TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 110 di Lunedì 4 novembre 2013

 
.

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE PER LA BONIFICA DEI SITI INQUINATI DI INTERESSE NAZIONALE, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLA SITUAZIONE NELLA COSIDDETTA TERRA DEI FUOCHI

   La Camera,
   premesso che:
    lo studio «Sentieri» (studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento, finanziato dal Ministero della salute e svoltosi tra il 2007 e il 2010) inserisce ben 77 comuni del litorale domizio flegreo e agro-aversano (Acerra, Arienzo, Aversa, Bacoli, Brusciano, Caivano, Camposano, Cancello ed Arnone, Capodrise, Capua, Carinaro, Carinola, Casagiove, Casal di Principe, Casaluce, Casamarciano, Casapesenna, Casapulla, Caserta, Castel Volturno, Castello di Cisterna, Cellole, Cervino, Cesa, Cicciano, Cimitile, Comiziano, Curti, Falciano del Massico, Francolise, Frignano, Giugliano in Campania, Grazzanise, Gricignano di Aversa, Lusciano, Macerata Campania, Maddaloni, Marcianise, Mariglianella, Marigliano, Melito di Napoli, Mondragone, Monte di Procida, Nola, Orta di Atella, Parete, Pomigliano d'Arco, Portico di Caserta, Pozzuoli, Qualiano, Quarto, Recale, Roccarainola, San Cipriano d'Aversa, San Felice a Cancello, San Marcellino, San Marco Evangelista, San Nicola la Strada, San Paolo Bel Sito, San Prisco, San Tammaro, San Vitaliano, Santa Maria a Vico, Santa Maria Capua Vetere, Santa Maria la Fossa, Sant'Arpino, Saviano, Scisciano, Sessa Aurunca, Succivo, Teverola, Trentola-Ducenta, Tufino, Villa di Briano, Villa Literno, Villaricca, Visciano) e ben 11 comuni dell'area del litorale vesuviano (Boscoreale, Boscotrecase, Castellammare di Stabia, Ercolano, Pompei, Portici, San Giorgio a Cremano, Terzigno, Torre Annunziata, Torre del Greco e Trecase) tra i siti di interesse nazionale, ovvero siti di interesse che necessitano con urgenza di un piano di bonifica;
    gran parte di questi siti sono collocati nella cosiddetta Terra dei fuochi, dove da anni si consuma uno dei delitti ambientali più atroci: lo sversamento illegale, incessante e continuo di rifiuti industriali pericolosi e tossici sulla terra e dentro la terra, che vengono poi dati alle fiamme per occultare le prove. Roghi che rimettono in circolazione nell'aria i rifiuti: è la morte dello Stato, il trionfo dell'illegalità, una condanna per gli abitanti, per l'economia, la terra, l'acqua e l'aria;
    tutto questo è la cosiddetta Terra dei fuochi: quell'area compresa tra il litorale domizio flegreo, l'agro aversano-atellano, l'agro acerrano-nolano e vesuviano e la città di Napoli, dove ogni giorno, più volte il giorno, tonnellate di rifiuti industriali, urbani e speciali sono abbandonati incontrollatamente ai margini delle strade o nelle campagne e poi dati alle fiamme. Uno smaltimento a basso costo per chi compie questi atti illeciti, che ha, però, un costo altissimo in termini di salute per chi lo subisce;
    la combustione di materiali eterogenei e pericolosi, infatti, sprigiona una quantità enorme di fumi tossici che, oltre ad avvelenare l'aria di tutta la zona e dei territori limitrofi, ricadendo al suolo compromette irrimediabilmente le colture e gli allevamenti presenti, immettendo, attraverso la catena alimentare, un'enorme quantità d'inquinanti tossici, incontrollati e incontrollabili, fortemente nocivi per la salute umana. Molti di questi prodotti alimentari, sottoposti a controlli insufficienti, sono poi commercializzati su tutto il territorio nazionale, con conseguenze nocive per la salute di chi li mangia e per le economie sane della Campania;
    gli abitanti dell'intera area, una delle più densamente popolate d'Europa, in molti casi senza percepire il reale pericolo, sono costretti a vivere in un luogo altamente inquinato da sostanze molto tossiche (diossine, policlorobifenili, policlorobifenili dioxin like e altro) e ad altissime percentuali;
    tali sostanze procurano una serie di malattie a partire dalla semplice «depressione» fino a quelle più gravi e serie, come le malattie tumorali, la sclerosi laterale amiotrofica, sclerosi, lupus e altro. L'inquinamento ambientale, infatti, procura uno stress ossidativo cellulare e mitocondriale che, a sua volta, produce una serie di danni seri ed irreversibili all'organismo umano;
    recenti studi statunitensi del professore Martin Pall della Washington State University avrebbero accertato che gli agenti inquinanti innestano un circolo vizioso in cui le sostanze tossiche, con le quali si viene in contatto a livello «locale» (attraverso la cute, gli occhi, nel tratto delle alte vie respiratorie o anche di quello gastrico-intestinale), e cioè molte sostanze chimiche o anche altri fattori stressogeni di tipo «naturale» come i virus o i batteri e le muffe, attivando a più livelli i recettori NMDA (molecola N-Metil-D-Aspartato), molecole presenti in diversi organi, portano alla trasformazione continua ossido nitrico in perossinitrito. Tale trasformazione – sempre secondo il professore Pall – una volta «cronicizzatasi», genera, poi, processi di tipo infiammatorio e ossidativo e la diminuzione delle capacità «detossificante» negli organi deputati allo smaltimento delle scorie metaboliche, processi difficili da fermare e che scatenano meccanismi di sensibilizzazione locale che agiscono, di fatto, «aprendo la porta» a pesanti patologie di tipo sistemico;
    in altre parole, tali reazioni – denominate ciclo dell'ossido nitrico.perossinitrito – rovinerebbero la membrana cellulare che da impermeabile diventa permeabile permettendo, in questo modo, di far entrare nella cellula sostanze che non dovrebbero esserci, alterando il funzionamento della cellula stessa, formando mutazioni epigenetiche e bloccando il funzionamento di alcuni geni. Tali mutazioni epigenetiche si trasformerebbero in mutazioni genetiche per le future generazioni, causando nascite di bambini già ammalati o predisposti ad una serie di terribili malattie;
    sono pochissime le famiglie della zona risparmiate da malattie e, soprattutto, le percentuali di tumori, cancri, leucemie e linfomi sono aumentate in maniera considerevole: è sufficiente controllare le percentuali di casi in tutto il territorio per rendersi conto che nella zona c’è il più alto tasso di questi tipi di malattie e una riduzione della vita media rispetto al resto dell'Italia;
    alla luce di quanto esposto, è di tutta evidenza come sia urgentissimo procedere ad interventi di bonifica del territorio, anche perché la situazione dei danni genetici, che aumenteranno di padre in figlio, causerà un «genocidio»: è stato, infatti, stimato che rebus sic stantibus restano circa 5 generazioni prima che il «genocidio» si compia;
    peraltro, l'ultima stima sui tempi di eventuali bonifiche fatta dal Ministro della salute pro tempore, Renato Balduzzi, ha rilevato che, partendo subito, ci vorranno circa 50 anni per decontaminare il territorio in oggetto e che, comunque, il carico tossico maggiore, pur eliminando da subito tutte le cause, ci sarà nei prossimi 25-35 anni: un'intera generazione, pur non colpevole, dovrà pagare un conto salatissimo per gli errori fatti dalle istituzioni e da chi ha permesso questo orribile scempio;
    a conferma di quanto esposto, si segnalano gli studi che la Nato di prassi svolge sulla condizione ambientale dei luoghi dove risiedono e lavorano i suoi dipendenti civili e militari. Da tali studi, che rappresentano uno dei pochi rapporti pubblici sulla condizione ambientale campana, emerge che molti comuni della zona sono indicati come luoghi nei quali è assolutamente sconsigliabile vivere e che il famoso «triangolo della morte» è diventato una figura geometrica molto più complessa. Le zone altamente tossiche sono aumentate a dismisura negli ultimi decenni e sono molto vicine tra di loro: tutta la provincia di Napoli, la zona del vesuviano, del casertano fino al confine con il Lazio risultano essere territori fortemente contaminati da sostanze tossiche;
    in tale gravissimo contesto, con decreto del Ministro dell'interno del 26 novembre 2012 è stato nominato «commissario ai roghi» il viceprefetto Donato Cafagna, per supportare e coordinare le azioni intraprese nel perseguimento dell'obiettivo di contrasto a questo fenomeno delittuoso; nell'ambito delle attività condotte dai soggetti coinvolti (viceprefetto, prefetture di Napoli e Caserta, forze di polizia, regione, province, comuni, Arpac, asl, associazioni ambientaliste e comitati di cittadini), è stato sottoscritto un patto per la Terra dei fuochi che prevede una serie di azioni finalizzate al contrasto del fenomeno. Tra le misure adottate si segnalano: l'attivazione presso le prefetture di Napoli e Caserta di gruppi operativi interforze di contrasto alle condotte e alle attività illecite; la costituzione di una cabina di regia presso la prefettura di Napoli per l'attivazione degli interventi amministrativi d'integrazione e il necessario corollario all'azione di contrasto delle forze dell'ordine (tale cabina di regia ha stabilito di avviare alcune pratiche per supportare i comuni, quali la predisposizione di linee guida elaborate dall'Arpac per la rimozione dei rifiuti abbandonati e la prevenzione dei roghi); l'attivazione sul sito della prefettura del portale «Prometeo» per la trasparenza sull'operato e per la comunicazione e le segnalazioni da parte dei cittadini; l'avvio di corsi di formazione per comandanti e operatori di polizia municipale; l'attivazione di finanziamenti regionali per implementare la videosorveglianza e il telecontrollo; l'esclusione dal calcolo delle percentuali di differenziata raggiunta dai comuni dei rifiuti abbandonati raccolti; l'impegno ad attivare un comitato di coordinamento dei flussi per il trattamento e il conferimento della frazione combusta, per fornire tempestivamente indicazioni ai comuni interessati;
    purtroppo le attività intraprese, da oltre un anno ormai, non rappresentano una risposta efficace e strutturale al problema. Si tratta ancora una volta di una struttura commissariale ed eccezionale, di per sé costosa, che non muta la gestione ordinaria del monitoraggio e del controllo, non ha espresso risultati significativi e non è garanzia di un cambiamento strutturale nell'approccio al problema;
    è necessario che dette attività siano, invece, accompagnate da importanti azioni complementari, così da dimostrare la ferrea volontà di sconfiggere una volta per tutte la criminalità e l'illegalità che genera questo fenomeno;
    relativamente al patto che è stato sottoscritto nel mese di maggio 2013, questo prevede l'impegno da parte dei comuni interessati al monitoraggio e alla rimozione dei rifiuti illecitamente abbandonati. È predisposto da parte dell'Arpac un manuale di linee guida delle procedure per la rimozione ma, come noto, il problema principale non è stabilire come fare, ma è la volontà delle istituzioni locali di provvedere agli interventi;
    non essendo previsti nel patto tempi certi e sanzioni forti per i comuni e gli amministratori, che non provvedano a intervenire repentinamente a seguito di segnalazioni, da parte delle forze dell'ordine o dei cittadini, nei siti di rifiuti illecitamente abbandonati, l'impegno assunto in linea teorica si traduce sostanzialmente in un nulla di fatto. Stando così le cose, risultano inefficaci le azioni volte a prevenire i roghi, i traffici illeciti dei rifiuti industriali pericolosi e non e dei rifiuti urbani e speciali;
    peraltro, gli interventi destinati alla prevenzione dei roghi e dei traffici illeciti di rifiuti urbani e speciali non sarà possibile fino a quando non si consentirà ai comuni l'allentamento del patto di stabilità, per il capitolo relativo alla realizzazione di tali interventi in ambito ambientale (monitoraggio, rimozione dei rifiuti abbandonati e loro corretto smaltimento),

