Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Ulteriori disposizioni integrative e correttive al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia Schema di D.Lgs. n. 103 - (artt. 1, commi 4 e 5, e 2, commi 3 e 4, della legge 13 agosto 2010, n. 136)
Riferimenti:
SCH.DEC 103/XVII     
Serie: Atti del Governo    Numero: 117
Data: 30/09/2014
Descrittori:
ATTESTATI E CERTIFICATI   DIRITTO PENALE
L 2010 0136   MAFIA E CAMORRA
PREVENZIONE DEL CRIMINE     
Organi della Camera: II-Giustizia

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Atti del Governo

 

Ulteriori disposizioni integrative e correttive al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia

Schema di D.Lgs. n. 103

(artt. 1, commi 4 e 5, e 2, commi 3 e 4,
della legge 13 agosto 2010, n. 136)

 

 

 

 

 

 

n. 117

 

 

 

30 settembre 2014

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Giustizia

( 066760-9559 / 066760-9148 – * st_giustizia@camera.it

 

 

 

 

 

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File: gi0264.docx


INDICE

Schede di lettura

Quadro normativo  3

Contenuto dello schema di decreto  11

§  Validità della documentazione antimafia e relative verifiche (art. 1) 12

§  Comunicazioni antimafia (art. 2) 12

§  Informazioni antimafia (art. 3) 14

§  Banca dati unica nazionale (art. 4) 16

§  Disciplina transitoria (art. 5) 17

 


SIWEB

Schede di lettura

 


 

Quadro normativo

La disciplina della documentazione antimafia è contenuta nel libro II (artt. 82-101) del Codice antimafia, il decreto legislativo 159 del 2011 (d’ora in poi Codice) adottato sulla base della delega di cui alla legge n. 136 del 2010 (Piano straordinario contro le mafie).

L’art. 83 del Codice stabilisce - per una serie di soggetti pubblici - l’obbligo di acquisire la documentazione antimafia prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici ovvero prima di concedere contributi, mutui, finanziamenti o rilasciare licenze, attestati, iscrizioni ed autorizzazioni. Sono sottoposti alla verifica antimafia tutti gli operatori economici (articolo 85) nonché l'ente locale, sciolto ai sensi dell'articolo 143 Testo unico egli enti locali (articolo 100).

Tali soggetti pubblici (o aventi natura pubblicistica) sono le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici, anche costituiti in stazioni uniche appaltanti, gli enti e le aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico e le società o le imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico, nonché i concessionari di opere pubbliche e i c.d. contraenti generali.

La documentazione antimafia è distinta dal Codice in due tipologie:

 

L’articolo 67 dispone, infatti, che la persona alla quale sia stata applicata dall’autorità giudiziaria, con provvedimento definitivo, una misura di prevenzione personale non possa ottenere: licenze o autorizzazioni di polizia e di commercio; concessioni di acque pubbliche e diritti ad esse inerenti nonché concessioni di beni demaniali allorché siano richieste per l'esercizio di attività imprenditoriali; concessioni di costruzione e gestione di opere riguardanti la pubblica amministrazione e concessioni di servizi pubblici; iscrizioni negli elenchi di appaltatori o di fornitori di opere, beni e servizi riguardanti la pubblica amministrazione, nei registri della camera di commercio per l'esercizio del commercio all'ingrosso e nei registri di commissionari astatori presso i mercati annonari all'ingrosso; attestazioni di qualificazione per eseguire lavori pubblici; altre iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio, o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali, comunque denominati; contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali; licenze per detenzione e porto d'armi, fabbricazione, deposito, vendita e trasporto di materie esplodenti

Il tentativo di infiltrazione mafiosa è desunto da una serie di elementi indicati dall’art. 84 del Codice (tra cui l’applicazione di misure cautelari, il rinvio a giudizio o una condanna, anche non definitiva, per una serie di delitti “spia”; la proposta o applicazione di una misure di prevenzione; l’omessa denuncia di un reato di concussione ed estorsione; accertamenti disposti dal prefetto (richiesti al prefetto di altra provincia); l’accesso ai cantieri delle imprese interessate disposti dal prefetto; le sostituzioni negli organi sociali della società con modalità che facciano presumere la volontà di eludere la normativa sulla documentazione antimafia.

 

Mentre che per i contratti d’importo non superiore a 150.000 euro non è necessaria nessuna documentazione (così come per i rapporti tra soggetti pubblici), l’obbligatorietà dell’una o dell’altra tipologia di documentazione antimafia (comunicazione o informazione) dipende dalle soglie di valore cui si riferisce il contratto pubblico (v. ultra).

Analoga documentazione è necessaria in relazione alle stesse soglie di valore per il rilascio dei provvedimenti concessori, autorizzatori, ecc. di cui all’art. 67 richiesti alla pubblica amministrazione.

