Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento affari esteri | ||
Titolo: | Missione in India - (26-28 gennaio 2014) | ||
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 91 | ||
Data: | 23/01/2014 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | III-Affari esteri e comunitari | ||
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Camera dei deputati |
XVII LEGISLATURA |
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Documentazione e ricerche |
Missione in India |
(26-28 gennaio 2014) |
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n. 91 |
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23 gennaio 2014 |
Servizi
responsabilI: |
Servizio
Studi – Dipartimento Affari esteri ( 066760-4172 –
* st_affari_esteri@camera.it Servizio
Studi – Dipartimento Difesa ( 066760-4939 –
* st_difesa@camera.it Hanno collaborato: Servizio Biblioteca – Osservatorio della legislazione straniera ( 066760-2278 – * bib_segreteria@camera.it Servizio Rapporti
internazionali ( 066760-3948 / 066760-9515 – * cdrin1@camera.it Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea ( 066760-2145 – * cdrue@camera.it |
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I
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File: es0153.doc |
INDICE
L’Unione
indiana (Scheda-paese
a cura del Ministero degli Affari esteri)
I rapporti tra l’Unione
europea e l’India (a cura dell’Ufficio
Rapporti con l’Unione europea)
Relazioni parlamentari
Italia-India (a cura del Servizio
Rapporti Internazionali)
Il quadro politico
indiano alla vigilia delle elezioni
La
vicenda dei due fucilieri di marina
I Nuclei militari di
protezione della Marina: il quadro normativo
La lotta alla pirateria
e la questione dei due marò (a cura del
Prof. Natalino Ronzitti)
La posizione del Governo
italiano sul piano giudiziario (a cura
dell’Avv. Carlo Sica)
Il sistema giudiziario indiano (a cura del Servizio Biblioteca)
§
Costituzione
dell’Unione indiana (estratto)
§
D. Amirante ’Il
sistema giudiziario’, in: Idem, India, Bologna, Il Mulino, 2007
Selezione di pubblicistica
§
S. Silvestri ‘Caso
marò, chi non comanda in Italia’, dal sito internet www.Affarinternazionali.it, 24 marzo 2013,
§
‘India, un
paese di opportunità e disastri economici’, in: Osservatorio strategico, n.
8/2013
§
A. Armellini ‘India-Italia:
Due scenari per i marò’, dal sito internet www.equilibri.net,
9 maggio 2013
§
I. Dell’Omo ‘India:
riforme economiche e proteste popolari’, dal sito internet www.equilibri.net, 17 settembre 2013
(aggiornamento: 17 Gennaio 2014)
STRUTTURA ISTITUZIONALE E POPOLAZIONE
Struttura istituzionale e
dati di base
Superficie: |
3.287.590
kmq (comprese le acque territoriali) |
Capitale: |
Nuova
Delhi |
Principali città: |
Nuova
Delhi, Mumbai, Kolkata |
Nome Ufficiale: |
Repubblica
dell’India |
Forma di Governo: |
Repubblica
federale di tipo parlamentare |
Capo dello Stato: |
Pranab
Mukherjee, (dal 25 luglio 2012) |
Capo del Governo: |
Manmohan
Singh (Congresso), dal 23.5.2004 Rieletto
il 23.05.09 |
Ministro degli Esteri: |
Salman Khurshid dal 28.10.12 |
Sistema legislativo: |
Sistema
bicamerale: Consiglio degli Stati (Raiya
Sabha – 245 membri) e Camera del Popolo (Lok Sabha – 543 membri), ciascuna con
distinte Commissioni permanenti “Affari esteri” e “Difesa” |
Sistema giudiziario: |
Common Law britannica. Vige la pena di morte. |
Suffragio: |
Universale
e diretto per l’elezione della Lok
Sabha, indiretto per l’elezione della Raiya
Sabha, della quale 12 membri sono nominati dal Presidente della
Repubblica e gli altri dalle Assemblee degli Stati con sistema proporzionale.
18 anni il limite d’età per il diritto di voto. |
Partecipazione a OO. II.: |
Nazioni
Unite, Fao, Unesco, Commonwealth, South Asia Association for Regional
Co-operation (Saarc), Indian Ocean Rim
Association for Regional Co-operation (Ioarc), Partner del dialogo Asean (Association of South East Asian
Nations), Omc, Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale, Banca Asiatica
di Sviluppo. Candidatura al Consiglio Fao 2011-14. |
Popolazione e indicatori sociali
Popolazione: |
1.2
miliardi (ultimo censimento febbraio 2011) |
Tasso di crescita: |
1,4%
|
Aspettativa vita alla nascita: |
63,2
anni. Donne 63,9 anni. Uomini 62,5 anni |
Gruppi etnici: |
Indoariani
72%, Dravidi 25%, mongoloidi e altri 3%. |
Religioni: |
Indù
(82%), Musulmani (12,1%), Cristiani (2,3%), Sikh (1,9%), altre (1,7%) |
Lingue: |
22
idiomi (Hindi parlato dal 38% della popolazione). L’inglese è ampiamente
usato. |
Partiti politici principali: |
Partito
del Congresso (partito di maggioranza); BJP – Bharatiya Janata Party; vari
partiti regionali |
La situazione
politica indiana risente sempre più dell’approssimarsi delle elezioni
legislative del prossimo mese di aprile. La contesa elettorale è oggi molto
incerta. Il partito di maggioranza del Congresso appare in crescente difficoltà
per una serie di fattori concomitanti: la crisi economica che ha scosso il mito
della “Shining India”, i diversi
episodi di corruzione che hanno visto protagonisti gli apparati di Governo, la
questione ancora non risolta della leadership del Partito e della candidatura a
Primo Ministro; tutto questo mette in dubbio le chances di vittoria del
Congresso, anche perchè nel contempo il partito di opposizione nazionalista
indù del Bharatiya Janata Party – BJP beneficia per converso di un momento
particolarmente favorevole.