impegna il Governo:

   alla luce dell'atroce situazione delineata in premessa:
    a) a porre in essere tutte le forme di controllo incisivo del territorio campano atte a far cessare il criminale e illecito sversamento di rifiuti tossici in zone agricole e ad alta densità abitativa;
    b) ad intraprendere gli improrogabili interventi di bonifica del territorio campano, al fine di cercare almeno di limitare i danni di decenni di scellerate politiche di gestione ambientale del territorio;
    c) ad avviare, con un adeguato coinvolgimento del Ministero della salute, una massiccia campagna di indagini epidemiologiche finalizzate a fare luce sull'impatto delle contaminazioni sulla salute delle popolazioni residenti, anche dando ampia pubblicità ai risultati, al fine di sensibilizzare l'opinione pubblica sulla nocività di certi comportamenti criminali, non essendo concepibile che gli unici dati a disposizione siano quelli forniti dalla Nato;
    d) ad istituire un tavolo tecnico permanente, che funga da cabina di regia, presso il Ministero dell'ambiente e la tutela del territorio e del mare, nel quale siano coinvolte le associazioni e i comitati di cittadini da anni impegnati nelle lotte a difesa del territorio, personalità del mondo scientifico competenti in materia e rappresentanti di regione ed enti locali, al fine di monitorare la ingravescente situazione sopra illustrata e valutare le soluzioni più adatte alla risoluzione dei disastrosi problemi, facendo sì che, in particolare, tale tavolo tecnico permanente sia finalizzato:
     1) a svolgere attività di impulso, promozione e definizione di strumenti volti alla bonifica e al risanamento dei territori contaminati, nonché al monitoraggio e al controllo sull'esecuzione di tali strumenti;
     2) ad individuare una sede di confronto istituzionale tra il Ministero, gli enti territoriali e le associazioni portatrici degli interessi diffusi delle popolazioni coinvolte, con particolare riferimento al punto di vista della comunità scientifica, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti legati all'impatto sulla salute;
     3) a promuovere le sopra citate indagini epidemiologiche volte a fare luce sull'impatto delle contaminazioni sulla salute delle popolazioni residenti;
    e) ad assumere iniziative normative per consentire ai comuni interessati l'allentamento del patto di stabilità, indispensabile con riferimento esclusivamente ai capitoli relativi alla realizzazione di tali interventi in ambito ambientale (monitoraggio, rimozione dei rifiuti abbandonati e loro corretto smaltimento).
(1-00150)
«Luigi Di Maio, Nuti, Agostinelli, Artini, Alberti, Baldassarre, Barbanti, Baroni, Basilio, Battelli, Bechis, Benedetti, Paolo Bernini, Massimiliano Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Brugnerotto, Businarolo, Busto, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Catalano, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colletti, Colonnese, Cominardi, Corda, Cozzolino, Crippa, Currò, Da Villa, Dadone, Daga, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, De Rosa, Del Grosso, Della Valle, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Manlio Di Stefano, Di Vita, Dieni, D'Incà, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Frusone, Gagnarli, Gallinella, Luigi Gallo, Silvia Giordano, Grande, Grillo, Cristian Iannuzzi, L'Abbate, Liuzzi, Lombardi, Lorefice, Lupo, Mannino, Mantero, Marzana, Micillo, Mucci, Nesci, Parentela, Pesco, Petraroli, Pinna, Pisano, Prodani, Rizzetto, Rizzo, Paolo Nicolò Romano, Rostellato, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Segoni, Sibilia, Sorial, Spadoni, Spessotto, Tacconi, Terzoni, Tofalo, Toninelli, Tripiedi, Turco, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Villarosa, Zolezzi».
(19 luglio 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    in Italia i siti contaminati di interesse nazionale sono 57;
    di questi ben 20 sono situati al Sud. Si tratta di aree fortemente inquinate che, con la loro presenza, rappresentano rischi gravissimi per la salute dei cittadini e hanno fortemente compromesso e inquinato l'ambiente;
    lo studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento (Sentieri), condotto e finanziato nell'ambito del programma strategico ambiente e salute del Ministero della salute, ha condotto un'analisi della mortalità delle popolazioni residenti in prossimità di una serie di grandi centri industriali attivi o dismessi, o di aree oggetto di smaltimento di rifiuti industriali e/o pericolosi, che presentano un quadro di contaminazione ambientale e di rischio sanitario tale da avere determinato il riconoscimento di «siti di interesse nazionale per le bonifiche» (sin);
    il progetto, iniziato nel 2007, è stato completato nel mese di dicembre 2010, mentre i risultati sono pubblicati in due supplementi della rivista Epidemiologia & Prevenzione rispettivamente nell'autunno del 2010 e del 2011;
    lo studio ha preso in considerazione 44 dei 57 siti oggi compresi nel «programma nazionale di bonifica», che coincidono con i maggiori agglomerati industriali nazionali;
    i siti di interesse nazionale per le bonifiche studiati sono costituiti da uno o più comuni; la mortalità è stata studiata per ogni sito, nel periodo 1995-2002, attraverso i seguenti indicatori: tasso grezzo, tasso standardizzato, rapporto standardizzato di mortalità (smr) e rapporto standardizzato di mortalità corretto per un indice di deprivazione socioeconomica messo a punto ad hoc;
    gli indicatori di mortalità sono stati calcolati per 63 cause singole o gruppi di cause. La presenza di amianto (o di fibre asbestiformi a Biancavilla) è stata la motivazione esclusiva per il riconoscimento di sei siti di interesse nazionale per le bonifiche (Balangero, Emarese, Casale Monferrato, Broni, Bari-Fibronit e Biancavilla);
    in tutti i siti (con l'esclusione di Emarese) si sono osservati incrementi della mortalità per tumore maligno della pleura e in quattro siti i dati sono coerenti in entrambi i generi (maschi e femmine). In sei siti con presenza di altre sorgenti di inquinamento oltre all'amianto, la mortalità per tumore maligno della pleura è in eccesso in entrambi i generi a Pitelli, Massa Carrara, Priolo e nell'area del litorale vesuviano. Nel periodo 1995-2002, nell'insieme dei dodici siti contaminati da amianto, sono stati osservati un totale di 416 casi di tumore maligno della pleura in eccesso rispetto alle attese;
    per quanto concerne il sito di interesse nazionale per le bonifiche di Taranto, questo è costituito da due comuni con una popolazione complessiva di 216.618 abitanti al censimento del 2001. Sulla base dei risultati compatibili con la presenza di un eccesso/difetto di rischio sanitario, relativi alle principali cause di decesso elencate alle cause per le quali vi è a priori un'evidenza sufficiente o limitata di associazione con le fonti di esposizioni ambientali del sito di interesse nazionale per le bonifiche, si rileva il seguente profilo di mortalità: eccesso tra il 10 per cento e il 15 per cento nella mortalità generale e per tutti i tumori in entrambi i generi; eccesso di circa il 30 per cento nella mortalità per tumore del polmone, per entrambi i generi; eccesso, in entrambi i generi, dei decessi per tumore della pleura: eccesso compreso tra il 50 per cento (uomini) e il 40 per cento (donne) di decessi per malattie respiratorie acute, eccesso di circa il 15 per cento tra gli uomini e 40 per cento nelle donne della mortalità per malattie dell'apparato digerente, incremento di circa il 5 per cento dei decessi per malattie del sistema circolatorio soprattutto tra gli uomini; in ordine a quest'ultimo, eccesso per la mortalità per condizioni morbose di origine perinatale (0-1 anno);
    ulteriori elementi di interesse sono stati forniti dalle stime globali della mortalità nell'insieme dei siti oggetto del progetto Sentieri. In particolare, è emerso che la mortalità in tutti i siti di interesse nazionale per le bonifiche, per le cause di morte con evidenza a priori sufficiente o limitata per le esposizioni ambientali presenti supera l'atteso, con un rapporto standardizzato di mortalità di 115.8 per gli uomini (IC 90 per cento 114.4-117; 2, 2.439 decessi in eccesso) e 114.4 per le donne (IC 90 per cento 112.4-116.5; 1.069 decessi in eccesso). Tale sovramortalità si riscontra anche estendendo l'analisi a tutte le cause di morte, cioè non solo per quelle con evidenza a priori sufficiente o limitata: il totale dei decessi, per uomini e donne, è di 403.692, in eccesso rispetto all'atteso di 9.969 casi (rapporto standardizzato di mortalità 102.5 per cento; IC 90 per cento 102.3-102.8), con una media di oltre 1.200 casi annui;
    in Italia, fino agli anni Novanta, si è parlato di inquinamento facendo riferimento a singoli comparti ambientali (aria, acque sotterranee e superficiali, sedimenti e suolo), ma il concetto di sito inquinato, cioè la porzione di territorio in cui più di una matrice ambientale risulta contaminata, viene introdotto per la prima volta con la definizione delle «aree a elevato rischio di crisi ambientale», dichiarate tali in base alla legge 8 luglio 1986, n. 349, e successive modifiche e integrazioni;
    nel decreto legislativo n. 22 del 1997 sulla gestione dei rifiuti, uno specifico articolo (articolo 17), che riguarda la bonifica dei siti inquinati, amplia il concetto di sito inquinato ricomprendendo non più solo vaste aree industriali in attività, bensì anche aree industriali dismesse o da dismettere e aree di smaltimento rifiuti;
    con il decreto ministeriale n. 471 del 1999 relativo alle bonifiche dei siti inquinati, si ha la prima definizione di sito inquinato, e precisamente: «Sito che presenta livelli di contaminazione o alterazioni chimiche, fisiche o biologiche del suolo o del sottosuolo o delle acque superficiali o delle acque sotterranee tali da determinare un pericolo per la salute pubblica o per l'ambiente naturale o costruito. È inquinato il sito nel quale anche uno solo dei valori di concentrazione delle sostanze inquinanti nel suolo o nel sottosuolo o nelle acque sotterranee o nelle acque superficiali risulta superiore ai valori di concentrazione limite accettabili stabiliti dal presente regolamento». Pertanto, un sito è considerato inquinato quando in una delle matrici considerate viene superata la concentrazione limite individuata nella normativa;
    il decreto legislativo n. 152 del 2006 (che ha sostituito, con la parte IV-titolo V, il decreto ministeriale n. 471 del 1999) riporta una nuova definizione di sito inquinato, e precisamente: «Un sito nel quale i valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR) determinati con l'applicazione della procedura di analisi di rischio di cui all'allegato 1 alla parte quarta del presente decreto sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione, risultano superati». Viene, pertanto, introdotto per la prima volta un importante concetto: un sito è definito contaminato quando esibisce un rischio igienico sanitario per l'uomo, cioè quando supera le soglie di accettabilità del rischio stesso, valutate attraverso una specifica procedura di analisi di rischio;
    con il decreto ministeriale n. 471 del 1999 e il decreto legislativo n. 152 del 2006 vengono individuate quelle condizioni che rendono un sito inquinato oggetto di intervento di interesse nazionale. In altre parole, vengono individuate le aree da inserire nel «programma nazionale di bonifica» come «siti di bonifica di interesse nazionale» (sin), sulla base delle caratteristiche del sito inquinato, delle quantità e della pericolosità degli inquinanti presenti, dell'impatto in termini di rischio sanitario ed ecologico sull'ambiente circostante. L'inserimento di un'area tra i siti di interesse nazionale per le bonifiche avviene in base a criteri: di ordine sanitario, come le evidenze di alterazioni dello stato di salute delle popolazioni residenti nell'area d'interesse; di ordine ambientale, come l'estensione dell'area potenzialmente inquinata, la compromissione di tutte le matrici ambientali (suolo, acqua, aria) oppure la presenza massiva di abbancamenti di rifiuti; di ordine sociale, quale un'elevata percezione del rischio stesso da parte della popolazione, per motivazioni storiche, sociali e ambientali;
    è importante evidenziare che molti siti di interesse nazionale per le bonifiche sono stati definiti sulla base della presenza di grandi agglomerati industriali, che hanno avviato l'attività tra gli anni Cinquanta e Sessanta. In queste situazioni è verosimile ipotizzare che, nel passato, la via di esposizione prevalente della popolazione sia stata quella inalatoria, dovuta alle emissioni industriali in atmosfera;
    un'altra plausibile via di esposizione è attraverso le acque sotterranee contaminate, ove queste ultime siano state utilizzate soprattutto a scopo irriguo, con conseguente possibile contaminazione di prodotti agricoli locali. Inoltre, è da sottolineare un altro fattore relativo al consumo da parte della popolazione residente di prodotti agricoli potenzialmente contaminati attraverso le ricadute aeree, le acque e/o i terreni;
    i comuni inclusi nei siti di interesse nazionale per le bonifiche sono oltre 300, con circa 9 milioni di abitanti. Non c’è regione che non abbia nel suo territorio almeno un sito contaminato;
    è importante ricordare che, oltre ai siti inquinati di interesse nazionale, vi sono quelli di interesse regionale che sono enormemente più numerosi (di questi, almeno cinquemila avrebbero necessità di bonifiche);
    non è noto, attualmente, quanti siano i cittadini italiani esposti agli inquinanti rispetto ai siti regionali contaminati;
    la mancanza di politiche serie di bonifica delle aree contaminate sta producendo danni ambientali e sanitari non quantificabili ma sicuramente enormi;
    tale mancanza è il segnale inequivocabile dell'indifferenza dimostrata, nel corso degli anni, dalla politica nei confronti della salute pubblica e della salvaguardia del territorio;
    lo sforzo economico per attuare le bonifiche non è solo un atto dovuto ai cittadini e ai territori che sono stati stravolti da scelte economiche scellerate, ma può rappresentare il volano economico di un nuovo sviluppo fondato sulla green economy, in grado di creare nuova occupazione salvaguardando il territorio, le risorse naturali e la salute dei cittadini;
    discorso a parte, non per differenza di inquinamento ma per le aree interessate, merita la questione dei poligoni di tiro, rispetto ai quali è ormai ampiamente riconosciuta l'esigenza di interrompere le attività militari nocive e altamente inquinanti in tutti i poligoni insediati sul territorio nazionale (con la Sardegna che occupa il triste primato dell'80 per cento delle aree utilizzate a tale scopo),

