi tossici, non può avere «Commissari spot», ma con soluzione permanente di continuità lavorativa;
occorre dare continuità ad un percorso che, ad oggi, seppur complicato e difficile, con debolissime strategie governative messe in campo nel contrasto ai roghi, va sostenuto con mezzi e uomini;
il ruolo di commissario in Campania non può essere una sede provvisoria prima del conferimento di altri incarichi –:
quali siano i motivi che hanno determinato la decisione del Governo di deliberare la nomina dell'ex commissario Campanaro a prefetto di Ferrara;
se non si ritenga necessario di dare priorità all'emergenza roghi individuando un Commissario tecnico di lunga durata e con un solo incarico per contrastare in modo durevole e fermo i problemi esposti in premessa.
(4-18456)
AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
Interrogazione a risposta in Commissione:
RIZZETTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
su Il Fatto Quotidiano del 21 ottobre 2017 si legge: «Il dirigente dell'Agenzia per la cooperazione arriva al tavolo della trattativa, si siede davanti a 20 persone e senza fare una piega poggia davanti a se un coltello a serramanico»;
si tratta del dirigente dell'Agenzia per la cooperazione e lo sviluppo (Aics), che si è presentato ad un tavolo pubblico con i sindacati e una delegazione del personale dell'Agenzia, munito di una lama per incutere timore;
nello stesso articolo, infatti, si apprende che «Considerata la preoccupazione che iniziava a diffondersi tra i partecipanti, uno dei sindacalisti presenti pregava l'avvocato di rimuovere il coltello dal tavolo. Per tutta risposta, con fare arrogante e provocatorio l'avvocato Ciarlo, non solo si rifiutava di riporre il coltello, ma ne apriva integralmente la lama riposizionandola in direzione degli astanti»;
risulta all'interrogante che il giorno dell'incontro dovevano essere discusse numerose e complesse problematiche relative alla gestione del personale in servizio presso l'Agenzia, poiché dal primo giorno della sua istituzione, e cioè dal 1° gennaio 2016, il personale delle aree funzionali dell'Agenzia lavora in condizioni di estremo disagio, senza alcun conferimento formale di incarico, senza indicazione di carichi di lavoro, senza formalizzazione degli obiettivi da raggiungere;
a quanto è dato sapere all'interrogante, sembra siano stati emessi dalla dirigenza giudizi di merito nei confronti del personale delle aree funzionali nonostante la totale assenza di qualsiasi parametro di merito in base al quale graduare la produttività e, conseguentemente, l'attribuzione delle relative risorse. Inoltre, il personale transitato nell'Agenzia, per effetto del diritto d'opzione, non verrebbe valorizzato come sarebbe giusto che sia in un'amministrazione improntata a criteri di trasparenza e imparzialità, preferendo invece fare ricorso a consulenti esterni e a personale preso in prestito dalle altre amministrazioni selezionato discrezionalmente;
della gravissima condotta del dirigente Ciarlo, in sede di trattativa con le parti sociali, è stata trasmessa formale comunicazione al Ministro Alfano e al direttore dell'Aics da parte dei sindacati. Ad oggi, non risulta siano stati assunti i dovuti provvedimenti di censura –:
se e quali urgenti iniziative i Ministri interrogati intendano assumere, per quanto di competenza, rispetto al comportamento del dirigente Ciarlo, che ha volutamente intimidito le parti sociali presenti ad una trattativa pubblica addirittura esponendo un'arma da taglio;
se e quali iniziative di competenza si intendano adottare in relazione alle citate problematiche che coinvolgono il personale dell'Aics come esposte in premessa, anche facendo ricorso al commissariamento dell'Agenzia, qualora dovessero emergere profili di illegittimità nel rispetto dei principi sanciti dall'articolo 97 della Costituzione sull'imparzialità e il buon andamento della pubblica amministrazione.
(5-12667)
Interrogazione a risposta scritta:
PORTA, TACCONI, GIANNI FARINA, FEDI e LA MARCA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
dai competenti organi ministeriali è stata disposta l'assegnazione all'ambasciata di Buenos Aires del consigliere Fabrizio Mazza, già console generale a Marsiglia, in sostituzione del consigliere Stefano Canzio, attuale responsabile del personale;
il consigliere Mazza, oltre a rilevare le competenze relative al personale, già detenute dal consigliere Canzio, dovrebbe avere anche il compito, in qualità di possibile «numero due» dell'ambasciata, di intrattenere rapporti con la comunità italiana e con le sue rappresentanze sociali e istituzionali in una circoscrizione tra le più importanti e grandi del mondo per numero di iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero;
la precedente esperienza realizzata dal consigliere Mazza in qualità di console generale di Marsiglia, sotto il profilo delle relazioni sia con il personale che con le rappresentanze della locale comunità, è stata caratterizzata da una forte conflittualità, tanto da indurre il Comites, molte associazioni e i sindacati del personale a reiterati atteggiamenti di protesta, che sono sfociati anche in pubbliche manifestazioni svoltesi per le strade cittadine;
le tensioni determinatesi a seguito di queste vicende hanno avuto anche seguiti giudiziari in conseguenza di denunce fatte dallo stesso console a carico di esponenti del Comites, del Consiglio generale degli italiani all'estero e di organi di informazione, denunce la cui opportunità, soprattutto perché relative a fatti accaduti in un contesto straniero, si lascia alla valutazione del Ministro interrogato;
le organizzazioni sindacali del personale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (Cgil F.P. Cisl F.P. Uil P.A. Confsal Unsa Esteri), unanimemente, hanno espresso sorpresa e perplessità in ordine ad un'assegnazione che suona come un'inaspettata «promozione» dopo un'esperienza consolare che ha destato diffuso e giustificato disagio e, in più, hanno manifestato l'invito a riflettere meglio sulla decisione arrivando a chiedere la revoca della nomina –:
se non ritenga opportuno assumere iniziative per una più approfondita riflessione in ordine a tale decisione ed eventualmente per un lungimirante ripensamento, motivato dall'esigenza di far decantare le tensioni, a tutela dello stesso funzionario interessato e con l'intento di spegnere sul nascere preoccupazioni e allarme che potrebbero insorgere in una realtà di primaria importanza come quella di Buenos Aires.
(4-18435)
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazioni a risposta in Commissione:
MANTERO, ZOLEZZI, SIMONE VALENTE e BATTELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
in Valle Armea è presente da oltre 30 anni un accumulo di terra e roccia di scavo che ha causato l'interruzione di una strada comunale denominata Braie che attraversava in verticale tutta la zona di quello che oggi è divenuto un piazzale in località Ciuvin;
il 5 giugno 1987 con protocollo n. 33306 presso il comune di Sanremo viene rubricata una nota dell'amministrazione provinciale di Imperia – ufficio ecologia relativa al sopralluogo esperito dai propri tecnici che rilevava: «l'esistenza di un ammassamento di inerti che interessava una zona superiore a quella indicata nelle concessioni T/358 e successiva variante V/1008, e che poteva configurarsi quale discarica di rifiuti solidi speciali. Poiché agli atti di questa provincia non esiste alcun provvedimento autorizzatorio regionale ai sensi dell'art. 6 del D.P.R. 915/92 e poiché il successivo art. 25 dello stesso D.P.R. sottopone ad azione penale la realizzazione delle discariche, si ritiene necessario trasmettere la pratica all'autorità giudiziaria segnalando i nominativi di GHILARDI Silvestro (TREMOVITER) esecutore dei lavori, LEONI Maria Jole (F.P.T.) committente». Dalla nota si evince quanto segue: a) l'interessamento di una superficie di circa mq. 41.154 di terreno; b) l'occupazione della strada senza nome che collega in mappa la particella n. 55 con la particella n. 36723, ma che non figura negli elenchi delle strade pubbliche del comune di Sanremo; c) risulta coperta dal riempimento per un tratto di circa 130.00 ml la strada mulattiera denominata S. Pietro-Bussana che è inserita nei beni demaniali come strada pubblica;
nel 1987 (agosto-dicembre) sono emesse 8 ordinanze del sindaco di Sanremo per permettere l'abbancamento in emergenza di rifiuti inerti ma rispettando i requisiti previsti per le discariche 2° punto 4.2.3.1. della delibera del Comitato interministeriale del 1984;
le suddette ordinanze, che hanno imposto lo stoccaggio dei rifiuti, non appaiono agli interroganti sufficienti e coerenti con la normativa vigente all'epoca, che classificava le terre e rocce di scavo come rifiuti. Per anni sarebbe stata quindi consentita di fatto una discarica abusiva in zona pubblica. Più recentemente la normativa sulle terre e rocce di scavo è cambiata declassificando tali materiali (a certe condizioni) ed escludendoli dalla definizione di rifiuto. Ma non classificarli come rifiuti non consente a parere degli interroganti lo stoccaggio all'infinito, specie in un'area pubblica, e la conseguente interruzione della stessa viabilità. Infatti, lo stoccaggio è strettamente legato al piano di utilizzo che nel caso in esame non risulta agli interroganti mai stato presentato; in mancanza di quest'ultimo le terre e rocce di scavo tornano ad essere classificate come rifiuti. Quindi, nel caso in esame secondo gli interroganti si è di fronte ad una discarica abusiva reiterata nel tempo, ma, visto il perdurare dello stoccaggio si potrebbero ipotizzare reati ambientali anche più gravi come quello di inquinamento;
con una nota in data 19 maggio 2016 prot. 34153, il comune di San Remo informava la società Idroedil srl della problematica inerente alla soppressione della strada comunale in località Rio Ciuvin per deposito incontrollato di materiale di risulta, con invito ad un'audizione presso il palazzo comunale, al fine di fornire chiarimenti sulla vicenda risalente nel tempo;
con una nota in data 27 luglio 2016 prot. 50607 si comunicava l'avvio del procedimento per soppressione di strade pubbliche a seguito di difformità rispetto a quanto autorizzato, fatta salva l'attivazione di ulteriori verifiche sui lavori afferenti alla tombinatura del Rio Chintagna;
nella relazione idraulica a firma dell'ingegner Stefania Rossi allegata al progetto teso a ottenere una variante urbanistica preliminare all'approvazione di S.u.a.p. afferente la riqualificazione ambientale dell'area Ciuvin si legge tra l'altro: la verifica preliminare delle sezioni esistenti di due rii, le cui forma e dimensioni non soddisfano la normativa vigente, conferma l'insufficienza delle due tombinature a smaltire la massima portata duecentennale (l'area di intervento risulta pertanto esondabile con tempo di ritorno duecentennale) –:
quali iniziative di competenza il Governo intenda mettere in campo in relazione al sito in questione, in virtù delle problematiche esposte in premessa e se, in particolare, intenda promuovere una verifica da parte del comando carabinieri per la tutela dell'ambiente sul sito per acquisire elementi in merito ad eventuali sostanze inquinanti, con campionature dei terreni e delle acque presenti in questa sezione di territorio, anche al fine di valutare eventuali rischi per la salute dei cittadini, nonché il pericolo di dissesto idrogeologico che può interessare l'area Ciuvin.
(5-12663)
MASSIMILIANO BERNINI, GRANDE, LOMBARDI e DAGA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
durante l'audizione del 20 febbraio 2017 del vice prefetto di Viterbo Salvatore Grillo e della dottoressa Amalfitano presso la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, si è fatto riferimento a 7000 metri cubi di rifiuti speciali interrati, prima del 2004, presso l'ex fornace di laterizi ormai dismessa di Orte, in zona Vocabolo Camerano 35;
l'interramento risale agli anni ’80 ed il reato scoperto nel 1992, si è prescritto;
si parla di rifiuti destinati a diventare materia prima di un impasto per la produzione dei laterizi; è stato poi accertato che questi rifiuti contenevano metalli pesanti in concentrazioni superiori; è stato avviato il procedimento di bonifica a carico del Centro Laterizi nazionale, che si è interrotto nel 2009 perché la società non ha fornito la documentazione richiesta in sede di conferenza dei servizi, impedendo di fatto il prosieguo dell'attività di bonifica del sito;
al momento la situazione è di stallo, per cui non vi è attività di bonifica ed i cittadini hanno mostrato allarme soprattutto per la possibilità di inquinamento delle falde acquifere, per il quale sono state sollecitate tutte le autorità locali competenti compresa la prefettura –:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di propria competenza per verificare lo stato dei luoghi sopra descritti anche per il tramite del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente.
(5-12669)
Interrogazione a risposta scritta:
PARENTELA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
la fiumara Reschia nasce nel territorio di San Nicola da Crissa e attraversa la parte inferiore di Monterosso Calabro. Insieme con il torrente Fallà, il Reschia rappresenta il maggior immissario del bacino dell'Angitola, nel quale confluisce da destra; pertanto, alla salubrità delle acque del Reschia è subordinata quella dell'intera oasi protetta Wwf, di cui costituisce una delle attrattive principali. Durante le giornate dell'Oasi che il Wwf di Vibo Valentia è solito organizzare in primavera e che richiamano comitive provenienti da tutta la regione, i visitatori non mancano di effettuare escursioni lungo la fiumara, sempre apprezzata per le sue acque cristalline e per la magnifica varietà di flora e fauna che caratterizza tutta l'area che attraversa. Si tratta di un luogo da preservare, quindi, e per questo è stato rivolto un appello dall'associazione ambientalista alle istituzioni ad intervenire;
l'interrogante ha appreso da un articolo apparso sulla Gazzetta del Sud del 7 novembre 2017 – del quale si riportano alcuni estratti – che sostanze di dubbia natura sono state scaricate nelle acque del fiume Reschia, uno dei due principali immissari del lago Angitola, oasi del Wwf e zona umida di importanza internazionale ai sensi della Convenzione di Ramsar;
il Wwf di Vibo Valentia, attraverso il presidente provinciale Angelo Calzone ha evidenziato che: «l'acqua si presenta scura, a tratti addirittura nera: segno evidente che a monte vengono immesse sostanze delle quali, al momento, si ignora la natura» (...) «Alto è il rischio che si possa essere in presenza di sostanze nocive per l'ambiente, che alterano la composizione naturale dell'acqua, con conseguenze nefaste per la fauna e la flora del torrente e del lago» mentre «si esclude che il fenomeno possa essere dovuto a scarichi fognari in quanto l'acqua non era maleodorante» (...) «Non mancano i rischi per la salute umana. Infatti, lungo il fiume Reschia ci si imbatte qualche volta nei pescatori di frodo, pur avendo sempre monitorato la situazione, anche attraverso l'intervento del Corpo forestale, per scoraggiare tale pratica. Qualora dovesse essere confermata la presenza di sostanze inquinanti, il pesce pescato nel torrente Reschia costituirebbe un potenziale pericolo per la salute di chi lo consuma»;
l'oasi dell'Angitola, area Sic (Sito di interesse comunitario), è conosciuta per la straordinaria varietà di animali e piante che ospita, vantando anche la presenza di molte specie rare. Oltre a molti volatili e rapaci protetti, che trovano nell'oasi il clima favorevole alla nidificazione, tante sono le specie acquatiche (gallinella d'acqua, diverse varietà di anatra, ma anche martin pescatore, testuggine palustre e nutrice dal collare) che popolano il bacino e i suoi immissari. Quanto alla flora, essa è costituita in prevalenza dal pino d'Aleppo, pioppo nero, salice bianco, ontano nero, eucalipto e quercia da sughero;
un'alterazione della composizione delle fiumare e, quindi, del lago potrebbe avere ripercussioni devastanti sull'intera oasi, compromettendo il mantenimento delle catene trofiche acquatiche e della vegetazione di sponda –:
quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per garantire la tutela dell'oasi che si trova all'interno del perimetro del sito di interesse comunitario «dune dell'Angitola» e se non ritenga opportuno promuovere una urgente verifica, per il tramite del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, al fine di monitorare i livelli di inquinamento fluviale nell'area di cui in premessa, scongiurando al contempo, i pericoli per la flora, la fauna e la salute umana.
(4-18436)
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO
Interrogazioni a risposta scritta:
BORGHESE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
la fontana di Trevi a Roma rappresenta una delle bellezze storiche più conosciute al mondo, i cui marmi ora splendono dopo il restauro finanziato da Fendi;
i lavori di ripulitura della fontana sotto durati ben 17 mesi, con conseguente impossibilità per i turisti di apprezzare l'opera;
per tanto tempo la fontana di Trevi è rimasta praticamente inaccessibile al pubblico, infatti era rimasta visibile solo una piccola pozza artificiale dove i turisti potevano gettare le monetine;
ora dopo che si sono spese ingenti somme di denaro e si sono susseguiti 17 mesi di lavori si rileva la presenza di due enormi bancarelle di venditori ambulanti, con relativi banchi, che rappresentano due «catafalchi» tali da occupare lo spazio davanti alla fontana di Trevi;
nonostante si sia sempre discusso dell'argomento tra gli enti preposti a far sgomberare lo spazio pubblico vicino alla fontana e il comune di Roma, parlasi del cosiddetto «tavolo del decoro», non si sono ancora definite le modalità di spostamento di codesti banchi; non si vede anzi alcun nuovo risultato di questo tavolo che dura da anni;
non si è contrari al commercio, ma ci si chiede se non era possibile spostare le bancarelle in altri spazi liberi della piazza, invece di posizionarli proprio attaccate alla fontana; tutti i turisti omaggiano la storia di Roma e un'opera senza precedenti e questa situazione di certo non consente la piena valorizzazione del monumento da parte della capitale d'Italia –:
se le competenti strutture ministeriali si siano espresse in merito al posizionamento delle bancarelle vicino alla fontana di Trevi;
quali siano le ragioni per cui si continua a permettere che le bancarelle siano posizionate in tale modo, in quanto si fatica a capire come si possa autorizzare la presenza di strutture commerciali simili vicino ad un bene artistico-culturale senza precedenti per Roma.
