Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Gli obiettivi europei in materia di cambiamenti climatici - Audizione del Commissario europeo per l'azione per il clima, Connie Hedegaard - Roma, 10 febbraio 2014
Serie: Documentazione per le Commissioni - Audizioni e incontri con rappresentanti dell'UE    Numero: 5
Data: 06/02/2014
Descrittori:
INQUINAMENTO ATMOSFERICO   UNIONE EUROPEA
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Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

 

 

 

 

Documentazione per le Commissioni

audizioni e incontri in ambito ue

 

 

 

 

Gli obiettivi europei in materia di cambiamenti climatici

 

Audizione del Commissario europeo
per l’azione per il clima, Connie Hedegaard

 

 

 

Roma, 10 febbraio 2014

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 5

 

6 febbraio 2014


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il dossier è stato curato dall’Ufficio rapporti con l’Unione europea
(' 066760.2145 - * cdrue@camera.it)

Il capitolo ‘Cambiamenti climatici e sviluppo sostenibile’ è stato curato dal Servizio Studi, Dipartimento Ambiente (' 0667609253)

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I N D I C E

 

Schede di lettura   1

Gli obiettivi europei in materia di cambiamenti climatici 3

·         Il quadro degli indicatori ambientali 3

·         Il pacchetto clima ed energia al 2030  5

Cambiamenti climatici e sviluppo sostenibile   15

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Schede di lettura



Gli obiettivi europei in materia di cambiamenti climatici

(Audizione del Commissario europeo per l’azione per il clima, Connie Hedegaard – Roma, 10 febbraio 2014)

 

 

Il quadro degli indicatori ambientali

Nel 2007 il Consiglio europeo ha definito gli obiettivi in materia di energia e cambiamenti climatici per il 2020:

·       ridurre le emissioni di gas serra del 20%;

·       portare la quota delle energie rinnovabili al 20%;

·       raggiungere il 20% dell'efficienza energetica[1].

La strategia Europa 2020[2], che si basa su stime per il fabbisogno di investimenti necessari nel settore energetico ammontanti a mille miliardi di euro entro il 2020, di cui 540 miliardi per la produzione di energia e 210 miliardi per le reti elettriche e del gas di importanza europea, riconferma gli obiettivi fissati dal Consiglio europeo. La tabella che segue evidenzia, insieme agli obiettivi da raggiungere entro il 2020 relativamente al settore dei cambiamenti climatici e dell’energia, anche i risultati intermedi già raggiunti:

 

Indicatori

2005

2009

2011

Obiettivo 2020

Emissioni di gas serra (indice:1990=100)

93,2

83,7

83,0

80,0

Quota di energie rinnovabili sul totale di energia consumata (%)

8,5

11,6

13,0

20,0

Consumo primario di energia (milioni di tonnellate di petrolio equivalente)

1.703

1.592

1.583

1.474

Fonte: Eurostat

 

Gli indicatori ambientali, dal 1990 in poi, mostrano una riduzione delle emissioni di gas serra nell'UE, ma anche un aumento della temperatura globale. In particolare:

·       dal 1990 le emissioni di gas serra nell'UE sono diminuite notevolmente. L'obiettivo di Europa 2020 di ridurre le emissioni del 20 % rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020 sembra raggiungibile;

·       le maggiori diminuzioni si sono registrate nell'industria manifatturiera, delle costruzioni e dell'energia. Anche i settori dei rifiuti e dell'agricoltura hanno ridotto le emissioni, ma con una percentuale minore sul totale delle riduzioni. L'unico settore in cui le emissioni sono in crescita è quello dei trasporti.

Il grafico che segue evidenzia l’andamento delle emissioni, secondo il settore economico, nel periodo 1990-2011 (EU28):

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Fonte: Agenzia europea per l’Ambiente – Eurostat (2013)

Anche l’Italia si è impegnata per la riduzione delle emissioni di gas serra:

 

 

1990

1995

2000

2008

2009

2010

2011

Target 2008-2011

EU28

100,0

93,1

90,8

88,9

82,5

84,4

81,7

-

EU15

99,7

97,2

97,0

93,5

87,0

88,9

85,1

92,0

Italia

100,4

102,6

106,7

104,7

95,0

96,8

94,6

93,5

Fonte: Eurostat, 2013

 

·       le riduzioni delle emissioni di gas serra dell'UE sono sovracompensate da un rapido aumento del riscaldamento globale, che ha registrato una costante accelerazione nel corso degli ultimi quattro decenni, riconducibile soprattutto alle economie emergenti (ad esempio, Cina ed India).

La tabella che segue evidenzia il livello delle emissioni di CO2 da combustibili fossili nel 2012 riconducibili alle economie più avanzate:

Emissioni CO2 da combustibili fossili nel 2012       Fonte: Yearbook Enerdata 2012

Paese

MtCO2

(2012/2011)%

Cina

7.673

+3,3

USA

5.056

-3,5

Unione Europea

3.442

-1,2

India

1.889

+7,5

Russia

1.620

+0,8

Giappone

1.161

+5,7

Totale mondo

30.062

+1,6

 

I buoni risultati ottenuti dall’Europa sono il frutto della combinazione di due fattori: da un lato l’efficacia delle politiche UE, che ha comportato miglioramenti in materia di trattamento dei rifiuti[3] ed emissioni inquinanti, dall’altro, la crisi economica e finanziaria, che ha comportato una significativa contrazione dei consumi[4] e, in conseguenza, della produzione industriale, con effetti positivi sugli indicatori.

