TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 37 di Giovedì 20 giugno 2013

 
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MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE A GARANTIRE UN ADEGUATO RISARCIMENTO A FAVORE DELLE PERSONE CHE HANNO SUBITO DANNI DA INCIDENTI STRADALI

   La Camera,
   premesso che:
    il 20 marzo 2013 l'Osservatorio sulla giustizia civile di Milano ha aggiornato i valori per la liquidazione del danno non patrimoniale alla persona derivante da lesione alla integrità psico-fisica e dalla perdita-grave lesione del rapporto parentale;
    gli importi sono stati adeguati all'aumento del costo della vita sulla base degli indici Istat nel periodo gennaio 2011-gennaio 2013, con conseguente incremento del 5,65 per cento rispetto ai parametri precedentemente in vigore;
    la Corte di cassazione, a sezioni unite, con sentenza n. 12408 del 2011, ha introdotto il principio della necessità di applicare su tutto il territorio nazionale un unico criterio di liquidazione, affermando che quell'unico criterio è rappresentato dalle cosiddette «tabelle di Milano»;
    la medesima sentenza ha, altresì, affermato che le predette tabelle milanesi «costituiranno d'ora innanzi, per la giurisprudenza di questa Corte, il valore da ritenersi «equo»;
    il Governo ha recentemente elaborato uno schema di decreto del Presidente della Repubblica riferito alla tabella per le menomazioni all'integrità psicofisica di lieve entità e di quelle comprese fra 10 e 100 punti di invalidità, ai sensi degli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209;
    da una prima lettura della tabella formulata dal Governo emerge che la liquidazione monetaria delle menomazioni all'integrità psico-fisica ivi prevista è notevolmente più bassa rispetto alle cosiddette tabelle di Milano, arrivando addirittura a prevedersi una decurtazione del 60 per cento delle predette liquidazioni;
    già la tabella relativa alle menomazioni di lieve entità emanata ai sensi dell'articolo 139 del codice delle assicurazioni private risulta essere molto più bassa di quella prevista dalle tabelle di Milano;
    da ultimo il cosiddetto decreto Balduzzi, decreto-legge n. 158 del 2012, ha già allargato, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo illegittimamente, la sfera di applicazione della tabella ex articolo 138 del codice delle assicurazioni private alle menomazioni causate da responsabilità medica, e per l'effetto ha tagliato la misura dei risarcimenti a tutt'oggi riconoscibili, con evidenti effetti dissuasivi all'incardinamento del contenzioso giudiziale e con una palese lesione degli articoli 24 e 32 della Costituzione;
    quindi, qualora venisse applicata questa nuova tabella, pazienti e soggetti che hanno subito delle gravi menomazioni non avranno più la tutela accordata dagli articoli 24 e 32 della Costituzione relativi alla tutela del diritto inviolabile alla salute ed al pieno risarcimento del danno;
    l'illegittimità costituzionale di cui si parla è fortemente aggravata da un quadro risarcitorio generale palesemente in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione, dato che, in Italia, il medesimo danno finisce con l'essere ingiustamente ed immotivatamente risarcito in maniera differente a seconda della fonte del danno stesso;
    dallo schema di decreto messo a punto dal Governo pro tempore (Governo, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, poco «tecnico» ed assai «politico», soprattutto quando si parla di banche e finanza) emerge con preoccupante chiarezza il tentativo di favorire le lobby delle assicurazioni; quelle stesse lobby che, da sempre, lavorano alacremente assieme ai Governi per vedere tutelate le loro posizioni in spregio dei diritti dei consumatori e dei cittadini;
    la più recente «Indagine sui prezzi r.c.a.» pubblicata in data 1o gennaio 2013 dall'Ivass (Istituto di vigilanza sulle assicurazioni) ha, infatti, evidenziato che, nonostante gli interventi di riforma messi in campo negli ultimi anni, l'aumento dei prezzi delle assicurazioni per responsabilità civile auto imposti ai cittadini non ha arrestato la sua corsa. Negli ultimi dodici mesi, ad esempio, il premio richiesto a una 18enne è cresciuto del 13,5 per cento, mentre il profilo di un virtuoso del volante, un 55enne in massima classe di sconto, ha subito un rincaro del 5,6 per cento;
    sul citato schema di decreto hanno espresso un parere fortemente contrario sia il Consiglio di Stato (parere n. 4209 del 17 novembre 2011, adunanza generale dell'8 novembre 2011), sia il Parlamento attraverso un'apposita mozione approvata a larga maggioranza (atto n. 1-00740 – seduta 24 ottobre 2011, n. 540);
    per il massimo organo di giustizia amministrativa, la sequenza dei coefficienti moltiplicatori della tabella formulata dal Governo «non sembra rispettare il criterio della crescita più che proporzionale rispetto all'aumento dei punti di invalidità» e «un eventuale scostamento del testo regolamentare dal criterio previsto espressamente dalla legge autorizzativa provocherebbe con molta probabilità la disapplicazione della norma regolamentare da parte del giudice civile investito dalla domanda risarcitoria, con conseguente inutilità dell'esercizio della potestà normativa in esame». Il Consiglio di Stato suggerisce poi di adottare, a livello normativo, l'estensione per analogia dei parametri economici anche ad altre discipline risarcitorie quando vengano lesi diritti alla persona sostanzialmente sovrapponibili, ma determinati da fatti diversi dalla circolazione stradale. Se si limitasse l'applicazione ai soli incidenti stradali, «infatti, analoghe conseguenze sul piano lesivo verrebbero ad ottenere differenti trattamenti risarcitori, a seconda del solo fatto che la lesione sia avvenuta nell'ambito della circolazione stradale o meno»;
    con la mozione dell'ottobre del 2011, la Camera dei deputati ha addirittura impegnato il Governo «a ritirare il provvedimento, ingiustificato e lesivo dei diritti dei danneggiati, e a predisporre, in tempi rapidi, un nuovo decreto teso a determinare valori medi di risarcimento del danno biologico per le lesioni di non lieve entità che prendano a riferimento quelli delle tabelle elaborate dal tribunale di Milano»;
    da parte del gruppo Movimento 5 Stelle in Commissione giustizia della Camera dei deputati, in data 28 maggio 2013, è stata presentata la proposta di legge n. 1063 – Bonafede ed altri – tesa ad affermare per via legislativa, senza ulteriori deleghe al Governo, l'adozione dei valori individuati dalle tabelle del tribunale di Milano come parametro unico nazionale per il risarcimento del danno alla persona,

impegna il Governo:

   a ritirare lo schema di decreto concernente la tabella delle menomazioni all'integrità psicofisica di cui in premessa, in quanto contrario, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, agli articoli 24 e 32 della Costituzione relativi alla tutela del diritto inviolabile alla salute ed al pieno risarcimento del danno;
   ad adottare, nell'ambito della liquidazione del danno non patrimoniale derivante da sinistro stradale comportante lesioni dell'integrità fisica medicalmente accertabili, ai fini di una imprescindibile omogeneità dell'intero quadro risarcitorio, un provvedimento che utilizzi i valori stabiliti dalla tabella per le menomazioni all'integrità psicofisica di lieve entità e di quelle comprese fra 10 e 100 punti di invalidità approvata dall'Osservatorio sulla giustizia civile di Milano nel marzo 2013 e dalle sue relative successive modifiche;
   a valutare l'opportunità di concorrere alla revisione dell'intero impianto normativo in materia di risarcimento del danno non patrimoniale nell'interesse esclusivo dei cittadini, sulla base dei contenuti enunciati dalla ricordata proposta di legge n. 1063 del 28 maggio 2013.
(1-00021)
(Nuova formulazione) «Colletti, Di Vita, Ciprini, D'Incà, Dadone, D'Uva, Frusone, Mantero, Rostellato, Agostinelli, Nesci, Vacca, Zaccagnini, Bonafede, Businarolo, Ferraresi, Sarti, Baldassarre, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Cecconi, Colonnese, D'Ambrosio, Del Grosso, Fico, Nuti, Terzoni».
(16 aprile 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, e successive modificazioni, recante il codice delle assicurazioni private, stabilisce, all'articolo 138, la predisposizione di una specifica tabella, unica su tutto il territorio della Repubblica, delle menomazioni all'integrità psicofisica comprese tra dieci e cento punti e del valore pecuniario da attribuire ad ogni singolo punto di invalidità comprensiva dei coefficienti di variazione corrispondenti all'età del soggetto leso, nonché, all'articolo 139, la predisposizione, con la medesima procedura, di una specifica tabella delle menomazioni all'integrità psicofisica comprese tra uno e nove punti di invalidità;
    finalità degli articoli 138 e 139 del citato decreto legislativo, e dei successivi provvedimenti attuativi, è pertanto la fissazione in maniera univoca, ai fini del risarcimento del danno in sede assicurativa della responsabilità civile automobilistica, dei valori economici e medico-legali per la valutazione del danno alla persona derivante da lesioni che abbiano determinato macrolesioni e lesioni di lieve entità;
    il Ministro della salute ha istituito, il 26 maggio 2004, una commissione di studio, composta dai rappresentanti del medesimo Ministero, dei Ministeri del lavoro e delle politiche sociali, dello sviluppo economico, della giustizia, dell'Inail, dell'Ania e da esperti in medicina legale, e successivamente integrata con rappresentanti delle associazioni familiari e vittime della strada e dell'osservatorio della Lega italiana dei diritti dell'uomo;
    i lavori della commissione di studio si sono conclusi con la redazione di uno schema di Tabella, oggetto di una valutazione preliminare del Consiglio dei ministri, il 3 agosto 2011, e successivamente del parere della sezione consultiva per gli atti normativi del Consiglio di Stato, l'8 novembre 2011;
    il 7 giugno 2011, tuttavia, era intervenuta in materia la sentenza della Corte di cassazione n. 12408, la quale aveva stabilito che, nella liquidazione del danno alla persona, quando manchino criteri stabiliti dalla legge, l'adozione della regola equitativa di cui all'articolo 1226 del codice civile deve garantire non solo l'adeguata considerazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, essendo intollerabile ed iniquo che danni identici possano essere liquidati in misura diversa solo perché le relative controversie sono decise da differenti uffici giudiziari; dall'affermazione del generale principio di uguaglianza, la Corte di cassazione aveva tratto la conclusione che, sempre in assenza dei criteri stabiliti dalla legge e in virtù dei suoi compiti di indicazione ai giudici di merito di criteri uniformi, i criteri per la liquidazione del danno alla persona fossero individuati nelle cosiddette «tabelle» di riferimento per la stima del danno alla persona elaborate dal tribunale di Milano, trattandosi del criterio più diffuso sul territorio nazionale;
    gli effetti distorsivi derivanti dalla differenziazione territoriale dei risarcimenti dei danni non patrimoniali sono stati rilevati anche nel citato parere del Consiglio di Stato, il quale ha ritenuto che l'esigenza di porre rimedio a tali distorsioni «appare sicuramente condivisibile e coerente con le esigenze ordinamentali di parità di trattamento tra situazioni analoghe, nonché in linea con i più recenti arresti giurisprudenziali della Corte di cassazione», tra i quali viene ricordata proprio la sentenza della Corte di cassazione, sezione III, 7 giugno 2011, n. 12408;
    se lo schema di decreto del Presidente della Repubblica, datato marzo 2013 ed avente ad oggetto il regolamento recante le tabelle delle menomazioni all'integrità psicofisica ai sensi degli articoli 138 e 139 del decreto legislativo n. 209 del 2005 sembrerebbe, pertanto, risolvere in via definitiva il problema relativo all'adozione di criteri uniformi su tutto il territorio nazionale dei risarcimenti, dal confronto con le tabelle del tribunale di Milano emerge una riduzione dei valori risarcitori che ha suscitato molte proteste da parte delle associazioni delle vittime di sinistri stradali, che lo hanno considerato «fortemente lesivo della dignità umana e non rispondente alle esigenze di solidarietà consolatorie, riparatorie e satisfattive del danno da r.c. auto»;
    va considerato che il danno alla persona è composto da due componenti: il danno patrimoniale, calcolabile oggettivamente, e il danno non patrimoniale, non calcolabile oggettivamente, ma attribuito «equamente» dai tribunali o dalle tabelle, a sua volta distinto tradizionalmente in danno biologico, ossia il valore della perdita della funzionalità biologica dovuta alla lesione, il danno morale, variabile da caso a caso, tra il 25 ed il 50 per cento del danno biologico, e il danno esistenziale, molto soggettivo e variabile;
    la tabella unica è difficilmente comparabile con le tabelle del tribunale di Milano, poiché queste regolamentano tutto il danno non patrimoniale, inglobando accanto al danno biologico anche il danno morale con riferimento ad una liquidazione congiunta complessiva dei danni riconosciuti, mentre la tabella unica prevista nello schema di decreto del Presidente della Repubblica regolamenta il solo danno biologico «standard», ferma restando la necessità di determinazione aggiuntiva dell'eventuale danno morale, poiché, ai sensi degli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni private, gli importi possono essere aumentati nella misura massima del 30 per cento per le macrolesioni e del 20 per cento per le lesioni lievi, quando la menomazione incida su aspetti dinamico relazionali della persona;
    indubbiamente, ragionare sulla congruità dell'ammontare dei risarcimenti è un esercizio difficile, perché attiene a un valore non monetizzabile, pertanto, lo scopo dell'emanando provvedimento dovrebbe essere esclusivamente quello di stabilire convenzionalmente criteri risarcitori certi e uniformi territorialmente, adeguati per le vittime e sostenibili relativamente alla spesa assicurativa;
    peraltro, esiste un'evidente correlazione tra importo dei premi ed entità dei risarcimenti che, per quanto riguarda il settore della responsabilità civile automobilistica, presenta dati articolati e non sempre univoci; tuttavia sono molti i fattori che influenzano il livello dei premi, come rilevato dalle recenti conclusioni dell'indagine svolta dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato sulle procedure di risarcimento diretto e gli assetti concorrenziali del settore;
    tutto ciò rende evidente come sia indispensabile, per il Parlamento, promuovere un approfondimento, mediante un rapido e approfondito confronto sulla materia nei suoi vari aspetti, sociali, sanitari, economico-finanziari, e un proficuo confronto sia con il Governo, sia con tutti gli altri soggetti coinvolti;
    questa urgenza è resa ancor più necessaria dalla circostanza che sullo schema di decreto del Presidente della Repubblica non è previsto un parere delle competenti Commissioni parlamentari, dal momento che sarà emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400,