impegna il Governo:

   ad attivare e aumentare le risorse finanziarie pubbliche per fare decollare il settore delle bonifiche;
   ad elaborare un piano nazionale per le bonifiche, con la tempistica cronologica degli interventi, che preveda nuovi investimenti produttivi con nuove infrastrutture ad alta sostenibilità ambientale;
   ad adottare un piano di sorveglianza sanitaria mirata, che coinvolga il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero della salute e gli enti locali, e che sia affiancato da attività di ricerca e sistemi di monitoraggio e controllo della qualità ambientale;
   a prevedere, in accordo con gli enti locali, un piano per l'aggiornamento dei tecnici delle pubbliche amministrazioni in merito alla modalità di valutazione della qualità ambientale e alla potenzialità e ai limiti dei modelli di analisi a rischio;
   a definire, in accordo con gli enti locali coinvolti, in maniera concreta, i tempi e la strategia di utilizzo degli stanziamenti previsti per la bonifica dei siti inquinati nelle aree dei poligoni di tiro, definendo, come sarà necessario, un'ulteriore implementazione delle risorse previste per restituire dignità e un nuovo sviluppo economico alle aree interessate a livello nazionale;
   a predisporre gli strumenti, anche normativi, idonei a valutare in tutti i siti di interesse nazionale per le bonifiche il contributo all'esposizione derivante dal potenziale ingresso nella catena alimentare dei contaminanti riscontrati nelle varie matrici ambientali.
(1-00171)
«Labriola, Pisicchio, Di Gioia, Furnari, Pelillo, Chiarelli, Pastorelli, Capelli, Di Lello, Ottobre, Plangger, Locatelli, Zaccagnini».
(8 agosto 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    vaste aree della Campania, e in particolare i territori a nord di Napoli e a sud di Caserta, hanno subito negli ultimi trent'anni un'autentica e impietosa devastazione, soprattutto per il sistematico smaltimento illegale di rifiuti tossici provenienti dalle industrie del Nord e dal tessuto dell'economia illegale locale;
    nella regione Campania è stato rilevato un gravissimo inquinamento ambientale, in particolare per la presenza di diossine e metalli pesanti, quali, ad esempio, l'arsenico e rifiuti tossici con contaminazione delle falde acquifere e ripercussioni su tutta la catena alimentare, con un aumento delle malattie tumorali, respiratorie e delle malformazioni congenite, come provato da numerose indagini svolte da medici e giornalisti nel corso degli ultimi anni; l'area a nord di Napoli e l'area meridionale della provincia casertana hanno pagato un prezzo troppo alto in termini di salute pubblica per le infiltrazioni delle organizzazioni criminali nella gestione dei rifiuti;
    nel deposito di Taverna del Re, un sito al confine tra le province di Napoli e Caserta, sono accatastate oltre sei milioni di tonnellate di ecoballe, motivo di contestazione da parte dell'Unione europea, che ha avviato nei confronti dell'Italia una procedura d'infrazione e il frutto del disastro perpetrato dalla Fibe-Impregilo nella gestione del ciclo dei rifiuti;
    si continua a puntare a chiudere per sempre la stagione dell'emergenza legata ai rifiuti nel peggiore dei modi, ovvero riempiendo ogni invaso, cava o discarica dismessa, indifferenti a qualunque vincolo, valutazione ambientale o principio di precauzione e costruendo nuovi inceneritori che, oltre a ledere la salute dei cittadini, servono perlopiù ad arricchire le lobby affaristico-criminali;
    nel territorio giuglianese sono presenti già 46 discariche (tra autorizzate e non), oltre ad un impianto di tritovagliatura dei rifiuti ed un sito di stoccaggio di ecoballe e, intorno al solo deposito di Taverna del Re, sono ben 15 le discariche abusive con presenza di rifiuti tossici censite, come riporta l'articolo tratto da Fanpage del 9 agosto 2013, intitolato «Giugliano: si scaldano i motori della rivolta»;
    inoltre, per bonificare solo le due discariche Resit occorrerebbe una cifra intorno ai due miliardi di euro, e, sottolinea il sopra citato articolo, secondo i periti della procura della Repubblica di Napoli, proprio nella zona di Taverna del Re, la falda acquifera dal 2064 sarà irrimediabilmente compromessa e l'acqua, di conseguenza, non sarà più potabile;
    come riportato dall'articolo pubblicato dal quotidiano on-line InterNapoli il 13 settembre del 2013, intitolato «Micillo (M5S) incalza Orlando: «Perché approvare bando e poi dirsi disponibile ad alternative?», nelle scorse settimane è stata pubblicata una relazione in cui Mario Di Biase, commissario delegato per le bonifiche, ha sottolineato come adesso, data l'irrecuperabilità del territorio giuglianese, si debba cercare solo di ridimensionare i danni, per fermare l'avanzata di percolato e biogas;
    il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, in un'intervista a la Repubblica, pubblicata il 22 settembre 2013, dal titolo «Roberti sulla Terra dei fuochi: “Subito la bonifica”», ha dichiarato che sul dramma della Terra dei Fuochi avvelenata dai rifiuti tossici la magistratura sta facendo la propria parte, con le inchieste e i processi, ma che adesso bisogna fare scelte ben precise, che non toccano alla magistratura, rispetto a se si vuole lasciar marcire il territorio o se, invece, non è arrivato il momento di partire con le bonifiche;
    nel corso dell'intervista Roberti ha spiegato che attualmente non è solo la camorra ad avvelenare il territorio campano e che le inchieste hanno fatto emergere le figure di personaggi che non possono essere catalogati come mafiosi, ma recitano un ruolo di primo piano nelle attività di inquinamento: ad esempio, aziende zootecniche che invece di smaltire i rifiuti secondo legge li sversavano direttamente nei corsi d'acqua, situazione con cui la camorra ha poco o nulla a che fare; oppure, in altri casi, le mafie entrano in scena solo nella seconda fase, quando a loro si rivolgono soggetti esterni alle organizzazioni che trovano più conveniente liberarsi illegalmente dei rifiuti;
    tali dati ed eventi sono stati fatti emergere negli ultimi anni dal lavoro di magistratura, forze dell'ordine, giornalismo d'inchiesta e comitati locali;
    già in passato parte della località La Selva, nel comune di Sessa Aurunca, in provincia di Caserta, area sottoposta a vincolo idrogeologico e naturale, era stata destinata a discarica attraverso lo scavo di una fossa nel terreno priva di ogni rivestimento e di ogni misura igienica o di carattere precauzionale, discarica tale da occupare e ostruire il letto di due corsi d'acqua, Fosso Maltempo e il Fosso del Pazzo, entrambi tributari del rio Selva;
    tra il 1980 e il 1990, ben quattro relazioni geologiche hanno attestato che le rocce sottostanti la discarica sono formate da tufi e da detriti lavici in cui è presente un'alta permeabilità per fessurazione. Poiché i rifiuti vengono sversati nella vallata senza che vi siano sistemi di captazione del percolato, né alcuna altra forma di protezione, il percolato filtra nelle acque sottostanti; le relazioni consigliavano di non alterare l'equilibrio naturale dei luoghi con sbancamenti e movimenti di terra;
    nel 1985, durante lo scandalo dei fanghi del depuratore di Cuma, i consiglieri regionali eletti con la lista Civica e Verde per la Campania denunciarono che i fanghi tossici del depuratore venivano smaltiti nella discarica «La Selva», e che la discarica consisteva in una fossa scavata, in netta e palese violazione dell'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1982;
    la società AB&F, che gestiva la discarica in questione, è stata coinvolta in procedimenti penali legati alla questione dei fanghi provenienti dall'azienda Alto Adige Service, al rinvenimento di fusti contenenti liquidi di natura imprecisata, allo scarico abusivo di liquidi con particolare riferimento a scoli industriali, al rinvenimento di fusti contenenti liquidi di natura tossico-nociva della Morteo-Soprefin e alla denuncia sporta da Giovanni Martino, un contadino che aveva constatato l'inquinamento del ruscello da fanghi e schiume che non permettevano al bestiame di sua proprietà di abbeverarsi, come rinvenibile nella relazione dei carabinieri del Noe (nucleo operativo ecologico) incaricati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di effettuare un sopralluogo sulla discarica;
    il pretore di Sessa Aurunca impose all'epoca all'usl 15 di effettuare apposite analisi dalle quali è emerso che nella discarica sono stati scaricati rifiuti tossici e nocivi;
    il primo processo si è celebrato solo cinque anni dopo, il 17 luglio 1990, e Buonamano è stato riconosciuto colpevole per l'imputazione e condannato a 4 mesi di reclusione, oltre a una multa di 1.600.000 lire;