 

Il pacchetto clima ed energia al 2030

Sulla base dei risultati della consultazione pubblica avviata con la pubblicazione di un apposito Libro verde, la Commissione europea, lo scorso 22 gennaio, ha presentato un pacchetto di proposte, di natura legislativa e non, che spazia su diversi aspetti della politica energetica e ambientale dell’UE.

L’applicazione delle misure proposte nel pacchetto consentirebbe all’Unione europea di affrontare il prossimo negoziato internazionale sul clima, previsto per il 2015, con una posizione più avanzata rispetto alle altre economie e, per questo, con la possibilità di indirizzare le trattative verso obiettivi più ambiziosi, che siano vincolanti per tutti gli Stati partecipanti. Con la fissazione di nuovi obiettivi, inoltre, ad avviso della Commissione, l’Unione potrebbe, inoltre, già contribuire proficuamente al vertice che il Segretario generale delle Nazioni Unite ospiterà nel settembre 2014.

Le linee direttrici tracciate dalle proposte che compongono il pacchetto sono:

·       riduzione delle emissioni di gas a effetto serra (GHG) del 40 per cento rispetto al 1990 entro il 2030;

·       aumento della quota delle energie rinnovabili al 27 per cento;

·       politiche più ambiziose in materia di efficienza energetica;

·       un nuovo sistema di governance e una serie di nuovi indicatori per assicurare un sistema energetico competitivo e sicuro.

Il pacchetto è composto da una comunicazione, che stabilisce il quadro con la prospettiva 2030; una proposta di decisione per una riserva di stabilità del mercato per il sistema di scambio di quote di emissioni dell’UE (UE ETS), da attivare a partire dal 2021; una comunicazione sui costi e sui prezzi dell’energia; una comunicazione sullo sfruttamento delle nuove tecnologie.

 

La comunicazione “Quadro per le politiche dell’energia e del clima per il periodo dal 2020 al 2030”

 

Il nuovo quadro tracciato dalla Comunicazione presuppone, in primo luogo, il pieno raggiungimento degli obiettivi di Europa 2020. Su tale aspetto, la Commissione è confortata dai buoni risultati già conseguiti, sintomo dell’efficacia delle politiche sin qui adottate a livello unionale. I punti qualificanti della comunicazione risultano i seguenti:

·       aggiornamento degli obiettivi, in linea con l’ambizione di quelli fissati dalla tabella di marcia per il 2050;

·       semplificazione del quadro politico europeo e maggiore coerenza degli strumenti;

·       flessibilità per gli Stati membri, per assicurare la necessaria coerenza degli obiettivi con le esigenze e le scelte nazionali;

·       rafforzamento delle cooperazione tra gli Stati membri.

Il quadro 2030 sarà discusso dal Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo nel prossimo marzo.

Con riferimento ai punti qualificanti della comunicazione, si osserva quanto segue:

 

Riduzione delle emissioni di gas serra

Si tratta dell’obiettivo cardine intorno a cui ruota l’intero impianto del quadro delineato dalla Commissione. E’ un obiettivo vincolante ma è lasciata agli Stati membri la flessibilità necessaria per decidere le modalità del proprio contributo. Il nuovo livello di riduzione delle emissioni rispetto al 1990 (-40 per cento) risulta essere solo dell’8 per cento superiore a quello che si sarebbe raggiunto senza interventi ulteriori, rispetto al quadro tracciato da Europa 2020 e dalla roadmap per l’energia al 2050. Si tratterebbe, pertanto, di un obiettivo raggiungibile, ad avviso della Commissione, senza nuovi strumenti ma con uno sforzo maggiore nelle politiche già in atto: in particolare sarà richiesto impegno sia ai settori del sistema di scambio di quote di emissioni (EU ETS), con un’accelerazione del fattore lineare di riduzione del massimale annuale di emissioni[5], sia ai settori che non ne fanno parte.

 

Il sistema, istituito dalla direttiva 2003/87/CE, applica all’Europa il meccanismo di cap&trade ETS, introdotto a livello mondiale dal Protocollo di Kyoto. Esso fissa un tetto massimo (cap) al livello totale delle emissioni consentite a tutti i soggetti interessati dal sistema, ma consente ai partecipanti di acquistare o vendere sul mercato (trade) i diritti di emissione di CO2 (quote) secondo le loro necessità, all’interno del limite stabilito. L’EU ETS coinvolge circa 16.000 operatori (dal 2012 anche nel settore aereo). Si tratta di impianti industriali, nel settore della produzione di energia e nel settore manifatturiero (in Italia, sono circa 1.100 i soggetti coinvolti, di cui il 71 per cento nel settore manifatturiero).

A tale proposito si ricorda che sono in discussione due proposte volte a fare rientrare stabilmente nel sistema EU ETS anche i settori del trasporto aereo e del trasporto marittimo. Inoltre, per l’agricoltura è iniziato un processo che dovrebbe portare alla sua inclusione nel sistema: nel 2012 è stato adottata una decisione che crea un regime armonizzato per la rendicontazione delle emissioni legate all’uso dei suoli.

 

Si segnala che sul nuovo obiettivo della riduzione del 40 per cento delle emissioni entro il 2030 si sono espressi favorevolmente i Ministri dell’Ambiente e dell’Energia di Regno Unito, Francia e Germania e il Ministro dell’Ambiente italiano, mentre potrebbero distinguersi gli Stati Membri tradizionalmente scettici in materia di clima (come Polonia, Romania, Ungheria).

Al riguardo, potrebbe risultare opportuno chiarire la fattibilità degli obiettivi indicati e la sostenibilità degli stessi per il sistema produttivo nazionale, con particolare riguardo ai settori ad alta intensità energetica, interessati attualmente dalla revisione dei criteri per l’allocazione gratuita[6] di permessi alle industrie ad alta intensità energetica (carbon leakage list)[7].