impegna il Governo:

a sospendere l’iter di approvazione del decreto del Presidente della Repubblica avente ad oggetto il regolamento recante le tabelle delle menomazioni all'integrità psicofisica ai sensi degli articoli 138 e 139 del decreto legislativo n. 209 del 2005 fino all'espletamento di un approfondito ma rapido confronto nelle Commissioni parlamentari competenti, così da tenere conto delle indicazioni che emergeranno in tali sedi, anche al fine di garantire l'adeguato contemperamento tra le esigenze di tutelare le vittime degli incidenti stradali e quelle di contenere i costi delle polizze della responsabilità civile automobilistica.
(1-00099)
(Nuova formulazione) «Boccuzzi, Causi, Verini, Martella, Fregolent, Gutgeld, Biffoni, Impegno, Lenzi, Pelillo, Sanga, Antezza, Miotto, Zappulla».
(17 giugno 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    relativamente al risarcimento del danno biologico per gli incidenti stradali nei casi di invalidità che vanno dal 10 al 100 per cento, l'articolo 138 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, recante il codice delle assicurazioni private, prevedeva la predisposizione – finora mai attuata – di una specifica tabella, unica su tutto il territorio nazionale e da aggiornarsi annualmente, delle menomazioni all'integrità psicofisica comprese tra dieci e cento punti e del valore pecuniario da attribuire a ogni singolo punto di invalidità comprensiva dei coefficienti di variazione corrispondenti all'età del soggetto leso;
    finora la monetizzazione dei danni subiti a seguito di un incidente stradale veniva calcolata sulla base di tabelle predisposte da ciascun tribunale, con la conseguenza di risarcimenti spesso diversi da regione a regione;
    al fine della predisposizione di un'unica tabella valida per l'intero territorio nazionale per il risarcimento delle menomazioni all'integrità psicofisica di lieve entità e di quelle comprese tra 10 e 100 punti di invalidità, è in via di emanazione un decreto del Presidente della Repubblica, peraltro predisposto dal precedente Governo;
    detto schema di decreto adegua al ribasso i valori risarcitori (con un abbattimento medio del 60 per cento) che risultano così di gran lunga inferiori ai valori proposti dalle tabelle del tribunale di Milano, come recentemente aggiornate, considerate invece congrue dalla stessa Corte di cassazione;
    già l'Aneis (Associazione nazionale esperti infortunistica stradale), il 4 aprile 2013, ha chiesto di «difendere la dignità delle vittime degli incidenti stradali». L'applicazione della nuova tabella, infatti, ridurrebbe fino al 60 per cento i risarcimenti per tali eventi, rispetto ai parametri dettati dalle nuove tabelle del tribunale Milano;
    la stessa Aifvs (Associazione italiana familiari e vittime della strada) ha protestato contro lo schema di decreto del Presidente della Repubblica in via di emanazione, che peraltro mostrerebbe tutta la sua dubbia costituzionalità per il fatto che disciplinerebbe, in patente violazione del fondamentale articolo 3 della nostra Carta costituzionale, in modo diversissimo sotto il profilo monetario, situazioni relative a lesioni personali soltanto per via della genesi del fatto illecito. Peraltro, si preannunciano anche gravissime sperequazioni sotto il profilo della retroattività del provvedimento;
    si tratta di un provvedimento che, come sottolinea ancora l'Aifvs, «per salvaguardare gli interessi delle assicurazioni, vorrebbe mettere da parte anche le indicazioni della Corte di cassazione (sentenza n. 12408 del 7 giugno 2011) che ha esteso a tutto il territorio nazionale i diffusissimi valori indicati nella tabella del tribunale di Milano, frutto di scrupolosa elaborazione ed assiduo aggiornamento»;
    si ricorda, infatti, che la Corte di cassazione, con la sentenza n. 12408 del 2011, rilevata la disparità esistente fra i tribunali italiani, ha ritenuto di orientare i risarcimenti sui valori delle tabelle dei giudici di Milano, valutate più eque rispetto a quelle degli altri tribunali, in quanto costruite tenendo conto delle disposizioni normative e dei parametri individuati dalla giurisprudenza ai fini della personalizzazione del danno, così come stabiliti dalle famose sentenze «gemelle» a sezioni unite della Corte di cassazione del 2008, sul danno non patrimoniale;
    con l'eventuale approvazione definitiva di questo decreto del Presidente della Repubblica, il risparmio delle società assicuratrici sarà consistente, soprattutto se le tabelle verranno ritenute – come sembra – applicabili anche retroattivamente a tutti i sinistri per i quali non si siano concluse trattative in sede transattiva o non si sia giunti a sentenza definitiva;
    inoltre, dall'esame delle medesime tabelle dello schema di decreto in oggetto, si ricava una disparità tra l'infortunato uomo e l'infortunata donna, laddove la cifra per ogni punto di invalidità «femminile» è inferiore a quello «maschile»;
    va, peraltro, ricordato come le compagnie assicuratrici abbiano finora «beneficiato» sia del fatto che negli ultimi dieci anni – come certifica l'Istat – il numero degli incidenti stradali è andato progressivamente diminuendo, che della riduzione (prevista dal decreto del Ministero della salute del 3 luglio 2003) in questi anni dei risarcimenti da piccole invalidità. Il tutto a fronte di nessuna riduzione dei premi delle polizze per l'assicurazione obbligatoria da responsabilità civile automobilistica;
    questo schema di decreto del Presidente della Repubblica, qualora approvato definitivamente, anziché riconoscere il diritto delle vittime al congruo ed integrale risarcimento del danno, riducendo i risarcimenti, favorisce di fatto i profitti economici e imprenditoriali privati assicurativi a scapito di quei principi di solidarietà e di eguaglianza, anche sociale, sanciti dalla nostra Costituzione,

impegna il Governo:

   a ritirare lo schema di decreto del Presidente della Repubblica, di cui in premessa, in quanto ingiustificato e fortemente lesivo dei diritti dei danneggiati a ottenere un equo risarcimento;
   ad assumere iniziative per stabilire che le tabelle del tribunale di Milano siano prese a riferimento da tutti gli uffici giudiziari italiani, quali tabelle per definire l'entità del risarcimento delle menomazioni all'integrità psicofisica a seguito di sinistro stradale o, più in generale, a causa di responsabilità civile;
   ad attuare, nell'ambito delle proprie competenze, azioni di contrasto a truffe e abusi ai danni delle compagnie assicuratrici, finalizzati all'ottenimento illegittimo del risarcimento dei danni.
(1-00100)
«Piazzoni, Migliore, Daniele Farina, Aiello, Sannicandro, Nicchi, Ragosta».
(17 giugno 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    l'Osservatorio sulla giustizia civile di Milano, a seguito della riunione del 6 marzo 2013, ha aggiornato i valori per la liquidazione del danno non patrimoniale alla persona derivante da lesione all'integrità psico-fisica e dalla perdita-grave lesione del rapporto parentale;
    gli importi sono stati adeguati all'aumento del costo della vita sulla base degli indici Istat nel periodo gennaio 2011-gennaio 2013, con conseguente incremento del 5,6535 per cento rispetto ai parametri precedentemente in vigore;
    con sentenza n. 12408 del 2011 la Corte di cassazione, ritenendo «intollerabile ed iniquo che danni identici possano essere liquidati in misura diversa solo perché le relative controversie siano decise da differenti uffici giudiziari» e «poiché l'equità va intesa anche come parità di trattamento, la liquidazione del danno non patrimoniale alla persona da lesione dell'integrità psico-fisica presuppone l'adozione da parte di tutti i giudici di merito di parametri di valutazione uniformi», ha indicato le «tabelle milanesi» quali criteri di riferimento per la stima del danno alla persona;
    il Governo ha dichiarato l'intenzione di procedere all'approvazione dello schema di decreto del Presidente della Repubblica recante «tabella delle menomazioni all'integrità psicofisica di lieve entità e di quelle comprese fra 10 e 100 punti di invalidità, ai sensi degli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209»;
    secondo quanto disposto dallo schema di decreto allo studio del Governo, la liquidazione monetaria delle menomazioni all'integrità psico-fisica ivi prevista è notevolmente più bassa rispetto alle tabelle del tribunale Milano, arrivando addirittura ad una decurtazione del 60 per cento delle predette liquidazioni, il che ha provocato forti reazioni da parte di molte associazioni e familiari delle vittime di incidenti stradali;
    è necessario stabilire criteri risarcitori certi, uniformi, adeguati e sostenibili e assicurare, così, maggiore certezza ai diritti spettanti ai danneggiati, evitando sperequazioni e differenziazioni territoriali ed assicurare tutela del diritto inviolabile alla salute ed un adeguato e dignitoso risarcimento dei danni subiti;
    i costi delle polizze per la copertura assicurativa dei rischi derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore su strada stanno subendo continui rincari, i quali hanno un peso considerevole sui bilanci delle famiglie;
    i rincari sono strettamente collegati al fenomeno, sempre più preoccupante, soprattutto nelle zone del Mezzogiorno, delle frodi assicurative. Se pure è stata dimostrata la forte incidenza del peso delle frodi sui costi delle polizze, questa non può tuttavia rappresentare un elemento di giustificazione da parte delle compagnie di assicurazione dell'incremento delle stesse polizze, a danno esclusivo dei consumatori onesti;
    nella XVI legislatura, gli interventi nel settore delle assicurazioni sono stati operati con il decreto-legge n. 1 del 2012 (il cosiddetto «decreto liberalizzazioni»), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2012, e con il decreto-legge n. 179 del 2012 (il cosiddetto «decreto crescita»), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012. Con il decreto legge n. 1 del 2012, in particolare, sono state previste una serie di disposizioni volte a rendere maggiormente concorrenziale e trasparente il settore assicurativo al fine di ridurre il costo delle polizze, anche attraverso il contrasto delle frodi;
    l'insieme degli interventi adottati non sembra aver avuto effetti decisivi rispetto all'obiettivo del contenimento dei costi delle polizze a beneficio dei consumatori;
    inoltre, la tabella relativa alle menomazioni di lieve entità, emanata ai sensi dell'articolo 139 del codice delle assicurazioni private, risulta essere molto più bassa di quella prevista dalle tabelle del tribunale di Milano;
    il decreto-legge n. 158 del 2012 (cosiddetto decreto Balduzzi), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 189 del 2012, ha esteso l'applicazione della tabella ex articolo 138 del codice delle assicurazioni private alle menomazioni causate da responsabilità medica e, pertanto, ha tagliato la misura dei risarcimenti a tutt'oggi riconoscibili, con evidenti effetti dissuasivi all'incardinamento del contenzioso giudiziale,

impegna il Governo:

   a ritirare lo schema di decreto che definisce la tabella unica nazionale per il risarcimento standard del danno biologico alle vittime degli incidenti stradali, in attuazione dell'articolo 138 del codice delle assicurazioni private (decreto legislativo n. 209 del 2005);
   ad orientare la propria attività politica, nell'ambito della liquidazione del danno non patrimoniale derivante da sinistro stradale comportante lesioni dell'integrità fisica medicalmente accertabili, ai fini di un'imprescindibile omogeneità dell'intero quadro risarcitorio, nella direzione di un'ottemperanza della tabella per le menomazioni all'integrità psicofisica di lieve entità e di quelle comprese fra 10 e 100 punti di invalidità approvata dall'Osservatorio sulla giustizia civile di Milano nel marzo 2013 e delle sue relative successive modifiche;
   ad adottare iniziative più incisive per favorire la riduzione del costo dei premi relativi alla copertura assicurativa dei rischi derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore su strada a carico degli assicurati, anche attraverso il rafforzamento delle azioni di contrasto alle frodi che abbiano, come primo obiettivo, quello di evitare che le gravi inefficienze del settore assicurativo vengano pagate dagli onesti assicurati.
(1-00101)
«Molteni, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Rondini, Gianluca Pini, Prataviera».
(17 giugno 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    spetta al Governo procedere all'adozione della proposta di decreto del Presidente della Repubblica contenente il regolamento che attua l'articolo 138 del codice delle assicurazioni private (decreto legislativo n. 209 del 2005); tale provvedimento consente di stabilire in maniera univoca, a livello nazionale, i valori economici e medico-legali per la liquidazione del danno in sede assicurativa in ordine alla responsabilità civile automobilistica;
    una bozza dello schema di decreto citato, di cui è stata data notizia negli scorsi mesi, contiene la tabella unica nazionale per il risarcimento delle menomazioni all'integrità psicofisica di lieve entità e di quelle comprese tra 10 e 100 punti di invalidità;
    la tabella unica in questione si riferisce solo al danno biologico «standard», in quanto gli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni consentono di aumentare l'importo risultante dall'applicazione della tabella fino al 30 per cento e al 20 per cento, rispettivamente per le macrolesioni e le microlesioni, laddove la menomazione accertata condizioni pesantemente determinati aspetti della persona;
    risulta ai sottoscrittori del presente atto di indirizzo che il Ministro della salute pro tempore, onorevole Renato Balduzzi, abbia valutato di non sottoporre al Consiglio dei ministri il relativo schema di decreto (frutto di un lungo, ma non costruttivo, confronto tra le parti interessate e gli uffici del Ministero competente), in quanto l'applicazione della nuova tabella avrebbe comportato la riduzione sino al 60 per cento dei risarcimenti per tali eventi, rispetto ai parametri dettati dalle tabelle del tribunale di Milano (alle quali la Corte di cassazione ha fatto rinvio per determinare il valore medio di riferimento da porre a base del risarcimento del danno alla persona da applicare all'intero territorio nazionale; tabelle che contemplano, oltre al danno biologico, anche quello morale), con conseguenze fortemente pregiudizievoli per le vittime degli incidenti stradali;
    spetta al decreto citato di fissare in maniera univoca i valori economici e medico-legali per la valutazione del risarcimento del danno derivante alla persona dalla circolazione stradale, applicabili anche alle persone danneggiate da eventi connessi alla responsabilità degli esercenti le professioni sanitarie, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189;
    la base giuridica del decreto citato, cioè gli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni private, deve essere integrata con il riferimento all'evoluzione giurisprudenziale della nozione di danno biologico;
    esiste la riconosciuta esigenza, da un lato, di dettare criteri certi per evitare sperequazioni territoriali e un'indiscriminata corsa al rialzo, non correlata al concreto bene giuridico tutelato, dei valori risarcitori; dall'altro, di addivenire ad una progressiva, ma certa, diminuzione dei premi assicurativi, sia per quanto attiene alla responsabilità civile automobilistica, sia per quanto concerne la responsabilità degli esercenti le professioni sanitarie,

impegna il Governo:

a riconsiderare prontamente, sul solco di quanto già avviato dal competente Ministero nei primi quattro mesi dell'anno 2013, l'intera problematica, valutando l'adeguatezza della base giuridica su cui adottare il citato decreto del Presidente della Repubblica e ispirandosi all'esigenza di dare congrua e piena soddisfazione alle vittime di incidenti stradali e di eventi avversi in campo sanitario, nel contempo perseguendo, anche attraverso la prosecuzione dei lavori del tavolo tra le categorie e le associazioni interessate, l'obiettivo di dare certezza all'intero comparto, anche al fine di permettere una graduale, ma significativa, riduzione dei premi assicurativi.
(1-00102)
«Gigli, Binetti, Balduzzi, Sottanelli, Oliaro, Schirò Planeta, Sberna, Cera, Vargiu, Monchiero».
(17 giugno 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    è in discussione l'approvazione da parte del Governo del decreto del Presidente della Repubblica in attuazione degli articoli 138 e 139 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), che predispone una specifica tabella unica su tutto il territorio nazionale delle menomazioni all'integrità psicofisica di lieve entità e di quelle comprese tra dieci e cento punti, nonché del valore pecuniario da attribuire ad ogni singolo punto di invalidità comprensiva dei coefficienti di variazione corrispondenti all'età del soggetto leso;
    finalità dei suddetti articoli è, pertanto, la fissazione in maniera univoca, ai fini del risarcimento del danno in sede assicurativa responsabilità civile auto, dei valori economici e medico-legali per la valutazione del danno alla persona derivante da lesioni che abbiano determinato macrolesioni e lesioni di lieve entità, con l'obiettivo, dunque, di ovviare ad un sistema eterogeneo fondato su tabelle predisposte dai singoli tribunali ed eventualmente suscettibili di dar vita a forti disuguaglianze e disparità di trattamento tra le vittime dei sinistri;
    fino ad oggi infatti tali valutazioni sono riservate alla giurisprudenza; recentemente la sentenza n. 12408 del 7 giugno 2011 emessa dalla III sezione della Corte di cassazione ha esteso a tutto il territorio nazionale la tabella seguita dal tribunale di Milano (da tempo spontaneamente adottata da molti altri tribunali), dichiarando che gli importi risarcitori contenuti in quella tabella rappresentano il valore da ritenersi equo. Tale orientamento è stato confermato dalle sentenze Cass. civ. sez. III, 30 giugno 2011, n. 14402, Cass. civ., Sez. III, 11 maggio 2012, n. 7272, e dall'ordinanza 4 gennaio 2013, n. 134;
    in particolare, con la sentenza n. 12408 del 2011 la Corte di cassazione ha ritenuto le tabelle elaborate dall'Osservatorio sulla giustizia civile del tribunale di Milano le più «congrue» sia per il metodo di calcolo, sia per i valori risarcitori; va rilevato, inoltre, che le suddette tabelle rappresentavano e rappresentano ancora il frutto di un annoso e meditato dibattito dottrinale e giurisprudenziale in tema di danno alla persona;
    lo schema di decreto del Presidente della Repubblica di cui agli articoli 138 e 139 del decreto legislativo n. 209 del 2005 all'attenzione dell'Esecutivo, risulta essere profondamente penalizzante nei confronti delle vittime, in quanto produrrebbe, rispetto alle tabelle elaborate dall'Osservatorio sulla giustizia civile del tribunale di Milano, una consistente riduzione del risarcimento del danno biologico;
    per questo motivo si sono avute forti reazioni da parte delle molte associazioni dei consumatori e dei familiari delle vittime di incidenti stradali che ritengono il provvedimento fortemente lesivo del diritto di tutti i danneggiati ad un adeguato e dignitoso risarcimento dei danni subiti;
    sullo schema di decreto del Presidente della Repubblica si è espresso in sede consultiva il Consiglio di Stato, con il parere reso all'adunanza generale in data 8 novembre 2011, rilevando che potrebbero derivare possibili effetti distorsivi connessi all'applicazione ai soli sinistri stradali degli indici parametrici di cui alle tabelle, rispetto ad analoghe situazioni di lesioni, non intervenute nell'ambito della circolazione stradale, chiedendo al Ministero di valutare l'opportunità di un'eventuale modifica normativa;
    pertanto, alla luce della delicatezza e dell'importanza del tema, che incide su diritti costituzionalmente garantiti, si reputa indispensabile per il Parlamento promuovere un approfondimento della materia, nei suoi vari aspetti, sociali, sanitari, economico-finanziari, e un proficuo confronto sia con il Governo che con tutti i soggetti coinvolti, mediante un'indagine conoscitiva e lo svolgimento di specifiche audizioni, che tengano conto della giurisprudenza della Corte di cassazione e dell'importanza che riveste oggi in tale settore l'utilizzo, come parametro di riferimento, dei valori risarcitori previsti nelle tabelle del tribunale di Milano;
    questa urgenza è resa ancor più necessaria dalla circostanza che sullo schema di decreto del Presidente della Repubblica non è previsto un parere delle competenti commissioni parlamentari, dal momento che sarà emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
    inoltre, l'approfondimento suddetto risulta necessario in virtù della sopravvenienza normativa costituita dalla disposizione di cui all'articolo 3, comma 3, del decreto-legge n. 158 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 189 del 2012, che in materia di responsabilità professionale ha specificato che il danno biologico conseguente all'attività dell'esercente la professione sanitaria è risarcito sulla base delle tabelle di cui ai già citati articolo 138 e 139 del decreto legislativo n. 209 del 2005,

impegna il Governo:

ad adottare il decreto del Presidente della Repubblica recante la tabella delle menomazioni all'integrità psicofisica di cui in premessa, considerata l'importanza di uno strumento che garantisca certezza e uniformità valutativa al risarcimento del danno, solo successivamente ad un rapido, ma approfondito esame della materia da parte delle competenti Commissioni parlamentari, che potranno eventualmente disporre un'indagine conoscitiva sull'argomento, con particolare riguardo al valore pecuniario attribuito ad ogni singolo punto di invalidità, alle modalità di adeguamento periodico della stessa e alle conseguenze sui premi delle polizze, al fine di garantire un giusto risarcimento alle vittime di gravi handicap psicofisici.
(1-00103)
(Nuova formulazione) «Costa, Sisto, Baldelli, Abrignani».
(17 giugno 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    il Governo sta predisponendo lo schema di decreto del Presidente della Repubblica contenente la tabella delle menomazioni all'integrità psicofisica comprese tra dieci e cento punti, prevista dall'articolo 138 del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209;
    la tabella dovrà riportare il valore pecuniario da attribuire ad ogni singolo punto di invalidità tra dieci e cento punti, comprensiva dei coefficienti di variazione corrispondenti all'età del soggetto leso, analogamente a come è già previsto per le lesioni di lieve entità, cioè comprese tra uno e nove punti di invalidità, dall'articolo 139 dello stesso codice delle assicurazioni private, a decorrere dal marzo del 2012;
    l'emanazione delle tabelle nasce dalla richiesta delle vittime di ottenere un sistema risarcitorio uniforme su tutto il territorio nazionale, posto che, sino a quando l'entità del risarcimento del danno ad esse riconosciuto era affidato unicamente alla discrezionalità dei giudici, venivano a crearsi delle discriminazioni de facto tra residenti nel sud Italia e residenti nelle regioni del Nord, a causa dell'estrema variabilità degli importi riconosciuti;
    sino ad oggi, nelle more dell'emanazione della tabella, si è proceduto ad un'unificazione dei parametri applicando su tutto il territorio nazionale le cosiddette tabelle del tribunale Milano, riconosciute da una sentenza della Corte di cassazione del 2011 quali quelle che meglio rappresentavano il principio di equità nel risarcimento del danno alla salute e all'integrità psicofisica;
    il fenomeno degli incidenti stradali nel nostro Paese, pur essendo lievemente in calo, comporta ancora costi altissimi in termini di vite umane e di danni alla salute, nonché in termini di costi sociali che ne conseguono, stimati in circa trenta miliardi di euro all'anno;
    si pensi che, a tutt'oggi, sulle nostre strade ogni giorno vengono ferite in media ottocento persone, mentre undici perdono la vita, e una percentuale molto elevata di queste vittime interessa i più giovani;
    se si considera che ogni anno il risultato di questo terribile flagello sono migliaia di persone che perdono un proprio caro o che sono condannate alla disabilità permanente, ci si rende conto come già di per sé la quantificazione di un simile danno sia di grandissima difficoltà, posto che alcuna cifra potrà mai degnamente ripagare le vittime;
    peraltro, il diritto che viene ad essere leso non è solo quello alla salute ed all'integrità psicofisica, bensì anche quello al lavoro, considerato che molte vittime, a causa delle menomazioni subite, non riescono più a svolgere il proprio lavoro;
    sembra che nella tabella allo studio del Governo i parametri di riferimento per la liquidazione dei danni siano di entità inferiore a quelli applicati sinora nel rispetto delle tabelle del tribunale Milano;
    questo si tradurrà in un danno ulteriore a carico delle vittime di incidenti, già gravate, peraltro, anche sul versante giudiziario dalla mancanza di effettività della pena in grande parte dei procedimenti giudiziari che riguardano gli omicidi colposi per violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale;
    inoltre, procedere proprio in un momento di crisi economica, come quello che il nostro Paese sta attraversando, ad una riduzione dell'entità dei risarcimenti penalizzerà, in modo ingiustificabile, doppiamente proprio le persone che non possono più lavorare a causa dei danni riportati,

impegna il Governo:

   ad assicurare, nell'approvazione della tabella di cui in premessa, che essa non comporti una riduzione dei parametri sin qui applicati, nel rispetto, da un lato, della citata sentenza della Corte di cassazione, e, dall'altro, delle vittime degli incidenti e dei loro diritti costituzionalmente riconosciuti;
   a promuovere iniziative di sensibilizzazione al tema delle conseguenze derivanti dagli incidenti stradali, anche evidenziando il disvalore sociale della guida irresponsabile e pericolosa.
(1-00104)
«Giorgia Meloni, Cirielli, La Russa».
(17 giugno 2013)

