Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: La questione carceraria Elementi di documentazione sulle tematiche oggetto del messaggio del Presidente della Repubblica, Doc. I, n. 1
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 64
Data: 14/10/2013
Descrittori:
CARCERI   MESSAGGI DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione e ricerche

La questione carceraria

 

Elementi di documentazione sulle tematiche oggetto del messaggio del Presidente della Repubblica, Doc. I, n. 1

 

 

 

 

 

 

n. 64

 

 

 

14 ottobre 2013

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Giustizia

( 066760-9559/ 0667609148 – * st_giustizia@camera.it

 

 

 

 

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File: gi0104.doc

 


INDICE

Schede di lettura

§  Introduzione  5

1. Il sovraffollamento carcerario  7

2. Le pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo e le raccomandazioni del Consiglio d’Europa  13

3. la Corte costituzionale sull’art. 147 c.p. 17

4. Il reinserimento sociale dei detenuti 19

5. La capienza degli istituti penitenziari: il piano carceri 23

§  Il Piano carceri originario  23

§  La rimodulazione del Piano per definanziamento  24

§  L’ultima versione del Piano Carceri (18 luglio 2013) 26

§  Le modifiche introdotte dal decreto-legge n. 78 del 2013  27

6. Gli interventi organici di deflazione carceraria  29

§  a) L’introduzione di meccanismi di probation (messa alla prova) 29

§  b) La previsione di pene limitative della libertà personale, ma "non carcerarie" (detenzione domiciliare) 30

§  c) La riduzione dell'area applicativa della custodia cautelare in carcere  32

§  d) I detenuti stranieri e l’espiazione della pena nel Paese d’origine del condannato  35

§  e) L’accesso alle misure alternative alla detenzione  37

§  f) La depenalizzazione  38

7. Le misure straordinarie di deflazione carceraria  45

§  I più recenti provvedimenti di amnistia  47

§  I più recenti provvedimenti di indulto  58

8. Le proposte del gruppo di lavoro sulle riforme istituzionali 63

 


SIWEB

Schede di lettura

 


Introduzione

Il presente dossier riguarda i diversi aspetti relativi alla questione carceraria in Italia, oggetto del messaggio trasmesso alle Camere il 7 ottobre 2013 dal Presidente della Repubblica (doc. I, n. 1).

“Questione scottante, da affrontare in tempi stretti nei suoi termini specifici e nella sua più complessiva valenza”, la questione carceraria interessa una molteplicità di aspetti.

Tali aspetti sono oggetto di esame da parte della Commissione Giustizia, ai fini della predisposizione di una relazione all’Assemblea.

Il dossier affronta in sintesi i diversi profili toccati dal messaggio.

Riporta pertanto i dati più recenti sull’affollamento carcerario in Italia e la serie storica dei detenuti presenti dal 1991 al 2013, richiamando – in prospettiva comparata - le statistiche annuali penali del Consiglio d’Europa.

Sono poi richiamate le principali pronunce della Corte Europea dei Diritti dell’uomo e le raccomandazioni del Consiglio d’Europa, oltre alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 147 c.p. sul rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena.

E’ quindi illustrato il tema del reinserimento sociale dei detenuti, su cui – in particolare - si è soffermata nel 2013 una deliberazione della Corte dei conti.

Il cap. 5 riassume la questione della capienza degli istituti penitenziari e dell’attuazione del Piano carceri.

Il cap. 6  si sofferma sugli interventi di deflazione carceraria di tipo organico, oggetto di recenti interventi legislativi (messa alla prova, detenzione domiciliare, custodia cautelare, l’espiazione della pena per i detenuti stranieri, le misure alternative alla detenzione, la depenalizzazione).

Il cap. 7 richiama le misure straordinarie di deflazione carceraria (amnistia e indulto) e mette a confronto i contenuti dei due più recenti provvedimenti a carattere generale di amnistia e di indulto.

In fine sono riportate nel cap. 8 le proposte relative all’amministrazione della giustizia, elaborate dal gruppo di lavoro sulle riforme istituzionali, istituito dal presidente della Repubblica il 30 marzo 2013.

 


1. Il sovraffollamento carcerario

Il messaggio del Presidente della Repubblica evidenzia che dagli ultimi dati del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP) del Ministero della Giustizia - aggiornati al 30 settembre 2013 - risulta che il numero di persone detenute è pari a 64.758, mentre la "capienza regolamentare" è di 47.615. Nel confronto con gli altri Paesi aderenti al Consiglio d’Europa, l’indice di sovraffollamento italiano (147 detenuti ogni 100 posti disponibili) è inferiore soltanto a quello di Serbia (157,6) e Grecia (151,7).

 

Detenuti presenti e capienza regolamentare degli istituti penitenziari per regione di detenzione[1]: aggiornamento 30 settembre 2013

Regione di detenzione

Numero istituti

Capienza regolamentare

Detenuti presenti

Abruzzo

8

1.534

2.026

Basilicata

3

441

439

Calabria

13

2.481

2.684

Campania

17

5.627

8.103

Emilia Romagna

12

2.363

3.802

Friuli Venezia Giulia

5

548

805

Lazio

14

4.799

7.157

Liguria

7

1.059

1.770

Lombardia

19

6.040

8.980

Marche

7

847

1.051

Molise

3

391

480

Piemonte

13

3.875

4.869

Puglia

11

2.465

3.945

Sardegna

12

2.545

2.031

Sicilia

26

5.540

6.987

Toscana

18

3.259

4.185

Trentino Alto Adige

2

280

408

Umbria

4

1.342

1.612

Valle d’Aosta

1

181

266

Veneto

10

1.998

3.158

Totale nazionale

205

47.615

64.758

 

 

 

 

Serie storica dei detenuti presenti negli istituti penitenziari
dal giugno 1991 al giugno 2013
[2]

Data della rilevazione

Detenuti presenti

Data della rilevazione

Detenuti presenti

30-giu-91

31.053

30-giu-02

56.277

31-dic-91

35.469

31-dic-02

55.670

30-giu-92

44.424

30-giu-03

56.403

31-dic-92

47.316

31-dic-03

54.237

30-giu-93

51.937

30-giu-04

56.532

31-dic-93

50.348

31-dic-04

56.068

30-giu-94

54.616

30-giu-05

59.125

31-dic-94

51.165

31-dic-05

59.523

30-giu-95

51.973

30-giu-06

61.264

31-dic-95

46.908

31-dic-06

39.005

30-giu-96

48.694

30-giu-07

43.957

31-dic-96

47.709

31-dic-07

48.693

30-giu-97

49.554

30-giu-08

55.057

31-dic-97

48.495

31-dic-08

58.127

30-giu-98

50.578

30-giu-09

63.630

31-dic-98

47.811

31-dic-09

64.791

30-giu-99

50.856

30-giu-10

68.258

31-dic-99

51.814

31-dic-10

67.961

30-giu-00

53.537

30-giu-11

67.394

31-dic-00

53.165

31-dic-11

66.897

30-giu-01

55.393

30-giu-12

66.528

31-dic-01

55.275

31-dic-12

65.701

 

 

30-giu-13

66.028

 

 

Detenuti per tipologia di reato: aggiornamento 30 giugno 2013[3]

Tipologia di reato[4]

Totale detenuti

di cui stranieri

Associazione di stampo mafioso (art. 416-bis)

6.758

75

Legge droga

26.042

10.633

Legge armi

10.698

983

Ordine pubblico

3.267

909

Contro il patrimonio

35.272

10.052

Prostituzione

985

772

Contro la pubblica amministrazione

8.304

3.175

Incolumità pubblica

1.660

213

Fede pubblica

4.802

1.829

Moralità pubblica

202

61

Contro la famiglia

1.923

487

Contro la persona

24.345

7.580

Contro la personalità dello stato

132

35

Contro l’amministrazione della giustizia

6.924

1.082

Economia pubblica

657

17

Contravvenzioni

4.386

720

Legge stranieri

1.205

1.082

Contro il sentimento e la pietà dei defunti

1.107

115

Altri reati

3.307

203

 

 

Detenuti presenti condannati (almeno una condanna definitiva) per pena inflitta
Situazione al 30 giugno 2013
[5]

Pena inflitta

Da 0 a 1 anno

Da 1 a 2 anni

Da 2 a 3 anni

Da 3 a 5 anni

Da 5 a 10 anni

Da 10 a 20 anni

Oltre 20 anni

ergastolo

totale

Totale detenuti

2.642

3.716

4.592

8.759

11.440

5.566

2.004

1.582

40.301

 

 

Le statistiche annuali penali del Consiglio d’Europa, pubblicate nel maggio 2013, analizzano i dati del 2011. Il rapporto evidenzia come il problema del sovraffollamento delle carceri sia una piaga che colpisce quasi tutti gli Stati parti alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, con situazioni drammatiche in alcuni Paesi come l’Italia.

Nel 2011, nei paesi considerati, il numero dei detenuti è diminuito del 2%, ma è aumentato il tasso medio della popolazione carceraria con 154 detenuti per 100.000 abitanti rispetto ai 149 nel 2010. Il numero più alto di detenuti è costituito da coloro che hanno commesso reati legati al traffico di stupefacenti (17,5%), a pari merito con il furto e seguiti da reati come l’omicidio (12%).

Per quanto riguarda l’Italia i detenuti nel 2011 erano 67.104 a fronte di una capienza massima di 45.647. La percentuale dei detenuti rispetto alla popolazione, non evidenzia un “caso” italiano, in quanto il nostro paese con la media di 110 detenuti ogni 100.000 abitanti dimostra un indice di delinquenza inferiore a Francia, Portogallo, Regno Unito e Spagna. Il dato rilevante è però quello del sovraffollamento: nessun Paese supera di oltre 20.000 unità il numero massimo di capienza detenuti. Neanche la Turchia, che nel 2011 contava 126.000 detenuti e l’Ucraina con 158.000. L’indice dei detenuti presenti ogni 100 posti disponibili è infatti per l’Italia pari a 147, inferiore solo a Grecia (151,7) e Serbia (156,6). Il rapporto tra popolazione residente e capacità degli istituti penitenziari segnala in Italia un deficit di strutture carcerarie, rispetto ai paesi a noi più vicini per popolazione:

 

 

Nazione

Popolazione

Capienza penitenziari

Detenuti

Polonia

38.529.866

86.123

81.382

Ucraina

45.598.179

157.625

158.532

Spagna

46.152.926

75.647

71.995

Italia

60.626.442

45.647

67.104

Francia

64.994.907

56.562

72.326

Turchia

73.722.988

115.935

126.725

Germania

81.751.602

77.669

70.931

Fonte: Consiglio d’Europa, Annual penal statistics. Space I – Survey 2011

 

L’età media della popolazione carceraria è di 33 anni (in Italia 37); le donne sono il 5,3% (in Italia il 4,3%) e circa il 21% gli stranieri (in Italia il 36%). Qui la situazione cambia molto tra i Paesi dell’est Europa, nei quali gli stranieri non superano il 2% dei detenuti, rispetto all’Europa occidentale con ben il 30% di stranieri detenuti. La spesa per detenuto è stata pari a 93 euro giornalieri (in Italia 116,68 euro).

 

 

 

 

 

Consiglio d’Europa: situazione carceraria al 1° settembre 2011

Nazione

Popolazione

Detenuti

Detenuti ogni 100.000 abitanti

Capienza istituti penitenziari

detenuti ogni 100 posti disponibili

Albania

2.831.741

4.772

168,5

4.417

108,0

Austria

8.404.252

8.767

104,3

8.645

101,4

Belgio

11.000.638

11.825

107,5

9.295

127,2

Croazia

4.412.137

5.084

115,2

3.921

129,7

Danimarca

5.560.628

3.947

71,0

4.134

95,5

Finlandia

5.375.276

3.261

60,7

3.100

105,2

Francia

64.994.907

72.326

111,3

56.562

113,4

Germania

81.751.602

70.931

86,8

77.669

91,3

Grecia

11.309.885

12.479

110,3

8.224

151,7

Irlanda

4.570.727

4.257

93,1

4.555

93,5

Italia

60.626.442

67.104

110,7

45.647

147,0

Norvegia

4.920.305

3.535

71,8

3.835

92,2

Paesi Bassi

16.655.799

11.579

69,5

12.338

93,8

Polonia

38.529.866

81.382

211,2

86.123

94,5

Portogallo

10.572.157

12.681

119.9

12.077

105,0

Regno Unito

63.232.573

95.344

150,8

-[6]

-[7]

Rep. Ceca

10.486.731

23.170

220,9

20.501

113,0

Romania

21.413.815

29.823

139,3

33.402

89,3

Russia

142.856.536

780.100

546,1

-[8]

-[9]

Serbia

7.276.195

10.955

150,6

6.950

157,6

Slovacchia

5.392.446

10.713

198,7

10.626

100,8

Slovenia

2.050.189

1.273

62,1

1.115

114,2

Spagna

46.152.926

71.995

156,0

75.647

95,2

Svezia

9.415.570

6.742

71,6

6.977

96,6

Svizzera

7.870.134

6.065

77,1

6.869

88,3

Turchia

73.722.988

126.725

171,9

115.935

109,3

Ucraina

45.598.179

158.532

347,7

157.625

100,6

Ungheria

9.985.722

17.413

174,4

12.604

138,2

 

Il messaggio del Presidente della Repubblica richiama altresì i dati 2012 elaborati dall’International Center for prison studies. I dati sono disponibili sul sito dell’organizzazione.

 

 


2. Le pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo e le raccomandazioni del Consiglio d’Europa

Nel suo messaggio il Presidente della Repubblica ricorda due sentenze della Corte europea dei diritti d’uomo: Sulejmanovic contro Italia (16 luglio 2009) e Torreggiani e altri contro l'Italia (8 gennaio 2013).

 

Causa Sulejmanovic contro Italia  -in materia di condizioni di detenzione.

Il caso riguardava un cittadino della Bosnia-Erzegovina detenuto nel carcere romano di Rebibbia per scontare una pena di un anno e nove mesi di reclusione per una serie di condanne inflitte per furto aggravato, tentato furto, ricettazione e falsità in atti.

Riferiva il ricorrente che nel corso della sua permanenza nel carcere romano aveva soggiornato in diverse celle, ciascuna di circa 16,20 metri quadrati, che aveva condiviso con altri detenuti. In particolare, il ricorrente si doleva del fatto che dal 30 novembre 2002 al 15 aprile 2003 aveva dovuto dividere la cella con altre cinque persone, ognuna delle quali poteva disporre di una superficie di circa 2,70 metri quadrati, mentre dal 15 aprile al 20 ottobre 2003 aveva condiviso la cella con altri quattro detenuti, disponendo così ciascun detenuto, in media, di una superficie di 3,40 metri quadrati.

Il ricorrente si rivolgeva pertanto alla Corte di Strasburgo lamentando che le condizioni della sua detenzione avevano violato l’art. 3 CEDU (proibizione della tortura). In particolare, il Sulejmanovic invocava i parametri indicati dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti (CPT) – ai quali anche la Corte aveva fatto riferimento in alcune sue pronunce – che indicano in 7 metri quadrati la superficie minima auspicabile di cui ciascun detenuto deve poter disporre all’interno della propria cella.

Con la decisione del 16 luglio 2009 (ricorso 22635/03) la Corte ha affermato che sebbene non sia possibile quantificare, in modo preciso e definitivo, lo spazio personale che deve essere concesso a ciascun detenuto ai sensi della Convenzione, in quanto esso dipende da diversi fattori, come la durata della privazione della libertà personale, la possibilità di accesso alla passeggiata all’aria aperta nonché le condizioni mentali e fisiche del detenuto, la mancanza evidente di spazio personale costituisce violazione dell'art. 3 CEDU, relativo al divieto di trattamenti inumani e degradanti. Ai fini di tali valutazioni, la Corte ha utilizzato come parametro di riferimento quello indicato dal CPT, che ha individuato in 7 metri quadrati per detenuto “la superficie minima auspicabile per una cella detentiva”.

In via equitativa, la Corte ha riconosciuto all’istante la somma di 1.000,00 € a titolo di risarcimento per i danni morali patiti.

