Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
| |||
---|---|---|---|
Autore: | Servizio Studi - Dipartimento giustizia | ||
Titolo: | La questione carceraria | ||
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 109 | ||
Data: | 26/03/2014 | ||
Descrittori: |
|
La questione carceraria
26 marzo 2014
|
Il sovraffollamento carcerarioAlla data del 28 febbraio 2014 erano presenti nelle carceri italiane 60.828 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare di 47.857. Ci sono dunque 12.971 detenuti in eccedenza rispetto ai posti previsti (+ 27%). Fonte: Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria - Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato statistica ed automazione di supporto dipartimentale - Sezione Statistica.
Peraltro, il problema dell'eccessivo numero di detenuti rispetto alla dimensione delle carceri nazionali si trascina nel nostro Paese ormai da molti anni e questa emergenza torna ciclicamente a impegnare l'attività parlamentare. Basti pensare che nel giugno 2006, alla vigilia della legge che avrebbe poi concesso l'indulto, erano presenti in carcere 61.264 detenuti (seppure con una capienza regolamentare di 43.219), con una percentuale di sovraffollamento del 42%. All'indomani dell'indulto del 2006 la popolazione carceraria era scesa a 39.005 detenuti (31 dicembre 2006). Negli anni seguenti, tuttavia, si è registrato un rapido ritorno alla situazione pre-indulto: le presenze al 31/12/2007 erano già 48.693; a fine 2008 58.127, a fine 2009 64.791, a fine 2010 67.961. Se si pensa che a tale data la capienza regolamentare dichiarata era di 45.022 posti si ha la misura della gravità della situazione di sovraffollamento nelle nostre carceri. Solo nell'ultimo triennio, mentre la capienza degli istituti è migliorata (47.857 posti al 28 febbraio 2014) a seguito, soprattutto, di interventi di ristrutturazione di padiglioni esistenti, si registra - anche grazie a numerosi interventi legislativi - una netta tendenza alla diminuzione delle presenze, fino ad arrivare ai 60.828 detenuti di oggi.
Elaborazione Servizio studi di dati del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria - Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato statistica ed automazione di supporto dipartimentale - Sezione Statistica.
Nel confronto con gli altri Paesi aderenti al Consiglio d’Europa, l’indice di sovraffollamento italiano, seppur calcolato in base a dati 2011, risultava inferiore soltanto a quello di Serbia e Grecia. Fonte: Consiglio d’Europa, Annual penal statistics. Space I – Survey 2011
Le statistiche annuali penali del Consiglio d’Europa, pubblicate nel maggio 2013, analizzano i dati del 2011. Il rapporto evidenzia come il problema del sovraffollamento delle carceri sia una piaga che colpisce quasi tutti gli Stati parti alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, con situazioni drammatiche in alcuni Paesi come l’Italia. La percentuale dei detenuti rispetto alla popolazione non evidenzia un “caso” italiano, in quanto il nostro paese con la media di 110 detenuti ogni 100.000 abitanti dimostra un indice di delinquenza inferiore a Francia, Portogallo, Regno Unito e Spagna. Il dato rilevante è però quello del sovraffollamento: nessun Paese supera di oltre 20.000 unità il numero massimo di capienza detenuti. Neanche la Turchia, che nel 2011 contava 126.000 detenuti e l’Ucraina con 158.000. L’indice dei detenuti presenti ogni 100 posti disponibili è infatti per l’Italia pari a 147, inferiore solo a Grecia (151,7) e Serbia (156,6). Il rapporto tra popolazione residente e capacità degli istituti penitenziari segnala in Italia un deficit di strutture carcerarie, rispetto ai paesi a noi più vicini per popolazione.
|
Le pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomoIl sovraffollamento delle carceri italiane è stato in più occasioni condannato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, le cui pronunce più rilevanti sul punto sono Sulejmanovic contro Italia (16 luglio 2009) e Torreggiani e altri contro l'Italia (8 gennaio 2013).
