TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 325 di Mercoledì 5 novembre 2014

 
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INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

    SOTTANELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 2477 del codice civile stabilisce, al comma 1, così come modificato dal comma 2 dell'articolo 35 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, che l'atto costitutivo delle società a responsabilità limitata può prevedere, determinandone le competenze e i poteri, la nomina di un organo di controllo o di un revisore. Se lo statuto non dispone diversamente, l'organo di controllo è costituito da un solo membro effettivo;
   la nomina dell'organo di controllo o del revisore è obbligatoria, secondo le modifiche introdotte da ultimo dall'articolo 20, comma 8, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, nei seguenti tre casi: a) se la società è tenuta alla redazione del bilancio consolidato; b) se la società controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti; c) se la società per due esercizi consecutivi ha superato due dei limiti indicati dal primo comma dell'articolo 2435-bis, concernenti il totale dell'attivo dello stato patrimoniale, i ricavi delle vendite e delle prestazioni, i dipendenti occupati in media durante l'esercizio. L'obbligo di nomina cessa se per due esercizi consecutivi non sono superati tali limiti;
   l'articolo 2477 del codice civile, secondo le modifiche apportate dal citato comma 2 dell'articolo 35 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, dispone, inoltre, che nel caso di nomina di un organo di controllo, anche se monocratico, si applicano le disposizioni sul collegio sindacale previste per le società per azioni;
   il medesimo articolo stabilisce, altresì, che se l'assemblea della società a responsabilità limitata che approva il bilancio in cui vengono superati i limiti previsti non provvede, entro trenta giorni, alla nomina dell'organo di controllo o del revisore, vi provvede il tribunale su richiesta di qualsiasi soggetto interessato;
   nel caso di obbligo di nomina dell'organo di controllo (che può essere collegiale o monocratico) o del revisore (che può essere una persona fisica o una società di revisione) non risulta chiaro se la scelta tra le due ipotesi alternative comporti anche due diverse tipologie di controllo;
   un primo orientamento (Consiglio notarile di Milano, Comitato Triveneto dei consigli notarili) sostiene l'equivalenza del sindaco unico o collegio sindacale e del revisore, attribuendo agli stessi equivalenti funzioni, cioè sia il controllo di gestione ex articolo 2403 e successivi del codice civile, sia la revisione legale dei conti;
   secondo altro orientamento, che risulta prevalente (Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e Consiglio nazionale del notariato), la situazione sarebbe invece la seguente: a) nell'ipotesi di nomina dell'organo di controllo (collegio sindacale o sindaco unico) a questo spetta il controllo di gestione ex articolo 2403 e successivi del codice civile e, normalmente, salvo che lo statuto non disponga diversamente, anche la revisione legale dei conti; b) nell'ipotesi di nomina del revisore a questo spetta solo la revisione legale dei conti;
   pertanto, se così fosse, l'assemblea dei soci delle società a responsabilità limitata, al verificarsi dei casi previsti dal terzo comma dell'articolo 2477 del codice civile, potrebbe decidere di optare per un sistema di controllo non solo soggettivamente diverso ma anche qualitativamente diverso, considerato che il revisore non può svolgere il controllo sulla gestione;
   quindi, nell'ipotesi di nomina del revisore, essendo lo stesso un organo di controllo esterno alla società, oltre a non esercitare il controllo sulla gestione, non sarà nemmeno tenuto a partecipare alle assemblee ed ai consigli di amministrazione –:
   se, alla luce di tali orientamenti difformi, non ritenga opportuno fare chiarezza, anche attraverso iniziative esplicative di natura normativa, in merito alle diverse tipologie di controllo nelle società a responsabilità limitata a seconda della nomina del collegio sindacale o del sindaco oppure del revisore. (3-01131)
(4 novembre 2014)

   RICCIATTI, MELILLA e NICCHI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con decreto del 26 febbraio 2003, ha perimetrato il sito di interesse nazionale (sin) di Falconara Marittima nel quale la raffineria di petrolio occupa una parte rilevante;
   l'impianto di raffineria di Falconara Marittima è entrato in attività nel 1950, si sviluppa su una superficie di 700.000 metri quadri di superficie ed è incastonata nel lato nord del centro abitato del comune di Falconara Marittima in provincia di Ancona;
   tale impianto ha sempre destato preoccupazione circa le sue emissioni nocive e i relativi effetti per la salute della popolazione residente;
   a partire dagli anni ’70 sono state svolte indagini sanitarie che hanno interessato i lavoratori e i cittadini falconaresi, tra le quali si citano quelle più rilevanti:
    a) lo studio sugli addetti all'impianto petrolchimico a cura dell'Istituto d'igiene dell'Università degli studi di Ancona in collaborazione con l'Istituto superiore di sanità – avviato nel 1991 e aggiornato nel 1996 – deve essere tuttora concluso e ha interessato 659 (650 uomini e 9 donne) lavoratori della raffineria in servizio fra il 1974 ed il 1989 con un follow-up aggiornato al 1996. Sono state indagate 33 gruppi e cause di morte. Lo studio occupazionale ha rilevato eccessi di mortalità tumorale complessiva e di tumori cerebrali in particolare, dato questo in linea con le risultanze di studi simili condotti in altri Paesi e pubblicati sulla letteratura internazionale;
