Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione delle Nazioni Unite sulla riduzione dei casi di apolidia, fatta a New York il 30 agosto 1961 - A.C. 2802 - Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 2803/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 283
Data: 25/03/2015
Descrittori:
APOLIDI   ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE ( ONU )
TRATTATI ED ACCORDI INTERNAZIONALI     
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari


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Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione delle Nazioni Unite sulla riduzione dei casi di apolidia, fatta a New York il 30 agosto 1961

25 marzo 2015
Schede di lettura


Indice

Contenuto dell'accordo|Contenuto del disegno di legge di ratifica|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|


Contenuto dell'accordo

La Convenzione delle Nazioni Unite sulla riduzione dei casi di apolidia venne aperta alla firma a New York il 30 agosto 1961: la Convenzione entrò successivamente in vigore il 13 dicembre 1975, beninteso per i paesi che l'avevano nel frattempo ratificata - attualmente sono parti della Convenzione 63 Stati, tra i quali 18 appartenenti all'Unione europea, e tra questi non figura l'Italia, che anzi non aveva neppure firmato il documento. Di conseguenza si rende ora necessario lo strumento dell'adesione successiva alla Convenzione, dopo che il nostro Paese aveva invece ratificato, con la legge 1° febbraio 1962, n. 306, la Convenzione ONU del 1954 relativa allo status degli apolidi. La ratifica della Convenzione del 1961, tra l'altro, è stata più volte sollecitata dall'Alto commissariato ONU per i rifugiati, organismo cui l'Assemblea generale ha affidato la responsabilità della promozione della Convenzione.

La relazione introduttiva al disegno di legge di autorizzazione alla ratifica della Convenzione del 1961 chiarisce ripetutamente come l'adesione dell'Italia si configuri alla stregua di un atto certamente di valore politico e simbolico, mentre dal punto di vista normativo il nostro Paese appare aver già da tempo soddisfatto gran parte dei requisiti della Convenzione con la propria normativa interna - in particolare con la legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza. Per ciò che concerne i soggetti beneficiari della ratifica italiana della Convenzione, questi, sempre secondo la relazione introduttiva, andrebbero individuati principalmente nei giovani appartenenti alle comunità Rom e Sinti originarie della ex Jugoslavia, che proprio in ragione dello spostamento territoriale dei propri genitori rischiano di ritrovarsi con lo status di apolidi.

Gli obblighi dell'Italia in materia di nazionalità, specifica ancora la relazione introduttiva, discendono particolarmente dall'articolo 15 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948 - ormai entrata a far parte del diritto internazionale generale o consuetudinario -, nonché dall'articolo 4 della Convenzione europea sulla nazionalità del 1997, Convenzione che, si ricorda, l'Italia ha tuttavia solamente firmato il 6 novembre 1997, senza poi dar seguito alla ratifica. Si ricorda en passant che il nostro Paese non ha invece neppure ancora firmato la Convenzione del Consiglio d'Europa del 2006 mirante a porre rimedio ai casi di apolidia risultanti da successione fra Stati, e già in vigore internazionale dal 1° maggio 2009.

Infine, la relazione introduttiva anticipa che l'Italia, momento di depositare lo strumento di adesione presso il Segretario generale dell'ONU, si avvarrà della facoltà di riserva prevista dall'articolo 8, paragrafo 3 della Convenzione, onde conservare il diritto di privare una persona della sua cittadinanza laddove ricorrano determinate condizioni, come già previsto dalla normativa nazionale (articolo 12 della citata legge n. 91 del 1992).

Passando più precipuamente al contenuto della Convenzione, essa consta di un breve preambolo e di 21 articoli.

L'articolo 1 prevede al comma 1 che ciascuno Stato contraente è tenuto a concedere la cittadinanza ad una persona nata nel proprio territorio e altrimenti apolide. Sarà facoltà dello Stato interessato concedere la cittadinanza alla nascita, oppure dietro presentazione di un'istanza presso l'autorità competente da parte della persona interessata, istanza che non potrà essere respinta se non alle condizioni specificate al successivo comma 2. Nell'ipotesi di cittadinanza concessa su istanza dell'interessato, lo Stato concedente potrà prevedere l'attribuzione della cittadinanza medesima al compimento di una certa età.