Si ricorda che i settori ad elevato rischio di carbon leakage, ossia esposti al rischio delocalizzazione a causa dei costi del carbonio verso paesi con politiche ambientali meno rigorose, beneficiano di un assegnazione di quote a titolo gratuito pari al 100 per cento del proprio benchmark di riferimento. La Commissione Europea stima che tali settori rappresentino il 77 per cento delle emissioni da produzione industriale. Gran parte della produzione manifatturiera italiana è stata ad oggi riconosciuta a rischio carbon leakage: produzione di macchine ed apparecchi meccanici, elettrici ed ottici, laterizi e ceramiche, filiera tessile e abbigliamento, lavorazione della pelle e gioielleria, acciaio, cemento e carta.

 

Energie rinnovabili

La figura che segue evidenzia la quota di energie rinnovabili sul complesso delle fonti utilizzate nel 2011 e il target 2020 (%):

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Eurostat, 2013

 

Il nuovo obiettivo per le energie rinnovabili (aumento della quota ad almeno il 27 per cento) discende dalla riduzione dell’ulteriore 8 per cento del livello delle emissioni di gas serra. Si tratta di un obiettivo a livello di UE e non vengono individuati gli obiettivi per il singoli Stati membri. Agli Stati membri sono lasciati margini di flessibilità nell’ambito di un nuovo sistema di governance (cfr. infra). Il punto fermo della Commissione per assecondare lo sviluppo del settore è il superamento dell’attuale sistema di incentivi in quanto lo sviluppo delle energie rinnovabili deve essere guidato il più possibile dal mercato. Attualmente, invece, gli incentivi statali, essendo per lo più destinati a tecnologie già mature, non si rivelerebbero idonei a promuovere la ricerca e lo sviluppo tecnologico, mentre costituirebbero un fattore di distorsione del mercato[8].

Il Governo italiano avrebbe manifestato il proprio consenso all’obiettivo di rivedere le linee guida sugli aiuti di stato in campo energetico, con lo scioglimento di nodi cruciali quali i vantaggi fiscali concessi alle industrie tedesche, esentate dagli oneri del sostegno alle rinnovabili, caricati sulle bollette dei consumatori retail.

Si segnala che, già nella Strategia energetica nazionale (SEN), approvata nel corso del 2013, si prevede il graduale superamento degli attuali sistemi di incentivazione, con l’obiettivo di garantire la sostenibilità economica dello sviluppo del settore, con l’allineamento dei costi di incentivazione a livelli europei e il graduale accompagnamento verso la grid parity (ossia, il punto in cui l'energia elettrica prodotta a partire da fonti di energia alternative ha lo stesso prezzo dell'energia tradizionale prodotta tramite fonti di energia tradizionali ).

 

Efficienza energetica

La figura che segue illustra l’andamento dei consumi energetici pro capite nell’area EU28 nel 2011 (TOE- tonnellate equivalenti petrolio):

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Eurostat, 2013

 

 

 

La Comunicazione non fissa alcun obiettivo per l’efficienza energetica, dal momento che è già prevista nel 2014 la valutazione degli effetti dell’applicazione della direttiva sull’efficienza energetica. I dati sui consumi energetici, tuttavia, farebbero presupporre che l’obiettivo del 20 per cento di miglioramento non sarà raggiunto entro il 2020. La revisione della direttiva, pertanto, appare funzionale non solo al raggiungimento del target già fissato ma anche alla individuazione di un traguardo possibile per il 2030. In ogni caso, nella comunicazione è sottolineato il ruolo fondamentale dell’efficienza energetica, complementare allo sviluppo delle energie rinnovabili e strettamente connesso alla riduzione delle emissioni di gas serra: dal raggiungimento della riduzione del 40 per cento delle emissioni dovrebbe derivare, in modo automatico, un aumento dell’efficienza energetica di almeno il 25 per cento nel 2030. In tal modo, pertanto, l’orientamento delle economie e dei sistemi produttivi dell’UE verso l’obiettivo della riduzione delle emissioni risulterebbe sostenibile e non graverebbe sulla bolletta energetica.

 

Riforma del sistema EU ETS

 Come detto, il quadro 2030 richiede al sistema ETS un aumento del contributo alla riduzione delle emissioni di gas serra. Nel contempo, tuttavia, la Commissione prende atto della necessità di intervenire sul sistema, entrato in crisi: a causa del rallentamento dell’economia, il mercato delle quote è caratterizzato attualmente da un significativo squilibrio tra l’offerta, alta, e la domanda, bassa, di quote (a cui si aggiungono un eccesso di crediti del mercato internazionale e la tendenza alla delocalizzazione delle imprese verso siti più convenienti).

Allo scopo di riequilibrare temporaneamente il mercato, si ricorda che lo scorso 16 dicembre il Consiglio ha deciso l'adozione della decisione che, modificando la direttiva ETS (2003/87), rinvia il calendario delle aste di 900 milioni di quote in eccesso temporaneo sul mercato nel 2013. Tali quote saranno reimmesse sul mercato con gradualità a partire dal 2015 (backloading).

La Commissione ha, tuttavia, scelto di rinviare ad un altro momento la riforma del sistema, preferendo, in questa sede, introdurre uno strumento di stabilizzazione automatica del mercato per fare fronte agli squilibri contingenti. Nella proposta di decisione presentata contestualmente alla comunicazione, la Commissione propone l’istituzione di una riserva (market stability reserve- MSR) destinata ad entrare in funzione nel gennaio 2021. Questo meccanismo dovrebbe consentire un aggiustamento automatico dell’offerta di permessi venduti all’asta, secondo parametri prestabiliti, con l’obiettivo di equilibrare domanda e offerta e di stabilizzare il mercato senza margini di discrezionalità per la Commissione.