    b) l'analisi commissionata dalla procura della Repubblica di Ancona (per motivi a tutt'oggi non noti ai cittadini), analisi epidemiologica geografica di mortalità e ricovero ospedaliero per causa (Centroide di Falconara Marittima e comuni entro 30 chilometri) nel settembre del 2002, secondo cui: «I tumori del sistema emolinfopoietico (leucemie, linfomi, mielomi) presentano nel loro complesso la maggiore problematica del comune di Falconara. Nel corso degli anni sono stati segnalati ripetuti eccessi in questa categoria diagnostica, ora in un sesso, ora nell'altro a seconda dei sottogruppi considerati, con distribuzione però differente per tipologia e periodo: negli anni 1981-94 ad una mancanza di rischio complessivo di leucemie tra gli uomini fa da contrasto un rischio aumentato di linfomi non Hodgkin negli uomini, mentre nelle donne si è registrato un rischio non significativo statisticamente, ma con un eccesso di mielomi multipli. Nel periodo più recente l'eccesso per linfomi non Hodgkin si sposta nel sesso femminile, mentre negli uomini è inferiore all'atteso. I tumori emolinfopoietici nel loro complesso sono ora in eccesso nel sesso femminile mentre sono diminuiti negli uomini. Le leucemie nel periodo più recente sono in eccesso nelle donne, mentre negli uomini non sono rilevabili eccessi come nel periodo precedente. (...) Le leucemie sono, invece, state correlate con numerosi fattori di rischio, soprattutto con il benzene e altri derivati simili dell'industria petrolifera. In merito alla correlazione tra patologie del sistema emolinfopoietico ed esposizioni professionali tra gli addetti ad impianti petrolchimici esiste un corpus di letteratura molto corposo, perdurante dai primi studi eseguiti, spesso con evidenze anche tra la popolazione residente nei pressi degli impianti stessi. Nella monografia Iarc (International agency for research on cancer) più volte citata, la documentazione più rilevante riguarda per l'appunto tale associazione. Va rimarcato che successivamente al 1989, anno di pubblicazione della monografia Iarc sulla pericolosità degli impianti di raffinazione del petrolio, sono stati numerosissimi gli studi pubblicati sull'argomento della maggiore incidenza di tumori emolinfopoietici in lavoratori addetti a industrie petrolchimiche o residenti nelle vicinanze». E ancora nelle conclusioni svolte per la procura: «sono stati rilevati, a Falconara, alcuni eccessi, alcuni significativi, in vari periodi e in entrambi i sessi, pur con differenze nelle singole tipologie, che meritano la massima considerazione e richiederebbero la ricostruzione dell'esposizione dei vari soggetti, tramite intervista ai familiari dei deceduti, con uno studio analitico del tipo caso-controllo per verificare le ipotesi eziologiche più preoccupanti»;
   il 29 settembre 2011 l'Istituto nazionale tumori di Milano ha consegnato alla regione Marche, alla provincia di Ancona e ai comuni di Falconara Marittima, Chiaravalle e Montemarciano i risultati finali dell'indagine epidemiologica presso la popolazione residente a Falconara Marittima e comuni limitrofi riguardante il periodo dal 1994 al 2003. L'indagine, con uno studio analitico del tipo caso-controllo, è la prima e unica indagine che ha ricostruito l'esposizione dei vari soggetti tramite l'intervista ai familiari dei deceduti;
   il 29 marzo 2012, su invito e organizzazione delle associazioni dei cittadini falconaresi, i risultati finali dell'indagine venivano divulgati dall'Istituto nazionale tumori di Milano in un'assemblea pubblica;
   i risultati dell'indagine sono il frutto:
    a) di una convenzione, stipulata a luglio 2003, tra l'Istituto nazionale dei tumori di Milano e l'Agenzia regionale sanitaria della regione Marche, per l'elaborazione di uno «studio di fattibilità relativo all'indagine epidemiologica» presso la raffineria Api di Falconara;
    b) della deliberazione n. 679 del 15 giugno 2004 della giunta regionale delle Marche che approvò lo studio di fattibilità, il programma operativo e la stima dei costi necessari;
    c) della deliberazione integrativa n. 977 dell'11 settembre 2006 della giunta regionale delle Marche che definì il contributo complessivo regionale destinato al completo svolgimento dell'indagine, approvò il protocollo operativo di dettaglio e istituì il tavolo tecnico costituito dai rappresentanti dei servizi regionali ambiente e difesa suolo e salute, dei comuni interessati e della provincia di Ancona con il compito di valutazione e verifica delle attività inerenti l'indagine in termini di contenuti, di congruità dei costi e dei risultati attesi;
   secondo i dati raccolti dall'indagine, si evidenzia che «nell'area è esistito un problema di esposizione alla raffineria associato ad eccesso di rischio di morte per leucemia e linfoma non Hodgkin (e forse anche di mieloma, stando agli esiti della linea B), patologie relativamente rare»;
   dalla relazione finale dell'indagine si rileva che «il rischio sia stato particolarmente evidente per i soggetti che avevano domiciliato per più tempo entro i 4 chilometri dalla sorgente inquinante». Si specifica che gli eventi «sono occorsi in un non elevato numero di persone di età avanzata che hanno vissuto per oltre 10 anni in prossimità della raffineria»; ma «tali eventi possono essere anche interpretati come il segno di fatti sanitari importanti che hanno interessato fasce ben più ampie di popolazione». Quindi, si sottolinea la necessità di «rafforzare gli interventi di sanità pubblica per controllare gli effetti ed eliminare i rischi»;
   nell'aprile 2014 le associazioni dei cittadini hanno presentato un esposto alla procura della Repubblica di Ancona, consegnando i risultati dell'indagine epidemiologica sopra citata, chiedendo la riapertura dell'indagine avviata nel 2001 dalla stessa procura per accertare eventuali responsabilità penali di fronte alle esposizioni nocive, alle quali la popolazione è stata esposta nel corso degli anni;
   la regione Marche ha formalizzato uno studio, con decreto del dirigente della posizione funzionale (PF) sanità pubblica n. 2/SAP-04 dell'8 febbraio 2006, di mortalità sulla corte degli occupati nella raffineria Api, che fa parte di un progetto nazionale del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ccm) del Ministero della salute affidato all'Istituto superiore di sanità;