 

In particolare, la CEDU, con la sentenza Torreggiani e altri sei ricorrenti contro l'Italia dell’8 gennaio 2013, e secondo la procedura della sentenza pilota, ha accertato, nei casi esaminati, la violazione dell'art. 3 della Convenzione europea che, sotto la rubrica "proibizione della tortura", pone il divieto di pene e di trattamenti disumani o degradanti a causa della situazione di sovraffollamento carcerario in cui i ricorrenti si sono trovati.

 

 

Causa Torreggiani e altri contro Italia - in materia di condizioni di detenzione.

I ricorrenti, detenuti negli istituti penitenziari di Busto Arsizio e Piacenza, avevano adito la Corte EDU lamentando che le loro rispettive condizioni detentive costituissero trattamenti inumani e degradanti ai sensi dell'articolo 3 della Convenzione. Essi avevano denunciato la mancanza di spazio vitale nelle rispettive celle (nelle quali avrebbero avuto a disposizione uno spazio personale di 3 metri quadri), l'esistenza di gravi problemi di distribuzione di acqua calda e una insufficiente aereazione e illuminazione delle celle.

La Corte, con la decisione dell’8 gennaio 2013, ha dichiarato sussistente la violazione dell'articolo 3 CEDU, avendo accertato che le condizioni detentive descritte avevano sottoposto gli interessati a un livello di sofferenza d'intensità superiore a quello inevitabile insito nella detenzione.

La Corte rileva che «la violazione del diritto dei ricorrenti di beneficiare di condizioni detentive adeguate non è la conseguenza di episodi isolati, ma trae origine da un problema sistemico risultante da un malfunzionamento cronico proprio del sistema penitenziario italiano, che ha interessato e può interessare ancora in futuro numerose persone».

Per questo la Corte ha deciso applicare al caso di specie la procedura della sentenza pilota, ai sensi dell'articolo 46 della Convenzione, ed ha ordinato alle autorità nazionali di approntare, nel termine di un anno dalla data in cui la sentenza in titolo sarà divenuta definitiva, le misure necessarie che abbiano effetti preventivi e compensativi e che garantiscano realmente una riparazione effettiva delle violazioni della Convenzione risultanti dal sovraffollamento carcerario in Italia.

Il termine annuale decorre dalla data in cui la sentenza è divenuta definitiva, ossia dal giorno 28 maggio 2013, in cui è stata respinta l'istanza di rinvio alla Grande Chambre della Corte, presentata dall'Italia al fine di ottenere un riesame della sentenza. Pertanto, il termine concesso dalla Corte allo Stato italiano verrà a scadere il 28 maggio del 2014.

Nelle more dell'adozione delle misure sul piano nazionale, la Corte ha disposto il rinvio dell'esame di altri ricorsi, presentati ma non comunicati, aventi come unico oggetto il sovraffollamento carcerario in Italia.

 

Si ricorda che l’istituto della sentenza pilota è una procedura, inizialmente di origine giurisprudenziale, che permette alla Corte, attraverso la trattazione del singolo ricorso, di identificare un problema strutturale, rilevabile in casi simili, e individuare pertanto una violazione ricorrente dello Stato contraente. Infatti, qualora la Corte riceva molteplici ricorsi derivanti da una situazione simile in fatto e imputabile alla medesima violazione in diritto, vi è la possibilità per la Corte stessa di selezionare uno o più ricorsi per una trattazione prioritaria in applicazione dell’articolo 61 del proprio regolamento di procedura. La disposizione, introdotta nel 2011, stabilisce come condizione che “i fatti all’origine d’un ricorso presentato davanti ad essa rivelano l’esistenza, nello Stato contraente interessato, d’un problema strutturale o sistemico o di un’ altra simile disfunzione che ha dato luogo alla presentazione di altri analoghi ricorsi”.

La trattazione di una questione attraverso la procedura pilota permette il congelamento degli altri casi simili in attesa della pronuncia della Corte al fine di consentire una trattazione più rapida e offre allo Stato contraente la possibilità di sanare la propria posizione prima di ulteriori condanne.

Il messaggio del Presidente della Repubblica ricorda che tra i rimedi al "carattere strutturale e sistemico del sovraffollamento carcerario" in Italia, la Corte ha citato la raccomandazione del Consiglio d'Europa "a ricorrere il più possibile alle misure alternative alla detenzione e a riorientare la loro politica penale verso il minimo ricorso alla carcerazione, allo scopo, tra l'altro, di risolvere il problema della crescita della popolazione carceraria".

Il documento del Consiglio d’Europa cui fa riferimento la Corte europea dei diritti dell’uomo, e anche il messaggio del Presidente della Repubblica, è la raccomandazione n. R(99) 22 sul sovraffollamento delle carceri e l’inflazione carceraria. In particolare, in tale atto si rileva che «La privazione della libertà dovrebbe essere considerata come una sanzione o una misura di ultima istanza e dovrebbe pertanto essere prevista soltanto quando la gravità del reato renderebbe qualsiasi altra sanzione o misura manifestamente inadeguata» e che gli Stati «dovrebbero esaminare l’opportunità di depenalizzare alcuni tipi di delitti o di riqualificarli in modo da evitare che essi richiedano l’applicazione di pene privative della libertà».

La raccomandazione invita dunque gli Stati a ridurre il ricorso alla custodia cautelare ed a fare un uso più ampio possibile delle alternative alla custodia cautelare quali ad esempio l’obbligo, per l’indagato, di risiedere ad un indirizzo specificato, il divieto di lasciare o di raggiungere un luogo senza autorizzazione, la scarcerazione su cauzione, o il controllo e il sostegno di un organismo specificato dall’autorità giudiziaria.

La Corte EDU, peraltro, nella sentenza Torreggiani richiama anche altri documenti del Consiglio d’Europa, tra i quali la raccomandazione Rec(2006)2 del Comitato dei Ministri sulle regole penitenziarie europee (adottata l’11 gennaio 2006), dedicata alle condizioni di detenzione, che in relazione ai locali di detenzione richiede:

 

«18. 1. I locali di detenzione e, in particolare, quelli destinati ad accogliere i detenuti durante la notte,devono soddisfare le esigenze di rispetto della dignità umana e, per quanto possibile, della vita privata, e rispondere alle condizioni minime richieste in materia di sanità e di igiene, tenuto conto delle condizioni climatiche, in particolare per quanto riguarda la superficie, la cubatura d’aria, l’illuminazione, il riscaldamento e l’aerazione.

2. Nei locali in cui i detenuti devono vivere, lavorare o riunirsi:

a. le finestre devono essere sufficientemente ampie affinché i detenuti possano leggere e lavorare alla luce naturale in condizioni normali e per permettere l’apporto di aria fresca, a meno che esista un sistema di climatizzazione appropriato;

b. la luce artificiale deve essere conforme alle norme tecniche riconosciute in materia;e

c. un sistema d’allarme deve permettere ai detenuti di contattare immediatamente il personale.

3. La legislazione nazionale deve definire le condizioni minime richieste relative ai punti elencati ai paragrafi 1 e 2.

4. Il diritto interno deve prevedere dei meccanismi che garantiscano il rispetto di queste condizioni minime, anche in caso di sovraffollamento carcerario.

5. Ogni detenuto, di regola, deve poter disporre durante la notte di una cella individuale, tranne quando si consideri preferibile per lui che condivida la cella con altri detenuti.

6. Una cella deve essere condivisa unicamente se è predisposta per l’uso collettivo e deve essere occupata da detenuti riconosciuti atti a convivere.

7. Se possibile, i detenuti devono poter scegliere prima di essere costretti a condividere una cella per dormire.

8. Nel decidere di alloggiare detenuti in particolari istituti o in particolari sezioni di un carcere bisogna tener conto delle necessità di separare:

a. I detenuti imputati dai detenuti condannati;

b. I detenuti maschi dalle detenute femmine; e

c. I detenuti giovani adulti dai detenuti più anziani.

9. Si può derogare alle disposizioni del paragrafo 8 in materia di separazione dei detenuti per permettere loro di partecipare assieme a delle attività organizzate. Tuttavia i gruppi citati dovranno sempre essere separati durante la notte a meno che gli stessi interessati non consentano a coabitare e che le autorità penitenziarie ritengano che questa misura si iscriva nell’interesse di tutti i detenuti interessati.

10. Le condizioni di alloggio dei detenuti devono soddisfare le misure di sicurezza meno restrittive possibili e proporzionali al rischio che gli interessati evadano, si feriscano o feriscano altre persone.

 

Allo stesso anno 2006 risalgono anche gli standard elaborati dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT), istituito anch’esso nell’ambito del Consiglio d’Europa, volti a indicare agli Stati membri le modalità con le quali dovrebbero essere trattate le persone private della libertà.

In tale ambito, trattando della custodia della polizia, il Comitato scrive: «La questione di quale sia la grandezza ragionevole di una cella di polizia (o qualsiasi altro luogo di sistemazione di un detenuto/prigioniero) è complessa. Molti fattori devono essere presi in considerazione in tale valutazione. Comunque, le delegazioni del CPT hanno avvertito il bisogno di una bozza di linee guida in questo campo. Il criterio che segue (considerato come un livello auspicabile piuttosto che uno standard minimo) è attualmente usato nel valutare celle di polizia intese per essere occupate da una sola persona che resti al massimo qualche ora: nell’ordine di 7 metri quadrati, 2 metri o più tra le pareti, 2 metri e mezzo tra il pavimento e il soffitto.

Si ricorda che in Italia, per quanto riguarda le dimensioni delle celle, il Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria fa invece riferimento al D.M. Sanità 5 luglio 1975 relativo alle dimensioni e ai requisiti igienico-sanitari principali dei locali di abitazione civile. Sulla base di quanto previsto dall’art. 2, le celle debbono avere una superficie minima di 9 metri quadri – se per una persona – e di 14 metri – se per due persone. Ogni ulteriore persona comporta 5 metri quadri in più.


3. la Corte costituzionale sull’art. 147 c.p.

E’ il messaggio del Presidente della Repubblica a ricordare l’iniziativa di alcuni tribunali di sorveglianza, che hanno adito la Corte costituzionale sollevando questione di legittimità costituzionale dell'articolo 147 del codice penale (norma che stabilisce i casi di rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena), per la parte in cui non prevede che si possa ordinare il differimento della pena carceraria anche nel caso di un prevedibile svolgimento della pena (in relazione alla situazione del singolo istituto penitenziario) in condizioni contrarie al senso di umanità.

 

La questione di legittimità costituzionale cui fa cenno il messaggio del Presidente della Repubblica (ordd. 67 e 82/2013) è stata ritenuta inammissibile dalla Corte costituzionale lo scorso 9 ottobre 2013 (le motivazioni della decisione non sono state ancora depositate).

Peraltro, attraverso un comunicato stampa, la stessa Consulta ha dichiarato di «non potersi sostituire al legislatore essendo possibili una pluralità di soluzioni al grave problema sollevato dai rimettenti, cui lo stesso legislatore dovrà porre rimedio nel più breve tempo possibile» preannunciando che «Nel caso di inerzia legislativa la Corte si riserva, in un eventuale successivo procedimento, di adottare le necessarie decisioni dirette a far cessare l’esecuzione della pena in condizioni contrarie al senso di umanità».

 


4. Il reinserimento sociale dei detenuti

Il sovraffollamento carcerario rende estremamente complesso l’accesso dei detenuti agli istituti volti a consentire l’attuazione piena dell’art. 27 della Costituzione, sotto il profilo della rieducazione del condannato.

Come ricorda il messaggio del Presidente della Repubblica, la “gravità del problema è stata da ultimo denunciata dalla Corte dei Conti, pronunciatasi - in sede di controllo sulla gestione del Ministero della Giustizia nell'anno 2012 - sugli esiti dell'indagine condotta su "l'assistenza e la rieducazione dei detenuti". Essa ha evidenziato che il sovraffollamento carcerario - unitamente alla scarsità delle risorse disponibili - incide in modo assai negativo sulla possibilità di assicurare effettivi percorsi individualizzati volti al reinserimento sociale dei detenuti”.

 

In merito, si ricorda che con la deliberazione n. 6/2013/G del 18 luglio 2013, la Corte dei Conti - Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato – ha concluso un’indagine su “L’assistenza e la rieducazione dei detenuti – cap. 1761 del Ministero della Giustizia”.

Lo scopo dell’indagine era verificare come siano state utilizzate le risorse strumentali e finanziarie di cui al Cap. 1761, preordinate alla realizzazione di interventi di assistenza e rieducazione dei detenuti, in vista del loro reinserimento sociolavorativo.

La delibera, dopo avere analizzato la complessa articolazione organizzativa coinvolta nella funzione rieducativi dei detenuti, rileva l’insuccesso della gestione, che viene ricondotto ai seguenti fattori: la complessità dell’organizzazione; l’esigenza, sovente insoddisfatta, di disporre di una pluralità di figure professionali; i tagli degli organici e la limitata possibilità di copertura dei medesimi a causa della vigente disciplina del turn over; i tagli lineari sullo specifico capitolo di bilancio.

 

L’insuccesso è espresso dai numeri sui detenuti lavoranti, pari al 20-22% del totale dei detenuti, e dalla percentuale molto esigua 2-3% di coloro che operano non alle dipendenze dell’amministrazione.

Esiguo anche il dato dei detenuti impiegati in base alla c.d. Legge Smuraglia (n. 193/2000): meno del 2%.

 

 

In merito la Corte dei conti rileva che «se a distanza di dodici anni dall’entrata in vigore della legge i detenuti assunti da imprese esterne sono in numero così esiguo, forse il legislatore dovrebbe prendere in esame l’opportunità di rimodulare i finanziamenti della legge, anche alla luce dei più recenti dettati normativi, per promuovere il più possibile il lavoro esterno dei detenuti che, oltre che essere impegnati socialmente, si sentirebbero meno inclini, una volta liberi, di tornare a delinquere».

 

In merito al reinserimento sociale dei detenuti, e alle osservazioni della Corte dei conti, si ricorda che con la finalità di sostenere il diritto al lavoro di detenuti ed ex detenuti, l’art. 3-bis del recente decreto-legge 78/2013 (L. 94/2013) ha novellato sia la legge 381/1991, sulle cooperative sociali, che la legge 193/2000, sull’attività lavorativa dei detenuti (cd. legge Smuraglia).

In particolare, il legislatore ha ampliato - nella legge 381 - la durata del periodo successivo allo stato di detenzione nel quale sono concessi gli sgravi contributivi.

Si stabilisce che gli sgravi (che permanevano per 6 mesi dopo la detenzione) permangono:

-           per 18 mesi dalla scarcerazione, per coloro che hanno beneficiato di misure alternative o del lavoro esterno;

-           per 24 mesi dalla scarcerazione per tutti coloro che non hanno beneficiato di tali istituti.

E’ poi aggiunto un nuovo art. 3-bis alla legge n. 193 del 2000, Norme per favorire l'attività lavorativa dei detenuti, che concede alle imprese che assumono detenuti un credito d’imposta. In particolare, la disposizione concede alle imprese:

§  un credito d’imposta mensile nella misura massima di 700 euro a lavoratore, se assumono – per almeno 30 giorni - detenuti o internati, compresi quelli ammessi al lavoro esterno, ovvero svolgono nei loro confronti «effettivamente attività formative» (comma 1);

§  un credito d’imposta mensile nella misura massima di 350 euro a lavoratore, se assumono – per almeno 30 giorni – detenuti semiliberi ovvero svolgono nei loro confronti «effettivamente attività formative» (comma 2).

La disposizione (comma 3) precisa che i crediti d’imposta sono utilizzabili esclusivamente in compensazione e che sono riconosciuti (in coordinamento con la previsione della legge n. 381/1991) anche successivamente all’uscita dal carcere, per 18 o 24 mesi, a seconda che il lavoratore abbia o meno avuto accesso alle misure alternative alla detenzione.

 

Si ricorda anche che con DM Giustizia n. 87/2012 è stato adottato il “Regolamento recante sgravi fiscali alle imprese che assumono lavoratori detenuti”.