(4-18444)
PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
il 7 novembre 2017 è stato presentato, presso il Palaexpo di Roma, il 13° rapporto annuale di Federculture (Federazione delle aziende e degli enti di gestione di cultura, turismo, sport e tempo libero) dal titolo «Impresa Cultura. Gestione, Innovazione, Sostenibilità». Si tratta di una pubblicazione che fornisce una fotografia dettagliata della cultura nel nostro Paese;
nel corso dell'evento, il Ministro interrogato, elaborando una sintesi del lavoro svolto dal suo Dicastero e delle riforme attuate, ha sottolineato l'importanza degli interventi apportati al settore culturale;
il rapporto di Federculture ha comunicato dati contrastanti: «tra il 2013 e il 2016 la spesa in cultura e ricreazione degli italiani è aumentata del 7 per cento. La regione che anche nel 2016 mostra una maggiore propensione ai consumi culturali è il Trentino Alto Adige (209 euro), seguita da Lombardia (177 euro) ed Emilia Romagna (166 euro). In fondo alla classifica sono presenti: Molise (59 euro), Basilicata (60 euro) e Calabria (62 euro)». Tuttavia, «il confronto fra il 2008 e il 2016 indica un aumento della quota di persone di 6 anni e più che non partecipa in nessun modo alla vita culturale (raggiunge il 37,4 per cento, rispetto al 34,0 per cento del 2008). Anche coloro che riportano uno o due episodi al massimo di esperienze culturali sono passati dal 34,7 per cento del 2008 al 32,7 per cento del 2016»;
la partecipazione alle attività culturali è fortemente connessa con il livello di benessere delle famiglie, con il titolo di studio posseduto dalle persone e con le caratteristiche anagrafiche. Nelle famiglie a basso reddito, in particolare quelle nelle quali sono presenti anche stranieri, si verificano fenomeni di di vera e propria «esclusione culturale», con una quota di mancata partecipazione che supera il 55 per cento degli appartenenti a questo gruppo sociale; percentuale di esclusi dalla pratica culturale che sfiora il 70 per cento tra le famiglie con stranieri residenti al Sud e nelle isole. I valori più alti di astensione culturale, tra il 40 e il 50 per cento si registrano comunque in tutti i gruppi a basso reddito, mentre è evidente lo scarto man mano che si sale la scala sociale e reddituale fino ad arrivare alla «classe dirigente» nella quale la non partecipazione riguarda appena il 9 per cento degli appartenenti a questo gruppo;
nella stessa giornata, il sito online Key4biz, analizzando il Rapporto, ha riportato quanto è stato spiegato da Federculture: «non tutto nel settore va bene, le note positive non devono far dimenticare le criticità che tuttora permangono. Un dato su tutti: la lettura nel nostro Paese è ancora abitudine di pochi, solo il 40,5 per cento degli italiani legge almeno un libro l'anno e appena l'8,3 per cento lo fa in formato e-book. Un dato che è costantemente in calo da diversi anni: i lettori erano il 46,8 per cento nel 2010»;
infine, il quotidiano italiano sulla digital economy e sulla cultura del futuro, citando il documento «Minicifre della cultura 2014», pubblicato dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, che riassume i dati relativi alla cultura in Italia, si interroga sui motivi per i quali «l'Ufficio Studi del Ministero abbia sospeso questa raccolta di dati, e, più in generale, perché si presti poca attenzione al “sistema informativo” del dicastero, e ci si debba affidare a soggetti esterni e non istituzionali» –:
in relazione ai fatti esposti, quali iniziative intenda assumere per incentivare la partecipazione alle attività culturali delle famiglie a basso reddito;
se intenda motivare l'interruzione della pubblicazione, dal 2015 ad oggi, del documento «Minicifre della cultura».
(4-18453)
DIFESA
Interrogazione a risposta scritta:
BASILIO, CORDA, FRUSONE, RIZZO e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
l'onorevole Domenico Rossi è stato nominato Sottosegretario di Stato alla difesa il 29 dicembre 2016 con decreto del Presidente della Repubblica;
il Sottosegretario Domenico Rossi ha ricevuto deleghe per la trattazione di alcune materie come da decreto del Ministro della difesa in data 19 gennaio 2017;
il Sottosegretario Domenico Rossi, a seguito delle polemiche seguite al servizio della trasmissione televisiva Le Iene nel quale emergeva che il figlio dello stesso Sottosegretario era stato assunto come collaboratore parlamentare dal deputato Mario Caruso, dichiarava, in data 3 ottobre 2017: «In ogni caso, al fine di non coinvolgere l'Amministrazione che rappresento e per svolgere ogni azione in piena libertà e con maggiore serenità, ho deciso di rimettere le deleghe conferitemi dal Ministro della Difesa»;
tale dichiarazione del Sottosegretario Rossi è stata ampiamente pubblicata sui mass media e sullo stesso sito ufficiale del Ministero della difesa nella pagina denominata «Area stampa-comunicati stampa» in data 3 ottobre 2017;
sul sito ufficiale del Ministero della difesa, alla data dell'8 novembre 2017, nella pagina riguardante il Sottosegretario Rossi e nella sottopagina relativa alle deleghe dello stesso Sottosegretario, risulta che il Sottosegretario Rossi è ancora in possesso delle deleghe, nonostante le sue dichiarazioni di remissione delle stesse;
le deleghe conferite al sottosegretario Rossi risultano essere di importanza centrale in numerosi settori della Difesa, per i quali occorre la massima chiarezza rispetto ai poteri di rappresentatività effettiva;
le normative riguardanti la pubblica amministrazione impongono che venga fornita la massima trasparenza nei confronti della cittadinanza;
non risultano dichiarazioni ufficiali sulla questione da parte della Ministra interrogata –:
se, a seguito della dichiarazione di rimettere le deleghe, siano state effettivamente ritirate le deleghe al Sottosegretario Rossi da parte della Ministra interrogata;
quali siano i motivi per i quali non venga pubblicato sul sito del Ministero l'eventuale ritiro delle deleghe e se non ritenga opportuno attivarsi affinché venga garantita la massima trasparenza in merito;
in caso di ritiro delle deleghe già avvenuto, se intenda indicare il relativo provvedimento e quali siano le attuali funzioni svolte dal Sottosegretario Rossi;
nel caso in cui le deleghe non siano state ancora ritirate, quali siano le motivazioni per le quali la Ministra interrogata non abbia ritenuto opportuno procedere, fino a questo momento, con tale atto e quali iniziative intenda intraprendere per procedere a tale ritiro, in considerazione del fatto che il Sottosegretario Rossi ha annunciato di rimettere le stesse ormai da diverso tempo;
per quale ragione la Ministra interrogata non abbia assunto un'iniziativa per chiarire davanti all'opinione pubblica e al Parlamento come stiano effettivamente le cose.
(4-18445)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazioni a risposta scritta:
PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
come riportato dal sito www.agenziaentrate.gov.it, «la legge istitutiva dell'Imu dispone che, nel caso di concessione su aree demaniali, il soggetto passivo dell'imposta sia il concessionario che è tenuto al pagamento dell'Imu. Il presupposto per l'applicazione dell'imposta è il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli, siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati. Qualora le strutture portuali siano accatastate in categoria D/8, l'Imu dovrà essere assolta sulla base della rendita catastale attribuita. Se, viceversa, le strutture portuali sono accatastate in categoria E, l'Imu non è dovuta. Gli specchi acquei relativi al porto ed ai singoli posti barca non possono neppure essere censiti catastalmente e non costituiscono né fabbricato, né area fabbricabile, né terreno agricolo»;
la sentenza della Corte di cassazione 15198/2016 ha ribadito che «i posti barca in porti turistici, così come gli stabilimenti balneari, vanno classificati nella categoria catastale D, e precisamente nella categoria D/12, anziché nel gruppo E, e precisamente nella categoria E/9. Inoltre, lo specchio acqueo e il costo di costruzione del posto barca sono oggetto di valutazione, in quanto nel calcolo del valore catastale di un porto turistico vanno ricompresi anche gli specchi d'acqua antistanti al porto e ai singoli posti barca, i quali sono censibili catastalmente in ragione della loro stabile autonomia funzionale e reddituale»;
nel mese di gennaio 2017, come evidenziato da alcune fonti di stampa, i comuni di Duino Arusina e di Trieste hanno inoltrato una comunicazione alle società nautiche che operano sul litorale, chiedendo di «regolarizzare la situazione catastale ai sensi del comma 336 dell'articolo unico della legge 311/2004, provvedendo secondo le modalità di legge alla revisione del classamento delle unità immobiliari urbane secondo le norme in vigore, definite dall'Agenzia delle Entrate»;
secondo l'articolo del 14 maggio 2017 de il Piccolo di Trieste, «dopo la richiesta di accatastamento dei posti barca arrivata alle diverse società nautiche da parte dei Comuni citati, ora, con lo stesso obiettivo procede direttamente l'Agenzia delle entrate. Sulle migliaia di posti barca in Regione, quattromila nella sola provincia di Trieste, grava lo spettro dell'Imu.»;
i fatti sopra citati sono stati esposti nell'atto n. 4-16684 del 23 maggio 2017, ancora senza risposta, con il quale il primo firmatario del presente atto ha chiesto ai Ministri interrogati quali iniziative il Governo «intendesse assumere per chiarire 2017, ancora senza risposta, con la corretta applicazione della normativa in materia di Imu per gli specchi d'acqua destinati a ormeggio, alaggio, varo e rimessaggio di imbarcazioni e natanti da diporto nelle aree demaniali marittime»;
il Piccolo di Trieste, nell'articolo del 29 ottobre 2017, ha dichiarato che «gli oltre quattromila diportisti triestini, sui quali pendeva l'incubo del pagamento Imu sul posto barca, possono tirare un grosso sospiro di sollievo. L'Agenzia delle Entrate rinuncia all'applicazione dell'Imu sugli ormeggi. Ad essere equiparati ai beni immobili saranno soltanto le strutture fisse, come i pontili e moli, di proprietà delle società nautiche e non dei singoli diportisti»;
Andrea Humar, assessore comunale con delega alle politiche del mare del comune di Duino Aurisina, ha affermato: «risulta chiaro che la richiesta di accatastamento riguarda soltanto i pontili e non gli specchi d'acqua adibiti all'attracco delle imbarcazioni da diporto. Un chiarimento che noi stessi avevamo chiesto e che abbiamo avuto il piacere di comunicare ai soci delle società nautiche del nostro territorio»;
Fulvio Vecchiet, presidente del Diporto nautico di Sistiana, appresa con soddisfazione la notizia che il testo pervenuto al comune di Duino Aurisina esprime una scelta favorevole alle società nautiche, pone l'accento sulla necessità di individuare il firmatario dell'accatastamento dei pontili: «Non siamo noi i proprietari, perciò tale incombenza non dovrebbe arrivare in capo alle società nautiche. Conosco la situazione di altre società nautiche di Trieste che, già due anni fa, hanno predisposto l'accatastamento dei pontili, ma ancora aspettano di sapere a chi spetta la firma in calce» –:
alla luce dei fatti esposti in premessa, se il Governo intenda chiarire definitivamente l'applicazione della normativa in materia di imposta municipale unica per i beni demaniali marittimi portuali.
(4-18452)
ZOLEZZI e PESCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
nell'articolo apparso in data 5 novembre 2017 su Repubblica viene riportata una vicenda complessa e tutta da chiarire relativa a possibili incontri di una persona identificata come «Antonio Muto» e David Rossi, ex capo comunicazione di Monte dei Paschi di Siena, deceduto nel marzo 2013, sulla cui morte è stata recentemente archiviata un'inchiesta. Su tale vicenda va segnalata l'interpellanza (2-01669) presentata dal deputato Pesco ed altri;
Goracci, l'avvocato della famiglia Rossi, riferisce che una persona qualificatasi come Antonio Muto gli disse «di aver fissato un incontro con David alle ore 18 del 6 marzo 2013, giorno della sua morte, ma di essere arrivato dopo che Rossi era morto. Ed è lì, spiega il legale della famiglia, che lui comincia a parlare di conti correnti aperti dalla banca con l'intervento di alcuni dirigenti per i finanziamenti necessari alla sua attività imprenditoriale a Brescia e Mantova». A Mantova anche David Rossi si recava spesso, visto che era vicepresidente del Centro Palazzo Te, una fondazione culturale comunale. Goracci dopo aver visto Muto, in un'intervista per Report, riferisce che la persona in video non era la stessa da lui incontrata;
Antonio Muto, classe 1962, è un costruttore edile arrestato e indagato nel 2015 nell'inchiesta «Pesci» a Mantova, assolto in appello dall'accusa di associazione mafiosa, e risulterebbe arrestato e indagato in un'inchiesta per bancarotta fraudolenta e falso in bilancio dal giugno 2017;
risulta altresì da notizie di stampa e dal libro «Fuoco criminale» di Rossella Canadè che Muto intercettato avesse detto di avere un credito da Monte dei Paschi di Siena 70 milioni di euro; per il solo cantiere di Piazzale Mondadori, affidato a Forum Mondadori, sono documentati prestiti, (anche a coprire prestiti precedenti) per oltre 27,4 milioni di euro, sono inoltre documentati 13,6 milioni di euro di spese contro 27,4 milioni di euro di finanziamento da Mps;
secondo l'ingegnere Roberto Magistrelli, incaricato per gli impianti idraulici ed elettrici del cantiere, «tutto l'affare di piazzale Mondadori, fino al fallimento, è stata un'operazione studiata al tavolino ma non da Antonio Muto. Qualcuno ai piani alti ha orchestrato tutto per far sparire 20 milioni di euro. Sarebbe interessante verificare se i soldi di MPS siano andati tutti sul conto di Forum»;
di sicuro Muto incontrò il vicedirettore Marini a Rocca Salimbeni il 17 maggio 2012, mediatore dell'incontro fu l'allora amministratore delegato di Monte dei Paschi di Siena Fabrizio Viola che incontrò successivamente Muto; Viola dal 6 dicembre 2016 è a capo della Banca popolare di Vicenza e consigliere di Veneto Banca con delega al progetto di fusione delle due banche. Il 25 giugno 2017 il Governo Gentiloni adotta il decreto-legge n. 99 del 2017, che dispone la liquidazione coatta amministrativa delle due banche; Viola figura fra i commissari liquidatori di entrambe;
nel frattempo, il cantiere di piazzale Mondadori è una ferita aperta nel cuore della città di Mantova, l'area che ospitava la stazione bus è caratterizzata da un estremo degrado sociale e ambientale e il traffico è notevolmente peggiorato. Le questioni giudiziarie sono ancora in corso e potrebbero arrivare provvedimenti di blocco delle opinabili iniziative commerciali per il ripristino dell'area –:
di quali elementi disponga sul complesso delle vicende segnalate in premessa, in particolare in virtù della partecipazione azionaria nel Monte dei Paschi di Siena, e sull'effettiva destinazione del finanziamento erogato a favore del progetto affidato a Forum Mondadori.
(4-18457)
LABOCCETTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
in data 3 dicembre 2015 il signor De Luca Bossa Gennaro, pensionato, ricevette da parte di Equitalia Sud s.p.a. un'intimazione di pagamento ex articolo 50, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, con l'avviso che, in mancanza, sarebbero state avviate azioni esecutive, dell'importo di 84.000,00 euro circa;
l'intimazione riguardava un presunto omesso pagamento di alcune cartelle esattoriali che secondo l'assunto di Equitalia, gli sarebbero state regolarmente notificate nel 2008 e nel 2009;
il De Luca Bossa, nella convinzione di nulla dovere, incaricò l'avvocato Stefano Marzatico del foro di Napoli al fine di compiere i necessari approfondimenti e per eventualmente agire giudizialmente contro l'agente di riscossione; emerse che tali richieste di pagamento si fondavano su presunti omessi pagamenti di Iva e Irap per gli anni 2003 e 2004, per i quali erano emesse diverse cartelle di pagamento;
si accertò pure che tali cartelle risultavano essere state notificate ad un soggetto diverso dal De Luca Bossa e a un indirizzo, via Capuozzo n. 42, San Giorgio a Cremano (Napoli), che non risultava corrispondere alla sua residenza sita in Via Carafa, Cercola (Napoli);
il De Luca Bossa Gennaro era stato, anni addietro, l'amministratore unico di un piccolo negozio di vendita al dettaglio che aveva ceduto con atto notarile dell'11 giugno 2003 a tali P.S. e B.M. con residenza in via Capuozzo 42, San Giorgio a Cremano (Napoli);
le cartelle di pagamento, oggetto dell'intimazione, apparivano essere state notificate al reale debitore;
invero Equitalia, per ragioni che appaiono inimmaginabili all'interrogante, notificate le cartelle di pagamento al reale debitore che aveva rilevato il negozio, non ricevendo da questi il pagamento, provvedeva a notificare al De Luca Bossa, soggetto estraneo all'obbligazione tributaria, l'intimazione di pagamento predetta;
dopo un colloquio infruttuoso con il responsabile del procedimento esecutivo, veniva presentato ricorso innanzi alla commissione tributaria provinciale di Napoli, con il quale si contestava il difetto di legittimazione passiva e la non corretta procedura di notifica delle cartelle di pagamento;
il procedimento, ruolo generale 4560/16, veniva trattato all'udienza del 25 maggio 2016 e la commissione, valutando prima facie la fondatezza dell'impugnazione, invitava Equitalia a riesaminare la situazione debitoria del De Luca Bossa e quindi eventualmente a procedere allo sgravio;
alla successiva udienza del 6 luglio 2016, preso atto che Equitalia non aveva proceduto allo sgravio, la Commissione introitava la causa a sentenza;
a giudizio dell'interrogante, inopinatamente, la Commissione rigettava il ricorso motivando la decisione con superficialità disarmante: «l'intimazione è perfettamente conforme alla disposizione regolamentare che la disciplina», non avendo il De Luca Bossa proposto opposizione alle cartelle di pagamento al momento della notifica e lo condannava al pagamento delle spese di giudizio;
è da chiedersi come lo stesso avrebbe potuto opporsi, visto che le cartelle erano state notificate ad altro soggetto;
la notizia provocava al De Luca Bossa un comprensibile stato depressivo durato fino al momento in cui, a seguito del proposto appello, i giudici di secondo grado hanno annullato la sentenza di primo grado e condannato Equitalia spa anche al pagamento degli onorari di giudizio in favore dell'avvocato Stefano Marzatico;
ci sono voluti oltre due anni per far cessare una procedura esecutiva di notevole valore promossa nei confronti di un soggetto non legittimato –:
se sia intenzione del Ministro interrogato intraprendere iniziative normative per evitare che vicende simili abbiano a ripetersi e per garantire una ragionevole durata dei procedimenti innanzi agli organi della giustizia tributaria.