    dal rapporto del nucleo operativo ecologico, risalente al 17 marzo 1989, si legge che nella discarica sono state ammassate tonnellate indefinite di rifiuti di ogni genere provenienti da varie regioni italiane;
    sempre nel rapporto del nucleo operativo ecologico si legge che gli organi preposti istituzionalmente al controllo, benché consapevoli dei reati connessi agli scarichi abusivi di cui ai procedimenti penali, non avevano effettuato i controlli per accertare che infiltrazioni di percolato potessero aver causato irreparabili danni ambientali e di sanità pubblica;
    la discarica ha continuato la sua attività, con l'arrivo ogni notte di decine di tir con bolle di accompagnamento rivelatesi poi false, fino al 19 marzo 1992, quando il sindaco Capriglione ha ordinato la chiusura della discarica;
    durante alcuni lavori sulla variante della strada statale Appia sono state ritrovate diverse tonnellate di rifiuti tossici (cadmio, tungsteno, asbesto, berillio e vanadio) smaltiti abusivamente sotto il manto stradale più di un anno fa, come riporta la rivista online Interno 18 nell'articolo «Sessa Aurunca. Variante Appia e discariche locali al vaglio di Legambiente» del 21 maggio 2013;
    sempre la procura di Santa Maria Capua Vetere sta indagando sull'ormai dismessa centrale elettronucleare del Garigliano, a pochi chilometri di distanza da Sessa Aurunca, dove sono stoccati circa 3 mila metri cubi di rifiuti a media attività, la cui radioattività dura alcuni secoli e sono sepolti 1.100 metri cubi di rifiuti a bassa attività, oltre ad un'enorme quantità di amianto radioattivo, come riportato dall'edizione on-line de Il Fatto Quotidiano in data 8 dicembre 2012, nell'articolo «Disastro ambientale: c’è l'indagine sulla centrale nucleare del Garigliano»;
    il 24 agosto 2013, un'intervista al collaboratore di giustizia Carmine Schiavone, trasmessa dal canale televisivo satellitare Sky TG24, ha svelato come, nel corso di audizioni nella commissione d'inchiesta sulle ecomafie nel 1997, siano stati rivelati i luoghi esatti dove la camorra ha interrato l'immondizia più pericolosa, tra cui cassette di piombo con materiale nucleare provenienti dal nord Europa, come riportato anche dall'articolo «Schiavone: “Ho detto dove sono i rifiuti tossici, non bonificano perché costa troppo”» pubblicato dall'edizione on-line de Il Fatto Quotidiano del 31 agosto 2013;
    secondo il suo racconto, Schiavone avrebbe consegnato alla commissione d'inchiesta documenti e appunti con l'indicazione delle società coinvolte, delle targhe dei mezzi usati e dei luoghi degli smaltimenti, sentendosi, di rimando, rispondere che una bonifica delle aree è impossibile perché eccessivamente gravosa per le casse dello Stato, come riporta sempre Il Fatto Quotidiano in data 31 agosto 2013, nell'articolo «Traffico di rifiuti, il boss pentito Carmine Schiavone: “Mie denunce inascoltate”»;
    le deposizioni di Schiavone, che ha anche affermato d'esser stato presente ad un sopralluogo interrotto per la presenza di livelli di radioattività troppo alti, sono perfettamente coerenti con quanto, negli ultimi anni, affermato dall'altro pentito del clan dei Casalesi, Gaetano Vassallo, e tuttora secretate, così che non è possibile accertare quanto e cosa fu realmente detto, se non per quanto (poco) risulta dalle relazioni finali della commissione pubblicate nel 2001;
    negli scorsi giorni le dichiarazioni di un altro collaboratore di giustizia hanno portato il nucleo operativo dei carabinieri di Casal di Principe, i tecnici dell'Arpac ed i vigili del fuoco di Caserta a compiere scavi per cercare rifiuti tossici in un terreno in via Sondrio, sulla circumvallazione esterna di Casal di Principe;
    a circa 10 metri sotto terra, da almeno una ventina d'anni, in un terreno di proprietà privata riconducibile, secondo gli investigatori, ad una società immobiliare, erano stati seppelliti fanghi di natura industriale e materiale ferroso, come riporta l'articolo dell'edizione on-line de la Repubblica «Rifiuti tossici, trovati fusti a Casal di Principe» del 17 settembre 2013;
    confinante con il terreno oggetto di scavo, ce n’è anche un altro, già sequestrato, e dove nel luglio 2011 un collaboratore di giustizia fece trovare altri rifiuti industriali, mentre di fronte c’è una ludoteca particolarmente frequentata da bambini, come riportato anche da TGCOM 24 nell'articolo «Casal di Principe, rifiuti vicino a una ludoteca» del 18 settembre 2013;
    il 25 settembre sono partite operazioni analoghe anche a Qualiano, in provincia di Napoli nella zona lungo la circumvallazione esterna, non distante da Giugliano e in località Ponte Riccio, zona dove, negli anni Settanta, era operativa una discarica, poi dismessa, come riporta l'edizione on-line de la Repubblica del 25 settembre 2013, nell'articolo «Rifiuti tossici si ritorna a scavare ma stavolta a Qualiano»;
    pochi giorni prima, a metà agosto 2013 era stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il bando per la realizzazione dell'inceneritore di Giugliano, come riporta l'edizione on-line de Il Mattino del 16 agosto 2013, nell'articolo «Napoli rifiuti, pubblicato il bando per il termovalorizzatore di Giugliano», impianto sarà destinato a bruciare le ecoballe fuori norma stoccate tra Giugliano Villa Literno, Caivano ed altri siti in giro per la Campania;
    al momento non è stabilita la quantità di rifiuti che l'inceneritore brucerà quotidianamente;
    proprio a Giugliano, in particolare nella zona di Casacelle, il 22 settembre 2013 si è sviluppato un vasto incendio, bruciando materiali di risulta abbandonati abusivamente in quella che s’è rivelata essere una vera e propria discarica a cielo aperto, come riporta l'articolo «Terra dei fuochi – vasto incendio a Giugliano, in fiamme rifiuti abbandonati in una discarica a cielo aperto. Paura per gli abitanti della zona», pubblicato il 22 settembre 2013 dal quotidiano on-line Telecapri News;
    sempre il 22 settembre 2013, un incendio doloso, il quarto in un mese e mezzo, ha bruciato le sessantamila ecoballe depositate nel sito di stoccaggio di Toppa Infuocata, a Fragneto di Monforte, in provincia di Benevento, con conseguente sgombero delle case investite dalla nube tossica;
    il sindaco del comune del beneventano, Raffaele Caputo, ha denunciato le inaccettabili condizioni del sito, a cui mancano illuminazione e sorveglianza ed il cui sistema automatico di autospegnimento non ha mai funzionato, come riporta l'articolo «In fiamme 60 mila ecoballe nel beneventano», pubblicato dall'edizione locale on-line de la Repubblica il 24 settembre 2013;
    il 26 settembre 2013, il Nucleo investigativo provinciale di polizia ambientale e forestale (Nipaf) del comando provinciale di Napoli in località Sanganiello, «Terra dei fuochi», comune di Caivano, ha individuato una discarica interrata, con 60 fusti da 25 litri (si tratta in genere di vernici e solventi usati per le automobili), tirati fuori uno dopo l'altro da un metro e mezzo di profondità. Un contenitore viene «grattato»: è incisa la scritta «Milano». Più in profondità, a quattro metri, ci sono le morchie, sostanze gommose impregnate di solventi;
    con gli scavi suddetti, non vengono trovati soltanto vernici e solventi. Riemergono anche blocchi di calcestruzzo e di pavimentazione stradale, manufatti che contengono amianto, mattonelle scorie di attività industriali;
    la Convenzione sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale (Convenzione di Aarhus) dichiara indispensabile il coinvolgimento e la sensibilizzazione attraverso l'educazione ambientale per assicurare a tutte le generazioni presenti e future il diritto a vivere in un ambiente pulito e salubre;
    la sopra citata Convenzione, sancita da trentanove Paesi e dall'Unione europea in Danimarca il 25 giugno 1998, stabilisce che il cittadino ha diritto di essere informato, ha diritto a partecipare e ha diritto ad essere coinvolto e consultato nelle scelte ambientali che lo riguardano;
    anche l'Unione europea ha stabilito che l'incenerimento è una tecnica obsoleta e che dovranno man mano essere spenti tutti quelli presenti nel mondo, mentre numerose ricerche scientifiche (ad esempio, quelle del professore Stefano Montanari e di Paul Connett) hanno dimostrato che tutti gli inceneritori provocano danni irreversibile alla salute a causa dell'emissione di diossine e nanoparticelle che, senza alcun filtro, finiscono direttamente nei polmoni della cittadinanza e nel ciclo biologico delle terre in questione e, quindi, anche nella catena alimentare;
    il continuo stato di emergenza in cui si trovano i territori a nord di Napoli, di cui si parla in tutto il mondo, ci richiama all'ineludibile responsabilità di avviare politiche capaci di consentire una rapida e definitiva uscita dall'emergenza mediante politiche di ciclo virtuoso dei rifiuti, seguendo tasselli propedeutici l'uno all'altro,