Più in particolare, in caso di eccesso di offerta di permessi di emissione, si attiverebbe un meccanismo automatico per assorbire una percentuale (calcolata rispetto al totale disponibile nell’anno precedente), che verrebbe poi reimmessa sul mercato in caso di scarsità di offerta.

Il Governo italiano ha segnalato informalmente che la proposta sembrerebbe finalizzata a preparare il terreno per un ben più ampio negoziato volto alla riforma strutturale del sistema ETS, sulla cui necessità esso, peraltro, concorda.

 

Ulteriori temi

In sostanza, come si evince da quanto premesso, la Commissione non propone interventi nuovi ma, piuttosto, un affinamento di quelli esistenti.

Essa auspica, pertanto, una migliore applicazione ed integrazione delle politiche in atto ed una cooperazione tra gli Stati membri, basata sull’equa ripartizione degli oneri.

Tale ultimo punto, ad avviso del Governo, non appare approfondito, lasciando nel vago il livello di impegni richiesto ai singoli Stati, molti dei quali, si ricorda, si trovano ancora a fronteggiare gli effetti della crisi. Potrebbe essere questo uno degli elementi più sensibili e complessi del negoziato. A tale riguardo, secondo il Governo, sarà necessario valutare in modo accurato le potenziali criticità per l’Italia.

 

Tra gli impegni sollecitati dalla Commissione e finalizzati al raggiungimento degli obiettivi, si ricorda, in primo luogo, la realizzazione del mercato unico dell’energia, già prevista per il 2014. Il completamento del processo consentirà prezzi competitivi, per famiglie e operatori economici, contribuendo a ridurre il divario tra il mercato europeo e gli altri mercati, in particolare quello USA, che beneficia degli effetti dello sfruttamento del gas di scisto.

Nella comunicazione sull’analisi dei prezzi e costi dell’energia, allegata al pacchetto, la Commissione constata il generale aumento dei costi di elettricità e gas tra il 2008 e il 2012, riconducendoli soprattutto alla crescita del carico fiscale (comprendente gli oneri del sostegno alle rinnovabili), uno scenario che varia però molto tra gli Stati membri.

Peraltro, proprio su tale punto, il Governo italiano avrebbe auspicato un maggior approfondimento, vista l’ampiezza delle differenze fra gli Stati membri.

 

In secondo luogo, la piena realizzazione delle politiche in atto, ad avviso della Commissione, consentirà anche di ridurre la dipendenza dell’UE da fonti energetiche esterne, realizzando uno dei pilastri della politica energetica unionale, quello della sicurezza degli approvvigionamenti. A tale scopo, la Commissione auspica lo sviluppo delle fonti interne di energia, una maggiore diversificazione delle fonti e dei canali di approvvigionamento e, infine, il miglioramento dell’intensità energetica dell’economia.

Su questo punto, ad avviso del Governo italiano, la Commissione sembrerebbe considerare di secondo piano, rispetto al completamento del mercato interno, il valore dell’interconnessione, considerato invece prioritario da alcuni Stati (per esempio, Spagna e Portogallo).

 

La nuova governance

Uno dei punti qualificanti la Comunicazione è la nuova architettura delineata per il sistema di governance. Essa è ritenuta lo strumento necessario per conciliare la flessibilità accordata agli Stati membri per l’elaborazione delle politiche nazionali e la cogenza degli obiettivi. Il sistema si basa sulla collaborazione tra istituzioni europee e Paesi membri, attraverso l’adozione di Piani nazionali, elaborati dagli Stati membri sulla base di apposite linee guida ed approvati dalla Commissione.

La Commissione sottolinea l’importanza, ai fini della redazione dei piani, della consultazione anche con gli Stati membri confinanti e della necessità che essi siano operativi prima del 2020.

Il sistema di governance prevede inoltre una serie di indicatori per misurare i progressi degli Stati membri e decidere eventuali ulteriori interventi. Gli indicatori, ancora da definire, misureranno, ad esempio, differenziali di prezzi e costi dell’energia; diversificazione e quota di fonti interne; impiego di reti intelligenti e interconnessioni (obiettivo del 10 per cento); market coupling tra Stati membri; grado di concentrazione/concorrenza; innovazione tecnologica.

 

Con riferimento al complessivo quadro delineato dal pacchetto in esame, il Governo, nella Relazione programmatica per il 2014, dopo avere premesso che il dibattito non può limitarsi esclusivamente all’individuazione del livello degli obiettivi o al numero di obiettivi da fissare:

- sottolinea la necessità di definire contestualmente gli strumenti attraverso i quali raggiungere gli obiettivi assicurando che tali strumenti contribuiscano alla crescita, all’occupazione e alla sicurezza degli approvvigionamenti energetici;

- conferma, con particolare riferimento al nuovo obiettivo di emissioni, l’impegno del Governo a massimizzare i progressi sulle principali tematiche inerenti i cambiamenti climatici e, nella fattispecie, concorda con le istituzioni europee sulla necessità di riformare il sistema di scambio di quote di emissioni (UE ETS).