Dopo questa pronuncia è intervenuta la sentenza Torreggiani contro Italia dell’8 gennaio 2013 con la quale la Corte europea ha certificato il malfunzionamento cronico del sistema penitenziario accertando, secondo la procedura della sentenza pilota, nei casi esaminati, la violazione dell'art. 3 della Convenzione europea che, sotto la rubrica "proibizione della tortura", pone il divieto di pene e di trattamenti disumani o degradanti a causa della situazione di sovraffollamento carcerario in cui i ricorrenti si sono trovati.
Si ricorda che l’istituto della sentenza pilota è una procedura, inizialmente di origine giurisprudenziale, che permette alla Corte, attraverso la trattazione del singolo ricorso, di identificare un problema strutturale, rilevabile in casi simili, e individuare pertanto una violazione ricorrente dello Stato contraente. Infatti, qualora la Corte riceva molteplici ricorsi derivanti da una situazione simile in fatto e imputabile alla medesima violazione in diritto, vi è la possibilità per la Corte stessa di selezionare uno o più ricorsi per una trattazione prioritaria in applicazione dell’articolo 61 del proprio regolamento di procedura. La disposizione, introdotta nel 2011, stabilisce come condizione che “i fatti all’origine d’un ricorso presentato davanti ad essa rivelano l’esistenza, nello Stato contraente interessato, d’un problema strutturale o sistemico o di un’ altra simile disfunzione che ha dato luogo alla presentazione di altri analoghi ricorsi”.
La trattazione di una questione attraverso la procedura pilota permette il congelamento degli altri casi simili in attesa della pronuncia della Corte al fine di consentire una trattazione più rapida e offre allo Stato contraente la possibilità di sanare la propria posizione prima di ulteriori condanne.
|
Il messaggio del Presidente della Repubblica e la relazione della Commissione Giustizia della CameraIl 7 ottobre 2013 il Presidente della Repubblica ha trasmesso alle Camere un messaggio sulla questione carceraria (Doc. I, n. 1). La Conferenza dei Presidenti di Gruppo ha quindi chiesto alla Commissione Giustizia di procedere ad un approfondimento delle tematiche oggetto del documento, al fine di predisporre per l'Assemblea una relazione, da utilizzare come base per l'apertura di una discussione in Aula.
La Commissione Giustizia ha svolto un'attività istruttoria (dal 15 ottobre al 28 novembre 2013) nell'ambito della quale ha sentito in audizione il Ministro della giustizia (17 ottobre) ed il Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie (22 ottobre), al fine di acquisire dati ed informazioni relativamente a specifiche tematiche del messaggio. La Relazione approvata dalla Commissione Giustizia il 28 novembre (Doc. XVI, n. 1) è stata discussa il 4 marzo 2014 dall'Assemblea, che ne ha condiviso i contenuti, approvando una risoluzione. |
Le misure adottate per ridurre la tensione carceraria |
Aumentare la capienza: il Piano carceriPer ovviare alla ridotta capienza degli istituti penitenziari italiani rispetto alle esigenze detentive, dal 2010 è stato attivato il c.d. Piano carceri, che si prefigge interventi straordinari di edilizia penitenziaria. InLa dichiarazione dello stato di emergenza carceraria particolare, il Governo aveva attribuito, temporaneamente (fino al 31 dicembre 2010), al Capo del D.A.P. (Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria) poteri commissariali straordinari per il rapido compimento degli investimenti necessari alla realizzazione di nuove infrastrutture penitenziarie ed all'aumento della capienza di quelle esistenti. Spettava al commissario il compito di redigere il programma degli interventi necessari, specificandone i tempi e le modalità di realizzazione ed indicando le risorse economiche occorrenti. Al commissario venivano riconosciuti, in caso di inutile decorso dei termini previsti dalla normativa vigente, speciali poteri sostitutivi. Il Primo Piano CarceriIl c.d. Piano carceri, effettivamente varato dal Governo il 13 gennaio 2010, era