Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Disposizioni per la protezione dei testimoni di giustizia - A.C. 3500-A - Elementi per l'esame in Assemblea
Riferimenti:
AC N. 3500/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 484    Progressivo: 1
Data: 27/02/2017
Descrittori:
TESTIMONI NEL PROCESSO PENALE     
Organi della Camera: II-Giustizia


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Disposizioni per la protezione dei testimoni di giustizia

27 febbraio 2017
Elementi per l'esame in Assemblea


Indice

Contenuto|Discussione e attività istruttoria in Commissione in sede referente|I pareri espressi dalle Commissioni in sede consultiva|


Contenuto

Allo scopo di sottolineare le differenze con la disciplina sui collaboratori di giustizia, l'A.C. 3500 introduce nell'ordinamento una normativa speciale integralmente dedicata ai testimoni di giustizia. A tale opzione non ha, tuttavia, corrisposto l'integrale abrogazione delle disposizioni sui testimoni contenute nella normativa quadro in materia - il DL 8/1991 (conv. dalla L. 82/1991) - cui, invece, viene fatto rinvio per quanto non disciplinato dal provvedimento in esame.

La proposta di legge (26 articoli suddivisi in quattro Capi) fa proprie gran parte delle proposte che la Commissione parlamentare antimafia, all'esito delle criticità rilevate nel corso delle audizioni svolte, ha esplicitato nella Relazione sul sistema di protezione dei testimoni di giustizia (DOC XXIII, n. 4) approvata dalla stessa Commissione nella seduta del 21 ottobre 2014.

Le principali novità della riformaAlle problematiche segnalate intende rispondere l'intervento in esame; tra le novità previste dalla riforma si segnalano in particolare:
• la definizione del testimone di giustizia, ancorata a parametri più stringenti;
• la personalizzazione e gradualità delle misure; in tale ambito è data preferenza nell'adozione di misure di tutela nella località di origine rispetto al trasferimento in località protetta, adottato col programma di protezione;
• la possibilità per il testimone di godere di misure di sostegno economico anche nel luogo di residenza, in presenza di riduzione della capacità di reddito (attualmente garantite dal solo programma di protezione);
• l'introduzione di misure a salvaguardia dell'impresa del testimone;
• l'istituzione di una figura, il referente del testimone di giustizia, che garantisca a questi un riferimento certo nei rapporti con le istituzioni, assicurando una piena assistenza al testimone per tutte le sue necessità;
• l'introduzione di un termine di durata massima delle misure.

La novella del 2001Va preliminarmente ricordato che la legge 13 febbraio 2001, n. 45 - riformando la disciplina contenuta nel decreto-legge del 1991 sui collaboratori di giustizia - ha avuto il merito di codificare la figura autonoma del "testimone di giustizia", essendo tale categoria di soggetti, diversamente dai cd. pentiti, normalmente estranei al circuito criminale. Prima del 2001, infatti, il trattamento del testimone era nella prassi indistintamente equiparato a quello del collaboratore di giustizia previsto dal decreto-legge del 1991 e solo con tale novella la sua posizione viene distinta, sia per quanto riguarda la diversità dei presupposti che consentono l'ammissione alle speciali misure di protezione, sia per quanto riguarda il trattamento. La legge 45/2001 ha, in particolare, introdotto due disposizioni (artt. 16-bis e 16-ter) nel DL 8/1991 dedicate ai soli testimoni di giustizia, che definiscono lo status del testimone, prevedono le relative misure di protezione, estendendo l'ambito dei benefici assistenziali ai testimoni sotto programma di protezione. La disciplina sui testimoni è stata poi integrata per via regolamentare. Soprattutto il D.M. Interno 23 aprile 2004, n. 161, regolamento esecutivo previsto dall'art. 19 della stessa legge del 2001 (art. 17-bis del DL 8/1991), ha svolto, nonostante il carattere di normativa secondaria, un fondamentale ruolo integrativo della scarna disciplina sui testimoni di giustizia introdotta dalla legge del 2001. Ulteriore fonte normativa in materia (comune ai collaboratori) è costituita dal D.Lgs. 29 marzo 1993, n. 119, che reca disposizioni sul cambiamento delle generalità; gli artt. 147-bis e 147-ter delle Disposizioni di attuazione del c.p.p. dettano le modalità di partecipazione alle udienze di coloro che hanno ottenuto tale misura. Altri due regolamenti sono stati emanati in materia di assunzione dei testimoni di giustizia nella pubblica amministrazione (D.M. Interno 18 dicembre 2014, n. 204) e di reinserimento sociale di collaboratori e testimoni di giustizia (D.M. Interno 13 maggio 2005, n. 138). Quest'ultimo regolamento, in particolare, ha disciplinato le modalità di conservazione del posto di lavoro ovvero il trasferimento ad altra sede o ufficio secondo forme e modalità che assicurino la riservatezza e l'anonimato degli interessati nonché le specifiche misure di assistenza e di reinserimento sociale destinate ai minori compresi nelle speciali misure di protezione; ulteriore integrazione (amministrativa) della disciplina sui testimoni concerne i contenuti delle delibere della Commissione centrale presso il Ministero dell'interno (v. ultra), l'organo istituzionalmente deputato all'adozione delle misure e dei programmi di protezione.

Condizioni di applicabilità delle speciali misure di protezione per i testimoni di giustizia (Capo I)

Il Capo I (artt. 1 e 2) della p.d.l. ridefinisce lo status del testimone di giustizia che giustifica l'applicazione delle speciali misure di protezione.
   L'articolo 1 precisa l'ambito di applicazione di tali misure (previste dal Capo II) che - salvo loro dissenso - sono applicate ai testimoni di giustizia e, ove ritenute necessarie (anche qui, salvo dissenso) ,agli "altri protetti"; quest'ultima categoria viene introdotta ex novo e richiama sia le persone stabilmente conviventi col testimone (a qualsiasi titolo), sia coloro i quali, per le relazioni che intrattengono con quest'ultimo, sono esposti a grave, attuale e concreto pericolo (v. ultra, art. 2).
   L'articolo 2 detta una più stringente definizione del testimone di giustizia ai fini dell'applicazione delle misure di tutela, definizione le cui novità, rispetto a quanto attualmente previsto, riguardano in particolare la qualità delle sue dichiarazioni nonchè l'effettività e gravità del pericolo cui è sottoposto.
   Le previsioni dell'art. 16-bis del DL 8/1991 – che definisce attualmente il testimone - sono risultate nella prassi poco aderenti all'attuale realtà che vede sempre più spesso dichiaranti cd. borderline, per lo più imprenditori in rapporto con i clan criminali (a volte vittime, a volte beneficiari - negli affari - di tale vicinanza) nonchè parenti e affini di mafiosi, la cui posizione, ai fini dell'accesso alle misure di protezione, pare opportuno valutare più rigorosamente.