Un potenziale punto problematico, che potrebbe porsi nella fase di negoziato, è costituito dalle previsioni del TFUE. Infatti, il nuovo sistema di governance, presupponendo l’accettazione, da parte degli Stati membri, di una influenza dell’UE sul complesso della politica energetica, ivi inclusa la scelta del mix di approvvigionamento, potrebbe porsi in contrasto con l’art. 194 del Trattato, che stabilisce il diritto di ciascuno Stato Membro di determinare le condizioni di utilizzo delle sue fonti energetiche, la scelta tra queste ultime e la struttura generale del suo approvvigionamento.

 

Da tutto quanto premesso, si evince che la comunicazione costituisce un ambizioso quadro della situazione attuale e delle potenzialità offerte e da sviluppare. La indeterminatezza di alcune analisi (per esempio, quelle relative ai meccanismi che determinano il formarsi dei prezzi dell’energia nei singoli mercati) potrebbe dipendere proprio dalla volontà di stimolare il dibattito tra gli Stati membri, senza incanalarlo a priori verso soluzioni predefinite. D’altra parte, un maggiore dettaglio sia nell’analisi sia nelle soluzioni proposte avrebbe potuto incentivare sin da subito gli attori del mercato a prendere posizioni chiare, a favore di un processo decisionale più trasparente.

Sembrerebbe, tuttavia, rimasta sullo sfondo la perdurante crisi economica, ancora non superata e ancora causa di notevoli ritardi per diversi Paesi, tra cui l’Italia. Decisioni come quelle sottese al quadro della politica ambientale ed energetica della comunicazione in esame possono influire anche in modo significativo su economie ancora in ritardo rispetto ad obiettivi dati per acquisiti dalla Comunicazione (per esempio, l’efficienza energetica o le energie rinnovabili). D’altronde, il tempo per adeguare i sistemi produttivi e progettare investimenti è piuttosto ridotto: la prossima tornata di negoziati internazionali in materia di clima, prevista per il 2015, potrebbe spingere per accelerare l’adozione del pacchetto in esame, lasciando ad un secondo tempo l’approfondimento dei nodi principali.

Peraltro, l’obbligo di raggiungere il nuovo obiettivo di riduzione del livello di emissioni costituisce uno stimolo all’effettuazione di investimenti in nuove tecnologie, con ricadute positive sulle economie degli Stati membri.

A tale proposito, la Commissione ricorda che, nel quadro per il 2020, il piano strategico europeo per le tecnologie energetiche (piano SET) ha aumentato gli investimenti in ricerca e sviluppo nell’Unione da 3,2 miliardi a 5,4 miliardi di euro all’anno e auspica l’elaborazione di un’unica tabella di marcia integrata che orienti i futuri investimenti. Inoltre, nell’ambito del Quadro finanziario 2014-2020, è prevista la destinazione di circa 23 miliardi di euro a valere sui Fondi Strutturali agli interventi sulle rinnovabili, l'efficienza energetica e le interconnessioni. Tali risorse, ad avviso della Commissione, potrebbero attrarre ulteriori 180 miliardi di euro circa di finanziamenti da destinare alla lotta contro i cambiamenti climatici. Inoltre, nell’ambito del nuovo programma dell’UE in materia di ricerca e innovazione “Orizzonte 2020, circa 6 miliardi di euro saranno destinati all’efficienza energetica, alle tecnologie sicure, pulite e a basse emissioni di carbonio e alle città e comunità intelligenti.


 


Cambiamenti climatici e sviluppo sostenibile

Le misure nazionali di attuazione del protocollo di Kyoto

L’Italia ha ratificato il protocollo di Kyoto con la legge 1° giugno 2002, n. 120, la quale contiene anche una serie di disposizioni finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra.

In attuazione delle citate disposizioni, il Ministero dell'ambiente ha provveduto ad elaborare il Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra 2003-2010 (per consentire all'Italia di rispettare l’obiettivo di riduzione del 6,5% previsto dal Protocollo di Kyoto), nonché la proposta di revisione della delibera CIPE n. 137 del 19 novembre 1998, recante le linee guida per le politiche e misure nazionali di riduzione delle emissioni dei gas serra. Tali documenti, approvati con la delibera CIPE 19 dicembre 2002, n. 123[9], contengono, secondo quanto previsto dalla legge di ratifica, l'individuazione delle politiche e delle misure finalizzate al contenimento ed alla riduzione delle emissioni di gas serra.

Per il finanziamento delle predette misure è intervenuto l’art. 1, commi 1110-1115, della legge n. 296/2006 (finanziaria 2007), che ha istituito presso la Cassa depositi e prestiti S.p.A., un Fondo rotativo per l'erogazione di finanziamenti a tasso agevolato (a soggetti pubblici o privati) di misure finalizzate all’attuazione del Protocollo di Kyoto, con una dotazione di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009.

Sulla disciplina del Fondo è successivamente intervenuto l’art. 57 del D.L. 83/2012 , che ha modificato il novero dei settori destinatari dei finanziamenti a tasso agevolato, che attualmente includono, tra l’altro, la protezione del territorio e la prevenzione del rischio idrogeologico e sismico; la ricerca, lo sviluppo e la produzione di biocarburanti di «seconda e terza generazione», nonché di tecnologie nel «solare termico», «solare a concentrazione», «solare termo-dinamico», «solare fotovoltaico», biomasse, biogas e geotermia; i processi di produzione o valorizzazione di prodotti, processi produttivi od organizzativi o servizi che, rispetto alle alternative disponibili, comportino una riduzione dell'inquinamento e dell'uso delle risorse nell'arco dell'intero ciclo di vita. La Circolare n. 5505 del 18 gennaio 2013 ha reso pienamente operativa la nuova disciplina del Fondo.

Ulteriori misure di attuazione del Protocollo sono state previste in numerosi provvedimenti normativi, che hanno riguardato principalmente l’incentivazione delle energie rinnovabili e la promozione dell’efficienza e del risparmio energetici.