articolato in quattro filoni di intervento (cd. quattro pilastri). Alla base del Piano c’è la dichiarazione dello stato di emergenza carceraria, deliberata con D.P.C.M. 13 gennaio 2010. I primi due pilastri erano costituiti da interventi di edilizia carceraria; sul piano normativo (terzo pilastro) si dovevano introdurre novità al sistema sanzionatorio con misure che prevedessero, da un lato, la possibilità della detenzione domiciliare per pene detentive fino ad un anno nonchè la messa alla prova delle persone imputabili per reati fino a tre anni, con conseguente sospensione del processo. Il quarto pilastro del Piano prevedeva l’assunzione di 2.000 nuovi agenti di Polizia Penitenziaria (le scoperture risultavano, tuttavia, circa 5.000). Al Commissario straordinario, nell'attuazione degli interventi del primo pilastro (edilizia penitenziaria), erano riconosciuti poteri derogatori delle ordinarie competenze, una velocizzazione delle procedure e la semplificazione delle gare d'appalto per la costruzione di 47 nuovi padiglioni carcerari. A partire dal 2011, il Piano prevedeva la realizzazione di altre strutture di edilizia penitenziaria straordinaria, ovvero 18 nuove carceri, di cui 10 “flessibili” (di prima accoglienza e a custodia attenuata, destinate a detenuti con pene lievi) cui se ne dovevano aggiungere altre 8 (anch'esse “flessibili") in aree strategiche. Secondo il Piano, gli interventi avrebbero dovuto portare complessivamente alla creazione di 21.709 nuovi posti negli istituti penitenziari e al raggiungimento di una capienza totale di 80.000 detenuti. Per realizzare questo progetto si disponeva di 500 milioni di euro stanziati dalla Finanziaria 2010 e di altri 100 milioni di euro provenienti dal bilancio della Giustizia. Nel 2011 la gestione commissariale per gli interventi straordinari di edilizia carceraria è stata prorogata di un ulteriore anno (cioè fino al 31 dicembre 2012), ed è stata sottratta al capo del DAP, per attribuire la funzione ad un nuovo commissario, il Prefetto Angelo Sinesio. La versione 2012Il 31 gennaio 2012 il Piano carceri è stato rimodulato dal Comitato d'indirizzo e di controllo, in conseguenza dei tagli (di 228 milioni di euro) nei finanziamenti disposti dal CIPE, che hanno inevitabilmente comportato un ridimensionamento delle ambizioni di edilizia penitenziaria. Sulla base delle informazioni riportate sul sito istituzionale del piano carceri, il Piano carceri rimodulato prevede la realizzazione di 11.573 nuovi posti detentivi. Dal nuovo Piano vengono espunti i nuovi Istituti previsti nelle città di Bari, Nola, Venezia, Mistretta, Sciacca, Marsala per un totale di 2700 posti e i nuovi padiglioni nelle città di Salerno, Busto Arsizio, ed Alessandria per un totale di 600 posti e vengono inseriti lavori di completamento e di ristrutturazione per complessivi 5.573 posti detentivi. In particolare, il nuovo Piano carceri, approvato dal Comitato di indirizzo e controllo in data 31 gennaio 2012, prevede i seguenti interventi:
Gestione commissariale fino a dicembre 2014Si ricorda, inoltre, che in questa legislatura, con il decreto-legge 78/2013, sono stati ulteriormente ampliati i compiti del Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie, i cui poteri sono prorogati fino al 31 dicembre 2014.
|
Ridurre il numero dei detenuti: gli interventi organici di deflazione carcerariaAttraverso la conversione di due decreti-legge il Parlamento ha adottato una serie di misure legislative volte - tra l'altro - a ridurre il numero dei reclusi in carcere, attraverso interventi tanto di diritto penale quanto di diritto processuale penale e relativi all'ordinamento penitenziario. |
Gli interventi sulle sanzioni penaliIl TU stupefacenti: lieve entità e droghe leggereAlcune modifiche legislative approvate nell'attuale legislatura hanno interessato le pene previste per i reati di produzione, traffico e detenzione illecita di stupefacenti; un'elevata percentuale della popolazione carceraria è infatti detenuta in relazione a quel tipo di reati.