(4-18458)
GIUSTIZIA
Interpellanze:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
è da circa due anni all'attenzione del Ministero una bozza di riforma del decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 2005, n. 169, che regola il riordino del sistema elettorale e della composizione degli organi degli ordini dei dottori agronomi e dottori forestali, degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori, degli assistenti sociali, degli attuari, dei biologi, dei chimici, dei geologi e degli ingegneri;
il processo preparatorio di tale riforma è stato attenzionato dai sottoscritti con le interpellanze urgenti n. 2-01189 e n. 2-01772 a cui ha risposto in Aula il sottosegretario Ferri rispettivamente il 4 dicembre 2015 e il 28 aprile 2017;
rispondendo all'ultima interpellanza, il rappresentante del Governo aveva affermato: «il Ministero è in una fase di avanzata istruttoria, ma siamo in dirittura d'arrivo per dare alla luce queste modifiche»;
nelle more di questa riforma, molto attesa dalle professioni anche perché capace di garantire maggiore democrazia, partecipazione, rappresentatività e rinnovamento, si sono svolte in alcuni ordini le elezioni nei consigli territoriali;
secondo segnalazioni giunte agli interpellanti, sarebbero stati eletti, in palese violazione del decreto del Presidente della Repubblica n. 169 del 2005, alcuni consiglieri giunti al quarto mandato consecutivo. Tali violazioni si sarebbero registrate per gli Ordini degli ingegneri di Livorno, Messina e Isernia, per gli Ordini degli architetti di Benevento e Messina e per l'Ordine dei chimici di Lecce;
l'articolo 2, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica stabilisce, infatti, che i componenti dei consigli territoriali restino in carica quattro anni a partire dalla data della proclamazione dei risultati e non possano essere eletti per più di due volte consecutive. In occasione del decreto «Milleproroghe 2010», si è stabilito che l'articolo 2, comma 4, si applicasse ai componenti degli organi in carica alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, con il limite massimo di durata corrispondente a tre mandati consecutivi;
tale previsione ha consentito la ricandidatura a componenti degli organi che altrimenti non avrebbero potuto farlo dopo aver raggiunto tale limite;
nella risposta all'interpellanza n. 2-01772, il sottosegretario affermava che «per quanto riguarda il limite dei mandati è tuttora oggetto di riflessione l'opportunità di mantenere o modificare il confine attualmente segnato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 169 del 2005»;
il Consiglio nazionale degli ingegneri, già nel 2011 (circolare n. 391), riportando il parere del Ministero della giustizia reso in data 26 gennaio, chiariva agli iscritti che il limite «vale sia se la persona è stata eletta dall'inizio, sia se è subentrata in sostituzione di altro soggetto, eletto in precedenza». Tale soluzione veniva estesa anche al caso del consigliere dimissionario, per evitare che così facendo venga eluso il divieto di legge;
in risposta a un quesito del Consiglio nazionale dei chimici, nel maggio 2017 il Ministero ha risposto con chiarezza che «non si ritiene estensibile l'aumento dei limiti dei mandati ai componenti che saranno eletti nel 2017»;
secondo alcune segnalazioni, anche a seguito di alcuni ricorsi il Consiglio nazionale degli ingegneri avrebbe convocato i presidenti degli Ordini con consiglieri o presidenti eletti al quarto mandato, preannunciando una immediata lettera con la relativa decadenza degli stessi. Non uguale solerzia si è però riscontrata in altri Ordini coinvolti;
come si evince dalla relazione 2016 del Ministero sull'amministrazione della giustizia a pagina 17, l'attività del settore libere professioni dell'ufficio II – Ordini professionali e pubblici registri (posto sotto la direzione generale della giustizia civile, a sua volta sotto il dipartimento per gli affari di giustizia), è volta a «verificare il regolare funzionamento degli Ordini e Collegi nelle loro articolazioni, costituite dai Consigli nazionali e territoriali». Inoltre, «qualora siano rilevate disfunzioni, ovvero in caso di gravi e ripetute violazioni di legge – variamente definite dalle norme anche come violazione dei doveri propri dell'organo – ovvero in caso di impossibilità di funzionare degli organi in questione, compete al Ministero l'esercizio del potere di scioglimento e commissariamento degli Ordini e Collegi locali o nazionali»;
accanto al suddetto settore opera inoltre il settore Consigli nazionali, volto a «prestare assistenza tecnico-giuridica ai Consigli nazionali delle libere professioni vigilate dal Ministero della giustizia, occupandosi [...] dell’iter dei procedimenti disciplinari dei singoli Consigli nazionali nei confronti di loro appartenenti»;
il Ministero è quindi competente a valutare condotte scorrette come quelle illustrate –:
se il Ministro interpellato abbia riscontrato le violazioni esposte in premessa e se intenda esercitare fino in fondo le funzioni di vigilanza, controllando tutti gli ordini coinvolti in elezioni nell'ultimo anno e adottando le iniziative di competenza in caso di eventuali violazioni;
se intenda assumere le iniziative per confermare l'interpretazione della norma sul limite dei mandati alla luce della risposta del maggio 2017 richiamata in premessa;
se intenda assumere le iniziative di competenza per procedere rapidamente alla revisione del decreto del Presidente della Repubblica n. 169 del 2005 entro la scadenza della legislatura e chiarire l'orientamento definitivo sul limite dei mandati.
(2-02009) «Mazziotti di Celso».
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
la morte di David Rossi, manager della comunicazione Mps, avvenuta per precipitazione al suolo dello stesso Rossi da una delle finestre della sede della banca a Siena la sera del 6 marzo 2013, rimane a tutt'oggi irrisolta;
la procura di Siena ha archiviato per due volte il fascicolo investigativo riconoscendo il suicidio come la causa più probabile della morte;
gli interpellanti in proposito hanno già depositato diversi atti di sindacato ispettivo per richiedere l'invio di ispettori ministeriali per fugare eventuali dubbi sul corretto svolgimento delle indagini;
l'opinione pubblica ha iniziato a interessarsi al caso anche grazie alla pubblicazione di diversi libri di cui uno scritto da Elio Lanutti e Franco Fracassi ed uno dal giornalista Davide Vecchi e soprattutto grazie ad un ciclo di servizi televisivi del programma «Le Iene» che a partire dal 5 ottobre 2017 hanno rivelato parecchi particolari legati alla vicenda, sconosciuti sia agli interpellanti sia alla procura;
in particolare, nella puntata del 1° ottobre 2017, si è assistito ad una inaspettata refrattarietà a rilasciare dichiarazioni da parte di diversi intervistati quali Giancarlo Filippone capo segreteria di David Rossi e Giovanni Mingrone capo area finanza della stessa banca, ossia le 2 persone che per prime si sono avvicinate al corpo di David Rossi a morte avvenuta, così come documentato dal famoso video della telecamera di sicurezza posizionata nel vicolo di monte pio;
reazione simile sembra sia stata rilevata anche da parte di Lorenza Bondi, collega di David Rossi, che la sera del 6 marzo 2013 lasciò la sede circa 15 minuti dopo la caduta di Rossi e disse agli inquirenti di aver visto la luce accesa e la porta dell'ufficio del Rossi socchiusa, la stessa porta che sembra sia stata invece trovata chiusa mezz'ora dopo da Filippone e dalla figlia di Rossi, Carolina Orlandi, accorsi allo stesso ufficio;
reazione simile sembra si sia avuta anche da parte del signor Ricucci, addetto alla sorveglianza, che per mezz'ora sembra non abbia visto nei monitor il corpo di David Rossi steso al suolo;
si sarebbe rilevata tale refrattarietà a rilasciare dichiarazioni anche da parte dell'avvocato Mussari, ex presidente di Mps, ed anche da parte di Giuliano Amato intervistato in merito alle ipotetiche visite del Rossi al Ministero dell'interno quando lo stesso Amato era Ministro;
a parere degli interpellanti queste persone avrebbero potuto aggiungere particolari utili per comprendere meglio quanto accaduto;
nella puntata dell'8 ottobre 2017 il giornalista Monteleone ha intervistato sullo stesso tema l'ex sindaco di Siena Piccini il quale a modo suo, senza immaginare di essere registrato, ha parlato del rischio di far scoppiare una «bomba» morale nel caso in cui venisse esplorato un filone di indagine circa feste particolari avvenute in due ville, una tra Arezzo e Siena e una al mare;
a seguito di queste dichiarazioni il procuratore capo di Siena Vitello ha annunciato di aver trasmesso la registrazione della trasmissione alla procura di Genova, «cui spetta ogni competenza in merito trattandosi di accuse penali rivolte ai magistrati degli uffici di Siena» (http://www.lanazione.it). In seguito la stessa procura di Genova competente a indagare per fatti che riguardano i magistrati senesi) ha avviato due nuove indagini una per diffamazione e una per abuso d'ufficio (http://www.ilsecoloxix.it);
ne è seguito il sequestro di tutti i filmati registrati da «Le Iene», le quali però, nel rispetto della legge, nella puntata del 5 novembre 2017 hanno ammesso di non voler consegnare alcune parti riferite a fonti che hanno chiesto di restare anonime (https://www.iene.mediaset.it). Sempre dai diversi servizi delle Iene si è appreso che una testimone chiave non è mai stata ascoltata dagli inquirenti: si tratta della signora Pieraccini, all'epoca componente della segreteria dell'amministratore delegato Fabrizio Viola, la quale nel corso della trasmissione delle Iene andata in onda domenica 29 ottobre 2017, ha dichiarato che sia l'ex direttore generale di Mps, Fabrizio Viola, sia il capo segreteria Valentino Fanti, sapevano della email nella quale David Rossi aveva annunciato la volontà di farla finita, a differenza di quanto dichiarato dallo stesso Viola che sotto giuramento agli inquirenti avrebbe detto «non, ricordo di aver ricevuto questa email»;
a seguito di diverse osservazioni sollevate circa lo svolgimento delle indagini, la procura di Siena, il 12 ottobre 2017, ha dato pubblicità all'ordinanza della seconda archiviazione e circa 15 giorni dopo ha diramato un documento, in modo congiunto con il tribunale, in risposta alla famiglia di Rossi, nel quale prende in esame dieci punti di critica mossi in diverse sedi;
il documento, a parere degli interpellanti, fa sorgere ulteriori perplessità sullo svolgimento delle indagini in quanto appare quasi come un'ammissione di colpa da parte di procura e tribunale per non aver proceduto in maniera più approfondita: Carolina Orlandi, nell'intervista trasmessa da «Le Iene» il 5 novembre 2017, in ordine proprio ai vestiti di Rossi non sequestrati dice: «La Procura dice che all'inizio, i vestiti, non è stato necessario metterli sotto sequestro perché si pensava tutti “si è buttato dalla finestra”, ma un magistrato non può dire a priori “si è buttato di sotto”, non lo può fare. Le indagini si fanno apposta. I vestiti di David erano importanti perché potevano avere delle tracce, potevano dimostrare delle cose, o no, però non lo sapremo mai» –:
se il Ministro interrogato non intenda inviare ispettori ministeriali presso la procura e il tribunale di Siena in relazione a quanto illustrato in premessa.
(2-02010) «Pesco, Di Battista, Villarosa, Sarti, Alberti, Tripiedi, Cozzolino, Scagliusi, Baroni, Manlio Di Stefano, Sibilia, Ferraresi, Bonafede, Del Grosso, Vallascas, Da Villa, Dieni, Dadone, Mantero, Silvia Giordano, Nesci, Benedetti, Parentela, Gallinella, L'Abbate, Massimiliano Bernini, Cominardi, Ciprini, Spessotto, Micillo, Terzoni, Della Valle, D'Incà, Crippa».
Interrogazione a risposta in Commissione:
RIZZETTO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il territorio dell'ex provincia di Pordenone è caratterizzato da un'altissima concentrazione di insediamenti produttivi e industriali, tonto da far parte delle 15 aree territoriali con la maggiore presenza di industrie manifatturiere d'Italia; questo territorio esprime quindi una realtà economico-produttiva che non può rinunciare alla giustizia in materia fallimentare;
tuttavia, nella riorganizzazione della giustizia fallimentare prevista con delega al Governo con la legge 19 ottobre 2017, n. 155, si prevede l'utilizzo come principale parametro di riferimento quello della densità della popolazione, mentre si dovrebbe tenere conto anche di ulteriori criteri che tengano conto delle specificità dei territori. Al riguardo, il Friuli Venezia Giulia occidentale ha un importante carico di lavoro che ha fatto registrare negli ultimi anni i numeri più alti in Italia;
inoltre, il territorio in questione, sta già subendo una perdita di rappresentanza e prossimità di servizi, poiché ha visto, anche a seguito della riforma regionale dell'ordinamento degli enti locali, il venir meno della provincia, nonché il rischio per ora scongiurato — della soppressione della prefettura — ufficio territoriale del Governo e la prospettiva di procedere all'unificazione delle camere di commercio di Udine e di Pordenone;
pertanto, se la riorganizzazione della giustizia fallimentare non terrà conto, di ogni idoneo criterio, si teme che una riforma complessiva della rete dei tribunali, potrebbe portare erroneamente alla soppressione del tribunale di Pordenone nel suo complesso, con conseguenze gravissime e inaccettabili a carico delle comunità servite da questo imprescindibile presidio di giustizia;
si ricorda che l'efficacia di alcuni servizi resi localmente dallo Stato, come la giustizia, dipende proprio da un'idonea distribuzione, individuata in base all'articolazione territoriale, sociale ed economica di una regione –:
quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato su quanto esposto in premessa;
se e quali iniziative, anche normative, intenda adottare per quanto concerne l'organizzazione della giustizia fallimentare, affinché si introducano nuovi parametri che tengano conto non solo della popolazione di riferimento, ma anche della realtà produttiva e della concentrazione industriale nel suo complesso;
se e quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché si scongiurino manovre sulla distribuzione dei presìdi di giustizia in Friuli Venezia Giulia che comportino un ridimensionamento o addirittura una soppressione del tribunale di Pordenone nel suo complesso, compresa la sezione fallimentare.
(5-12659)
Interrogazione a risposta scritta:
GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
notizie stampa hanno informato che i fratelli Francesca e Giulio Occhionero sono stati sottoposi alla custodia cautelare in carcere il 9 gennaio 2017 con la principale accusa di aver tentato di violare i sistemi informatici di politici ed istituzioni e che, praticamente allo scadere del primo termine della misura, è stato disposto il giudizio immediato con conseguente differimento del termine e sua nuova decorrenza e durata;
i reati contestati ai fratelli Occhionero sono puniti con la pena della reclusione fino a 5 anni, con conseguente termine per la custodia cautelare di 3 mesi, nella specie divenuto di sei mesi a decorrere dal decreto di giudizio immediato, con conseguente scadenza della custodia al 3 ottobre 2017;
infatti, il richiamo dell'articolo 615-ter, terzo comma, del codice penale contenuto nell'imputazione, secondo l'interrogante, non può che essere al solo 1° inciso (e quindi con un richiamo del 1° comma e non del 2°), la cui applicazione conduce alla pena aggravata ad anni cinque (e non otto) di reclusione;
inoltre, il teste chiave dell'accusa, il sovrintendente capo del Cnaipic Francesco Cappotto, all'udienza del 10 ottobre 2017, ha rivelato che «lo scopo [dell'ing. Occhionero] non era distruggere o danneggiare» e che non si sono registrati danni o interruzioni dei sistemi informatici che si assumono colpiti;
le stesse parti civili, a quanto risulta all'interrogante, non hanno lamentato che danni di immagine, cioè danni del tutto diversi dal danneggiamento o sottrazione di dati o interruzione dei sistemi informatici;
pertanto, deve ritenersi che già nel momento in cui i fratelli Occhionero sono stati tratti in arresto era ben noto che dovesse escludersi l'aggravante che potesse giustificare il più lungo termine della custodia cautelare;
di conseguenza, la custodia carceraria di Giulio Occhionero può legittimare, secondo l'interrogante, il forte sospetto del trattarsi di un ennesimo caso di abuso della misura carceraria in fase cautelare;
d'altronde, la parallela vicenda della sorella, sembra porsi nel medesimo solco, posto che alla stessa venivano contestati gravi indizi di colpevolezza non in base ad indagini tecniche, ma in base a brogliacci di intercettazioni il cui effettivo contenuto, già alla prima udienza istruttoria, si è rivelato inconsistente, tanto che a Francesca Occhionero è stata eliminata la misura della custodia detentiva: nove mesi di restrizione carceraria la cui infondatezza ed inutilità è subito affiorata nel processo, insieme all'evidente contrasto con il principio della extrema ratio della custodia carceraria sancito dall'articolo 275 codice di procedura penale;
il Comitato europeo per la prevenzione della tortura (CPT), nell'ultimo rapporto annuale diffuso a Strasburgo il 20 aprile 2017, ha esortato i 47 Stati membri del Consiglio d'Europa a non imporre la custodia cautelare in carcere se non come ultima ratio e a offrire condizioni di detenzione soddisfacenti agli indagati sottoposti a carcerazione preventiva –:
se non ritenga di dover valutare, nell'ambito delle sue competenze e nel pieno rispetto dell'autonomia della magistratura, se sussistano i presupposti per l'esercizio dei propri poteri ispettivi, con riguardo al caso di specie;
quanti siano nell'ultimo anno coloro che hanno scontato o che stanno scontando la custodia cautelare in carcere per reati strettamente informatici;
quanti siano, al momento, i detenuti in custodia cautelare in carcere e quale sia in termini percentuali la progressione mensile a seguito della riforma attuata con la legge 16 aprile 2015, n. 47;
cosa intenda fare per corrispondere a quanto richiesto dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura agli Stati membri nell'ultimo rapporto annuale.