MOZIONI CONCERNENTI MISURE PER IL RILANCIO DELL'OCCUPAZIONE GIOVANILE

   La Camera,
   premesso che:
    fra i segnali più indicativi, sul piano economico e sociale, della gravità dell'attuale crisi economico-finanziaria che sta vivendo l'Unione europea, il più evidente risulta la crescita del tasso di disoccupazione;
    particolarmente preoccupante è l'andamento della disoccupazione giovanile: nel marzo 2013 ben 5,7 milioni di giovani, di cui 3,6 milioni nell'area euro, erano privi di lavoro. Il tasso di disoccupazione giovanile ha superato il 23,5 per cento nell'Europa a 27 e il 24 per cento nell'area euro, in aumento di 1,5 punti percentuali su base annua;
    la situazione, addirittura drammatica in Grecia, dove il tasso di disoccupazione giovanile tocca quasi il 60 per cento, e in Spagna (oltre il 55 per cento), appare tuttavia ormai insostenibile anche in Italia: nel nostro Paese il tasso di disoccupazione giovanile ha, infatti, toccato il 40,5 per cento;
    i dati sono ancora più allarmanti nelle aree in ritardo di sviluppo, dove l'elevatissimo tasso di disoccupazione giovanile si inserisce in un contesto già profondamente segnato dal disagio economico e sociale, acuendo i rischi di tensioni e conflittualità;
    la crescente difficoltà di trovare occasioni di lavoro stabili e regolari priva le giovani generazioni del diritto di guardare al proprio futuro con ragionevoli aspettative di realizzazione e li costringe a un'umiliante condizione di vulnerabilità, incertezza e precarietà e di dipendenza economica dalle famiglie di origine;
    non possono esservi solide prospettive di ripresa economica e di crescita se le giovani generazioni sono costrette a una condizione di inattività; significativa, al riguardo, è la crescita costante della percentuale di giovani che appaiono totalmente privi di fiducia nel loro avvenire non lavorando e non partecipando a nessun ciclo di formazione e istruzione (i cosiddetti neet): nell'Unione europea si tratta ormai di circa il 13 per cento dei giovani compresi tra i 15 e i 29 anni;
    le dimensioni del fenomeno impongono l'immediata adozione di misure appropriate, per entità delle risorse da stanziare e per la necessità di invertire rapidamente le tendenze in atto, al fine di allargare la base occupazionale, di offrire alle giovani generazioni credibili prospettive di formazione e di lavoro stabile e non precario, attraverso quelle reali politiche attive del lavoro che sono elemento essenziale del rilancio del modello sociale europeo;
    in questa materia l'adozione di iniziative a livello europeo risulta imprescindibile, in primo luogo perché l'esperienza ha dimostrato che non è possibile affidare alle limitate forze dei singoli Stati membri il compito di affrontare un'emergenza che ha assunto ormai le dimensioni cui si è fatto riferimento a prescindere da una strategia complessiva ed organica. Ciò vale, in particolare, per i Paesi i cui margini di intervento finanziari sono particolarmente ristretti per i vincoli derivanti dall'obbligo di perseguire politiche di risanamento del bilancio pubblico. In secondo luogo, non va sottovalutato il rischio che l'assenza di adeguate risposte da parte dell'Unione europea alimenti anche nelle giovani generazioni la disaffezione, già ampiamente diffusa, nei confronti delle istituzioni europee e mini la fiducia nel progetto dell'integrazione europea, che si aggiunge al rischio socio-politico già evidenziato dalla fase recessiva. Ciò sarebbe particolarmente grave, stante il fatto che le giovani generazioni sono quelle che hanno una più elevata consapevolezza dell'identità europea e appaiono più propense alla mobilità e allo scambio di esperienze formative e di lavoro: una mobilità che necessità di adeguato sostegno, con particolare riferimento ai programmi di scambio come il programma Erasmus (che attualmente rappresenta appena lo 0,35 per cento del budget europeo, che a sua volta rappresenta circa l'1 per cento del prodotto interno lordo europeo). In terzo luogo, il differenziale tra le condizioni occupazionali per i giovani all'interno dell'Unione europea (dal 59,1 per cento della Grecia al 7,6 per cento di Austria e Germania) può alimentare le frizioni interne che mettono a repentaglio la tenuta e la solidità dell'Unione stessa;
    nel dicembre del 2012 la Commissione europea ha delineato, con il Youth employment package, una strategia volta a contrastare la disoccupazione giovanile e l'esclusione sociale attraverso una serie di misure dirette a promuovere l'offerta di lavoro, l'istruzione e la formazione, raccomandando l'impegno degli Stati membri a tradurre concretamente, per quanto di loro competenza, le indicazioni fornite;
    il Consiglio europeo ha successivamente stanziato 6 miliardi di euro, nell'ambito del quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020, allo scopo di sostenere le misure in materia di occupazione giovanile proposte dalla Commissione europea nel dicembre 2012, con particolare riguardo al progetto denominato Youth guarantee;
    tale progetto, ispirato alle esperienze di alcuni Paesi (come Austria e Finlandia), è diretto a sostenere l'investimento nel capitale umano dei giovani fino ai 25 anni, al fine di conseguire gli obiettivi previsti dalla strategia «Europa 2020»: un tasso di occupazione del 75 per cento; il 40 per cento di laureati nella fascia tra 30 e 34 anni; un tasso di dispersione scolastica al di sotto del 10 per cento e la sottrazione alla povertà e all'esclusione sociale di 20 milioni di persone all'interno dell'Unione europea;
    le iniziative finora adottate richiedono, come prospettato dall'Unione europea, una forte mobilitazione degli Stati membri (i Governi dell'Unione europea si sono impegnati a istituire programmi nazionali di Youth guarantee sulla base del modello sociale comunitario) e delle parti sociali secondo una logica di partenariato attivo;
    come notato nel memo della Commissione europea «EU measures to tackle youth unemployment» del 28 maggio 2013, il costo dell'adozione di queste misure è molto più basso del costo dell'inazione, per le condizioni economiche presenti e per i rischi conseguenti di esclusione, povertà e salute;
    il prossimo Consiglio europeo del 27 e 28 giugno 2013 dovrebbe dedicare un'attenzione particolare a questo tema, anche a seguito delle sollecitazioni e delle iniziative adottate al riguardo da diversi Paesi, tra cui in particolare l'Italia,

impegna il Governo:

   a intervenire, in occasione del prossimo Consiglio europeo, per verificare la possibilità di stanziare ulteriori risorse nell'ambito del fondo sociale europeo per il finanziamento di progetti volti a contrastare in maniera efficace la disoccupazione giovanile attraverso l'offerta di lavoro stabile e regolare e a sostenere programmi di elevata qualità di istruzione e formazione per i giovani adeguati alle esigenze più avanzate del mercato del lavoro, verificando in questo contesto anche l'adeguata implementazione dei programmi per la mobilità, con particolare riferimento a Eures e al programma Erasmus for all, volto a supportare le opportunità di studio, formazione e volontariato all'estero per 4 milioni di europei dal 2014 al 2020, con un budget complessivo di 14,5 miliardi di euro (il doppio dei programmi attuali);
   a ottenere che la quota parte delle risorse spettante all'Italia nell'ambito dello stanziamento complessivo di 6 miliardi di euro per la Youth employment initiative possa essere impegnato nella massima misura possibile già nel 2014;
   a promuovere con urgenza le misure necessarie in materia di adattamento dei centri per l'impiego (attraverso cui, secondo alcune stime, attualmente trovano lavoro solo il 2,7 per cento dei giovani) per supportare al meglio le iniziative a favore dell'occupazione giovanile;
   a manifestare l'esigenza di un più stretto collegamento tra le politiche attive del lavoro e il circuito scuola-università-lavoro, utilizzando le sinergie nell'ambito del fondo sociale europeo per portare il livello di istruzione italiano all'altezza delle esigenze del sistema produttivo e per abbattere il «costo dell'ignoranza», ovvero il divario che impedisce all'Italia una piena partecipazione a una società europea della conoscenza, intervenendo, in particolare, sugli elementi essenziali per conseguire gli obiettivi europei della «strategia 2020» in merito al livello di laureati nella popolazione adulta e alla riduzione della dispersione scolastica, favorendo azioni mirate di sostegno al diritto allo studio e l'avvio di un piano nazionale per l'edilizia scolastica;
   a impegnarsi, nel contesto delle misure del pacchetto e di un generale orientamento sul capitale umano come base per crescita attraverso la creazione di un circuito virtuoso europeo tra formazione e impresa, a promuovere l'entrata in vigore entro l'estate 2013 dell'alleanza europea per l'apprendistato, volta a promuovere i programmi di apprendistato che hanno avuto maggior successo e a sviluppare curricula comuni per le professioni e adeguati sistemi di riconoscimento degli apprendistati effettuati all'estero;
   a valutare la possibilità di promuovere a livello europeo l'introduzione di misure premiali e/o sanzionatorie con riferimento all'impiego delle risorse utilizzabili allo scopo, per cui una quota dei fondi disponibili verrebbe assegnata ai Paesi che conseguono gli obiettivi stabiliti e la parte non utilizzata di risorse preassegnate sarebbe revocata se non utilizzata, in questo modo introducendo un meccanismo volto a responsabilizzare gli Stati membri ad impiegare rapidamente e in maniera efficace le risorse a disposizione;
   ad adottare sul piano nazionale tutte le iniziative necessarie per realizzare al più presto progressi concreti e apprezzabili in materia (con particolare riferimento alla possibilità di defiscalizzazione per le assunzioni dei giovani a tempo indeterminato da parte delle imprese), anche utilizzando quota parte delle risorse ancora disponibili e non impegnate relative alle politiche di coesione per il periodo 2007-2013, oltre che quelle previste per il periodo 2014-2020, come prospettato dal Consiglio europeo del 22 maggio 2013.
(1-00070)
(Nuova formulazione) «Ascani, Rostellato, Calabria, Tinagli, Scotto, Prataviera, Giorgia Meloni, Alfreider, Speranza, Bonomo, Boschi, Bosco, Braga, Capozzolo, Chaouki, Cimbro, Coccia, Cominelli, Crimì, Culotta, Marco Di Maio, Donati, Fanucci, Fedriga, Gadda, Gregori, Gribaudo, Laforgia, Lattuca, Lotti, Madia, Moretto, Moscatt, Narduolo, Paris, Picierno, Giuditta Pini, Quartapelle Procopio, Raciti, Rampi, Scopelliti, Tentori, Ventricelli, Zardini, Manzi, Damiano, Rizzetto, Baldassarre, Ciprini, Pinna, Giammanco, D'Incecco, Cardinale, Costantino, Ricciatti, Dorina Bianchi, Antezza, Boccuzzi, Miotto».
(5 giugno 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    l'Unione europea ha recentemente lanciato un'importante iniziativa a favore dell'occupazione giovanile, mirata, in particolare, a favorire l'integrazione nel mercato del lavoro di giovani disoccupati al di fuori di ogni ciclo di istruzione e formazione, i cosiddetti neet, nelle regioni dell'Unione europea con un tasso di disoccupazione giovanile, nel 2012, superiore al 25 per cento. Si tratta della cosiddetta garanzia per i giovani (youth guarantee), il nuovo pacchetto occupazionale europeo;
    la principale novità è legata all'istituzione di un fondo europeo di garanzia per l'occupazione giovanile, circa sei miliardi di euro dal 2014 al 2020, dei quali 3 miliardi di euro provenienti da una linea di bilancio specifica e gli altri 3 miliardi di euro dal Fondo sociale europeo. I fondi destinati all'iniziativa intendono rafforzare e accelerare le misure descritte nel pacchetto per l'occupazione giovanile del dicembre 2012. Tali fondi verranno messi a disposizione degli Stati membri per finanziare, nelle regioni per le quali è ammessa la contribuzione, misure attuative della raccomandazione relativa alla garanzia per i giovani concordata nell'ambito del Consiglio dei ministri del lavoro e degli affari sociali dell'Unione europea del 28 febbraio 2013;
    va ricordato che l'Italia rientra, purtroppo, nei parametri fissati di accesso al fondo. Infatti, secondo quanto riportano i dati Istat, nel gennaio 2013 il tasso di disoccupazione per i 15-24enni è salito al 38,7 per cento rispetto al 37,1 per cento del dicembre 2012. In particolare, il fenomeno dei neet in Italia è cresciuto esponenzialmente. Stando al Rapporto sul benessere equo e sostenibile del 2013, nel 2009, anno di inizio della crisi, i neet erano il 19,5 per cento, mentre in due anni, nel 2011, sono cresciuti di oltre tre punti percentuali, raggiungendo il 22,7 per cento. Il dato sui neet è particolarmente allarmante in quanto spia di un disagio estremo, prima di tutto psicologico, che diventa particolarmente acuto se si considera che tra tutti i neet, l'8,8 per cento è costituito da laureati che, quindi, non possono neppure accedere ad un livello più alto di formazione per potersi rimettere in gioco. Del resto, gli strumenti comunitari di garanzia per i giovani sono già attivi in alcuni Stati membri, come la Svezia e la Finlandia, e si sono dimostrati particolarmente positivi nel rilancio del mercato del lavoro dei giovani;
    l'esperienza della partecipazione italiana agli strumenti finanziari europei dimostra come sia assolutamente necessario approntare meccanismi di coordinamento a livello nazionale e territoriale in grado di operare a livello di sistema Paese, per ottenere i massimi benefici in termini di messa in atto delle politiche europee;
    la garanzia per i giovani dovrebbe essere rivolta, in particolare, a tutti i giovani compresi nella fascia di età dai 15 ai 29 anni che hanno appena terminato gli studi, hanno perso un lavoro, sono inseriti in percorsi formativi e di apprendistato, nel rispetto delle definizioni stabilite dalla normativa europea. A differenza della proposta comunitaria, che fissa il limite di 25 anni per i giovani che possono accedere agli schemi di garanzia per i giovani, tali misure andrebbero estese fino ai 29 anni, in virtù della particolare configurazione demografica del nostro Paese e visto che tale limite è quello utilizzato dai principali istituti di statistica per inquadrare la problematica dei neet in Italia,