Definizione del testimone di giustiziaIn particolare, è testimone di giustizia colui che:

  • rende dichiarazioni dotate di fondata attendibilità intrinseca (attualmente basta la semplice attendibilità) e rilevanti per le indagini o il giudizio; ai collaboratori di giustizia (art. 9, comma 3, del DL 8/1991) è richiesta l'attendibilità intrinseca delle dichiarazioni, la loro "notevole" importanza e il loro carattere di "novità e completezza";
   L'attendibilità intrinseca delle dichiarazioni appare quella che non necessita di riscontri esterni e che sostanzialmente il giudice desume dalla presenza dei requisiti del disinteresse, della genuinità, della spontaneità, della costanza, della logica interna del racconto (tra le tante, Cassazione, sentenze n. 13279 del 1990; n. 2494 del 1994; n. 2014 del 1996; n. 5567 del 1997; n. 13272 del 1998).
  • assume rispetto al fatto delittuoso oggetto delle sue dichiarazioni la qualità di persona offesa ovvero informata sui fatti o di testimone;
  • non è stato condannato per delitti non colposi connessi a quelli per cui si procede e non ha tratto dolosamente profitto dall'essere venuto in relazione con il contesto criminale su cui testimonia; rispetto all'attuale art. 16-bis, viene precisato che la qualità di testimone non è esclusa nè da comportamenti del dichiarante motivati dall'assoggettamento a singoli e organizzazioni criminali né dal fatto di avere vincoli di parentela, affinità o coniugio con indagati per il delitto per cui si procede o per delitti connessi;
  • non è stato sottoposto a misura di prevenzione e non è in corso un procedimento di applicazione di detta misura (condizione già prevista dalla normativa vigente) da cui - quid novum – si desuma la persistente attualità della pericolosità sociale del soggetto e la ragionevole probabilità di recidiva nella commissione di nuovi gravi delitti;
  • si trova in una situazione di pericolo grave, concreto ed attuale rispetto al quale appaiono inadeguate le misure ordinarie di tutela adottabili dalle autorità di P.S.; la valutazione del pericolo viene messa in relazione alla qualità delle dichiarazioni rese, alla natura del reato, allo stato e grado del procedimento penale nonché alle caratteristiche di reazione dei singoli o dei gruppi criminali oggetto delle dichiarazioni.
    Non è più richiesta - nel testo della Commissione - la contestualità delle diverse condizioni per l'attribuzione della qualifica di "testimone di giustizia". Si rammenta che, attualmente, il combinato disposto degli artt. 9 e 16-bis del DL 8/1991 prevede i requisiti della gravità e attualità del pericolo, senza riferimento, come fa l'art. 2 della p.d.l., alla sua concretezza. Il riferimento anche alla concretezza del pericolo è invece previsto dallo stesso art. 16-bis come necessario ai fini dell'estensione delle speciali misure di protezione ai conviventi e coabitanti del testimone.

Speciali misure di protezione per i testimoni di giustizia e per gli altri protetti (Capo II)

Il Capo II della proposta di legge (artt. 3-8-bis) concerne le speciali misure di protezione.
Diversamente dal DL 8/1991, la locuzione "speciali misure di protezione" (che nel DL non comprende quelle, di maggior tutela, adottate col programma speciale di protezione), è usata dalla p.d.l. in relazione a tutte le misure di diversa natura adottabili nei confronti dei testimoni di giustizia.

Le misure adottabiliL'articolo 3 della proposta di legge - rinviando per le ulteriori misure di dettaglio alle previste norme attuative di cui all'art. 23 - indica la tipologia delle speciali misure di protezione dei testimoni:
misure di tutela (fisica e dei beni);
• misure di sostegno economico;
• misure di reinserimento sociale e lavorativo.
L'individuazione di ulteriori, apposite disposizioni per i minori oggetto delle misure è demandata al citato regolamento di attuazione (art. 23).


Personalizzazione delle misure  L'articolo 4 del provvedimento detta i criteri di scelta delle misure di protezione. Novità fondamentale è il richiamo alla personalizzazione delle misure  (individuate caso per caso) ed adeguate al caso specifico; è precisato, poi, che le misure adottate, salvo temporanee ed eccezionali motivi di sicurezza personale, non possono comportare diminuzione e perdita dei diritti goduti dal testimone prima delle dichiarazioni.
   Altra rilevante previsione che caratterizza la riforma in esame riguarda l'obbligo di garantire di norma al testimone la permanenza nella località di origine e la prosecuzione delle attività ivi svolte (tali misure sono attualmente definite come "speciali misure di protezione") al fine di riprodurre le precedenti condizioni di vita; è però fatta salva la valutazione dell'idoneità della misura da parte dell'autorità giudiziaria e di PS. Il trasferimento in località protetta e il cambio d'identità del testimone (previste, invece, dall'attuale "programma di protezione") diventano ipotesi derogatorie ed eccezionali rispetto alle misure ordinarie, applicabili "quando le altre forme di tutela risultano assolutamente inadeguate rispetto alla gravità e attualità del pericolo" (manca qui il riferimento anche alla "concretezza" del pericolo , cfr art. 2, lett. e) e devono, comunque, tendere a riprodurre le precedenti condizioni di vita. Clausola di chiusura riguarda, in ogni caso, l'obbligo di garantire al testimone e agli altri protetti "un'esistenza dignitosa".