La tabella di corrispondenza tra le previsioni della Convenzione e quelle già vigenti in Italia, riportata in allegato all'Analisi tecnico-normativa che correda il provvedimento in esame, constata l'analogia tra la concessione della cittadinanza alla nascita quale prevista dalla Convenzione [art.1, comma 1, lett. a)] e la norma vigente in Italia [art. 1, comma 1, lett. b) della legge 91/1992].

Il comma 2 stabilisce le eventuali condizioni che lo Stato concedente può porre alla concessione della cittadinanza su istanza dell'interessato: le condizioni mirano essenzialmente a che la persona interessata abbia a disposizione almeno un anno per presentare l'istanza autonomamente, da persona maggiorenne; che la persona interessata abbia regolarmente soggiornato nel territorio dello Stato concedente; che la persona interessata non abbia subito condanne penali per gravi reati o per delitti contro la sicurezza nazionale; che la persona interessata sia sempre stata apolide.

Il comma 3 prevede che un figlio nato all'interno del matrimonio nel territorio dello Stato contraente interessato, e la cui madre abbia la cittadinanza di detto Stato, dovrà acquisire la cittadinanza alla nascita, se in caso contrario dovesse risultare apolide.

La sopra richiamata tabella di corrispondenza rileva l'analogia tra il comma 3 della Convenzione e, nuovamente, l'art. 1, comma 1, lett. b) della legge 91/1992.

È previsto altresì (comma 4) che lo Stato contraente sia tenuto a concedere la cittadinanza a una persona che sarebbe altrimenti apolide, se al momento della nascita di detta persona la cittadinanza di uno dei genitori era quella dello Stato contraente interessato - e ciò anche se l'interessato all'acquisizione della cittadinanza abbia superato l'età per presentare istanza o non soddisfi le condizioni relative alla residenza. Tuttavia (comma 5) lo Stato contraente potrà subordinare la concessione della cittadinanza nelle modalità di cui al paragrafo 4 precedente alle condizioni che l'istanza sia presentata prima che l'istante raggiunga una certa età, inferiore ai 23 anni; che la persona interessata abbia soggiornato abitualmente nel territorio dello Stato contraente nel periodo immediatamente precedente la presentazione dell'istanza, ma per non più di tre anni; che la persona interessata sia sempre stata apolide.

La tabella di corrispondenza allegata all'ATN constata l'analogia tra il comma 4 della Convenzione e l'art. 1, comma 1, lett. a) della legge 91/1992.

In base all'articolo 2 il figlio di ignoti trovato abbandonato nel territorio di uno Stato contraente della Convenzione in esame dovrà essere considerato, in assenza di prova contraria, come nato in quel territorio da genitori che abbiano la cittadinanza di quello Stato.

La tabella di corrispondenza allegata alla ATN rileva l'equivalenza di questa norma con quella riportata all'articolo 1, comma 2 della legge 91 del 1992.

L'articolo 3 contempla il caso particolare di figli nati a bordo di una nave o di un aereo rispettivamente battente bandiera o immatricolato in uno Stato contraente della Convenzione: costoro saranno considerati come nati nel territorio di quello Stato contraente ai fini della determinazione degli obblighi dettati dalla Convenzione in esame.

La tabella di corrispondenza allegata alla ATN riporta, a fronte dell'articolo 3 della Convenzione, gli articoli 2-5 del Codice della navigazione.