 

Si ricorda, inoltre, che sempre il decreto-legge n. 78 del 2013 (articolo 2) ha novellato l’art. 21 dell’ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975), relativo al lavoro all’esterno del carcere, inserendovi il comma 4-ter, che permette ai detenuti e agli internati la partecipazione, a titolo volontario e gratuito, all'esecuzione di progetti di pubblica utilità presso lo Stato, le Regioni, le province e i comuni o presso enti e organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, ma anche comunità montane, Unioni di comuni, Asl, enti e organizzazioni anche internazionali, comprese quelle di assistenza sanitaria.

 

 


5. La capienza degli istituti penitenziari: il piano carceri

Per ovviare alla ridotta capienza degli istituti penitenziari italiani rispetto alle esigenze detentive, dal 2010 è stato attivato il c.d. Piano carceri, che si prefigge interventi straordinari di edilizia penitenziaria.

Di seguito si dà conto dell’evolversi degli interventi rilevando peraltro come nel messaggio del Presidente della Repubblica venga affermato che l'incremento ipotizzato della ricettività carceraria - certamente apprezzabile - appare, in relazione alla "tempistica" prevista per l'incremento complessivo, insufficiente rispetto all'obbiettivo di ottemperare tempestivamente e in modo completo alla sentenza della Corte di Strasburgo.

 

Il Piano carceri originario

Per far fronte al grave problema del sovraffollamento carcerario, dopo la nomina nel 2008 di un Commissario straordinario (individuato nel capo dell’amministrazione penitenziaria), il Governo - deliberando nel 2010 un Piano straordinario basato su una articolata serie di interventi, prevalentemente di edilizia penitenziaria - ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale (prorogato da ultimo fino al 31 dicembre 2014).

Il cd. Piano carceri - che avrebbe dovuto creare circa 18.000 nuovi posti detentivi entro il 2012 - anche per problemi di carenza di fondi, è stato effettivamente varato dal Governo solo nel 2010, confermando la gestione commissariale del Capo del D.A.P.

Il Piano è stato articolato in quattro filoni di intervento (cd. quattro pilastri).

I primi due pilastri erano costituiti da interventi di edilizia carceraria; sul piano normativo (terzo pilastro) si dovevano introdurre novità al sistema sanzionatorio con misure che prevedessero, da un lato, la possibilità della detenzione domiciliare per pene detentive brevi nonché la messa alla prova delle persone imputabili per rati minori, con conseguente sospensione del processo. Il quarto pilastro del Piano prevedeva l’assunzione di 2.000 nuovi agenti di Polizia Penitenziaria (le scoperture risultavano, tuttavia, circa 5.000)

Al Commissario straordinario, nell'attuazione degli interventi del primo pilastro (edilizia penitenziaria), erano riconosciuti poteri derogatori delle ordinarie competenze, una velocizzazione delle procedure e la semplificazione delle gare d'appalto per la costruzione di 47 nuovi padiglioni carcerari (la previsione iniziale di realizzazione era fine 2010) utilizzando il modello adottato per il dopo-terremoto a L'Aquila.

 

Il primo Piano carceri - approvato in data 24 giugno 2010 dal Comitato d’indirizzo e Controllo (costituito dal Ministro della Giustizia, dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e dal Capo del Dipartimento della Protezione civile) organo di vigilanza sull'attuazione del piano - prevedeva un totale di n. 9.150 posti detentivi con risorse pari a 675 milioni di euro.

Il Piano prevedeva la realizzazione di n. 11 nuovi istituti nelle città di Torino, Venezia, Bolzano, Pordenone, Camerino (MC), Nola, Bari, Catania, Marsala, Mistretta e Sciacca per 4.750 nuovi posti detentivi e la realizzazione di n. 20 padiglioni in ampliamento di istituti esistenti in Alessandria, Milano-Opera, Bergamo, Busto Arsizio, Vicenza, Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Bologna, Ferrara, Sulmona, Roma-Rebibbia, Napoli-Secondigliano, Salerno, Lecce, Taranto, Trani, Caltagirone, Siracusa, Trapani per 4.400 posti detentivi, per un totale complessivo di 9.150 nuovi posti (4.750 + 4.400 =9.150).

 

Le risorse finanziarie di complessivi 675 milioni di euro provenivano per 500 milioni di euro dallo stanziamento ex art. 2, comma 219, della legge n. 191/2009, L. finanziaria 2010 (dal Fondo Infrastrutture), per 100 milioni di euro da fondi per l'edilizia carceraria della Cassa delle Ammende e per 75 milioni di euro dal Bilancio del Ministero della Giustizia -DAP cap. 7300 (edilizia carceraria) di cui 40 milioni per l'anno 2010 e 35 milioni per l'anno 2011.

 

Il Piano carceri è stato modificato in data 20 giugno 2011 con l’inserimento di 150 posti relativi alla rifunzionalizzazione del nuovo istituto di Reggio Calabria Località Arghillà a valere su 21,5 milioni di euro stanziati dal CIPE nella delibera del 31 luglio 2009 n. 58 a valere sui fondi FAS (Fondo Aree Sottoutilizzate) e originariamente assegnate al capitolo 7473 P.G.1 del MIT. Nel corso del 2011 i suddetti 21,5 milioni sono stati impegnati a favore del Commissario delegato.

 

La rimodulazione del Piano per definanziamento

Sulla base delle informazioni riportate sul sito istituzionale del piano carceri, il Piano carceri rimodulato - così come approvato dal Comitato di indirizzo e di controllo il 31 gennaio 2012, in conseguenza dei tagli del CIPE di 228 milioni di euro, che hanno comportato un ridimensionamento delle esigenzialità da parte del Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria - prevede la realizzazione di 11.573 posti detentivi, rispetto ai 9.300 posti già previsti, con un incremento pari a n. 2.273 posti detentivi, nonostante la citata riduzione di risorse, per tagli, di 228 milioni di euro rispetto al Piano iniziale.

Dopo i tagli le risorse ammontavano complessivamente a 468,5 milioni di euro, di cui 447 milioni di euro relativi al Piano originario definanziato (675 – 228 = 447) e 21,5 milioni per l'inserimento dei lavori di Reggio Calabria loc. Arghillà.

In particolare, le disponibilità di 350 milioni, residuati dal ricordato stanziamento di 500 milioni di cui all’art. 2, comma 219 della legge 191/2009, finanziaria 2010, si sono ridotte a 122,2 milioni che sono stati assegnati dal CIPE nella riunione del 20 gennaio 2012 con deliberazione n. 6/2012 per il necessario trasferimento alla contabilità speciale del Commissario delegato.

 

Dal nuovo Piano vengono espunti i nuovi Istituti previsti nelle città di Bari, Nola, Venezia, Mistretta, Sciacca, Marsala per un totale di 2700 posti e i nuovi padiglioni nelle città di Salerno, Busto Arsizio, ed Alessandria per un totale di 600 posti e vengono inseriti lavori di completamento e di ristrutturazione per complessivi 5.573 posti detentivi.

Ciò è stato possibile ripensando all'opportunità di realizzare i nuovi istituti e i nuovi padiglioni in una logica progettuale diversa, che risponda appieno all'esigenze, ma che tenga debitamente conto sia delle localizzazioni a costi contenuti, sia della possibilità, principalmente per i nuovi padiglioni, di sfruttare economie di scala in termini di utilizzo di servizi comuni già esistenti, il che consente altresì una ottimizzazione dell'impiego di risorse umane, avuto riguardo alle esigenze di pronto utilizzo delle strutture da realizzare.

 

In particolare, il nuovo Piano carceri, approvato dal Comitato di indirizzo e controllo in data 31 gennaio 2012, prevede i seguenti interventi:

§  n. 3600 posti detentivi relativi alla progettazione esecutiva e alla realizzazione di 16 nuovi padiglioni in ampliamento di istituti esistenti nelle città di Lecce - Taranto -Trapani - Milano Opera - Sulmona - Vicenza - Parma - Siracusa- Ferrara – Bologna - Roma Rebibbia - Bergamo - Trani - Caltagirone - Reggio Emilia - Napoli-Secondigliano;

§  n. 1.800 posti detentivi relativi alla progettazione esecutiva e alla realizzazione di 4 nuovi istituti nelle città di Torino, Catania, Pordenone e Camerino;

§  n. 1.014 posti detentivi relativi alle opere di completamento nei nuovi istituti di Cagliari e di Sassari;

§  n. 150 posti detentivi relativi alla rifunzionalizzazione dell'istituto di Reggio Calabria (località Arghillà) da realizzarsi con Fondi di cui alla delibera CIPE del 31/7/2009 n. 58;

§  n. 4.759 posti detentivi relativi alle opere di completamento per di 17 padiglioni in ampliamento degli istituti di Cremona - Biella – Modena – Terni – Voghera – Santa Maria Capua Vetere – Catanzaro – Palermo Pagliarelli – Pavia – Saluzzo – Ariano Irpino – Carinola – Frosinone – Livorno – Nuoro – Piacenza - Agrigento e per i lavori di recupero negli istituti di Ancona Montacuto, Livorno, Gorgona, Augusta, Enna, Milano San Vittore, Napoli Poggioreale, Palermo Ucciardone, Arezzo;

§  n. 250 posti per il nuovo carcere di Bolzano da realizzarsi con Fondi a carico della Provincia autonoma di Bolzano ex art. 2 comma 123 della legge 191/2009, secondo quanto disciplinato dall’art. 79 comma 1 lettera del T.U. DPR 31/8/72 n.670 in termini di risorse finanziarie senza utilizzo di deroghe previste dall’OPCM 3861/2010.  

 

Riguardo all’entità e fonti delle risorse finanziarie (di bilancio e/o contabilità speciale, aperta il 30.04.2010) utilizzate e/o utilizzabili dal Commissario delegato, il saldo della contabilità speciale al 28 agosto 2012 registrava un attivo di 333,4 milioni di euro dovuto alla differenza tra le somme per 335,8 milioni di euro trasferite dai capitoli 7473 e 7300 di bilancio dello Stato relative all’edilizia pubblica, le somme trasferite dalla Cassa delle Ammende, per progetti di edilizia penitenziaria, ex art.4 della legge 9 maggio 1932, n. 547 (come sostituito dall’art. 44 bis, comma 7 della legge n. 14/2009) nonché le somme trasferite da Fondi Regionali e da privati e gli ordinativi emessi per 2,4 milioni di euro 28.

 

Secondo quanto riportato nell’ultima Relazione del Ministro della Giustizia sullo stato di attuazione del programma di edilizia penitenziaria (anno 2012), trasmessa alla Camera il 13 maggio 2013, le somme trasferite alla contabilità speciale intestata al Commissario straordinario ammontavano, al 31 dicembre 2012, a 380 milioni di euro.

 

L’ultima versione del Piano Carceri (18 luglio 2013)

Il Piano carceri, così come rimodulato a seguito di mutate esigenza dell’Amministrazione penitenziaria ed approvato il 18 luglio 2013 dal Ministro della Giustizia di concerto con il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, prevede la espunzione dei nuovi istituti in Torino, Pordenone e Camerino da 450 posti ciascuno, dei padiglioni in ampliamento di istituti penitenziari esistenti di Bergamo, Reggio Emilia e Napoli-Secondigliano per 600 posti detentivi, nonché i lavori di completamento del nuovo padiglione di Agrigento da 200 posti.

 

Prevede altresì, a risorse invariate, la realizzazione:

§  di un nuovo istituto penitenziario da 300 posti in San Vito al Tagliamento (PN) mediante la riconversione della Caserma Dall’Armi messa a disposizione dal Comune, con una economia di spesa

§  di un nuovo istituto penitenziario da 900 posti detentivi in Nola (NA)

§  di lavori di ristrutturazione in Pianosa per la realizzazione di 450 posti detentivi

§  lavori di ristrutturazione e di recupero posti di beni demaniali dismessi per circa 1.000 posti detentivi

§  di un nuovo padiglione da 300 posti detentivi nell’istituto penitenziario di Reggio Calabria – Arghillà e di una caserma agenti da 50 posti, di un pozzo per consentire di assicurare il fabbisogno idrico, nonché la riqualificazione della strada di accesso.

 

Le modifiche introdotte dal decreto-legge n. 78 del 2013

I compiti già assegnati dal Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie sono stati da ultimo ampliati dall’articolo 4 del decreto-legge n. 78/2013, convertito dalla legge n. 94/2013 che ha prorogato le funzioni del commissario straordinario fino a 31 dicembre 2014, integrandole con i seguenti ulteriori compiti:

§  programmazione dell'attività di edilizia penitenziaria (lettera a);

§  manutenzione straordinaria, ristrutturazione, completamento e ampliamento delle strutture penitenziarie esistenti (lettera b);

§  mantenimento e promozione di piccole strutture carcerarie ove applicare percorsi di esecuzione della pena differenziati «su base regionale» e implementazione di trattamenti individualizzati ritenuti indispensabili per la rieducazione del detenuto (lett. b-bis);

§  realizzazione di nuovi istituti penitenziari e di alloggi di servizio per la polizia penitenziaria, al di fuori delle aree di notevole interesse pubblico sottoposte a vincolo ai sensi dell'articolo 136 del D.Lgs. n. 42 del 2004 (lettera c);

§  destinazione e valorizzazione dei beni immobili penitenziari anche mediante acquisizione, cessione, permuta e forme di partenariato pubblico-privato ovvero tramite la costituzione di uno o più fondi immobiliari, articolati in un sistema integrato nazionale e locale (lettera d);

§  individuazione di immobili dismessi nella disponibilità dello Stato o degli enti pubblici territoriali e non territoriali, al fine della realizzazione di strutture carcerarie (lettera e). Tanto alla lettera d) quanto alla lettera e) la legge di conversione ha aggiunto il riferimento alla costituzione di diritti reali sugli immobili in favore di terzi; pertanto, in base alla modifica apportata lettera d), il Commissario può destinare beni immobili penitenziari anche mediante costituzione  di diritti reali sugli immobili in favore di terzi; in base alla modifica alla lettera e), il Commissario può individuare immobili atti, tra l’altro, “alla costituzione di diritti reali sugli immobili in favore di terzi”;

§  raccordo con il capo Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria e con il capo Dipartimento per la giustizia minorile.

 

Restano in capo al Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, le funzioni di indirizzo, vigilanza e controllo sull’attività del Commissario straordinario del Governo svolta in esecuzione dei compiti assegnati. Si dispone, altresì, che questi riferisca trimestralmente al Ministro della giustizia e al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sull'attività svolta nonché annualmente al Parlamento.

 

Il decreto-legge attribuisce al Commissario poteri derogatori, ove necessario, di cui alle Ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri nn. 3861/2010[10] e 3995/2012[11], limitatamente alle deroghe alla legge n. 717 del 1949[12], al D.P.R. n. 383 del 1994[13], all'articolo 17 della Legge n. 127 del 1997[14] e agli articoli 49[15] e 70[16] del c.d. Codice degli appalti (D. Lgs. n. 163 del 2006), concernenti rispettivamente la disciplina dell’avvalimento e quella dei termini di ricezione delle domande di partecipazione e di ricezione delle offerte.

 

 


6. Gli interventi organici di deflazione carceraria

Nel messaggio del Presidente della Repubblica sono indicati alcuni rimedi strutturali volti alla deflazione del sovraffollamento carcerario, facendo riferimento ad alcune iniziative legislative già in corso.

a) L’introduzione di meccanismi di probation (messa alla prova)

In merito si ricorda che la Camera dei deputati ha approvato, il 4 luglio 2013, in prima lettura, un testo unificato che si basa su tre cardini: una delega al Governo per l'introduzione di pene detentive non carcerarie ovvero da eseguire presso il domicilio; l'introduzione della messa alla prova nel processo penale; una nuova disciplina del processo a carico di imputati irreperibili. Il provvedimento è ora all’esame del Senato (A.S. 925). In particolare, gli articoli da 2 a 7 del provvedimento disciplinano la sospensione del procedimento penale con messa alla prova dell'imputato.

