Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Modifica all'articolo 59 del codice penale, in materia di difesa legittima - A.C. 2892-A Elementi per l'esame in Assemblea
Riferimenti:
AC N. 2892/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 370    Progressivo: 1
Data: 04/03/2016
Descrittori:
CIRCOSTANZE ATTENUANTI ED ESIMENTI   CODICE PENALE
Organi della Camera: II-Giustizia


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Modifica all'articolo 59 del codice penale, in materia di difesa legittima

4 marzo 2016
Elementi per l'esame in Assemblea


Indice

Il quadro normativo|La giurisprudenza in materia di legittima difesa|Il contenuto della proposta di legge|Discussione e attività istruttoria in Commissione in sede referente|I pareri espressi dalle Commissioni in sede consultiva|


Il quadro normativo

L'istituto della legittima difesa trova il suo fondamento nella necessità di autotutela della persona che si manifesta nel momento in cui, in assenza dell'ordinaria tutela apprestata dall'ordinamento, viene riconosciuta entro determinati limiti una deroga al monopolio dello Stato dell'uso della forza (vim vi repellere licet). La relativa disciplina è contenuta nell'art. 52 del codice penale.

I requisiti della legittima difesa nell'art. 52 - in presenza dei quali è esclusa la punibilità - risultano (primo comma):

  • l'esistenza di un diritto da tutelare (proprio o altrui);
  • la necessità della difesa;
  • l'attualità del pericolo;
  • l'ingiustizia dell'offesa;
  • il rapporto di proporzione tra difesa e offesa.

Il La legittima difesa dalle intrusioni nel domiciliosecondo e terzo comma dell'art. 52 sono stati aggiunti dalla legge n. 59 del 2006 che ha introdotto la cd. legittima difesa domiciliare (o legittima difesa allargata). Mediante il riferimento all'art. 614 c.p. (violazione di domicilio)  è stabilito il diritto all'autotutela in un domicilio privato (secondo comma) oltre che in un negozio o un ufficio (terzo comma). In tali ipotesi, è autorizzato il ricorso a "un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo" per la difesa legittima della "propria o altrui incolumità"  o dei "beni propri o altrui"; in relazione alla difesa dei beni, ai fini della sussistenza della scriminante: a) il reo non deve avere desistito (dall'azione illecita) b) deve sussistere il pericolo di aggressione.

In presenza delle indicate condizioni, è stata introdotta una sorta dipresunzione legale del requisito di proporzionalità tra difesa e offesa.

Va rilevato come l'art. 52, secondo comma, non chiarisca espressamente a quali beni si riferisce il pericolo di aggressione (bene della vita e incolumità personale e/o beni patrimoniali). Tuttavia, che tale pericolo debba intendersi riferito alla vita e alla incolumità delle persone presenti nel domicilio, oltre che da motivi sistematici, si ricava dagli stessi lavori preparatori della legge 59/2006.
Si ricorda poi che che l'art. 2, comma 2, della CEDU, ammette la liceità dell'uccisione di una persona da parte del soggetto aggredito soltanto ove tale comportamento risulti "assolutamente necessario" per respingere una violenza illegittima in atto contro una persona e non una mera aggressione al patrimonio.
Complementare alla legittima difesa appare il tema dell'abuso della scriminante di cui all'art. 52. Si parla di eccesso colposo di legittima difesa, a fronte di una reazione di difesa eccessiva: non c'è volontà di commettere un reato ma viene meno il requisito della proporzionalità tra difesa ed offesa configurandosi un'errata valutazione colposa della reazione difensiva. L'art. 55 c.p. prevede che quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53 e 54, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall'ordine dell'autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo.
E' quindi interesse del soggetto che ha difeso il diritto proprio o altrui indicare i fatti e le circostanze dai quali si evince l'esistenza della scriminante. La valutazione è rimessa al libero convincimento del giudice, che terrà conto di un complesso di circostanze oggettive: anche in tal caso, si tratta dell'esistenza di un pericolo attuale o di un'offesa ingiusta; dei mezzi di reazione a disposizione dell'aggredito e del modo in cui ne ha fatto uso; del bilanciamento tra l'importanza del bene minacciato dall'aggressore e del bene leso da chi reagisce.

La giurisprudenza in materia di legittima difesa

La giurisprudenza successiva alla riforma del 2006 ha, in definitiva, dimostrato come la presunzione legale introdotta  per la violazione di domicilio non sia stata in grado di superare i rigorosi limiti di liceità della legittima difesa previsti dall'art. 52, primo comma, del codice penale. Tale presunzione - secondo giurisprudenza consolidata -  incidendo solo sul requisito della proporzione, non fa venir meno  la necessità da parte del giudice di accertare la sussistenza degli altri requisiti, il pericolo attuale, l'offesa ingiusta e la necessità-inevitabilità della reazione difensiva a mezzo delle armi  (in tal senso, tra le altre, Cassazione, sentenze n. 691/2013, n. 23221/2010, n. 25653/2008, n. 16677/2007).