A seconda del suo contenuto – favorevole o sfavorevole all’interessato –, la documentazione antimafia si distingue in liberatoria o interdittiva. La seconda costituisce causa ostativa alla conclusione del contratto.

 

L’art. 96 del Codice ha previsto l’istituzione presso il Ministero dell’interno di una banca unica nazionale della documentazione antimafia da interrogare ai fini dell’acquisizione della comunicazione e dell’informazione antimafia (v. ultra).

 

Il decreto legislativo 218/2012, primo correttivo del Codice antimafia, ha introdotto alcune novità nella disciplina della documentazione antimafia.

 In particolare, il decreto ha ampliato le categorie di soggetti nei cui confronti devono essere espletate le prescritte verifiche ai fini del rilascio della documentazione antimafia (come i familiari conviventi); ne ha precisato i termini di validità; ha escluso i privati dai soggetti che possono richiedere la comunicazione antimafia (tanto persone fisiche, quanto imprese, associazioni o consorzi); ha affidato al prefetto le verifiche per il rilascio sia della comunicazione che dell'informazione antimafia quando la consultazione della Banca dati riguardi soggetti non censiti; ha aggiunto ulteriori indizi dai quale il prefetto può desumere un tentativo di infiltrazione mafiosa, ha aggiunto una norma che prescrive la comunicazione dell’adozione di un’informazione antimafia interdittiva a tutti i soggetti istituzionali interessati.

 

La comunicazione antimafia

La comunicazione antimafia - rilasciata dal prefetto della provincia in cui i soggetti pubblici richiedenti hanno sede - consiste nell'attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'art. 67 del Codice. Sostanzialmente il suo scopo è attestare che al soggetto nei cui confronti si richiede la verifica non è stata applicata in via definitiva una misura di prevenzione personale.

La comunicazione è richiesta per la stipula dei contratti di importo superiore a 150.000 euro ed inferiore alla soglia comunitaria (5 mln di euro). 

L’art. 87 stabilisce che il rilascio da parte del prefetto della comunicazione antimafia – che conserva valore per sei mesi dalla sua acquisizione - avviene mediante consultazione della banca dati nazionale unica della documentazione antimafia, istituita presso il Ministero dell’interno.

Il prefetto:

 

In base all’art. 67 del Codice, le persone alle quali sia stata applicata con provvedimento definitivo una delle misure di prevenzione previste dal libro I, titolo I, capo II non possono ottenere: a) licenze o autorizzazioni di polizia e di commercio; b) concessioni di acque pubbliche e diritti ad esse inerenti nonché concessioni di beni demaniali allorché siano richieste per l'esercizio di attività imprenditoriali; c) concessioni di costruzione e gestione di opere riguardanti la pubblica amministrazione e concessioni di servizi pubblici; d) iscrizioni negli elenchi di appaltatori o di fornitori di opere, beni e servizi riguardanti la pubblica amministrazione, nei registri della camera di commercio per l'esercizio del commercio all'ingrosso e nei registri di commissionari astatori presso i mercati annonari all'ingrosso; e) attestazioni di qualificazione per eseguire lavori pubblici; f) altre iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio, o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali, comunque denominati; g) contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali; h) licenze per detenzione e porto d'armi, fabbricazione, deposito, vendita e trasporto di materie esplodenti (comma 1).

Il provvedimento definitivo di applicazione della misura di prevenzione determina la decadenza di diritto dalle licenze, autorizzazioni, concessioni, iscrizioni, attestazioni, abilitazioni ed erogazioni di cui al comma 1, nonché il divieto di concludere contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, di cottimo fiduciario e relativi subappalti e subcontratti, compresi i cottimi di qualsiasi tipo, i noli a caldo e le forniture con posa in opera. Le licenze, le autorizzazioni e le concessioni sono ritirate e le iscrizioni sono cancellate ed è disposta la decadenza delle attestazioni a cura degli organi competenti (comma 2).

Nel corso del procedimento di prevenzione, il tribunale può disporre in via provvisoria i divieti di cui ai commi 1 e 2 e sospendere l'efficacia delle iscrizioni, delle erogazioni e degli altri provvedimenti ed atti di cui ai medesimi commi (comma 3).

Il tribunale dispone che i divieti e le decadenze previsti dai commi 1 e 2 operino anche nei confronti di chiunque conviva con la persona sottoposta alla misura di prevenzione nonché nei confronti di imprese, associazioni, società e consorzi di cui la persona sottoposta a misura di prevenzione sia amministratore o determini in qualsiasi modo scelte e indirizzi. In tal caso i divieti sono efficaci per un periodo di cinque anni (comma 4).

Per le licenze ed autorizzazioni di polizia, ad eccezione di quelle relative alle armi, munizioni ed esplosivi, e per gli altri provvedimenti di cui al comma 1 le decadenze e i divieti previsti dal presente articolo possono essere esclusi dal giudice nel caso in cui per effetto degli stessi verrebbero a mancare i mezzi di sostentamento all'interessato e alla famiglia (comma 5).