L'articolo 4 prevede al comma 1 che ciascuno Stato contraente è tenuto a concedere la cittadinanza ad una persona non nata nel proprio territorio e altrimenti apolide, qualora al momento della sua nascita uno dei genitori abbia la cittadinanza di quello Stato - in caso poi di diversa cittadinanza dei due genitori, il diritto nazionale dello Stato interessato determinerà quale cittadinanza il nascituro debba acquisire. Sarà facoltà dello Stato interessato concedere la cittadinanza alla nascita, oppure dietro presentazione di un'istanza presso l'autorità competente da parte della persona interessata, istanza che non potrà essere respinta se non alle condizioni specificate al successivo comma 2. Il comma 2 dell'art. 4 stabilisce le eventuali condizioni che lo Stato concedente può porre alla concessione della cittadinanza su istanza dell'interessato: è previsto che l'istanza sia presentata prima che l'istante raggiunga una certa età, non inferiore ai 23 anni; che la persona interessata abbia soggiornato abitualmente nel territorio dello Stato contraente nel periodo immediatamente precedente la presentazione dell'istanza, ma per non più di tre anni; che la persona interessata sia sempre stata apolide e non abbia subito condanne per reati contro la sicurezza nazionale.

La tabella di corrispondenza allegata alla ATN constata l'analogia tra l'art. 4 della Convenzione e l'art. 1, comma 1, lett. a) della legge 91/1992.

L'articolo 5, comma 1 prevede, proprio allo scopo di evitare di rendere una qualsiasi persona apolide, che se la legge di uno Stato contraente della Convenzione comporta la perdita della cittadinanza a seguito di una variazione dello status personale dell'individuo, tale perdita sarà subordinata al possesso ovvero all'acquisizione di un'altra cittadinanza. Il comma 2 prevede poi che qualora un figlio nato al di fuori del matrimonio perda la cittadinanza di uno Stato contraente in seguito a un riconoscimento di filiazione, egli potrà recuperare quella cittadinanza dietro istanza scritta presentata all'autorità competente, a condizioni non meno favorevoli di quelle già esposte al comma 2 dell'articolo 1 della Convenzione in esame.

L'articolo 6, analogamente al precedente, prevede la subordinazione al possesso o all'acquisizione di un'altra cittadinanza, per la perdita di cittadinanza che possa colpire di riflesso il coniuge o i figli di una persona che abbia in primis subito perdita o privazione di cittadinanza.

L'articolo 7 al comma 1 prevede:

alla lettera a), che se la legge di uno Stato contraente della Convenzione consente la rinuncia alla cittadinanza, la perdita della cittadinanza stessa conseguirà solo se l'interessato possieda o acquisisca altra cittadinanza - ancora una volta, in modo da scongiurare un nuovo caso di apolidia;

alla lettera b), che le disposizioni di cui in precedenza non avranno applicazione qualora l'istanza per la rinuncia alla cittadinanza risulti incompatibile con i principi di cui agli articoli 13 e 14 della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 - si tratta rispettivamente del diritto di ciascun individuo alla libertà di movimento e residenza entro i confini di uno Stato, nonché del diritto di muoversi tra Stati diversi; e del diritto alla ricerca dell'asilo in altri paesi contro le persecuzioni subite o minacciate in patria.

In base al comma 2, un cittadino di uno Stato contraente non perderà la cittadinanza per il solo fatto di chiedere la naturalizzazione in un paese straniero, salvo garanzia dell'acquisizione della cittadinanza di quel paese. Inoltre un cittadino di uno Stato contraente della Convenzione non perderà la sua cittadinanza per il solo fatto di essere partito o di avere la residenza all'estero (comma 3). È però previsto (comma 4) che, in caso di residenza all'estero per non meno di sette anni consecutivi, una persona naturalizzata possa perdere la propria cittadinanza se non sia riuscita a manifestare presso le autorità competenti la propria intenzione di mantenerla. È inoltre previsto (comma 5) che, nel caso di un cittadino nato al di fuori del territorio di uno Stato contraente della Convenzione, la legge nazionale, non meno di un anno dopo il raggiungimento della maggiore età, possa subordinare la conservazione della cittadinanza al fatto che in quel momento la persona sia residente nel territorio dello Stato o che si sia registrata presso le autorità competenti. Si specifica infine una clausola di salvaguardia (comma 6) per cui, fatte salve le circostanze previste dall'articolo 7 in commento, la perdita della cittadinanza non avverrà in nessun caso se da questa dovesse risultare apolidia.