impegna il Governo:

   a riconoscere l'estrema importanza degli strumenti comunitari messi in atto per il rilancio dell'occupazione giovanile, mirati, in particolare, a favorire l'integrazione nel mercato del lavoro di giovani disoccupati al di fuori di ogni ciclo di istruzione e formazione (neet);
   a mettere in campo tutte le misure necessarie a recepire il sistema europeo di garanzia per i giovani, istituendo una serie di meccanismi d'intervento differenziati su più livelli, e, quindi: a) misure di contrasto alla dispersione scolastica e di sostegno al rientro nei percorsi di studio; b) misure a sostegno dell'inserimento lavorativo dei giovani diplomati e laureati; c) contrasto alla segmentazione generazionale del mercato del lavoro e della segregazione di genere;
   a potenziare ed armonizzare il ruolo dei centri per l'impiego, e di tutti gli strumenti per le politiche attive sul lavoro, su tutto il territorio nazionale, rafforzandone le prerogative e istituendo una figura professionale di consulenza in materia di politiche europee per l'occupazione, attivazione dei fondi specifici e orientamento mirato;
   ad attivare adeguate sedi di confronto con i rappresentanti delle regioni e delle amministrazioni locali nonché con le organizzazioni sindacali dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative su base nazionale, al fine di predisporre un'azione coordinata e condivisa per dare attuazione alle misure volte a favorire l'occupazione giovanile previste dal programma di garanzia per i giovani;
   a valutare la possibilità di assumere le necessarie iniziative per istituire, al più presto e in armonia con le previsioni di bilancio, un fondo nazionale per l'attuazione della garanzia per i giovani, composto dalla quota assegnata al nostro Paese da parte del fondo europeo di garanzia per i giovani e da ulteriori risorse previste anche da altre linee di intervento comunitarie, nel quadro della programmazione 2013-2020;
   ad assumere iniziative per dare vita alla defiscalizzazione ed alla decontribuzione delle nuove assunzioni a tempo indeterminato per i giovani per un periodo adeguato.
(1-00034)
(Ulteriore nuova formulazione) «Gregori, Rizzetto, Polverini, Epifani, Speranza, Damiano, Ferro, Miccoli, Bellanova, Pastorino, Carella, Casellato, Carnevali, Culotta, Cinzia Maria Fontana, Tino Iannuzzi, Giuseppe Guerini, Gribaudo, Lorenzo Guerini, Guerra, Marco Di Maio, Antezza, Moretto, Cominelli, Moscatt, Ascani, Bonomo, Narduolo, Quartapelle Procopio, Raciti, Baruffi, Faraone, Paris, Giorgio Piccolo, Gnecchi, Madia, Tentori, Zappulla, Albanella, Pizzolante, Coccia, Boccuzzi, Martelli, Rigoni».
(8 maggio 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    la crisi dell'occupazione giovanile, inasprita dalla crisi globale economica e finanziaria, si rispecchia nell'alto tasso di disoccupazione, nella scarsa qualità dell'offerta di lavoro per i giovani e nell'ingresso lento e tardivo nel mercato del lavoro a condizioni dignitose;
    nel 2012, quasi 75 milioni di persone giovani nel mondo sono risultate fuori dal mercato del lavoro, 4 milioni in più rispetto al 2007; più di 6 milioni di loro, inoltre, hanno smesso di cercare lavoro;
    i dati del primo trimestre 2013 non sono più confortanti: nel marzo 2013 5,7 milioni di giovani erano privi di occupazione, dei quali 3,6 milioni nell'area euro; il tasso di disoccupazione giovanile ha registrato un più 23,5 per cento nell'Europa a 27 ed un 24 per cento pieno nell'area euro, in aumento di 1,5 punti percentuali su base annua;
    per affrontare il problema occorrono misure urgenti ed innovative, affinché nel lungo periodo non si erediti una generazione persa con relative problematiche socio-economiche-assistenziali;
    la carenza di posti di lavoro regolari e stabili impedisce alle giovani generazioni di pianificare il proprio futuro, relegandoli ad una permanente condizione adolescenziale di dipendenza dalle proprie famiglie;
    nelle conclusioni della Conferenza internazionale del lavoro 2012 è emersa l'urgenza di promuovere politiche macroeconomiche a favore dell'occupazione e incentivi fiscali che supportino una maggiore domanda aggregata e aumentino gli investimenti produttivi che migliorano la capacità di creare posti di lavoro e l'accesso al credito;
    in particolare, il rapporto della Commissione sull'occupazione giovanile ha rilevato l'urgente bisogno, per promuovere e mantenere posti di lavoro dignitosi e produttivi per i giovani, di invertire la tendenza, perché le politiche macroeconomiche messe in campo sono state inefficaci e non hanno portato un numero sufficiente di posti di lavoro, in generale, e per i giovani, in particolare;
    le recenti dichiarazioni del Ministro per la coesione territoriale, Carlo Trigilia, di destinare 1 miliardo di euro dei fondi dell'Unione europea in favore del lavoro dei giovani, ma solo al Sud del Paese, non lasciano supporre alcun cambio di rotta nelle strategie occupazionali;
    il Ministro, infatti, nel corso dell'audizione parlamentare del 12 giugno 2013, ha illustrato l'obiettivo del Governo di creare 50 mila nuovi posti di lavoro grazie alla decontribuzione e condizioni per ulteriori 100 mila giovani di avvicinarsi all'attività di impresa attraverso tirocini, incentivi all'imprenditorialità o alla formazione di cooperative, ma soltanto nelle regioni Campania, Calabria e Puglia;
    la scelta di assegnare, nel quadro di un'azione di riprogrammazione delle risorse dei fondi europei a rischio disimpegno, solo al Mezzogiorno le risorse per il lavoro è, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, palesemente discriminante ed irresponsabile nei confronti dei tanti giovani disoccupati del Nord,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative per garantire l'uniformità di trattamento sul territorio nazionale – in termini di agevolazioni, esenzioni ed incentivi – a tutti i giovani disoccupati del nostro Paese ed alle imprese che intendano ampliare la base occupazionale, senza priorità alcuna ai lavoratori/disoccupati del Mezzogiorno.
(1-00105)
«Prataviera, Fedriga, Allasia, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Rondini».
(17 giugno 2013)