Gli articoli 5, 6 e 7 della proposta in esame disciplinano separatamente, diversamente da quanto ora previsto, le diverse misure di tutela del testimone di giustizia:  misure di sicurezza dell'incolumità del testimone (art. 5); misure di sostegno economico (art. 6); misure di reinserimento sociale e lavorativo (art. 7).


Le misure di tutela del testimone e dei suoi beni  L'articolo 5 indica una serie di misure progressive di tutela in base all'attualità e gravità (manca anche qui la concretezza) del pericolo, volte a garantire l'incolumità del testimone, degli altri protetti e la sicurezza dei loro beni.
  L'art. 5 unifica in una sola disposizione le misure già previste dal decreto-legge del 1991 (art. 13, commi 4 e 5, del DL 8/1991) e dal DM 161/2004, eliminando la distinzione tra misure di protezione adottate nella località di origine e quelle adottate col trasferimento in località protetta (ovvero l'attuale speciale programma di protezione).
  Si tratta delle seguenti:
• misure di vigilanza e protezione;
• misure di natura tecnica per la sicurezza di abitazioni, immobili ed aziende di proprietà del testimone;
• misure di sicurezza per gli spostamenti nel comune di residenza o in altro comune;
• trasferimento in luogo protetto (ipotesi eccezionale ai sensi dell'art. 4 della p.d.l.);
• speciali modalità di tenuta della documentazione e delle comunicazioni del sistema informatico;
• utilizzo di documenti di copertura;
• il cambiamento delle generalità, garantendone la riservatezza anche in atti della PA.
Il sistema delle misure di tutela è "chiuso", infine, dalla previsione dell'utilizzo di "ogni altro accorgimento che si riveli necessario".
Le novità principali rispetto all'attuale disciplina consistono, in particolare, nell'estensione della protezione alle aziende del testimone, e nelle cautele per assicurare la riservatezza del cambiamento delle generalità in atti pubblici.


Le misure economiche  L'articolo 6 detta le misure di sostegno economico spettanti a tutti i testimoni di giustizia, che attualmente – in base al citato art. 16-ter del DL 8/1991 - riguardano, invece, il solo testimone sottoposto al programma di protezione con trasferimento in località protetta. Il sostegno economico ai testimoni oggetto di misure di protezione nel luogo di residenza è invece contingente e a discrezione della Commissione centrale (cfr. ultra, art. 7).
  La disposizione elimina il riferimento all'obbligo di garantire un tenore di vita non inferiore a quello precedente alle dichiarazioni, prevedendo che ai testimoni di giustizia sia assicurata una condizione economica equivalente a quella preesistente. Il riferimento al pregresso tenore di vita si è infatti dimostrato inadeguato e non svolge la funzione reintegrativa che era stata immaginata.
  L'art. 6 prevede una serie di misure di diversa natura ed intensità; tra di esse, le novità consistono nelle seguenti:
• l'esplicita previsione di un rimborso delle spese occasionalmente sostenute dal testimone come esclusiva conseguenza delle speciali misure di protezione;
• il diritto ad un alloggio che si precisa debba essere idoneo a garantire la sicurezza e la dignità dei testimoni (nel caso sia impossibile usufruire della propria abitazione o si sia trasferiti in località protetta); novità rispetto alla disciplina vigente riguardano poi: la previsione che la categoria catastale dell'alloggio fornito debba possibilmente corrispondere a quella della dimora abituale; la possibilità per il testimone di alloggiare, anche con la famiglia, presso strutture comunitarie accreditate dove poter svolgere attività lavorativa;
• l'estensione al testimone dell'assistenza legale nel processo penale in cui il testimone rende dichiarazioni ed è persona offesa dal reato o parte civile; attualmente, l'art. 8, comma 10, del D.M. 161/2004 estende tale assistenza - ma per i soli testimoni sottoposti a programma di protezione - anche ai procedimenti per la tutela di posizioni soggettive lese a causa della testimonianza (si pensi al caso di "abbandono" da parte del testimone di un procedimento giudiziario che lo vede parte in causa determinato dall'applicazione del programma);
• un indennizzo forfetario ed onnicomprensivo determinato in via regolamentare a titolo di ristoro per il pregiudizio subito con l'applicazione delle misure di protezione conseguenti alla testimonianza resa (a meno che il testimone chieda, in giudizio, il risarcimento del danno biologico o esistenziale);
• se le misure adottate comportano il definitivo trasferimento in altra località, l'acquisizione dei beni immobili dei quali è proprietario il testimone al patrimonio dello Stato (dietro corresponsione dell'equivalente in denaro secondo il valore di mercato); l'acquisizione è condizionata - rispetto alle previsioni dell'art. 16-ter del DL 8/1991 - dall'accertata impossibilità di vendita dell'immobile sul libero mercato;
  Permangono in capo al testimone in base all'art. 6 della p.d.l.: il diritto a una somma a titolo di mancato guadagno per la cessazione dell'attività lavorativa del testimone; come nel vigente art. 16-ter, il beneficio è escluso dall'eventuale corresponsione di risarcimenti in base alla legge sull'usura (L. n. 44/1999); il diritto alle spese sanitarie, ove sia impossibile usufruire di strutture pubbliche (art. 8, DM 161/2004).
  Analoga conferma riguarda il diritto del testimone a un assegno periodico derivante dall'impossibilità di svolgere attività lavorativa o di percepirne i proventi a causa delle misure di tutela adottate o per effetto delle dichiarazioni rese; specifiche disposizioni  sono dettate dall'art. 6 per la misura dell'assegno, la sua rideterminazione, integrazione e revoca (con riferimento particolare al riacquisto, anche parziale, della capacità economica); tale misura – ora maggiormente dettagliata - corrisponde all'attuale assegno di mantenimento di cui all'art. 8 del DM 161/2004. L'assegno, in determinate ipotesi, può essere anche capitalizzato dall'avente diritto (v. art. 7).

Le misure di sostegno e reinserimento lavorativoL'articolo 7 è dedicato alle misure di reinserimento sociale e lavorativo del testimone di giustizia (e degli altri protetti) che, come quelle economiche, vedono attualmente una disparità di trattamento in favore del testimone sottoposto al programma speciale di protezione.