impegna il Governo:

   a procedere alla rapida e completa bonifica delle aree comprese tra i siti di interesse nazionale in Campania, nonché a favorire in tempi brevi, per quanto di competenza e in raccordo con le regioni, una bonifica completa di quelle aree che, nel corso degli anni, sono diventate uno «sversatoio», con discariche di «tal quale», roghi tossici, discariche abusive, cemento inquinato e terreni avvelenati;
   ad assumere iniziative per la celere istituzione dei sistemi di sorveglianza e dei registri di cui all'articolo 12, comma 11, del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012, al fine di monitorare l'incidenza dell'inquinamento provocato dai rifiuti tossici e radioattivi sulla popolazione e sull'ambiente;
   a svolgere immediatamente analisi a tappeto nel vasto territorio interessato, a cominciare da quello indicato dai vari collaboratori di giustizia come luogo di sversamento dei rifiuti tossici da parte della criminalità organizzata, anche relativamente alle falde acquifere;
   ad avviare rapidamente la perimetrazione dei terreni interessati da coltivazioni ed allevamenti nelle aree coinvolte dallo sversamento di rifiuti tossici, al fine di consentirne la conversione in agricoltura cosiddetta «no food»;
   a rendere pubblici i nominativi delle società coinvolte a qualsiasi titolo nella produzione, nel trasporto e/o nello smaltimento illecito di materiali tossici;
   a nominare, come richiesto già da tempo dal presidio permanente di Taverna del Re, una commissione di esperti, trasversali, con la presenza anche di medici, che studi un metodo di smaltimento delle ecoballe che non peggiori il già altissimo livello di inquinamento del territorio giuglianese;
   a sviluppare azioni lungimiranti e concrete per la riqualificazione del paesaggio e finalizzate alla restituzione di una dignità a questi luoghi;
   ad assumere adeguate iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, per raggiungere in tempi brevi gli obiettivi di riduzione dei rifiuti e di implementazione della raccolta differenziata.
(1-00198)
«Migliore, Scotto, Giancarlo Giordano, Ferrara, Ragosta, Zan, Zaratti, Pellegrino, Di Salvo, Piazzoni».
(2 ottobre 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    con legge 6 febbraio 2009, n. 6, il Parlamento italiano ha istituito la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti;
    tale Commissione ha depositato agli atti parlamentari la propria relazione finale, approvata nella seduta della Commissione stessa del 5 febbraio 2013 e comunicata alle Presidenze della Camera dei deputati e del Senato della repubblica il 6 febbraio 2013;
    la Commissione – tra gli altri temi affrontati – ha avuto modo di approfondire, mediante audizioni, studi, ricerche ed interlocuzioni di vario tipo, l'annosa questione connessa al reiterato fenomeno dei roghi tossici nella cosiddetta «Terra dei fuochi»;
    nel corso dell'inchiesta svolta, numerose sono state le voci che hanno denunciato il preoccupante fenomeno dei rifiuti bruciati in strada o nelle campagne e delle gravi conseguenze in termini sanitari che ne possono scaturire, derivanti dal fatto che spesso vengono bruciati rifiuti contenenti sostanze tossiche e pericolose;
    tale fenomeno, specie per quanto concerne l'attività di contrasto, ha determinato in via immediata grosse criticità sul piano investigativo-repressivo;
    sul tema, la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, nel luglio del 2009, ha audito anche l'allora prefetto di Napoli, il quale ha avuto modo di stigmatizzare alcune criticità del fenomeno in questione, con particolare riferimento allo smaltimento degli pneumatici, per il quale è stata posta in evidenza la bassissima percentuale di trattamenti leciti, rispetto a quelli illeciti;
    la Guardia di finanza ha effettuato un'accurata analisi del fenomeno in questione ed è stato verificato come non più del 20 per cento dei rifiuti sia smaltibile legalmente nella provincia di Napoli, il che, ovviamente, incentiva il ricorso al sistema illecito;
    quello degli incendi dei rifiuti nella cosiddetta «Terra dei fuochi» è un fenomeno molto diffuso e particolarmente grave, tenuto conto della tipologia dei rifiuti bruciati (rifiuti tossici e pericolosi), nonché della incapacità dimostrata dalle istituzioni di porre freno a fenomeni così imponenti e diffusi di inquinamento ambientale;
    nel tempo, il fenomeno, tanto dannoso quanto irrefrenabile, ha portato alla nascita di numerosi comitati spontanei, associazioni e movimenti civici, sorti con l'intento di informare, contrastare gli illeciti e sensibilizzare la cittadinanza circa gli effetti deleteri dei roghi;
    sul punto, è stato sentito, al termine della missione effettuata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, nel luglio 2009, anche il rappresentante dell'associazione denominata «Terra dei fuochi», il quale ha espresso in termini molto duri quella che è la situazione di vasti territori della provincia di Napoli e Caserta, gravemente compromessi dal punto di vista ambientale a causa degli incendi praticamente continui di rifiuti pericolosi, senza che si riesca in alcun modo a porvi freno da parte delle forze dell'ordine;
    lo stesso prefetto, inoltre, ha dichiarato che, in più occasioni, sono state avviate azioni di contrasto rispetto agli autori degli incendi, anche attraverso un maggiore controllo del territorio, ma i risultati ottenuti sono stati sempre scarsi;
    recentemente, le istituzioni locali hanno provato ad affrontare in modo sinergico il fenomeno, costituendo un tavolo di confronto al quale hanno partecipato la prefettura di Napoli, la prefettura di Caserta, le forze dell'ordine, i vigili del fuoco, le asl, la camera di commercio, le associazioni di categoria e i consorzi preposti alle varie filiere, al fine di adottare una linea univoca per contrastare il fenomeno ed individuare delle misure di contrasto rispetto al fenomeno dei roghi, anche ricorrendo ad ordinanze ex articolo 54 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (decreto legislativo n. 267 del 2000);
    nel corso della riunione di cui sopra ed in numerosi ulteriori passaggi, il prefetto ha rappresentato la necessità di intensificare l'attività di controllo del territorio coinvolgendo i corpi di polizia municipale e provinciale negli interventi di prevenzione ambientale, di vigilanza e di rimozione dei rifiuti abbandonati anche nelle ore notturne, nonché la necessità di mettere a punto misure di prevenzione in modo da non privilegiare solo l'azione repressiva;
    anche i magistrati di Napoli sono stati ascoltati dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti di cui sopra ed hanno confermato tutte le difficoltà prima descritte;
    la problematica dello smaltimento illecito degli pneumatici è stata affrontata anche di recente dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con decreto ministeriale n. 82 del 2011, con il quale il detto Ministero ha dato il via alla costituzione di società consortili, alle quali viene dato l'obbligo di intercettare e smaltire una quantità di pneumatici fuori uso corrispondente almeno a quella immessa sul mercato nazionale nell'annualità precedente;
    la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti ha prestato, in sintesi, particolare attenzione al fenomeno dei roghi tossici, acquisendo informazioni oltreché da rappresentanti degli enti territoriali, da magistrati e da appartenenti alle forze dell'ordine, anche da Maurizio Patriciello, parroco di San Paolo Apostolo in Caivano, in ragione del sul diretto contatto con il territorio, da Antonio Marfella, oncologo dell'istituto Pascale di Napoli, in merito alle conseguenze dal punto di vista sanitario del fenomeno in questione, ed, infine, da Lucio Iavarone, rappresentante dei comitati dei cittadini contro i fuochi tossici, il quale, da ultimo, ha rappresentato la situazione di esasperazione dei cittadini che subiscono le conseguenze dannose dei roghi e che hanno più volte denunciato il fenomeno e costituito diversi comitati, precisando che il WWF ha anche organizzato ronde per il controllo del territorio;
    purtroppo, nonostante l'impegno profuso dalle istituzioni locali, eppure a fronte della piena consapevolezza del problema, deve osservarsi come nessuna attività efficace sia stata messa in atto per sradicare un fenomeno di una gravità inaudita, tanto che le forze dell'ordine interpellate hanno evidenziato l'obiettiva difficoltà di intervento;
    in particolare, l'esperienza degli anni addietro ha palesato come sia possibile, in realtà, soltanto tamponare i singoli episodi, ma non il fenomeno nel suo complesso, che continua a persistere alimentando un'economia illegale dello smaltimento dei rifiuti che è inaccettabile in una regione già ampiamente provata dagli inquinamenti imponenti che si sono consumati in passato e continuano a devastare il territorio;
    non va, inoltre, in alcun modo trascurato il fatto che tali attività criminali determinano conseguenze disastrose per l'ambiente e per la salute dei cittadini, come risultato in modo chiaro ed univoco dai dati statistici elaborati dalle istituzioni sanitarie nazionali e locali circa il rilevante numero di malattie, soprattutto di origine tumorale, accertate nelle province di Napoli e Caserta e nei comuni maggiormente colpiti dal fenomeno dell'illecito smaltimenti di rifiuti tossici e nocivi, come appurato da due recenti e significative indagini epidemiologiche, una coordinata direttamente dall'Istituto superiore della sanità, l'altra dall'Istituto Monaldi di Napoli;
    quanto evidenziato dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti trova tristemente conferma, ancora oggi, atteso che non è possibile rilevare una strategia complessiva e sinergica tra le istituzioni centrali e locali tesa a contrastare in maniera radicale tale fenomeno: una strategia che, inevitabilmente non potrà prescindere da uno stringente e continuo supporto agli enti locali che, per primi, quali organi di prossimità, sono costretti a fare fronte a tali emergenze;
    nota positiva, tra le tante drammatiche, è che il fenomeno in questione ha portato, nel tempo, alla costituzione di numerosi gruppi spontanei di cittadini e comitati civici, nati per svolgere un'azione di contrasto all'illegalità diffusa sopra descritta, sia attraverso un'azione di sensibilizzazione che attraverso un'opera di presidio del territorio e di denunzia; ciò va tenuto in stretta considerazione, per avere la misura del grado di allarme sociale che il fenomeno della «Terra dei fuochi», da anni, genera nella cittadinanza napoletana, esposta ad una vera e propria tragedia collettiva che trova negli impietosi numeri degli studi oncologici ed epidemiologici la più tristemente nota e drammatica conseguenza dell'uso distorto e dissennato che si è fatto del territorio negli ultimi anni,