   quello studio risulta attualmente bloccato per l'indisponibilità da parte di Api di fornire anche solo l'elenco dei propri dipendenti ed ex dipendenti, adducendo insuperabili problematiche legate alla privacy;
   il 10 aprile 2012 il consiglio regionale delle Marche approvava la legge n. 6, che prevedeva l'istituzione del «registro regionale delle cause di morte e di registri di patologia», il quale non è potuto diventare esecutivo, poiché in attesa del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che avrebbe dovuto regolamentarli come previsto dall'articolo 12 del decreto-legge n. 179 del 2012, ai commi 10 e 11 –:
   se la regione Marche, la provincia di Ancona o gli altri comuni oggetto della ricerca abbiano consegnato l'indagine epidemiologica al Ministero della salute o all'Istituto superiore di sanità o se li abbiano informati in altro modo delle conclusioni emerse dall'indagine medesima e, in caso negativo, se il Ministro interrogato abbia intenzione di acquisire tale indagine direttamente dall'Istituto nazionale dei tumori di Milano, promuovendo di conseguenza una relazione di aggiornamento da parte dell'Istituto superiore di sanità sullo studio di mortalità sulla corte degli occupati nella raffineria Api di cui in premessa, facendo contestualmente conoscere quali siano i tempi di emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 12 del decreto-legge n. 179 del 2012 per dare attuazione ai registri di mortalità, tumore e altre patologie. (3-01132)
(4 novembre 2014)

   MIOTTO, LENZI, ALBINI, AMATO, ARGENTIN, BECATTINI, BENI, PAOLA BRAGANTINI, BURTONE, CAPONE, CARNEVALI, CASATI, D'INCECCO, FOSSATI, GELLI, GRASSI, MARIANO, MURER, PATRIARCA, PICCIONE, SBROLLINI, MARTELLA, ROSATO e DE MARIA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la distribuzione di un farmaco nei Paesi dell'Unione europea viene autorizzata dall’Ema (European medicine agency). Allo scopo, il produttore deve presentare un dossier con tutti gli studi necessari (sperimentazioni di fase I, II e III, quelle su un largo numero di pazienti);
   in base a questi dati, l’Ema valuta sicurezza, efficacia e qualità della molecola. E in questa fase, come premesso, non vengono richiesti studi «di superiorità» rispetto ad altri principi attivi in commercio per la stessa indicazione: basta che «non siano inferiori»;
   se approvato, il farmaco può essere prescritto e acquistato nell'Unione europea al prezzo deciso dall'azienda, ma non viene ancora rimborsato da servizi sanitari nazionali o assicurazioni. Per questo è necessaria una trattativa a livello nazionale con le agenzie regolatorie dei singoli Paesi, per l'Italia tale agenzia è l'Aifa;
   l'azienda, in genere, indica alle proprie filiali nazionali un prezzo-obiettivo per ogni Paese, che può variare da caso a caso, perché tiene conto di molte variabili, come potenziale numero di pazienti, capacità di spesa e tipo di rimborso dei singoli Paesi (a carico dello Stato, assicurativo o misto);
   una volta avviata la trattativa, l'ente regolatorio, di solito, procede in due modi: se ritiene che il nuovo farmaco non dia benefici aggiuntivi rispetto ad altri già in commercio proporrà all'azienda il prezzo più basso fra quelli della stessa classe; se, invece, giudica che il farmaco porti benefici aggiuntivi tende a prendere come riferimento il prezzo più basso già ottenuto dall'azienda in altri Paesi europei. Per questo le case farmaceutiche di solito (non sempre) negoziano prima il rimborso in Paesi in cui c’è maggiore probabilità che il farmaco «spunti» un prezzo alto (per esempio, la Germania);
   in questa trattativa, come precisato dal direttore dell'Aifa, Luca Pani, «giocano un ruolo molto importante i diversi modelli di rimborso (...) nonché la diversa compartecipazione dei sistemi privati e assicurativi»;
   il recente caso del farmaco Sofosbuvir per l'epatite C dell'americana Gilead mette bene in evidenza tale situazione perché il farmaco viene ceduto a prezzi diversi nei vari Paesi europei, comunque elevatissimi, tali da mettere in discussione la tenuta del sistema sanitario nazionale; infatti, immediatamente dovrebbe essere assicurato il trattamento ai 15/20.000 pazienti a rischio vita, ma si dovrebbe prevedere l'estensione della cura ai 3/400.000 cittadini mono e coinfetti da epatite C e la corrispondente spesa appare insostenibile se non è accompagnata da finanziamenti aggiuntivi al fondo sanitario nazionale;
   il 30 settembre 2014 l'Aifa ha reso noto l'intervenuto accordo con Gilead per la rimborsabilitá del farmaco Sovaldi (sofosbuvir) per il trattamento dei pazienti affetti da epatite cronica C;
   sono trascorsi anni di attesa per l'ingresso in Europa del nuovo farmaco, nonché quasi dieci mesi dall'approvazione dell’Ema e nonostante le numerose sollecitazioni giunte al Governo dal Parlamento, seguite da ripetuti annunci sulla disponibilità del farmaco che andasse oltre il programma per l'uso compassionevole dello stesso, nessuna decisione in ordine all'inserimento del farmaco nel prontuario è finora intervenuta;
   in questi giorni destano preoccupazioni gli annunci di Aifa che rinvia ad un provvedimento da pubblicare in Gazzetta ufficiale «probabilmente entro il mese prossimo» concernente i criteri per la somministrazione del farmaco, che si annuncia saranno «progressivi»;
   inoltre, il Ministro interrogato, nonostante precedenti affermazioni sul rifiuto di criteri selettivi per l'accesso alla cura, dichiara invece che occorre un percorso decennale per eradicare la malattia mediante un fondo ad hoc decennale per garantire l'accesso ai farmaci, preceduto da un censimento dei malati e nel contempo rivela che non c’è alcuna copertura finanziaria nonostante da mesi fosse nota l'esigenza di affrontare convenientemente il problema. Peraltro, il più volte annunciato piano nazionale sulle epatiti virali non viene formalmente approvato, con il rischio di esporre il sistema sanitario alla pressione di migliaia di pazienti che vedono negata la concreta possibilità di guarigione da patologie gravissime che spesso portano alla morte;