Infatti, quando il testimone di giustizia è ammesso alle misure speciali di protezione, l'adozione di misure di reinserimento sociale è solo eventuale (.....la Commissione centrale può adottare interventi contingenti, anche di carattere economico, per agevolarne il reinserimento sociale, art. 12, DM 161/2004),

Le misure previste, salvo eccezioni, sono adottate nei confronti di tutti i testimoni di giustizia.
  Confermata l'attuale disciplina sul diritto alla conservazione del posto di lavoro o al trasferimento presso altre amministrazioni o sedi per i dipendenti pubblici o privati (diversamente da quanto oggi previsto, l'eventuale trasferimento deve però dipendere da ragioni di sicurezza), tra le nuove prerogative in ambito lavorativo si segnala:
• il diritto del testimone, dopo il trasferimento in località protetta (nell'ambito, quindi, del programma speciale di protezione), al tempestivo svolgimento di un'attività lavorativa, anche non retribuita, in base alle proprie inclinazioni; la previsione mira allo sviluppo della persona e alla prosecuzione della sua partecipazione sociale;
• il diritto del testimone, se imprenditore, a beneficiare di specifiche forme di sostegno alla propria impresa, da determinare in via di attuazione; si prevede, ove compatibile l'applicazione della disciplina sulle aziende confiscate dettata dal Codice antimafia;
• la possibile assegnazione di beni da parte dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata;
• il diritto del testimone a un nuovo posto di lavoro, anche temporaneo, con mansioni e posizione equivalenti a quelle che il testimone di giustizia ha perso in conseguenza delle sue dichiarazioni (o che le misure adottate impediscono di svolgere).
  Viene confermato – ma ora esteso a tutti i testimoni di giustizia - in alternativa alla capitalizzazione (e se il testimone non è economicamente autonomo) il diritto all'accesso a un programma di assunzioni presso la PA (fatte salvo quelle che richiedono particolari requisiti), con chiamata nominativa e con qualifica corrispondente ai titoli posseduti, anche in soprannumero e in deroga alla normativa limitativa delle assunzioni. Oggetto di conferma anche il collocamento obbligatorio con precedenza previsto per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata. La disposizione precisa che tale diritto spetta anche ai testimoni di giustizia usciti dal programma di protezione e non più sottoposti alle speciali misure di protezione così come ai testimoni che, prima della riforma del 2001 (L. 45/2001), erano ammessi alle misure o al programma di protezione essendo in possesso dei requisiti previsti dalla normativa previgente. Per coniuge, figli e fratelli del testimone ammessi al programma di protezione e stabilmente conviventi è possibile l'assunzione nella PA solo in via sostitutiva dell'avente diritto che non abbia fatto ricorso al collocamento obbligatorio.
  Le modalità di attuazione del programma di assunzioni sono stabilite dal regolamento, che dovrà dettare anche disposizioni per la sicurezza dei testimoni, per la loro formazione ai fini dell'assunzione nonché i criteri di priorità tra i testimoni, tenendo conto dei benefici già ricevuti (chi ha ricevuto maggiori benefici, avrà quindi meno possibilità di accesso al programma di assunzioni) e delle cause dell'eventuale revoca del programma di protezione.

Attualmente, dal combinato disposto degli artt. 16-ter del DL 8/1991 e degli artt. 1-7 del DM 138 del 2005 deriva il diritto dei testimoni di giustizia che siano dipendenti pubblici e che non possano continuare a svolgere attività lavorativa per motivi di sicurezza, alla conservazione del posto di lavoro, per tutto il periodo di vigenza delle speciali misure di protezione. I testimoni dipendenti pubblici ammessi al programma di protezione sono collocati in aspettativa retribuita presso la stessa amministrazione di appartenenza in attesa della definitiva sistemazione presso altro ufficio della PA. Per i testimoni di giustizia dipendenti privati - sia sottoposti alle speciali misure di protezione che sotto programma di protezione - il posto di lavoro è mantenuto con sospensione degli oneri retributivi e previdenziali a carico del datore di lavoro fino al rientro in servizio. Se gli interessati lo richiedono, compatibilmente con le esigenze di sicurezza, è possibile il trasferimento in altra sede della stessa azienda (anche in province o regioni diverse da quelle in cui sono adottate le misure).

Rimane il diritto del testimone all'accesso a mutui agevolati, per i quali è specificata la possibilità di convenzioni tra Ministero dell'interno e banche.
  Analoga conferma concerne, in alternativa all'assegno periodico di cui all'art. 6, la citata capitalizzazione del costo dello stesso assegno (finora riservata ai soli testimoni sotto programma di protezione) ovvero l'erogazione in favore del testimone di una somma una tantum, quando questi non abbia riacquistato capacità lavorativa o non abbia un proprio reddito equivalente al pregresso. Alla condizione che la capitalizzazione possa avvenire solo in presenza di un progetto concreto di reinserimento socio-lavorativo (DM 161/2001, art. 10) è aggiunta la necessità di una preventiva valutazione della sua fattibilità in relazione alle condizioni di mercato, alle capacità del singolo e alla situazione di pericolo. Soprattutto, si prevede che la somma - la cui quantificazione è demandata al regolamento di attuazione (e che ora può essere riferita ad un periodo fino a 10 anni di mantenimento) - non venga erogata, come ora, in un'unica tranche bensì gradualmente in relazione alla progressiva realizzazione del progetto lavorativo; ove il testimone lo richieda o non sia in grado di lavorare, la capitalizzazione può essere corrisposta mediante piani di investimento o di erogazioni rateali. Come norma di chiusura, si prevede la possibilità di adozione di misure straordinarie, eventualmente necessarie, atte a favorire il reinserimento sociale e lavorativo del testimone di giustizia e degli altri protetti.

La durata delle misureL'articolo 8 stabilisce, in generale, un termine massimo di durata di sei anni delle speciali misure di protezione (sia di tutela che di assistenza economica e reinserimento lavorativo) fissato dalla Commissione centrale presso il Ministero dell'interno, fatte salve le periodiche verifiche sulla gravità e attualità del pericolo e sull'idoneità delle misure. Le misure potranno, tuttavia, protrarsi oltre tale limite su richiesta motivata dell'autorità giudiziaria che le ha proposte.