Salvo che si tratti di provvedimenti di rinnovo, attuativi o comunque conseguenti a provvedimenti già disposti, ovvero di contratti derivati da altri già stipulati dalla pubblica amministrazione, le licenze, le autorizzazioni, le concessioni, le erogazioni, le abilitazioni e le iscrizioni indicate nel comma 1 non possono essere rilasciate o consentite e la conclusione dei contratti o subcontratti indicati nel comma 2 non può essere consentita a favore di persone nei cui confronti è in corso il procedimento di prevenzione senza che sia data preventiva comunicazione al giudice competente, il quale può disporre, ricorrendone i presupposti, i divieti e le sospensioni previsti a norma del comma 3. A tal fine, i relativi procedimenti amministrativi restano sospesi fino a quando il giudice non provvede e, comunque, per un periodo non superiore a venti giorni dalla data in cui la pubblica amministrazione ha proceduto alla comunicazione (comma 6).

Le disposizioni dei commi 1, 2 e 4 si applicano anche nei confronti delle persone condannate con sentenza definitiva o, ancorché non definitiva, confermata in grado di appello, per uno dei delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale (comma 7).

 

I termini per il rilascio (art. 88) sono di 45 gg. dalla richiesta, più eventuali altri 30 gg. in caso di verifiche particolarmente complesse (es: soggetti non censiti dalla banca dati).

Fuori dai casi in cui è richiesta l'informativa antimafia sono stipulati, previa acquisizione di apposita autocertificazione (che attesti la mancanza delle citate cause di divieto, decadenza, ecc., di cui all’art. 67) i contratti, i subcontratti e le forniture per lavori dichiarati urgenti o i provvedimenti di rinnovo di provvedimenti già disposti. Analoga autocertificazione è prevista quando gli atti della PA riguardino attività di privati soggette a Scia (segnalazione certificata di inizio attività) o alla disciplina del silenzio-assenso (art. 89).

 

L’informazione antimafia

L'informazione antimafia, rilasciata dal prefetto, è richiesta prima di stipulare, approvare, autorizzare i contratti e subcontratti (ovvero prima di rilasciare o consentire i provvedimenti indicati nell'articolo 67) il cui valore sia:

a) pari o superiore alla soglia comunitaria in materia di opere e lavori pubblici, servizi pubblici e pubbliche forniture (5 mln di euro), indipendentemente dai casi di esclusione ivi indicati;

b) superiore a 150.000 euro per le concessioni di acque pubbliche o di beni demaniali per lo svolgimento di attività imprenditoriali, ovvero per la concessione di contributi, finanziamenti e agevolazioni su mutuo o altre erogazioni dello stesso tipo per lo svolgimento di attività imprenditoriali;

c) superiore a 150.000 euro per l'autorizzazione di subcontratti, cessioni, cottimi, concernenti la realizzazione di opere o lavori pubblici o la prestazione di servizi o forniture pubbliche.

 

La richiesta dell'informazione antimafia deve essere effettuata attraverso la banca dati al momento dell'aggiudicazione del contratto ovvero 30 gg. prima della stipula del subcontratto; la validità temporale dell’informazione antimafia è di 12 mesi.

 

Come accennato, il D.Lgs 218 del 2012, primo correttivo del Codice antimafia, ha ampliato gli indizi dai quali desumere i tentativi di infiltrazione mafiosa nell’impresa. Il prefetto competente può ora estendere gli accertamenti pure ai soggetti che risultano poter determinare in qualsiasi modo le scelte o gli indirizzi dell'impresa. Agli stessi fini, può desumere il tentativo di infiltrazione mafiosa da provvedimenti di condanna anche non definitiva per reati strumentali all'attività delle organizzazioni criminali unitamente a concreti elementi da cui risulti che l'attività d'impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata, nonché dall'accertamento delle violazioni degli obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari. Il Codice – per l’accertamento dei tentativi di infiltrazione – prevede espliciti poteri di accesso del prefetto ai cantieri dell’impresa interessate all’esecuzione dei lavori pubblici.

Il termine per il rilascio dell’informazione antimafia, come per la comunicazione, è di 45 gg, aumentabili di ulteriori 30 in caso di verifiche complesse. Se dalla consultazione della banca dati non emergono elementi ostativi di cui all’art. 67 o tentativi di infiltrazione mafiosa, il prefetto rilascia informazione antimafia liberatoria.

.Al contrario, è rilasciata informazione antimafia interdittiva che va tempestivamente comunicata anche in via telematica ad una serie di soggetti istituzionali interessati.