La Corte costituzionale (sentenza 32/2014) ha poi dichiarato l'illegittimità costituzionale delle modifiche al testo unico stupefacenti apportate dalla legge di conversione del decreto-legge 272/2005 (legge "Fini Giovanardi"), che interessano - senza distinzione tra droghe pesanti e droghe leggere - anche l'art. 73 del testo unico. La revisione del sistema sanzionatorio è affrontata in generale anche dalla proposta di legge AC. 331-B, approvata dalla Camera e modificata dal Senato. In particolare, la proposta delega il Governo a disciplinare le pene detentive non carcerarie o da eseguire presso il domicilio; delega il Governo a realizzare una depenalizzazione; introduce la messa alla prova nel processo penale (v. infra). |
Le modifiche alla procedura penaleIl D.L. 78/2013Modifiche al codice di procedura penale, tutte dirette a ridurre il sovraffollamento carcerario, sono state apportate dal decreto-legge 78/2013, che ha, in particolare:
Il decreto-legge 146/2013 è Il D.L. 146/2013ulteriormente intervenuto con analoghi obiettivi, stabilendo:
L'obiettivo della riduzione del sovraffollamento carcerario è perseguito anche dalla proposta di legge, approvata dalla Camera, concernente le misure cautelari personali (ora A.S. 1232). La proposta è diretta a delimitare nei presupposti e nella valutazione del giudice l'ambito di applicazione della custodia cautelare in carcere (v. infra). |
Le modifiche dell'ordinamento penitenziarioI provvedimenti d'urgenza approvati nel corso della legislatura hanno anche modificato l'ordinamento penitenziario (L. 354/1975), nell'ottica della riduzione del sovraffollamento. In particolare, il decreto-legge 78/2013 (misure sulla esecuzione della pena):
Con il decreto-legge 146/2013 (diritti dei detenuti e sovraffollamento carcerario) sono state introdotte ulteriori modifiche:
|
La tutela dei diritti dei detenutiIl decreto-legge 146/2013 (diritti dei detenuti e sovraffollamento carcerario) ha previsto:
Con il decreto-legge 78/2013 (misure sulla esecuzione della pena) è stato invece favorito il reinserimento lavorativo degli ex detenuti, con l'ampliamento del periodo successivo allo stato di detenzione nel quale sono concessi gli sgravi contributivi (l'aumento è di 18 mesi per i detenuti che hanno usufruito di misure alternative o del lavoro esterno; di 24 mesi per quelli che non ne hanno beneficiato) e con la concessione alle imprese che assumono detenuti di un credito d'imposta (350 euro per ogni assunto). |
Gli ulteriori provvedimenti all'esame del ParlamentoIl Parlamento sta tuttora esaminando due proposte di legge che, se approvate, potrebbero ulteriormente contribuire alla riduzione del sovraffollamento carcerario. Di seguito se ne dà sinteticamente conto. |
La riforma delle misure cautelari personaliL'impatto della custodia cautelare sul sovraffollamento carcerarioDai dati forniti dal Dipartimento per l'Amministrazione penitenziaria risulta che, sul totale dei detenuti, quelli "in attesa di primo giudizio" sono circa il 18%; quelli condannati in primo e secondo grado complessivamente anch'essi circa il 18%; il restante 63% sono "definitivi" cioè raggiunti da una condanna irrevocabile. Fonte: Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria - Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato statistica ed automazione di supporto dipartimentale - Sezione Statistica
Nella categoria “misti” confluiscono i detenuti imputati con a carico più fatti, ciascuno dei quali con il relativo stato giuridico, purché senza nessuna condanna definitiva.
La categoria “da impostare” si riferisce ad una situazione transitoria. E' infatti relativa a quei soggetti per i quali è momentaneamente impossibile inserire nell'archivio informatico lo stato giuridico, in quanto non sono ancora disponibili tutti gli atti ufficiali necessari.