L'istituto troverà applicazione in relazione a reati puniti con pena pecuniaria ovvero con la reclusione fino a 4 anni nonché ai reati di violenza, minaccia o resistenza a un pubblico ufficiale, oltraggio aggravato a un magistrato in udienza, violazione di sigilli aggravata, rissa aggravata, furto aggravato e ricettazione. L'applicazione della misura - che comporta condotte riparatorie volte all'eliminazione delle conseguenze dannose del reato, consiste nell'affidamento dell'imputato al servizio sociale per lo svolgimento di un programma che può implicare la prestazione di un lavoro di pubblica utilità.

La misura del lavoro di pubblica utilità consiste in una prestazione non retribuita a favore della collettività della durata minima di 30 giorni, anche non continuativi, da svolgere presso lo Stato, regioni, le province, i comuni e le onlus; la sua durata giornaliera non può essere oltrepassare le 8 ore e le modalità di svolgimento della prestazione non devono pregiudicare le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute dell'imputato.

La sospensione del processo con messa alla prova può essere richiesta non più di due volte; non più di una volta se si tratta di reato della stessa indole.

L'esito positivo della prova estingue il reato.

 


b) La previsione di pene limitative della libertà personale, ma "non carcerarie" (detenzione domiciliare)

Anche su questo profilo incide il disegno di legge AS. 925, che intende introdurre la pena - irrogabile direttamente dal giudice con la sentenza di condanna - della "reclusione presso il domicilio.

 

L’articolo 1 dell’A.S. 925, approvato dalla Camera dei deputati lo scorso 4 luglio, contiene una delega al Governo per l'introduzione di pene detentive non carcerarie, ovvero da eseguire presso il domicilio. Il Governo dovrà disciplinare la reclusione domiciliare prevedendone l'applicazione, in misura pari alla pena irrogata, per i delitti puniti con la reclusione fino a 6 anni e l'arresto domiciliare come pena detentiva principale per tutte le contravvenzioni. Spetterà poi al giudice, tenuto conto degli indici di gravità concreta del reato, decidere quale pena detentiva (se carceraria o domiciliare) applicare.

I principi e criteri direttivi della delega specificano che per le indicate detenzioni domiciliari dovrà essere possibile l’utilizzo delle particolari modalità di controllo di cui all'articolo 275-bis c.p.p. (c.d. braccialetti elettronici) ed escludono dall'applicazione delle nuove pene detentive dei delinquenti e contravventori abituali, professionali e per tendenza.

 

La pena della detenzione domiciliare o le c.d. pene detentive non carcerarie cui fa riferimento il provvedimento all’esame del Senato, non devono essere confuse con la legge n. 199 del 2010, che ha previsto la possibilità, fino al 31 dicembre 2013, di scontare presso la propria abitazione la pena detentiva non superiore a 18 mesi.

 

Si ricorda, infatti, che nel quadro della politica di deflazione carceraria annunciata dal Governo in occasione dell’adozione del Piano carceri del gennaio 2010, è stata approvata la legge n. 199 del 2010, Esecuzione domiciliare delle pene.

La legge ha introdotto la possibilità di scontare presso la propria abitazione o in altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza la pena detentiva non superiore a 18 mesi (l'iniziale limite di un anno è stato così aumentato dal DL 211 del 2011), anche residua di pena maggiore. L'istituto non opera a regime ma ha natura di misura temporanea, applicabile fino alla completa attuazione del Piano carceri, nonché in attesa della riforma della disciplina delle misure alternative alla detenzione e comunque non oltre il 31 dicembre 2013.

La decisione sull’esecuzione domiciliare della pena detentiva breve è attribuita alla competenza del magistrato di sorveglianza.

La legge prevede precise condizioni ostative alla concessione del beneficio. L'esecuzione domiciliare non è, infatti, applicabile:

§  in relazione alla commissione dei delitti di particolare allarme sociale previsti dall'art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975) ovvero: associazione mafiosa e reati connessi, riduzione in schiavitù, induzione alla prostituzione minorile, pornografia minorile, tratta di persone, violenza sessuale di gruppo, sequestro di persona a scopo di estorsione, associazione a delinquere finalizzatata al traffico di droga o al contrabbando di tabacchi lavorati esteri;

§  ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza,

§  ai soggetti sottoposti al regime di sorveglianza particolare in carcere, ai sensi dell’art. 14-bis dell’ordinamento penitenziario (salvo che sia stato accolto dal tribunale di sorveglianza il reclamo di cui all'art. 14-ter avverso il provvedimento che lo dispone o lo proroga);

§  se vi è la concreta possibilità che il condannato possa darsi alla fuga;

§  se sussistano specifiche e motivate ragioni per ritenere che il condannato possa commettere altri delitti;

§  l’insussistenza di un domicilio idoneo ed effettivo, anche in funzione delle esigenze di tutela della persona offesa dal reato.

 

Per quanto riguarda la procedura per l’applicazione del beneficio:

§  se il condannato non è ancora detenuto (si è, quindi, nella fase di esecuzione della pena detentiva ai sensi dell’art. 656, comma 1, c.p.p.) il pubblico ministero – ricorrendo il presupposto di una pena detentiva da eseguire non superiore a 18 mesi – deve sospendere l’esecuzione dell’ordine di carcerazione e trasmettere senza ritardo gli atti al magistrato di sorveglianza affinché quest’ultimo disponga che la pena sia eseguita presso il domicilio; la disposizione non si applica se ricorrono le condizioni per la sospensione dell’esecuzione della pena ai sensi del comma 5 dell’articolo 656 c.p.p. o le cause ostative alla sospensione previste dal comma 9, lettera a), della medesima disposizione (condanna per i delitti di cui all’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario, per i reati di incendio boschivo e furto aggravato, furto in abitazione e furto con strappo e delitti e delitti per i quali sussiste l’aggravante della clandestinità).

§  se, invece, il condannato è già detenuto spetta alla direzione dell’istituto penitenziario trasmettere al magistrato di sorveglianza una relazione sulla condotta tenuta dal detenuto; il nuovo istituto non si applica nel caso previsto dall’articolo 656, comma 9, lett. b), c.p.p. (soggetti che, per il fatto oggetto della condanna da eseguire, si trovano in stato di custodia cautelare in carcere nel momento in cui la sentenza diviene definitiva).

Sia la richiesta del P.M., nel primo caso, sia la relazione della direzione dell’istituto penitenziario, nel secondo caso, devono essere corredate di un verbale di accertamento dell’idoneità del domicilio e, nel caso in cui il condannato è sottoposto ad un programma di recupero o intenda sottoporsi ad esso, della documentazione prevista per l’affidamento in prova dall’articolo 94 del T.U. stupefacenti (certificazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da una struttura privata accreditata attestante lo stato di tossicodipendenza o di alcooldipendenza, la procedura con la quale è stato accertato l'uso abituale di sostanze stupefacenti, psicotrope o alcoliche, l'andamento del programma concordato eventualmente in corso e la sua idoneità, ai fini del recupero del condannato).

 

Quanto agli effetti della legge n. 199 del 2010, i detenuti usciti dagli istituti penitenziari al 30 settembre 2013 sono stati 12.109. Il numero complessivo non comprende i casi in cui il beneficio sia concesso dallo stato di libertà[17].

 

Si osserva peraltro, che nonostante questa disposizione, che consente appunto di eseguire presso il domicilio gli ultimi 18 mesi di pena detentiva, al 30 giugno 2013 erano presenti negli istituti penitenziari italiani 10.263 reclusi condannati in via definitiva con una pena residua fino ad un anno. Evidentemente è dunque elevato il numero di coloro che non possono beneficiare del provvedimento.

 

Detenuti condannati per pena residua (30 giugno 2013)[18]

Pena residua

Da 0 a 1 anno

Da 1 a 2 anni

Da 2 a 3 anni

Da 3 a 5 anni

Da 5 a 10 anni

Da 10 a 20 anni

Oltre 20 anni

ergastolo

totale

Totale detenuti

10.263

8.084

6.017

6.575

5.234

2.126

420

1.582

40.301

 

 

c) La riduzione dell'area applicativa della custodia cautelare in carcere

Come sottolineato nel messaggio del Presidente della repubblica, “dai dati del DAP risulta che, sul totale dei detenuti, quelli "in attesa di primo giudizio" sono circa il 19%; quelli condannati in primo e secondo grado complessivamente anch'essi circa il 19%; il restante 62% sono "definitivi" cioè raggiunti da una condanna irrevocabile. Nella condivisibile ottica di ridurre l'ambito applicativo della custodia carceraria è già intervenuta la legge n. 94 del 2013, di conversione del decreto legge n. 78 del 2013, che ha modificato l'articolo 280 del codice di procedura penale, elevando da quattro a cinque anni di reclusione il limite di pena che può giustificare l'applicazione della custodia in carcere”.

 

 

Detenuti presenti negli istituti penitenziari per posizione giuridica (30 settembre)[19]

In custodia cautelare

Condannati definitivi

internati

da impostare[20]

In attesa di primo giudizio

appellanti

ricorrenti

misto[21]

 

 

 

12.333

6.359

4.300

1.643

 

 

 

24.635

38.845

1.208

70

64.758

 

Il tema dell’impiego della misura della custodia cautelare, per i riflessi che questa ha sull’attuale sovraffollamento carcerario è, come detto, intervenuta già la Corte europea dei diritti dell’uomo, nella sentenza 8 gennaio 2013 (Torreggiani ed altri, contro Italia). Secondo la Corte «l'applicazione della custodia cautelare e la sua durata dovrebbero essere ridotte al minimo compatibile con gli interessi della giustizia. Gli Stati membri dovrebbero, al riguardo, assicurarsi che la loro legislazione e la loro prassi siano conformi alle disposizioni pertinenti della Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo ed alla giurisprudenza dei suoi organi di controllo e lasciarsi guidare dai principi enunciati nella Raccomandazione n. R (80) 11 in materia di custodia cautelare per quanto riguarda, in particolare, i motivi che consentono l'applicazione della custodia cautelare".

La CEDU ritiene "opportuno fare un uso più ampio possibile delle alternative alla custodia cautelare quali ad esempio l'obbligo, per l'indagato, di risiedere ad un indirizzo specificato, il divieto di lasciare o di raggiungere un luogo senza autorizzazione, la scarcerazione su cauzione, o il controllo e il sostegno di un organismo specificato dall'autorità giudiziaria. A tale proposito è opportuno valutare attentamente la possibilità di controllare tramite sistemi di sorveglianza elettronici l'obbligo di dimorare nel luogo precisato. Per sostenere il ricorso efficace e umano alla custodia cautelare, è necessario impegnare le risorse economiche e umane necessarie e, eventualmente, mettere a punto i mezzi procedurali e tecnici di gestione appropriati».

 

Sulla necessità di un intervento del legislatore sulla disciplina delle misure cautelari personali, meritevoli di segnalazione appaiono le parole pronunciate dal Primo Presidente pro tempore della Corte di cassazione, Ernesto Lupo, in occasione dell'inaugurazione dell’anno giudiziario (25 gennaio 2013):

 

«Riconducendo il sacrificio della libertà personale alla sua natura di extrema ratio, non solo si diminuirebbe la popolazione carceraria e si ridurrebbe il pericolo di carcerazioni sofferte da persone che potrebbero poi essere riconosciute innocenti, ma si otterrebbe indirettamente di rendere più celeri i giudizi sul merito della responsabilità penale, riversando su di questi corrispondenti mezzi materiali e umani. […] Nel corso dell'anno 2012 in cui la Corte di cassazione ha deciso 4.721 ricorsi in materia di misure cautelari personali in genere, di cui circa 800 accolti (attorno al 17%)– sono stati registrati oltre 4.422 ricorsi relativi alle sole misure coercitive, dei quali 2.899 proposti da imputati in stato di detenzione carceraria per il titolo impugnato, e solamente 758 da imputati in stato di arresti domiciliari. Le ordinanze cautelari e i provvedimenti di riesame continuano a essere caratterizzati da assoluto squilibrio tra la parte dedicata alla gravità indiziaria e la motivazione in punto di necessità cautelare, troppo spesso dedicando poche stereotipate parole alla valutazione d'inadeguatezza di misure attenuate, che di fatto continuano ad essere adottate in misura percentuale significativamente ridotta (in particolare per stranieri e indigenti). Proiettando i dati dei ricorsi per cassazione, emerge infine che ancora nell'anno trascorso le procedure relative alle misure cautelari personali costituiscono circa il 9% del totale di tutte le decisioni assunte nel settore penale (cognizione, esecuzione, sorveglianza, prevenzione), impegnando dunque in termini corrispondenti magistrati e personale amministrativo delle procure e degli uffici giudicanti (in particolare, g.i.p., tribunale "della libertà", Corte di cassazione), con indiretta significativa incidenza sui tempi di definizione dei procedimenti ordinari».

 

Il Parlamento è intervenuto approvando la legge n. 94 del 2013, di conversione con modificazioni del decreto-legge n. 78 del 2013, contenente una serie di misure in materia di esecuzione della pena, volte a fronteggiare il sovraffollamento carcerario. A tal fine sono modificati il codice di procedura penale, l'ordinamento penitenziario, il testo unico sulle tossicodipendenze e la disciplina dei poteri del Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie. In particolare, per quanto riguarda la custodia cautelare, il decreto-legge ha innalzato da 4 a 5 anni il limite della pena che consente nei delitti l'applicazione della custodia cautelare in carcere. E' stata, tuttavia, introdotta alla nuova disciplina una specifica deroga volta a confermare l'applicabilità della misura cautelare per il delitto di finanziamento illecito ai partiti (art. 7, L. 195/1974).

 

Sempre in tema di custodia cautelare, si segnala che è in corso l’esame da parte della Commissione Giustizia della Camera della proposta di legge A.C. 631 (Ferranti), che si propone di modificare la disciplina delle misure cautelari personali circoscrivendone i presupposti applicativi e precisando che la misura della custodia in carcere deve essere disposta solo «quando ogni altra misura risulti inadeguata», nonché di novellare l'art. 73 del testo unico sugli stupefacenti, riducendo la pena per alcuni illeciti di lieve entità e, conseguentemente, l'area di possibile applicabilità delle misure cautelari.

 

d) I detenuti stranieri e l’espiazione della pena nel Paese d’origine del condannato

Detenuti stranieri presenti negli istituti penitenziari, per area di provenienza
30 giugno 2013

Continente

Aree

Detenuti

Europa

UE

5.037

Ex Jugoslavia

993

Albania

2.882

Altri Paesi Europa

615

Totale Europa

9.527

Africa

Tunisia

2.834

Marocco

4.384

Algeria

592

Nigeria

980

Altri Paesi Africa

2.141

Totale Africa

10.931

Asia

Medio oriente

255

Altri paesi Asia

1.010

Totale Asia

1.265

America

Nord

27

Centro

359

Sud

1.104

Totale America

1.490

altro

20

Totale detenuti stranieri

 

23.233

 

In base alle statistiche penitenziarie, al 30 settembre 2013 su 38.845 condannati definitivi reclusi negli istituti penitenziari, 12.509 sono stranieri (le statistiche rese pubbliche dal DAP non disaggregano il dato in base al paese d’origine dei condannati).

Evidentemente, come sottolineato dal messaggio del Presidente della Repubblica, se fosse ampliata la possibilità di espiare la pena inflitta nel paese d’origine, si otterrebbe una sensibile deflazione del sovraffollamento carcerario.

 

Come ricordato anche dal messaggio del Presidente della Repubblica, il Ministro della giustizia ha comunicato che «Nel corso del 2012 solo 131 detenuti stranieri sono stati trasferiti nei propri Paesi (mentre nei primi sei mesi del 2013 il numero è di 82 trasferimenti)».