La tabella di corrispondenza allegata alla ATN rileva l'analogia tra l'art. 7 della Convenzione e l'art. 11 della legge 91/1992.

In base all'articolo 8, comma 1 si ribadisce che uno Stato contraente non priverà una persona della sua cittadinanza se dalla deprivazione dovesse risultare l'apolidia della persona stessa. I commi 2 e 3, d'altra parte, contemplano casi di eccezione a quanto previsto dal comma 1: infatti una persona potrà essere privata della sua cittadinanza nei casi già illustrati a proposito dei commi 4 e 5 dell'articolo 7, nonché qualora la cittadinanza sia stata ottenuta per mezzo di dichiarazioni false o fraudolente. Uno Stato contraente potrà inoltre mantenere il diritto di privare una persona della cittadinanza se al momento della firma, della ratifica o dell'adesione alla Convenzione specifichi l'intenzione di conservare tale diritto, conformemente alla propria normativa nazionale, con la motivazione di una violazione del dovere di lealtà verso lo Stato contraente da parte della persona interessata, o addirittura di grave pregiudizio arrecato agli interessi vitali dello Stato contraente. In ogni caso (comma 4) il potere di privazione della cittadinanza dovrà essere esercitato mediante una procedura equa nei confronti dell'interessato.

La tabella di corrispondenza allegata alla ATN constata l'analogia tra l'art. 8 della Convenzione e l'art. 12 della legge 91/1992.

L'articolo 9 contiene il divieto per uno Stato contraente della Convenzione di privare una persona o un gruppo di persone della cittadinanza, in base a motivazioni razziali, etniche, religiose o politiche.

La tabella di corrispondenza allegata alla ATN rileva l'analogia tra l'art. 9 della Convenzione e il combinato disposto degli artt. 3 e 22 Cost. con la legge 91/1992.

L'articolo 10, comma 1 vincola gli Stati contraenti a disciplinare i trasferimenti di territorio tra di essi, conseguenti a trattati, in modo che nessuna persona debba risultarne apolide; inoltre ogni Stato contraente si adopera per garantire che il medesimo effetto consegua da trattati della stessa natura firmati da Stati non Parti della Convenzione in esame. Inoltre (comma 2), anche in mancanza di specifici accordi internazionali, uno Stato contraente che trasferisca o acquisisca un nuovo territorio dovrà concedere la cittadinanza alle persone interessate se, in mancanza di ciò, dovesse risultarne l'apolidia.

L'articolo 11 stabilisce che subito dopo il deposito del sesto strumento di ratifica o di adesione alla Convenzione in esame, le Parti contraenti dovranno promuovere nel quadro dell'ONU l'istituzione di un organismo competente per le istanze presentate da coloro che intendano avvalersi della Convenzione in esame, inclusa l'assistenza agli interessati per la presentazione dell'istanza alle competenti autorità.

L'articolo 12 contiene previsioni sull'applicabilità di alcune disposizioni della Convenzione in esame: in particolare, le disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 1 e all'articolo 4, nonché quelle del comma 4 dell'articolo 1, si applicheranno tanto alle persone nate prima che a quelle nate dopo l'entrata in vigore della Convenzione. Invece, le disposizioni di cui all'articolo 2 della Convenzione si applicheranno solo ai figli di ignoti, abbandonati e presenti nel territorio di uno Stato contraente dopo l'entrata in vigore della Convenzione per quello Stato.

L'articolo 13 contiene una clausola di salvaguardia generale, per la quale la Convenzione in esame non pregiudica l'applicazione di disposizioni più favorevoli nel campo della riduzione dei casi di apolidia, presenti o di futura emanazione nelle legislazioni nazionali degli Stati contraenti, ovvero in altri strumenti pattizi anche futuri tra due o più Stati contraenti.