   in realtà, però, già da anni il prezzo dei farmaci è salito moltissimo: diverse recenti molecole contro i tumori costano anche più ma hanno destato meno attenzione perché il loro «bacino d'utenza» è inferiore, segnalazioni però di difficoltà di accesso alle cure sono pervenute;
   alla mancanza del farmaco in sede locale si accompagna il fenomeno dei farmaci acquistati nel nostro Paese ma poi rivenduti all'estero;
   almeno per l'Europa sarebbe meglio avere un prezzo unico del farmaco –:
   alla luce dei fatti sopra esposti, se non ritenga opportuno, nel rispetto delle proprie competenze, predisporre iniziative urgenti volte a far sì che si possa arrivare in ambito europeo ad una determinazione unica del prezzo effettivo dei farmaci valevole in tutti i Paesi dell'Unione europea, nonché, nel caso specifico, quali iniziative urgenti intenda assumere non solo per garantire l'accesso al farmaco Sovaldi a carico del sistema sanitario nazionale a più pazienti possibile, ma anche i tempi di pubblicazione del piano nazionale delle epatiti virali. (3-01133)
(4 novembre 2014)

   DORINA BIANCHI, CALABRÒ e ROCCELLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la legge 2 febbraio 2006, n. 31, recante «Disciplina del riscontro diagnostico sulle vittime della sindrome della morte improvvisa del lattante (SIDS) e di morte inaspettata del feto», in particolare l'articolo 1, comma 1, stabilisce, tra l'altro, che i lattanti deceduti improvvisamente entro un anno di vita senza causa apparente e i feti deceduti, anch'essi senza causa apparente dopo la venticinquesima settimana di gestazione, devono essere prontamente sottoposti con il consenso di entrambi i genitori a riscontro diagnostico da effettuarsi in centri autorizzati; al comma 2 è previsto che il riscontro diagnostico di cui al comma 1 è effettuato secondo il protocollo diagnostico predisposto dalla prima cattedra dell'Istituto di anatomia patologica dell'Università di Milano. Il suddetto protocollo, per essere applicabile, deve essere approvato dal Ministero della salute;
   è di tutta evidenza che la tematica in esame è di estrema rilevanza, visto che la morte improvvisa del lattante colpisce un lattante ogni 700/1000 nati e si pone come la più frequente causa di decesso nel primo anno di vita e che la morte inaspettata del feto, dopo la 25o settimana di gestazione, ha un'incidenza cinque/sei volte superiore a quella di decesso nel primo anno di vita; i dati citati dimostrano quanto sia urgente e attesa l'adozione dei suddetti protocolli;
   da recenti notizie di stampa si è appreso che è stato finalmente siglato dal Ministro interrogato il decreto che approva il protocollo di indagine e di riscontro diagnostico nella morte improvvisa infantile, al fine di garantire il riscontro diagnostico sui lattanti deceduti entro un anno di vita senza causa apparente; con lo stesso decreto sembra sia stato approvato anche il protocollo diagnostico per i feti deceduti, senza causa apparente, dopo la 25o settimana di gestazione –:
   se corrisponda al vero la predetta notizia di stampa, secondo cui sarebbe stato emanato il decreto che approva i protocolli diagnostici di cui in premessa, precisando, in tal caso, i motivi per i quali non ne è stata ancora data adeguata informazione, anche mediante pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, nonché tramite apposite campagne informative, considerata l'enorme rilevanza dello stesso e la grande attesa che i cittadini hanno riposto nella sua emanazione. (3-01134)
(4 novembre 2014)

   GIGLI e DE MITA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 3, comma 5, lettera e), del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, dispone che: «a tutela del cliente, il professionista è tenuto a stipulare idonea assicurazione per i rischi derivanti dall'esercizio dell'attività professionale. Il professionista deve rendere noti al cliente, al momento dell'assunzione dell'incarico, gli estremi della polizza stipulata per la responsabilità professionale e il relativo massimale. Le condizioni generali delle polizze assicurative di cui al presente comma possono essere negoziate, in convenzione con i propri iscritti, dai consigli nazionali e dagli enti previdenziali dei professionisti»;
   per quel che riguarda i medici, in particolare, il decreto-legge 28 giugno 2012, n. 89, recante proroga di termini in materia sanitaria, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 132, rinvia al 13 agosto 2013 il termine per l'obbligo di copertura assicurativa degli esercenti professioni sanitarie;
   l'obbligo per i professionisti di stipulare un'assicurazione professionale è stato prorogato di un anno con un emendamento al «decreto del fare» (decreto-legge n. 69 del 2013). Dal 14 agosto 2014, quindi, è entrato in vigore l'obbligo per i medici che lavorano nella sanità privata e per quelli di famiglia di avere un'assicurazione responsabilità civile professionale per il moltiplicarsi, negli ultimi anni, dei contenziosi di risarcimento, obbligo che non vale per i medici del servizio sanitario nazionale;
   risulta un'evidente discriminazione tra medici dipendenti di strutture sanitarie pubbliche, che potranno contare su una differente e maggiore tutela assicurativa, rispetto a quelli non dipendenti, oppure operanti nelle strutture sanitarie private o accreditate, non coperti da garanzia cosiddetta di «primo rischio», bensì solo di «secondo rischio»;
   le compagnie di assicurazioni spesso si rifiutano di contrarre polizze con professionisti medici a rischio e, in ogni caso, propongono polizze con premi elevatissimi, in quanto non hanno alcuna convenienza ad assicurare i medici italiani e stanno uscendo dal mercato;
   la soluzione dei risarcimenti per gli errori medici deve trovare una soluzione sopportabile dal sistema assicurativo, ma il rifiuto da parte delle compagnie a stipulare polizze rappresenta una sostanziale violazione del diritto al libero esercizio dell'attività professionale previsto dalla normativa europea e nazionale;