 

 

Per quanto riguarda l’esecuzione di sentenze penali emesse in Italia in altri Stati dell’Unione europea, si segnala che il decreto legislativo 7 settembre 2010, n. 161, ha attuato nel nostro ordinamento la Decisione Quadro 2008/909/GAI relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale ai fini della loro esecuzione nell’Unione Europea. Lo strumento ha la finalità di consentire l’esecuzione di una sentenza di condanna pronunciata dall’autorità giudiziaria di uno Stato membro dell’Unione Europea nello Stato membro di cittadinanza della persona condannata o in un altro Stato membro che abbia espresso il consenso a riceverla. Il riconoscimento della sentenza non presuppone la condizione di detenzione del soggetto. L’eventuale trasferimento, a sua volta, non presuppone il consenso della persona condannata, almeno nella maggior parte dei casi (v. art. 10, comma 4, d.lgs. cit.). Unico presupposto indefettibile della procedura è quello della presenza del soggetto nello Stato membro di emissione della sentenza o in quello di esecuzione della stessa. Nella procedura attiva, l’autorità italiana competente a chiedere l’esecuzione all’estero della sentenza di condanna è il pubblico ministero presso il giudice indicato all’art. 665 c.p.p. per quanto attiene all’esecuzione delle pene detentive e quello individuato ai sensi dell’art. 658 c.p.p. per l’esecuzione di misure di sicurezza personali detentive (v. art. 4 d.lgs. cit.). Nella procedura passiva, invece, competente a decidere sulla richiesta di esecuzione in Italia di una sentenza straniera è la Corte di Appello del distretto in cui è avvenuto l’arresto della persona condannata oppure di quello del luogo di residenza, dimora o domicilio della stessa (v. art. 9 d.lgs. cit.). La decisione è soggetta a ricorso per cassazione.

 

 


e) L’accesso alle misure alternative alla detenzione

Misure alternative alla detenzione: dati al 30 settembre 2013[22]

Tipologia

Numero

Affidamento in prova

 

Condannati dallo stato di libertà

5.035

Condannati dallo stato di detenzione[23]

2.407

Condannati tossico/alcooldipendenti dallo stato di libertà

977

Condannati tossico/alcooldipendenti dallo stato di detenzione

1.845

Condannati tossico/alcooldipendenti in misura provvisoria

435

Condannati affetti da aids dallo stato di libertà

1

Condannati affetti da aids dallo stato di detenzione*

55

totale

10.755

Semilibertà

 

Condannati dallo stato di libertà

56

Condannati dallo stato di detenzione*

825

totale

881

Detenzione domiciliare

 

Condannati dallo stato di libertà

3.245

Condannati dallo stato di detenzione*

4.552

Condannati in misura provvisoria

2.383

Condannati affetti da aids dallo stato di libertà

18

Condannati affetti da aids dallo stato di detenzione*

34

Condannate madri/padri dallo stato di libertà

6

Condannate madri/padri dallo stato di detenzione*

17

totale

10.255

 

Nel messaggio del Presidente della Repubblica si invita ad attenuare gli effetti della recidiva quale presupposto ostativo per l'ammissione dei condannati alle misure alternative alla detenzione carceraria, richiamando il passo svolto in questa direzione dal decreto-legge n. 78 del 2013. Peraltro, sul punto, la legge di conversione ha attenuato gli effetti deflativi previsti dall’originario decreto-legge

 

Recidiva e ordinamento penitenziario

La rilevanza della recidiva (art. 99 c.p.) non si esaurisce nella semplice determinazione di un aumento di pena, attribuendole l'ordinamento ulteriori effetti in sede di espiazione della pena.

Nell'ambito delle previsioni contenute nel codice penale, conseguenze sfavorevoli alla dichiarazione di recidiva sono previste in tema di amnistia, sospensione condizionale della pena, perdono giudiziale, estinzione della pena, indulto, liberazione condizionale, riabilitazione.

In particolare, per quanto riguarda la legge n. 354 del 1975 (Ordinamento penitenziario):

§  l’art. 30-quater, dispone che i permessi premio possono essere concessi ai detenuti, ai  quali sia stata applicata la recidiva reiterata (plurirecidivi), in una serie di casi  previsti  dal comma  4 dell'articolo 30-ter:

- nei confronti dei condannati all'arresto o alla reclusione non superiore a tre anni anche se congiunta: dopo l'espiazione di un terzo della pena;

- nei  confronti dei condannati alla reclusione superiore a tre anni: dopo l'espiazione della metà della pena;

- nei confronti dei condannati per taluni gravi reati indicati nell’art. 4-bis o all’ergastolo: dopo  l'espiazione  di  due terzi della pena e, comunque, di non oltre quindici anni.

La disposizione era stata abrogata dalla lett. c) del comma 1 dell’art. 2, del decreto-legge n. 78 del 2013, n. 78. La modifica non è stata confermata dalla legge di conversione.

§  l’art. 50-bis, disponeva che la semilibertà può essere concessa ai detenuti, ai  quali  sia stata applicata la recidiva prevista dall'articolo 99, quarto  comma, del codice penale, soltanto dopo l'espiazione  dei  due  terzi  della pena ovvero, se si tratta di un condannato per taluno  dei delitti dell'articolo  4-bis, di almeno tre quarti di essa; la disposizione è stata abrogata dal decreto-legge n. 78 del 2013;

§  l’art. 58-quater (Divieto di concessione di benefici), al comma 7-bis vieta la concessione per più di una volta dell'affidamento in prova al servizio sociale, della detenzione domiciliare e della semilibertà al condannato al quale sia stata applicata la recidiva prevista dall' articolo 99, quarto comma, del codice penale (recidivo che commette un altro delitto non colposo, c.d. recidiva reiterata). L’abrogazione di questa disposizione, originariamente prevista dal decreto-legge n. 78 del 2013, non è stata confermata dalla legge di conversione.

 

f) La depenalizzazione

Da ultimo, il messaggio del Presidente della Repubblica sottolinea l’esigenza di operare una «incisiva depenalizzazione dei reati, per i quali la previsione di una sanzione diversa da quella penale può avere una efficacia di prevenzione generale non minore».

 

Il tema non è nuovo per il nostro Parlamento, ed è stato affrontato anche nella scorsa legislatura, con la presentazione di un apposito disegno di legge da parte del Governo Monti.

In realtà, ciclicamente il legislatore - ispirato ai principi del “diritto penale minimo”, ovvero di quel modello che riserva l’intervento repressivo dello Stato sul piano penale esclusivamente alla tutela dei valori primari, di cui l’ordinamento non può tollerare l’offesa - rivede il diritto penale con interventi volti a ridurre il numero dei reati; ciò, sia attraverso la soppressione di alcune fattispecie ritenute anacronistiche, sia con la trasformazione di alcuni illeciti penali in illeciti amministrativi.

Anche se il primo intervento di depenalizzazione si può far risalire alla legge 24 dicembre 1975, n. 706, è soprattutto con la legge 24 novembre 1981, n. 689, che si realizza la prima depenalizzazione di ampio respiro.

 

La depenalizzazione del 1981

La legge 689/1981, oltre a depenalizzare sia alcuni delitti che alcune contravvenzioni (artt. 32-39), introduceva diverse altre misure volte ad alleggerire il carico complessivo del sistema penale, quali l’introduzione delle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi (artt. 53-76), l’estensione della perseguibilità a querela di determinati reati (artt. 86-99) e l’introduzione di una speciale ipotesi di oblazione (articolo 162-bis, c.p.).

L’art. 32 della legge prevedeva l’irrogazione di sanzione amministrativa per tutti i reati puniti soltanto con la multa o l’ammenda (erano esclusi i reati che, nelle ipotesi aggravate, fossero punibili con pena detentiva, anche se alternativa a quella pecuniaria oltre che i delitti punibili a querela); l’art. 35 estendeva il regime della sanzione amministrativa a tutte le violazioni previste da leggi in materia di previdenza e assistenza obbligatoria punite con la sola ammenda e altrettanto prevedeva l’art. 39 per le violazioni finanziarie punite con la sola ammenda. Erano inoltre depenalizzate altre ipotesi di reato.

Erano invece escluse dalla depenalizzazione le seguenti fattispecie:

a) i reati che, pur puniti con pena pecuniaria, erano puniti, nelle ipotesi aggravate, con pena detentiva, anche se alternativa a quella pecuniaria;

b) i reati che, pur puniti con la sola pena pecuniaria, erano perseguibili a querela;

c) i reati previsti dal codice penale (salvo i casi espressamente elencati);

d) i reati in tema di armi, munizioni ed esplosivi;

e) i reati in materia di tutela igienico sanitaria degli alimenti, salvo talune eccezioni;

f) i reati in materia di inquinamento;

g) i reati in tema di impiego pacifico dell’energia nucleare;

h) i reati previsti dalla legge edilizia ed urbanistica;

i) i reati previsti dalla legge in materia di lavoro, ivi compresa la normativa antinfortunistica;

l) taluni reati in materia elettorale;

m) i reati in tema di interruzione volontaria della gravidanza.

 

Nonostante l’intervento del 1981, pochi anni dopo, nel 1988, la Commissione ministeriale per la riforma del codice penale presieduta dal Prof. Pagliaro, già individuava tra gli obiettivi da perseguire quello della ridefinizione dell’apparato sanzionatorio penale, con la riduzione delle fattispecie incriminatici e del peso della legislazione speciale.

Anche il Consiglio superiore della magistratura, con una relazione approvata nel giugno 1992, auspicava un intervento legislativo di depenalizzazione sottolineando con forza come la sanzione penale non possa essere utilizzata indiscriminatamente per colpire ogni comportamento non in regola con le norme, ma, come essa debba, al contrario, essere riservata alle esigenze di tutela dei beni primari della collettività e, segnatamente, dei beni di rilevanza costituzionale.

 

In questo clima, nel corso dell’XI legislatura il legislatore ha approvato i seguenti provvedimenti di depenalizzazione:

 

Nel corso della XII legislatura la Commissione Giustizia della Camera calendarizza proposte di legge per la depenalizzazione dei c.d. reati minori e nella XIII legislatura si giunge all’approvazione della legge 25 giugno 1999, n. 205, recante Delega al Governo per la depenalizzazione dei reati minori e modifiche al sistema penale e tributario.

 

La depenalizzazione del 1999

La legge 205/1999 ha conferito al Governo tre distinte deleghe:

§  la prima è volta a trasformare in illeciti amministrativi diverse fattispecie di reato in materia di disciplina degli alimenti, della navigazione, di circolazione stradale e autotrasporto, di leggi finanziarie, tributarie e concernenti i mercati finanziari e mobiliari, di assegni bancari e postali. La legge analiticamente indica i principi della depenalizzazione, specificando per ogni settore quali condotte devono restare penalmente sanzionate. Inoltre, la legge elenca una serie di disposizioni legislative per le quali prefigura la depenalizzazione. All’attuazione di questa delega il Governo ha provveduto con il decreto legislativo n. 507 del 1999;

§  la seconda è relativa alla sostanziale depenalizzazione della disciplina dei reati in materia di imposte sul reddito e sul valore aggiunto, imperniata sulla legge 7 agosto 1982 n. 516 (cd. “manette agli evasori”). La delega è stata attuata con il decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74;

§  la terza riguarda l’adozione di misure alternative alla detenzione, con la possibilità per il giudice, in relazione alle diverse fattispecie di reato, di optare per la detenzione carceraria o altra misura (lavoro di pubblica utilità non retribuito, lavoro sostitutivo o altre forme prescrittive specifiche). Questa delega è rimasta inattuata.

La legge delega ha previsto infine l’attribuzione della competenza generale sull’opposizione alle ordinanze-ingiunzioni (di norma prefettizie) emesse a seguito dell’accertamento di violazioni amministrative, al giudice di pace, ferma restando, in casi specificamente individuati, la competenza del tribunale in composizione monocratica.

Il decreto legislativo 507/1999, con un testo ampio e particolarmente articolato (ben 105 articoli), ha attuato la prima delle deleghe. Analiticamente,

§  il titolo I ha affrontato la riforma della disciplina sanzionatoria in materia di alimenti, agendo tramite la trasformazione in illeciti amministrativi dei reati prima previsti, con eccezione di quelli contenuti nel codice penale e di alcune fattispecie previste dalla legge 283/1962; viene precisata l’entità delle diverse sanzioni amministrative pecuniarie e si introducono misure interdittive dell’attività in casi particolari (come la sospensione o la revoca della licenza), oltre alla chiusura dell’esercizio per mancanza dei requisiti igienico-sanitari;

§  il titolo II ha modificato il sistema sanzionatorio previsto dal codice della navigazione. Sono depenalizzate diverse fattispecie in materia di danni a beni pubblici destinati alla navigazione, di ordinamento e polizia dei porti e degli aerodromi, di assunzione della gente di mare e del personale navigante, di proprietà della nave e dell’aeromobile, di polizia della navigazione. In tal caso, la depenalizzazione, in ossequio a quanto previsto dalla legge delega, ha riguardato soltanto le contravvenzioni, ad esclusione dei delitti previsti dagli artt. 1161, 1176 e 1177; anche in tale settore sono introdotte sanzioni accessorie come la sospensione dei titoli professionali marittimi, la sospensione della professione marittima o aeronautica ecc.;

§  il titolo III è intervenuto sul sistema sanzionatorio in materia di circolazione stradale. L’intervento riguarda il codice della strada (D.Lgs 285/1992), la disciplina dell’autotrasporto (artt. 24 e 26 della legge 298/1974) e la normativa sul blocco stradale (art. 1 del D.lgs. n. 66/1948), che viene trasformato in illecito amministrativo, con l’esclusione delle ipotesi di abbandono o deposito sui binari di oggetti di congegni o altri oggetti di qualsiasi specie, che continua ad essere punito con la reclusione da uno a sei anni; di particolare impatto appare l’intervento depenalizzatore di moltissimi illeciti previsti dal codice della strada (ad es. la guida senza patente e le condotte in materia di guida dei veicoli) con alcune significative eccezioni, di particolare gravità.

§  il titolo IV ha disposto in ordine ad alcune violazioni finanziarie abrogando in particolare l’art. 20 della legge 4/1929 che conteneva il principio della cd. ultrattività delle norme penali finanziarie, sancendo il principio dell’irretroattività della norma penale sfavorevole, ma non l’obbligatoria retroattività di quella favorevole sopravvenuta. Alla scomparsa del principio di ultrattività è ricollegato un notevole effetto deflattivo sul carico penale potendo trovare applicazione, anche per le norme penali tributarie, l’art. 2 c.p. L’art. 25 del D.Lgs 507 opera, in particolare, una limitata depenalizzazione di alcune fattispecie di contrabbando previste dal T.U delle leggi doganali (DPR 43/1973) sempre che esse non riguardino tabacchi lavorati esteri.

§  il titolo V affronta la disciplina degli assegni bancari e postali, prevedendo in particolare la depenalizzazione del reato di emissione di assegni a vuoto e senza autorizzazione (art. 1 e 2 della legge 386/1990). Il fulcro del nuovo modello sanzionatorio è la cd. revoca di sistema (art. 35) ovvero un meccanismo automatico per il quale l’emissione di assegni senza provvista o autorizzazione comporta, per sei mesi, la revoca di tutte le autorizzazioni ad emettere assegni e il divieto di stipulare nuove convenzioni di assegno con le banche o uffici postali (a differenza di quanto accadeva in precedenza ove la revoca era solo aziendale). Strumentale al funzionamento dell’indicato meccanismo è l’istituzione di un apposito archivio informatico presso la Banca d’Italia (art. 36);

§  il titolo VI, infine, attua la delega per la parte relativa alla trasformazione in illeciti amministrativi di reati (delitti e contravvenzioni) previsti dal codice penale (Capo I) e da numerose leggi speciali (Capo II). In particolare, il legislatore delegato ha depenalizzato gli illeciti contenuti in 33 leggi speciali, inerenti i più diversi settori (dall’abigeato, alla bonifica di terreni paludosi, ai divieti di importazione e esportazione, al lotto pubblico, alle frodi pensionistiche, all’imposta sugli spettacoli, all’invito al libertinaggio, alla pubblicità sui medicinali di uso umano).

§  Il titolo VII, accorpa in unico contesto le modifiche alla legge di depenalizzazione n. 689/1981, introducendo una disposizione che precisa il concetto di reiterazione delle violazioni amministrative e una deroga al principio di specialità di cui all’art. 9 della legge 689. Inoltre, applicando le previsioni dell’art. 1 della legge delega, il decreto legislativo restituisce al giudice di pace la competenza in materia di opposizione alla ordinanza-ingiunzione di pagamento e all'ordinanza che dispone la sola confisca (artt. 22 e ss. della legge 689/1981);

§  il titolo VIII reca infine le norme relative alla disciplina transitoria che, a fronte dell’elevato numero di procedimenti pendenti per reati oggetto di depenalizzazione, assume particolare rilievo. La norma chiave del titolo è l’art. 100 che, allineandosi alla impostazione dettata dalla legge 689/1981 (artt.40 e 41), ha applicato in pieno il principio del favor rei stabilendo che le norme che sostituiscono le sanzioni penali con sanzioni amministrative possono essere applicate anche alle violazioni commesse prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo 507, facendo ovviamente salva l’intangibilità del giudicato.