impegna il Governo:

   a perpetuare una politica di inasprimento delle pene per i reati ambientali, da assimilarsi, a tutti gli effetti, sostanziali e processuali, a quelli di stampo mafioso e/o terroristico;
   ad assumere tutte le iniziative economiche e normative che garantiscano un presidio costante e permanente delle aree delle province di Napoli e Caserta, storicamente, tradizionalmente e notoriamente oggetto di tali attività criminali, adottando ogni metodo e strategia – compreso l'uso dell'esercito e delle unità cinofile – possibili ed in grado di contrastare il fenomeno dei roghi tossici descritto in premessa;
   ad istituire quanto prima un tavolo interministeriale che si occupi delle questioni indicate in premessa, composto dal Ministero della giustizia, dal Ministero dell'interno, dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dal Ministero della salute e dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, anche al fine di assumere ogni iniziativa economica e normativa utile, per assicurare – in tempi rapidi e certi – il rilancio dell'attività di bonifica dei suoli inquinati, ai fini del loro recupero e della loro riconversione;
   ad adottare ogni iniziativa di competenza, specie di tipo normativo, per una revisione delle funzioni delle agenzie regionali per la protezione ambientale, valutando – se del caso – di assegnare al personale delle stesse anche i poteri di polizia giudiziaria;
   ad avviare ogni iniziativa di competenza utile a mettere in condizione le aziende sanitarie locali di svolgere l'indispensabile attività di informazione e sensibilizzazione nei confronti della cittadinanza circa le cause e gli effetti nefasti dei roghi tossici sulla popolazione.
(1-00098)
«Rostan, Antimo Cesaro, Capozzolo, Valiante, D'Agostino, Cimmino, Sottanelli, Salvatore Piccolo, Giorgio Piccolo, Rocchi, Verini, Realacci, Vargiu, Vecchio, Cera, Rughetti, Ribaudo, Manfredi, Tartaglione, Bossa, Impegno».
(13 giugno 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    nelle scorse settimane le dichiarazioni del pentito di camorra, Carmine Schiavone, ex cassiere del clan dei Casalesi, rilasciate nel corso di alcune trasmissioni televisive, concernenti lo sversamento e l'interramento illegale di rifiuti di ogni genere, anche tossici e nocivi, addirittura radioattivi, nel territorio campano e nel basso Lazio, hanno suscitato timore e sconcerto nelle popolazioni locali. In particolare, lo Schiavone racconta del sistema illecito dei rifiuti tossici, che proverrebbero dalle aziende del nord Italia, destinati all'interramento illegale nelle campagne campane. Le dichiarazioni del pentito sarebbero riscontrabili in numerosi atti giudiziari e alcune di esse sono contenute negli atti di un processo in corso in questi mesi, condotto dal pubblico ministero della direzione distrettuale antimafia di Napoli, Alessandro Milita;
    molti siti interessati dagli sversamenti illegali, descritti e circostanziati dallo stesso Carmine Schiavone, si troverebbero in territori che vanno dal lungomare di Baia Domizia fino a Pozzuoli, a Casal di Principe – in questo caso il pentito fa specificamente riferimento ai terreni adiacenti il campo sportivo – a Castel Volturno, a Santa Maria la Fossa e nel cosiddetto triangolo della morte, cioè quella vasta area tra le province di Napoli e Caserta che va da Caivano, dove nelle scorse settimane sono stati rinvenuti rifiuti pericolosi interrati in un campo adibito a coltura agricola, Afragola e Acerra fino al basso casertano;
    in data 17 settembre 2013, a seguito di ispezioni in alcuni terreni nel comune di Casal di Principe, ordinate dai pubblici ministeri antimafia Giovanni Gonzo e Luigi Landolfi, i tecnici dell'Arpac e i vigili del fuoco di Caserta, in collaborazione con il nucleo operativo dei carabinieri di Casal di Principe, hanno scoperto resti di fusti in metallo e fanghi di presumibile natura industriale, altamente pericolosi, interrati a circa dieci metri di profondità. Peraltro, il terreno oggetto di scavi confinava con un altro terreno, già sequestrato, dove nel luglio 2011, su indicazione di un collaboratore di giustizia, furono ritrovati altri rifiuti industriali e tossici. Ulteriori operazioni di scavo sono attualmente in corso nella zona interessata per verificare la presenza di eventuali altri materiali pericolosi;
    come riportato da Il Fatto Quotidiano nell'articolo «Traffico di rifiuti, il boss pentito Carmine Schiavone: “Mie denunce inascoltate”», così come in interviste rilasciate a SkyTg24 e a Tv Luna 2, il boss pentito ha dichiarato che tutte le sue indicazioni circa date, luoghi e circostanze relative all'interramento di rifiuti tossici sarebbero state trascritte in numerosi verbali, anche della commissione bicamerale d'inchiesta sui rifiuti, presieduta all'epoca da Massimo Scalia, senza che ad esse conseguisse alcuna operazione di bonifica. Anzi, da quanto risulta, le dichiarazioni rese da Schiavone nel 1997 davanti alla commissione bicamerale d'inchiesta sui rifiuti, in cui sarebbero stati consegnati appunti e documenti con l'indicazione delle società coinvolte e dei luoghi degli smaltimenti illegali, furono secretate;
    da quanto finora emerso, dunque, la portata devastante dal punto di vista ambientale derivante dallo smaltimento illegale di rifiuti tossici e pericolosi – la cui quantificazione, secondo anche l'ex pubblico ministero della direzione distrettuale antimafia di Napoli, Raffaele Cantone, è di fatto impossibile – sarebbe stata nota a partire dagli anni Novanta, vale a dire da oltre venti anni, senza che alcuna iniziativa realmente efficace e sistemica, soprattutto di mappatura e di bonifica, fosse intrapresa;
    peraltro, numerosi studi, tra questi quello commissariato dal dipartimento della protezione civile e predisposto dall'Organizzazione mondiale della sanità, dall'Istituto superiore di sanità, dal Consiglio nazionale delle ricerche e dall'osservatorio epidemiologico della regione Campania, o alcuni più recenti svolti dall'università di Napoli Federico II, hanno chiaramente stabilito il nesso che ci sarebbe tra l'incremento dei tumori in alcune aree della Campania e la presenza di discariche illegali e di rifiuti tossici interrati nella regione;
    come confermato alla Camera dei deputati il 13 settembre 2013 dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Andrea Orlando, la regione Campania, con delibera della giunta regionale, pubblicata il 3 ottobre del 2011 nel Bollettino ufficiale della regione Campania, ha effettuato, ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, una revisione e un aggiornamento del piano regionale di bonifica. Attualmente, conclusa la valutazione ambientale strategica, la proposta del piano regionale di bonifica è stata adottata in via definitiva dalla giunta campana con deliberazione 27 maggio del 2013, n. 129, e trasmessa al consiglio regionale per l'approvazione definitiva. Questo piano prevede tre diversi elenchi: l'anagrafe dei siti da bonificare; il censimento dei siti potenzialmente contaminati locali; il censimento dei siti potenzialmente contaminati, siti di interesse nazionale (sin). Da quanto risulta, alcuni siti in precedenza di interesse nazionale sono stati dichiarati siti da bonificare di interesse regionale (sir), come la vasta area denominata «Litorale Domizio Flegreo ed Agro Aversano». I siti di interesse nazionale rappresentano, ai sensi della normativa vigente, aree contaminate molto estese, classificate più pericolose dallo Stato e che necessitano di interventi di bonifica del suolo, del sottosuolo e delle acque superficiali e sotterranee, per evitare danni ambientali e sanitari. La regione Lazio, da parte sua, starebbe già mettendo in atto tutte le azioni volte al completamento dell'anagrafe dei siti inquinati e alla conseguente mappatura dei siti contaminati presenti nel territorio regionale, anche mediante una convenzione con il nucleo operativo ecologico dei carabinieri;
    da quanto fin qui evidenziato, emerge un quadro desolante dietro cui appaiono ancora oscure le cause delle tante e inspiegabili omissioni sui necessari approfondimenti di mappatura dei siti e sulle mancate bonifiche, omissioni che continuano a perpetrarsi ancora oggi, senza che alcuna azione concreta, come si diceva di natura sistemica, venga intrapresa per porre fine ad uno scandalo immane in quella che si potrebbe definire, purtroppo, con specifico riferimento alla Campania, la terra di nessuno,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità, eventualmente con il coinvolgimento dell'Istituto superiore di sanità e del Consiglio nazionale delle ricerche, nonché dei competenti organi ed enti territoriali, di avviare un'indagine accurata sulla salubrità dei terreni, delle falde acquifere e dell'aria nelle aree più direttamente interessate dallo sversamento illegale di rifiuti tossici e attualmente note, anche al fine di prevenire allarmismi generalizzati che possono danneggiare il settore agroalimentare campano, che rappresenta uno dei pilastri dell'economia regionale;
   ad assumere le iniziative di competenza necessarie a favorire il completamento dell'anagrafe dei siti inquinati da bonificare, ai sensi dell'articolo 251 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e la conseguente mappatura dei siti contaminati nel territorio delle regioni Lazio e Campania;
   ad accertare, con il coinvolgimento dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, i danni ambientali cagionati dall'interramento illegale di rifiuti industriali e tossici nei terreni del basso Lazio e della Campania e ad attivare l'Avvocatura dello Stato affinché compia al più presto l'attività istruttoria per il procedimento di costituzione di parte civile, ai sensi degli articoli 74 e seguenti del codice di procedura penale, nei processi in corso per il relativo risarcimento dei danni;
   a definire, a seguito delle operazioni di mappatura dei siti contaminati da sostanze tossiche e pericolose di interesse nazionale, un piano di bonifiche nazionale, ai sensi dell'articolo 252, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
   a valutare l'opportunità di reinserire l'area denominata «Litorale Domizio Flegreo ed Agro Aversano» e tutte le aree oggetto di interramento illegale di rifiuti tossici, come risultanti dalle operazioni di mappatura di cui sopra, tra i siti di interesse nazionale, che la normativa citata dichiara «individuabili in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, al rilievo dell'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico, nonché di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali», per facilitare le operazioni di bonifica, attribuendo al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'autorizzazione e il coordinamento di tutte le fasi procedimentali;
   a considerare la possibilità di affidare l'eventuale monitoraggio in itinere dei risultati delle operazioni di bonifica all'Ispra, ancorché nel rispetto dell'articolo 197, comma 1, lettera r), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, non solo per verificare lo stato dei lavori realizzati e quelli da realizzarsi, ma anche per consentire, mediante un elevato supporto scientifico e di ricerca, l'implementazione di una rete che coinvolga autorità locali, procure competenti e soggetti a vario titolo interessati alla bonifica del territorio;
   a vigilare, in collaborazione con le altre autorità competenti, a che i lavori eventualmente affidati a ditte specializzate nel settore non siano in alcun modo riconducibili, direttamente e indirettamente, a persone legate alla criminalità organizzata, scongiurando il rischio che a bonificare il territorio dai rifiuti tossici siano gli stessi soggetti che hanno deliberatamente avvelenato il basso Lazio e la Campania;
   a quantificare le risorse finanziarie necessarie alla realizzazione delle bonifiche dei siti contaminati dalle sostanze tossiche e pericolose, a programmare, altresì, un piano triennale di stanziamento di tali risorse, valutando anche la possibilità di utilizzare parte delle risorse del Fondo unico giustizia, e a destinare, infine, utilizzando ogni strumento normativo che garantisca la massima celerità dell'intervento, una prima quota di risorse finanziarie per le operazioni di mappatura e di bonifica dei territori interessati dagli interramenti, aggiuntivi rispetto ai 282 milioni di euro di risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate stanziate nell'ambito dell'accordo di programma denominato Programma strategico per le compensazioni ambientali nella regione Campania del 18 luglio 2008, modificato l'8 aprile 2009.
(1-00203)
«Picierno, Speranza, Epifani, Rosato, De Maria, Garavini, Mariastella Bianchi, Palma, Velo, Bratti, Losacco, Famiglietti, Salvatore Piccolo, Carbone, Manciulli, Marantelli, Mongiello, Garofani, Valiante, Paris, Chaouki, Rughetti, Sani, Manfredi».
(9 ottobre 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    nel 2012, secondo il rapporto Ecomafia 2013 curato da Legambiente, il giro d'affari della «filiera criminale del ciclo dei rifiuti» viene stimato in 16,7 miliardi di euro e risulta essenzialmente in linea con il 2011, quando era stato di 16,6 miliardi di euro. Nonostante i colpi assestati anche recentemente dalle direzioni distrettuali antimafia d'Italia, la criminalità organizzata non accenna a mollare la presa sulla gestione dei rifiuti;
    sempre nel 2012, sono stati registrati 34.120 reati ambientali, 28.132 persone denunciate, 161 ordinanze di custodia cautelare per crimini di natura ambientale, 8.286 sequestri, per un giro di affari di 16,7 miliardi di euro gestito da numerosi clan: di cui 302 tra quelli censiti nel 2012;
    dall'entrata in vigore del delitto di attività organizzata di traffico illecito di rifiuti (l'attuale articolo 260 del decreto legislativo n. 152 del 2006), le persone arrestate sono state ben 1.367, oltre 4.000 quelle denunciate e 698 le aziende coinvolte. Significativo è anche il numero relativo ai procedimenti penali aperti presso le direzioni distrettuali antimafia: 253, iscritti tra l'agosto del 2010, data in cui è entrata in vigore la norma che assegna la competenza delle indagini alle direzioni distrettuali antimafia) e il 31 dicembre 2012;
    la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti in Campania ha svolto un'indagine tout court sul tema che ha portato all'emersione di numerose ed inquietanti commistioni tra criminalità organizzata, imprenditoria non soltanto locale e politica;
    dalle indagini effettuate è emerso che lo strumento più congeniale affinché si potessero concretizzare tali intrecci era quello dei consorzi attraverso i quali era possibile aggirare tutti i meccanismi di controllo sulla filiera del trattamento e dello smaltimento dei rifiuti;
    l'ennesimo ritrovamento di rifiuti tossici interrati è la riprova della devastazione ambientale provocata da organizzazioni malavitose senza scrupoli, e non solo, sul territorio della regione (in particolare, l'area compresa tra le province di Napoli e Caserta, ossia la cosiddetta «Terra dei fuochi»): in particolare modo, i casalesi hanno fatto del «sistema rifiuti» una delle principali fonti di arricchimento per oltre trent'anni;
    questo fenomeno illegale interessa un territorio di alcuni milioni di abitanti ed è alimentato dal nocivo smaltimento criminale di materiali tossici, quasi sempre di natura industriale;
    tutte le analisi di sistema effettuate negli ultimi anni hanno fatto emergere, ancora una volta, il primato negativo della regione Campania sotto il profilo delle infrazioni ambientali accertate e delle conseguenti ormai strutturali patologizzazioni del territorio;
    il fatto che sia stato un pentito di camorra, Carmine Schiavone, a rivelare la presenza dei fusti in un'area di Casal di Principe, legittima il sospetto che si è di fronte ad un'azione sistematica di inquinamento causato dai clan criminali, la cui vastità è impossibile quantificare;
    sembra che l'ex boss dei casalesi e collaboratore di giustizia dal 1993 rivelò in audizione alla commissione bicamerale di inchiesta sul ciclo dei rifiuti nel 1997 i luoghi in cui la criminalità organizzata aveva interrato i veleni in Campania e nel basso Lazio e che gli atti della sua testimonianza erano stati secretati: ad oggi, non risulta, infatti, possibile avere accesso allo stenografico e ai materiali depositati in sede di audizione;
    è intollerabile che zone estese e popolose della Campania debbano continuare ad essere esposte al rischio di veleni che la scienza ha abbondantemente dimostrato essere causa di patologie tumorali;
    senza avere una mappa particolareggiata di questo tipo di inquinamento sarà impossibile avviare le iniziative di bonifica integrale dell'area interessata;
    il tema ambientale in Campania è decisamente prioritario e pregiudiziale per ogni serio progetto di sviluppo del territorio;
    i rifiuti tossici intombati sono stati rinvenuti nelle immediate vicinanze di una ludoteca. Questa circostanza, per quanto casuale, rappresenta il paradigma delle contraddizioni tra lo Stato ideale e quello reale in tante zone della Campania: da una parte, gli sforzi per far crescere i bambini in ambienti pedagogicamente adeguati, dall'altra, una condizione igienico-sanitaria devastante, destinata a minare la loro salute lentamente e in modo occulto,