La legge non prevede attualmente un termine di durata massima delle misure di protezione (sia di tutela fisica che di assistenza) per i testimoni sotto programma speciale di protezione; l'art. 16-ter del DL 8/1991 ne stabilisce la permanenza fino alla effettiva cessazione del rischio, indipendentemente dallo stato e dal grado in cui si trova il procedimento penale in relazione al quale i soggetti destinatari delle misure hanno reso dichiarazioni. Tale disposizione sembra differenziare la disciplina sui testimoni da quella sui collaboratori per i quali l'art. 13-quater dello stesso DL 8/1991 prevede, in ogni caso, la temporaneità del sistema tutorio. Nulla dice, invece, la legge sulla durata delle misure cui sono sottoposti i testimoni oggetto delle speciali misure di protezione, che quindi possono, come le altre protrarsi sine die.
Per quanto riguarda la durata. Tale disciplina è stata  integrata per via amministrativa dal regolamento ministeriale (DM 161/2004) che ha previsto (art. 10) che tutte le misure di protezione sono a termine. Sia per i testimoni che per i collaboratori – fermi restando gli obblighi di verifica periodica delle misure - il termine di durata massima di 5 anni (prorogabile) delle misure tutorie. In caso di mancata indicazione, il termine di durata è di un anno

In specifica relazione alle misure di tutela di cui all'art. 5 ne viene stabilita, da un lato, la permanenza fino a che il pericolo per il testimone rimanga grave, concreto ed attuale, dall'altro ne viene previsto, ove possibile, il progressivo affievolimento.
  Per quanto riguarda le altre misure di sostegno economico-lavorativo di cui agli artt. 6 e 7 (che l'art. 16-ter del DL 8/1991 prevede, attualmente, possano protrarsi anche cessata la protezione e fino al raggiungimento della possibilità di godere di un reddito proprio) si prevede che – se al termine dell'adozione delle misure non sia raggiunta autonomia lavorativa o non si goda di un proprio reddito - il testimone dovrà accedere o alla capitalizzazione del costo dell'assegno periodico o a un programma di assunzioni nella pubblica amministrazione (v. ante, art. 7).
  E' introdotta infine una disposizione che prevede il diritto del testimone trasferito in luogo protetto, al termine della misura, di vedersi corrisposto dallo Stato il prezzo dell'immobile che possiede nella località d'origine e che deve essere quindi acquisito al patrimonio statale.
  Stante la rubrica dell'art. 8 (Durata delle speciali misure di protezione) potrebbe essere opportuna, per esigenze sistematiche, una diversa collocazione di tale, ultima disposizione.

La Commissione centrale presso il Ministero dell'internoL'articolo 9 modifica l'art. 10 del DL 8/1991 innovando in particolare la composizione della Commissione centrale presso il Ministero dell'interno cui, su richiesta dell'autorità giudiziaria, compete decidere sull'adozione delle diverse misure di protezione nonché sulle eventuali vicende modificative. La composizione della Commissione è integrata da un avvocato dello Stato ed è prevista la nomina di un vicepresidente.

  Attualmente, presidente della Commissione centrale (composta da otto membri) è un Sottosegretario di Stato all'interno. Ne fanno parte, poi, due magistrati e cinque funzionari e ufficiali preferibilmente scelti tra coloro che hanno maturato specifiche esperienze nel settore e che siano in possesso di cognizioni relative alle attuali tendenze della criminalità organizzata, ma che non sono addetti ad uffici che svolgono attività di investigazione, di indagine preliminare sui fatti o procedimenti relativi alla criminalità organizzata di tipo mafioso o terroristico-eversivo

L'art. 9 demanda, poi, ai regolamenti di attuazione la dotazione di personale e mezzi della segreteria che coadiuva la Commissione (attualmente, i compiti di segreteria sono svolti da personale dell'Ufficio per il coordinamento e la pianificazione delle forze di polizia).

Applicazione, modifica, proroga e revoca delle speciali misure di protezione (Capo III)

Le disposizioni transitorie e di coordinamentoIl Capo III della p.d.l. (artt. 9-18) detta una serie di disposizioni concernenti le misure e i programmi di protezione, il referente del testimone, l'audizione del testimone, i casi di interventi urgenti e misure finanziarie.
   L'articolo 10 rinvia, in quanto compatibili, a una serie di disposizioni del decreto-legge 8/1991 per il procedimento di applicazione, modifica, proroga e revoca delle speciali misure e l'attuazione dei programmi di protezione e per quanto non espressamente disciplinato dalla proposta di legge.
Sempre a fini applicativi della nuova disciplina - in via transitoria fino all'adozione del nuovo regolamento di attuazione di cui all'art. 23 della p.d.l. – si ricorre per specifiche finalità alle disposizioni dei regolamenti ministeriali attuativi dell'art. 17-bis del DL 8/1991 (sostanzialmente, il DM 161 del 2004 - essendo il DM 144 del 2006 riferito al trattamento penitenziario dei detenuti-collaboratori di giustizia - nonché il regolamento per l'assunzione dei testimoni di giustizia nella PA, DM 204 del 2014).

L'articolo 11 coordina la disciplina sulla proposta di ammissione alle speciali misure di protezione (prevista dall'art. 13 del DL 8/1991) al nuovo status del testimone.
  La proposta alla Commissione centrale, infatti, deve contenere anche l'attestazione della sussistenza dei requisiti del testimone di giustizia indicati dall'art. 2 della proposta di legge (v. ante) .

Attualmente è prevista dal citato art. 13 l'indicazione, quantomeno sommaria, dei fatti sui quali il soggetto interessato ha manifestato la volontà di testimoniare e dei motivi per i quali la collaborazione è ritenuta attendibile e di notevole importanza nonchè degli elementi di cui all'art. 11, comma 7, dello stesso DL 8/1991 (cioè le notizie e gli elementi utili alla valutazione sulla gravità e attualità del pericolo cui i testimoni sono o possono essere esposti; le eventuali misure di tutela già adottate e i motivi per cui queste non appaiono adeguate).