Nonostante gli sforzi intrapresi, però, l’incertezza sulle possibilità di riuscire a raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas-serra previsti dal Protocollo di Kyoto ha reso necessario l’avvio di un più ampio processo di aggiornamento della delibera n. 123/2002, che è stato completato con l’emanazione della delibera CIPE n. 17/2013 recante l’aggiornamento del piano di azione nazionale per la riduzione dei livelli di emissione di gas a effetto serra. Sebbene tale delibera sia stata pubblicata nel mese di giugno del 2013, in realtà la data della sua approvazione risale all’8 marzo 2013, quindi ad una data precedente a quella (11 aprile 2013) in cui è avvenuta la presentazione al Parlamento dell’Allegato al DEF 2013 relativo all’attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas-serra.

Prima di analizzare i contenuti dell’allegato e della delibera citati, appare però opportuno richiamare le linee fondamentali dell’evoluzione della normativa sullo scambio delle quote di emissione.

Si ricorda altresì che, sempre con la finalità di contribuire alla lotta contro i cambiamenti climatici, è stato emanato il D.lgs. 14 settembre 2011, n. 162, con cui è stata recepita nell’ordinamento nazionale la direttiva 2009/31/CE che ha istituito un quadro giuridico per lo stoccaggio geologico ambientalmente sicuro di biossido di carbonio (CO2).

Lo scambio delle quote di emissione

Nell’ambito delle misure adottate per il raggiungimento degli obiettivi di Kyoto, la direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 ottobre 2003 ha istituito un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità - denominato Emission Trading System (ETS) - al fine di anticipare la piena entrata in vigore dell'emission trading, prevista su scala globale dal Protocollo solo dal 2008. Tale direttiva è stata recepita con il decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 216. Con il D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 257, inoltre, è stata recepita la direttiva 2008/101/CE che ha modificato la direttiva 2003/87/CE al fine di includere le attività di trasporto aereo nell’ETS.

In attuazione del D.Lgs. 216/2006 i Ministeri competenti (dell'ambiente e dello sviluppo economico) hanno approvato (con decreto DEC/RAS/1448/2006) il PNA delle quote di CO2 per il periodo 2008-2012[10] e, successivamente (in data 29 febbraio 2008), la Decisione di assegnazione per il periodo 2008-2012.

In attuazione della delega prevista dalla legge comunitaria 2009 (L. 96/2010), con il D.Lgs. 13 marzo 2013, n. 30, è stata attuata la direttiva 2009/29/CE, relativa alla revisione per il periodo post-2012 del sistema comunitario ETS di scambio delle emissioni di gas-serra (il cui termine di recepimento per gli Stati membri era scaduto il 31 dicembre 2012[11]) e che fa parte del cd. pacchetto clima-energia.  Tra le principali novità introdotte all’ETS dalla direttiva 2009/29/CE si segnala la previsione che dal 2013 il criterio principale per l’allocazione delle quote agli impianti (in precedenza gratuita e basata sulle emissioni storiche) sia l’assegnazione a titolo oneroso tramite asta.

Si rammenta altresì che per i settori non regolati dalla direttiva 2009/29/CE (cosiddetti settori "non ETS" identificabili approssimativamente con i settori agricolo, trasporti e civile), la decisione del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 406/2009 del 23 aprile 2009 (Decisione concernente gli sforzi degli Stati membri per ridurre le emissioni dei gas a effetto serra al fine di adempiere agli impegni della Comunità in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2020 - cd. Decisione “effort sharing) stabilisce, per ogni Stato Membro della UE, obiettivi obbligatori di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra. Per l’Italia l’obiettivo di riduzione è del -13%, rispetto ai livelli del 2005, da raggiungere entro il 2020.

Con la Decisione n. 2013/162/UE della Commissione, del 26 marzo 2013, sono state determinate le assegnazioni annuali di emissioni degli Stati membri per il periodo 2013-2020 a norma della decisione n. 406/2009/UE.

L’Allegato al DEF 2013 sull’attuazione degli impegni
per la riduzione delle emissioni di gas-serra

Il documento (Doc. LVII, n. 1 – allegato III) predisposto dal Ministro dell'ambiente ai sensi dell'art. 10, comma 9, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, come modificato dall'art. 2, comma 2, della legge 7 aprile 2011, n. 39 :

v      riporta la situazione delle emissioni nazionali di gas serra al 2011 e le stime preliminari per il 2012 indicando le azioni per il rispetto dell'obiettivo di Kyoto. Nell'Allegato viene evidenziato un gap medio annuo di circa 21 MtCO2eq. Lo stesso allegato prevede che il Ministero dell'ambiente presenti al CIPE l'aggiornamento della distanza dall'obiettivo di Kyoto ed una proposta del portfolio di AAUs, CERs/ERUs[12] da acquistare sul mercato internazionale del carbonio per colmare tale distanza e la relativa stima delle risorse necessarie per il rispetto dell'obiettivo di Kyoto;

v      valuta gli scenari delle emissioni con orizzonte temporale al 2020 idonei al raggiungimento dell'obiettivo previsto per i settori "non ETS" dalla c.d. decisione "effort sharing" (n. 406/2009) e indica le azioni da attuare prioritariamente per porre il Paese sul giusto percorso rispetto a tale obiettivo. Il documento sottolinea che la piena attuazione degli impegni considerati nello "scenario con misure"[13] consente di adempiere agli obiettivi di cui alla Decisione 406/2009/CE;

§         confermare fino al 2020 le detrazioni per la riqualificazione energetica degli edifici;

Quanto agli interventi di riqualificazione energetica degli edifici, il comma 139 dell’articolo unico della legge n. 147 del 2013 (legge d stabilità 2014) prevede una proroga al 31 dicembre 2014 della misura della detrazione al 65 per cento, mentre per l'anno 2015 si prevede che la detrazione si applichi nella misura del 50 per cento.