impegna il Governo:

   a verificare l'attendibilità di quanto dichiarato da Schiavone, in merito ai luoghi di smaltimento dei rifiuti tossici in Campania e nel Lazio;
   ad adottare le opportune iniziative di competenza, affinché, anche attraverso le rivelazioni dei pentiti, venga scoperta tutta la verità sui rifiuti tossici occultati nel territorio campano;
   ad istituire quanto prima un tavolo interministeriale che si occupi delle questioni indicate in premessa, composto dal Ministro della giustizia, dal Ministro dell'interno, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dal Ministro della salute e dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, anche al fine di assumere ogni iniziativa economica e normativa utile, per assicurare – in tempi rapidi e certi – il rilancio dell'attività di bonifica dei suoli inquinati, ai fini del loro recupero e della loro riconversione.
(1-00211)
«Antimo Cesaro, Rostan, Valiante, Caruso, Cimmino, D'Agostino, Mazziotti Di Celso, Monchiero, Oliaro, Rabino, Schirò Planeta, Sottanelli, Vitelli, Zanetti».
(17 ottobre 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    il fenomeno dei roghi dolosi e delle discariche abusive in Campania, in particolare nella cosiddetta «Terra dei fuochi», area compresa tra il litorale domizio flegreo, l'agro aversano-atellano, quello acerrano-nolano e Napoli, non accenna a diminuire;
    questo territorio è stato, e si può dire ancora è, oggetto di una vera ed indiscriminata aggressione da parte di organizzazioni malavitose locali, le quali, spesso d'intesa con la peggiore imprenditoria anche del nord Italia, l'hanno avvelenato, sversando clandestinamente rifiuti tossici letali per la salute delle persone che vivono in quelle zone;
    in poco più di sei mesi sono stati effettuati circa 150 sequestri di aree contaminate. Nei mesi scorsi il generale Sergio Costa, comandante del Corpo forestale provinciale di Napoli, ha evidenziato il dato secondo il quale i suoi uomini sono costretti ad effettuare un sequestro al giorno di terreni inquinati;
    nell'estate 2013 è stata scoperta nella zona di Caivano una discarica abusiva in un terreno coltivabile. Particolarmente grave il fatto che nella medesima discarica siano stati trovati decine di metri cubi di terreno indenne, ammonticchiati ai lati della parte per così dire «infetta». Questo terreno «pulito» aveva come scopo quello di «ravvivare» lo stato superficiale contaminato in modo da permettere la coltivazione di ortaggi;
    si è, quindi, di fronte ad un vero e proprio atto di terrorismo, dato che chi coltivava quel terreno ben sapeva quello che stava facendo e a quali rischi avrebbe sottoposto tutti coloro che si fossero alimentati con quei cibi contaminati;
    ancora il 30 ottobre 2013, il giornale Il Fatto Quotidiano informava che nella «Terra dei fuochi» erano state rinvenute due ulteriori discariche di rifiuti pericolosi, nelle zone Asi di Acerra e nei terreni agricoli che circondano l'area;
    gli uomini del Corpo forestale di Napoli, infatti, hanno rinvenuto, sempre secondo Il Fatto Quotidiano, 6000 metri cubi di pneumatici e teli bruciati ed altri materiali pericolosi, versati su circa 12 mila metri quadrati di terreno;
    si deve anche osservare che in questi mesi si va registrando un ulteriore e pericoloso salto di qualità nei materiali utilizzati per i roghi dolosi volti a distruggere in modo illegale i rifiuti. Infatti, ai «tradizionali» pneumatici, già di per sé estremamente pericolosi, vengono ora, a detta di numerose indagini, affiancati materiali quali i frigoriferi che, ovviamente, aumentano ancora l'inquinamento prodotto dagli incendi;
    il dramma della «Terra dei fuochi» è stato sottolineato negli scorsi mesi anche dalle parole delle più alte autorità dello Stato, che hanno evidenziato come si sia di fronte ad un problema non locale ma nazionale;
    le parole forti e chiare delle istituzioni, ed anche quelle del cardinale Sepe, sono certo importanti per le popolazioni locali, che si sentono così certamente meno sole ed abbandonate dallo Stato, ma non bastano. Sono, infatti, necessarie risorse adeguate in modo da affrontare con efficacia un fenomeno che uccide spietatamente ed in silenzio coloro che hanno la sfortuna di vivere in zone utilizzate da criminali quale sversatoio di rifiuti tossici;
    appare chiaro che quanto messo sinora a disposizione dallo Stato e dagli enti locali non sia sufficiente a combattere una battaglia senza esclusione di colpi contro le devastazioni commesse. Per questo occorre che le risorse, nazionali e comunitarie, vengano aumentate ed indirizzate allo scopo, e per questo appare necessario un coordinamento centrale di tutti gli interventi economici volti alla risoluzione dell'emergenza rifiuti;
    è mancata, sino ad oggi, una politica coordinata per combattere il fenomeno. La legislazione vigente non sembra consentire la creazione di un centro decisionale, a livello nazionale, in grado di coordinare tutti gli interventi necessari. Per questo il gruppo Misto-Centro Democratico ha presentato una proposta di legge per istituire quanto meno un'autorità di vigilanza sull'emergenza ambientale nella «Terra dei fuochi», volendo istituire un unico organo in grado di monitorare costantemente, e di informare, su quanto si va facendo per risolvere l'emergenza;
    appaiono anche necessari interventi di inasprimento delle pene per coloro che commettono questi crimini ambientali che compromettono la salute pubblica;
    va aggiunto, infatti, che non è solo la camorra ad inquinare quelle zone; il procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, in un'intervista al giornale la Repubblica del 23 settembre 2013, infatti, ha spiegato che numerose inchieste hanno fatto emergere il preoccupante dato che spesso personaggi non affiliati a cosche recitano un ruolo importante nelle attività di inquinamento delle zone interessante;
    nella medesima intervista il procuratore indicava in piccole imprese, spesso illegali, le colpevoli di una parte almeno della situazione; esse, infatti, non provvedono a smaltire i loro rifiuti secondo la legge, ma li sversano nei corsi d'acqua limitrofi, senza nemmeno aver il bisogno di farsi aiutare dalle organizzazioni camorristiche;
    si tratta, quindi, di un problema anche culturale e di informazione, ma soprattutto di ordine pubblico; problema che le leggi attualmente vigenti paiono non essere in grado di contrastare con la dovuta efficacia;
    quanto detto sopra, ovviamente, non deve far abbassare la guardia contro l'azione nefasta della camorra, che spesso, con la complicità di industrie disoneste, spesso del Nord (ma non solo), continua nella sua opera di devastazione dei territori inquinati;
    in numerose interviste televisive, rilasciate, tra l'altro, a SkyTg24 e a Tv Luna 2 e su quotidiani, in particolare a Il Fatto Quotidiano, il boss pentito Carmine Schiavone ha affermato che tutte le sue indicazioni su luoghi, date e circostanze relative all'interramento di rifiuti tossici sono state registrate dalla commissione bicamerale d'inchiesta sui rifiuti già dal 1997, senza che mai si sia proceduto ad interventi di bonifica;
    si tratta di una circostanza che, se confermata, si rivelerebbe sconcertante, visto che ci si troverebbe di fronte ad un'inspiegabile inazione durata oltre 15 anni;
    anche il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Orlando, rispondendo ad un'interrogazione a risposta immediata del gruppo Misto-Centro Democratico del 16 ottobre 2013, ha affermato l'esigenza di un maggior controllo sul territorio ed ha annunciato iniziative legislative per punire con maggiore severità gli illeciti penali commessi;
    è necessario agire subito per cercare almeno di limitare i danni alla salute pubblica. Numerosi studi, quali, ad esempio, quello predisposto, su indicazione della protezione civile, dall'Organizzazione mondiale della sanità, dall'Istituto superiore di sanità, dal Consiglio nazionale delle ricerche e dall'osservatorio epidemiologico della regione Campania ha messo in evidenza il nesso tra incremento dei tumori in queste aree della Campania e la presenza di discariche illegali e di rifiuti tossici interrati;
    allo stesso risultato sono giunti studi ulteriori, svolti dalla Università «Federico II» di Napoli e dall'ospedale Monaldi di Napoli,