 

Il legislatore è dunque periodicamente intervenuto per sfoltire il diritto penale speciale.

 

All’indomani della depenalizzazione, peraltro, lo stesso legislatore ha continuato ad introdurre nuove fattispecie penali.

 

Nella XV legislatura, la Commissione ministeriale per la riforma del codice penale, presieduta da Giuliano Pisapia, ha affermato, nella relazione del 19 novembre 2007, che una riforma del codice deve porsi l'obiettivo di un diritto penale “minimo, equo ed efficace”, in grado di invertire la tendenza “panpenalistica” che mostra, ogni giorno di più, il suo fallimento. L‘inserimento nel nostro ordinamento di sempre nuove fattispecie penali (soprattutto contravvenzionali) – che puniscono condotte per le quali sarebbe ben più efficace una immediata sanzione amministrativa – ha contribuito in modo rilevante a determinare l'attuale stato della nostra giustizia penale, unanimemente considerata al limite del collasso, con milioni di procedimenti penali pendenti e conseguente quotidiana violazione di quella “ragionevole durata del processo”, sancita dall'art. 111 della Costituzione e dall'art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo.

 

Basti pensare che dal decreto legislativo 507/1999 al febbraio 2012 risultano essere state introdotte nel nostro ordinamento non meno di 310 nuove fattispecie penali. Il legislatore ha introdotto nell’ordinamento 171 nuove contravvenzioni e 139 nuovi delitti. Tra le nuove fattispecie risaltano per numero e specialità quelle introdotte in attuazione di normativa europea.

In questo contesto, il Governo Monti ha ritenuto che «la progressiva dilatazione della sanzione penale e il conseguente allontanamento della pena dalla sua natura di extrema ratio hanno determinato la perdita della sua capacità general-preventiva anche perché il sistema giudiziario, nel suo complesso, non è in grado di accertare e di reprimere tutti i reati», sostenendo che la sanzione penale debba, invece, «operare solo quando non vi siano altri adeguati strumenti di tutela; essa non è giustificata se può essere sostituita con sanzioni amministrative aventi pari efficacia e, anzi, spesso dotate di maggiore effettività in quanto applicabili anche a soggetti diversi dalle persone fisiche, non suscettibili di sospensione condizionale e con tempi di prescrizione più lunghi» e, conseguentemente proponendo una nuova depenalizzazione.

In particolare, il disegno di legge A.C. 5019-ter, che costituiva stralcio di un più complesso provvedimento[24], prevedeva la trasformazione in illeciti amministrativi:

I nuovi illeciti amministrativi avrebbero dovuto essere puniti con sanzioni pecuniarie comprese tra 300 e 15.000 euro e con sanzioni interdittive.

 

Da ultimo si segnala che nel corso dell’esame al Senato dell’A.S. 925 (Delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili), la Commissione Giustizia ha inserito nel provvedimento l’articolo 1-bis, che contiene una delega al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria dei reati e per la contestuale introduzione di sanzioni amministrative e civili, secondo una serie di principi e criteri direttivi. Il provvedimento passa ora all’esame dell’Assemblea dei Senato.

 

 


7. Le misure straordinarie di deflazione carceraria

Il messaggio del Presidente della Repubblica richiama l’attenzione del Parlamento sugli istituti dell’indulto e dell’amnistia.

 

L’art. 79 della Costituzione prevede che, con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale, possono essere concessi l’amnistia e l’indulto[25].

 

L’amnistia e l’indulto sono provvedimenti di clemenza di carattere generale volti a sospendere l’efficacia della legge penale rispetto ad alcune ipotesi di reato. L’amnistia, in particolare, elimina l’antigiuridicità del fatto commesso precludendo l’esercizio dell’azione penale (abolitio criminis) mentre l’indulto - non facendo venir meno la qualificazione giuridica del fatto come reato - è volto a condonare, in tutto o in parte, o a commutare la pena applicata in seguito alla commissione del reato. 

 

La legge che concede l'amnistia o l'indulto stabilisce il termine per la loro applicazione; l'amnistia e l'indulto non possono, tuttavia, applicarsi ai reati commessi successivamente alla presentazione del disegno di legge.

 

I precedenti

Nel periodo repubblicano, sono state promulgate le seguenti leggi di amnistia e di indulto:

§  L. 24 dicembre 1948, n. 1457, Delega al Presidente della Repubblica a concedere amnistia per il reato previsto dall'articolo 3 del decreto legislativo 5 febbraio 1948, n. 100 e indulto per i reati previsti dal decreto legislativo 5 febbraio 1948, n. 100, e per il reato previsto dall'articolo 3 del decreto luogotenenziale 10 maggio 1945, n. 234, successivamente prorogato (Pubblicata nella G.U. del 28 dicembre 1948)

§  L. 3 agosto 1949, n. 535, Delega al Presidente della Repubblica per concedere amnistia e indulto per i reati elettorali nelle elezioni politiche del 18 aprile 1948 (Pubblicata nella G.U. del 24 agosto 1949)

§  L. 23 dicembre 1949, n. 927, Delega al Presidente della Repubblica a concedere amnistia e condono in materia annonaria per i reati previsti dal decreto-legge 22 aprile 1943, n. 245 e sue successive modificazioni, nonche' per i reati comunque preveduti da leggi antecedenti o successive al decreto-legge anzidetto in ordine alla disciplina dei consumi e a quella degli ammassi e dei contingentamenti (Pubblicata nella G.U. del 24 dicembre 1949 (ediz. straord.))

§  L. 23 dicembre 1949, n. 928, Delega al Presidente della Repubblica per la concessione di indulto (Pubblicata nella G.U. del 24 dicembre 1949)

§  L. 18 dicembre 1953, n. 920, Delegazione al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia ed indulto (Pubblicata nella G.U. del 21 dicembre 1953)

§  L. 10 luglio 1959, n. 459, Delegazione al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia e di indulto (Pubblicata nella G.U. del 10 luglio 1959 n. 162)

§  L. 23 gennaio 1963, n. 2, Delegazione al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia e indulto (Pubblicata nella G.U. del 24 gennaio 1963 n. 21)

§  L. 3 giugno 1966, n. 331, Delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia e di indulto (Pubblicata nella G.U. del 4 giugno 1966 n. 137 (ed. straord))

§  L. 24 ottobre 1968, n. 1083, Delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia e di indulto (Pubblicata nella G.U. del 25 ottobre 1968 n. 273 (ediz. straord.))

§  L. 21 maggio 1970, n. 282, Delegazione al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia e di indulto (Pubblicata nella G.U. del 22 maggio 1970 n. 127)

§  L. 20 dicembre 1973, n. 830, Delegazione al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia in materia di reati finanziari (Pubblicata nella G.U. del 29 dicembre 1973 n. 333)

§  L. 3 agosto 1978, n. 405, Delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia e di indulto e disposizioni sull'azione civile in seguito ad amnistia (Pubblicata nella G.U. del 4 agosto 1978 n. 217)

§  L. 23 maggio 1980, n. 242, Delega al Governo per la ristrutturazione dei servizi di assistenza al volo (Pubblicata nella G.U. del 16 giugno 1980 n. 163)

§  L. 18 dicembre 1981, n. 743, Delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia e di indulto (Pubblicata nella G.U. del 19 dicembre 1981 n. 348)

§  L. 7 agosto 1982, n. 516, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, recante norme per la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e per agevolare la definizione delle pendenze in materia tributaria. Delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari (Pubblicata nella G.U. del 7 agosto 1982 n. 216 suppl.)

§  L. 12 febbraio 1983, n. 27, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 15 dicembre 1982, n. 916, concernente ulteriore differimento dei termini previsti dal decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 1982, n. 516, nonché di quelli fissati al 30 novembre 1982 per il versamento dell'acconto delle imposte sui redditi e relativa addizionale straordinaria. Delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari (Pubblicata nella G.U. del 14 febbraio 1983 n. 43)

§  L. 12 dicembre 1986, n. 861, Delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia e indulto (Pubblicata nella G. U del 15 dicembre 1986 n. 290)

§  L. 11 aprile 1990, n. 73, Delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia (Pubblicata nella G. U del 11 aprile 1990 n. 85)

§  L. 21 dicembre 1990, n. 393, Delega al Presidente della Repubblica per la concessione di indulto (Pubblicata nella G. U del 22 dicembre 1990 n. 298)

§  L. 30 dicembre 1991, n. 413 Disposizioni per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l'attività di accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonché per riformare il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari; istituzioni dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale (Pubblicata nella G.U. del 31 dicembre 1991, n. 305 suppl.).

 

I più recenti provvedimenti di amnistia

Di seguito si confrontano i contenuti dei due più recenti provvedimenti di amnistia di carattere generale, rispettivamente del 1986 (Legge 12 dicembre 1986, n. 861, Delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia e indulto) e del 1990 (Legge 11 aprile 1990, n. 73, Delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia).

 

Campo d’applicazione

Amnistia 1986

Amnistia 1990

 

per ogni reato non finanziario per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a tre anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena;

per ogni reato non finanziario per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena;

 

per ogni reato non finanziario per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena, se commesso dal minore degli anni diciotto o da chi, al momento dell'entrata in vigore del decreto che concede l'amnistia, ha superato gli anni sessantacinque;

 

 

per i reati previsti dall'art. 57 del codice penale commessi dal direttore o dal vicedirettore responsabile, quando sia noto l'autore della pubblicazione;

per i reati previsti dall'art. 57 del codice penale commessi dal direttore o dal vicedirettore responsabile, quando sia noto l'autore della pubblicazione;

 

 

Ulteriori delitti c.p.

Art. 336, comma primo (violenza o minaccia a un pubblico ufficiale) e 337 (resistenza a un pubblico ufficiale), sempre che non ricorra taluna delle ipotesi previste dall'art. 339 del codice penale o il fatto non abbia cagionato lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

 

per il reato previsto dall'art. 491 (falsità in atti equiparati a pubblici) in relazione agli articoli 476 e 482 del codice penale, salvo che il fatto riguardi un testamento olografo;

 

 

 

588, comma secondo (rissa), sempre che dal fatto non siano derivate lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

614, comma quarto (violazione di domicilio), limitatamente all'ipotesi in cui il fatto è stato commesso con violenza sulle cose;

640, comma secondo (truffa), sempre che non ricorra la circostanza aggravante prevista dall'art. 61, n. 7, del codice penale;

 

per i reati di cui all'art. 7 in relazione agli articoli 1, 2 e 4 della legge 2 ottobre 1967, n. 895 (disposizioni per il controllo delle armi), come modificata dalla legge 14 ottobre 1974, n. 497, quando ricorra l'attenuante di cui all'art. 5 della predetta legge;

Identico

 

per il reato di cui al comma terzo dell'art. 23 della legge 18 aprile 1975, n. 110 (norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi), quando concerna armi la cui detenzione l'imputato o il condannato aveva denunciato all'autorità di pubblica sicurezza, nonché per il reato di cui al comma decimo dell'art. 10 della citata legge, limitatamente alla sua applicazione alle fattispecie di cui ai commi sesto e ottavo dello stesso art. 10, allorché il fatto, per la sua qualità e il numero limitato delle armi, debba ritenersi di lieve entità;

identico;

 

per i reati previsti dagli articoli 337 (resistenza a pubblico ufficiale) e 610 (violenza privata) del codice penale e dall’art. 1 del decreto legislativo 22 gennaio 1948, n. 66 (ostacolo alla libera circolazione), commessi a causa e in occasione di manifestazioni sindacali o in conseguenza di situazioni di gravi disagi dovuti a disfunzioni di pubblici servizi o a problemi abitativi anche se i suddetti reati sono aggravati dal numero o dalla riunione delle persone e dalle circostanze di cui all'art. 61 del codice penale, fatta esclusione per quella prevista dal n. 1, nonché da quella di cui all'art. 112, n. 2, del codice penale, sempre che non ricorrano altre aggravanti e il fatto non abbia cagionato ad altri lesioni personali o la morte;

 

 

Art. 1 del decreto legislativo 22 gennaio 1948, n. 66 (come da amnistia 1986)

 

 

 

 

 

 

 

per ogni reato commesso da minore degli anni diciotto quando il giudice ritiene che possa essere concesso il perdono giudiziale;

identico;

 

per i reati per i quali è stata pronunciata sentenza estintiva del reato per intervenuta applicazione della sanzione sostitutiva a norma dell'art. 77 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

 

 

 

per i reati relativi a violazioni delle norme concernenti il monopolio dei tabacchi e le imposte di fabbricazione sugli apparecchi di accensione, limitatamente alla vendita al pubblico e all'acquisto e alla detenzione di quantitativi di detti prodotti destinati alla vendita al pubblico direttamente da parte dell'agente

per i reati di cui al secondo capoverso dell'art. 9 dell'Allegato C al regio decreto-legge 16 gennaio 1936, n. 54, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 giugno 1936, n. 1334, ed all'art. 20 del testo unico delle disposizioni di carattere legislativo concernenti l'imposta sul consumo del gas e dell'energia elettrica approvato con decreto ministeriale 8 luglio 1924, e successive modificazioni, limitatamente all'evasione dell'imposta erariale sull'energia elettrica

reati tributari di cui all'art. 1 del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429 in relazione ad attività commerciali svolte da enti pubblici e privati diversi dalle società che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;

reati tributari previsti dal secondo comma dell'art. 2 del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, se il versamento delle ritenute è stato effettuato entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale del sostituto di imposta.

 

 

Computo:

Amnistia 1986

Amnistia 1990

 

Si ha riguardo alla pena stabilita per ciascun reato consumato o tentato;

Identico;

 

non si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalla continuazione e dalla recidiva, anche se per quest'ultima la legge stabilisce una pena di specie diversa;

identico;

 

si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o dalle circostanze ad effetto speciale. Si tiene conto della circostanza aggravante prevista dall'art. 61, n. 7, del codice penale. Non si tiene conto delle altre circostanze aggravanti;

identico;

 

si tiene conto della circostanza attenuante di cui all'art. 98 del codice penale, nonché nei reati contro il patrimonio, delle circostanze attenuanti di cui ai numeri 4 e 6 dell'art. 62 del codice penale. Quando le predette circostanze attenuanti concorrono con circostanze aggravanti di qualsiasi specie, si tiene conto soltanto delle prime, salvo che concorrano le circostanze di cui agli articoli 583 e 625, numeri 1 e 4, seconda parte, del codice penale, nel qual caso si tiene conto soltanto di queste ultime. Ai fini dell'applicazione dell'amnistia la sussistenza delle predette circostanze è accertata anche dal giudice istruttore o dal pretore nel corso dell'istruzione, nonché dal giudice in camera di consiglio nella fase degli atti preliminari al giudizio, ai sensi dell'art. 421 del codice di procedura penale;

si tiene conto della circostanza attenuante di cui all'art. 98 del codice penale nonché, nei reati contro il patrimonio, delle circostanze attenuanti di cui ai numeri 4 e 6 dell'art. 62 del codice penale. Quando le predette circostanze attenuanti concorrono con circostanze aggravanti di qualsiasi specie, si tiene conto soltanto delle prime, salvo che concorrano le circostanze di cui agli articoli 583 e 625, numeri 1 e 4, seconda parte, del codice penale, nel qual caso si tiene conto soltanto di queste ultime. Ai fini dell'applicazione dell'amnistia la sussistenza delle predette circostanze è accertata, dopo l'esercizio dell'azione penale, anche dal giudice per le indagini preliminari, nonché dal giudice in camera di consiglio nella fase degli atti preliminari al dibattimento ai sensi dell'art. 469 del codice di procedura penale. Nei procedimenti indicati negli articoli 241 e 242 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, la sussistenza delle predette circostanze è accertata dal giudice istruttore o dal pretore nel corso dell'istruzione, ovvero dal giudice in camera di consiglio nella fase degli atti preliminari al giudizio ai sensi dell'art. 421 del codice di procedura penale abrogato.