   l'articolo 32 della Costituzione tutela la salute come «diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettività» –:
   quali urgenti iniziative condivise ed efficaci intenda pone in essere al fine di eliminare tale discriminazione e consentire ai medici di stipulare polizze accessibili. (3-01135)
(4 novembre 2014)

   CENTEMERO e PALESE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   le prove scritte del primo concorso nazionale per l'ingresso alle scuole di specializzazione in medicina si sono svolte dal 28 al 31 ottobre 2014. Alla selezione si sono iscritti 12.168 candidati distribuiti in 117 sedi e 442 aule messe a disposizione dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   qualche giorno dopo la prova scritta, si è appresa la notizia dell'annullamento dei quiz di specializzazione in medicina a causa dell'inversione dei quesiti svolti il 29 ottobre 2014 con quelli del 31 ottobre 2014 e della necessità che 8.319 specializzandi dovessero ripetere le prove scritte il 7 novembre 2014 in un'unica giornata e nelle sedi già utilizzate il 29 e 31 ottobre 2014;
   il Ministro interrogato ha individuato il responsabile dell'accaduto in Cineca, il Consorzio interuniversitario incaricato di somministrare i test, consorzio però nel cui consiglio di amministrazione siede il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e che aveva già sbagliato in modo clamoroso in altre occasioni recenti. Basti ricordare la sospensiva del tribunale amministrativo regionale tra luglio e settembre 2014 per l'ammissione di 5.000 studenti a medicina dopo le irregolarità nei test d'ingresso dell'8 aprile 2014 e prima ancora le irregolarità denunciate nel concorso per magistrati, l'inchiesta avviata dal Ministro Lorenzin dopo il concorso per medici generali, le proteste degli insegnanti per le domande errate inserite dal Cineca nei test di agosto 2014 per l'accesso ai corsi per i tirocini formativi attivi di abilitazione;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha responsabilità di controllo rispetto all'operato del Cineca;
   dopo qualche ora dalla notizia dell'annullamento dei test, è invece arrivato l'annullamento dell'annullamento, sempre da parte del Ministro interrogato, che invece dichiarava di aver trovato la soluzione: la commissione nazionale incaricata nell'estate 2014 di validare le domande del quiz, dopo un vaglio dei quesiti proposti ai candidati per l'area medica (29 ottobre 2014) e quella dei servizi clinici (31 ottobre 2014), stabiliva che, sia per l'una che per l'altra area, 28 domande su 30 potevano comunque essere considerate valide ai fini della selezione e, quindi, si è deciso di ricalcolare il punteggio neutralizzando di fatto due domande per area, il che potrebbe favorire, tra l'altro, chi aveva risposto erroneamente alle domande e penalizzerà chi, invece, aveva risposto correttamente, con conseguente apertura di contenziosi –:
   quali siano i criteri individuati per risolvere le problematiche connesse all'annullamento delle prove scritte, indicando con trasparenza quali quesiti delle diverse aree siano stati dichiarati compatibili ricalcolando in modo altrettanto trasparente il punteggio di un test invalidato per negligenza ed imperizia, nonché per mancanza dei dovuti controlli da parte del Ministero, rendendo disponibile ai candidati il proprio punteggio prima e dopo la «neutralizzazione», in modo da avere la possibilità di effettuare le verifiche del caso, e rendendo noti non solo i punteggi totali, ma anche i punteggi «scorporati» per singola prova, aggiunti ad eventuali punti addizionali legati al curriculum.
(3-01136)
(4 novembre 2014)

   GIORGIA MELONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha dovuto annullare le prove per il primo concorso nazionale per l'ingresso alle scuole di specializzazione in medicina, a causa di una «grave anomalia» verificatasi nelle prove scritte del 29 e 31 ottobre 2014 dell'area medica e dell'area dei servizi clinici;
   le modalità di accesso alle scuole di specializzazione in medicina sono appena state riformate in ottemperanza alla nuova norma che ha istituito il concorso unico nazionale e questa sessione di prove è la prima svolta in base alle disposizioni dei nuovi decreti ministeriali;
   la previsione che il test nazionale si svolgesse attraverso una serie di quiz contrasta con l'idea stessa di merito e di trasparenza che si intende riconoscere alle prove d'ingresso alle scuole di specializzazione, posto che affidare il destino di uno specializzando solo a delle crocette, prescindendo da un intero corso di studi svolto dal candidato, nel corso del quale egli può aver approfondito alcune tematiche o aver scritto delle tesi e pubblicato dei lavori e frequentato dei reparti ospedalieri, appare quantomeno riduttivo ed era già stata al centro di molte polemiche;
   le prove dovranno essere ripetute il 7 novembre 2014, a danno dei concorrenti che dovranno sottoporsi nuovamente a tale estenuante procedura e che in gran parte si troveranno a dover affrontare un ennesimo spostamento per partecipare alle prove, e darà certamente luogo ad una serie consistente di ricorsi da parte di chi sarà impossibilitato a ripetere i quiz nella nuova data;
   il ricorso alla giustizia amministrativa rischia di mettere ulteriormente in crisi la delicata programmazione della formazione medica, già messa a dura prova dal fatto che, a causa delle irregolarità nei test svolti nel 2013, è stato necessario posticipare il fisiologico calendario di lezione per la mancanza di aule, che hanno dovuto sopportare cinquemila studenti in più rispetto ai diecimila vincitori regolari di concorso in seguito alle riammissioni deliberate dagli organi di giustizia amministrativa –:
   quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di ripristinare ogni tutela e ogni garanzia nei confronti dei giovani che concorrono per l'ammissione alle scuole di specializzazione medica, nel rispetto del diritto allo studio come costituzionalmente previsto, se del caso anche rivedendo le modalità dei concorsi, eliminando i quiz e garantendo il rispetto del merito.