Il tema dell’impiego della misura della custodia cautelare, per i riflessi che questa ha sull’attuale sovraffollamento carcerario è, come detto, intervenuta già la Corte europea dei diritti dell’uomo, nella sentenza 8 gennaio 2013 (Torreggiani ed altri, contro Italia). Le richieste della CEDUSecondo la Corte «l'applicazione della custodia cautelare e la sua durata dovrebbero essere ridotte al minimo compatibile con gli interessi della giustizia. Gli Stati membri dovrebbero, al riguardo, assicurarsi che la loro legislazione e la loro prassi siano conformi alle disposizioni pertinenti della Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo ed alla giurisprudenza dei suoi organi di controllo e lasciarsi guidare dai principi enunciati nella Raccomandazione n. R (80) 11 in materia di custodia cautelare per quanto riguarda, in particolare, i motivi che consentono l'applicazione della custodia cautelare".
La CEDU ritiene "opportuno fare un uso più ampio possibile delle alternative alla custodia cautelare quali ad esempio l'obbligo, per l'indagato, di risiedere ad un indirizzo specificato, il divieto di lasciare o di raggiungere un luogo senza autorizzazione, la scarcerazione su cauzione, o il controllo e il sostegno di un organismo specificato dall'autorità giudiziaria. A tale proposito è opportuno valutare attentamente la possibilità di controllare tramite sistemi di sorveglianza elettronici l'obbligo di dimorare nel luogo precisato. Per sostenere il ricorso efficace e umano alla custodia cautelare, è necessario impegnare le risorse economiche e umane necessarie e, eventualmente, mettere a punto i mezzi procedurali e tecnici di gestione appropriati».
Il Parlamento è intervenuto approvando la legge n. 94 del 2013, di conversione con modificazioni del decreto-legge n. 78 del 2013, che in particolare, per quanto riguarda la custodia cautelare, ha innalzato da 4 a 5 anni il limite della pena che consente nei delitti l'applicazione della custodia cautelare in carcere. E' stata, tuttavia, introdotta alla nuova disciplina una specifica deroga volta a confermare l'applicabilità della misura cautelare per il delitto di finanziamento illecito ai partiti (art. 7, L. 195/1974).
A.S. 1232, Modifiche al c.p.p. in materia di misure cautelari personaliE' invece tuttora all'esame del Parlamento, in particolare del Senato, una proposta di legge (A.S. 1232) - già approvata dalla Camera - diretta a delimitare, con un effetto di riduzione del sovraffollamento negli istituti penitenziari, l'ambito di applicazione della custodia cautelare in carcere, attraverso una serie di modifiche al codice di procedura penale che interessano principalmente: la valutazione del giudice, l’idoneità della custodia in carcere, gli obblighi di motivazione del giudice, il procedimento.
La valutazione del giudiceIn particolare, il provvedimento delimita la discrezionalità del giudice nella valutazione dei presupposti per l’applicazione delle esigenze cautelari. E' introdotto il requisito dell'attualità del pericolo di fuga o di reiterazione del reato; né è consentito desumere la concretezza e l' attualità del pericolo di fuga o di reiterazione esclusivamente dalla gravità del reato per cui si procede. E’ esclusa l’applicabilità – oltre che della custodia in carcere - anche degli arresti domiciliari:
Viene poi confermato il carattere residuale del ricorso al carcere e tale misura può essere disposta soltanto quando le altre misure coercitive o interdittive (in luogo di "ogni altra misura"), anche se applicate cumulativamente, risultino inadeguate. Inoltre, nell'ipotesi di aggravamento delle esigenze cautelari, il giudice, su richiesta del PM, può anche applicare congiuntamente altra misura coercitiva o interdittiva (attualmente il giudice può solo sostituire la misura in corso con altra più afflittiva oppure applicare la prima con modalità più gravi). Sono soppresse alcune disposizioni che favoriscono il ricorso alla custodia in carcere. Le disposizioni soppresse riguardano: l'obbligo per il giudice di revocare gli arresti domiciliari e applicare la custodia in carcere in caso di trasgressione del divieto di allontanarsi dalla propria abitazione; il divieto per il giudice di concedere gli arresti domiciliari al condannato per evasione nei 5 anni precedenti al fatto per il quale si procede. E’ poi ampliato (da 2 a 12 mesi) il