La rimonta del BJP
nei confronti del Congresso è apparsa evidente nelle elezioni locali svoltesi
per il rinnovo delle Assemblee legislative di cinque Stati dell’Unione indiana
tra novembre e dicembre scorsi. L’affermazione del BJP è stata molto netta,
avendo il partito nazionalista prevalso in tre dei cinque Stati in gioco
(Rajastan, Madhya Pradesh, Chattisgarh). Il Congresso si è dovuto accontentare
del piccolo Stato del Mizoram, il meno significativo e popoloso degli Stati
dove si votava.
Altro fattore che
depone a favore di una affermazione del BJP è l’indiscussa leadership del
candidato premier Narendra Modi, attuale Governatore del Gujarat, uno degli
Stati più ricchi dell’Unione. Per molti aspetti, Modi rappresenta l’”homo
novus” della politica indiana, sia per la storia di successo che ha
contraddistinto i suoi due mandati alla testa del Gujarat (è iniziato da un
anno il suo terzo mandato), sia per lo stile di Governo che lo
contraddistingue, decisionista al limite della spregiudicatezza, praticamente
agli antipodi rispetto alle mediazioni infinite e alle intese “sottobanco” che
caratterizzano la politica indiana.
L’indiscusso
primato di Modi all’interno del BJP contrasta con le indecisioni che regnano
all’interno del Congresso circa la scelta del candidato Primo Ministro. Esclusa
la ricandidatura dell’anziano Premier
uscente Singh, prende piede sempre più la candidatura dell’ennesimo esponente
della famiglia Gandhi, il giovane Rahul, figlio del defunto Rajiv e di Sonia
Gandhi. Rahul però sembra non avere quelle doti di carisma e determinazione che
sono l’elemento caratterizzante di un leader politico, un po’ per carattere, un
po’ forse perchè “scottato” dal passato della propria famiglia, funestato dalle
morti violente di sua nonna Indira Gandhi e di suo padre Rajiv.
La netta affermazione
del BJP alle elezioni locali e la forte popolarità di Modi non devono però far
pensare ad un’affermazione scontata del BJP alle legislative. Il fatto è che in
India è determinante il peso dei partiti regionali, formazioni che si candidano
a volte solo in uno degli Stati dell’Unione, ma che risultano spesso
determinanti nell’attribuzione dei seggi destinati a ciascuno Stato. Anzi, se
vi è una certezza è quella che il partito vincitore dovrà formare un Governo di
coalizione – come quello che oggi esiste – basato sull’appoggio dei partiti
regionali. In questo il Congresso è molto meglio equipaggiato del BJP, sia
perché più aduso alle mediazioni tipiche dei Governi di coalizione, sia perché diversi
dei partiti regionali nascono come vere e proprie “costole” del Congresso.
Ulteriore fattore
di complicazione è costituito dal passato di Modi, in particolare durante il
suo primo mandato da Governatore del Gujarat. In quella occasione, nel 2002, la
comunità musulmana del Gujarat fu oggetto di gravissime violenze, che molti
considerarono in qualche modo tollerate dallo stesso Modi, o comunque
“innescate” dai rigurgiti nazionalisti indù istigati della retorica del “Chief
Minister” (proprio a causa delle sue presunte responsabilità nelle violenze del
2002 è ancor oggi in vigore un “travel ban” degli Stati Uniti nei confronti del
Governatore del Gujarat). E’ possibile che oggi il decisionismo e la
spregiudicatezza di Modi gli rendano difficile venire a compromesso con la
galassia dei partiti regionali, o che gli alienino il voto dei musulmani,
rendendogli difficile e precaria la formazione di un Governo anche in caso di
vittoria elettorale.
Vi è poi un nuovo
ed inatteso elemento che complica lo scenario politico indiano, costituito
dalla prepotente ascesa nelle ultime settimane del Partito Aam Aadmi Party –
AAP (letteralmente in lingua hindi il Partito dell’Uomo Qualunque). L’AAP è stato fondato da meno di un anno, ma
sta raccogliendo consensi crescenti con un programma basato sulla denuncia
della corruzione diffusa nei partiti tradizionali e sulla loro presunta
incapacità ad affrontare la crisi economica. L’AAP è particolarmente forte nei
grandi centri urbani (Delhi, Mumbai, Chennai) e raccoglie consensi nelle classi
medie colpite dall’inflazione ed indignate dai numerosi episodi di corruzione
emersi negli ultimi tempi. E’ stata grande la sorpresa destata dalla vittoria
dell’AAP conseguita alle ultime elezioni locali di novembre nel distretto
federale di Nuova Delhi. Il neo Governatore Kejriwal ha molto colpito l’immaginario
collettivo con gesti come la rinuncia alla scorta ed all’abitazione
“principesca” che spettano al Chief
Minister.
In definitiva, a
tre mesi dalle elezioni lo scenario appare molto incerto, ed ancor di più la
capacità degli equilibri di potere che scaturiranno dalle elezioni – e che
comunque si annunciano precari - di assicurare una guida salda che porti
l’India fuori dalla crisi e dia sostenibilità al “miracolo economico”
dell’ultimo ventennio.