 

Si tratta della Direzione nazionale antimafia, del procuratore nazionale antimafia, del Pm presso il tribunale del capoluogo di distretto ove dimora la persona; del direttore della Direzione investigativa antimafia; del soggetto che ha richiesto il rilascio dell'informazione antimafia; della camera di commercio del luogo dove ha sede legale l'impresa oggetto di accertamento; del prefetto che ha disposto l'accesso ai cantieri (se diverso da quello che ha adottato l'informativa antimafia interdittiva); dell'osservatorio centrale appalti pubblici, presso la direzione investigativa antimafia; dell'osservatorio dei contratti pubblici relativi ai lavori, servizi e forniture istituito presso l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (ora all’ANAC, Autorità nazionale anticorruzione), ai fini dell'inserimento nelle banche dati; dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato; del Ministero dello sviluppo economico; degli uffici delle Agenzie delle entrate, competenti per il luogo dove ha sede legale l'impresa nei cui confronti è stato richiesto il rilascio dell'informazione antimafia.

 

La Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia

L’art. 96 del Codice antimafia ha previsto, presso il Ministero dell'interno, l’istituzione di una banca dati unica nazionale, volta a facilitare e razionalizzare il sistema di rilascio della documentazione antimafia, cioè le "comunicazioni" e le "informazioni" antimafia, liberatorie e interdittive.

La banca dati – attualmente non attiva - mediante un collegamento telematico con il CED del Ministero dell’interno accerta l’esistenza delle cause di decadenza, sospensione o divieto di cui all’art. 67 o del tentativo di infiltrazione mafiosa. Mediante il collegamento col sistema informatico della DIA sono consultabili i dati acquisiti nel corso degli accessi nei cantieri delle imprese interessate all'esecuzione di lavori pubblici disposti dal prefetto.

Se la competenza al rilascio della documentazione antimafia è, attualmente, in capo al prefetto della provincia in cui i soggetti richiedenti hanno sede, attivata la banca dati unica nazionale, la consultazione per il rilascio sarà di competenza esclusiva dei soggetti pubblici di cui all’art. 83 del Codice (nonché degli ordini professionali, delle camere di commercio e dell’autorità di vigilanza sui lavori pubblici (art. 97 del Codice).

 

L’art. 99 ha previsto che uno o più regolamenti interministeriali (entro 6 mesi dalla data di vigenza del Codice) debbano disciplinare: le modalità di funzionamento della banca dati; di autenticazione, autorizzazione e di registrazione degli accessi e delle operazioni effettuate sulla banca dati; di accesso da parte del personale delle Forze di polizia e dell'Amministrazione civile dell'interno; di accesso da parte di personale della DIA; di consultazione da parte di soggetti pubblici, camere di commercio, ordini professionali; il collegamento con il Centro Elaborazione Dati del Ministero dell’interno.

 

Il sistema informatico, comunque, garantisce l'individuazione del soggetto che effettua ciascuna interrogazione della banca dati e conserva la traccia di ciascun accesso.

L’art. 99 del Codice - come modificato dal decreto legislativo 218 del 2012 - detta una disciplina transitoria che prevede che fino all'attivazione della banca dati, e comunque non oltre 12 mesi dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del primo dei regolamenti destinati a regolare la stessa banca dati, i soggetti pubblici appaltanti acquisiscono d'ufficio tramite le prefetture la documentazione antimafia; queste ultime utilizzano, a tal fine, il collegamento con il CED del  Ministero dell’interno e col le Camere di commercio.

 

Al momento non risulta ancora emanato alcun regolamento sulla banca dati nazionale della documentazione antimafia.

 

Il 26 marzo 2014, il Consiglio di Stato ha espresso il parere di competenza su uno schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, predisposto dal Ministero dell’interno, recante “Disposizioni concernenti le modalità di funzionamento, accesso, consultazione e collegamento con il CED, di cui all’art. 8 della legge 1° aprile 1981, n.121, della Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia, istituita ai sensi dell’art. 96 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159”. Con Provvedimento del 30 gennaio 2014, il Garante della privacy, sullo stesso schema di regolamento, ha espresso parere favorevole al Ministero dell'interno.

Nella seduta dell’8 aprile 2014 davanti alla Commissione Affari costituzionali del Senato, il Ministro dell’Interno, nel rendere comunicazioni sulle linee programmatiche del suo dicastero, ha tra l’altro affermato che “con la banca dati unica siamo già operativi in varie Regioni e in alcuni capoluoghi; a livello generale saremo operativi a giugno”.

 

Le white list

Ai fini della documentazione antimafia, oltre alla disciplina dettata dal d.lgs 159 del 2011, occorre considerare anche quanto previsto, agli stessi fini, dalla cd. legge Severino (Legge 190 del 2012).