§         estendere al 2020 il meccanismo del conto termico nell'efficienza energetica di edifici delle P.A. e per impianti a fonti rinnovabili termiche utilizzati da edifici pubblici e da strutture private, valutando in sede di revisione del meccanismo di contabilizzare l'incentivo sulla base del risparmio raggiunto dagli interventi rispetto ai consumi attuali e all'entità delle fonti di energia fossile evitata;

Il c.d. "Conto termico" (D.M. 28 dicembre 2012) si pone il duplice obiettivo di dare impulso alla produzione di energia termica da fonti rinnovabili (riscaldamento a biomassa, pompe di calore, solare termico e solar cooling) e di accelerare i progetti di riqualificazione energetica degli edifici pubblici. Per quanto riguarda le fonti rinnovabili termiche, il nuovo sistema promuove interventi di piccole dimensioni, tipicamente per usi domestici e per piccole aziende, comprese le serre. L'incentivo copre mediamente il 40% dell'investimento ed è erogato in due anni (cinque anni per gli interventi più onerosi).

§         estendere dal 2017 al 2020 il meccanismo dei certificati bianchi tenendo conto di quanto previsto dalla Direttiva 2012/27/UE e potenziando la realizzazione di grandi progetti di risparmio energetico su sistemi infrastrutturali;

Con il D.M. 28 dicembre 2012 (pubblicato sulla G.U. del 2 gennaio 2013) sono stati determinati gli obiettivi quantitativi nazionali di risparmio energetico che devono essere perseguiti dalle imprese di distribuzione dell'energia elettrica e il gas per gli anni dal 2013 al 2016 e per il potenziamento del meccanismo dei certificati bianchi previsto dal decreto legislativo 28/2011. Si mira a raggiungere una riduzione di energia primaria di circa 25 Mtep, nel quadriennio 2013-2016, e un contenimento delle emissioni di CO2 pari a 15 milioni di tonnellate l'anno, introducendo  un pacchetto di misure finalizzate a facilitare la realizzazione di nuovi progetti di efficienza energetica.

§         applicare la rimodulazione della fiscalità energetica, tenendo conto della direttiva UE sulla tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità;

§         valutare l'opportunità di introdurre benefici fiscali per gli investimenti in tecnologie a basso impatto ambientale nei processi di riconversione industriale dei siti di interesse nazionale contaminati;

Il comma 2 dell’articolo 4 del D.L. 145/2013, in corso di esame parlamentare, prevede la concessione di un credito d’imposta alle imprese sottoscrittrici degli accordi di programma, per l’attuazione di progetti integrati di messa in sicurezza o bonifica, e di riconversione industriale e sviluppo economico produttivo nei siti di interesse nazionale (SIN), a fronte dell’acquisizione di nuovi beni strumentali.

§         valutare la fattibilità tecnico-economica dell'istituzione presso il Ministero dell'ambiente del Catalogo delle tecnologie, dei sistemi e dei prodotti per la decarbonizzazione dell'economia italiana, anche al fine di garantire l'accesso agevolato al Fondo Kyoto per chi acquista tecnologie, sistemi e prodotti contenuti nel Catalogo;

§         integrare, a partire dal 2013, il Fondo Kyoto con il 40% delle entrate derivanti dai proventi della vendita all'asta delle quote di CO2.

La strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici

Su impulso della Commissione europea, che il 16 aprile 2013 ha diffuso la "Strategia dell'UE di adattamento ai cambiamenti climatici" (COM(2013)216 def.), in data 13 settembre 2013 il Ministero dell’ambiente ha elaborato un documento intitolato “Elementi per una Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici” che è rimasto disponibile fino a fine gennaio 2014 sul sito web del Ministero, per consentire la consultazione degli operatori interessati, prima di procedere alla stesura del documento definitivo. L'obiettivo della Strategia nazionale è elaborare una visione generale su come affrontare sul lungo periodo gli impatti dei cambiamenti climatici, attraverso un insieme di azioni e indirizzi per farvi fronte. Secondo la Strategia, infatti, occorre mantenere o migliorare la capacità di adattamento dei sistemi naturali, sociali ed economici ai cambiamenti del clima, nonché trarre vantaggio dalle eventuali opportunità che si potranno presentare dall'attuazione delle azioni intraprese.

Le iniziative italiane per lo sviluppo sostenibile

Nell’ambito della politica europea per lo sviluppo sostenibile che invita gli Stati membri a delineare le proprie strategie nazionali, l’Italia ha provveduto ad approvare la “Strategia d'azione ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia” (Deliberazione CIPE 2 agosto 2002, n. 57), un documento che riflette la proposta della Commissione europea sul Sesto Piano d’Azione per l’Ambiente e conferma la volontà nazionale di conformarsi al nuovo cammino europeo e internazionale a favore della sostenibilità.