Secondo una recente pronuncia (Cassazione, sentenza n. 50909 del 2014), in tema di legittima difesa, la legge n. 59 del 2006, introducendo il comma secondo dell'art. 52 del codice penale, ha stabilito la presunzione della sussistenza del requisito della proporzione tra offesa e difesa, quando sia configurabile la violazione del domicilio dell'aggressore, ossia l'effettiva introduzione del soggetto nel domicilio altrui, contro la volontà di colui che è legittimato ad escluderne la presenza, ferma restando la necessità del concorso dei presupposti dell'attualità dell'offesa e della inevitabilità dell'uso delle armi come mezzo di difesa della propria o altrui incolumità. La Cassazione ha ritenuto che lo stesso ingresso fraudolento o clandestino nella dimora dell'aggredito, in carenza sempre della aggressione o della esposizione della controparte ad un pericolo alla propria vita o incolumità, non acquisisca rilievo per invocare la scriminante della legittima difesa; la Suprema Corte ha negato l'esimente in presenza di "un'indiscriminata reazione nei confronti del soggetto che si introduca fraudolentemente nella propria dimora" (v. sentenza n. 12466 del 2007).

Come previsto dall'art. 52, secondo comma, c.p., nell'ipotesi in cui l'aggredito agisca per difendere beni patrimoniali necessita il duplice requisito della non desistenza e del pericolo di aggressione.

Secondo la giurisprudenza, la non desistenza ha bisogno della persistente attualità dell'aggressione al patrimonio; sostanzialmente, il requisito manca se, ad esempio, il ladro si dia alla fuga abbandonando la refurtiva. Al contrario, non vi è desistenza se il ladro si sia dato alla fuga con la refurtiva (l'aggressione ai beni patrimoniali è, quindi, in corso); in tal caso, di regola, per la sussistenza della legittima difesa manca l'ulteriore requisito del pericolo di aggressione alla vita e all'incolumità del proprietario che solo potrebbe legittimarlo all'uso delle armi

Proprio la legittimità della difesa dei beni patrimoniali è stata oggetto di pronunce che - ferma restando la necessità del doppio citato requisito (non desistenza e pericolo di aggressione) -  ha sempre valutato rigorosamente anche la presunzione del rapporto di proporzionalità tra difesa e offesa di cui al secondo comma dell'art. 52. Importanza dirimente continua ad avere, ai fini del giudizio di proporzione, il confronto tra il bene dell'aggredito (posto in pericolo dall'aggressore) e il bene dell'aggressore (posto in pericolo dalla reazione dell'aggredito). In tale direzione, le posizioni giurisprudenziali (oltre che dottrinarie) in materia appaiono consolidate fin dai primi casi considerati dopo la riforma del 2006. 

Nella sentenza n. 32282 del 29 settembre 2006 - successiva alla novella introdotta all'art. 52 c.p. -  la Cassazione affrontò un caso in cui all'imputato era contestato l'eccesso di legittima difesa per avere esploso un colpo di pistola dalla finestra dell'abitazione contro la  vittima in fuga, che in seguito era deceduta per le lesioni riportate (quest'ultimo si era introdotto nella sua abitazione per un tentativo di furto, previa effrazione di una finestra). Dopo che in primo grado l'imputato era stato assolto (perché il fatto non sussiste), la Corte di appello di Napoli, in riforma della sentenza impugnata, riconosceva la responsabilità penale dell'imputato. Secondo i giudici di legittimità, anche dopo la novella legislativa del 2006, non viene meno il rapporto di proporzione di cui al primo comma dell'art. 52 c.p. e si concretizza l'esimente quando l'uso di un'arma ha come fine ultimo quello di "difendere la propria o altrui incolumità" ovvero "i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione". La Corte ha ritenuto, pertanto, l'imputato colpevole dell'eccesso di legittima difesa, in quanto dalle risultanze processuali si evinceva che non sussisteva un "pericolo di aggressione" e la vittima, dandosi alla fuga, aveva in sostanza desistito dal suo iniziale intento aggressivo. Per la Cassazione, l'uso di un'arma, legittimamente detenuta, per integrare la scriminante della legittima difesa, deve essere vagliato secondo il criterio della proporzione di cui al primo comma art. 52 c.p e tale valutazione deve pur sempre operare in relazione alla situazione concreta sussistente nel momento in cui si faccia uso dell'arma.

