Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Disposizioni in materia di scioglimento del matrimonio - A.C. 831 e abb.-B
Riferimenti:
AC N. 831-B/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 38    Progressivo: 2
Data: 30/03/2015
Descrittori:
CESSAZIONE DEL MATRIMONIO   COMUNIONE DEI BENI
DECRETO LEGGE 2014 0132   L 2014 0162
Organi della Camera: II-Giustizia


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Disposizioni in materia di scioglimento del matrimonio

30 marzo 2015
Schede di lettura


Indice

|Contenuto|


La proposta di legge C. 831 e abb.-B interviene sulla disciplina dello scioglimento del matrimonio con la finalità di ridurre i tempi necessari ad ottenere il divorzio.

Già approvato dalla Camera il 29 maggio 2014, il provvedimento – che consta di tre articoli - torna all'esame della Commissione Giustizia con le modifiche introdotte dal Senato, che ha approvato il testo, con modificazioni, il 18 marzo 2015.

Si rammenta che di recente sono state adottate alcune misure acceleratorie proprio con riguardo al procedimento in materia di divorzio e di separazione (negoziazione assistita e accordi di separazione e divorzio davanti al sindaco), introdotte dal decreto-legge n. 132 del 2014 (convertito dalla legge 162 del 2014), recante misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile (v. ultra).

I dati più recenti sull'I dati ISTAT sull'instabilità coniugaleinstabilità coniugale nel nostro Paese sono forniti dall'ISTAT (Separazioni e divorzi in Italia, 23 giugno 2014), le cui elaborazioni sono riferite all'anno 2012.

In tale anno le separazioni sono state 88.288 e i divorzi 51.319, entrambi in calo rispetto all'anno precedente (rispettivamente -0,6% e -4,6%). Anche i tassi di separazione e di divorzio, in continua crescita dal 1995, registrano una battuta d'arresto nel 2012. Per ogni 1.000 matrimoni si contano 311 separazioni e 174 divorzi.

In aggiunta a questa tendenza di fondo, negli ultimi anni si sta intensificando il ricorso da parte dei cittadini italiani allo scioglimento della propria unione coniugale in altri paesi dell'Unione Europea, riducendo così i tempi (e generalmente anche i costi) per l'ottenimento del divorzio e senza necessità di passare per la separazione.

Nel nostro Paese, per i divorzi concessi nel 2012 l'intervallo di tempo intercorso tra la separazione legale e la successiva domanda di divorzio è stato pari o inferiore a 5 anni nel 62,3% dei casi. In altri paesi europei, invece, la tempistica è molto più rapida: includendo l'intero iter amministrativo e burocratico, la sentenza di divorzio si ottiene in circa sei o sette mesi. Uno di questi paesi è la Spagna, dove i divorzi che hanno riguardato cittadini italiani sono stati quasi 500 nel 2012 e circa 2.000 nell'ultimo quinquennio.

La durata media del matrimonio al momento dell'iscrizione a ruolo del procedimento risulta pari a 16 anni per le separazioni e a 19 anni per i divorzi.

I matrimoni più recenti durano di meno. Confrontando i matrimoni celebrati nel 1985 con quelli del 2005, le unioni interrotte dopo sette anni da una separazione sono raddoppiate, passando dal 4,5% al 9,3%.

Le nozze religiose risultano essere più stabili. A sopravvivere alla "crisi del settimo anno", nel 2012, sono 933 matrimoni religiosi su 1.000 celebrati nel 2005 contro 880 su 1.000 matrimoni della stessa coorte celebrati con rito civile.

L'età media alla separazione è di circa 47 anni per i mariti e di 44 anni per le mogli; in caso di divorzio l'età raggiunge, rispettivamente, 49 e 46 anni. Questi valori sono aumentati negli anni per effetto della posticipazione delle nozze in età più mature e per la crescita delle separazioni con almeno uno sposo ultrasessantenne.

La tipologia di procedimento scelta in prevalenza dai coniugi è quella consensuale: nel 2012 si sono concluse in questo modo l'85,4% delle separazioni e il 77,4% dei divorzi.

Il 73,3% delle separazioni e il 66,2% dei divorzi hanno riguardato coppie con figli avuti durante il matrimonio. L'89,9% delle separazioni di coppie con figli ha previsto l'affido condiviso, modalità ampiamente prevalente dopo l'introduzione della legge 54/2006.

Nel 20,3% delle separazioni è previsto un assegno mensile per il coniuge (nel 98,4% dei casi corrisposto dal marito). Tale quota è più alta al Sud e nelle Isole (rispettivamente 25% e 24%).