(4-18446)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazione a risposta in Commissione:
CARLONI, TINO IANNUZZI, IMPEGNO, MANFREDI, PARIS, SALVATORE PICCOLO, SGAMBATO, TARTAGLIONE e VALERIA VALENTE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il cantiere navale di Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli, è la più antica fabbrica di navi intesa in senso moderno. È oggi gestito da Fincantieri, controllata 71,6 per cento da Fintecna s.p.a., finanziaria del Ministero dell'economia e delle finanze. Il gruppo conta quasi 22.000 dipendenti, di cui più di 500 impiegati a Castellammare;
nelle prossime settimane il Governo concorderà con la conferenza Stato-regioni le, modalità per l'assegnazione e la ripartizione del fondo nazionale per il Trasporto pubblico locale «mare», complessivamente pari a 300 milioni di euro. Si tratta di una grande opportunità per l'intero Paese, non solo per rinnovare le flotte passeggeri al servizio di turisti e pendolari, ma anche per rilanciare l'industria della costruzione cantieristica. In questo quadro lo stabilimento Fincantieri di Castellammare di Stabia può trovare occasione di rilancio e di sviluppo;
a quanto risulta, la regione Campania intende affiancare a queste risorse statali ulteriori finanziamenti regionali, per procedere ad un rinnovo delle flotte per i collegamenti verso le isole. In particolare, gli investimenti si dovrebbero concentrare sulla costruzione di un prototipo di traghetto tecnologicamente all'avanguardia, che possa costituire l'avvio di una linea di produzione capace poi di essere competitiva anche sui mercati internazionali, oltre che sul mercato interno;
lo sforzo compiuto dalle parti sociali, a seguito dei dolorosi tagli degli anni passati, ha reso questa fabbrica tra le più produttive ed efficienti del gruppo Fincantieri. Tale configurazione merita di essere colta come una opportunità e come una doverosa ricompensa verso i lavoratori. Per ora, infatti, sono assicurate commesse che ne garantiscono l'operatività per il prossimo triennio;
al contempo, Fincantieri deve assumere impegni sugli investimenti necessari per ammodernare lo stabilimento, al fine di renderlo adeguato alle sfide di mercato, ed individuando delle lavorazioni coerenti per garantire commesse di medio e lungo periodo, oltre i prossimi tre anni che sono già assicurati;
considerato il buono stato di salute del gruppo Fincantieri, è quantomai urgente assicurare allo stabilimento di Castellammare una prospettiva strategica di sviluppo nel medio e nel lungo periodo, come sottolineato a mezzo stampa anche dal presidente della regione Campania in data 7 novembre 2017 –:
se i Ministri interrogati siano al corrente della situazione descritta in premessa; se ritengano che sussistano i presupposti per promuovere verifiche al riguardo; se intendano attivarsi affinché si possano predisporre le iniziative necessarie volte a salvaguardare i diritti dei lavoratori, chiarendo le intenzioni del gruppo Fincantieri circa lo sviluppo delle commesse nel cantiere di Castellammare e garantendo, al contempo, i necessari potenziamenti infrastrutturali ed i livelli occupazionali.
(5-12670)
Interrogazioni a risposta scritta:
MARCO DI MAIO, MORANI, ROTTA, GALPERTI, ASCANI, VAZIO, MORETTO, COPPOLA, FANUCCI, DONATI, GADDA e CARRESCIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
oltre la metà dei dispositivi per il test alcolemico è attualmente fuori servizio, poiché ferma nel «Centro superiore ricerche prove autoveicoli e dispositivi» (Csrpad) del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in attesa della revisione annuale o della riparazione dei dispositivi medesimi;
da oltre un anno, la sede di Roma del (Csrpad) risulta essere non funzionante, con il conseguente invio degli etilometri a Milano;
tale inconveniente provoca un prolungamento dei tempi di restituzione dei suddetti apparati, con conseguenti gravi difficoltà per i comandi della polizia stradale e gli uffici delle polizie locali;
una recente gara di appalto avrebbe dovuto individuare imprese private che si facessero carico di tali revisioni, ma ad oggi essa sembra essere ancora senza esito –:
se il Ministro interrogato ritenga opportuno approfondire le motivazioni per cui la sede di Roma del Csrpad è attualmente chiusa e attivarsi conseguentemente per la sua riapertura;
se non ritenga opportuno fornire maggiori informazioni agli operatori del settore sulla succitata gara di appalto, al fine di evitare comportamenti scorretti e tesi a delegittimare l'impegno profuso ogni giorno per la sicurezza stradale.
(4-18431)
D'INCÀ e BRUGNEROTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il 28 giugno 2017 un'ondata di maltempo, caratterizzata da temporali con pioggia battente, vento forte e grandinate, si è abbattuta nella zona del Trevigiano, causando forti disagi tra cui, i più gravi, nella zona di Vittorio Veneto, dove una frana è caduta sulla strada statale 51 di Alemagna, nei pressi della località Fadalto Basso, mentre un albero precipitato sui binari ha bloccato la circolazione ferroviaria tra Calalzo e Vittorio Veneto. Lo stesso giorno l'Anas comunicava: «la strada statale 51 “di Alemagna” è provvisoriamente chiusa in entrambe le direzioni a causa di una frana in località Nove-San Floriano (km 21) nel comune di Vittorio Veneto, in provincia di Treviso. Il traffico è deviato con indicazioni in loco. Il personale Anas è intervenuto sul posto al fine di ripristinare la transitabilità nel più breve tempo possibile»;
tale chiusura totale, protrattasi fino al 12 luglio 2017, giorno dal quale la strada è percorribile a senso unico alternato (solo di giorno e dalle ore 6 alle 20) mentre di notte continuerà ad essere chiusa, ha causato e continua ancora oggi a causare forti disagi ai pendolari che viaggiano tra Vittorio Veneto e il Bellunese e che sono costretti a pagare il pedaggio autostradale, nel tratto in questione, oppure a utilizzare la ferrovia;
inoltre, la chiusura notturna del tratto della strada statale Alemagna ha ripercussioni anche sulle attività commerciali che sono interessate dal tratto in questione, che con la chiusura della strada alle ore 20, perdono clienti che sono dirottati su strade alternative;
purtroppo, ad oggi, a distanza di oltre 4 mesi il tratto di strada non è ancora totalmente percorribile e non si intravede una soluzione che prefiguri l'immediato ripristino della viabilità h 24, in quella che rappresenta un'importantissima arteria stradale pubblica tra il Bellunese ed il Trevigiano;
a tal proposito, destano forti preoccupazioni per gli abitanti delle zone interessate, le intenzioni del prefetto di Treviso che, così come riportato da organi di stampa del 26 ottobre 2017, propone la chiusura totale 24 ore su 24, sia del tratto di strada interessato, sia della linea ferroviaria, perché ancora il versante franato non sarebbe messo adeguatamente in sicurezza –:
se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
quali iniziative urgenti di competenza, anche di carattere normativo, intendano adottare affinché l'Anas provveda alla messa in sicurezza ed al conseguente ripristino della viabilità nel tratto di strada indicato, considerato che sono passati ormai oltre 4 mesi dall'evento, che sta causando forti disagi ad abitanti e pendolari ed alle attività commerciali della zona;
se il Governo intenda assumere le iniziative di competenza al fine di prevedere la gratuità, per i residenti delle zone interessate, del pedaggio autostradale sulla A27 nel tratto «Venezia-Belluno» tra gli svincoli di Vittorio Veneto Nord e di Santa Croce, fintanto che perdura l'interruzione.
(4-18437)
D'AGOSTINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
la città di Ariano Irpino in provincia di Avellino è una realtà sempre più significativa in termini di abitanti, così come sono tantissimi i residenti dei comuni limitrofi che vi si recano per i più svariati motivi;
in attesa che si realizzi la stazione Hirpinia dell'alta capacità in località Santa Sofia, sarebbe giusto consentire a chi ne ha necessità di usufruire dei treni ad alta velocità che da Lecce collegano Roma e transitano per la stazione di Ariano Irpino, ma non vi fanno sosta;
la linea in questione, percorsa in senso inverso, permette attualmente il collegamento tra Benevento, Foggia, Bari e Lecce;
una sosta ad Ariano, anche in tale direzione, agevolerebbe le tantissime persone, in particolare gli studenti, che dal Tricolle si recano soprattutto a Foggia e a Bari;
si tratta complessivamente di un bacino di utenza di oltre 70mila persone;
a giudizio dell'interrogante, il Governo dovrebbe valutare questa opportunità ed eventualmente di intervenire sui vertici di Ferrovie dello Stato affinché prevedano due soste del Frecciargento anche ad Ariano Irpino;
si tratta di un'esigenza concreta e di un diritto di chi vive in quella realtà –:
quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare affinché Ferrovie dello Stato italiane garantisca che il treno ad Alta velocità Frecciargento che collega Lecce a Roma faccia almeno due soste ad Ariano Irpino nell'arco della giornata.
(4-18438)
INTERNO
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
dopo 17 anni di ritardo (ex articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica n. 334 del 2000) per effetto della sentenza del TAR Lazio n. 01439 del 2016 del 2 febbraio 2016 relativa alla class action N.R.G. 7489 promossa dagli ispettori ante decreto legislativo n. 197 del 1995 nei confronti del Ministero dell'interno, alla sezione II, articolo 2, lettera t) del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95 – attuativo della legge delega «Madia» 7 agosto 2015, n. 124 – è stato istituito il «ruolo direttivo a esaurimento della polizia di Stato» (in seguito Rde);
il Rde sostituisce il Ruolo Direttivo Speciale della Polizia di Stato (in seguito Rds), istituito 17 anni fa con l'articolo 14, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 3334 del 2000, ma mai costituito a causa del mancato bando dei concorsi ex articolo 25;
il Rde non risponde agli auspici degli ispettori della polizia di Stato ex legge n. 121 del 1981 così come contenuti nella domanda N.R.G. 7489 al Tar Lazio, in quanto non sana la disparità e non restituisce agli aventi diritto le opportunità di cui sono stati privati;
gli ispettori furono retrocessi e demansionati – (decreto legislativo n. 197 del 1995) – mentre tutte le altre forze di polizia militari e civili erano già dotate di proprio ruolo direttivo speciale con organici riservati ai sottufficiali (tutti subordinati gerarchicamente, funzionalmente ed economicamente agli ispettori di polizia ex legge n. 121 del 1981);
il Rds della polizia di Stato nel 2000 prevedeva una carriera fino alla qualifica di vice questore aggiunto (tenente colonnello) – e trattamento economico da colonnello dopo 13 anni – mentre il Rde – decreto legislativo n. 95 del 2017 – prevede uno sviluppo di carriera fino alla qualifica di commissario capo (quindi due gradi in meno senza adeguamento economico nella dirigenza);
il Rde non produce l'equiordinazione indicata nella legge delega «Madia», considerato che i sottufficiali di altre forze di polizia, dal 1995 transitati nei ruoli direttivi speciali (decreto legislativo n. 95 del 2017 con qualifica di maggiore o di tenente colonnello) oggi sono stati tutti dirigenzializzati;
il concorso «per titoli» del Rde – a differenza dall'Arma dei carabinieri – prevede per i candidati (ultracinquantenni) esami psicoattitudinali, individuali, di gruppo ed esami finali di profitto;
il transito dei candidati dall'attuale qualifica di sostituto commissario coordinatore a vice commissario del Rde determinerà una retrocessione economica dei vincitori, che passeranno dal parametro stipendiale n. 148 al n. 136,75, e l'assegno ad personam (previsto dalla norma a compensazione dell'arretramento) coprirà solo le voci «fisse e continuative», quindi solo parte del reddito mensile da attività operativa;
considerata l'età avanzata, i candidati al concorso per Rde non svilupperanno la carriera prospettata dalla norma (due avanzamenti), stante l'obbligatoria frequenza di uno dei cinque distinti corsi bimestrali previsti – «(...) distanziati l'uno dall'altro di almeno sei mesi» – e rimarranno vice commissari (sottotenenti) per anni con ulteriore aggravio anche per il trattamento di fine servizio;
il concorso per Rde, pubblicato sul supplemento straordinario n. 1/29 bis del bollettino ufficiale del personale 12 ottobre 2017, non prospetta nemmeno il riconoscimento di una decorrenza giuridica capace di compensare il danno causato agli interessati, mentre la stessa Amministrazione dell'interno ha già applicato e sta applicando, per tutti gli altri ruoli, la «regola dell'annualità» a ritroso, talora andando indietro anche di decine di anni;
le Commissioni riunite 1ª e 4ª del Senato indicarono le molte criticità ex ante e le formalizzarono nella «raccomandazione» contenuta nel parere dell'11 maggio 2017 sullo schema di decreto legislativo n. 395;
a parere dell'interrogante la vicenda potrebbe essere risolta attraverso un provvedimento legislativo di pari rango, ovvero mediante l'emanazione di un decreto legislativo, così come previsto dalla legge delega cosiddetta Madia n. 124 del 7 agosto 2015, articolo 8, comma 6, per la correzione urgente dell'articolo 2, comma 1, lettera t), numero 1:
a) inserendo nel quarto periodo, dopo la frase «al termine del periodo applicativo» la seguente espressione: «i vice commissari vengono nominati commissari»;
b) sostituendo il quinto periodo, con il seguente: «il periodo di sospensione del corso di formazione non produce effetti ai fini della promozione alla qualifica di commissario capo»;
c) riconoscendo, mediante l'applicazione della «regola dell'annualità», una decorrenza giuridica alla qualifica di vice commissario capace di compensare, almeno in parte, l'enorme danno causato agli interessati;
d) in subordine, prevedendo che ai commissari, che per ragioni anagrafiche o di forza maggiore, non riuscissero a raggiungere la qualifica apicale, sia conferita la qualifica di commissario capo (i.e. capitano) con decorrenza dal giorno precedente alla collocazione in quiescenza –:
se il Ministro ritenga di assumere iniziative normative volte a correggere quanto riportato nella sezione II, articolo 2, lettera t), del decreto legislativo n. 95 del 2017, per garantire parità di condizioni ai soggetti indicati.
(2-02008) «Naccarato».
Interrogazione a risposta in Commissione:
FITZGERALD NISSOLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
dopo la seconda guerra mondiale, tra il 1950 ed il 1970, circa 3700 bambini italiani orfani sono partiti per gli Stati Uniti per essere adottati da famiglie americane, assumendo un nuovo nome e cognome e quindi una nuova identità anagrafica e acquisendo, di conseguenza, la cittadinanza americana;
si è trattato di un vero e proprio esodo, superiore anche al numero di bambini partiti dall'Irlanda, che per molto tempo è stato dimenticato;
un esercito di donne e uomini che con la maggiore età sono andati alla ricerca delle proprie origini italiane ed oggi rivendicano il diritto di essere italiani;
l'associazione «Italiadoption» guidata da John Pierre Battersby Campitelli chiede il «diritto alle origini» con il riconoscimento della doppia cittadinanza per tutti gli orfani adottati negli Usa nel ventennio 1950-1970;
non si può negare loro il riconoscimento della cittadinanza italiana, cittadini per nascita e cittadini di diritto –:
come intenda procedere il Governo per assicurare il riconoscimento della cittadinanza italiana agli oltre 3700 orfani italiani adottati negli Usa tra il 1950 ed il 1970, considerato che sono nati italiani.
(5-12661)
Interrogazioni a risposta scritta:
FRACCARO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
la Relazione sull'attività delle Forze di Polizia, sullo stato dell'ordine e della sicurezza pubblica e sulla criminalità organizzata per l'anno 2014, comunicata alla Presidenza della Camera dei deputati il 14 gennaio 2016 (Atti Parlamentari XVII Legislatura – Doc. XXXVIII, n. 3) segnala l'esito dell'operazione Toman condotta dalla Polizia di Stato e coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Bologna;
nell'ambito della predetta operazione conclusa nel luglio 2014 sono stati accertati scambi di denaro e valuta in ambito internazionale con rimesse e proposte di transazioni per decine di milioni di euro in violazione delle normative fiscali ed antiriciclaggio. Le indagini che si sono svolte nelle province di Ravenna, Trento, Milano, Firenze, Verona, Modena, Siena, Torino, Teramo, Rieti, Caltanissetta, Ascoli Piceno, Ancona e Venezia, hanno consentito di individuare i partecipanti al sodalizio criminale dedito all'esercizio abusivo dell'attività finanziaria ed al trasferimento dei proventi derivanti dal favoreggiamento dell'immigrazione illegale. Per il meccanismo illecito si faceva riferimento sia a imprenditori italiani, quali intermediari finanziari internazionali non autorizzati dagli organi di vigilanza finanziaria preposti, sia al sistema hawāla, tradizionale metodo di pagamento fiduciario mediorientale;
nell'indagine si accertava l'esistenza di una consolidata rete sovranazionale costituita da stranieri (molti dei quali operanti in Italia) impegnata nel traffico di migranti afghani verso i Paesi del Nord Europa attraverso l'utilizzo di rotte consolidate, di mezzi, disponibilità di luoghi e esercizi ricettivi e la movimentazione di somme di denaro da reinvestire nell'attività illecita col sistema della transazione monetaria del cosiddetta hawāla, al fine di sfuggire al controllo dei canali legali;
la hawāla, originariamente concepito come metodo di pagamento medievale da individuo a individuo per consentire transazioni finanziarie per il commercio a lunga distanza, si è evoluto in un sistema informale di trasferimento transnazionale, il quale garantisce la non tracciabilità delle transazioni di denaro, valuta e valori ed è basato sulle prestazioni e sull'onore di una vasta rete di mediatori;
la hawāla, principalmente in uso nei Paesi mediorientali, è un sistema utilizzato per facilitare i flussi finanziari e le obbligazioni su scala internazionale legati a una molteplicità di attività commerciali, lecite ed illecite, come le seguenti: rimesse degli immigrati ai loro Paesi d'origine; traffico di migranti; favoreggiamento dell'immigrazione illegale e clandestina; abusivismo bancario e finanziario; falsa fatturazione e fatturazione sottocosto per compravendite internazionali, corruzione, finanziamento a organizzazioni terroristiche, e altro. Il sistema, oltre a minacciare la sicurezza della Repubblica, consente altresì di eludere le normative fiscali e antiriciclaggio cagionando mancati introiti alle casse dello Stato e determinando pratiche di concorrenza sleale tra aziende esportatrici nei Paesi in cui tale sistema di pagamento viene impiegato –:
se il Governo sia a conoscenza di operazioni analoghe emerse da indagini già concluse sui medesimi reati finanziari;
se il Governo abbia assunto o ritenga di assumere iniziative di competenza, anche di concerto con la comunità internazionale o tramite programmi e accordi bilaterali, per monitorare, sanzionare e contrastare il fenomeno della hawāla applicato alle transazioni commerciali e alle attività illecite ed, ove tali iniziative siano state già assunte, quale ne sia stato l'esito.
(4-18439)
ROSTAN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
dagli organi di stampa si legge che nell'area a nord di Napoli, nei comuni di Scampia, Casoria e Giugliano vi è un'emergenza che riguarda 360 famiglie che vivono accampate in un inferno dimenticato e in condizioni sconvolgenti;
tra queste persone, vi sono tanti bambini, nessuno dei quali frequenta la scuola, spostati come dei pacchi da un luogo all'altro, ospiti di questi campi in cui insistono sporcizia, pezzi di elettrodomestici, carcasse di roulotte, materiali edili e legname, tutto accatastato e pronto per essere bruciato;
in questi comuni e in particolare nel comune di Giugliano, ogni giorno si verifica una violazione dei diritti umani determinata dal fatto che queste persone vivono in condizioni disumane tra topi e immondizia. I bambini sono abbandonati a loro stessi, costretti a giocare nella melma e tra i rifiuti, sottoposti al rischio continuo di contrarre malattie a causa della cattiva igiene e dell'aria irrespirabile;
il comune di Giugliano, in virtù di questa situazione, ha previsto la realizzazione di un eco-villaggio, ma il progetto ad oggi non decolla;
per la costruzione di tale eco-villaggio sono stati stanziati oltre un milione di euro e sono state apportate anche delle modifiche al piano regolatore del comune, ma queste persone continuano ad attendere da circa un anno continuando loro malgrado a vivere in condizioni di assoluta deprivazione –:
di quali elementi disponga il Governo circa i motivi che ad oggi, nonostante i fondi stanziati dal Ministero dell'interno, impediscono la realizzazione dell'eco-villaggio e quali iniziati e urgenti e non più procrastinabili si intendano assumere, per quanto di competenza, per agevolarne il compimento.