(3-01137)
(4 novembre 2014)

   D'UVA, LUIGI GALLO, BRESCIA, MARZANA, DI BENEDETTO, VACCA e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto ministeriale 8 agosto 2014, n. 612, pubblicato nella Gazzetta ufficiale 29 agosto 2014, n. 67, il Ministro interrogato emanava il bando per l'ammissione alle scuole di specializzazione in medicina per l'anno accademico 2013/2014;
   l'articolo 7 stabilisce che la prova di ammissione alle scuole di specializzazione in medicina per l'anno accademico 2013/2014 dovrà essere svolta telematicamente, identica a livello nazionale con riferimento a ciascuna scuola, e da sostenersi tra il 28 e il 31 ottobre 2014, e, al comma 3, che il software necessario all'espletamento della prova verrà fornito dal Cineca;
   il Cineca, al quale è affidata la diretta organizzazione della prova, è un consorzio interuniversitario senza scopo di lucro operante sotto il diretto controllo del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il quale ha il compito di fornire sistemi gestionali per le amministrazioni universitarie e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   in data 1o novembre 2014, i principali quotidiani nazionali riportavano notizia circa gravissime irregolarità nel corso dei test di accesso alle scuole di specializzazione e accusavano il Cineca di aver confuso le prove da fornire ai candidati di area medica e area dei servizi clinici, invertendo le domande da inviare ai responsabili d'aula nelle varie sedi d'esame;
   «la svista», conclude l'articolo, «rappresenta un'enorme figuraccia per il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e lede la credibilità del Cineca. E avrà anche una ricaduta economica, se è vero che per assicurare la trasparenza delle procedure di concorso, il Ministero aveva impiegato circa 1.800 persone nel servizio di vigilanza», dimostrando come il gravissimo errore abbia irrimediabilmente compromesso la considerazione del consorzio Cineca controllato dal Ministero;
   in data 1o novembre 2014 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con propria nota, interveniva in merito al rilevato errore del Cineca, confermando l'avvenuta inversione delle prove concorsuali del 29 e 31 ottobre 2014, affermando come «a seguito dei controlli di ricognizione finali sullo svolgimento dei test, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha rilevato una grave anomalia nella somministrazione delle prove scritte del 29 e 31 ottobre 2014 e riguardanti le scuole dell'area medica e quelle dell'area dei servizi clinici»;
   al termine del documento il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ammettendo pubblicamente l'irregolarità, dispone la previsione di annullamento e conseguente ripetizione delle prove oggetto dell'errore determinato dal Cineca;
   in un articolo pubblicato dal quotidiano Il Corriere della Sera, in data 2 novembre 2014, si è appreso della volontà del presidente del Cineca, dottor Emilio Ferrari, di rimessione del proprio mandato nelle mani degli organi del consorzio, dimettendosi così dalla carica attualmente ricoperta;
   è bene ricordare che l'errore di inversione delle prove risulta essere solamente l'ultimo di una serie di irregolarità avvenute nel corso della settimana antecedente le prove d'esame, quali ritardi nell'attribuzione delle sedi ai candidati, nonché della relativa suddivisione per nome e numero degli stessi nelle sedi delle prove concorsuali;
   nei giorni antecedenti le prove concorsuali sono pervenute al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca alcune richieste circa una maggiore attenzione a garanzia del regolare svolgimento delle prove d'esame, scongiurando così l'ipotesi di nuove irregolarità cui avrebbero fatto seguito ricorsi ai tribunali amministrativi regionali, con costi certamente gravosi in termini economici, e, soprattutto, a tutela del buon nome del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   in data 4 novembre 2014 un nuovo comunicato del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca riporta come «la Commissione ha vagliato i quesiti proposti ai candidati per l'area medica (29 ottobre 2014) e per quella dei servizi clinici (31 ottobre 2014), stabilendo che, sia per l'una che per l'altra area, 28 domande su 30 sono comunque valide ai fini della selezione» e, allo stesso tempo, si riporta che, a seguito di un confronto avuto con l'Avvocatura dello Stato e del verbale della commissione, si è deciso di procedere, dunque, con il ricalcolo del punteggio dei candidati neutralizzando le due domande per area che sono state considerate non pertinenti dal gruppo di esperti;
   l'attuale situazione, certamente delicata, anche in considerazione dei numerosi ricorsi amministravi avverso le irregolarità sin qui esposte, dovrebbe condurre, piuttosto che alla sanatoria sulla mera regolarità del test, ad assicurare a tutti i medici partecipanti al concorso la possibilità di accesso alle scuole di specializzazione, a garanzia del diritto di ogni cittadino di accedere ai gradi più alti degli studi, nonché al mondo del lavoro –:
   se intenda intervenire urgentemente, al fine di convalidare il concorso nazionale per l'accesso alle scuole di specializzazione per l'anno accademico 2013/2014, garantendo che a tutti i partecipanti al concorso venga assegnata la relativa borsa di studio e l'ammissione ai corsi di specializzazione, anche in considerazione dell'ennesimo ricorso collettivo avverso le irregolarità esposte. (3-01138)
(4 novembre 2014)

   DI SALVO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la formazione di un medico specialista dura oggi non meno di dieci anni, in alcuni casi addirittura dodici, come accade con alcune scuole di specializzazione particolarmente lunghe, come sono molte di quelle dell'area chirurgica;