Nel 58,2% delle separazioni la casa coniugale è assegnata alla moglie, nel 20,4% al marito mentre nel 18,4% dei casi si prevedono due abitazioni autonome e distinte, ma diverse da quella coniugale.


Contenuto

Il testo approvato dal Senato modifica la legge n. 898 del 1970, in modo da:

  • anticipare il momento della possibile proposizione della domanda di divorzio;
  • anticipare anche il momento dell'effettivo scioglimento della comunione dei beni tra i coniugi;
  • stabilire una disciplina transitoria.

La legge sul divorzio (n. 898/1970 )  attualmente prevede (art. 3, n. 2, lett. b) che:
  • lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio possano essere domandati da uno dei coniugi nel caso in cui sia stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi ovvero sia stata omologata la separazione consensuale;
  • ai fini della proposizione della domanda di divorzio, le separazioni devono essersi protratte ininterrottamente da almeno tre anni, a decorrere dalla comparsa dei coniugi davanti al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale, anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale.

Riduzione dei tempi del divorzioL'articolo 1  - nel testo modificato dal Senato novella l'art. 3, n. 2, lettera b), della legge sul divorzio (n. 898/1970) e nelle separazioni giudiziali:

  • conferma la riduzione da tre anni a dodici mesi della durata minima del periodo di separazione ininterrotta dei coniugi che legittima la domanda di divorzio;
  • fa decorrere tale termine - come attualmente previsto -  dalla comparsa dei coniugi davanti al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale.

Lo stesso articolo 1, nelle separazioni consensuali:

  • riduce a sei mesi la durata del periodo di separazione ininterrotta dei coniugi che permette la proposizione della domanda di divorzio;
  • riferisce il termine più breve anche alle separazioni che, inizialmente contenziose, si trasformano in consensuali;
  • fa decorrere tale termine anche in tal caso dalla comparsa dei coniugi davanti al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale.

Si osserva che il testo della lettera b) del n. 2 dell'art. 3 della legge sul divorzio, a seguito delle modifiche introdotte dal Senato, prevede un periodo di "almeno" dodici mesi di separazione ininterrotta nella separazione giudiziale e un periodo di sei mesi (e non: "almeno" sei mesi) nella separazione consensuale.

Nelle separazioni giudiziali, il testo approvato dalla Camera  faceva, invece, decorrere il  termine annuale dalla notifica della domanda di separazione (ricorso), riducendo ulteriormente i tempi per ottenere il divorzio (si ricorda che l'art. 706 c.p.c. stabilisce che l'udienza di comparizione dei coniugi debba essere tenuta entro 90 gg. dal deposito del ricorso); lo stesso testo, nelle separazioni consensuali, prevedeva che il termine di sei mesi decorresse dalla data del deposito del ricorso ovvero - qualora esso fosse presentato da uno solo dei coniugi -  dalla data della sua notificazione. Il ripristino del dies a quo originario, secondo la relatrice del provvedimento al Senato (v. seduta  dell'Assemblea dell'11 marzo 2015), deriverebbe dalle "troppe perplessità suscitate dal diverso termine previsto dal testo approvato dalla Camera dei deputati, foriero di problematiche applicative ed interpretative".

Si segnala, in materia, che una modifica di particolare rilievo al testo-Camera, introdotta dalla Commissione Giustizia del Senato, riguardava il cosiddetto divorzio diretto (art. 1, comma 2, del testo). Si prevedeva, infatti,  con un nuovo art. 3-bis alla legge 898/1970, che con ricorso congiunto - ove non vi fossero figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero figli di età inferiore ai 26 anni economicamente non autosufficienti - i coniugi potessero chiedere il divorzio anche in assenza di separazione legale. Tale disposizione è stata stralciata in Assemblea il 17 marzo 2015 e forma ora oggetto di un autonomo disegno di legge (S. 1504-bis).

Il Senato ha soppresso poi la disposizione in base a cui, ove alla data di instaurazione del giudizio di divorzio fosse ancora pendente la causa di separazione in relazione alle domande accessorie, la causa deve essere assegnata al giudice della separazione personale.