   La Camera,
   premesso che:
    la pesante crisi economica che l'Europa sta attraversano colpisce in modo particolarmente duro i giovani. Dati recenti parlano di 5,7 milioni di giovani che non lavorano in Europa: di questi, 3,6 milioni si concentrano nell'area euro;
    a questo fenomeno si aggiunge quello altrettanto preoccupante dei cosiddetti neet (not in education, employment or training), i giovani tra i 15 ed i 29 anni che non studiano e non lavorano;
    molti studi informano che in Europa circa 14 milioni di giovani possono essere considerati a tutti gli effetti neet. Si tratta di una cifra impressionante, pari al totale della popolazione di vari Stati componenti l'Unione europea;
    in Italia il tasso di disoccupazione giovanile ha toccato ormai quota 40,5 per cento, ma ha superato il 50 per cento nelle aree del Mezzogiorno, con alcune punte ancora maggiori in varie zone del Sud del nostro Paese. I neet italiani, invece, sono circa 2,2 milioni;
    sommando le due tipologie di giovani non occupati risulta che il costo stimato della disoccupazione giovanile si aggira intorno ai 32 miliardi di euro;
    oltre ai costi economici, però, la disoccupazione di larga parte della popolazione giovanile, sia europea sia italiana, ha pesanti ricadute negativi anche in campo sociale e politico, allontanando drasticamente i giovani dalle istituzioni e rendendo sempre più difficile una loro emancipazione dalle famiglie di origine;
    per contrastare questo preoccupante fenomeno, l'Unione europea si è attivata mettendo in atto concrete politiche di contrasto alla disoccupazione che tentano di consentire un maggiore e più rapido inserimento dei giovani nel mercato del lavoro;
    strumento principale di questa azione europea è la misura detta Youth guarantee, che mette per ora a disposizione sei miliardi di euro per le regioni europee che abbiano un tasso di disoccupazione giovanile molto alto, al fine di reinserire i giovani in percorsi di studio o nel mercato del lavoro in tempi molto brevi. Si sta cercando di ottenere un aumento delle risorse messe a disposizione da questa misura;
    le iniziative europee, però, da sole non bastano. La stessa Unione europea, infatti, ha chiesto un importante impegno dei singoli Stati membri nell'azione di affiancamento di quanto messo in campo dalle istituzioni sovranazionali;
    per quel che riguarda in particolare l'Italia, ed ancor più il Mezzogiorno del nostro Paese, le misure comprese nella Youth guarantee, ed anche tutti gli altri provvedimenti quali la riduzione del cuneo contributivo e fiscale e quelli finalizzati al sostegno della domanda, sono certamente importanti, ma non portano a risultati immediati;
    è, invece, di tutta evidenza il fatto che in Italia sia necessario mettere in campo in tempi brevissimi concrete misure di sostegno all'occupazione giovanile;
    la cosiddetta «staffetta generazionale» appare strumento estremamente utile per affrontare con decisione una situazione che, se è difficile ovunque, è particolarmente tragica nel Mezzogiorno d'Italia, cronicamente afflitto dal fenomeno della disoccupazione ed ora colpito con particolare durezza dalla crisi che si sta vivendo;
    la staffetta generazionale non è certo un'idea peregrina o utopistica. Infatti, già la cosiddetta «legge Treu», la legge n. 196 del 1997, all'articolo 13, comma 4, lettera b), stabiliva che la maggiore misura della riduzione delle aliquote contributive prevista si applica ai «contratti di lavoro a tempo parziale in cui siano trasformati i contratti di lavoro intercorrenti con lavoratori che conseguono nei successivi tre anni i requisiti di accesso al trattamento pensionistico, a condizione che il datore di lavoro assuma, con contratti di lavoro a tempo parziale e per un tempo lavorativo non inferiore a quello ridotto ai lavoratori predetti, giovani inoccupati o disoccupati di età inferiore a trentadue anni»;
    successivamente, molte sono state le proposte per migliorare l'istituto della staffetta tra generazioni nel mondo del lavoro e oggi essa viene sperimentata in regioni quali il Piemonte, la Lombardia, l'Emilia-Romagna, mentre è utilizzata con successo in vari Stati europei, tra i quali la Germania, laddove lo Stato ha accettato di aiutare chi voleva lasciare il lavoro, per farsi sostituire da un giovane, riconoscendo i contributi figurativi mancanti per il raggiungimento della pensione;
    già il Presidente del Consiglio dei ministri Letta, nel suo discorso alla Camera dei deputati del 29 aprile 2013, in occasione del voto di fiducia al nuovo Governo, aveva fatto un accenno a questo strumento utile per affrontare la situazione;
    la staffetta generazionale è stata poi ripresa ed approfondita dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali Enrico Giovannini nelle successive audizioni in Commissione lavoro del Senato, il 14 maggio 2013, e della Camera dei deputati, il giorno successivo;
    il Ministro del lavoro e delle politiche sociali non ha nascosto le difficoltà che si possono incontrare nell'attuazione di questa misura di contrasto immediato alla disoccupazione dei giovani, ma ha dichiarato che potrebbe avere dei vantaggi importanti;
    non appaiono sinceramente fondate le obiezioni di vari tecnici, che sembrano ispirarsi più a pregiudizi che a fattori concreti;
    appare difficile, infatti, negare che l'introduzione della staffetta tra generazioni non comporti, se, ovviamente, non lasciata isolata e con un attento studio dei costi e dei benefici, effetti positivi sull'occupazione ed anche sul piano macroeconomico e su quello delle imprese;
    la staffetta tra generazioni non intende in alcun modo espellere i lavoratori anziani dal mercato del lavoro, contro la loro volontà. Non si tratterebbe di un'espulsione coatta ma di un incentivo a lasciare il lavoro o ad accettare un part time, favorendo l'inserimento di un giovane;
    inoltre, si è detto sino a poco tempo fa che la riforma che ha ritardato la pensione anche di cinque anni ha imposto un pesante sacrificio ai lavoratori. Ora, invece, si afferma che mandare in pensione in anticipo lavoratori anziani, che si ritirerebbero due o tre anni prima del previsto, sarebbe un sacrificio. Appare evidente che le due tesi non stanno insieme e che l'illogicità ne mostra la debolezza concettuale e concreta;
    si afferma, inoltre, che l'andare in pensione più tardi non sottragga posti di lavoro ai giovani, e che anzi pesi meno sul sistema previdenziale in modo da liberare risorse utili a costruire nuovi posti di lavoro. Anche qui la logica del ragionamento appare quantomeno labile. Non è difficile immaginare che, al contrario, se una quota di anziani accettasse di andare in pensione prima del tempo, le aziende potrebbero assumere giovani. Non vi sarebbero, certo, nuovi posti di lavoro ma posti di lavoro per i giovani sì;
    si deve anche ricordare un altro dato: il costo del lavoratore prossimo alla pensione è doppio rispetto a quello di un neo assunto. Incentivando, quindi, la staffetta generazionale si potrebbe raggiungere lo scopo di inserire nel mondo del lavoro due giovani al posto di un anziano;
    ma se anche l'azienda interessata al turn over decidesse di sostituire il lavoratore anziano con un solo giovane, ciò potrebbe ridurre in misura netta il costo del lavoro, con un risultato che in prospettiva sarebbe positivo per la stessa azienda, che diverrebbe maggiormente competitiva, potendosi anche permettere di pagare contributi più alti, con l'evidente recupero dei maggiori oneri contributivi sopportati nell'immediato dal sistema previdenziale per consentire l'uscita anticipata dei lavoratori anziani;
    se, invece, i lavoratori anziani restano sino alla fine al lavoro ed a tempo pieno, si blocca il mercato del lavoro e si chiudono le possibilità per i giovani di iniziare a lavorare presto, rendendo più efficiente e produttiva l'azienda;
    se è vero che gli anziani non possono essere sostituiti da un giorno all'altro dai giovani, che non hanno la loro, indispensabile, esperienza lavorativa, è anche vero che la staffetta generazionale, con un'introduzione del part-time, consentirebbe il giusto mix tra esperienza e freschezza necessario per il progresso dell'azienda;
    il brusco aumento dell'età pensionabile che, in alcuni casi, è passata rapidamente da 57 a 67 anni, ha bloccato il turn over e impedito l'immissione annuale di nuovi elementi che assicurassero il naturale ricambio delle compagini aziendali, con effetti prevedibilmente negativi sull'efficienza, sull'innovazione, sulla qualità dei prodotti e sulla capacità produttiva delle aziende;
    nella pubblica amministrazione, inoltre, dove fino al 1994 si andava in pensione con diciannove anni, sei mesi e un giorno (e anche meno in molti casi), il turn over è, sostanzialmente, bloccato da allora con effetti deleteri evidenti;
    a livello macroeconomico, poi, l'assunzione con contratti a tempo indeterminato di un numero di giovani che potrebbe superare i duecentomila avrebbe effetti altamente positivi sui consumi e, soprattutto, sul mercato delle abitazioni e dei beni durevoli che, come è noto, hanno un ruolo trainante e possono rimettere in moto tutto il processo produttivo;
    inoltre, la staffetta generazionale potrebbe aiutare i giovani a rendersi autonomi da quella famiglia che sino a poco tempo fa è stato il vero welfare italiano, ma che ora comincia a sentire gli effetti della crisi, dato che anche i genitori, pur non in età pensionabile, vedono messo a rischio spesso il loro posto di lavoro;
    è certamente vero che la staffetta generazionale da sola non risolve il problema complessivo dell'occupazione giovanile, ma – come affermato anche dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali Enrico Giovannini – è necessario evitare che i giovani restino troppo tempo fuori dal mercato del lavoro;
    infine, la staffetta tra generazioni potrebbe essere molto utile nella ricostruzione di un patto tra generazioni evidentemente rottosi per colpa della crisi in corso, ma anche per un insensato clima di scontro tra «giovani» e «vecchi» che ha preso piede negli ultimi venti anni e che ha ritenuto che l'unico modo per aiutare i giovani fosse quello di colpire i vecchi,

impegna il Governo:

   a continuare, come annunciato dal Presidente del Consiglio dei ministri Enrico Letta e dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali Enrico Giovannini, sulla strada della staffetta tra generazioni, quale primo strumento per affrontare la crisi occupazionale giovanile, mettendo in atto tutte quelle iniziative necessarie per consentire un turn over generazionale pacifico, efficiente e capace di dare risposte immediate alle esigenze dei giovani delle aree più svantaggiate del nostro Paese, anche seguendo l'esempio delle regioni che stanno sperimentando concretamente la misura;
   in particolare, in modo da ottenere un risultato quanto più rapido possibile e duraturo, ad adottare, pur nei limiti attuali del bilancio, tutte le iniziative necessarie per la concessione di sgravi alle imprese per le tasse sui contributi figurativi dei lavoratori, evitando, così, il rischio di una totalmente controproducente doppia imposizione;
   ad intervenire, in occasione del prossimo Consiglio europeo del 27 e 28 giugno 2013, dedicato proprio al tema dell'occupazione giovanile, per ottenere un aumento della dotazione del Fondo sociale europeo, in modo da finanziare progetti che favoriscano l'occupazione dei giovani, passo successivo ma indispensabile anche per la riuscita della staffetta tra generazioni;
   ad operarsi in tutte le sedi opportune, a partire dallo stesso Consiglio europeo del 27 e 28 giugno 2013, per ottenere un aumento della dotazione complessiva di 6 miliardi di euro per la Youth guarantee, cifra che, vista la grave situazione in cui versa l'occupazione giovanile in Europa, con Paesi come Spagna e Grecia che vedono percentuali enormi di giovani fuori dal mercato del lavoro, non appare sufficiente per consentire concreti interventi in tutte quelle regioni che ne hanno necessità.
(1-00106)
«Formisano, Pisicchio, Capelli, Lo Monte, Tabacci».
(18 giugno 2013)

INTERPELLANZE URGENTI

A)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   i decreti-legge n. 5 del 2012, n. 83 del 2012 e n. 179 del 2012 hanno dato avvio alla realizzazione dell'Agenda digitale italiana, in coerenza con le indicazioni della comunicazione della Commissione europea relativa all'Agenda digitale europea (COM(2010)245);
   in particolare, il decreto-legge n. 5 del 2012 ha istituito presso il Ministero dello sviluppo economico una cabina di regia interministeriale con il compito di accelerare il percorso di attuazione dell'Agenzia, coordinando gli interventi dei diversi soggetti pubblici; il decreto-legge n. 83 del 2012 ha proceduto all'istituzione di un'Agenzia per l'Italia digitale finalizzata alla promozione della realizzazione dell'Agenda digitale; il decreto-legge n. 179 del 2012 ha inserito nell'ordinamento numerose disposizioni volte a dare attuazione all'Agenda;
   il processo di attuazione dell'impianto normativo sopra richiamato si sta, però, rivelando faticoso: in particolare, l'Agenzia per l'Italia digitale non risulta ancora operativa, non essendone stato emanato il relativo statuto e, in base alle stime compiute, dei quarantasette atti (regolamenti, decreti ministeriali, regole tecniche) di attuazione previsti solo quattro risultano già emanati, pur essendo in molti casi già scaduti i relativi termini;
   a fronte di questa lentezza, l'attuazione dell'Agenda digitale mantiene intatto il suo valore di priorità strategica per il Paese;
   infatti, le rilevazioni di numerose istituzioni internazionali confermano il potenziale impatto economico dello sviluppo delle misure previste dall'Agenda digitale: ad esempio, studi della Banca mondiale evidenziano come un aumento della percentuale di diffusione della banda larga di dieci punti possa generare un aumento di 1,21 punti percentuali del prodotto interno lordo pro capite nelle economie dei Paesi sviluppati;
   nel contesto italiano, appare in particolare urgente una politica di promozione della banda ultralarga che veda un impegno maggiore di quanto finora perseguito nello sviluppo, a fianco della realizzazione delle reti in fibra ottica, dei sistemi di trasmissione wireless, a partire dal sistema che appare più promettente, lte;
   a tal fine, andrebbe agevolato l'utilizzo per tali sistemi delle bande di frequenza fin qui utilizzate per lo spettro radiotelevisivo, in coerenza con le indicazioni dell'Unione europea;
   la promozione dei sistemi wireless richiede anche un ripensamento della disciplina legislativa in materia: infatti, la soppressione per gli esercizi pubblici e i circoli privati dell'obbligo di licenza da parte della questura per l'installazione di zone wi-fi e dell'obbligo di monitoraggio dell'accesso alla rete (obblighi previsti dal decreto-legge n. 144 del 2005, cosiddetto «decreto Pisanu», e soppressi con il decreto-legge n. 225 del 2010) non sembra aver prodotto, in termini di diffusione di tale tecnologia, i risultati sperati; d'altra parte, un'ampia diffusione del wi-fi libero, anche se limitato, può essere un valore aggiunto per l'offerta turistica del nostro Paese, dal momento che molti turisti tendono a privilegiare le zone con copertura wi-fi che permette loro di trovare più facilmente informazioni su internet e rendere la loro esperienza turistica migliore; permane, pertanto, l'esigenza, da un lato, di individuare adeguate misure di incentivazione della diffusione del wi-fi libero e, dall'altro lato, di evitare che vengano richiesti agli utenti delle zone wi-fi forme di identificazione particolarmente complesse e, quindi, disincentivanti all'utilizzo della rete, privilegiando forme di autenticazione federata;
   con riferimento a tale ultimo profilo andrebbe, peraltro, chiarita in modo inequivoco l'avvenuta abrogazione del decreto ministeriale del 16 agosto 2005, contenente tutti gli obblighi di identificazione e monitoraggio degli utenti delle zone wi-fi, in quanto emanato in attuazione del comma 4 dell'articolo 7 del decreto-legge n. 144 del 2005, abrogato dal decreto-legge n. 225 del 2010; conseguentemente, tutti gli obblighi di identificazione e monitoraggio devono intendersi venuti meno;
   un altro aspetto dell'Agenda digitale suscettibile di notevoli sviluppi è rappresentato dalla messa a disposizione, da parte delle amministrazioni pubbliche, dei propri dati in formato aperto e dal loro riutilizzo, attuando e sviluppando le misure già previste dall'articolo 9 del decreto-legge n. 179 del 2012; in particolare, è di fondamentale importanza prevedere che gli stessi sistemi informativi che elaborano i dati all'interno delle pubbliche amministrazioni vengano modificati per aggiungere la funzionalità di esportazione automatica su internet, in modo da evitare che l'obbligo alla trasparenza dei dati in formato aperto si trasformi in un enorme sovraccarico per i dipendenti della pubblica amministrazione –:
   quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo per assicurare una più rapida attuazione dell'Agenda digitale, a partire dall'emanazione dello statuto dell'Agenzia per l'Italia digitale;
   quali siano i motivi, a parere del Governo, per cui, nonostante da molti anni le forze politiche siano tutte concordi nell'affermare che l'informatizzazione e la digitalizzazione siano di fondamentale importanza per il nostro Paese, questo abbia accumulato un enorme ritardo rispetto agli altri Paesi europei e quali siano le contromisure che il Governo ha adottato o intende adottare per evitare che questo ritardo continui ad accumularsi;
   se il Governo non intenda individuare, a fronte dell'organismo tecnico dell'Agenzia, un forte centro di coordinamento politico per l'attuazione dell'Agenda digitale, superando il coordinamento «debole» rappresentato dalla cabina di regia;
   se non si ritenga che, in considerazione del carattere strategico e trasversale rispetto alle competenze dei singoli Ministeri dell'Agenda digitale, tale centro di coordinamento debba essere individuato in apposite strutture della Presidenza del Consiglio dei ministri.
(2-00088)
«Coppola, Parrini, Gelli, Rosato, Bruno Bossio, Magorno, Tullo, Blazina, Bonafè, Capodicasa, Mariastella Bianchi, Lotti, Martelli, Nardella, Cardinale, Vazio, Marantelli, Rughetti, Zanin, Brandolin, Velo, Gozi, Malisani, Rotta, Fregolent, Paolucci, Gandolfi, Mura, Bonaccorsi, Fossati, Rubinato, Luciano Agostini, Pollastrini, Bellanova, Valeria Valente, Stumpo, Zoggia».
(11 giugno 2013)