 

in nessun altro caso si tiene conto delle circostanze attenuanti o della loro prevalenza o equivalenza rispetto alle circostanze aggravanti;

 

 

si tiene conto delle circostanze attenuanti previste dall'art. 48 del codice penale militare di pace quando siano prevalenti o equivalenti, ai sensi dell'art. 69 del codice penale, rispetto ad ogni tipo di circostanza aggravante.

Identico.

 

 

Esclusioni oggettive:

Amnistia 1986

Amnistia 1990

C.P.

 

 

 

316 (peculato mediante profitto dell'errore altrui);

Identico;

 

318 (corruzione per un atto d'ufficio);

Identico;

 

319, comma quarto (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio);

Identico;

 

320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio), in relazione ai fatti previsti negli articoli 318, comma primo, e 319, comma quarto;

Identico;

 

321 (pene per il corruttore);

Identico;

 

 

353 e 354 (turbata libertà degli incanti e astensione dagli incanti), quando siano compiuti in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e sviluppo dei territori colpiti

 

355 (inadempimento di contratti di pubbliche forniture), salvo che si tratti di fatto commesso per colpa;

identico;

 

371 (falso giuramento della parte);

identico;

 

372 (falsa testimonianza), quando la deposizione verte su fatti relativi all'esercizio di pubbliche funzioni espletate dal testimone;

identico;

 

 

378 (favoreggiamento personale), fuori delle ipotesi previste dal comma terzo, salvo che si tratti di fatto commesso in relazione a reati per i quali è concessa amnistia

 

385 (evasione), limitatamente alle ipotesi previste nel comma secondo;

Identico

 

391 (procurata inosservanza di misure di sicurezza detentive), limitatamente alle ipotesi previste nel comma primo;

Identico (esclusione non applicabile ai minori di 18 anni)

 

 

420 (attentato a impianti di pubblica utilità)

 

443 (commercio o somministrazione di medicinali guasti);

Identico;

 

444 (commercio di sostanze alimentari nocive);

identico;

 

445 (somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica);

identico;

 

 

452 (delitti colposi contro la salute pubblica), comma primo, n. 3, e comma secondo

471 (uso abusivo di sigilli e strumenti veri), quando sia compiuto in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e sviluppo dei territori colpiti;

478 (falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in copie autentiche di atti pubblici o privati e in attestati del contenuto di atti)

 

501 (rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio);

identico;

 

501-bis (manovre speculative su merci);

identico;

 

 

521 (atti di libidine violenti), in relazione all'art. 520;

 

590, commi secondo e terzo (lesioni personali colpose), limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro, che abbiano determinato le conseguenze previste dal primo comma, n. 2, o dal secondo comma dell'art. 583 del codice penale;

identico;

 

595, comma terzo (diffamazione), quando l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato ed è commessa con mezzi di diffusione radiofonica o televisiva;

identico;

 

 

619 (violenza privata) nelle ipotesi di cui al secondo comma

 

644 (usura);

identico;

 

 

733 (danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale);

734 (distruzione o deturpamento di bellezze naturali)

Leggi speciali

 

 

 

art. 218 del codice penale militare di pace (peculato militare mediante profitto dell'errore altrui);

 

 

legge 17 agosto 1942, n. 1150 (legge urbanistica)

 

 

legge 28 gennaio 1977, n. 10 (norme per la edificabilità dei suoli)

 

 

legge 28 febbraio 1985, n. 47 (norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie);

art. 20, comma primo, lettere b) e c), della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere abusive), come modificato dall'art. 3 del decreto-legge 23 aprile 1985, n. 146, salvo che si tratti di violazioni riguardanti un'area di piccola estensione, in assenza di opere edilizie, ovvero di violazioni che comportino limitata entità dei volumi illegittimamente realizzati o limitate modifiche dei volumi esistenti, e sempre che non siano violati i vincoli di cui all'art. 33, comma primo, della predetta legge n. 47 del 1985 o il bene non sia assoggettato alla tutela indicata nel comma secondo del medesimo articolo;

 

 

art. 1-sexies del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312 (disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale), salvo che sia conseguita in sanatoria l'autorizzazione da parte delle competenti autorità

 

articoli 9, 10, 14, 15, 18 e 20 della legge 13 luglio 1966, n. 615 (provvedimenti contro l'inquinamento atmosferico)

 

 

articoli 21, 22 e 24-bis della legge 10 maggio 1976, n. 319 (norme per la tutela delle acque dall'inquinamento), salvo che il reato consista nella mancata presentazione della domanda di autorizzazione o di rinnovo di cui all'art. 15, comma secondo, della stessa legge;

artt. 21, 22, 23, comma secondo, e 24-bis della legge 10 maggio 1976, n. 319 (norme per la tutela delle acque dall'inquinamento), salvo che il fatto consista nella mancata presentazione della domanda di autorizzazione o di rinnovo di cui all'art. 15, comma secondo, della stessa legge; dagli articoli 24, 25 e 26 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, e dall'art. 15 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 217;

 

art. 9, commi sesto e settimo, della legge 16 aprile 1973, n. 171 (interventi per la salvaguardia di Venezia), salvo che si tratti di inquinamento organico di lieve entità provocato dalla lavorazione non industriale di prodotti ittici;

art. 9, commi sesto e settimo, della legge 16 aprile 1973, n. 171 (interventi per la salvaguardia di Venezia),

 

articoli 24, 25, primo e terzo comma, 26, 27, 29 e 32 del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915 (norme in materia di smaltimento dei rifiuti);

articoli 24, 25, 26, 27, 29, 31 e 32 del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915 (norme in materia di smaltimento dei rifiuti);

 

art. 2 della legge 26 aprile 1983, n. 136 (biodegradabilità dei detergenti sintetici)

Identico;

 

art. 14 del decreto-legge 25 novembre 1985, n. 667 (provvedimenti urgenti per il contenimento dei fenomeni di eutrofizzazione)

 

 

articoli 17 e 20 della legge 31 dicembre 1982, n. 979 (disposizioni per la difesa del mare);

Identico;

 

 

art. 21 del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175 (attuazione della direttiva CEE n. 82/501 relativa ai rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate attività industriali)

 

art. 3 della legge 18 aprile 1975, n. 110 (alterazione di armi)

articoli 3 e 10, commi sesto, ottavo, nono e decimo, della legge 18 aprile 1975, n. 110 (norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi), salvo che il fatto, limitatamente alle ipotesi previste dai commi sesto e ottavo dello stesso art. 10, debba ritenersi di lieve entità per la qualità e il numero limitato delle armi;

 

 

articoli 10-bis, commi settimo e nono, quando si tratti di condotta dolosa, e 10-quinquies, comma primo, della legge 31 maggio 1965, n. 575 (disposizioni contro la mafia)

dall'art. 21 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236 (attuazione della direttiva CEE n. 80/778 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano);

articoli 3 e 4 della legge 20 novembre 1971, n. 1062 (norme penali sulla contraffazione od alterazione di opere d'arte).

 

art. 1-bis del decreto-legge 4 marzo 1976, n. 31 (disposizioni penali in materia di infrazioni valutarie).

 

 

 

Esclusioni soggettive:

Amnistia 1986

Amnistia 1990

 

Con riguardo ai soli delitti, l’amnistia non si applica alle seguenti categorie:

delinquenti abituali o professionali, sempre che la dichiarazione di abitualità o professionalità non sia estinta o revocata, e a coloro i quali alla data di entrata in vigore del decreto si trovano sottoposti alle misure di prevenzione del divieto o dell'obbligo di soggiorno, disposte con provvedimento definitivo ai sensi delle leggi 27 dicembre 1956, n. 1423, e 31 maggio 1965, n. 575, come modificate dalla legge 13 settembre 1982, n. 646;

coloro i quali nei dieci anni anteriori alla data di entrata in vigore del decreto hanno riportato una o più condanne a pena detentiva complessiva superiore a tre anni per delitti non colposi o, se si tratta di persone di età superiore a sessantacinque anni, a pena detentiva complessiva superiore a quattro anni per delitti non colposi.

Nella valutazione dei precedenti penali non si tiene conto:

a) delle condanne per le quali è intervenuta riabilitazione, anche successivamente alla data di entrata in vigore del decreto, sempre che le condizioni per la riabilitazione preesistano a detta data;

b) dei reati estinti alla data di entrata in vigore del decreto per il decorso dei termini della sospensione condizionale della pena a norma dell'art. 167 del codice penale;

c) dei reati estinguibili per effetto della presente o di precedenti amnistie.

 

 

 

Condizioni:

Amnistia 1986

Amnistia 1990

 

Quando vi è stata condanna ai sensi dell'art. 81 c.p. (concorso formale e reato continuato), ove necessario, il giudice, con l'osservanza delle forme previste per gli incidenti di esecuzione, applica l'amnistia secondo le disposizioni del decreto, determinando le pene corrispondenti ai reati estinti.

Identico.

 

Rinunciabile

Rinunciabile

 

 

Si applica anche ai recidivi, nei casi previsti dall’art. 99 c.p. e ai delinquenti abituali o professionali o per tendenza.

 

 

Le leggi citate sono state approvate prima dell’entrata in vigore della legge costituzionale n. 1 del 1992. Dopo la revisione dell’articolo 79 della Costituzione – infatti – non sono state approvate nuove leggi di amnistia.

 

I più recenti provvedimenti di indulto

Nel 2006 è stata approvata la legge 31 luglio 2006, n. 241, Concessione di indulto.

Il provvedimento prevede un indulto «per tutti i reati commessi fino al 2 maggio 2006, nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 10.000 euro per quelle pecuniarie, sole o congiunte a quelle detentive» ad eccezione di quelli elencati al comma 2 dell’art. 1 (terrorismo, mafia, droga, reati sessuali, ecc.): la norma si traduce in una riduzione delle pene fino a tre anni.

 

Di seguito si confrontano i contenuti dei due più recenti provvedimenti di indulto, rispettivamente del 1990 (Legge 21 dicembre 1990, n. 393, Delega al Presidente della Repubblica per la concessione di indulto) e del 2006.

 

 

Indulto 1990

Indulto 2006

Misura

Non superiore a due anni per le pene detentive e non superiore a lire dieci milioni per le pene pecuniarie, sole o congiunte alle pene detentive.

Non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 10.000 euro per quelle pecuniarie sole o congiunte a pene detentive

 

 

Concesso, per intero, per le pene accessorie temporanee, conseguenti a condanne per le quali è applicato, anche solo in parte, l'indulto

 

 

 

 

Esclusioni

C.P.

 

 

270 (associazioni sovversive), primo comma;

270-bis (associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico);

270-quater (arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale);

270-quinquies addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale);

280 (attentato per finalità terroristiche o di eversione);

280-bis (atto di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi);

 

285 (devastazione, saccheggio e strage);

identico;

 

 

289-bis (sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione);

306 (banda armata);

416, sesto comma (associazione per delinquere finalizzata alla commissione dei delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602 del codice penale);

 

416-bis (associazione di tipo mafioso);

Identico;

 

422 (strage);

Identico;

 

 

600 (riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù);

600-bis (prostituzione minorile);

600-ter (pornografia minorile), anche nell'ipotesi prevista dall'articolo 600-quater.1 del codice penale;

600-quater (detenzione di materiale pornografico), anche nell'ipotesi prevista dall'articolo 600-quater.1 del codice penale, sempre che il delitto sia aggravato ai sensi del secondo comma del medesimo articolo 600-quater;

600-quinquies (iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile);

601 (tratta di persone);

602 (acquisto e alienazione di schiavi);

609-bis (violenza sessuale);

609-quater (atti sessuali con minorenne);

609-quinquies (corruzione di minorenne);

609-octies (violenza sessuale di gruppo);

 

630, commi primo, secondo e terzo (sequestro di persona a scopo di estorsione);

identico;

 

 

644 (usura);

 

648-bis (riciclaggio), limitatamente all'ipotesi che la sostituzione riguardi denaro, beni o altre utilità provenienti dal delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti concernenti la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope;

identico;

 

Leggi speciali

 

delitti previsti dai seguenti articoli della legge 22 dicembre 1975, n. 685, recante disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, nel testo in vigore precedentemente alle modifiche di cui alla legge 26 giugno 1990, n. 162: 71, commi primo, secondo e terzo (attività illecite) ove applicate le circostanze aggravanti specifiche di cui all'art. 74; 75 (associazione per delinquere).

delitti riguardanti la produzione, il traffico e la detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 73 tu stupefacenti), aggravati ai sensi dell'articolo 80, comma 1, lettera a), nonchè per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all'articolo 74 del testo unico, in tutte le ipotesi previste dai commi 1, 4 e 5 del medesimo articolo 74;

 

 

reati per i quali ricorre la circostanza aggravante relativa alle finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico

reati aggravati dall’essere stati commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis c.p.;

reati per i quali ricorre la circostanza aggravante della finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso, ovvero commessi al fine di agevolare l'attività di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi le medesime finalità

Condizioni

 

 

 

Si applica anche ai recidivi, nei casi previsti dall’art. 99 c.p. e ai delinquenti abituali o professionali o per tendenza

Identico

Revoca

 

 

 

Commissione, entro cinque anni, di un delitto non colposo con condanna a pena detentiva non inferiore a due anni

 

Identico

 

 

Quanto agli effetti dell’indulto del 2006, si segnala che il 31 luglio 2006 erano presenti nelle carceri italiane 60.710 reclusi (a fronte di una capienza regolamentare di 43.213 unità); un mese dopo, il 31 luglio 2006 i reclusi erano 38.326 (e la capienza regolamentare era di 42.233 unità).

Un anno dopo, il 30 giugno 2007, erano 43.957; due anni dopo, il 30 giugno 2008, erano 55.057. Il dato iniziale preindulto è stato pertanto raggiunto prima dello scadere del terzo anno dal provvedimento di clemenza.

 

Confronto detenuti in carcere al 31 luglio e al 30 settembre 2006[26]

Mesi

Detenuti presenti

30 set. 2005

59.712

31 ott. 2005

60.344

30 nov. 2005

60.483

31 dic. 2005

59.523

31 gen. 2006

60.099

28 feb. 2006

60.544

31 mar. 2006

61.220

30 apr. 2006

61.392

31 mag. 2006

61.369

30 giu. 2006

61.264

31 lug. 2006

60.710

31 ago. 2006

38.847

30 set. 2006

38.326

 

Popolazione detenuta: confronto 31 luglio 2006 – 30 settembre 2006[27]

 

donne

uomini

totale

donne

uomini

totale

Imputati

1.120

20.210

21.330

1.064

19.944

21.008

Condannati

1.683

36.451

38.134

650

15.300

15.950

Internati

66

1.180

1.246

66

1.302

1.368

Totale

2.869

57.841

60.710

1.780

36.546

38.326

 

 

 

 


8. Le proposte del gruppo di lavoro sulle riforme istituzionali

Il messaggio richiama in fine il capitolo relativo all’amministrazione della Giustizia contenuto nella Relazione Finale del Gruppo di Lavoro sulle riforme istituzionali, istituito il 30 marzo 2013 dal Presidente della Repubblica[28],

 

Di seguito si riporta il testo del capitolo V della Relazione Finale del Gruppo di Lavoro sulle riforme istituzionali, intitolato Amministrazione della Giustizia.

«I conflitti ricorrenti tra politica e giustizia si affrontano assicurando che ciascun potere – quelli politici, legittimati dal processo democratico, e quello giurisdizionale, legittimato dal dovere di applicare la legge in conformità alla Costituzione - operi nel proprio ambito senza indebite interferenze in un quadro di reciproca indipendenza, di leale collaborazione, di comune responsabilità costituzionale. Una buona e costante “manutenzione dell’ordinamento” e una migliore qualità della legislazione favoriscono la certezza del diritto e prevengono i conflitti.