termine di efficacia delle misure interdittive: sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori; sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio; divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprenditoriali. Idoneità della custodia in carcereQuanto all’applicazione della custodia in carcere per alcuni reati di particolare gravità, la presunzione di idoneità della custodia in carcere continua a operare solamente con riguardo alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza per i soli delitti di associazione sovversiva (art. 270 c.p.), associazione terroristica, anche internazionale (art. 270-bis c.p.) e associazione mafiosa (art. 416-bis c.p.). Per altri reati gravi – tassativamente individuati – tra cui i reati di omicidio, induzione alla prostituzione minorile, pornografia minorile, turismo sessuale, violenza sessuale – è possibile applicare la custodia in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari o, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possano essere soddisfatte con altre misure. Il riferimento alla ipotesi dell'eventuale soddisfacimento delle esigenze cautelari con altre misure viene incontro alla giurisprudenza costituzionale in materia. Obblighi di motivazioneE’ fatto obbligo per il giudice – nel disporre la custodia cautelare in carcere - di spiegare i motivi dell'eventuale inidoneità ad assicurare le esigenze di cautela degli arresti domiciliari con uso dei cd. braccialetti elettronici. Quanto al contenuto dell'ordinanza di custodia cautelare con la finalità di rafforzare gli obblighi di motivazione da parte del giudice, è fatto obbligo di autonoma valutazione da parte del giudice sia delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi alla base della misura restrittiva sia delle concrete e specifiche ragioni per le quali le indicate esigenze di cautela non possono essere soddisfatte con altre misure. Si intendono così evitare motivazioni delle esigenze cautelari "appiattite" su quelle del PM richiedente. La mancanza di "autonoma valutazione" è considerata motivo di annullamento dell'ordinanza cautelare in sede di riesame. ProcedimentoE' aumentato da due a dodici mesi il termine massimo di efficacia delle misure interdittive. E’ modificato, con più ampie garanzie per l’imputato, il procedimento di riesame presso il tribunale della libertà delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva. L'udienza camerale - alla quale l'imputato può chiedere di apparire personalmente - se ricorrono giustificati motivi, può essere differita dal tribunale per un minimo di 5 ed un massimo di 10 giorni. Di pari periodo viene prorogato il termine di 10 gg. per la decisione (di annullamento, riforma o conferma) sull'ordinanza oggetto del riesame e per il relativo deposito dell'ordinanza da parte del tribunale. Al mancato deposito in cancelleria, entro 30 gg. dalla deliberazione, dell'ordinanza del tribunale del riesame consegue la perdita di efficacia dell'ordinanza che dispone la misura coercitiva. Diventa, poi, possibile differire, per giustificati motivi, la data dell'udienza camerale del tribunale in sede di riesame delle ordinanze relative a misure cautelari reali (sequestro conservativo o preventivo). Circa l'appello avverso le ordinanze che dispongono misure cautelari personali, viene precisato che la decisione sull'appello del tribunale del riesame (entro 20 gg. dalla ricezione degli atti) sia assunta con ordinanza depositata in cancelleria entro 30 gg. dalla deliberazione. Circa il ricorso per cassazione sulle ordinanze che dispongono misure coercitive nonchè su quelle emesse in sede di appello avverso ordinanza in materia di misure cautelari personali, sono eslcuse alcune ipotesi di ricorso da parte del PM. Dopo l'annullamento con rinvio di un'ordinanza che ha disposto o confermato una misura coercitiva, il giudice del rinvio decide entro 10 giorni dalla ricezione degli atti e deposita in cancelleria l'ordinanza nei 30 gg. dalla deliberazione. La mancata decisione come il mancato deposito dell'ordinanza nei termini comportano la perdita di efficacia della misura coercitiva. Il testo all'esame dell'Aula del SenatoIl provvedimento trasmesso dalla Camera ha subito alcune modifiche nel corso dell'esame in Commissione Giustizia del Senato. In particolare, dal testo all'esame dell'Assemblea (A.S.1232-A):