Sulla proposta di ammissione - ove la testimonianza riguardi delitti di mafia, terrorismo ed altri delitti di particolare allarme sociale (art. 51, commi 3-bis, ter e quater, c.p.p.) – è resa obbligatoria la richiesta di parere del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, ora solo eventuale (art. 11, comma 5, DL 8/1991). L'art. 10 prevede - anche in riferimento all'acquisizione delle notizie sull'attualità, concretezza e gravità del pericolo cui sarebbe sottoposto il testimone – che la Commissione richieda informazioni, oltre che al Servizio centrale di protezione, anche al prefetto del luogo di dimora del testimone. Infine, si prevede la trasmissione al tribunale dei minorenni , per le eventuali determinazioni di competenza, della proposta di misure di protezione che riguardi minori in condizioni di disagio familiare e/o sociale.

Gli articoli 12 e 13 riguardano l'applicazione del piano provvisorio e del programma definitivo di protezione.
Il piano provvisorio di protezione   L'articolo 12, in particolare, prevede modifiche all'attuale disciplina del piano provvisorio di protezione .
  Sebbene le misure provvisorie siano sempre adottate in presenza delle condizioni di cui all'art. 13 del DL 8/1991 (situazioni di particolare gravità e richiesta dell'autorità giudiziaria proponente), la disciplina del piano prevede sostanziali novità.
  Anzitutto:
•  i tempi della decisione sono resi più stringenti; la deliberazione del piano provvisorio delle misure di protezione avviene di regola senza formalità ed è assunta senza indugio e, in ogni caso, entro la prima seduta successiva alla proposta dell'autorità giudiziaria proponente; tale procedura è ora solo eventuale (su richiesta dell'autorità proponente e in presenza di situazioni di particolare gravità);
non è richiesta una maggioranza qualificata per la deliberazione (attualmente serve la maggioranza dei componenti e la presenza di almeno 5 commissari);
• il piano deve assicurare sempre condizioni di vita congrue rispetto alle precedenti;
• con la deliberazione del piano, la Commissione deve nominare un referente del testimone di giustizia (si tratta di una delle maggiori novità della riforma, v. art. 14) che, in sede di programma preliminare, ha anzitutto compiti informativi del testimone sui contenuti delle misure e sui suoi diritti e doveri. Il referente deve poi trasmettere: all'autorità proponente tutta la documentazione inerente allo stato personale, familiare, patrimoniale nonché a eventuali procedimenti penali, civili e amministrativi in cui è parte il testimone; alla Commissione centrale le informazioni sulle condizioni personali, familiari, patrimoniali del testimone nonché chiedere alla stessa Commissione la nomina, ove richiesto, di una figura professionale di supporto psicologico;
è ridotto da 180 a 90 gg. il termine (prorogabile, in alcuni casi, fino a 180 gg.) al cui decorso - in assenza di richiesta di applicazione del programma definitivo da parte dell'autorità giudiziaria proponente e di deliberazione della Commissione - il piano provvisorio perde efficacia (attualmente, il termine ordinario è di 180 gg.); in tal caso, può essere disposta dalla Commissione la prosecuzione provvisoria per il tempo necessario alla deliberazione. Il termine di 90 gg. è prorogabile fino a 180 con provvedimento motivato dell'autorità giudiziaria.


Il programma definitivo di protezione   Anche la disciplina sul programma definitivo di protezione risulta modificata (articolo 13).
In particolare, sono da segnalare tra le novità:
l'espressa accettazione del programma; attualmente, le misure sono "sottoscritte" dagli interessati (art. 12, DL 8/1991 e 12 DM 161/2004) che contestualmente assumono gli impegni di cui all'art. 12 del DL 8/1991;
• la possibilità di modifica o revoca del programma definitivo (come di quello provvisorio) può avvenire in reazione all'attualità, concretezza e gravità del pericolo (rispetto a quanto previsto dall'art. 13-quater DL 8/1991 è aggiunto il requisito della "concretezza", in coordinamento con il contenuto dell'art. 2 della p.d.l.) nonché in relazione alle esigenze degli interessati;
• l'introduzione di un termine per decidere sulla richiesta di modifica o revoca (20 gg. dalla richiesta), ora non stabilito; sono previsti i pareri del referente e dell'autorità giudiziaria (se non hanno chiesto loro la modifica-revoca) e, eventualmente, del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo;
• l'introduzione di un termine semestrale per la verifica periodica del programma da parte della Commissione; attualmente, l'art. 13-quater del DL 8/1991 prevede che, nel provvedimento con il quale ammette il soggetto alle speciali misure di protezione, la Commissione centrale indichi il termine, non superiore a cinque anni e non inferiore a sei mesi, entro il quale deve comunque procedersi alle verifiche sulla modifica o sulla revoca. Se il termine non è indicato, esso è di un anno dalla data del provvedimento (fermo restando l'obbligo di procedere alle verifiche se lo chieda l'autorità giudiziaria che ha formulato la richiesta).

Viene, infine, precisato che la modifica o revoca del programma definitivo non ha effetto sull'applicabilità dell'art. 147-bis delle norme di attuazione al c.p.p. (modificato dall'art. 21 delle p.d.l.) dovendosi, comunque, prevedere la partecipazione al dibattimento a distanza da parte del testimone. 

L'attuazione dei programmi: il Servizio centrale di protezioneL'articolo 14 stabilisce l'affidamento delle modalità esecutive delle misure di protezione al Servizio centrale di protezione, la cui disciplina sostanziale è contenuta nell'art. 14 del DL 8/1991.

L'art. 14 del DL 8/1991 definisce il Servizio centrale di protezione come la struttura interforze deputata all'attuazione e alla specificazione delle modalità esecutive del programma speciale di protezione deliberato dalla Commissione centrale del Ministero dell'interno. Istituito nell'ambito del Dipartimento della pubblica sicurezza (con decreto del Ministro dell'interno, che ne stabilisce la dotazione di personale e di mezzi, anche in deroga alle norme vigenti) il Servizio provvede sostanzialmente alla tutela, all'assistenza e a tutte le esigenze di vita delle persone beneficiarie della protezione. Il Servizio è articolato in due sezioni, dotate ciascuna di personale e di strutture differenti e autonome, aventi competenza l'una sui collaboratori di giustizia e l'altra sui testimoni di giustizia; sul territorio nazionale il Servizio di protezione è articolato in 19 nuclei periferici (i cd. NOP, nuclei operativi di protezione).