B)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   la Commissione europea, nel suo ultimo rapporto annuale (digital agenda scoreboard 2013) presentato il 12 giugno 2013 sullo stato di avanzamento dell'Agenda digitale europea, ha stigmatizzato il ritardo del nostro Paese nell'adozione delle nuove tecnologie di rete, sia sull'uso medio di internet che del web e, quindi, ha evidenziato la necessità di colmare il digital divide;
   secondo quanto riportato dalla stampa e dai media nazionali, nell'ambito del cosiddetto «decreto fare», approvato in occasione del Consiglio dei ministri del 15 giugno 2013, sarebbe stata ridefinita la governance dell'Agenda digitale italiana e, sempre da notizie di stampa, si apprende che il dottor Francesco Caio presiederà l'istituenda cabina di regia dell'Agenda digitale italiana;
   in particolare, agli interpellanti risulta che verrebbero apportate significative modifiche al decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, concernenti non solo l'organizzazione dell'Agenzia per l'Italia digitale, ma anche le modalità di nomina del direttore generale e dell'emanazione dello statuto dell'Agenzia;
   da notizie di stampa è emerso che vi è stato un esposto-denuncia contro l'ingegner Agostino Ragosa, inviato alla procura della Repubblica di Roma, ai revisori dei conti dell'Agenzia per l'Italia digitale, alla Consip e alla Presidenza del Consiglio dei ministri, concernente l'operato dell'ingegner Agostino Ragosa;
   il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo ha ricevuto un analogo esposto-denuncia;
   il segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri, dottor Garofoli, ha scritto a tutti i Ministeri perché intervenissero subito in merito all'esposto-denuncia contro l'attuale direttore generale dell'Agenzia per l'Italia digitale, ingegner Agostino Ragosa, per i presunti illeciti di natura penale ed amministrativa;
   non è dato sapere se il collegio dei revisori dei conti dell'Agenzia per l'Italia digitale sia stato interpellato a tal proposito –:
   quali atti urgenti e concreti il Governo intenda adottare per rilanciare il ruolo dell'Agenzia per l'Italia digitale, nel solco dell'attuazione dell'Agenda digitale europea, dotando l'Agenzia di un management che risponda ai criteri di professionalità, buona gestione, merito e trasparenza, così come richiesto dai nostri partner europei.
(2-00097)
«Migliore, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, Di Salvo, Duranti, Daniele Farina, Fava, Ferrara, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Lacquaniti, Lavagno, Marcon, Matarrelli, Melilla, Nardi, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piazzoni, Pilozzi, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Scotto, Zan».
(18 giugno 2013)

C)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   con la legge regionale 12 luglio 2011, n. 11, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale della Regione siciliana n. 30 del 14 luglio 2011, il legislatore regionale siciliano, al fine di favorire lo sviluppo di nuova imprenditorialità giovanile e femminile, ha previsto l'esenzione dall'imposta regionale sulle attività produttive, per i cinque periodi d'imposta a decorrere dalla costituzione o dall'inizio dell'attività, per le nuove imprese giovanili o femminili;
   in mancanza del codice di esenzione nel modello irap/2013, per l'anno d'imposta 2012, pubblicato sul sito dell'Agenzia delle entrate, relativamente alla Regione siciliana, gli ordini siciliani, in data 22 aprile 2013, hanno richiesto alla direzione regionale dell'Agenzia delle entrate l'attivazione del codice;
   il direttore regionale, con nota del 2 maggio 2013, ha risposto affermando che per la decorrenza del provvedimento si era in attesa di un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
   l'assessorato regionale dell'economia ha trasmesso la nota del 22 maggio 2012 al Ministero dell'economia e delle finanze, con la quale si richiede l'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri –:
   se il Governo stia provvedendo a emanare il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, vista l'ormai prossima scadenza per la presentazione dei modelli di dichiarazione dei redditi dei contribuenti interessati.
(2-00095)
«Vecchio, Dellai, Schirò Planeta».
(18 giugno 2013)

D)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nella sua adunanza dell'11 giugno 2013 relativamente al cartello costituitosi sul trasporto marittimo nelle rotte da e per la Sardegna, ha disposto quanto segue:
    a) relativamente alla gravità dell'infrazione, nel richiamare le considerazioni già svolte, si rileva che l'infrazione in esame, in quanto consistita nell'attuazione di una pratica concordata finalizzata ad aumenti del prezzo dei servizi di trasporto via traghetto da e per la Sardegna nel 2011, si connota come una violazione molto grave ai sensi della disciplina antitrust;
    b) l'intesa ha coinvolto le principali rotte di collegamento, in particolare la Civitavecchia-Olbia, la Genova-Olbia e la Genova-Porto Torres, ed ha prodotto rilevanti incrementi dei prezzi, che si sono tradotti in un pregiudizio sia alla collettività dei consumatori, sia, in particolare, per quanto riguarda la Sardegna, in una riduzione del flusso turistico e in un aumento del costo di trasporto delle merci;
    c) l'intesa è stata posta in essere da imprese che complessivamente detengono quote di mercato molto elevate: tra il 35-40 per cento della rotta Civitavecchia-Olbia e l'85-90 per cento della rotta Genova-Olbia nella stagione estiva 2011;
    d) tutto ciò considerato, alla luce degli orientamenti della Commissione per il calcolo delle ammende, la percentuale dell'importo base sanzionatorio va collocata su un livello significativo della forcella da questi prevista, commisurandola al 12 per cento;
    e) per calcolare l'importo base della sanzione si è preso a riferimento il valore delle vendite dei servizi cui l'infrazione si riferisce, ossia il fatturato realizzato dalle parti sulle rotte Civitavecchia-Olbia, Genova-Olbia e Genova-Porto Torres, nell'ultimo anno intero in cui è avvenuta l'infrazione, e cioè il 2011. Nel caso di specie la società Marinvest, in quanto holding di partecipazioni, non risulta avere un fatturato specifico sui mercati interessati. Parimenti, la società Snav ha affermato di non aver realizzato nel 2011 alcun fatturato per servizi di trasporto marittimo passeggeri sulla rotta Civitavecchia-Olbia, in quanto a maggio dello stesso anno ha ceduto tale attività a Gnv;
    f) con riguardo alla durata dell'infrazione, per Moby, Gnv e Marinvest la partecipazione all'intesa deve essere imputata per il periodo compreso tra settembre 2010 e lo stesso mese del 2011. Quanto a Snav occorre osservare che la società ha preso parte all'intesa da settembre 2010 fino a maggio 2011, avendo in tale data ceduto il relativo ramo d'azienda; il periodo di partecipazione all'infrazione è superiore a 6 mesi e, pertanto, ai fini del calcolo della sanzione, esso è considerato equivalente ad un intero anno;
    g) in considerazione della gravità e della durata dell'infrazione, per Moby e Gnv gli importi base sanzionatori risultano rispettivamente pari a 7.803.300 euro e 3.386.850 euro;
    h) al fine di garantire una parità di trattamento di Snav e Marinvest rispetto a Moby e Gnv, per il calcolo delle sanzioni delle prime due si prenderà a riferimento l'incidenza degli importi base calcolati per Moby e Gnv sui fatturati complessivi delle stesse società. Considerato che tali importi corrispondono rispettivamente al 2,7 per cento e all'1 per cento circa dei fatturati totali 2011 di Moby e Gnv, le sanzioni di Snav e Marinvest vengono proporzionate in un'ottica di favore alla minore di tali due percentuali;
    i) con riguardo a Moby e Gnv si osserva che non ricorrono né circostanze aggravanti, né attenuanti. Con riferimento a Snav, si deve invece valutare che la sua partecipazione all'intesa è stata limitata ad una sola rotta, Civitavecchia-Olbia, onde l'importo base della sanzione viene riproporzionato in ragione del peso di tale rotta sul complesso dei mercati interessati, e quindi ridotto del 60 per cento;
    l) infine, in ragione del fatto che dai dati di bilancio disponibili risultano perdite che interessano tutte le società, si ritiene di applicare una riduzione all'importo base della sanzione nella misura del 30 per cento;
   l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha così disposto:
    a) che le società Moby spa, Snav spa, Grandi navi veloci spa e Marinvest srl hanno posto in essere un'intesa finalizzata all'aumento dei prezzi per i servizi di trasporto passeggeri nella stagione estiva 2011 sulle rotte Civitavecchia-Olbia, Genova-Olbia e Genova-Porto Torres;
    b) che le società Moby spa, Snav spa, Grandi navi veloci spa e Marinvest srl si astengano in futuro dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli oggetto dell'infrazione accertata;
    c) che, in ragione della gravità e durata delle infrazioni di cui al punto a) alle società Moby spa, Snav spa, Grandi navi veloci spa e Marinvest srl vengano applicate sanzioni amministrative pecuniarie rispettivamente pari a:
     1) per Moby 5.462.310 euro;
     2) per Gnv 2.370.795 euro;
     3) per Snav 231.765 euro;
     4) per Marinvest 42.575 euro;
   a tale decisione deve immediatamente seguire una puntuale corrispondenza con l'applicazione delle tariffe antecedenti al 2010 e una politica tariffaria in grado di ripristinare la legalità nel trasporto marittimo da e per la Sardegna, passeggeri e merci;
   la società Cin Tirrenia ha aumentato oltremodo tutte le proprie tariffe, sia per quanto riguarda i passeggeri che le merci, con incrementi che raggiungono anche il 100 per cento nell'ultimo anno;
   tali aumenti costituiscono, secondo gli interpellanti, un reiterato tentativo di speculazione ai danni della Sardegna e dei sardi, considerato che negli ultimi anni sono stati persi milioni di passeggeri a favore di altre destinazioni proprio per il grave incremento del costo del trasporto marittimo –:
   se non ritengano di dover individuare e adottare le procedure amministrative e normative per introdurre efficacemente anche sulle rotte marittime l'onere del servizio pubblico;
   se non ritengano di dover individuare e porre in essere le più efficaci e urgenti azioni perché, sin dall'imminente stagione estiva, siano ripristinati i livelli tariffari antecedenti al 2010, a partire dalla decisione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato;
   se non ritengano di dover individuare e attuare percorsi amministrativi o normativi per consentire la restituzione ai passeggeri che hanno dovuto subire gli aumenti illegittimi e arbitrari dell'ammontare della sanzione, secondo un riparto pro quota, degli oltre 8 milioni di euro che lo Stato dovrebbe riscuotere per la violazione delle norme sulla concorrenza;
   se non ritengano di dover individuare ed attivare, con il coinvolgimento delle commissioni parlamentari competenti, un'immediata revisione della convenzione dello Stato con la Cin Tirrenia, considerato che nonostante il contributo annuale di 72 milioni di euro la compagnia di navigazione, anziché calmierare il mercato, è protesa ad un costante aumento ingiustificato del costo del trasporto marittimo;
   se non ritengano di dover intervenire presso la Cin Tirrenia per chiedere la revoca di tutti gli aumenti intervenuti negli ultimi sei mesi;
   se non ritengano di dover individuare e mettere in atto un'azione di costante monitoraggio del livello tariffario applicato dalle compagnie di navigazione da e per la Sardegna.
(2-00099) «Brunetta, Pili, Vella».
(18 giugno 2013)