   il problema principale è quello dei giovani laureati che non hanno accesso né alle scuole di specializzazione, né alle scuole di medicina generale per mancata disponibilità di borse di studio, per cui cresce l'elenco di «medici generici» che non diventeranno mai medici di famiglia o specialisti per carenza di posti nelle rispettive scuole. Quest'anno le borse di studio disponibili per gli specializzandi sono 5.000, frutto di estenuanti trattative con il Governo, ma insufficienti a coprire le domande, che sono attestate nell'ordine di 10.000;
   il 29 e il 31 ottobre 2014 si sono svolte le prove per i test di accesso alle scuole di specializzazione medica (per l'area medica il 29 ottobre 2014 e per l'area servizi clinici il 31 ottobre 2014). Alla fine dello svolgimento delle prove si è verificata una clamorosa svista in relazione all'ordine dei quesiti somministrati per le due aree citate. Le 30 domande comuni all'area medica e servizi clinici sono state invertite, facendo sì che i quesiti delle prove del 29 ottobre 2014 finissero in quelle del 31 ottobre 2014 e viceversa;
   l'errore nella somministrazione dei quesiti è ascrivibile al consorzio universitari Cineca, responsabile della preparazione dei test d'ingresso, che anche in altre occasioni ha causato disagi per gli studenti;
   nella giornata di lunedì 3 novembre 2014 il Ministro interrogato annunciava l'annullamento dei due quiz con contestuale ripetizione delle prove per la giornata del 7 novembre 2014;
   il giorno successivo, tuttavia, lo stesso Ministro interrogato comunicava che sarebbero stati fatti salvi i risultati delle prove eseguite. La commissione nazionale incaricata di validare le domande dei test avrebbe infatti vagliato i quesiti proposti ai candidati per l'area medica e per l'area servizi clinici, stabilendo che, sia per l'una che per l'altra area, 28 domande su 30 si dovessero ritenere comunque valide ai fini della selezione in quanto corrispondenti a settori scientifico-disciplinari comuni. Si è, quindi, effettuato il ricalcolo del punteggio dei candidati neutralizzando le due domande per area considerate non pertinenti dalla commissione;
   la soluzione individuata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca rischia di pregiudicare gravemente il percorso di studi di migliaia di studenti che vedono nell'accesso alle scuole di specializzazione l'unica possibilità per completare il proprio percorso formativo –:
   se non ritenga opportuno risolvere tale situazione, ascrivibile ad un errore imputabile al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, aumentando il numero delle borse di studio per l'accesso alle scuole di specializzazione e dando la possibilità a tutti i richiedenti di usufruirne, ovviando così all'errore citato.
(3-01139)
(4 novembre 2014)

  GUIDESI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUSIN, CAON, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA, RONDINI e ROBERTO SIMONETTI. — Al Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento. — Per sapere – premesso che:
   i residenti del quartiere San Siro di Milano da mesi vivono una situazione tragica; gli inquilini degli stabili popolari Aler sono arrivati al punto di non potersi allontanare da casa e rinunciare alle ferie per paura delle occupazioni selvagge dei loro appartamenti;
   dalle circostanze agghiaccianti raccontate dagli inquilini che per mesi cercano invano di impedire le occupazioni abusive negli alloggi sfitti dei propri palazzi, si apprende che, addirittura, a chi protesta arrivano spesso insulti e minacce, anche con pistole e coltelli, da chi organizza le occupazioni;
   mentre le occupazioni continuano, le case sono sempre meno per gli aventi diritto; nonostante il tanto pubblicizzato «piano casa» del Governo e i 1.480 alloggi che dovrebbero essere disponibili entro il 2015 per Milano, di cui circa 600 ristrutturati dal piano casa e circa 700 promessi da Aler, il numero degli appartamenti è molto insufficiente per il bisogno a cui deve rispondere;
   eppure i soldi si spendono per gli sgomberi; sgomberare un alloggio sembra che può arrivare a costare anche 10 mila euro: ci vogliono l'assistente sociale se in presenza di donne e bambini, l'ispettorato Aler, la polizia, il veterinario se ci sono animali domestici, l'ambulanza per eventuale soccorso medico e poi fabbri e tecnici per aggiustare gli infissi e le serrature;
   la Aler cerca di fare il possibile: secondo i mezzi stampa, dal 30 giugno al 30 settembre 2014 sono stati recuperati centoundici alloggi con il solo intervento della task force dell'Aler; task force che è dovuta intervenire per ben 943 volte e gli alloggi sono stati recuperati in 516 occasioni. Per contro, ben 197 volte le occupazioni sono andate a buon fine per il mancato intervento delle forze dell'ordine e 148 volte per assenza di assistenti sociali;
   tuttavia, tali iniziative non bastano per garantire le case a chi legittimamente ne ha diritto; oltre ad interventi strutturali e regolamentari urgenti che dovranno assumere le autorità locali per cambiare i requisiti per le assegnazioni, come, ad esempio, aumentare gli anni di residenza minima, oggi fissati in 5 anni, occorrono interventi straordinari da parte del Governo che non può lasciare in una simile emergenza la città;
   occorre organizzare nell'immediato un piano di censimento porta a porta per controllare le occupazioni legittime e illegittime degli appartamenti e garantire la sicurezza alla popolazione e il ritorno alle normali condizioni di vita per i residenti, operazione questa che solo con l'utilizzo delle forze armate potrebbe riuscire, come avvenuto in altre situazioni di emergenza del Paese, come, ad esempio, nell'operazione «strade sicure», che consente l'utilizzo del personale delle Forze armate nel contrasto alla criminalità e include il pattugliamento di strade, presidi o obiettivi sensibili –:
   quali interventi urgenti il Governo intenda assumere per porre fine alla situazione di emergenza che vive Milano e, in particolare, il quartiere San Siro a causa delle occupazioni abusive degli alloggi Aler e se il Governo non ritenga indispensabile, vista la situazione drammatica che vive tale quartiere, utilizzare le Forze armate per un immediato censimento delle occupazioni legittime e illegittime degli appartamenti e garantire la sicurezza alla popolazione e il ritorno alle normali condizioni di vita per i residenti. (3-01140)
(4 novembre 2014)

MOZIONE SCOTTO, CECCONI ED ALTRI N. 1-00652, PRESENTATA A NORMA DELL'ARTICOLO 115, COMMA 3, DEL REGOLAMENTO, NEI CONFRONTI DEL MINISTRO DELL'INTERNO, ANGELINO ALFANO

   La Camera,
   premesso che:
    un Ministro, figura chiave della compagine governativa ed elemento di equilibrio politico nei rapporti con tutte le forze parlamentari, è chiamato ad essere e ad apparire trasparente rispetto ai propri atti, ai propri impegni ed ai propri comportamenti;
    il Ministro dell'interno, autorità politica al vertice del dicastero omonimo, è garante e responsabile della sicurezza dei cittadini, tutore dell'incolumità e delle libertà individuali garantite dalla Costituzione, latore delle politiche di contrasto alla criminalità comune e organizzata e delle strategie in tema di prevenzione e controllo del territorio;
    la mattina del 29 ottobre 2014, a Roma, la polizia, evidentemente eseguendo disposizioni impartite dal Ministero dell'interno, caricava senza motivo alcune centinaia di lavoratori dell’Ast di Terni che stavano facendo un corteo assolutamente pacifico verso il Ministero dello sviluppo economico;
    il corteo è stato interrotto da una carica immotivata della polizia da Piazza Indipendenza, mentre, come riferito dal segretario nazionale Fim-Cisl Marco Bentivogli, presente alla manifestazione, non c'era nessun problema di ordine pubblico, problema creato invece da chi ha dato l'ordine di caricare;
    ci sarebbero, secondo quanto riferiscono i sindacati, quattro delegati Fiom e un delegato della Fimic feriti o contusi. Per uno di loro è dovuta intervenire l'ambulanza;
    la manifestazione era stata indetta dai sindacati per protestare contro la decisione della ThyssenKrupp di licenziare 537 dipendenti dell'acciaieria. I lavoratori della Acciai speciali di Terni hanno prima manifestato davanti all'ambasciata della Repubblica federale di Germania a Roma per contestare il piano industriale per lo stabilimento ThyssenKrupp di Terni, decidendo in seguito di spostare la loro protesta sotto la sede del Ministero dello sviluppo economico;
    la delicatezza che ha assunto la vicenda, sia per la sua strategicità produttiva che per l'impatto occupazionale, ma anche per le vicende di ordine pubblico e di ricaduta sociale che si stanno realizzando, richiedono che si realizzi un'azione più incisiva e complessiva del Governo tesa a rimuovere le posizioni oltranziste messe in campo dall'azienda e a operare ogni sforzo per scongiurare i licenziamenti;
    non si aiutano certo i lavoratori di Terni e le loro famiglie aggredendoli e riducendo questa vertenza ad un problema di ordine pubblico, anche in considerazione della gravissima situazione occupazionale attraversata dal nostro Paese che richiede politiche per il lavoro;
    la situazione richiede sensibilità istituzionale nonché un intervento deciso del Governo verso la proprietà dell’Ast, sensibilità apparsa del tutto assente da parte del Ministro dell'interno che viceversa ha evidentemente ritenuto più opportune le cariche della polizia contro pacifici dimostranti impegnati a protestare contro i licenziamenti;
    questo atteggiamento non è episodico. Infatti, il 17 ottobre 2014, a Torino, la polizia aveva già caricato la manifestazione della Fiom per il lavoro durante il comizio in Piazza Castello;
    la gravità di questi accadimenti è esaltata dal fatto che essi risultano quali ultimi episodi, in ordine di tempo, di una serie che ha messo in luce l'inadeguatezza dell'autorità politica di vertice del Ministero dell'interno, che abdica alle sue funzioni. Si ricordino, in tal senso, le precedenti negligenze del Ministro dell'interno in merito alla fuga in Libano di Dell'Utri, nonché al caso Shalabayeva;
    i fatti indicati ad avviso dei firmatari del presente atto minano ulteriormente la credibilità del Ministro dell'interno e pongono un grave pregiudizio sulle sue capacità di svolgere le funzioni a cui è chiamato, nonché sull'opportunità della sua permanenza a ricoprire una carica di primo piano e di piena rappresentanza politica, in particolare in un ruolo così rilevante e delicato;
    gli indirizzi imputabili al Ministro dell'interno risultano, evidentemente e fin dall'inizio del suo mandato, aver inaugurato un nuovo corso per le forze dell'ordine, le quali, da custodi del territorio, appaiono ora utilizzate per picchiare i lavoratori ed i loro rappresentanti sindacali mentre lottano per difendere il loro posto di lavoro,
   per tali motivi:
    visto l'articolo 94 della Costituzione;
    visto l'articolo 115 del Regolamento della Camera dei deputati;
    esprime la sfiducia al Ministro dell'interno, Angelino Alfano, e lo impegna a rassegnare immediatamente le dimissioni.
(1-00652)
«Scotto, Cecconi, Airaudo, Agostinelli, Franco Bordo, Baldassarre, Costantino, Bechis, Duranti, Bonafede, Daniele Farina, Businarolo, Ferrara, Caso, Fratoianni, Castelli, Giancarlo Giordano, Chimienti, Kronbichler, Ciprini, Marcon, Colletti, Matarrelli, Cominardi, Melilla, Cozzolino, Nicchi, Crippa, Paglia, D'Ambrosio, Palazzotto, Dadone, Pannarale, Del Grosso, Pellegrino, Di Battista, Piras, Manlio Di Stefano, Placido, Dieni, Quaranta, Ferraresi, Ricciatti, Fraccaro, Sannicandro, Gallinella, Zaccagnini, Silvia Giordano, Zaratti, Grande, Liuzzi, Nesci, Nuti, Rizzetto, Rostellato, Sarti, Scagliusi, Sibilia, Spadoni, Toninelli, Tripiedi, Turco, Villarosa».
(30 ottobre 2014)