La politica estera
dell’India è la risultante di tendenze per molti versi conflittuali. Da un
lato, infatti, il Paese mantiene ambizioni di svolgere un ruolo rilevante a
livello globale. In questo senso depongono l’aspirazione ad un seggio
permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, così come la sempre maggiore
assertività’ di Nuova Delhi nel quadro dei Paesi emergenti (BRICS). Dall’altro
lato la proiezione esterna dell’India mantiene per molti aspetti una
connotazione fortemente provinciale, limitata come è – almeno a livello di
elaborazione strategica – ai Paesi dell’immediato vicinato ed in particolare ai
due grandi vicini, la Cina ed il Pakistan. Per il resto, la politica estera
dell’India risente fortemente di influenze di politica interna (è il caso ad
esempio delle relazioni con i “piccoli” Paesi confinanti come Sri Lanka e
Bangladesh, dettate dalle esigenze dei partiti regionali degli Stati
dell’Unione adiacenti al confine) ovvero si perde in una serie di input non
sempre coerenti e che spesso mettono in risalto una sproporzione tra fini e
mezzi.
Relazioni con gli
Stati Uniti
Sulla base dello
storico accordo di cooperazione nucleare civile USA-India avviato con grande
enfasi da Singh e Bush nel 2005 e firmato nel 2008, la partnership strategica
con gli Stati Uniti è evoluta come nessun'altra direttrice della politica
estera indiana, culminando nelle recenti visite del Vice Presidente Joe Biden
in India nel luglio 2013, come prima tappa del suo periplo asiatico, e del
Primo Ministro Singh a Washington a fine settembre 2013 (la sua sesta visita
negli USA), in occasione del quale il Presidente Obama ha commentato che "the
partnership between India and US is stronger today than at any point in their
67-year history".
Delhi e Washington
hanno regolari scambi di visite ad alto livello, 33 tavoli settoriali aperti e
un dialogo strategico in materie come sicurezza nazionale, situazione regionale
e non proliferazione. Sul piano commerciale, da registrare i 92,5 miliardi di
dollari di interscambio l'anno (in crescita negli ultimi 5 anni rispetto ai 60
miliardi nel 2009 nonostante la crisi) e i 15 miliardi di investimenti diretti
esteri statunitensi in India. In particolare, la cooperazione nel settore della
difesa continua a rappresentarne un pilastro e Washington e Delhi si sono
ulteriormente impegnate a rafforzare il trasferimento e lo scambio di
tecnologie.
Altro tema al
centro dei colloqui è stata la cooperazione civile nucleare. In particolare è
stata firmata un'intesa commerciale preliminare tra l'americana Westinghhouse
Electric Company e la Nuclear Power Corporation of India sotto gli auspici
della US-India Civil Nuclear initiave, per la realizzazione di una centrale
nucleare nello Stato del Gujarat. Tale intesa rappresenta il primo risultato
concreto dell’accordo del 2008 sul nucleare civile e punta a favorire la
concessione di licenze per l'utilizzo delle tecnologie del reattore nucleare
AP1000 in India.
In tale relazione
strategica sempre più importante e ad ampio spettro, non mancano i punti di
divergenza tra Washington e Delhi (reticenza indiana ad aprire maggiormente il
proprio mercato agli investimenti e ad assumere un ruolo più profilato in
teatri regionali come quello Afghano), uno dei quali investe le norme
statunitensi sulla immigrazione (tema sensibile per i lavoratori indiani) ed è
attualmente al centro di un inasprimento dei rapporti diplomatici fra i due
paesi a causa dell’arresto avvenuto lo scorso dicembre a New York del Vice
Console Generale indiano, Devyani Khobragade, per il trattamento economico
riservato ad una sua dipendente (ben al di sotto del salario minimo
statunitense) e per documentazioni false prodotte per richiedere il visto per
quest'ultima.
In un crescendo di
reazioni ufficiali, il Ministro degli Esteri Khurshid ha affermato che la
vicenda rappresenta un "insulto" all'India e da parte USA è stata
cancellata la programmata visita a Nuova Delhi del Segretario americano
all'Energia, Ernest Moniz. Inoltre Nuova Delhi ha messo in atto una serie di
misure di ritorsione, fra le quali la rimozione di alcune misure di sicurezza
straordinarie da tempo in vigore a protezione dell'incolumità fisica delle
strutture americane (Ambasciate e Consolati) e quella di non ammettere più la
centralizzazione degli acquisiti in esenzione in nome e per conto delle altre
36 Ambasciate che da tempo aderiscono ad una associazione avente sede
all’interno del compound diplomatico a Nuova Delhi.
Negli scorsi
giorni gli Stati Uniti hanno riconosciuto un'immunità diplomatica piena al
Console indiano, consentendole di lasciare il Paese, grazie al fatto che le
Autorità indiane avevano appositamente trasferito la funzionaria dal Consolato
Generale indiano a Nuova York alla Rappresentanza Permanente del Paese presso
le Nazioni Unite, cosi da farle riconoscere un'immunità diplomatica piena.
Per questi motivi,
il tema delle relazioni fra India e Stati Uniti verrà ampiamente trattato negli
Stati Uniti ai massimi livelli, anche in relazione ai potenziali rischi ai
quali il deterioramento delle relazioni bilaterali potrà comportare. Sempre che
i recenti sviluppi sopra citati non portino ad un cambio di rotta indiano e ad
un'archiviazione dell'intera vicenda.