impegna il Governo:

   a proseguire sulla linea indicata dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in risposta alle interrogazioni a risposta immediata del gruppo Misto-Centro Democratico del 24 luglio e del 16 ottobre 2013, nelle quali si annunciava la volontà di modificare, entro il mese di novembre 2013, la legislazione in campo ambientale, in particolare per quel che riguarda le sanzioni per i reati commessi nella «Terra dei fuochi», ipotizzando anche l'introduzione di «uno strumento penale più efficace»;
   a reperire e quantificare le risorse necessarie, utilizzando ogni strumento normativo che garantisca la massima celerità dell'intervento, per consentire allo Stato ed agli enti locali, nel rispetto delle reciproche competenze, di lavorare concretamente per la risoluzione di un'emergenza che, da troppo a lungo, avvelena la vita della cittadinanza residente nelle zone inquinate e mette a rischio la salute pubblica dell'intero Paese;
   ad adoperarsi, anche con opportune iniziative normative, per l'istituzione di un coordinamento centrale di tutte le attività volte alla lotta contro l'emergenza rifiuti;
   ad avviare, per quanto di competenza, iniziative di informazione e sensibilizzazione della cittadinanza circa le cause e gli effetti negativi sulla salute pubblica dei roghi e dei comportamenti illegali, anche non legati alla camorra, indicati in premessa;
   a contribuire, per quanto di competenza, a chiarire la veridicità delle dichiarazioni del pentito Schiavone e le eventuali conseguenze dell'inazione successiva alle parole dello Schiavone stesso;
   ad attuare, in generale, in tempi rapidi tutti gli interventi necessari a limitare i danni di una situazione che non può assolutamente continuare in questo modo.
(1-00228) «Formisano, Pisicchio».
(31 ottobre 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    in Campania esiste un territorio denominato «Terra dei fuochi» a causa del preoccupante fenomeno dei roghi di rifiuti tossici, la cui combustione è causa di gravi conseguenza sulla salute delle persone e la salubrità dell'ambiente, già fortemente devastato da sversamenti illegali e scarichi selvaggi di veleni e scorie industriali;
    nell'area in questione, che si estende su di una superficie lunga più di 60 chilometri quadrati ed attraversa i comuni delle province di Napoli e Caserta, risiedono oltre 2 milioni di abitanti;
    lo scempio è stato, ed è, costantemente perpetrato dai cartelli criminali operanti sul territorio che si avvantaggiano di un business milionario favorito dalla spregiudicatezza di industriali ed imprenditori che, pur di risparmiare sui costi dello smaltimento, non esitano a privilegiare la strada dell'illegalità ed a favorire un traffico che attraversa l'Italia da nord a sud e che vede, come punto di arrivo, proprio le terre in questione;
    le ecomafie hanno potuto contare sulla complicità e l'omertà di taluni contadini e proprietari di fondi piegati e compiacenti che, dopo aver consentito di imbottire le proprie campagne di ogni tipo di veleno, continuano in alcuni casi a coltivare prodotti agricoli destinati all'alimentazione umana ed animale;
    più di recente il fenomeno si è connotato per lo sversamento di varie tipologie di rifiuti, in particolare quelli prodotti dal ciclo delle costruzioni e quelli prodotti da aziende che, operando nell'illegalità e non potendo, quindi, smaltire secondo la normativa vigente i rifiuti e gli scarti della lavorazione, abbandonano cumuli diffusi di tale materiale ai margini di moltissime strade di campagna;
    il conseguente inquinamento delle matrici ambientali acqua, aria e suolo, determinato sia dai roghi che dalle discariche abusive, rischia di contaminare la catena alimentare;
    la condizione in cui versa la Terra dei fuochi è nitidamente fotografata dalle inchieste della magistratura, dalle operazioni delle forze dell'ordine, dal lavoro svolto fin dal 1998 dalle commissioni parlamentari d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e da una ricca antologia di inchieste giornalistiche;
    la stessa comunità scientifica ha più volte messo in relazione l'alta incidenza di patologie, come tumori e leucemie, sui residenti dei citati territori inquinati con la permanenza degli stessi in tali territori;
    lo stato delle aree avvelenate genera un crescente e legittimo allarme sociale e sanitario che sfocia nelle comprensibili proteste ormai quotidiane da parte di comitati civici, movimenti ed associazioni;
    la psicosi generale crea un crescente ed ingente danno all'agricoltura regionale che esprime prodotti di eccellenza rinomati nel mondo ed oggi discriminati sui mercati nazionali ed esteri;
    il fenomeno degli incendi, del traffico e degli sversamenti illeciti dei rifiuti speciali e pericolosi ha dunque assunto dimensioni tali da assurgere ad emergenza nazionale,

impegna il Governo:

   a predisporre con tempestività un'iniziativa normativa ad hoc al fine di:
    a) definire un sistema straordinario di presidio e controllo del territorio interessato per bloccare il fenomeno degli sversamenti illegali e dei roghi tossici, coinvolgendo, in primis, le Forze armate, rafforzando e meglio coordinando tutte le forze dell'ordine;
    b) predisporre uno screening epidemiologico e le conseguenti misure di prevenzione e di assistenza sanitaria a favore della popolazione interessata;
    c) definire, attraverso il monitoraggio delle matrici ambientali (aria, acqua e suolo), le zone inquinate, delimitando, altresì, le cosiddette aree food certificate e quelle che, invece, necessitano di misure di tutela ambientale;
    d) ripristinare lo status quo ante che attribuiva alla responsabilità nazionale i siti da bonificare ricadenti nell'area denominata «litorale domizio flegreo e agro aversano»;
    e) predisporre un «piano Marshall» di bonifiche che, in maniera scientifica, indichi l'ordine delle priorità, l'approccio tecnico e le modalità operative;
    f) istituire una struttura centrale di gestione degli appalti per le attività di bonifica e ripristino con un sistema impermeabile alle organizzazioni criminali sul modello di Expo 2015;
    g) istituire un comitato scientifico di alta sorveglianza, che coinvolga autorità accademiche di indiscusso prestigio internazionale, con il compito di coordinare e di orientare gli interventi nazionali e le iniziative regionali in materia di fenomeni inquinanti, di verificarne l'attuazione, nonché di valutarne l'efficacia;
    h) utilizzare le risorse derivanti dai beni confiscati alla criminalità organizzata a seguito di processi per traffico e smaltimento illegale di rifiuti, per la bonifica dei siti inquinati in conseguenza dei medesimi traffici e smaltimenti illegali;
    i) utilizzare le risorse del Fondo europeo di sviluppo regionale (Fers) e del fondo di coesione europeo e nazionale per la bonifica dei siti inquinati campani, escludendo le risorse così utilizzate dai vincoli del patto di stabilità;
    l) disegnare un sistema di tracciabilità assoluta che coinvolga l'intera filiera agroalimentare campana e che sia funzionale anche alla promozione dei prodotti;
    m) introdurre il reato di disastro ambientale nel codice penale;
    n) favorire la partecipazione dei cittadini, attraverso gli enti locali, alle scelte ed alle fasi di controllo delle attività finalizzate alla bonifica delle aree inquinate campane.
(1-00229)
«Russo, Costa, Sarro, Carfagna, Castiello, Luigi Cesaro, Calabrò, Rotondi, Petrenga».
(31 ottobre 2013)