Analoghe posizioni sono state confermate più recentemente; Cassazione, sentenza n. 28802 del 3 luglio 2014, ha ritenuto che, anche la presunzione legale di proporzionalità nella legittima difesa domiciliare non può giustificare l'uccisione con uso legittimo delle armi di un ladro introdottosi in casa quando sia messo in pericolo soltanto un bene patrimoniale dell'aggredito (anche nel caso in oggetto, il proprietario, dopo aver sorpreso il ladro in casa, gli aveva sparato dalla finestra della propria abitazione per impedire il furto della propria autovettura). 


Il contenuto della proposta di legge

L'originaria proposta di legge A.C. 2892 aggiunge all'art. 52 del codice penale un ultimo comma, che introduce una nuova presunzione legale in materia di legittima difesa domiciliare.

La causa di non punibilità dell'art. 52 ricorre quando l'aggredito compie atti volti a respingere l'ingresso (in una abitazione privata o in ogni altro luogo ove sia esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale) mediante effrazione o contro la volontà del proprietario con violenza o minaccia di uso di armi da parte di persona travisata o di più persone riunite.

A seguito dell'approvazione di un emendamento presentato dal deputato Ermini, l'articolo unico del testo all'esame dell'Assemblea, pur interessando la legittima difesa, interviene tuttavia per modificare l'art. 59 del codice penale, che apre il Capo II, Titolo III, del Libro I, relativo alle circostanze del reato.

c.p. art. 59. Circostanze non conosciute o erroneamente supposte.
Le circostanze che attenuano o escludono la pena sono valutate a favore dell'agente anche se da lui non conosciute, o da lui per errore ritenute inesistenti.
Le circostanze che aggravano la pena sono valutate a carico dell'agente soltanto se da lui conosciute ovvero ignorate per colpa o ritenute inesistenti per errore determinato da colpa.
Se l'agente ritiene per errore che esistano circostanze aggravanti o attenuanti, queste non sono valutate contro o a favore di lui.
Se l'agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della pena, queste sono sempre valutate a favore di lui. Tuttavia, se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo.

In particolare, il provvedimento aggiunge un comma in base al quale, nella legittima difesa domiciliare (art. 52, secondo comma, c.p.), è sempre esclusa la colpa della persona legittimamente presente nel domicilio che usa un'arma legittimamente detenuta contro l'aggressore, se sussiste la simultanea presenza di due condizioni:

  • se l'errore riferito alla situazione di pericolo e ai limiti imposti è conseguenza di un grave turbamento psichico;
  • se detto errore è causato, volontariamente o colposamente, dalla persona contro cui è diretto il fatto.

Discussione e attività istruttoria in Commissione in sede referente

La Commissione Giustizia, dopo avere avviato (il 19 novembre 2015) l'esame della proposta di legge C. 2892 (Molteni) di riforma dell'istituto della legittima difesa, ha deliberato, nella seduta del 27 gennaio 2016, l'avvio di un'Indagine conoscitivaindagine conoscitiva

Sono stati auditi nel corso dell'indagine conoscitiva i seguenti soggetti:
  • Fulvio Baldi, Sostituto Procuratore generale della Corte di Cassazione(seduta del 27 gennaio 2016);
  • Alessio Lanzi, Professore di diritto penale presso l'Università degli studi di Milano Bicocca,  Carlo Nordio,Procuratore aggiunto della Procura della Repubblica di Venezia, e  Antonio De Michele, rappresentante del Consiglio nazionale forense (seduta del 28 gennaio 2016);
  • Rodolfo Maria Sabelli, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati, e  Beniamino Migliucci, Presidente dell'Unione delle Camere penali italiane (seduta del 4 febbraio 2016);
  • Tullio Padovani, Professore di diritto penale presso la Scuola Superiore S. Anna di Pisa e Mauro Ronco, Professore di diritto penale presso l'Università degli studi di Padova (9 febbraio 2016).

Nel corso dell'esame le proposte C. 3384, Marotta; C. 3380, La Russa, C. 3427, Gelmini e C. 3434, Gregorio Fontana, sono state abbinate alla p.d.l. Molteni e successivamente disabbinate nella seduta del 16 febbraio 2016.

A seguito delle modifiche apportate alla proposta di legge, il deputato Molteni si è dimesso dall'incarico di relatore. E' stato quindi nominato relatore il deputato Ermini. 


I pareri espressi dalle Commissioni in sede consultiva

La I Commissione (Affari costituzionali), nella seduta del 3 marzo 2016, ha espresso sul provvedimento un parere favorevole, con una osservazione con cui invita la Commissione Giustizia a valutare l'opportunità di chiarire il riferimento ai "limiti imposti", alla luce dei principi costituzionali di tassatività e determinatezza della fattispecie.