Relazioni con la
Cina
Le relazioni con
Pechino risentono dell’annoso contenzioso confinario che ha per oggetto la
“Line of Actual Control” (LAC) tracciata nel 1962 ed attorno alla quale sono
frequenti episodi di tensione tra guardie di frontiera. Le zone di appartenenza
contese sono situate lungo un tracciato di oltre 2500 Kilometri nella catena
dell’Himalaya e riguardano le regioni dell’Aksai Chin (rivendicato dall’India
come parte dello Stato del Jammu e Kashmir) e dell’Aruchanal Pradesh
(rivendicato dalla Cina come “Tibet meridionale”). Tale ultima regione è uno
dei rifugi tradizionali degli esuli tibetani ed è ambito da Pechino per la sua
funzione di corridoio strategico verso la regione del Golfo del Bengala.
Secondo la valutazione dei geologi, la regione sarebbe anche molto ricca di
depositi di uranio.
A più riprese –
nel 1993, 1996 e 2003 – sono state concluse delle intese bilaterali di
cooperazione transfrontaliera, spesso disapplicate. Nel corso del 2013 una
certa distensione sembra essere stata raggiunta con le visite del Primo
Ministro cinese Li Keqiang a Nuova Delhi nel mese di maggio e successivamente
con quella del premier indiano Singh dal 22 al 24 ottobre. Nel corso di tale
ultima visita è stato firmato un nuovo memorandum
di cooperazione confinaria, che si aggiunge ai precedenti, che prevede che le
due parti impongano ai propri militari di evitare scontri armati e di
“trattarsi con cortesia”, notificando la presenza di pattuglie lungo la linea
di demarcazione ed astenendosi dalle provocazioni in caso di faccia a faccia.
Lo stesso protocollo prevede meccanismi di facilitazione del passaggio di merci
e persone per intensificare i rapporti economico – commerciali fra i due Paesi.
Gli accordi
conclusi a Pechino sono stati presentati con enfasi come la dimostrazione
dell’impegno reciproco di rilanciare i rapporti bilaterali e mettere la sordina
ai problemi frontalieri. In aggiunta ad esso, sono stati definiti i termini del
“gruppo di studio” che dovrà elaborare il progetto di corridoio economico BCIM
(Bangladesh, Cina, India, Myanmar), con un impegno ad accelerare i tempi per la
costruzione del Corridoio economico, che si pone quale prolungamento meridionale
dell’antica via della seta.
Insomma, la visita
di Singh a Pechino, coronata dalla firma di numerosi altri protocolli di
cooperazione in un ampio ventaglio di settori, è sembrata rilanciare i rapporti
bilaterali. Resta da vedere se i risultati da essa raggiunti sapranno reggere
ai momenti di tensione che fisiologicamente si riaffacceranno. D’altra parte,
le linee di tendenza della politica estera dei due Paesi non sembrano essere
fatte per convergere, caratterizzate come sono da aspirazioni egemoniche che
facilmente entrano a conflitto. A riprova di ciò il fatto che, proprio mentre
la visita di Singh aveva luogo, il Ministro degli Esteri indiano Khurshid si
recava in visita ufficiale nelle Filippine, Paese con cui la Cina intrattiene
difficili rapporti per la definizione della frontiera marittima.
Relazioni con il
Pakistan
Anche con il
Pakistan le relazioni sono caratterizzate, se possibile in maniera ancor più
viscerale, da un contenzioso di frontiera che affonda le radici nel periodo
coloniale e che riguarda la regione himalayana del Kashmir. La linea di
controllo (“Line of Control” – LOC),
attorno alla quale operano osservatori delle Nazioni Unite, è oggetto frequente
di scontri e di momenti di tensione. Solo nel 2013 per ben due volte militari
indiani e pakistani sono entrati in conflitto armato. A complicare la
situazione vi è la “porosità” della parte pakistana della frontiera, dove le
autorità di Islamabad non sono sempre in grado di esercitare controlli
efficaci, unite ai problemi endemici di sicurezza del Pakistan. Solo per fare
un esempio, in occasione degli ultimi scontri, verificatisi nel mese di agosto
e a seguito dei quali cinque militari indiani sono rimasti uccisi, il Governo
pakistano ha attribuito la responsabilità a dei gruppi di terroristi
“travestiti” da militari pakistani.
Una finestra di
opportunità per una più effettiva distensione sembra essere fornita dalla
vittoria elettorale in Pakistan da parte di Nawaz Sharif, storico fautore della
pacificazione con l’India. Fu proprio Sharif a favorire nel 1999 la firma della
“Dichiarazione di Lahore”, il primo memorandum di cooperazione politica tra
India e Pakistan in cui i nodi della coesistenza pacifica venivano affrontati
esplicitamente.
Singh e Sharif si
sono incontrati, per appianare le divergenze provocate dagli ultimi scontri di
frontiera, a margine dell’ultima Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il 29
settembre a New York. I due Primi Ministri, secondo quanto filtrato, avrebbero
dato mandato ad alti ufficiali delle rispettive forze armate di studiare un
piano per ripristinare il rispetto del cessate il fuoco, ma senza fissare
alcuna data per l’avvio della cooperazione bilaterale in materia. Singh avrebbe
anche sollevato il tema delle attività terroristiche in territorio pakistano,
chiedendo alla controparte un’azione più efficace per punire i responsabili
degli attacchi a Mumbai del 2008.
Insomma, un
incontro poco più che di cortesia, utile per far calare la tensione dopo gli
scontri di agosto ma apparentemente privo di veri e propri seguiti operativi.