Due le novità principali della nuova disciplina:
il coinvolgimento del Servizio centrale anche in relazione all'esecuzione del piano provvisorio di protezione (ora si occupa dell'esecuzione del solo programma speciale di protezione; le misure di protezione, provvisorie e definitive, nel luogo di residenza del testimone sono, invece eseguite dagli organi di polizia sul territorio);
l'individuazione, nell'ambito della sezione dell'ufficio che si occupa dei testimoni, del referente del testimone di giustizia (v. ultra, art. 14).


Il referente del testimone di giustizia   Tra le novità di maggior rilievo della riforma in esame è prevista dall'articolo 15 la citata istituzione della figura del referente specializzato del testimone di giustizia individuato nel competente ufficio del Servizio centrale di protezione che lo assiste per tutta la durata delle misure e anche successivamente, fino al riacquisto dell'autonomia economica. Tale previsione risponde all'esigenza, manifestata anche nel corso di numerose audizioni presso la Commissione antimafia, di fornire al testimone di giustizia un costante punto di riferimento che funga da supporto e da intermediario tra questi e la Commissione centrale nel corso del programma di tutela per tutte le problematiche che si manifestino a seguito dell'adozione delle diverse misure.
   Tra i compiti di assistenza che l'art. 14 assegna al referente, i principali riguardano: la puntuale informazione del testimone sui diritti che la legge gli assicura e sulle conseguenze derivanti dall'attuazione delle misure; l'informazione alla Commissione centrale sull'andamento del programma e sulla eventuale sua necessità di adeguamento; l'individuazione e quantificazione del patrimonio del testimone (attivo e passivo), che lo stesso referente deve aiutare a gestire (o gestire direttamente); le proposte sui progetti di reinserimento nel mondo del lavoro; la predisposizione dei progetti di capitalizzazione; l'assistenza nella periodica rendicontazione alla Commissione centrale delle somme assegnate al testimone.

L'audizione dei testimoniL'articolo 16 – nell'ottica di mantenere un filo diretto tra le istituzioni preposte e i testimoni – prevede per i testimoni di giustizia e gli altri protetti la possibilità in qualunque momento del programma, anche preliminare, di essere sentiti personalmente dalla Commissione centrale e dal Servizio centrale di protezione. L'audizione ha luogo entro 30 giorni dalla richiesta.

Le misure urgentiL'articolo 17 riguarda la disciplina della somma urgenza prevista dal vigente art. 13, comma 1, del DL 8/1991. Quando, infatti, ricorrano situazioni di particolare gravità e urgenza e non ci sia il tempo di attendere la deliberazione della Commissione centrale, si prevede nelle more della decisione:
• che il presidente della Commissione centrale può autorizzare la prosecuzione del piano provvisorio di protezione (attualmente, tale prerogativa è concessa al presidente in via ordinaria);
• che il Capo della Polizia, direttore generale della PS, può autorizzare il prefetto – dietro sua motivata richiesta - ad avvalersi, per l'attuazione di misure provvisorie, degli stanziamenti "riservati" previsti dall'art. 17 del DL 8/1991 (per i quali sono dettati obblighi di relazione del Capo della polizia al Ministro dell'interno); la possibilità di accedere ai fondi riservati è già dettata dall'art. 13 del DL 8/1991  ma viene ora precisato dall'art. 16 in esame che il prefetto può, a tal fine, avvalersi del Servizio centrale di protezione.

Rafforzamento della natura riservata dei finanziamenti per le le misure di protezioneL'articolo 18 integra il contenuto del comma 4 dell'art. 17 del DL 8/1991 che precisa la natura riservata e non soggetta a rendicontazione degli interventi finanziari relativi alle misure di protezione.
Viene ulteriormente precisato dall'art. 16-bis che gli interventi in questione non sono soggetti alle norme sulla tracciabilità dei pagamenti e sulla fatturazione elettronica

Disposizioni finali e transitorie (Capo IV)


Abrogazioni   Il Capo IV (artt. 19-26) si apre – per esigenze di coordinamento con l'art. 11, comma 3, della p.d.l.- con l'abrogazione dell'art. 12, comma 3, del DL 8/1991 che, in sede di assunzione degli impegni, esonera i testimoni di giustizia dall'obbligo di specificare tutti i beni posseduti e controllati. Analoga abrogazione riguarda, per lo stesso motivo, il capo II-bis dello stesso decreto-legge ovvero gli artt. 16-bis e 16-ter del DL 8/1991 che, nel decreto, riguardano le disposizioni relative ad applicazione e contenuto delle speciali misure di protezione, dedicate ai soli testimoni di giustizia (articolo 19).
Ai fini dell'abrogazione è fatto salvo quanto previsto dall'articolo 9 della proposta di legge (ovvero l'applicazione, ove compatibili, di alcune disposizioni del DL 8/1991, tra cui l'art. 12).
Occorrerebbe valutare se la clausola di salvaguardia di quanto previsto dall'articolo 9 della proposta di legge sottragga all'abrogazione alcune disposizioni del decreto-legge 8/1991. Sarebbe a tal fine da valutare la possibilità di individuare direttamente le disposizioni non investite dall'abrogazione.

Estensione dell'incidente probatorioL'articolo 20 modifica l'art. 392 c.p.p. estendendo (comma 1, lett. d) anche ai testimoni di giustizia la possibilità di essere ascoltati con incidente probatorio durante le indagini preliminari. Attualmente, tale forma di assunzione della prova è prevista per i soli collaboratori di giustizia.