L’art. 1, commi 52 e ss., della legge 190 prevedono infatti l’istituzione di white list presso ogni prefettura ovvero un apposito elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori ritenuti non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa operanti nei seguenti settori, ritenuti maggiormente esposti:

a) trasporto di materiali a discarica per conto di terzi;

b) trasporto, anche transfrontaliero, e smaltimento di rifiuti per conto di terzi;

c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti;

d) confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume;

e) noli a freddo di macchinari;

f) fornitura di ferro lavorato;

g) noli a caldo;

h) autotrasporti per conto di terzi;

i) guardiania dei cantieri.

L'iscrizione nell'elenco è disposta dalla prefettura della provincia in cui il soggetto richiedente ha la propria sede

In relazione alle imprese operanti in tali settori, la comunicazione e l'informazione antimafia liberatoria conseguono alla semplice iscrizione nel citato elenco ed è obbligatoriamente acquisita, indipendentemente dalle soglie di valore previste dal Codice antimafia, dalle stazioni appaltanti e dalle altre pubbliche amministrazioni, attraverso la consultazione della white list. La prefettura effettua verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei tentativi di infiltrazione mafiosa e, in caso di esito negativo, dispone la cancellazione dell'impresa dall'elenco.

L'iscrizione nella white list sostituisce la comunicazione e informazione antimafia liberatoria anche ai fini della stipula, approvazione o autorizzazione di contratti o subcontratti relativi ad attività diverse da quelle per le quali essa è stata disposta.

Con il D.P.C.M. 18 aprile 2013 sono state definite le modalità per l'istituzione e l'aggiornamento delle white list nonché per l'attività di verifica.


 

 

Contenuto dello schema di decreto

Il 13 febbraio 2013 è entrata in vigore la parte del Codice delle leggi antimafia (D.Lgs 159/2011) relativa alla documentazione antimafia (Libro II, Capi da I a V).

Il Codice prevedeva inizialmente che tale disciplina diventasse operativa 24 mesi dopo l'entrata in vigore dell'ultimo dei regolamenti destinati a regolare la Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia.

Il primo decreto legislativo integrativo e correttivo del Codice antimafia (D.lgs. 15 novembre 2012, n. 218) - adottato in base alla delega triennale di cui all’art. 2, comma 4, della legge 136/2010 - ha tuttavia anticipato l'operatività di tale normativa, stabilendo la sua entrata in vigore decorsi 2 mesi dalla data di pubblicazione dello stesso decreto legislativo 218 (data coincidente, quindi col 13 febbraio 2013).

Come accennato, al fine di consentire l'applicazione delle nuove norme in materia di certificazione antimafia prescindendo dall'attivazione della Banca dati, il decreto correttivo ha previsto che nell'immediato le prefetture utilizzassero per il rilascio della documentazione antimafia il collegamento informatico con le banche dati già esistenti e cioè il CED interforze del Ministero dell'Interno ed i collegamenti con le Camere di commercio.

 

A distanza di un anno e mezzo dall’entrata in vigore della nuova disciplina, il Governo, sulla base dell’esperienza applicativa, introduce con il nuovo decreto correttivo una serie di modifiche al Codice antimafia volte, nel loro insieme, a introdurre alcune semplificazioni delle procedure e alleggerimenti degli oneri amministrativi connessi al rilascio della documentazione antimafia, “che comunque non incidono sul livello di efficacia e di approfondimento delle verifiche antimafia” (così la relazione illustrativa).

 

Lo schema di decreto in esame è adottato sulla base della citata delega correttiva prevista dall’art. 2, comma 4, della legge n. 136 del 2010, che stabilisce un termine di 3 anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 159/2011 entro cui il Governo può apportare disposizioni integrative e correttive della disciplina della documentazione antimafia contenuta nel D.Lgs 159/2011. Tale termine viene, quindi, a scadere il 13 ottobre 2014.

 

Il provvedimento si compone di 6 articoli.

 

Validità della documentazione antimafia e relative verifiche (art. 1)

L’articolo 1 modifica gli artt. 85 e 86 del Codice, relativi ai soggetti che sono sottoposti alle verifiche antimafia nonché alla validità della documentazione antimafia.

Con la modifica dell’art. 85 viene data ulteriore attuazione al principio di delega di cui all’art. 2, comma 1, lett. a), della legge 136/2010, con specifico riguardo ai controlli nei confronti dei familiari. La lettera a) stabilisce infatti che si tratta dei familiari conviventi nel territorio dello stato”.

E’, quindi, precisato – rispetto alla versione attuale della disposizione - che le indagini sui tentativi di infiltrazione mafiosa nell’impresa (ai fini dell’acquisizione della informazione antimafia), sono estese ai soli familiari conviventi “maggiorenni” dei soggetti istituzionali rappresentanti dell’impresa (amministratori, rappresentanti legali, direttori tecnici, soci di maggioranza, membri di collegi sindacali, ecc.). La previsione – secondo quanto evidenziato nella relazione illustrativa – intende evitare inutili dispersioni investigative per indagini su minori che non possono in alcun modo incidere sulla gestione dell’impresa.