Nello stesso discorso pronunciato da Singh all’Assemblea Generale, se da una
parte l’elezione di Sharif viene salutata come un fattore positivo nel quadro
regionale, si mette fortemente l’accento sulle responsabilità pakistane nell’esercizio
dei controlli di frontiera anche in funzione di lotta al terrorismo e si
ribadisce con forza la sovranità indiana nella regione contesa del Jammu e
Kashmir.
Va poi aggiunto
che un eventuale vittoria elettorale del BJP difficilmente potrebbe essere
vista come un fattore di distensione nelle relazioni bilaterali tra i due
grandi vicini.
Relazioni con la UE e con l’OCSE
Lo sviluppo delle relazioni dell’India con i principali
paesi europei dimostra come Nuova Delhi tenda a privilegiare rapporti bilaterali, soprattutto con i paesi
disposti ad assecondarne le ambizioni globali (riforma del CdS e cooperazione
nucleare civile). Ciò si riflette, ad esempio, nella frequenza e
nell’elevato profilo dei contatti politici con Francia, Gran Bretagna e Germania
nell’ultimo biennio.
L’UE viene tradizionalmente considerata da Nuova Delhi
soprattutto quale un partner economico di primaria importanza, con cui collaborare sui temi
commerciali, consolari e migratori. Il XII Vertice UE-India (Nuova Delhi, 10
febbraio 2012) - in occasione del quale è stato ribadito il reciproco impegno a
rafforzare la cooperazione nel campo della sicurezza (in particolare nella
lotta al terrorismo e alla pirateria), del commercio, dell’energia e
dell’innovazione - aveva tuttavia visto emergere una crescente consapevolezza,
da parte indiana, dell’accresciuto profilo post-Lisbona dell’UE anche sul piano
politico-strategico.
Tuttavia anche a causa degli irrisolti nodi negoziali per un Free Trade
Agreement tra UE ed India (che non accetta di innalzare il limite agli
investimenti stranieri nel settore dei servizi bancari e assicurativi, di
ridurre le barriere tariffarie all'importazione in India di varie categorie
merceologiche tra cui le autovetture, di maggiori aperture nelle gare pubbliche
di appalto a livello statale) nel 2013 il
previsto Vertice non ha avuto luogo, nonostante la riunione preparatoria svolta
a Bruxelles il 30 gennaio 2013 a cui hanno partecipato l’Alto Rappresentante
Catherine Ashton e il Ministro degli Esteri indiano Salman Khurshid.
Durante
quest’ultimo incontro sono stati affrontati i temi del dialogo con l’Iran, nel
campo della non proliferazione nucleare e, sempre in un’ottica regionale,
quello delle relazioni indiane con il Pakistan, l’Afghanistan, la Cina e il Myammar.
Oggetto di
confronto nell’occasione è stato anche il caso dei nostri Marò, che l’AR Ashton ha richiamato per sottolineare l’importanza
che detta vicenda riveste anche per i rapporti UE-India, in particolare in
collegamento al più ampio tema della collaborazione nel contrasto alla
pirateria. Al riguardo l’Italia ha assunto un
atteggiamento di scetticismo, che attualmente induce le stesse Parti
interessate ad una maggiore cautela nella prosecuzione dei contatti negoziali.
In
attesa che prenda forma il nuovo quadro finanziario 2014-2020, l’UE è impegnata
nell’attuazione del piano di Cooperazione
allo Sviluppo 2007-2013, rivolto prioritariamente ai settori
dell’educazione (budget support) e
della sanità (programma da 110 milioni di euro), ed ha avviato due Strategic
Partnership Programs con gli Stati di Chattisgarh e Rajasthan per un ammontare
di 160 milioni di euro (2006-2012).
Considerati
i progressi ottenuti dall’India con riferimento ai MDGs e il fatto che, in
quanto economia emergente, il Paese stia a sua volta trasformandosi in un
donatore, il negoziato sulle prospettive finanziarie della politica di aiuto UE
post-2013 si presenta difficile e comunque orientato ad una cooperazione
settorialmente mirata, incardinata sui principi dell’efficacia degli aiuti,
complementarità con gli interventi degli Stati membri, e coinvolgimento del
settore privato. Da parte indiana, d’altro canto, si è più volte posta enfasi
sull’importanza di una partnership qualificata piuttosto che sui fondi di
cooperazione, attribuendo valore anche nell’ambito dei progetti di cooperazione
all’afflusso di tecnologie, know how e
capacity building.
Per
quanto riguarda invece i rapporti tra India e OCSE, Nuova Delhi si avvale dell’expertise OCSE in materia di education policy e coopera con essa su
temi come innovazione, internet economy e sicurezza delle informazioni. Resta
complessa, invece, la relazione a livello politico. L’India vorrebbe disporre
di uno status diverso da quello che attualmente regola i suoi rapporti con
l’OSCE, volendo stabilire con quest’ultima una relazione su base paritaria (ad
esempio una formula come quella di Paese associato), piuttosto che di
ritrovarsi in una categoria sui generis e dagli incerti confini come quella
dell'enhanced engagement. Secondo il
Segretario Generale dell’OSCE Gurria, i suoi incontri con i circoli industriali
ed i vertici dell'Amministrazione indiana a margine dell' “OECD World Forum”,
tenutosi a Nuova Delhi dal 16 al 19 ottobre 2012, hanno evidenziato una maggiore attenzione ed una più'
articolata domanda di partecipazione da parte indiana.