(4-18440)
D'ALIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
a fronte del recente contesto emergenziale occorso nella regione Piemonte, con una flotta antincendio nazionale composta da diciannove Canadair, quattro elicotteri S64, sono stati utilizzati soltanto tre Canadair insieme a due soli elicotteri;
tale dispositivo antincendio si è rivelato assolutamente insufficiente rispetto alle proporzioni dell'emergenza, costringendo le autorità italiane a ricorrere all'aiuto offerto da altri Paesi europei;
l'oggettiva inadeguatezza del dispositivo attivato per fronteggiare l'emergenza rimanda al problema dell'inefficiente attività di manutenzione della flotta dei Canadair;
risulterebbe, inoltre, che tali inadempienze non siano state contestate dal dipartimento dei vigili del fuoco, tenuto a svolgere l'azione di controllo;
il dipartimento dei vigili del fuoco ha indetto una procedura di gara finalizzata alla individuazione dell'aggiudicatario gestore per i prossimi otto anni, con decorrenza febbraio 2018, in termini tali da rendere – ad avviso dell'interrogante – pressoché certa la proroga del rapporto convenzionale in atto;
l'espletamento di tutti gli incombenti connessi all'attuazione della procedura di gara da parte degli aspiranti aggiudicatori, determinerà uno slittamento dell'attuale termine di scadenza dell'attuale contratto vigente (8 febbraio 2018), per un periodo compreso tra i sei e gli otto mesi;
le inadempienze dell'attuale gestore si sono verificate, a quanto risulta all'interrogante, anche in periodi temporali precedenti all'emergenza Piemonte, con particolare riguardo alla campagna estiva «AIB 2017», relativamente alla quale è stata accertata la indisponibilità di alcuni aeroplani Canadair a causa di carenze manutentive;
nello specifico, infatti, a fronte di quattordici Canadair da mettere a disposizione, su diciannove complessivi, soltanto una media di undici aeromobili sarebbero risultati effettivamente disponibili;
risulterebbe, inoltre, depositata da parte di talune organizzazioni sindacali dei piloti dipendenti della società che gestisce la flotta Canadair, una specifica denuncia innanzi alla procura della Repubblica di Roma, in merito alla carenza di requisiti e qualifiche occorrenti, a legislazione vigente, del personale istruttore ed esaminatore dei piloti addetti alla conduzione degli aeromobili –:
se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
quali iniziative il Governo intenda adottare per superare l'attuale situazione di inefficienza manutentiva della flotta Canadair e degli elicotteri S64 ed, ovviamente, dell'intero apparato preposto allo spegnimento degli incendi;
quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di risolvere il problema delle inadempienze contrattuali dell'attuale gestore della manutenzione degli aeromobili preposti a fronteggiare le emergenze da incendi boschivi del nostro Paese.
(4-18442)
LACQUANITI, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, FRANCO BORDO, BOSSA, FONTANELLI, FORMISANO, KRONBICHLER, MATARRELLI, MELILLA, MOGNATO, MURER, NICCHI, PIRAS, QUARANTA, RICCIATTI, ROSTAN, ZACCAGNINI e ZARATTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il sindaco di Trenzano (BS) Andrea Bianchi è un noto esponente politico locale. Nel 2015, dopo aver partecipato a una manifestazione contro l'albergo di San Colombano «Al Cacciatore» che ospitava 20 richiedenti asilo, Bianchi scrisse un post su Facebook in cui si dichiarava: «Sconcertato per intimidazioni ricevute da un paio di funzionari dello Stato, intimidazioni e minacce cui il sottoscritto non ha ovviamente ceduto. Stato di m... antifascisti». Il sindaco, che durante la manifestazione incitava i partecipanti a non rispettare le limitazioni delle forze dell'ordine, venne denunciato dalla questura per aver insultato lo Stato Italiano e fu oggetto di sanzione pecuniaria per vilipendio dello Stato;
il sindaco di Trenzano quest'estate è salito nuovamente agli onori della cronaca per le sue nuove dichiarazioni sui social network. L'11 luglio 2017 su Facebook scriveva «parlamentari, sottosegretari e prefetti servi di questo Stato di m... impegnati a censurare, rimuovere, impedire, travisare, mistificare ed infangare tutto ciò che rappresenta e fu fatto durante il Ventennio, o che anche solo lo ricordi». E aggiungeva: «Forse anche solo per l'esigenza istintiva di distinguermi da voi, più vi sento parlare e più mi sento fascista». Attaccando anche la Presidente della Camera Laura Boldrini continuava: «Se lei si definisce antifascista io non posso che andare contro e definirmi fascista e riconoscere quanto di buono fatto da Mussolini»;
nell'occasione fu lo stesso prefetto di Brescia Annunziato Vardè a denunciare alla polizia postale Andrea Bianchi per essersi pubblicamente dichiarato fascista, e per aver attaccato le nostre istituzioni con epiteti volgari e inaccettabili, dimenticandosi di aver giurato fedeltà allo Stato e alla sua Costituzione;
ancora oggi Bianchi, intervistato dal Corriere della Sera, dorso Brescia, nell'edizione del 3 novembre 2017, assunto a notorietà nazionale in quanto primo sindaco iscrittosi a Casa Pound, afferma essere il Ventennio fascista «un momento storico in cui l'Italia ha avuto uno stato forte, serio e capace di risolvere i problemi sociali e dei lavoratori»;
la Costituzione (XII disposizione transitoria) recita: «È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.» E la Legge n. 645 del 1952 sanziona «chiunque pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche» –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché sia assicurato il pieno rispetto dei principi e dei valori che ispirano le disposizioni appena richiamate, in particolare da parte di coloro che in vario modo rappresentano le istituzioni.
(4-18447)
ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
a Predappio (FC), paese natale di Benito Mussolini, da circa diciassette anni si commemorano tre date emblematiche per il fascista, il 29 luglio per la nascita, il 28 ottobre per la marcia su Roma da lui guidata nel 1922, il 28 aprile per la morte;
secondo diverse fonti, quest'anno il 29 ottobre per rievocare i 95 anni della marcia su Roma, non c'era mai stata così tanta gente. L'economia della cittadina, che ormai da tanti anni sfrutta questo suo triste motivo di popolarità con strutture ricettive, ristoranti e bar, ha registrato il tutto esaurito e i negozi di souvenir sono stati presi d'assalto;
il corteo, organizzato da Forza Nuova e dagli Arditi di Romagna durante il quale, come al solito, non sono mancati stemmi, stendardi, striscioni, camice nere e immagini inneggianti Mussolini e saluti romani, è partito da piazza Sant'Antonio ed è terminato alla tomba di Benito Mussolini nel cimitero di San Cassiano con relativa funzione religiosa;
le forze dell'ordine parlano di 1.500 partecipanti al corteo, gli organizzatori di oltre 2.000 e secondo i custodi sarebbero 3-4.000 le persone entrate nel cimitero. La cifra più verosimile è quella di oltre 3.000 visitatori nell'intera giornata, giunti con 20 pullman e diverse centinaia di macchine da tutta Italia. Un fenomeno che doveva negli anni naturalmente esaurirsi e che invece i rigurgiti nazi-fascisti e le intolleranze xenofobe e razziste stanno aumentando;
a giudizio degli interroganti sorprende il metodo adottato di un peso e due misure, con il quale due manifestazioni per il medesimo anniversario, della marcia su Roma del 28 ottobre, siano state, una autorizzata dal questore a Predappio, l'altra giustamente vietata dal questore della capitale a Roma;
sorprende anche che, a distanza di pochi giorni e in contrasto con ciò che è accaduto a Predappio, il tribunale di Tivoli abbia condannato il sindaco e due assessori della giunta comunale di Affile (RM), rispettivamente a otto e sei mesi di reclusione per apologia di fascismo, per avere permesso la costruzione di un sacrario in memoria del gerarca fascista Rodolfo Graziani, nonché criminale di guerra per l'Onu, figura di rilievo ma senz'altro minore rispetto a Benito Mussolini, ai suoi crimini e responsabilità –:
se il Governo non ritenga opportuno adottare iniziative, anche normative, affinché sull'intero territorio nazionale siano fornite ai questori indicazioni univoche e precise nel senso di non autorizzare manifestazioni in contrasto con la Costituzione e con le leggi dello Stato relative al divieto di ricostituzione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista, di apologia del fascismo e di gesti, azioni e slogan legati all'ideologia nazifascista.
(4-18455)
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazioni a risposta in Commissione:
LUIGI GALLO e SPADONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
il decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 10 settembre 2010, n. 249, recante il regolamento concernente la definizione della disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell'infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado, ai sensi dell'articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, ha normato, all'articolo 10, l'istituzione e le modalità di svolgimento del tirocinio per la formazione degli insegnanti della scuola secondaria di primo e di secondo grado;
lo stesso articolo prevede una frequenza obbligatoria alle attività del tirocinio formativo, e subordina l'accesso all'esame di abilitazione alla verifica della presenza ad almeno il 70 per cento delle attività di cui al comma 3 lettera a), ad almeno l'80 per cento delle attività di cui al comma 3, lettera b), ad almeno il 70 per cento delle attività di cui al comma 3, lettera c), e ad almeno il 70 per cento delle attività di cui al comma 3, lettera d);
al termine dell'anno di tirocinio si svolge l'esame di abilitazione all'insegnamento, che ne costituisce parte integrante e che consiste nella valutazione dell'attività svolta durante il tirocinio, nell'esposizione orale di un percorso didattico su un tema scelto dalla commissione, nella discussione della relazione finale di tirocinio;
a conclusione del tirocinio formativo attivo, previo superamento di un esame finale, si consegue il titolo di abilitazione all'insegnamento nella scuola secondaria di primo grado e secondo grado;
all'articolo 13 è disciplinata, invece, la specializzazione per l'attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità, la quale si consegue esclusivamente presso le università, le caratteristiche dei corsi di formazione per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità sono definite nel regolamento di ateneo in conformità ai criteri stabiliti dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
i corsi sono a numero programmato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca tenendo conto delle esigenze del sistema nazionale di istruzione e presuppongono il superamento di una prova di accesso predisposta dalle università;
per la frequenza ad entrambi i percorsi è, inoltre, previsto il pagamento di una tassa di iscrizione elevata;
all'interno della normativa citata non risultano presenti norme che chiariscano in che modalità le candidate donne possano conseguire l'abilitazione, anche in considerazione della frequenza obbligatoria dei corsi, in presenza di un eventuale stato di gravidanza e, pertanto, nell'eventuale condizione di permesso di astensione dalle loro eventuali normali attività lavorative;
risulta pertanto urgente, ad avviso degli interroganti, garantire e assicurare a tali soggetti la possibilità di conseguire l'abilitazione all'insegnamento, con particolare riferimento alle categorie di donne che, in congedo per maternità ovvero in stato di gravidanza, pur avendo superato prove concorsuali per l'accesso, vedono vanificare il proprio diritto non potendo prendere parte ai corsi, in quanto escluse dalle università in assenza di norme chiare sul merito –:
se intenda assumere urgentemente le iniziative di competenza al fine di garantire pieni diritti alle donne che, in stato di gravidanza, non possono accedere, in senza di specifiche norme, ai corsi di abilitazione all'insegnamento, ovvero risultano impossibilitate a garantire le attuali percentuali di presenza previste per l'ammissione agli esami finali, anche in considerazione di tale condizione, assicurando loro la massima tutela dei diritti costituzionalmente garantiti in materia di maternità e di pari opportunità tra uomo e donna.
(5-12660)
GAGNARLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
nel comune di Montevarchi (Arezzo), il nuovo regolamento comunale per la mensa scolastica prevede che, alla scadenza del 31esimo giorno di mancato pagamento del corrispettivo per il servizio da parte delle famiglie, al bambino verrà fornito un pasto, da consumare in una sala, diversa da quella della mensa, a base di pane, olio e frutta;
questo provvedimento ha il duplice obiettivo di non sospendere il servizio per gli alunni per i quali non risulta regolarmente pagata la quota mensile per la mensa e permettere alle famiglie di mettersi comunque in pari alla scadenza dei trenta giorni concessi per il pagamento;
è evidente che il provvedimento, pur volendo risolvere un fenomeno purtroppo diffuso nel nostro Paese — sono infatti esclusi coloro che si trovano in una situazione economica precaria e per i quali l'amministrazione comunale già provvede – va a scapito unicamente dei bambini che subiscono in prima persona le conseguenze di una colpa non loro, venendo esclusi dal normale servizio di ristorazione scolastica e ghettizzati, con il rischio anche di eventuali future conseguenze psicologiche;
inoltre, anche il corpo docente viene coinvolto nell'applicazione del provvedimento, in quanto proprio agli insegnanti spetta il compito di separare i bambini al momento dell'ora dei pasti; un ruolo che di certo non dovrebbe competere a chi ogni giorno accompagna ragazzi e ragazze nella crescita scolastica e sociale;
la scuola dovrebbe essere il luogo per eccellenza dell'inclusione, in cui i bambini devono avere gli stessi diritti ed annullare, per quanto possibile, le loro diversità sociali ed economiche; dovrebbe essere quell'istituzione primaria in cui ogni individuo apprende le principali «regole» per il futuro e il provvedimento del comune di Montevarchi non sembra all'interrogante rispecchiare questi principi cardine –:
se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda porre in essere, anche sul piano normativo, per impedire che nelle scuole italiane si determinino situazioni che, pur nell'ottica di contrastare le inadempienze delle famiglie, possano ledere la dignità e la serenità dei minori coinvolti.
(5-12666)
Interrogazioni a risposta scritta:
GIANLUCA PINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
cinque aule dell'istituto alberghiero «Pellegrino Artusi» di Forlimpopoli sono state chiuse in via precauzionale a seguito delle verifiche, ancora in corso, da parte dei tecnici della provincia di Forlì Cesena;
l'intervento dei tecnici provinciali è stato richiesto dal dirigente scolastico a seguito di uno sfondellamento (ovvero il distacco e caduta dal soffitto della parte inferiore delle pignatte o dell'intonaco) di una piccola parte del soffitto dell'area del bar una decina di giorni fa; alla richiesta era seguita, sempre in via precauzionale, la chiusura di due aule e un primo spostamento di tre classi dal vecchio edificio in tre aule delle ex scuole medie;
i sopralluoghi intendono verificare anche la piena agibilità del laboratorio di cucina 4, la cui chiusura comporterebbe addirittura di dover rivedere l'intero l'orario dell'istituto superiore;
entro il prossimo Natale dovrebbero concludersi le verifiche della stabilità dei soffitti a pieno carico e solo dopo verranno prese le decisioni riguardo ai lavori di consolidamento e antisfondellamento, concordando con la dirigenza scolastica modalità e tempistiche;
la parziale inagibilità dell'istituto alberghiero «Pellegrino Artusi» di Forlimpopoli è stata momentaneamente affrontata adibendo ad aule alcuni spazi comuni degli edifici come l'aula magna o quella di ricevimento, oltre a classi non utilizzate delle ex scuole medie;
questa condizione di precarietà e insicurezza per l'incolumità di studenti e corpo docenti ha costretto molti alunni a dover spostarsi dalle loro sedi abituali in un vero e proprio «valzer» che, al momento, riguarda ben 12 classi delle 39 totali dell'istituto alberghiero forlimpopolese –:
se e con quali strumenti la Ministra interrogata intenda intervenire con urgenza, per quanto di competenza, per sanare la grave, seppur parziale, inagibilità strutturale dell'istituto alberghiero «Pellegrino Artusi» di Forlimpopoli, al fine di ripristinare, nel più breve tempo possibile, aule agibili e condizioni sicure per lo svolgimento dell'attività di insegnamento;
se si intendano sottoporre a verifica di stabilità sismica e strutturale altri istituti superiori della provincia di Forlì Cesena e con quali tempistiche.
(4-18443)
NICCHI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
si apprende da fonti giornalistiche (Il Sole 24 Ore, Il Fatto quotidiano, La Stampa, etc), che dal 6 novembre 2017, nell'istituto Magiotti di Montevarchi, Toscana, è stata presa la decisione di dare solo pane e olio per pranzo ai bambini i cui genitori sono morosi nel pagamento delle rette scolastiche;
il pasto viene consumato insieme a tutti, oppure sui tavoli riservati ai bambini che portano il pranzo da casa;
la decisione è stata favorita dalla sindaca di Montevarchi, essendo stato riscontrato un disavanzo di cinquecento mila euro nel bilancio del comune di Montevarchi, accumulato con le morosità per servizi, come la mensa e il trasporto scolastico;
da quattro giorni questi bambini sono costretti a subire quelle che l'interrogante giudica una pubblica umiliazione. Addirittura isolati in un angolo della stessa mensa, come fossero responsabili del comportamento dei loro genitori, sempre ammesso che i genitori possano pagare la mensa;
il comune fa bene a esigere il pagamento delle rette, ma, a parere dell'interrogante, è sbagliata la soluzione individuata, in quanto la strada dovrebbe essere quella del capire il disagio delle famiglie, in tutti i modi possibili, non certo quello di differenziare la mensa o il trasporto a dei bambini –:
quale sia l'orientamento del Governo in relazione a situazioni così discriminanti ai danni di minori incolpevoli che comportano disuguaglianze nei luoghi dell'apprendimento, dell'educazione e della crescita e quali iniziative di competenza intenda assumere, anche sul piano normativo, per evitare che fenomeni simili possano ripetersi.