La modifica all’art. 86, invece, prevede – fino all’attivazione della citata Banca dati nazionale unica – che le comunicazioni e informazioni antimafia acquisite siano valide (nei termini, rispettivamente, semestrale ed annuale) e producano effetti anche in altri procedimenti rispetto a quelli per i quali sono state acquisite, riguardanti i medesimi soggetti. A fini di semplificazione e di risparmio di spesa, la documentazione antimafia in corso di validità può quindi essere riutilizzata dalle amministrazioni pubbliche.

 

Comunicazioni antimafia (art. 2)

L’articolo 2 adegua la formulazione dell’art. 87, commi 1 e 2, del Codice relativi al rilascio delle comunicazioni antimafia alle nuove modalità di acquisizione delle stesse mediante consultazione diretta della banca dati nazionale unica da parte dei soggetti autorizzati di cui all’art. 97 (le stesse pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici, gli ordini professionali, le camere di commercio, ecc.). Attualmente, invece, è il prefetto che rilascia la comunicazione dopo avere consultato la banca dati.

Quando dalla consultazione della banca dati emerge la sussistenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'articolo 67 e risultino necessarie ulteriori verifiche ovvero quando la richiesta riguardi un soggetto non censito (cioè nei casi di cui all’art. 88, commi 2, 3 e 3–bis, del Codice), la comunicazione continua, invece, ad essere rilasciata dal prefetto. La nuova disposizione ridefinisce gli attuali criteri di competenza territoriale del prefetto concentrandola in generale nella provincia dove l’impresa ha sede; sono comprese espressamente anche le società estere che, in base all’art. 2508 c.c., hanno stabilito una sede secondaria con rappresentanza stabile nel territorio dello Stato.

Solo nel caso di società estere senza rappresentanza stabile in Italia, il prefetto competente al rilascio della comunicazione antimafia sarà quello della sede legale delle amministrazioni che la richiedono (attualmente, in tale ultimo caso, si fa riferimento al prefetto della provincia dove ha avuto esecuzione il contratto pubblico o quello delle attività oggetto dei provvedimenti di cui all’art. 67).

Lo stesso articolo 2 dello schema in esame, in relazione a tempi e procedimento di rilascio della comunicazione antimafia, fissa all’articolo 88, comma 4, in 30 gg. (anziché gli attuali 45 gg., elevabili a 75 per indagini complesse) dalla consultazione della banca dati il termine per il rilascio della comunicazione antimafia da parte del prefetto nei citati casi di cui ai commi 2, 3 e 3-bis.

Sono poi aggiunti all’art. 88 quattro commi che disciplinano l’ipotesi in cui, decorso il citato termine di 30 giorni, le amministrazioni procedono anche in assenza di acquisizione della comunicazione antimafia (liberatoria). Sostanzialmente, si intende estendere alle comunicazioni antimafia la disciplina già prevista per le informazioni antimafia (cfr. art. 92 del Codice):

-        il primo dei nuovi quattro commi (comma 4-bis) prevede l’autocertificazione dell’impresa; in tal caso, sia il contratto pubblico che le concessioni, erogazioni, contributi, ecc. all’impresa sono sottoposti alla condizione risolutiva dell’eventuale comunicazione antimafia interdittiva (comma 4-bis);

-        il nuovo comma 4-ter stabilisce la possibilità di recedere dal contratto o revocare i finanziamenti anche se le cause di decadenza, sospensione e divieto di cui all’art. 67 sono accertate dopo la stipula del contratto;

-        il nuovo comma 4-quater prevede per le pubbliche amministrazioni la possibilità, anziché di erogare subito, di sospendere contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni fino a quando il prefetto non trasmetta loro la comunicazione antimafia liberatoria;

-        un ultimo comma 4-quinquies stabilisce un termine breve (5 gg.) entro il quale il prefetto deve comunicare all’impresa di avere adottato la comunicazione antimafia interdittiva (con raccomandata a/r, mediante notificazione o posta elettronica certificata ovvero mediante fax, ove espressamente autorizzato dall’impresa).

 

La clausola introdotta dallo schema di decreto al comma 1 dell’articolo 89 del Codice risulta avere natura di coordinamento con quanto previsto dal nuovo comma 4-bis dell’art. 88 in materia di autocertificazione da parte dell’impresa dell’assenza delle cause di decadenza di cui all’art. 67.

L’art. 89 prevede infatti che, fuori dei casi in cui è richiesta l'informazione antimafia, i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi o forniture dichiarati urgenti ed i provvedimenti di rinnovo conseguenti a provvedimenti già disposti, sono stipulati, autorizzati o adottati previa autocertificazione. La modifica introdotta fa salva la nuova disciplina dell’autocertificazione introdotta dal comma 4-bis dell’art. 88, con la condizione risolutiva legata alla corresponsione di contributi e finanziamenti.