Andamento congiunturale
L’economia in
India attraversa una fase di rallentamento, esasperato da fattori
globali tra cui specialmente la debolezza della domanda estera, ma attribuibile
soprattutto ai vincoli strutturali domestici: insufficiente dotazione
infrastrutturale, limitata disponibilità di risorse energetiche, elevato indebitamento finanziario/costo di
finanziamento del fare business, ostacoli burocratici e incertezze di governance.
Secondo i dati
della Banca Mondiale nel 2012 il PIL è
cresciuto del 3,2% (6% nel 2011, 11% nel 2010) e nel 2013 la crescita è stimata
al 4,8%, con previsione di incremento al 6,2% nel 2014. Tale ritmo di crescita,
per quanto elevato, non è sufficiente per assorbire le tensioni demografiche e
sociali del paese e ciò dovrebbe indurre i ceti dirigenti indiani ad affrontare
con maggiore decisione che in passato i nodi strutturali dello sviluppo del
Paese.
Nonostante l’aumento della
spesa pubblica per consumi, rallentano i consumi privati e gli investimenti, la fiducia espressa da
consumatori e imprese è su livelli bassi, tarda ancora a palesarsi l’effetto
positivo dell’allentamento del tetto sugli investimenti diretti esteri che
insiste su numerosi settori economici.
Nel campo delle finanze pubbliche gli insufficienti progressi nel
contenimento della spesa governativa e i flussi di entrate inferiori alle
previsioni (a motivo soprattutto della debolezza congiunturale) hanno dato
luogo all’accumulazione di deficit fiscale.
Un ulteriore fattore di freno alla crescita del PIL è dato dalle manovre
anti-inflazionistiche. Con l’obiettivo di contrastare gli aumenti dei prezzi
(specialmente di prodotti alimentari e carburanti, come conseguenza del
deprezzamento della Rupia oltre che della dinamica internazionale delle
commodity), le recenti manovre di politica monetaria hanno segnato una svolta
rispetto al ciclo economico
passato - basato su tassi d’interesse relativamente bassi e strozzature dal
lato dell’offerta – e secondo diversi commentatori avranno verosimilmente un effetto depressivo
della crescita. Inoltre, poiché la
ricostruzione di una credibilità antinflazionistica richiederà tempo, sono
prevedibili ulteriori incrementi dei tassi in futuro.
Tra gli elementi di conforto, vi è la graduale remissione dei rischi
provenienti dal settore estero, grazie al recupero del cambio nominale della
Rupia nei confronti dello US $ dopo il crollo dello scorso settembre e alla
riduzione del deficit corrente (ripresa delle esportazioni e flessione delle
importazioni), entrambi ascrivibili in primis al deprezzamento della valuta e
in secondo luogo all’adozione di misure amministrative di scoraggiamento
dell’import.
I disavanzi commerciali e di bilancio (“twin deficit”) rimangono consistenti,
rispettivamente attorno al 3,5% (era al 5% nel 2012) e 8,5% del PIL, anche se
nel complesso, alle
rilevazioni dello scorso settembre il disavanzo commerciale era di circa il 40%
inferiore a quello fatto registrare nel corrispondente periodo dello scorso
anno. Tale riduzione è
da ascrivere ad una crescita delle esportazioni del 5,94% in US$ (soprattutto
tessile, pellame e chimica) nel periodo aprile-dicembre 2013 rispetto allo
stesso periodo 2012 e ad una contrazione delle importazioni del 6,55%
(particolarmente l’import di oro).
In questo contesto
macroeconomico, caratterizzato da molte incertezze ma anche da una ritrovata
normalizzazione della politica monetaria, secondo la banca centrale indiana la
crescita potrà essere rilanciata soltanto da aggiustamenti strutturali che
aumentino la produttività dei fattori (la banca centrale esprime un moderato ottimismo circa
l’efficacia delle numerose iniziative di riforma adottate da Nuova Delhi nei
mesi scorsi, riflessa in tutta una serie di indicatori anticipatori del settore
agricolo, dei servizi, industriale, estero), riducendo la spesa corrente e
ri-orientandola verso nuove iniziative di investimento, in modo da realizzare
un effetto di traino nei confronti del settore privato (cd. “crowding in”) e generando effetti
positivi sia nei rapporti commerciali con l’estero, sia nell’attrazione dei
flussi di capitale.
PRINCIPALI
INDICATORI MACROECONOMICI
|
2010/2011 |
2011/2012 |
2012/2013 (s) |
2013/14 (p) |
2014/2015 (p) |
PIL (variazione % reale) |
10,5 |
6,4 |
3,2 |
6,3 |
7,0 |
Inflazione media annua (%) |
12,0 |
9,7 |
9,8 |
9,4 |
7,2 |
Tasso disoccupazione (%) |
9,8 |
9,9 |
9,9 |
|
|
Saldo Bilancio Pubblico / PIL (%) |
-4,8 |
-5,7 |
-5,3 |
-5,0 |
-4,5 |
Bilancia dei pagamenti |
|
|
|
|
|
- Esportazioni ( $mld) |
226 |
307,2 |
298,4 |
343,5 |
407,1 |
- Importazioni ($ mld) |
-358 |
-475,3 |
-500,4 |
-564,4 |
-643,9 |
- Saldo transazioni correnti/PIL (%) |
-3,1 |
-3,3 |
-4,9 |
-3,9 |
-3,2 |
Debito estero totale ($ mld) |
290,4 |
334,3 |
337,3 |
320,3 |
342,6 |
Debito estero totale/PIL (%) |
17,1 |
17,8 |
17,8 |
14,5 |
13,2 |
Riserve valutarie lorde ($ mld) |
297,7 |
297,9 |
297,8 |
301,7 |
301,8 |
Riserve valutarie lorde (mesi import.) |
8,1 |
6,5 |
6,2 |
5,6 |
4,9 |
(s) stime (p) previsioni Fonte: EIU giugno 2013 |
Investimenti diretti
esteri (IDE)
L’afflusso
di IDE
nel primo semestre 2013 è stato di 745 mld US$ (+4% rispetto al primo semestre
2012) ma fatica a compensare il disavanzo della bilancia delle partite
correnti, con conseguente erosione delle riserve monetarie indiane e un impatto
negativo sulla rupia, che nel corso del 2013 ha subito un significativo
deprezzamento.