Aggravante della calunniaL'articolo 21 introduce nell'ordinamento un'aggravante ad effetto speciale del reato di calunnia, consistente nell'avere commesso il reato per usufruire delle speciali misure di protezione in favore dei testimoni di giustizia previste dalla legge. L'aggravante comporta l'aumento da un terzo alla metà della pena base prevista per la calunnia dall'art. 368 c.p. (reclusione da 2 a 6 anni). Se uno dei benefici è stato ottenuto, l'aumento è dalla metà ai due terzi.

Norma transitoriaL'articolo 22 detta una disposizione transitoria secondo cui è testimone di giustizia colui che, alla data di entrata in vigore della nuova legge, è sottoposto al programma o alle speciali misure di protezione.

Esame a distanza dei testimoniL'articolo 23 integra il contenuto dell'art. 147-bis, comma 3, delle norme di attuazione del codice processuale penale con una nuova lett. a-bis) che aggiunge anche le persone ammesse al programma preliminare o a quello definitivo per la protezione dei testimoni di giustizia tra i soggetti il cui esame in dibattimento avviene, di regola, a distanza.

   L'art. 147, comma 3, lett. a) attualmente dispone che salvo che il giudice ritenga assolutamente necessaria la presenza della persona da esaminare, l'esame si svolge a distanza secondo le modalità previste dal medesimo articolo (al dal comma 2), in determinati casi, tra cui (lett. a)) quando l'esame è disposto nei confronti di persone ammesse al piano provvisorio di protezione previsto dall'articolo 13, comma 1, del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82,  o alle speciali misure di protezione di cui al citato articolo 13, commi 4 e 5, del medesimo decreto-legge.

Andrebbe valutata l'opportunità di chiarire maggiormente la differenza con la previsione di cui alla lett. a) del comma 3 dell'art. 147-bis c.p.p. con particolare riferimento agli ammessi al programma preliminare di protezione che sembrano, in particolare, corrispondere agli ammessi al piano provvisorio.

Sito InternetViene inoltre considerata dall'articolo 24 della proposta di legge una misura che possa portare ad anticipare il momento della tutela del testimone di giustizia. Per assicurargli una adeguata informazione preventiva, l'articolo 22 prevede l'istituzione di una speciale sezione del sito Internet del Ministero dell'Interno dedicata ai testimoni di giustizia; la sezione fornisce in forma chiara tutte le informazioni sui programmi di protezione e sui diritti e doveri del testimone.

Regolamento di attuazioneL'articolo 25 stabilisce l'adozione di uno o più regolamenti di attuazione della legge in esame, adottati ex art. 17 della L. 400/1988 dal Ministro dell'interno, di concerto con quello della giustizia, sentita la Commissione centrale presso il Ministero dell'interno.
La disposizione sembra riferirsi all'art. 17, terzo comma, L. 400/1988: potrebbe in tal senso essere opportuno precisare il riferimento normativo.
Sul regolamento relativo al Servizio centrale di protezione adottato con DM Interni, di concerto di concerto con quello dell'economia, sentita la Commissione centrale, è necessario il previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.

Relazione al ParlamentoL'articolo 26 della proposta conferma, infine, in capo al Ministro dell'interno gli obblighi di relazione semestrale al Parlamento (ex art. 16, DL 8/1991) sulle misure di protezione dei testimoni di giustizia, sulla loro efficacia e sulle modalità di applicazione senza riferimento nominativi.
  In particolare, oltre al numero dei testimoni e degli altri protetti, andranno in tale sede precisate, rispetto a quanto attualmente previsto, le spese di assistenza economica sostenute e le elargizioni straordinarie concesse ai testimoni oltre che le esigenze strumentali od operative connesse alla funzionalità del Servizio centrale di protezione e dei suoi uffici sul territorio.


Discussione e attività istruttoria in Commissione in sede referente

 La Commissione Giustizia ha avviato l'esame della proposta di legge A.C. 3500 (Bindi) il 7 settembre 2016. La Commissione, dopo aver approvato nella seduta del 1° febbraio 2017 numerosi emendamenti al testo, il successivo 23 febbraio ha conferito ai due relatori (on.li D'ambruoso e Mattiello) il mandato a riferire in senso favorevole all'Assemblea.

La Commissione ha svolto in merito alla proposta di legge una indagine conoscitiva, deliberata nella seduta del 25 ottobre 2016.

Nel corso dell'indagine sono stati auditi diversi rappresentanti della magistratura:

  • nella seduta del 25 ottobre 2016 sono stati sentiti: Francesco Lo Voi, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo; Federico Cafiero De Raho, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria; Giovanni Colangelo, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli; Francesco Greco, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano e Michele Prestipini Giarritta, Procuratore aggiunto presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Roma;
  • nella seduta del 26 ottobre 2016 sono stati sentiti Armando Spataro, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino; Franco Roberti, Procuratore nazionale antimafia ed antiterrorismo; Maurizio De Lucia, Sostituto procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo e Filippo Bubbico, Presidente della Commissione centrale per la definizione e applicazione delle speciali misure di protezione;

I pareri espressi dalle Commissioni in sede consultiva

Sul testo approvato dalla Commissione Giustizia le Commissioni I (Affari costituzionali), XI (Lavoro) e la Commissione parlamentare per le questioni regionali hanno espresso parere favorevole .

La Commissione VI (Finanze) ha espresso parere favorevole con due osservazioni.

- la prima relativa alla necessità di coordinare le disposizioni relative al diritto del testimone di giustizia trasferito dalla località d'origine di veder acquisire i suoi beni immobili al patrimonio dello Stato ovvero vedersi corrisposto l'equivalente in denaro;

- la seconda sull'opportunità di prevedere che l'Agenzia delle entrate sia coinvolta nella predisposizione dei regolamenti attuativi, limitatamente all'attuazione delle misure sul sostegno economico del testimone.

La Commissione XII (Affari sociali) ha espresso parere favorevole con la condizione che all'articolo 23 si preveda che il regolamento di attuazione, volto a predisporre apposite disposizioni per i minori compresi nelle speciali misure di protezione, sia adottato con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

La Commissione X (Attività produttive) ha comunicato la volontà di non esprimere il parere. La Commissione V (Bilancio) si è riservato di esprimere il parere nel corso dell'esame in Assemblea.