 

L’articolo 2 del provvedimento in esame aggiunge, infine, al Codice un nuovo art. 89-bis che vuole disciplinare il caso in cui il prefetto – cui sia stata richiesta una comunicazione antimafia - pur verificando l’assenza delle cause di decadenza di cui all’art. 67 (che giustificherebbero il rilascio di una “liberatoria”) - accerti il tentativo d’infiltrazione mafiosa nella compagine dell’impresa. In tale ipotesi, il prefetto, anzichè una comunicazione antimafia, potrà adottare un’informazione antimafia interdittiva dandone comunicazione alle amministrazioni richiedenti.

 

Informazioni antimafia (art. 3)

L’articolo 3 dello schema di decreto modifica anzitutto i commi 1 e 2 dell’art. 90 del Codice in materia di rilascio delle informazioni antimafia. L’intervento proposto, derivante dalla necessità di adeguare la disciplina alle nuove modalità di acquisizione delle informazioni mediante la banca dati nazionale da parte dei soggetti autorizzati di cui all’art. 97, appare speculare a quello già previsto ai commi 1 e 2 dell’art. 87 sul rilascio delle comunicazioni antimafia.

In base al nuovo art. 90, comma 1, del Codice, l’informazione antimafia è pertanto conseguita mediante consultazione della banca dati da parte dei soggetti autorizzati di cui all’art. 97 (le stesse pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici, gli ordini professionali, le camere di commercio, ecc.). Attualmente, invece, è il prefetto che rilascia la comunicazione dopo avere consultato la banca dati. Sono fatti salvi i casi di cui all’art. 92, commi 2 e 3 (v. ultra).

Analoghe a quelle dell’art. 87, comma 2, appaiono le disposizioni sulla competenza al rilascio delle informazioni antimafia da parte del prefetto previste dall’art. 90, comma 2, per i casi in cui dalla consultazione della banca dati emerge la sussistenza di cause di decadenza o di un tentativo di infiltrazione mafiosa e il prefetto debba quindi effettuare le necessarie verifiche. Lo schema di decreto individua anche in questo caso, come già per la comunicazione antimafia, il prefetto competente per le società costituite all’estero, in base alla presenza o meno di una sede con rappresentanza stabile sul territorio nazionale. (vedi ante, art. 2, dello schema di decreto).

Ove la banca dati nazionale attesti la presenza delle cause di sospensione, decadenza, ecc. di cui all’art. 67 o dei tentativi di infiltrazione mafiosa oppure il soggetto non risulti censito in banca dati, spetta al prefetto verificare l’attualità delle risultanze negative per l’impresa o verificare la situazione del non censito e rilasciare l’informazione antimafia interdittiva.

In tali ipotesi, il nuovo comma 2 dell’art. 92, riduce da 45 a 30 gg. il termine per il rilascio dell’informazione antimafia da parte del prefetto; nei casi più complessi il termine è aumentato di ulteriori 45 gg (attualmente di 30).

Come nel caso della comunicazione antimafia (v. art. 88, comma 4-quinquies), anche l’informazione antimafia interdittiva va comunicata all’impresa dal prefetto con le identiche modalità (raccomandata a/r, PEC, ecc,) entro 5 giorni dalla sua adozione (art. 92, comma 2-bis).

 

Il riformulato comma 3 dell’art. 92 del Codice conferma, per l’informazione antimafia, l’attuale disciplina vigente (ora dettata dal nuovo art. 88, comma 4-bis, anche per le comunicazioni antimafia; v. art. 2 dello schema) in relazione alla possibilità delle stazioni appaltanti di procedere con il contratto, sotto condizione risolutiva, decorso il termine per il rilascio dell’informazione da parte del prefetto o nei casi di urgenza.

L’unica novità è costituita – oltre al diverso termine di 30 gg rispetto agli attuali 45, introdotto dal nuovo comma 2 dell’art. 92 - dal fatto che, nei casi di urgenza, il soggetto appaltante può procedere immediatamente (anziché, come ora, decorsi 15 gg dalla ricezione della richiesta di informazione antimafia).

Il nuovo comma 5 dell’art. 92 corregge, poi, un errore formale, ivi contenuto. La disposizione prevede la possibilità in ogni caso di sospendere il vesamento delle erogazioni all’impresa fino a che perviene l’informazione antimafia liberatoria da parte del prefetto. A tal fine richiama la lettera f) dell’art. 67 del Codice. Tale lettera f), compresa nell’elenco di quanto non può essere ottenuto dalle persone alle quali sia stata applicata dall’autorità giudiziaria con provvedimento definitivo una delle misure di prevenzione personali, non riguarda le erogazioni. Per questo il richiamo alla elttera f) è sostituito con quello, corretto, alla lettera g) sulle erogazioni.