La motivazione della soppressione di tale disposizione, che rispondeva a motivi di economia processuale (avere uno stesso giudice che conosca sia  le questioni personali che quelle economiche dei coniugi), è stata ricondotta dalla relatrice in Assemblea (v. seduta dell'11 marzo 2015) alla mancata modifica delle regole sulla competenza; di conseguenza, tale  disposizione appariva di dubbia costituzionalità alla luce della sentenza n. 169/2008  e della non coincidenza del foro di separazione con quello del divorzio, ad esempio in caso di trasferimento di uno dei coniugi.
La Consulta con sentenza del 23 maggio 2008 n. 169 ha, infatti, statuito che la competenza sulla domanda di divorzio appartiene al giudice del luogo di residenza del coniuge convenuto. Secondo la Corte, in relazione all'art, 4 della legge 898/1970, ovvero "la previsione con la quale, qualora i coniugi abbiano avuto per il passato una residenza comune, occorre far riferimento, ai fini dell'individuazione del giudice competente sulla domanda di scioglimento e cessazione degli effetti civili del matrimonio, al Tribunale del luogo ove detta residenza si trova, e ciò anche allorché al momento dell'introduzione in giudizio, nessuna della parti abbia alcun rapporto con quel luogo, ipotizza un criterio di competenza che è manifestamente irragionevole…". Dopo l'intervento della Consulta, l'art. 4 della legge 898/1970 va letto con esclusione dell'inciso "…del luogo dell'ultima residenza comune dei coniugi…", talchè ritorna competente ex novo il giudice del luogo ove il coniuge convenuto ha la residenza o il domicilio e, qualora il coniuge convenuto sia residente all'estero o risulti irreperibile, la domanda va proposta al Tribunale del luogo di residenza o di domicilio del ricorrente, o se anche questi è residente all'estero, a qualsiasi Tribunale della Repubblica.

Analoga soppressione da parte del Senato ha riguardato la modifica dell'art. 189, secondo comma, delle disposizioni di attuazione del codice processuale civile (articolo 2 del testo-Camera).

La disposizione vigente stabilisce, al secondo comma, che l'ordinanza con cui il presidente del tribunale o il giudice istruttore, in sede di udienza di comparizione per separazione personale, adotta i provvedimenti temporanei e urgenti nell'interesse dei figli e dei coniugi, conserva efficacia anche dopo l'estinzione del processo fino a che non sia sostituita da altro provvedimento emesso a seguito di nuovo ricorso per separazione personale. La modifica introdotta all'art. 189 chiariva l'ultrattività della citata ordinanza presidenziale anche in relazione al ricorso per la cessazione degli effetti civili o per lo scioglimento del matrimonio.

Anticipazione dello scioglimento della comunioneL'articolo 2 del testo in esame (art. 3 del testo-Camera) - modificato dal Senato - interviene sull'art. 191 del codice civile per anticipare il momento dello scioglimento della comunione dei beni tra i coniugi.

L'art. 191 prevede la separazione personale come uno dei motivi di scioglimento della comunione, il cui momento effettivo si verifica "ex nunc", solo con il passaggio in giudicato della sentenza di separazione (si veda ad es., Cassazione, sentenze n. 9325 del 1998, e n. 2844 del 27 febbraio 2001). Tale previsione non è risultata adeguata alla realtà quotidiana in cui gli effetti patrimoniali della comunione legale continuano a prodursi per i coniugi separati anche dopo l'interruzione della convivenza. Infatti, la cessazione della convivenza, ancorché autorizzata con i provvedimenti provvisori adottati a norma dell'art. 708, terzo comma, c.p.c., non osta a che i beni successivamente acquistati dai coniugi medesimi ricadano nella comunione legale, ai sensi dell'art. 177, primo comma, lett. a), c.c., dato che l'operatività di tale disposizione, in base alle regole desumibili dall'art. 191 c.c. in tema di scioglimento della comunione, viene meno "ex nunc" con l'instaurarsi del regime di separazione, a seguito del provvedimento giudiziale che la pronunci in via definitiva, ovvero che omologhi l'accordo al riguardo intervenuto (Cass. Sez. I, sentt. n. 12523 del 17 febbraio 1993 e n. 2652 del 7 marzo 1995).

L'articolo 2 aggiunge, dopo il primo comma, un nuovo comma all'art. 191 c.c. che anticipa lo scioglimento della comunione legale:

  • nella separazione giudiziale, al momento in cui il presidente del tribunale, in sede di udienza di comparizione, autorizza i coniugi a vivere separati;
  • nella separazione consensuale, alla data di sottoscrizione del relativo verbale di separazione (v. art. 711 c.p.c.), purchè omologato.

E' poi aggiunta una disposizione di natura procedurale secondo cui - in caso di comunione dei beni - l'ordinanza che autorizza i coniugi a vivere separati deve essere comunicata all'ufficio di stato civile per l'annotazione dello scioglimento della comunione (sull'atto di matrimonio).