Eventuali controversie sull'interpretazione o l'applicazione della Convenzione che dovessero sorgere tra gli Stati contraenti saranno presentate alla Corte internazionale di giustizia su richiesta di una delle Parti coinvolte - laddove non sia stato possibile risolverle in altro modo (articolo 14).

L'articolo 15 riguarda l'inclusione o meno, nella sfera di applicazione della Convenzione in esame, dei territori non autonomi, fiduciari, coloniali o non metropolitani, le cui relazioni internazionali siano curate da uno Stato contraente della Convenzione: sono previste procedure per la chiara indicazione dell'ambito di applicazione territoriale della Convenzione, nonché consultazioni tra lo Stato contraente interessato i territori da esso rappresentati per stabilire la volontà di un'effettiva adesione alla Convenzione da parte di questi ultimi.

Infine gli articoli 16-21 contengono le clausole finali della Convenzione, aperta alla firma fino al 31 maggio 1962 e successivamente all'adesione di ogni Stato invitato in questo senso dalla Conferenza delle Nazioni Unite per l'eliminazione o riduzione dei futuri casi di apolidia e dall'Assemblea generale dell'ONU. Ciascuno degli Stati contraenti potrà, al momento della firma, della ratifica o dell'adesione apporre riserve esclusivamente agli articoli 11, 14 o 15 – ricordando tuttavia anche la facoltà prevista dal comma 3 dell'art. 8. Sono specificate altresì le modalità di entrata in vigore della Convenzione sia a livello internazionale che per ogni Stato successivamente ratificante o aderente. Sussiste la facoltà di denuncia della Convenzione in qualsiasi momento mediante notifica scritta indirizzata al Depositario della Convenzione medesima, ovvero il Segretario generale delle Nazioni Unite: la denuncia avrà effetto un anno dopo il ricevimento di essa da parte del Depositario.


Contenuto del disegno di legge di ratifica

Il disegno di legge di autorizzazione all'adesione alla Convenzione ONU sulla riduzione dei casi di apolidia del 30 agosto 1961 si compone di quattro articoli, il primo dei quali contiene proprio la clausola di autorizzazione.

L'articolo 2, comma 1 contiene invece la clausola della piena e intera esecuzione della Convenzione a partire dalla data della sua entrata in vigore. Il comma 2 fa salva per il Governo la possibilità di avvalersi, al momento del deposito dello strumento di adesione, della facoltà di cui all'articolo 8 paragrafo 3 della Convenzione (v. supra).

L'articolo 3 prevede che all'attuazione delle disposizioni derivanti dall'adesione alla Convenzione in esame le Amministrazioni interessate provvedano nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie a legislazione vigente.

L'articolo 4, infine, prevede l'entrata in vigore della legge di autorizzazione all'adesione per il giorno successivo a quello della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

 

Oltre che dalla relazione introduttiva, il disegno di legge è altresì corredato da una relazione tecnica che esclude dall'attuazione della Convenzione maggiori oneri o minori entrate a carico del bilancio dello Stato, in quanto non sono previste nuove attività rispetto a quelle correnti delle Amministrazioni coinvolte.

Vi è inoltre un'Analisi tecnico-normativa (ATN) nella quale si ribadisce il carattere già avanzato e garantista della legislazione italiana in materia, materia che rientra comunque tra le competenze esclusive dello Stato. Inoltre si osserva come le disposizioni della Convenzione non presentino profili di incompatibilità con l'ordinamento europeo e siano anzi conformi al disposto delle due Convenzioni del Consiglio d'Europa precedentemente richiamate. La Convenzione in esame rispecchia inoltre – sempre in base all'ATN - i principi generali della giurisprudenza europea nella materia, e non contrasta nemmeno con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo.


Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il provvedimento si inquadra nell'ambito della materia politica estera e rapporti internazionali dello Stato, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione, demandata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.