(4-18449)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazione a risposta orale:
SANTELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
nel mese di giugno 2017 il Medcenter Container Terminal, con il licenziamento di circa 400 lavoratori del porto di Gioia Tauro, ha posto fine ad un capitolo di storia del terminal container più grande del mediterraneo;
i licenziamenti avvenuti hanno aggravato ed esasperato notevolmente la situazione di crisi di Gioia Tauro, minacciando pesantemente il futuro del porto;
il porto – sinonimo nel tempo e nella storia di altissima professionalità di maestranze di ricchezza calabrese – strategico per lo sviluppo e la crescita dell'intera regione, rischia di scomparire del tutto;
con il licenziamento di 380 unità l'intera economia regionale, frutto, ad avviso dell'interrogante, anche dell'incapacità e dell'inadeguatezza degli organi governativi, versa in una gravissima situazione di degrado;
nel mese di luglio 2017 Autorità portuale e regione hanno messo in campo uno studio di fattibilità del bacino di carenaggio da realizzare nel porto mediante specifiche misure finanziarie, ottenendo la disponibilità del Msc a partecipare ad un bando di gara;
ad oggi, però, nulla è stato definito. La zona economica speciale non è stata attuata, il bando non è uscito e l'infrastruttura rimane senza governance;
per supportare la profonda crisi che ha investito il principale terminalista, l'Autorità portuale di Gioia Tauro ha deliberato, con provvedimento approvato all'unanimità dal comitato portuale riunitosi in data 26 luglio 2017, sull'articolo 1 del regolamento dell'Agenzia per la somministrazione del lavoro portuale e per la qualificazione professionale del porto di Gioia Tauro, al fine di consentire ai lavoratori la possibilità di procedere all'iscrizione all'Agenzia;
l'Agenzia, costituita e gestita dall'Autorità portuale, denominata «Gioia Tauro Port Agency» con sede a Gioia Tauro, avrà durata triennale. Il suo compito sarà quello di rispondere alla necessità di sostenere l'occupazione, mediante la collocazione professionale dei lavoratori iscritti nel proprio elenco, i quali saranno obbligati a vari «step» di formazione, definita in funzione delle realtà economiche e degli sviluppi industriali che interesseranno l'area portuale di Gioia Tauro nei prossimi anni;
ogni portuale, iscritto nell'elenco detenuto dall'agenzia portuale, su decisione dell'Inps e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, godrà di un'indennità di mancato avviamento al lavoro – pari ad un 26esimo del trattamento massimo mensile di integrazione salariale straordinaria (euro 700,00) – nel caso in cui, pur essendo disponibile, non sarà chiamato ad effettuare alcuna prestazione lavorativa;
il programma di avviamento e di chiamata dell'Agenzia rispetterà parametri oggettivi di par condicio, di imparzialità e di trasparenza;
a tutt'oggi, però, Mct non ha ancora prodotto all'Agenzia il fascicolo personale di ogni singolo lavoratore, contenente le informazioni operative di ognuno (mansione, abilitazione e altro);
ad oggi, purtroppo, tutto risulta ancora bloccato –:
quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano assumere al fine di:
a) fronteggiare la crisi in atto e chiarire lo stato di avanzamento degli interventi relativi al bacino;
b) far fronte alle conseguenze negative causate dalla riduzione del personale sul traffico e sulle prestazioni del porto;
c) risollevare uno dei settori portuali più strategici per l'economia calabrese;
d) garantire ai portuali l'immediato inizio della formazione professionale e il reimpiego degli esuberi, già operanti nell'area del porto;
e) consentire all'Agenzia di avere disponibilità dei fascicoli aziendali degli operai ancora detenuti da Mct;
f) garantire un rilancio immediato dell'economia portuale.
(3-03349)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
BARUFFI, GHIZZONI, INCERTI, PATRIZIA MAESTRI e ARLOTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
dal 13 ottobre 2017 è in atto una vertenza sindacale presso lo stabilimento della Castelfrigo di Castelnuovo Rangone (Mo), azienda operante nel comparto della macellazione e trasformazione delle carni, dove parte delle lavorazioni sono affidate dall'azienda committente, attraverso appalto, a cooperative operanti sul territorio e non iscritte alle principali centrali cooperative;
la vertenza ha al centro il licenziamento collettivo di circa 75 lavoratori e la cessazione del contratto di appalto delle altre cooperative coinvolte, che occupano ulteriori 127 lavoratori;
è già accaduto in passato che, a seguito delle disdette dei contratti di appalto e al conseguente licenziamento dei lavoratori, pressoché senza soluzione di continuità subentrasse un altro contratto di appalto con altre cooperative, anche di nuova costituzione, organizzate dalle medesime persone;
è di tutta evidenza come in questa modalità di affidamento di parte delle lavorazioni si esasperino le relazioni sindacali e si accentuino i caratteri di subordinazione del lavoro;
è altrettanto evidente come dietro queste modalità di affidamento delle lavorazioni possano talvolta nascondersi vari tipi di abusi ed elusioni: non a caso le autorità competenti hanno nel tempo riscontrato numerose irregolarità nelle aziende del comparto, sotto il profilo del rispetto contrattuale, dei versamenti contributivi, degli adempimenti fiscali, e altro;
in data 19 febbraio 2016 il Governo rispondeva all'interpellanza urgente n. 2-01274 su Castelfrigo e dichiarava, tra le altre cose, che le verifiche condotte dalla direzione territoriale del lavoro su diverse imprese del comparto avevano fatto registrare «fenomeni di interposizione di manodopera, omissioni contributive, registrazioni infedeli sul libro unico del lavoro e violazioni della normativa in materia di orario di lavoro»;
aggiungeva inoltre che specifici accertamenti erano in corso presso la Castelfrigo, su cui impegnava a fornire un dettagliato resoconto;
si impegnava poi «a monitorare i futuri sviluppi della vicenda» e ad adottare «provvedimenti sanzionatori, qualora dai predetti accertamenti emergessero violazioni di legge»;
riconoscendo infine come quella vertenza fosse paradigmatica di quelle dell'intero comparto, si impegnava a seguire con attenzione la più complessiva vicenda del distretto –:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti;
se dai controlli effettuati dalla direzione territoriale del lavoro e dalle altre autorità statali competenti siano emerse presso Castelfrigo irregolarità;
quali iniziative ritenga di assumere, per quanto di competenza, circa le procedure di licenziamento riferite in premessa.
(5-12665)
MASSIMILIANO BERNINI e TRIPIEDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
la Rete del lavoro agricolo di qualità è stata istituita presso l'Inps dall'articolo 6, del decreto-legge n. 91 del 2014, convertito con modificazioni dalla legge n. 116 del 2014, al fine di selezionare imprese agricole che, rispondendo ai requisiti richiesti per l'iscrizione, si qualificano per il rispetto delle norme in materia di lavoro e legislazione sociale e in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto;
l'articolo 8 della legge n. 199 del 2016, in vigore dal 4 novembre 2016, ha modificato l'articolo 6 citato, innovando profondamente la Rete del lavoro agricolo, ampliandone le competenze, introducendo nuovi requisiti richiesti alle aziende, integrando i componenti della cabina di regia preposta a sovraintendere la Rete; a far data, quindi, dal 4 novembre 2016, possono aderire alla Rete del lavoro agricolo di qualità le imprese agricole di cui all'articolo 2135 del codice civile che rispondano ad una serie di criteri di natura legale e normativa;
si tratta delle imprese che non abbiano riportato condanne penali per violazioni della normativa in materia di lavoro e legislazione sociale, per delitti contro la pubblica amministrazione, delitti contro l'incolumità pubblica, delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio, delitti contro il sentimento per gli animali, in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e per i delitti di cui agli articoli 600, 601, 602 e 603-bis del codice penale;
nonché delle imprese che non siano state destinatarie, negli ultimi tre anni, di sanzioni amministrative, ancorché non definitive, per violazioni in materia di lavoro, legislazione sociale e rispetto degli obblighi relativi al pagamento delle imposte e delle tasse. La disposizione non si applica laddove il trasgressore o l'obbligato in solido abbiano provveduto, prima della emissione del provvedimento definitivo, alla regolarizzazione delle inosservanze sanabili e al pagamento in misura agevolata delle sanzioni entro i termini previsti dalla normativa vigente in materia; siano in regola con il versamento dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi; applichino i contratti collettivi di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81; non siano controllate o collegate, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, a soggetti che non siano in possesso dei requisiti precedentemente enunciati;
il 20 luglio 2015 moriva Mohammed Abdullah, 47enne originario del Sudan, impiegato come bracciante nella raccolta dei pomodori nelle campagne tra Nardò e Avetrana; nell'ora del decesso la temperatura ambientale era prossima ai 40 gradi;
si apprende come in merito alla responsabilità del decesso di Abdullah, i Ros dei Carabinieri di Lecce abbiano effettuato dei controlli dapprima presso la Cooperativa Terre di Federico di Andria e successivamente presso altre importanti aziende di trasformazione in cui viene conferito il prodotto;
dal sito dell'Inps rileva come la Cooperativa Terre di Federico di Bari, sia stata ammessa, alla Rete del lavoro agricolo di qualità –:
se quanto riportato corrisponda a verità e quali siano le iniziative anche di carattere normativo che il Ministro interrogato intenda assumere per affrontare la situazione e scongiurare il fallimento della «mission» della Rete del lavoro agricolo di qualità.
(5-12668)
Interrogazioni a risposta scritta:
RUSSO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
da alcuni mesi è stata resa nota la notizia della probabile sospensione dell'attività del punto vendita Coop di Napoli, sito in via Arenaccia, di proprietà della Unicoop Tirreno;
da settembre 2017 i 108 lavoratori della Coop di la Arenaccia protestano contro questa decisione a senso unico, non concordata con le parti sindacali, nonostante esse abbiano più volte manifestato la volontà di sedersi ad un tavolo delle trattative;
in questi mesi i lavoratori hanno allestito un banchetto informativo per i clienti i quali hanno sottoscritto, in massa, una petizione per la salvaguardia dell'ipermercato e dei posti di lavoro rivolta ai vertici aziendali di Unicoop, a conferma del forte impatto sociale della vicenda;
ciò non ha, per ora, ottenuto gli effetti voluti e, secondo quanto trapela dalle notizie diffuse dagli stessi lavoratori, il contratto di affitto dell'immobile in cui sorge il punto vendita di via Arenaccia sarebbe valido fino al 31 dicembre 2017, segno dell'inequivocabile intenzione della Unicoop di porre fine all'attività;
la situazione del prossimo futuro per i 108 dipendenti è allarmante, nonostante i ripetuti appelli giunti alla Unicoop da parte delle istituzioni locali, dal sindaco e dal mondo delle associazioni;
nella migliore delle ipotesi, infatti, la struttura potrebbe essere ceduta ad imprenditori privati e, nella peggiore, chiusa definitivamente;
l'eventuale chiusura del punto vendita, tra l'altro, rischia di essere il preludio di una progressiva dequalificazione del territorio limitrofo; la presenza della cooperativa, infatti, in un territorio caratterizzato da anni dall'elevata disoccupazione giovanile, rappresenta ad oggi un imprescindibile presidio occupazionale;
la via della dismissione intrapresa da Unicoop Tirreno per il negozio campano fa parte del progetto di riorganizzazione aziendale avviato dai vertici aziendali nel dicembre 2013, messo in atto per un taglio generale dei costi al fine recuperare competitività, ma, a quasi quattro anni dall'avvio, pare che l'iniziativa sia andata tutta a discapito dei lavoratori;
è cosa nota, infatti, che, nel biennio 2013/2014, una situazione di crisi occupazionale aveva già interessato altre due strutture commerciali di proprietà della stessa Unicoop Tirreno, site rispettivamente ad Afragola (Na) e Avellino, ma, fortunatamente, quella vicenda si è chiusa in maniera positiva, con un accordo tra le parti interessate sottoscritto a salvaguardia integrale dei posti di lavoro –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e come intendano intervenire, per quanto di competenza, al fine di salvaguardare i posti di lavoro attualmente a forte rischio e di scongiurare la chiusura dell'ipermercato Coop di via Arenaccia a Napoli, che provocherebbe gravi ripercussioni socio-economiche, soprattutto per le centinaia di famiglie di dipendenti coinvolte.
(4-18432)
DONATI, FANUCCI, MARCO DI MAIO, VENITTELLI, FREGOLENT, MORANI, FAMIGLIETTI, ERMINI, VAZIO, MANFREDI, GADDA, IORI, BECATTINI, GALPERTI, MORETTO, CARRESCIA, DALLAI e CRIMÌ. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
a seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 149 del 2015, dal 14 settembre 2015, è stata istituita l'Agenzia unica per le ispezioni del lavoro denominata «Ispettorato nazionale del lavoro» che ha il compito di svolgere le attività ispettive già esercitate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dall'Inps e dall'Inail;
tale Ispettorato ha una propria autonomia organizzativa e contabile ed è posto sotto la vigilanza del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, a cui spetta il monitoraggio periodico sugli obiettivi e sulla corretta gestione delle risorse finanziarie, e sotto il controllo della Corte dei conti;
il già citato decreto istitutivo n. 149 del 14 settembre 2015 disciplina le funzioni della nuova Agenzia unica per le ispezioni del lavoro che vanno dalla vigilanza in materia di lavoro, contribuzione, assicurazione obbligatoria e di legislazione sociale, compresa la vigilanza in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, agli accertamenti in materia di riconoscimento del diritto a prestazioni per infortuni sul lavoro e malattie professionali, oltre a svolgere importanti attività di prevenzione e promozione della legalità volte al contrasto del lavoro sommerso e irregolare, nonché a coordinarsi con i servizi ispettivi delle aziende sanitarie locali e delle Agenzie regionali per la protezione ambientale;
va riconosciuto il ruolo di fondamentale importanza che svolge il personale dell'Ispettorato nazionale del lavoro, viste le funzioni che gli sono demandate a tutela della legalità del primo principio sancito nella Costituzione, il lavoro;
l'impegno del Parlamento e del Governo nella lotta all'abusivismo ha portato, tra l'altro, all'approvazione della legge contro il caporalato e ad altre forme di sfruttamento, a beneficio di oltre quattrocentomila lavoratori;
il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze del 28 dicembre 2016, individua anche le risorse finanziarie già assegnate al Ministero del lavoro e delle politiche sociali da trasferire all'Ispettorato, comprese quelle destinate al trattamento accessorio del personale in forza all'Ispettorato stesso;
in questi giorni da alcuni organi di stampa nazionali e locali si apprende dello stato di agitazione del personale dell'Ispettorato nazionale del lavoro, ispettori e funzionari, che manifestano la necessità di adeguate risorse economiche che consentano di svolgere pienamente i propri compiti, dovendo operare nel territorio anche con mezzi privati e anticipando le spese di carburante;
tale protesta, da quanto si legge, rischia di rallentare i controlli nelle aziende e nei cantieri, nonché potrebbe portare a limitare le verifiche nei giorni festivi e in orari notturni o quelle che comportino gli straordinari del personale, facendo così venir meno anche l'importanza sociale dell'attività dell'Ispettorato nazionale del lavoro –:
quale sia l'orientamento del Ministro interrogato in relazione alle questioni poste dal personale dell'Ispettorato nazionale del lavoro e quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di garantire il pieno e corretto svolgimento delle funzioni e dei compiti dell'Ispettorato stesso previste dal decreto legislativo n. 149 del 2015 richiamato in premessa.