Il Senato ha inoltre soppresso la disposizione, presente nel testo approvato dalla Camera, che prevedeva anche la comunicazione allo stato civile della domanda di separazione ai fini dell'annotazione.

Applicazione della riforma ai procedimenti in corsoL'articolo 3 della proposta di legge - anch'esso modificato dal Senato -  contiene, in fine, una disposizione transitoria secondo la quale la nuova disciplina sulla riduzione dei tempi di proposizione della domanda di divorzio e quella che anticipa lo scioglimento della comunione legale si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame; ciò anche quando sia pendente a tale data il procedimento di separazione personale che ne costituisce il presupposto.

Diversamente, il testo-Camera, sul punto:

- prevedeva che la riforma dovesse applicarsi alle domande di divorzio proposte dopo la data di entrata in vigore del provvedimento, anche in caso di pendenza alla stessa data del procedimento di separazione personale, presupposto della domanda;

- non conteneva una disposizione transitoria con riferimento alla decorrenza dello scioglimento della comunione tra i coniugi.

Come già indicato, in materia di separazione e divorzio è di recente intervenuto il decreto-legge n. 132 del 2014 (legge conv. n. 162 del 2014) che, nell'ambito di una serie di modificazioni in materia civile, ha regolato nuove forme di composizione extragiudiziale dei rapporti tra coniugi. Si tratta di misure che affiancano  separazioni e divorzi consensuali, fornendo un'alternativa al ricorso al giudice.

In particolare:
  • è introdotta, anzitutto, una particolare forma di negoziazione assistita, finalizzata specificamente alla soluzione consensuale stragiudiziale delle controversie in materia di separazione personale, di cessazione degli effetti civili e scioglimento del matrimonio o di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. Il nuovo istituto - consentito anche in presenza di figli minori o di figli maggiorenni incapaci, portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti - consiste in un accordo scritto mediante il quale i due coniugi convengono di risolvere in via amichevole la controversia tramite l'assistenza dei propri avvocati. Tale accordo - che  costituisce così titolo esecutivo - va sempre trasmesso entro dieci giorni al PM competente. Questi: in assenza di figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti, esercita un controllo formale di regolarità dell'atto al termine del quale, se del caso, comunica  agli  avvocati il nullaosta per gli adempimenti successivi; se vi sono, invece, figli  minori,  figli maggiorenni incapaci  o  portatori  di  handicap  grave  ovvero economicamente non autosufficienti, controlla la rispondenza dell'accordo all'interesse dei figli e, in tal caso, lo autorizza. Se, al contrario, non riscontra tale interesse, il procuratore della Repubblica lo trasmette, entro cinque giorni, al presidente del  tribunale che fissa, entro i successivi trenta giorni, la comparizione delle  parti e provvede senza ritardo. Nell'accordo si dà atto che gli avvocati hanno tentato di conciliare le parti e le hanno  informate  della  possibilità  di esperire la mediazione familiare e che hanno informato le parti dell'importanza per il minore di trascorrere tempi adeguati con ciascuno dei genitori. La convenzione produce gli effetti dei provvedimenti giudiziali che definiscono gli analoghi procedimenti. Spetta agli avvocati delle parti (pena la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 10.000 euro) trasmettere copia autentica dell'accordo all'ufficiale di stato civile del Comune in cui il matrimonio fu iscritto o trascritto;
  • è stata introdotta, inoltre, una disciplina per la semplificazione dei procedimenti di separazione e divorzio complementare alla negoziazione assistita. Oltre che davanti ad avvocati, viene, infatti, garantita la possibilità di concludere dinanzi al sindaco quale ufficiale di stato civile, con l'assistenza facoltativa di un avvocato, un accordo di separazione o di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili o, infine, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio (l'accordo non può contenere patti di trasferimento patrimoniale). La procedura non è tuttavia possibile in presenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti. Con esclusione dell'accordo riguardante la modifica delle condizioni di separazione e divorzio, un ulteriore adempimento procedurale è disposto per la conferma dell'accordo: il sindaco, infatti, dovrà invitare in tali casi i coniugi a comparire davanti a sè non prima dei successivi 30 gg. per la conferma dell'accordo. La mancata comparizione è motivo di mancata conferma.
Sulla base delle informazioni acquisite il 26 marzo 2015 dalla Direzione generale di statistica del Ministero della giustizia, i dati su separazioni e divorzi conclusi tramite negoziazione assistita o con dichiarazione davanti al sindaco, quale ufficiale di stato civile, sono tuttora in fase di elaborazione.