Principali interventi normativi recenti per lo sviluppo sostenibile

In materia di green economy si ricorda che già nel corso della XVI legislatura, per agevolare e incentivare l’applicazione degli acquisti verdi, l’Italia si è dotata (su impulso dell’Unione europea, che ha promosso l’adozione di specifici piani d’azione nazionali) del Piano d’azione nazionale sul green public procurement (PAN GPP) emanato tramite il D.M. 11 aprile 2008, attuativo delle previsioni dell’art. 1, comma 1126, della legge 296/2006 (legge finanziaria 2007). In attuazione del citato piano il Ministero dell’ambiente ha emanato una serie di decreti recanti i criteri ambientali minimi (CAM) da inserire nei bandi di gara della PA per specifiche tipologie di prodotti[14]. Il piano emanato nell’aprile 2008 è stato recentemente aggiornato dal D.M. Ambiente 10 aprile 2013.

In materia di rifiuti si segnala che nel corso della XVI legislatura si è provveduto al recepimento della nuova direttiva quadro sui rifiuti (2008/98/CE), con il D.Lgs. 205/2010, che ha introdotto rilevanti disposizioni e più stringenti obiettivi di raccolta e recupero dei rifiuti attraverso una pressoché completa riscrittura della parte IV del Codice dell’ambiente (D.Lgs. 152/2006). Si segnala altresì la recente emanazione del D.M. ambiente 7 ottobre 2013 di adozione e approvazione del Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti, pubblicato nella G.U. n. 245 del 18 ottobre 2013.

In tema di inquinamento atmosferico, nel corso della XVI legislatura, con l’emanazione del D.Lgs. 13 agosto 2010, n. 155, il Governo non si è limitato a recepire la direttiva 2008/50/CE, ma ha provveduto anche a sostituire le disposizioni di attuazione della direttiva 2004/107/CE (recate dal D.Lgs. 152/2007), istituendo un quadro normativo unitario in materia di valutazione e di gestione della qualità dell'aria ambiente. Tale decreto prevede, in particolare, la zonizzazione dell'intero territorio nazionale da parte delle regioni ai fini della valutazione della qualità dell'aria effettuata per ciascuno degli inquinanti previsti dalla norma. E’ in corso di esame parlamentare uno schema di decreto legislativo n. 53 di recepimento della c.d. direttiva IED (direttiva 2010/75/UE) relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento).

Si segnalano altresì i decreti legislativi recanti le discipline sanzionatorie per le violazioni delle disposizioni derivanti dai regolamenti (CE) n. 842/2006 su taluni gas fluorurati ad effetto serra (D.Lgs. 26/2013) e n. 1005/2009 sulle sostanze che riducono lo strato di ozono (D.Lgs. 108/2013).

Da ultimo, la legge 10/2013 recante disposizioni per incentivare lo sviluppo degli spazi verdi urbani, prevede la possibilità di stipulare contratti di sponsorizzazione per promuovere iniziative finalizzate a favorire l'assorbimento di emissioni di CO2 tramite l’incremento e la valorizzazione del patrimonio arboreo.

 

 

 



[1]  Contrariamente agli altri due obiettivi, quest'ultimo non è stato tradotto in uno strumento giuridicamente vincolante.

[2]  COM(2010) 2020 definitivo.

[3] Nel 2011, circa il 40 % dei rifiuti urbani è stato sottoposto a riciclaggio o compostaggio (Eurostat, dicembre 2013).

[4] L’unica eccezione è costituita dai consumi di energia elettrica delle famiglie che sembra abbiano risentito solo marginalmente della crisi (Eurostat, dicembre 2013).

[5] Dall’attuale 1,74 per cento al 2,2 per cento.

[6] Direttiva 2003/87/CE e successive modificazioni.

[7] Cfr. la decisione della Commissione del 24 dicembre 2009.

[8] Si ricorda che, con riferimento al mercato dell’energia elettrica, la Commissione europea ha presentato una comunicazione in cui si affronta proprio questo nodo.

[9] http://www.cipecomitato.it/it/il_cipe/delibere/download?f=E020123.doc.

[10] Tutti i documenti relativi all’assegnazione delle quote di emissione sono disponibili all’indirizzo http://www.minambiente.it/pagina/emission-trading.

[11] Il tardivo recepimento della direttiva ha causato l’avvio, da parte della Commissione europea, in data 30 gennaio 2013, della procedura di infrazione n. 2013/0041.

[12] CERs è l'acronimo di Certified Emissions Reductions (Riduzioni di emissioni certificate), mentre ERUs di Emissions Reduction Units (Unità di riduzione di emissioni). Si tratta di crediti di emissione che sono generati dalla realizzazione di un progetto finalizzato alla riduzione di emissioni rispettivamente o in un Paese in via di sviluppo o in un Paese con economia in transizione. L’acronimo AAU indica invece le Assigned Amount Units, cioè le quantità di emissioni che un Paese può emettere gratuitamente nel periodo 2008-2012.

[13] Lo scenario con misure tiene conto degli effetti delle misure attuate e adottate fino al dicembre 2010, elencate nell'Allegato 2 al documento e che, in estrema sintesi, riguardano 3° e 4° conto energia, POR-POIN, certificati bianchi, eco-design, 55%, alta velocità e ferrovie metropolitane e biocarburanti (c.d. scenario tendenziale), a cui si sommano gli effetti delle misure adottate in attuazione delle Conclusioni del Consiglio Europeo dell'8-9 marzo 2007 ed elencate nell'Allegato 3 al documento. Tali misure sono sintetizzabili a grandi linee in quelle del Piano d'Azione Nazionale per le energie rinnovabili (PAN 2010) e del PAEE (Piano d'azione per l'efficienza energetica) 2011, nonchè il prolungamento fino al 2020 sia della detrazione fiscale del 55% sia del c.d. Fondo rotativo Kyoto (la cui disciplina è stata modificata dall'art. 57 del D.L. 83/2012).

[14]             Cfr. http://www.minambiente.it/pagina/criteri-ambientali-minimi.