La correzione proposta dallo schema di decreto andrebbe ulteriormente precisata con l’indicazione espressa del comma 1, all’interno del quale si colloca l’elencazione di cui fa parte la lettera g).

 

Banca dati unica nazionale (art. 4)

L’articolo 4 dello schema di decreto integra, anzitutto, il contenuto dell’art. 99 del Codice prevedendo che, con uno o più regolamenti, possano disciplinarsi le modalità attraverso cui la banca dati unica nazionale della documentazione antimafia:

-        acquisisce, mediante l’anagrafe nazionale della popolazione residente istituita presso il Ministero dell'interno, i dati anagrafici dei titolari dell’impresa, i suoi rappresentanti legali, i soci, gli amministratori, i direttori, i membri del collegio sindacale e i loro familiari conviventi maggiorenni (ovvero i soggetti di cui all’art. 85, comma 3);

-         raffronta tali dati con quelli presenti nel CED costituito presso il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’interno.

 

E’ aggiunto, inoltre, al codice un art. 99-bis che detta la disciplina inerente le ipotesi di mancato funzionamento della banca dati nazionale.

In tali casi, la comunicazione antimafia è sostituita dall’autocertificazione di cui all’art. 89 mentre l’informazione antimafia viene rilasciata secondo le modalità previste dal comma 2 dell’art. 92, quindi dal prefetto, entro 30 gg dalla richiesta (comma 1).

Non appare chiaro, in tale ultimo caso, il rinvio fatto dall’art. 99-bis anche al comma 3 dell’art. 92 dato che quest’ultimo fa riferimento alla possibilità delle amministrazioni pubbliche di procedere comunque alla stipula del contratto una volta decorso il termine per il rilascio dell’informazione antimafia prefettizia.

 

I commi 2 e 3 dell’art. 99-bis prevedono, rispettivamente che il sito Internet del Ministero dell’interno  nonché i siti delle prefetture dia pubblico avviso del mancato funzionamento della banca dati unica nazionale della documentazione antimafia (comma 2) nonché dell’avvenuto ripristino del funzionamento della stessa banca dati (comma 3). Il periodo di mancato funzionamento è accertato con decreto del Capo del dipartimento per le politiche del personale dell’amministrazione civile del Ministero dell’interno ovvero di alto dirigente delegato.

Occorrerebbe prevedere espressamente che, come già l’avviso di mancato funzionamento al comma 2, anche la notizia del ripristino prevista dal comma 3 debba essere pubblicata anche sui siti delle prefetture. Infatti il comma 3 dell’art. 99-bis, pur rinviando alle modalità del comma 2, prevede espressamente solo la pubblicazione del decreto di ripristino sul sito istituzionale del Ministero - sezione “Amministrazione trasparente”.

Disciplina transitoria (art. 5)

L’articolo 5 detta disposizioni di coordinamento formali, transitorie e finanziarie. Sono quindi previste:

§  norme di coordinamento, di modifica delle numerose disposizioni del Codice che si riferiscono alla banca dati, ora denominata “banca dati nazionale unica” (comma 1);

§  una norma transitoria che prevede l’applicazione della disciplina previgente alle richieste di rilascio della documentazione antimafia presentate prima dell’entrata in vigore del decreto in esame; fanno eccezione a tale regola alcune disposizioni, che quindi si applicheranno anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del decreto. Si tratta delle seguenti disposizioni:

-        art. 1, relativo alle indagini antimafia per i soli conviventi maggiorenni dell’interessato e alla utilizzabilità della documentazione antimafia anche in altri procedimenti;

-        art. 2, comma 1, lett. b), c) e d); si tratta: delle disposizioni sul rilascio della comunicazione antimafia entro 30 giorni, da parte del prefetto, ove risultino necessarie ulteriori verifiche ovvero quando la richiesta riguardi un soggetto non censito; delle disposizioni sui contratti conclusi in assenza della comunicazione antimafia e sulle modalità di comunicazione della comunicazione antimafia interdittiva; delle disposizioni sulla possibilità di rilasciare informazione antimafia interdittiva all’esito della richiesta di comunicazione antimafia; occorre valutare, per la fase transitoria, se sia utile esplicitare il momento da cui decorre il più breve termine per la comunicazione antimafia da parte del prefetto, in modo da garantire la continuità nell’attività di prevenzione;

-        art. 3, comma 1, lett. b), cioè la disciplina di rilascio dell’informazione antimafia prefettizia in presenza di cause ostative riscontrate nella banca dati, quella sugli obblighi di comunicazione dell’informazione interdittiva, sulla possibilità di procedere decorso il termine di rilascio dell’informazione antimafia (comma 2);

§  una norma di invarianza finanziaria del provvedimento in esame.

 

 

L’articolo 6 è, infine, relativo all’entrata in vigore del decreto, fissata al trentesimo giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.