(4-18433)
PASTORELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il decreto legislativo n. 149 del 2015 ha istituito l'Ispettorato nazionale del lavoro (Inl), al fine di unificare in un unico soggetto le ispezioni effettuate da ispettori del lavoro, ispettori Inps e Inail per razionalizzare le risorse ed evitare sprechi economici;
la clausola prevista dell'invarianza di spesa ha bloccato, sin dall'inizio dell'operatività dell'Inl – avvenuta dal 1° gennaio 2017 – la possibilità di crescita del nuovo soggetto. Mancano le risorse strumentali necessarie, come ad esempio l'unificazione delle banche dati, essenziale per evitare la duplicazione delle ispezioni, non esiste una adeguata formazione del personale e neanche una tutela del personale ispettivo, sempre più colpito da aggressioni alla propria persona ed alle proprie cose;
i lavoratori sono infatti costretti ad utilizzare il proprio mezzo, sono tenuti ad anticipare le spese vive, che vengono rimborsate solamente dopo mesi e con rimborsi chilometrici irrisori tali da non coprire le spese di benzina e usura del veicolo. Senza questa disponibilità da parte degli ispettori, sarebbe assolutamente impossibile raggiungere moltissimi luoghi di lavoro. Non si parla di assunzione di nuovo personale ispettivo, il cui numero è fortemente ridotto in particolare nelle regioni del Centro-nord e neanche di funzionari amministrativi;
solo nel 2017, secondo i dati diffusi dall'Anmil, si sono registrati ben 422.000 infortuni sul lavoro – di cui 682 mortali –, con un aumento del 4,7 per cento rispetto allo scorso anno; cifre che riecheggiano morti e feriti di un Paese in guerra, piuttosto che quelli di un Paese civile. Questi numeri potrebbero essere addirittura più bassi di quelli effettivi, considerato che gli obblighi assicurativi vigenti in Italia coinvolgono solo il 70 per cento della forza lavoro;
a quanto risulta all'interrogante sarebbe emersa la volontà del Governo di tagliare, per circa 6 milioni di euro, il fondo di produttività del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e delle sue due Agenzie, decurtandolo di circa la metà;
non solo non si investe su questo nuovo soggetto, ma si riducono addirittura i fondi destinati a incentivare la produttività dei lavoratori;
nonostante in Italia, secondo le statistiche Eurostat del 2014, si sia verificato il 21 per cento di tutti gli infortuni sul lavoro avvenuti in Europa, di cui il 32 per cento mortali e nonostante gli impegni assunti dal Ministro Poletti ad investire in un'operazione con l'obiettivo della semplificazione, questo nuovo soggetto non è messo nelle condizioni di poter svolgere appieno il proprio ruolo;
sono molte le manifestazioni che si sono svolte negli uffici territoriali dell'Ispettorato, ma anche a livello nazionale, il 26 ottobre 2017 a Roma, dinanzi agli uffici del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
le conseguenze sono inevitabili, gli ispettori del lavoro stanno revocando l'uso del mezzo proprio e si asterranno dallo svolgimento di ore di straordinario;
inoltre, gli uffici legali composti prevalentemente da ispettori sottratti all'attività ispettiva, per la sopracitata carenza di amministrativi, meditano di non offrire più la difesa tecnica degli atti ispettivi, sia nelle udienze in cui sono delegati, sia negli atti processuali, visto che attualmente la stessa è prestata senza nessun riconoscimento specifico –:
di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali siano i suoi orientamenti rispetto alle risorse del fondo di produttività del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
(4-18459)
SALUTE
Interrogazione a risposta in Commissione:
BECATTINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
il diabete mellito tipo 1 rappresenta circa l'8 per cento di tutte le forme di diabete mellito e costituisce una delle malattie croniche più frequenti dell'infanzia;
a differenza del diabete di tipo 2, il diabete di tipo 1 si manifesta frequentemente in età precoce, compresa l'infanzia, la pubertà e l'adolescenza;
in Italia oggi si stima che siano 20.000 i bambini e gli adolescenti affetti da diabete di tipo 1;
la transizione dell'adolescente con diabete alla rete assistenziale dedicata all'adulto è una fase molto critica per la continuità delle cure, anche per l'elevato rischio di abbandono del sistema delle cure da parte del ragazzo, con pericolo concreto di complicanze a lungo termine come macroangiopatia aterosclerotica, microangiopatia, a carico del rene, della retina e del sistema nervoso periferico, ulcera diabetica (piede diabetico) dovuta al concorrere della neuropatia, della macroangiopatia e delle sovrapposizioni infettive;
il gruppo di studio delle tre società scientifiche (Sid, Amd e Siedp) ha redatto nel 2010 un documento di consenso sulla transizione in cui afferma:
che il passaggio dal centro pediatrico al centro dell'adulto deve essere un «processo» e non un evento critico nella vita degli adolescenti con patologia cronica;
che il paziente deve essere aiutato nel corso degli anni di visite presso il centro pediatrico ad acquisire la consapevolezza che il passaggio è davvero necessario;
che a tal fine è necessario concordare una età entro la quale effettuare il passaggio. L'età dei 18 anni, che rappresenta per definizione (v. legge 27 maggio 1991, n. 176) il limite dell'età pediatrica, potrebbe costituire il limite entro il quale effettuare il passaggio;
che è inoltre indispensabile creare il «Team di transizione», che ha il compito non solo di svolgere un ruolo di riferimento preciso per i singoli pazienti in «passaggio», provenienti dal centro pediatrico, e per le loro famiglie, ma anche di discutere la situazione globale, i potenziali passaggi e i risultati dei precedenti passaggi;
il piano nazionale del diabete riconosce la delicatezza del momento del passaggio dalle cure pediatriche del giovane con diabete alle cure da adulto, e l'importanza che questa transizione avvenga tenendo contro di diversi fattori, compresi i bisogni particolari e mutevoli che caratterizzano i giovani in età evolutiva, sia dal punto di vista medico che psicologico;
lo stesso piano nazionale del diabete evidenzia che la transizione avviene spesso in maniera disomogenea sul territorio nazionale;
sono ancora poche le regioni che hanno previsto dei percorsi adeguati per gestire in maniera appropriata la transizione del giovane con diabete;
è indispensabile disegnare un percorso di transizione personalizzabile e adattabile alle varie realtà locali, tenendo come riferimento, i modelli condivisi dalle società scientifiche sopra citati nel documento di consenso –:
se, alla luce di quanto descritto in premessa, intenda adottare le iniziative di competenza per far sì che:
a) il Servizio sanitario nazionale assicuri su tutto il territorio nazionale una corretta transizione dei ragazzi, al termine del loro percorso di maturazione, ai servizi di diabetologia per l'adulto, disegnando un percorso di transizione personalizzabile dal soggetto e in linea con gli standard riconosciuti negli studi delle società scientifiche;
b) si organizzi un tavolo tecnico con le principali associazioni di pazienti per il monitoraggio dell'applicazione del piano nazionale del diabete, soprattutto per quanto concerne il processo della transizione;
c) ci sia una maggiore omogeneità a livello nazionale nella qualità delle cure per i pazienti diabetici, anche in relazione alle innovazioni previste dai nuovi livelli essenziali di assistenza.
(5-12662)
Interrogazioni a risposta scritta:
FUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
secondo la prima ricerca nazionale realizzata dalla Doxa per conto dell'Osservatorio sulla violenza ostetrica in Italia, il 21 cento delle madri italiane con figli di 0-14 anni dichiara oggi di aver subito un maltrattamento fisico o verbale durante il primo parto;
durante l'esperienza che dovrebbe essere la più emozionante nella vita di una donna, 4 madri su 10 dichiarano di aver subito azioni lesive della dignità personale;
la ricerca evidenzia che a 1,6 milioni di partorienti viene praticato l'episiotomia senza consenso informato;
a parere dell'interrogante, anche tenendo conto che sono in corso di esame presso la XII Commissione affari sociali della Camera alcune proposte di legge in materia di promozione del parto fisiologico, emergono due considerazioni: a) i dati dell'indagine possono essere fonte di allarmismi e di una idea del momento della nascita estremamente negativa e anche penalizzante della professionalità del personale medico e sanitario attivo nei punti nascita; b) vi è la necessità di un dialogo, e non di un clima di contrapposizione, per rasserenare il rapporto che deve essere di fiducia tra medici e sanitari da una parte e partorienti dall'altra, lavorando per raggiungere obiettivi quali l'accesso all'epidurale per tutti, la limitazione massima, ai soli casi necessari, dei tagli cesarei e delle cure farmacologiche, il rispetto della volontà della donna in un quadro di rafforzata e attiva collaborazione tra medico e paziente –:
se il Ministro interrogato disponga di dati ministeriali in merito al fenomeno evidenziato dalla ricerca richiamata in premessa;
quale orientamento, nell'ambito delle proprie competenze, ritenga di assumere in merito a quanto esposto in premessa.
(4-18430)
PARENTELA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
da notizie a mezzo stampa, si apprende che, a Isca, a seguito dell'esito dei campionamenti in merito alle condizioni di potabilità dell'acqua pubblica, l'amministrazione comunale non ha comunicato ai cittadini il contenuto delle analisi da cui emerge la non conformità dell'acqua, né ha preso eventuali provvedimenti per limitarne l'uso e il consumo;
i campionamenti sono stati eseguiti il 25 ottobre 2017 su vari punti di prelievo sia ad Isca marina che ad Isca superiore ed il comune è in possesso del risultato delle analisi dal 27 ottobre 2017. Nell'acqua in ingresso al serbatoio di Isca superiore «è stata registrata la presenza di batteri coliformi pari a 43 e di Escherichia coli pari a 4 e poi quella che sgorga dalla fontana pubblica di via Spartusa che risulta alterata da una presenza di batteri coliformi pari a 23, mentre è pari a zero quello dell'Escherichia coli. Particolarmente elevato è il valore riscontrato nell'acqua in ingresso al serbatoio di Isca marina, dove i batteri coliformi salgono addirittura a 115 e quelli di Escherichia coli a 70. Scendono a 4 i batteri coliformi nell'acqua prelevata alla fontana pubblica della circonvallazione Paparo nella zona marina e a zero l'Escherichia coli. I valori dell'acqua in uscita risultano fuori norma, in particolare ad Isca superiore, ma sono soprattutto quelli relativi all'acqua in entrata a destare una certa preoccupazione. I dati fotografano delle criticità che si verificherebbero a livello della captazione delle acque e di gestione complessiva del servizio idrico, oltre che in termini di qualità della manutenzione dell'acquedotto comunale che risulta deficitaria»;
la direttiva 98/83/CE del Consiglio, del 3 novembre 1998, prevede che in caso di inosservanza dei valori di parametro, lo Stato membro interessato provvede affinché vengano tempestivamente adottati i provvedimenti correttivi necessari per ripristinare la qualità delle acque. Indipendentemente dal rispetto o meno dei valori di parametro, gli Stati membri provvedono affinché la fornitura di acque destinate al consumo umano, che rappresentano un potenziale pericolo per la salute umana, sia vietata o ne sia limitato l'uso e prendono qualsiasi altro provvedimento necessario. I consumatori vengono informati di tali misure –:
se non si ritenga di dover assumere con urgenza, per quanto di competenza in sinergia con l'ente locale, tutte le iniziative necessarie a tutela della salute pubblica e a garanzia della salubrità delle acque;
se non ritengano urgente, ai sensi della direttiva 98/83/CE del Consiglio, adottare le iniziative di competenza per limitare l'utilizzo delle acque, ripristinarne la qualità ed informare i cittadini fruitori del servizio in merito ai rischi connessi, anche alla luce dell'esigenza di non disattendere impegni derivanti dalla partecipazione all'Unione europea.
(4-18441)
SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazione a risposta in Commissione:
FERRARI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
da notizie a mezzo stampa, alcune banche, tra cui Banca Intesa San Paolo, Unicredit e ad alcune banche popolari, avrebbero stretto accordi con società venditrici di diamanti e avrebbero proposto ai loro clienti, tramite i dipendenti delle filiali, l'acquisto di diamanti quale investimento sicuro e bene rifugio per eccellenza;
secondo quanto pubblicato nell'allegato Plus della rivista Il Sole 24 Ore e riportato dalla trasmissione Report, in particolare, i clienti sarebbero stati indotti a ritenere che venditrice fosse la banca o una società di proprietà o controllata dalla stessa, mentre in realtà, le due aziende principali coinvolte nella vendita di diamanti tramite il circuito bancario, Intermarket Diamond Business (IDB) e la Diamond Private Investment (DPI), non sarebbero in alcun modo collegate con le banche venditrici;
nonostante l'importo di questi investimenti possa consistere anche in decine di migliaia di euro, essi non sono giuridicamente considerati come investimenti finanziari, e di fatto lascerebbero il cliente privo di ogni forma di tutela;
la stessa Consob nel 2013, sulla base della considerazione che la vendita di diamanti non costituisce un prodotto finanziario, avrebbe escluso l'applicabilità alle operazioni descritte della complessiva disciplina dettata in materia di offerta al pubblico, ivi inclusa quella concernente la pubblicità;
secondo poi quanto dichiarato da un perito incaricato dalla trasmissione Report, questi diamanti sarebbero stati venduti ad un prezzo notevolmente superiore rispetto al loro valore reale e, soprattutto, le due società sopracitate non si baserebbero sul listino internazionale, ma su grafici da loro stesse prodotti;
il 30 ottobre 2017 l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha condannato Intermarket Diamond Business (IDB), Diamond Private Investment (DPI), e Unicredit, Banco BPM, Intesa Sanpaolo e Banca Monte dei Paschi di Siena, tra le altre cose, per le informazioni ingannevoli e omissive in merito al prezzo di vendita dei diamanti, presentato come quotazione di mercato e frutto di una rilevazione oggettiva pubblicata sui principali giornali economici e per la rappresentazione dell'andamento del mercato dei diamanti, come in stabile e costante crescita, nonché per aver sostenuto l'agevole liquidabilità dei diamanti e la rivendibilità degli stessi alle quotazioni indicate e con una tempistica certa –:
quali iniziative il Governo intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di predisporre un'adeguata tutela del cliente consumatore che ponga in essere acquisti di diamanti tramite l'intermediazione delle banche.
(5-12664)
Interrogazioni a risposta scritta:
FANTINATI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il dynamic pricing è una tecnica nata negli Usa e utilizzata da numerosi siti web di prenotazione voli, alberghi e pacchetti viaggio per incrementare i propri guadagni attraverso la variazione dei prezzi in base, non solo agli algoritmi che tengono conto della domanda e dell'offerta, ma anche a un esame minuzioso di ogni informazione personale che riguarda gli utenti – spesso affatto consapevoli – per applicare loro un prezzo «su misura»;
l'allarme è stato lanciato da Federprivacy, secondo cui i prezzi applicati possono essere aumentati anche del 30 per cento;
la questione delle tariffe dinamiche ingannevoli è stata anche oggetto di un'interrogazione parlamentare in sede di Unione europea, con la quale sono stati sollevati dubbi circa l'utilizzo dei dati personali che viene fatto nell'attuazione di tale strategia pervasiva, specialmente in riferimento alle discriminazioni che potrebbero essere attuate nei confronti degli utenti in base a informazioni sensibili relative a sesso, orientamento sessuale, disabilità, età, razza, etnia, nazionalità, religione, lingua, e origine sociale attraverso pratiche commerciali scorrette o non etiche;
il 30 giugno 2016 la Commissione si è pronunciata (Rif. E-002800/2016) precisando che la direttiva 95/46/CE vieta il trattamento dei dati sensibili senza il consenso esplicito dell'interessato, mentre il nuovo regolamento (UE) 2016/679 prescrive che gli interessati non debbano essere soggetti a decisioni basate unicamente su trattamenti automatizzati, compresa la profilazione, che producono effetti giuridici o significativamente li riguardano, se non con il loro consenso esplicito e che in certi casi le pratiche tariffarie dinamiche sul web possono essere ritenute sleali: in Italia l'Autorità garante della concorrenza e del mercato può comminare multe fino a 5 milioni di euro e il Garante per la tutela dei dati personali fino a 20 milioni di euro o al 4 per cento del fatturato dei contravventori;
secondo Federprivacy, le aziende che ricorrono al dynamic pricing registrano, nel breve periodo, un aumento di profitti in media a discapito della trasparenza e della correttezza verso gli utenti, con rischio, però, di ripercussioni negative per il mercato digitale del turismo che registra un fatturato annuo di circa 9,5 miliardi di euro –:
se non si ritenga opportuno avviare, per quanto di competenza, iniziative di monitoraggio sulla diffusione della pratica del dynamic pricing per valutare la rispondenza alla normativa in vigore.
(4-18434)
PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
la direttiva europea n. 94 del 2014 ha delineato l'obbligo per gli Stati membri di sviluppare e adottare, entro due anni dall'entrata in vigore della direttiva medesima, una strategia politica nazionale tesa a valutare i mercati potenziali dei combustibili alternativi e definire gli obiettivi di infrastrutturazione, le strategie di sviluppo delle reti distributive e le necessarie misure di sostegno;
per quanto riguarda le previsioni riguardanti la fornitura del Gnl (gas naturale liquefatto) per uso marittimo, «gli Stati Membri dovranno assicurare che un numero appropriato di punti di fornitura di GNL siano realizzati nei porti marittimi per consentire che le navi (adibite al trasporto marittimo e alla navigazione in acque interne) che utilizzano il GNL possano circolare attraverso la rete principale dei porti TEN-T entro il 31 dicembre 2025.». Nel preambolo 21 si evidenzia «che la decisione di localizzazione dei punti di fornitura LNG nei porti dovrebbe essere basata su un'analisi costi benefici comprensiva dei benefici ambientali»;
secondo l'articolo del 24 gennaio 2017, pubblicato sul sito rienergia.it, «a luglio 2015, Costa Crociere, il leader di mercato dell'Europa continentale nel settore crocieristico, ha annunciato l'ordine delle prime due navi da crociera alimentate in mare aperto a GNL che saranno costruite nel cantiere navale Meyer a Turku e saranno consegnate rispettivamente nel 2019 e nel 2021»;
nello specifico, «si tratta di due unità da 337 metri di lunghezza e 183.000 tonnellate di stazza lorda, con una capacità di trasporto passeggeri di ben 6.600 persone ciascuna. Il gas sarà immagazzinato a bordo delle navi e utilizzato in navigazione per fornire il 100 per cento dell'energia necessaria, riducendo in maniera significativa le emissioni di gas di scarico». Neil Palomba, Direttore Generale della compagnia, ha spiegato che «le due navi Costa rappresentano una vera innovazione per il mercato e fisseranno nuovi standard per l'intero settore: saranno le prime navi green alimentate con GNL con benefici sul piano ambientale che vanno dall'eliminazione delle emissioni di ossido di zolfo, fino alla riduzione del 95 per cento delle emissioni di particolati, dell'85 per cento degli ossidi di azoto e del 25 per cento di carbonio»;
come riportato da fonti di stampa, «la blue economy in Italia vale 43 miliardi di euro, pari al 3,5 per cento del Pil, e 835 mila posti di lavoro e la crocieristica rappresenta uno dei settori cruciali dell'economia blu. Clia, l'associazione delle Cruise Company, e le grandi compagnie di crociere bacchettano l'Italia sulle infrastrutture portuali per le nuove grandi navi passeggeri. Nel mirino, in particolare, il ritardo nella creazione di stazioni di stoccaggio e distribuzione per il Gnl. L'Italia ha diversi progetti in atto per il rifornimento di navi con propulsione a metano, i più avanzati dei quali sono quelli che riguardano la Sardegna, ma nessuno sembra ancora a uno stadio tale da convincere gli armatori delle crociere»;
«Al momento nessun porto italiano sembra essere attrezzato per sviluppare, nel breve periodo, le infrastrutture necessarie al rifornimento di Gnl. L'Italia è in ritardo rispetto ad altri Paesi del Mediterraneo e sta rischiando di perdere una grande occasione. È necessario un cambiamento o il rischio è che le compagnie debbano andare altrove»;
il sito di Repubblica.it, il 3 luglio 2017, ha evidenziato come «il problema sia quello di creare anche nei porti italiani una serie di depositi di “Lng Liquefied natural gas” a cui possono accostare le “bettoline” incaricate di portare il rifornimento alle grandi navi in banchina. L'avvertimento è stato trasmesso, di recente, dai rappresentanti di due colossi del mercato delle crociere, Carnival, numero uno al mondo nel comparto “cruise”, e Msc Crociere. Arnold Donald, Ceo di Carnival, ha spronato l'Italia ad attrezzarsi per tempo all'arrivo delle nuove navi “green” già ordinate ai cantieri»;
in ultimo, secondo quanto riportato dal quotidiano online menzionato, «il Mise ha appena comunicato la mappa dei progetti che puntano allo sviluppo del Lgn come combustibile alternativo per le navi. Il progetto è stato presentato ad Oristano. Sempre in Sardegna, ma a Cagliari, l'Autorità portuale sta verificando il progetto consegnato dalla società Isgas. Altri progetti in arrivo potrebbero riguardare Porto Marghera, mentre sono state annunciate analoghe intenzioni da parte delle società che gestiscono i rigassificatori di Rovigo e di Livorno: in questo caso parte delle strutture potrebbero essere riadattate per operare anche come stazioni di rifornimento di bettoline» –:
alla luce dei fatti esposti, quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere in relazione alla localizzazione e alla creazione di stazioni di servizio e stoccaggio di Gnl nei porti italiani e secondo quali tempistiche.
(4-18451)
Apposizione di firme ad interpellanze.
L'interpellanza urgente Locatelli e altri n. 2-01994, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 novembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Falcone, D'Incecco.
L'interpellanza urgente Cimbro e altri n. 2-01997, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 novembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Roberta Agostini.
Apposizione di una firma ad una interrogazione.
L'interrogazione a risposta in Commissione Gribaudo n. 5-12494, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 ottobre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Paris.