E)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   il 18 luglio 2012 il Ministero dei trasporti e delle infrastrutture ha stipulato con la Compagnia italiana di navigazione (Cin) apposita convenzione, con termine il 18 luglio 2020, che disciplina obblighi e diritti derivanti dall'esercizio dei seguenti servizi di collegamento marittimo (passeggeri e merci) in regime di servizio pubblico da e per la Sardegna:
    a) prevalente trasporto passeggeri:
     1) Genova-Porto Torres e v.v. (stagionale invernale);
     2) Genova-Olbia-Arbatax e v.v.;
     3) Napoli-Cagliari e v.v.;
     4) Cagliari-Palermo e v.v.;
     5) Cagliari-Trapani e v.v.;
     6) Civitavecchia-Cagliari-Arbatax e v.v.;
     7) Civitavecchia-Olbia e v.v. (stagione invernale);
    b) trasporto merci:
     1) Napoli-Cagliari e v.v.;
     2) Livorno o Genova-Cagliari e v.v.;
   è riconosciuto a Cin un corrispettivo di euro 72.685.642,00 per ciascuno degli 8 anni di durata della convenzione, affinché sia garantito il rispetto degli obblighi di servizio pubblico, imposti in condizione di complessivo equilibrio economico-finanziario della gestione, senza cioè che da ciò possano determinarsi sovra-compensazioni, in linea con quanto previsto dalla normativa comunitaria in materia di compensazione di oneri di servizio pubblico;
   la detta convenzione stabilisce gli assetti cui deve uniformarsi la gestione del servizio stesso da parte della società relativamente alla qualità, al limite massimo delle tariffe da applicare agli utenti, alle modalità stesse della gestione contabile e finanziaria che devono salvaguardare l'equilibrio economico-finanziario di cui alla delibera Cipe n. 111 del 2007;
   eventuali modifiche dell'assetto dei servizi devono essere individuate d'intesa tra Cin e i Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze. Ciascuna parte ha facoltà di proporre modifiche degli assetti convenzionali nei tempi e modi previsti dalla convenzione;
   rispetto alla gestione contabile e finanziaria, è previsto che Cin adotti un sistema di contabilità analitica da cui emergano con chiarezza i centri di costo e di ricavo relativamente a ciascuno dei collegamenti in regime di servizio pubblico. Le risultanze della contabilità analitica così definite vengono trasmesse, entro 60 giorni dall'approvazione del bilancio di esercizio, ai Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze ai fini del controllo circa la correttezza delle imputazioni relative ai servizi di collegamento in regime di continuità territoriale;
   rispetto alla prevista prerogativa di aggiornamento delle tariffe da parte di Cin, è stabilità una specifica procedura che consente ai Ministeri vigilanti (infrastrutture e trasporti ed economia e finanze) di verificare la congruità degli stessi rispetto ai vincoli di cui alla convenzione medesima e alle motivazioni addotte per giustificare gli aggiornamenti stessi;
   la convenzione (articolo 6) prevede che Cin non applichi tariffe superiori a quelle previste nell'allegato A, aggiornabili secondo la procedura che segue, che si riporta integralmente perché fondamentale nel chiarire la fattibilità o meno di interventi risolutori immediati, rispetto alla questione «caro traghetti». Articolo 6, comma 2: «Perentoriamente entro il ventesimo giorno precedente l'inizio di ciascun bimestre, Cin trasmette ai Ministeri vigilanti la rideterminazione delle tariffe massime di cui all'allegato A. Perentoriamente entro i 15 giorni successivi alla detta comunicazione, i Ministeri vigilanti possono richiedere a Cin la sospensione dell'applicazione dell'aggiornamento delle tariffe, individuando contestualmente misure compensative, in termini di revisione degli assetti nautici, di differente articolazione tariffaria o di rideterminazione in aumento o in diminuzione degli oneri di servizio pubblico che fanno salvo l'equilibrio economico-finanziario di cui ai criteri direttiva Cipe. Resta inteso che non potranno comunque essere assentiti aumenti degli oneri del servizio pubblico in misura superiore alle risorse stanziate in bilancio. In caso di mancata richiesta di sospensione o nel caso di richiesta senza l'individuazione di adeguate misure compensative, le tariffe massime sono aggiornate senza ulteriori formalità»;
   Cin dovrebbe dare pubblicità delle tariffe massime applicabili in un'apposita sezione del proprio sito internet;
   nel caso di riduzione delle tariffe massime a seguito di applicazione (ai sensi e nei modi previsti dal citato articolo 6 della convenzione) della sospensione, è fatto obbligo alla società di adeguare i propri listini già con decorrenza dal primo giorno di riferimento, in modo che tutti i prezzi applicati rientrino nei limiti aggiornati;
   ai sensi dell'articolo 8, le parti, con cadenza triennale, possono verificare le condizioni di equilibrio economico-finanziario della convenzione, ridurre il perimetro delle attività sovvenzionate e/o rivedere gli assetti nautici e/o modificare i vincoli tariffari previsti;
   ai sensi dell'articolo 9, è, però, prevista una clausola di salvaguardia che stabilisce che in caso di scostamenti, in eccesso o difetto, dei ricavi e dei costi (al netto di quelli per carburante) da attività superiori al 3 per cento rispetto a quelli previsti nell'allegato B alla convenzione, le parti possono proporre istanza per la verifica delle condizioni di equilibrio economico-finanziario e addivenire a nuovi accordi che le ripristino ai sensi della delibera Cipe n. 111 del 2007;
   affinché i Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze siano messi nella condizione di attivare la detta istanza è prevista, per gli stessi, la possibilità di richiedere, con cadenza semestrale, i relativi dati contabili;
   la legge di conversione del «decreto-legge spending review» ha introdotto la competenza per la regione Sardegna nel procedimento di modifica delle convenzioni di servizio, al quale partecipa con un parere obbligatorio, che si aggiunge alla possibilità di formulare proposte di modifica ai sensi delle norme attuative dello statuto sardo;
   il trasporto passeggeri come quello merci da e per la Sardegna ha visto un notevole incremento delle tariffe anche e oltre il 50 per cento, con ripercussioni negative, evidenti e documentabili, sul generale diritto di accesso al servizio di trasporto marittimo da parte dei sardi. Nei porti di Olbia, Golfo Aranci e Porto Torres, si è realizzato nel 2012, rispetto al 2010, un calo di 2 milioni di passeggeri. Con riferimento ai flussi turistici, la stagione turistica 2013, dopo un 2012 fallimentare, registra un decisivo calo di prenotazioni e presenze;
   sull’import/export delle merci da e per la Sardegna, i rincari relativi alle tariffe per il trasporto delle merci hanno determinato disagi e difficoltà agli operatori economici e, più in generale, ai consumatori, considerati il rialzo dei prezzi dei beni importati in Sardegna;
   dal 1o dicembre 2012 (nella vigenza, quindi, della nuova Convenzione) si sono susseguiti ben tre aumenti. L'ultimo quello del 1o giugno 2013;
   l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nella sua adunanza dell'11 giugno 2013, ha sanzionato Moby, Gnv, Snav e Marinvest per aver concordato e attuato l'aumento delle tariffe per il trasporto marittimo da e per la Sardegna nel 2011;
   come detto nel corso dell'audizione del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Lupi, presso la Commissione lavori pubblici, comunicazioni al Senato della Repubblica il 30 maggio 2013, il costo generalizzato del trasporto misura l'accessibilità ai corrispondenti sistemi di servizio. «Rappresenta cioè una misura dell'equità o dell'iniquità della dotazione di beni e servizi da cui la politica fa discendere la necessità o meno di raggiungere gradi più elevati di coesione economica e sociale»;
   i Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze preposti alla vigilanza e al controllo, affinché il servizio di collegamento marittimo sia svolto nel rispetto dei criteri di cui alla convenzione, sulla base di quanto previsto dalla convenzione, dispongono di tutti gli strumenti per valutare la congruità procedurale e sostanziale degli incrementi delle tariffe dei collegamenti, in regime di continuità, da e per la Sardegna;
   proprio sulla falsariga della convenzione (articolo 6, comma 2), Cin deve trasmettere, nei termini previsti dalla convenzione medesima, ai Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze, la proposta di aggiornamento delle tariffe;
   i Ministri interpellati dovrebbero, nel rispetto di quanto previsto dalla convenzione, articolo 6, comma 3, richiedere, ricorrendone le condizioni, la sospensione dell'aggiornamento delle tariffe;
   a seguito di quest'ultima richiesta, Cin dovrebbe, ricorrendone le condizioni, adeguare, automaticamente, i listini rispetto alla rideterminazione delle tariffe seguita a specifica richiesta dei Ministeri –:
   se i Ministri interpellati siano a conoscenza di eventuali scostamenti, in eccesso o difetto, dei ricavi e dei costi (al netto di quelli per carburante) da attività superiori al 3 per cento rispetto a quelli previsti nell'allegato B alla convenzione;
   se i Ministri interpellati siano a conoscenza del fatto che Cin abbia già inviato, nei termini stabiliti dalla convenzione, le relative risultanze contabili;
   se i Ministri interpellati siano a conoscenza di eventuali incongruità delle suddette risultanze contabili, rispetto a quanto previsto nell'allegato alla delibera Cipe n. 111 del 2007, puntualmente riportato in convenzione;
   se i Ministri interpellati siano a conoscenza del fatto che Cin, nel rispetto dei termini di cui all'articolo 6, comma 2, della convenzione, abbia, a partire dalla decorrenza della convenzione e sino a oggi, trasmesso una o più proposte di aggiornamento delle tariffe massime di cui all'allegato A;
   se i Ministri interpellati siano a conoscenza del fatto che Cin abbia ottemperato a pubblicare le tariffe massime applicabili in apposita sezione del proprio sito e se abbia provveduto a integrarle come da aggiornamenti, eventualmente, autorizzati, ovvero se, nel caso di sospensiva esercitata da parte dei Ministeri vigilanti, abbia provveduto all'aggiornamento automatico dei relativi listini;
   se i Ministri interpellati siano a conoscenza del fatto che la Regione autonoma della Sardegna abbia, nel recente passato e alla luce dei poteri di intervento richiamati in premessa, richiesto la modifica della convenzione di servizio di cui sopra, formulando conseguenti proposte;
   se i Ministri interpellati non ritengano di dover lavorare, anche con il coinvolgimento delle competenti commissioni parlamentari, al fine di addivenire alla rivisitazione urgente della convenzione che disciplina obblighi e diritti derivanti dall'esercizio dei collegamenti marittimi in regime di continuità da e per la Sardegna, considerati i costanti, continui e ingiustificati aumenti del costo del trasporto marittimo e le pesanti ripercussioni che gli stessi hanno determinato sui sardi e sulle diverse attività economiche (turismo in particolare);
   se i Ministri interpellati non ritengano di dover intervenire nei confronti di Cin per fare in modo che siano revocati tutti gli aumenti intervenuti negli ultimi sei mesi;
   se i Ministri interpellati non ritengano di dover attivare procedure amministrative, nonché per definire un piano di rimborso e risarcimento danni a passeggeri e operatori economici in riferimento agli aumenti susseguitisi da dicembre 2012 a oggi e a quelli precedenti oggetto di recente sanzione da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.
(2-00103)
«Mura, Meta, Francesco Sanna, Cani, Marrocu, Marco Meloni, Giovanna Sanna, Scanu, Pes, Di Gioia, Bindi, Fossati, Malpezzi, Richetti, Carra, Pierdomenico Martino, Realacci, Stumpo, Zoggia, Marzano, Bratti, D'Arienzo, De Menech, Giachetti, Gutgeld, Sereni, Sanga, Giuditta Pini, Porta, Raciti, Bressa, Zardini, Morassut, Pagani, Michele Bordo, Culotta, Brandolin, Paola Bragantini, Gasbarra, Mauri, Giuliani, Coccia, Marroni, Capozzolo, Bazoli, Vaccaro, Petitti, Miccoli, Monaco, Salvatore Piccolo, Giorgio Piccolo, Mognato, Boccia».
(18 giugno 2013)