22. Gli obiettivi da perseguire nel campo della amministrazione della giustizia riguardano principalmente:

a) il rispetto effettivo di tempi ragionevoli di durata dei processi, oggi carente (come dimostrato dal moltiplicarsi dei ricorsi in base alla legge “Pinto” nonché alla Corte europea dei diritti) sia sul piano della giustizia penale, amministrativa e contabile, sia sul piano della giustizia civile (dove la lentezza dei procedimenti penalizza lo sviluppo e la competitività del paese);

b) la riduzione della ipertrofia del contenzioso;

c) la maggiore efficacia dell’azione preventiva e repressiva, oltre che dei fenomeni della criminalità organizzata, dei fenomeni di corruzione nella vita politica, amministrativa ed economica;

d) l’esigenza di contenere il fenomeno dei contrasti fra diversi organi giudiziari, nonché, sul piano penale e della giustizia contabile, il fenomeno di iniziative che tendono ad intervenire anche in sostanziale assenza di vere, oggettive e già acquisite notizie di reato o di danno erariale, in funzione di controllo generalizzato su determinati soggetti o procedimenti.

e) il perfezionamento del sistema di tutela dei diritti fondamentali, che si avvale oggi del riconoscimento pieno del diritto al giudice, dell’ampia apertura agli strumenti di tutela internazionali, e di organi giudiziari indipendenti, ma non sempre è effettivo a causa di lacune normative e di carenze organizzative.

23. Sotto il profilo della tutela dei diritti fondamentali, si propone, oltre che di perseguire sul piano organizzativo il miglioramento della effettività dei rimedi di diritto interno, di colmare le lacune più evidenti, come la mancata previsione dei reati di tortura e di trattamento inumano e degradante sollecitati dalle convenzioni internazionali (Convenzione ONU contro la tortura adottata nel 1984; art. 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali diritti del 1950). Più a lungo termine è auspicabile l’introduzione - per via di revisione costituzionale - di forme di ricorso individuale per violazione dei diritti fondamentali davanti alla Corte costituzionale, sul modello tedesco e spagnolo, soprattutto come rimedio a violazioni discendenti da disfunzionamenti del sistema giudiziario.

24. Per la giustizia penale si propone:

a) la migliore definizione sul piano legale dei presupposti sulla base dei quali gli organi delle Procure avviano e concludono le loro attività di indagine, con particolare attenzione per gli strumenti investigativi più invasivi nei confronti dei diritti fondamentali come, ad esempio, le intercettazioni delle conversazioni per le quali dev’essere resa cogente la loro qualità di mezzo per la ricerca della prova, e non di strumento di ricerca del reato. Occorre inoltre porre limiti alla loro divulgazione perché il diritto dei cittadini a essere informati non costituisca il pretesto per la lesione di diritti fondamentali della persona;

b) il contenimento della durata della fase delle indagini preliminari, così da giungere con sollecitudine al contraddittorio processuale quando questo si imponga, e un più stretto controllo giudiziario sui provvedimenti cautelari, specie allorché incidano sulla libertà personale;

c) l’introduzione di vincoli temporali all’esercizio dell’azione penale (o alla richiesta di archiviazione) dopo la conclusione delle indagini;

d) la revisione delle norme sulla contumacia;

e) ferme le garanzie per le persone sottoposte a procedimento penale, l’adozione di misure dirette a disincentivare l’esperimento di rimedi esclusivamente e palesemente dilatori[29];

f) la possibilità di riconoscere l’irrilevanza del fatto ai fini della non configurabilità del reato;

g) la possibilità di considerare le eventuali condotte riparatorie come cause estintive del reato in casi lievi;

h) la sospensione del processo a carico degli irreperibili, con relativa sospensione dei termini di prescrizione e con l’adozione di misure per la conservazione delle prove;

i) l’inappellabilità delle sentenze di assoluzione per imputazioni molto lievi, tenendo conto dei rilievi formulati dalla Corte costituzionale all’atto della declaratoria di incostituzionalità della legge che rendeva inappellabili tutte le sentenze di assoluzione.

25. Sovraffollamento carcerario.

Per contribuire al contenimento di un sovraffollamento carcerario ormai insostenibile, si propone: a) di trasformare in pene principali comminabili dal giudice di cognizione alcune delle attuali misure alternative dell’esecuzione, come l’affidamento in prova e la detenzione domiciliare; b) un ampio processo di depenalizzazione di condotte che possono essere meglio sanzionate in altra sede; c) l’introduzione su larga scala di pene alternative alla detenzione; d) una particolare attenzione va dedicata al tema del lavoro dei detenuti, che riduce drasticamente la recidiva, rende il carcere più vivibile, rispetta la dignità della persona detenuta; per questa ragione occorre una congrua assegnazione di risorse finanziarie.

26. Per la giustizia civile si propone: a) l’instaurazione effettiva di sistemi alternativi (non giudiziari) di risoluzione delle controversie, specie di minore entità, anche attraverso la previsione di forme obbligatorie di mediazione (non escluse dalla recente pronuncia della Corte costituzionale – sent. n. 272 del 2012 – che ha dichiarato illegittima una disposizione di decreto legislativo che disponeva in questo senso, ma solo per carenza di delega); questi sistemi dovrebbero essere accompagnati da effettivi incentivi per le parti e da adeguate garanzie di competenza, di imparzialità e di controllo degli organi della mediazione; b) il potenziamento delle strutture giudiziarie soprattutto per quanto attiene al personale amministrativo e paragiudiziario, sgravando i magistrati da compiti di giustizia “minore”; c) la istituzione del c.d. ufficio del processo; d) il potenziamento delle banche dati e della informatizzazione degli uffici; e) l’adozione in tutti gli uffici delle “buone pratiche” messe in atto da quelli più efficienti; f) la revisione in un quadro unitario dell’ordinamento, del reclutamento e della formazione dei giudici di pace e degli altri magistrati onorari, anche al fine di ampliarne le funzioni.

27. Ordinamento delle magistrature.

La responsabilità disciplinare dei magistrati oggi è amministrata dagli organi di governo interno, il CSM per la magistratura ordinaria e gli uffici di presidenza, in varia composizione, per la magistratura amministrativa e per quella contabile. Il Gruppo di lavoro rileva l’inopportunità - per istituzioni così influenti - del solo “giudizio disciplinare dei pari” e propone che il giudizio disciplinare per tutte le magistrature resti affidato in primo grado agli organi di governo interno e in secondo grado, senza ricorso a gradi ulteriori, ad una Corte, istituita con legge costituzionale. La Corte potrebbe essere composta per un terzo da magistrati eletti dalle varie magistrature (in numero uguale per ciascuna magistratura), per un terzo da eletti dal Parlamento in seduta comune (all'interno di categorie predeterminate) e per un terzo da persone scelte dal Presidente della Repubblica tra coloro che hanno titoli per accedere alla Corte Costituzionale[30].

28. La dimensione moderna della indipendenza del magistrato si configura anche nei confronti dei mezzi di comunicazione, che costituiscono un potere rilevante nelle moderne società democratiche. Per la quantità di poteri discrezionali che esercita nei confronti della reputazione, della libertà e dei beni delle persone, il magistrato deve non solo essere ma anche apparire indipendente, non schierato con alcuna parte, pena la perdita della fiducia e della reputazione, che costituiscono un patrimonio essenziale e indisponibile per tutte le magistrature. E’ necessario rendere effettive le regole e i codici deontologici che vietano al magistrato un uso improprio e personalistico dei mezzi di comunicazione.

29. Al magistrato deve essere in ogni caso vietato di candidarsi nei luoghi ove ha esercitato le sue funzioni; deve essere vietato di tornare a esercitare le sue funzioni nei luoghi ove si è candidato o è stato eletto e deve essere vietato di assumere responsabilità di governo regionale o locale nei luoghi ove ha esercitato le sue funzioni.

30. Si propone per tutte le magistrature di introdurre una normativa più stringente rispetto a quella attuale per ridimensionare sia il numero complessivo dei magistrati in fuori ruolo sia la durata massima del fuori ruolo stesso. Si deve trattare di una integrazione del percorso professionale del magistrato ordinario, amministrativo o contabile, non di una carriera parallela a quella giurisdizionale.

31. Il CSM non dispone di una struttura amministrativa propria. Al fine di assicurare ai consiglieri, togati e laici, del CSM un apporto professionale di alto livello ma non condizionato da presupposti corporativi e correntizi, si propone – sulla falsariga di quanto già era stato stabilito dalla legge n. 74 del 1990, non attuata perché ritenuta implicitamente abrogata, che gli addetti agli uffici di supporto del CSM (ufficio studi e funzioni affidate a magistrati segretari, oggi affidata ai magistrati segretari) siano funzionari di alto livello e di accertata competenza, scelti per concorso.

32. Il CSM ha effettuato la copertura di posti vacanti negli uffici giudiziari con vistosi ritardi e con conseguente danno per la funzionalità della giustizia. Occorre individuare adeguate misure per prevenire queste inadempienze.

 

 



[1]     Fonte: Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria - Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato statistica ed automazione di supporto dipartimentale - Sezione Statistica.

[2]     Fonte: Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria - Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato - sezione statistica.

[3]     Fonte: Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria - Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato - sezione statistica.

[4]     La numerosità indicata per ogni categoria di reato corrisponde esattamente al numero di soggetti coinvolti. Nel caso in cui ad un soggetto siano ascritti reati appartenenti a categorie diverse egli viene conteggiato all'interno di ognuna di esse. Ne consegue che ogni categoria deve essere considerata a sé stante e non risulta corretto sommare le frequenze.

[5]     Fonte: Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria - Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato - sezione statistica.

[6]     Valore non disponibile in assenza del dato relativo alla capienza degli istituti nell’Irlanda del Nord. In Inghilterra e Galles, la capienza è di 88.338 posti; in Scozia è di 7.820.

[7]     Valore non disponibile in assenza dato relativo alla capienza in Irlanda del Nord. In Inghilterra e Galles  il valore è 96,6; in Scozia 105,7.

[8]     Valore non disponibile.

[9]     Valore non disponibile.

[10]   Recante Disposizioni urgenti di protezione civile dirette a fronteggiare la situazione di emergenza conseguente all'eccessivo affollamento degli istituti penitenziari presenti sul territorio nazionale, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 29 marzo 2010, n. 73.

[11]   Recante Ulteriori disposizioni urgenti di protezione civile dirette a fronteggiare la situazione di emergenza conseguente all'eccessivo affollamento degli istituti penitenziari presenti sul territorio nazionale, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 19 gennaio 2012, n. 15.

[12]   Recante Norme per l'arte negli edifici pubblici.

[13]   Recante Regolamento recante disciplina dei procedimenti di localizzazione delle opere di interesse statale.

[14]   Recante Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo. Il richiamato articolo 17 reca “Ulteriori disposizioni in materia di semplificazione dell'attività amministrativa e di snellimento dei procedimenti di decisione e di controllo”.

[15]   Il riferimento è alla cd. procedura di “avvalimento” ovvero la possibilità per il concorrente - singolo o consorziato o raggruppato ai sensi dell'articolo 34, in relazione ad una specifica gara di lavori, servizi, forniture - di soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico, organizzativo, ovvero di attestazione della certificazione SOA avvalendosi dei requisiti di un altro soggetto o dell'attestazione SOA di altro soggetto.

[16]   In materia di termini per la ricezione delle offerte e delle domande di partecipazione alle gare da parte della stazione appaltante.

[17]   Fonte: Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria - Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato statistica ed automazione di supporto dipartimentale - Sezione Statistica.

Il dato comprende il numero complessivo di usciti dagli istituti penitenziari per adulti ai sensi della legge199/2010 e successive modifiche dall'entrata in vigore della stessa. Non comprende, invece, i casi in cui il beneficio sia concesso dallo stato di libertà. Nel numero complessivo vengono conteggiati gli usciti per i quali la pena risulta già scontata e i casi di revoca (ad esempio per commissione di reati o irreperibilità). I dati relativi agli usciti sono soggetti ad assestamento, pertanto eventuali piccoli scostamenti nel tempo dai valori inizialmente forniti non devono essere considerati imprecisioni.

[18]   Fonte: Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria - Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato statistica ed automazione di supporto dipartimentale - Sezione Statistica.

[19]   Fonte: Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria - Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato statistica ed automazione di supporto dipartimentale - Sezione Statistica.

[20]   La categoria “da impostare” si riferisce ad una situazione transitoria. E' infatti relativa a quei soggetti per i quali è momentaneamente impossibile inserire nell'archivio informatico lo stato giuridico, in quanto non sono ancora disponibili tutti gli atti ufficiali necessari.

[21]   Nella categoria “misto” confluiscono i detenuti imputati con a carico più fatti, ciascuno dei quali con il relativo stato giuridico, purché senza nessuna condanna definitiva.

[22]   Fonte: Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria - Direzione generale dell'esecuzione penale esterna - Osservatorio delle misure alternative

[23]   L’espressione “dallo stato di detenzione” indica i provenienti dagli istituti penitenziari, dagli arresti domiciliari (art. 656, co. 10, c.p.p.) dalla detenzione domiciliare.

[24]   Il Governo aveva infatti presentato alla Camera l' A.C. 5019, recante "Delega al Governo in materia di depenalizzazione, sospensione del procedimento con messa alla prova, pene detentive non carcerarie, nonché sospensione del procedimento nei confronti degli irreperibili", del quale la Commissione Giustizia ha avviato l'esame il 29 marzo 2012. L' Assemblea ha poi deliberato, il 9 ottobre 2012, lo stralcio delle disposizioni relative alla depenalizzazione, oggetto del contenuto dell'A.C. 5019-ter, diretto in particolare a ridurre il carico penale attraverso la trasformazione di alcuni illeciti penali in illeciti amministrativi.

[25]   L’attuale formulazione dell’art. 79 della Costituzione risulta dalla sostituzione dell’articolo originario operata dall'art. 1 della legge costituzionale 6 marzo 1992, n. 1. Il testo dell'articolo approvato dal Costituente è il seguente: «L'amnistia e l'indulto sono concessi dal Presidente della Repubblica su legge di delegazione delle Camere. Non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla proposta di delegazione».

[26]   Fonte: Dipartimento Amministrazione penitenziaria. Dati statistici sulla popolazione penitenziaria: effetti indulto.

[27]   Fonte: Dipartimento Amministrazione penitenziaria. Ufficio per lo Sviluppo e la Gestione del Sistema Informativo Automatizzato - Sezione Statistica.

[28]   Composto da Mario Mauro, Valerio Onida, Gaetano Quagliariello, Luciano Violante.

[29]   Valerio Onida esprime l’opinione che tra le misure da adottare nel campo della giustizia penale non debba mancare una generale revisione del regime e dei termini della prescrizione dei reati che, nell’attuale sistema comportano la vanificazione di risorse ed energie processuali e incentivano iniziative dilatorie. La revisione dovrebbe essere operata nel rispetto della funzione di garanzia per l’indagato propria dell’istituto, e dell’esigenza di apprestare meccanismi intesi ad assicurare la ragionevole durata dei processi.

[30]   Riserva di Gaetano Quagliariello. Ritiene che la responsabilità dei magistrati debba essere non solo disciplinare ma anche di natura civile. E’ perfettamente consapevole della peculiarità e della delicatezza della funzione giudiziaria, delle quali è necessario tener conto. Ma se da un lato tale peculiarità comporta che alla magistratura sia assicurata l’indipendenza e che sulle materie relative all’ordinamento giudiziario si legiferi con attenzione ed equilibrio, dall’altro l’attribuzione di poteri e prerogative che incidono sulla vita dei cittadini fino al punto di poterli privare della libertà impone che vi sia una corrispondenza tra livello di autonomia e livello di responsabilità. Considera necessaria una normativa sulla responsabilità civile dei magistrati che sia conforme al dettato costituzionale e che, in presenza di atti compiuti con dolo o colpa grave in violazione di diritti, rimuova una situazione di eterogeneità che appare come un incomprensibile privilegio rispetto alla disciplina che riguarda altre figure professionali il cui operato incide su beni primari per le persone.