|
Pene detentive non carcerarie, depenalizzazione e messa alla provaIl Parlamento da alcuni mesi sta esaminando una proposta di legge, ora all'esame in seconda lettura dell'Assemblea della Camera (A.C. 331-927-B), dopo che il Senato vi ha approtata alcune modifiche, che tratta i seguenti quattro temi:
Delega per la riforma del sistema delle peneIl provvedimento (articolo 1) prevede che il Governo debba, entro 8 mesi, riformare il sistema delle pene, eliminando l'attuale pena dell'arresto e introducendo nel codice penale, e nella normativa complementare, pene detentive non carcerarie (reclusione presso il domicilio e arresto presso il domicilio), di durata continuativa o per singoli giorni settimanali o fasce orarie, da scontare presso l’abitazione. Tra i principi e criteri direttivi della delega si prevede:
La delega esclude in talune ipotesi l'applicabilità delle pene detentive non carcerarie; prevede che le stesse pene possano essere sostituite con la detenzione in carcere in assenza di un domicilio idoneo ovvero quando il comportamento del condannato risulti incompatibile con la pena domiciliare (es. per averne violato le prescrizioni, ovvero per aver commesso un nuovo reato). Per i reati per i quali è prevista la detenzione domiciliare, il giudice può, sentito l’imputato e il PM, applicare in sede di condanna anche la sanzione del lavoro di pubblica utilità, per una durata minima di 10 giorni. Inoltre, sempre all'articolo 1, è prevista una delega al Governo per la disciplina della non punibilità per tenuità del fatto, da applicare a tutte le condotte attualmente punite con la sola pena pecuniaria (ammenda o multa) o con pene detentive non superiori nel massimo a 5 anni, nelle seguenti ipotesi: a) particolare tenuità dell’offesa; b) non abitualità del comportamento. Delega per la depenalizzazioneIl Senato ha introdotto nel provvedimento (articolo 2) una ulteriore delega al Governo ad operare una articolata depenalizzazione (entro 18 mesi dall'entrata in vigore della legge). In particolare, il Governo dovrà trasformare in illeciti amministrativi:
Per i reati trasformati in illeciti amministrativi il Governo dovrà prevedere sanzioni adeguate e proporzionate alla gravità della violazione, all'eventuale reiterazione dell'illecito, all'opera svolta dall'agente per l'eliminazione o attenuazione delle sue conseguenze, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche e comunque sanzioni pecuniarie comprese tra 5.000 e 50.000 euro nonché eventuali sanzioni amministrative accessorie consistenti nella sospensione di facoltà e diritti derivanti da provvedimenti dell'amministrazione (lett. e); dovrà consentire la rateizzazione ma anche il pagamento in misura ridotta (lett. f) e g)). In relazione a specifici articoli del codice penale, l'articolo 2 delega il Governo a procedere ad un'abrogazione (comma 3, lett. a), c), d) e)) introducendo adeguate sanzioni pecuniarie civili, fermo il diritto al risarcimento del danno. Il provvedimento (Messa alla provaarticoli da 3 a 8) introduce nell'ordinamento l'istituto della sospensione del procedimento penale con messa alla prova. Vengono a tal fine inseriti nel codice penale nuovi articoli (da 168-bis a 168-quater), significativamente tra le disposizioni relative alle cause estintive del reato, attraverso i quali si prevede:
Vengono inoltre modificati il codice di procedura penale (inserendo gli articoli da 464-bis a 464-novies), le disposizioni di attuazione e il Testo Unico sul casellario giudiziale. Spetterà ad un regolamento del Ministro della giustizia disciplinare le convenzioni in merito al lavoro di pubblica utilità. Il provvedimento detta infine disposizioni sul processo a carico di irreperibili (artt. 9 e ss.), eliminando ogni riferimento all'attuale istituto della contumacia e prevedendo che a fronte dell'assenza dell'imputato, il giudice debba disporre con ordinanza la sospensione del processo. Alla scadenza di un anno dalla pronuncia dell'ordinanza di sospensione, e per ogni anno successivo, il giudice disporrà nuove ricerche dell'imputato per la notifica dell'avviso. Se le ricerche hanno esito positivo l'ordinanza è revocata, il giudice fissa la data per la nuova udienza, e l'imputato può richiedere il giudizio abbreviato o il patteggiamento. Durante l'irreperibilità dell'imputato, il corso della prescrizione è sospeso. |