Pubblicazione di un testo riformulato.
Si pubblica il testo riformulato dell'interrogazione a risposta scritta Busto n. 4-18403, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 883 dell'8 novembre 2017.
BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
gli incendi che hanno colpito il Piemonte, con particolare riguardo alla Val Susa, la Val Chiusella, il Cuneese e il Biellese hanno procurato una devastazione di habitat naturali e boschivi e degli stessi centri abitati, con il risultato di migliaia di persone sfollate dalle proprie case;
il perdurare degli incendi per ben tre settimane non costituisce un caso isolato nell'anno in corso, vista l'emergenza estiva avvenuta in Sicilia, Abruzzo e Campania, tale da procurare la distruzione di 146.000 ettari di boschi con danni enormi per gli ecosistemi e gli animali e con effetti disastrosi sul clima e sul fragile assetto idrogeologico del nostro Paese. Gli stessi sindacati dei vigili del fuoco in una loro nota stampa parlano di una situazione drammatica e denunciano come l'assenza del Corpo forestale abbia portato l'Italia indietro di 40 anni nella prevenzione e nel contrasto agli incendi boschivi;
la gravità del fenomeno, 5.000 ettari di territorio piemontese distrutto, peggiora la già compromessa situazione della qualità dell'aria piemontese – a Beinasco sono stati registrati 354 microgrammi al metro cubo, 7 volte la soglia massima, di Pm 10 – tanto da poter parlare di una vera e propria emergenza sanitaria;
la matrice degli incendi è in buona parte dolosa, al punto che in alcuni casi sono stati già rintracciati i responsabili degli atti criminosi e stessi inneschi, ma non può essere esclusa una cattiva gestione politica dell'intero territorio, con la complicità della cattiva gestione nazionale e della dismissione del Corpo forestale dello Stato;
ad aggravare la situazione e il pericolo per l'incolumità pubblica e per le persone ha partecipato il perdurare della stagione venatoria, con i cacciatori che inseguivano gli animali in fuga dalle fiamme;
il sollecito delle associazioni ambientaliste per la tutela della fauna selvatica e degli ambienti naturali è nella direzione della sospensione della stagione venatoria, che già non avrebbe neppure dovuto essere aperta date le condizioni di stress ambientale che perdurano ormai da tutta l'estate. Intanto, una delibera regionale ha sospeso l'attività venatoria fino alla fine del mese di novembre 2017 nei comparti alpini colpiti dagli incendi e una sospensione fino al 10 novembre nelle aree limitrofe. Si ricorda inoltre che la regione dovrebbe individuare le zone da escludere dall'esercizio venatorio per 10 anni, come da articolo 10 della legge n. 353 del 2000;
le misure attuate per il blocco dell'attività venatoria non risultano agli interroganti sufficienti ad affrontare la situazione piemontese. A tal proposito gli interroganti avevano presentato la risoluzione n. 7-01336 e la mozione 1-01675, in accordo con le associazioni, per sospendere la stagione venatoria almeno per l'anno in corso e per le zone maggiormente interessate dagli incendi. Nonostante gli appelli e le raccomandazioni dello stesso Ispra la stagione venatoria è stata invece anticipata al 2 settembre in tutte le regioni italiane;
nel testo della risoluzione, così come nell'interrogazione n. 5-12453, era stato sollevato il problema del mancato aggiornamento dei piani faunistici, da farsi ogni 5 anni, così come disposto dalla legge n. 157 del 1992. Con particolare riguardo al Piemonte, sembra che la regione non abbia concluso l’iter di aggiornamento iniziato nel 2013 –:
se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative per istituire un fondo di solidarietà nazionale per le criticità che riguardano persone e animali, e un piano di emergenza per il ripristino degli equilibri eco-sistemici e faunistici compromessi;
quali iniziative il Governo intenda promuovere, per quanto di competenza, per la valutazione della qualità dell'aria e l'attivazione di misure volte alla tutela della popolazione residente nelle aree adiacenti agli incendi;
se il Governo non intenda assumere iniziative in tutte le sedi competenti affinché venga sospesa l'attività venatoria in Piemonte per l'anno 2017/2018, al fine della tutela degli habitat e dell'incolumità pubblica;
se il Governo non intenda assumere le iniziative di competenza per l'aggiornamento dei piani faunistici venatori, previsto ogni cinque anni dalla legge n. 157 del 1992, in base a valutazioni scientifiche sullo stato di salute degli habitat e delle varie specie.
(4-18403)
Ritiro di documenti
del sindacato ispettivo.
I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione Ricciatti n. 5-11936 del 21 luglio 2017;
interrogazione a risposta in Commissione Galgano n. 5-12347 del 3 ottobre 2017;
interpellanza urgente Zaratti n. 2-01972 del 10 ottobre 2017;
interrogazione a risposta scritta Capezzone n. 4-18303 del 26 ottobre 2017.
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:
il dottor Ahmadreza Djalali, medico ricercatore iraniano di 45 anni, è stato condannato a morte il 21 ottobre 2017 con sentenza pronunciata dal giudice del tribunale rivoluzionario iraniano, Abolghasem Salavati;
a partire da questa data, il dottor Ahmadreza Djalali avrebbe venti giorni per proporre ricorso avverso la sentenza;
la motivazione della condanna alla pena capitale risiederebbe nella «collaborazione del medico ricercatore con lo stato di Israele». Tuttavia, è la stessa attività di ricerca scientifica portata avanti dal dottor Djalali, incentrata soprattutto sul ruolo dell'ospedale nelle catastrofi e sulla sicurezza degli ospedali quando esposti a rischi diversi, nonché sulla formazione dei professionisti che operano nella risposta ai disastri, a richiedere il confronto tra diverse realtà internazionali nella pianificazione ospedaliera, perché si possa arrivare ad una sintesi per la loro migliore risposta in caso di esposizione a una condizione di disastro;
lo stesso Djalali avrebbe fatto sapere che, come riportato dall'articolo di Nature «Iranian scholar sentenced to death» pubblicato il 23 ottobre 2017 a firma del dottor Michele Catanzaro, pur essendo stato più volte avvicinato da militari e servizi segreti iraniani, egli non solo non ha mai coltivato gli interessi di Israele o di qualsiasi altro Stato, ma ha sempre rifiutato ogni tipo di coinvolgimento in attività che non fossero squisitamente accademiche;
lo stesso Djalali ritiene di essere stato arrestato per il suo rifiuto di spiare Paesi europei per conto del suo Governo; in particolare, gli sarebbe stato richiesto di raccogliere informazioni sensibili circa infrastrutture strategiche, di contro-terrorismo e per la difesa contro il rilascio/diffusione di sostanze Cbrn (chimiche, biologiche, radiologiche, nucleari e esplosive), piano operativi, progetti di ricerca e quant'altro connesso a stati di crisi o di allarme terroristico;
la condanna giunge, nell'ambito di una lunga detenzione iniziata il 24 aprile 2016, svoltasi nel carcere di alta sicurezza Evin di Teheran, nel corso della quale il dottor Djalali ha condotto scioperi della fame e della sete per ribadire la propria innocenza affinché gli fosse garantito un giusto processo;
l'accademico Ahmadreza Djalali è stato docente e ricercatore in medicina dei disastri presso l'università del Piemonte orientale, presso il Karolinska Institutet di Stoccolma, nonché presso la Vrije Universiteit Brussel. La sua attività di ricerca gode di molti meriti e riconoscimenti nella comunità scientifica internazionale, motivo per cui era spesso chiamato a tenere dei seminari in vari Paesi. Qualunque sia il suo passaporto Djalali è oggi un ricercatore sequestrato al suo lavoro e alla sua vita, in attesa di essere giustiziato;
a partire dall'Italia e dalla Svezia è necessario che i Paesi che traggono continui benefici dalla libera comunità della ricerca diano dei segnali chiari e intransigenti a quelli dove le libertà fondamentali latitano o vengono ogni giorno disattese;
la condanna a morte di un ricercatore, di chi non coltiva altro che la conoscenza, deve essere vissuta dalla comunità internazionale come un attacco portato al cuore del nostro modello di convivenza;
durante la seduta antimeridiana del Senato del 25 ottobre 2017, n. 905, oltre 120 senatori, appartenenti a tutti i gruppi parlamentari, hanno presentato un'interpellanza urgente di contenuto analogo alla presente –:
quali iniziative il Governo abbia adottato nei mesi scorsi, come dichiarato dal Ministro interpellato il 23 ottobre 2017, e quali ulteriori passi intenda tempestivamente muovere alla luce dell'aggravarsi della situazione, sia attraverso la sede diplomatica italiana, sia coinvolgendo le istituzioni europee ed in particolare l'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, per scongiurare l'esecuzione della sentenza di condanna a morte e restituire alla libertà il dottor Ahmadreza Djalali.
(2-01994) «Locatelli, Paola Boldrini, Bossa, Bueno, Carloni, Carnevali, Carrozza, D'Ottavio, Dallai, Fabbri, Fossati, Garavini, Gasparini, Ghizzoni, Gnecchi, Incerti, Lacquaniti, Latronico, Andrea Maestri, Marzano, Merlo, Minnucci, Nicchi, Pastorelli, Pinna, Placido, Quintarelli, Rabino, Romanini, Rossi, Terrosi, Venittelli, Zampa, Zan, Roberta Agostini, Auci, Borghi, Ciracì, Coccia, Gianni Farina, Patrizia Maestri, Malisani, Palmizio, Pellegrino, Tidei, Giovanna Sanna, Falcone, D'Incecco».
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
la normativa vigente assegna alla scuola il dovere della sorveglianza degli allievi minorenni per tutto il tempo in cui gli sono affidati, e comunque fino al subentro dei genitori o di persone da questi incaricate;
in questo ambito, con la recente sentenza n. 21593 del 2017, la Corte di cassazione si è pronunciata sulla morte di un bambino che era stato investito da un autobus sulla strada pubblica all'uscita di scuola;
dalla suddetta sentenza si evince che in caso di incidente ad un alunno minore di 14 anni fuori dall'edificio scolastico, la scuola è ugualmente responsabile, perché gli insegnanti hanno l'obbligo sia di assicurarsi che i bambini siano saliti sul bus, sia di aspettare i genitori se in ritardo. Ciò deriverebbe da un preciso obbligo di vigilanza da parte del personale scolastico di far salire e scendere dai mezzi di trasporto davanti al portone della scuola gli alunni, compresi quelli delle scuole medie, e demandando al personale medesimo la vigilanza nel caso in cui i mezzi di trasporto ritardino;
spesso la meccanica e costante applicazione di queste norme da parte dell'istituto scolastico e del suo dirigente, finisce per scontrarsi con la volontà di molte famiglie, di voler favorire una graduale e sempre maggiore autonomia e responsabilizzazione del figlio minore, a cominciare proprio dalla possibilità per quest'ultimo di poter tornare a casa da solo;
peraltro, l'eventuale autorizzazione, o liberatoria, che può essere chiesta in questi casi in base al regolamento di alcuni istituti scolastici ai genitori, per il rientro a casa da soli degli alunni minorenni, anche per il fatto di non essere supportata da una norma di rango primario, non esonera del tutto da eventuali responsabilità della amministrazione scolastica, per gli eventuali danni conseguenti alla descritta situazione;
anche in conseguenza della suddetta sentenza della Cassazione, in queste settimane, sono aumentati i presidi che hanno comunicato alle famiglie che i ragazzi iscritti alle scuole secondarie di primo grado non potranno uscire soli da scuola, e che non saranno prese in considerazione autorizzazioni o liberatorie per l'uscita autonoma degli studenti. La conseguenza di tutto ciò è l'adozione da parte di un numero sempre maggiore di scuole di comportamenti eccessivamente rigidi;
a seguito della citata sentenza della Cassazione, la Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca, annunciava e ribadiva l'obbligo di accompagnare e riprendere i minori a scuola, in quanto «lo prevede la legge», sottolineando che il Ministero dell'istruzione non ha la funzione né la responsabilità di modificare una legge dello Stato, e comunque che «per i nonni è un grande piacere andare a prendere i nipoti». Solo successivamente, diversi giorni dopo, apriva alla possibilità di una eventuale modifica normativa volta a favorire l'autonomia dello studente minorenne –:
quali iniziative urgenti e non più rinviabili si intendano assumere per superare quanto prima le criticità esposte in premessa e favorire una sempre maggiore responsabilizzazione degli studenti minorenni, anche consentendo loro l'uscita autonoma dai locali scolastici al termine dell'orario delle lezioni, garantendo al contempo la necessaria tutela giuridica ai dirigenti e al personale scolastico.
(2-01997) «Cimbro, Nicchi, Bossa, Scotto, Laforgia, Roberta Agostini».
GRIBAUDO, PARIS. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), ha previsto all'articolo 1, comma 651, a titolo sperimentale per un periodo di tre anni, per i «conducenti che esercitano la propria attività con veicoli a cui si applica il regolamento (CE) n. 561/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, equipaggiati con tachigrafo digitale e prestanti la propria attività in servizi di trasporto internazionale per almeno 100 giorni annui», un esonero dai contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro nella misura dell'80 per cento, esclusi premi e contributi dovuti all'Inail; tale misura era finanziata con autorizzazione alla spesa di 65,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018;
la legge 21 giugno 2017, n. 96, è intervenuta a circoscrivere tali autorizzazioni di spesa, confermando l'importo di 65,5 milioni di euro per l'anno 2016, ma riducendo a 0,5 milioni di euro la spesa per ciascuno degli anni 2017 e 2018;
i conducenti di mezzi pesanti, negli ultimi anni, sono stati duramente colpiti dal fenomeno del dumping sociale, avvenuto a causa della concorrenza salariale dei conducenti di altri Paesi dell'Unione europea, e molte aziende italiane del settore dell'autotrasporto avevano accolto con favore la misura prevista nella legge di stabilità 2016;
a venti mesi dall'approvazione della legge di stabilità 2016 e a quattro mesi dalla legge n. 96 del 2017 non risulta ancora emanata la circolare dell'Inps necessaria alla presentazione delle domande per il godimento dell'esonero dai contributi previdenziali di cui sopra –:
quali iniziative intenda adottare affinché sia emanata quanto prima la circolare dell'Inps necessaria alla presentazione delle domande e al godimento effettivo della decontribuzione prevista dall'articolo 1, comma 651, della legge di stabilità 2016.
(5-12494)
BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
gli incendi che hanno colpito il Piemonte, con particolare riguardo alla Val Susa, la Val Chiusella, il Cuneese e il Biellese hanno procurato una devastazione di habitat naturali e boschivi e degli stessi centri abitati, con il risultato di migliaia di persone sfollate dalle proprie case;
il perdurare degli incendi per ben tre settimane non costituisce un caso isolato nell'anno in corso, vista l'emergenza estiva avvenuta in Sicilia, Abruzzo e Campania, tale da procurare la distruzione di 146.000 ettari di boschi con danni enormi per gli ecosistemi e gli animali e con effetti disastrosi sul clima e sul fragile assetto idrogeologico del nostro Paese. Gli stessi sindacati dei vigili del fuoco in una loro nota stampa parlano di una situazione drammatica e denunciano come l'assenza del Corpo forestale abbia portato l'Italia indietro di 40 anni nella prevenzione e nel contrasto agli incendi boschivi;
la gravità del fenomeno, 5.000 ettari di territorio piemontese distrutto, peggiora la già compromessa situazione della qualità dell'aria piemontese – a Beinasco sono stati registrati 354 microgrammi al metro cubo, 7 volte la soglia massima, di Pm 10 – tanto da poter parlare di una vera e propria emergenza sanitaria;
la matrice degli incendi è in buona parte dolosa, al punto che in alcuni casi sono stati già rintracciati i responsabili degli atti criminosi e stessi inneschi, ma non può essere esclusa una cattiva gestione politica dell'intero territorio, con la complicità della cattiva gestione nazionale e della dismissione del Corpo forestale dello Stato;
ad aggravare la situazione e il pericolo per l'incolumità pubblica e per le persone ha partecipato il perdurare della stagione venatoria, con i cacciatori che inseguivano gli animali in fuga dalle fiamme;
il sollecito delle associazioni ambientaliste per la tutela della fauna selvatica e degli ambienti naturali è nella direzione della sospensione della stagione venatoria, che già non avrebbe neppure dovuto essere aperta date le condizioni di stress ambientale che perdurano ormai da tutta l'estate. Intanto, una delibera regionale ha sospeso l'attività venatoria fino alla fine del mese di novembre 2017 nei comparti alpini colpiti dagli incendi e una sospensione fino al 10 novembre nelle aree limitrofe. Si ricorda inoltre che la regione dovrebbe individuare le zone da escludere dall'esercizio venatorio per 10 anni, come da articolo 10 della legge n. 353 del 2000;
le misure attuate per il blocco dell'attività venatoria non risultano agli interroganti sufficienti ad affrontare la situazione piemontese. A tal proposito gli interroganti avevano presentato la risoluzione n. 7-01336 e la mozione 1-01675, in accordo con le associazioni, per sospendere la stagione venatoria almeno per l'anno in corso e per le zone maggiormente interessate dagli incendi. Nonostante gli appelli e le raccomandazioni dello stesso Ispra la stagione venatoria è stata invece anticipata al 2 settembre in tutte le regioni italiane;
nel testo della risoluzione, così come nell'interrogazione n. 5-12453, era stato sollevato il problema del mancato aggiornamento dei piani faunistici, da farsi ogni 5 anni, così come disposto dalla legge n. 157 del 1992. Con particolare riguardo al Piemonte, sembra che la regione non abbia concluso l’iter di aggiornamento iniziato nel 2013 –:
se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative per istituire un fondo di solidarietà nazionale per le criticità che riguardano persone e animali, e un piano di emergenza per il ripristino degli equilibri eco-sistemici e faunistici compromessi;
quali iniziative il Governo intenda promuovere, per quanto di competenza, per la valutazione della qualità dell'aria e l'attivazione di misure volte alla tutela della popolazione residente nelle aree adiacenti agli incendi;
se il Governo non intenda assumere iniziative in tutte le sedi competenti affinché venga sospesa l'attività venatoria in Piemonte per l'anno 2017/2018, al fine della tutela degli habitat e dell'incolumità pubblica;
se il Governo non intenda assumere le iniziative di competenza per l'aggiornamento dei piani faunistici venatori, previsto ogni cinque anni dalla legge n. 157 del 1992, in base a valutazioni scientifiche sullo stato di salute degli habitat e delle varie specie.
(4-18403)