Mentre
gli IDE da fusioni e acquisizioni sono cresciuti del 65,7% nel primo semestre
2013 (1,8 mld US$ rispetto a 1,1 mld del primo semestre 2012), gli IDE in nuovi
progetti sono diminuiti del 48,7% (8,8 mld US$ rispetto a 17,2 mld del primo
semestre 2012).
L’India è un Paese relativamente
aperto ai capitali stranieri, che possono accedere alla maggioranza dei
settori, seppur con limitazioni quantitative e approvazione
governativa. Le principali eccezioni alla libertà di accesso al mercato
continuano ad essere rappresentate dalle attività riservate al settore
pubblico. Tra i settori ancora oggetto di limitazioni agli investimenti
stranieri, che non possono superare il 26%, figura il settore dei servizi
finanziari ed assicurativi. Sono allo studio ulteriori misure di attenuazione
di tali vincoli. Pur formalmente aperti agli investimenti diretti stranieri,
circa 35 settori sono inoltre riservati alla micro-impresa, con un limite
massimo di capitale straniero del 24% senza approvazione governativa.
Nel 2012 il Governo di Delhi ha
compiuto un duplice passo verso l’apertura, da un lato predisponendo una
riforma del mercato dei capitali finalizzata a consentire a “qualificati
investitori stranieri” (individui, gruppi o associazioni residenti in Paesi
stranieri che rispondono a determinati requisiti e parametri internazionali) di
investire direttamente in azioni quotate nella borsa indiana. La nuova
regolamentazione - che fissa rispettivamente al 5% e al 10% del capitale
societario i limiti per gli investimenti stranieri individuali e cumulativi - è
diventata operativa dal gennaio 2012, dopo che la Reserve Bank of India (RBI) ed il Securities and Exchanges Board of India (SEBI) hanno emesso le
necessarie circolari applicative. La misura punta ad attrarre capitali
stranieri ed aumentare la capacità del Paese di finanziare il proprio deficit
delle partite correnti, attestatosi intorno al 3% ed aggravato da un
rallentamento delle esportazioni indiane.
D’altro lato, il Ministero del
Commercio e Industria ha formalmente notificato la decisione adottata
dall'Esecutivo lo scorso novembre di ammettere investimenti esteri nel settore
della distribuzione monomarca fino al 100% della proprietà, rendendola
immediatamente operativa (venendo così incontro alle esigenze di colossi quali
Ikea ma anche agli interessi dei marchi del lusso italiani.)
Sul
piano politico, va inoltre rilevato che l’attuale Governo punta a coinvolgere
sempre più il settore privato nella grande opera di modernizzazione delle
infrastrutture, secondo la formula Private-Public
Partnership (PPP) e con operazioni BOT (build
operate transfer), concessioni in gestione ed altre formule analoghe. Una
significativa porzione di tali progetti dovrebbe essere allocata ad imprese
estere.
Negli anni passati si è assistito ad un costante incremento degli investimenti diretti dall’estero (a parte una battuta
d’arresto registrata nel 2010), dovuto alle prospettive di crescita del Paese
ed al processo di liberalizzazione dell’economia. Secondo fonti indiane (con
dati quasi sempre dissimili da quelli forniti da EUROSTAT) il dato cumulato
gennaio 2000 - dicembre 2011 segnala tra i maggiori investitori stranieri in
India le Mauritius (quota cumulata del 39,5%), Singapore (10%), Giappone (7,6%)
e Stati Uniti (6,6%), seguiti, tra i Paesi europei, da Regno Unito, Paesi
Bassi, Cipro, Germania e Francia.
L'Italia, con una quota
cumulata dello 0,73% sul totale IDE, si posiziona 12ma e 5a tra i Paesi UE.
Pur se è vero che la provenienza statistica dell'investimento non
sempre coincide con la provenienza effettiva dello stesso (così' si spiegano i
valori "gonfiati" di Cipro o Mauritius), i dati evidenziati mettono
in luce l'ampiezza del potenziale non sfruttato da parte delle nostre imprese.
Nell'ultimo decennio gli IDE italiani cumulati sono stati di poco più di un
miliardo di dollari, contro gli oltre 9 miliardi britannici, i quasi 4 miliardi
e mezzo tedeschi e i quasi 3 miliardi francesi.
Gli
investimenti indiani nell’ambito dell’Unione Europea sono più ridotti di
quelli europei in India e piuttosto diversificati. Essi sono tuttavia in
continua crescita, dato l’attivismo e la liquidità delle multinazionali
indiane. Tra i paesi UE, il maggior numero di investimenti indiani si indirizza
verso Regno Unito, Paesi Bassi, Germania, Francia. Nel 2012, secondo dati EUROSTAT, gli IDE
indiani nel mondo sono stati pari a 9,3 miliardi di dollari (in flessione
rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente), diretti prevalentemente
verso Singapore, Mauritius e USA.
INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI INDIA - MONDO |
||||||||
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
2012 |
IDE netti dal mondo in
India (mil.di USD) |
|
20.328 |
25.506 |
43.406 |
35.596 |
24.159 |
31.554 |
28.000 |
IDE netti dell’India nel mondo (mil di USD) |
|
14.285 |
19.594 |
19.257 |
15.927 |
13.151 |
14.752 |
9.300 |
Fonte: EUROSTAT |
Il
sistema bancario è
molto protetto e vede la prevalenza di banche di proprietà pubblica. E’
composto da circa 80 banche commerciali, 200 banche rurali regionali e 350
cooperative rurali. Tra le banche commerciali prevalgono le banche pubbliche,
che sono 27 e detengono rispettivamente il 73% dei prestiti e il 78% dei
depositi. La State Bank of India è la principale banca pubblica. Le due
banche principali del settore privato invece, sono l’ICICI Bank e HDFC
Bank.
L’entrata
delle banche straniere nel sistema indiano è altamente regolata ed esistono
numerose limitazioni. Ciò nonostante le banche straniere hanno raddoppiato,
negli ultimi anni, le proprie attività totali, mentre il credito al consumo è
cresciuto del 40% all’anno. Le banche rurali, create nel 1976 per aiutare lo
sviluppo del settore agricolo, ricevono sovvenzioni dallo Stato e controllano
circa il 3,5% del totale delle attività.
Per quanto riguarda gli accordi commerciali firmati dall’India,
merita segnalare l’accordo di libero scambio con la Corea del Sud (agosto
2009), denominato CEPA (Comprehensive Economic Partnership Agreement). In data
1 agosto 2011 è entrato in vigore il CEPA tra Giappone ed India. Inoltre, sono
stati firmati degli accordi preferenziali tra MERCOSUR-SACU (South African
Customs Union) e India. L'accordo promuove la creazione di un'area di libero
scambio, grazie all'eliminazione, nell'arco di 10 anni, del 94% delle tariffe
attualmente esistenti tra i due paesi ( il 97% da parte giapponese ed il 90% da
parte indiana). Con l’Australia e la Nuova Zelanda, sono in fase di negoziato
Accordi bilaterali di libero scambio. E’ in negoziato, come ricordato sopra,
l’accordo di libero scambio con l’UE.
Relazioni politiche
Il 15 febbraio 2012 un incidente in
alto mare al largo delle coste indiane dello stato del Kerala ha coinvolto la
nave battente bandiera italiana “Enrica Lexie” portando all’arresto e successiva
detenzione di due Fucilieri della Marina italiana, Salvatore Girone e
Massimiliano Latorre, accusati di aver ucciso due pescatori indiani scambiati
per pirati. L’incidente ha inevitabilmente provocato un raffreddamento del
rapporto bilaterale, che ha di fatto congelato l’ampio calendario di iniziative
programmate e potenziali. A fine febbraio 2012 l’allora Ministro degli Esteri
Terzi si è recato in India per una missione
finalizzata allo sviluppo del Partenariato strategico Italia-India, già in
calendario, che si è tuttavia concentrata prevalentemente sulla discussione del
caso Enrica Lexie, che è stato al centro anche della successiva missione in
India del Ministro della Difesa, Amm. Giampaolo Di Paola, a fine marzo
2012. Queste sono state anche le ultime
visite istituzionali di esponenti di Governo italiani in India. L’avvitarsi del
caso dei Fucilieri non consente ad oggi di parlare di normalizzazione delle
relazioni politiche bilaterali.
L’obiettivo italiano di ottenere nei
tempi più rapidi possibili una soluzione del caso dei Fucilieri di Marina nel
rispetto del diritto internazionale consuetudinario e pattizio è valido anche
nell’intento di poter rilanciare quanto prima il rapporto bilaterale, sostenendo le crescenti opportunità
di affari ed investimento per le nostre aziende offerte dallo sviluppo del
Paese.
Al
momento si attende che gli inquirenti indiani formulino il capo di accusa nei
confronti di Latorre e Girone. L’Italia
ha presentato lo scorso 13 gennaio una petizione alla Corte Suprema indiana con
un triplice obiettivo: 1) lamentare gli ingiustificabili ritardi accumulati
dal Governo indiano nella conduzione dell’inchiesta, che fanno si che ancora
oggi – a due anni dall’incidente della Enrica Lexie - i Fucilieri sono
trattenuti in India senza un formale capo di accusa a loro carico; 2)
contestare il ventilato ricorso alla legislazione antiterrorismo da parte degli
inquirenti indiani come base per la formulazione del capo di accusa; 3)
chiedere che, nelle more della definizione dei tempi processuali i due
Fucilieri possano rientrare temporaneamente in Patria.
Relazioni
economiche, finanziarie e commerciali
La
complementarietà tra le economie italiana e indiana è tangibile soprattutto in
settori quali le infrastrutture, l’agroalimentare, le alte tecnologie, il
turismo, nonché la cooperazione tra le rispettive PMI, centri di ricerca ed
università.
Al
fine di approfondire le potenzialità esistenti, è stato a suo tempo attuato un
ambizioso programma di missioni ed incontri bilaterali, con una forte
componente imprenditoriale. Tra queste si ricorda la Missione di Sistema
(novembre 2011), cui hanno partecipato oltre 100 nostre aziende e che si è
incentrata sui settori: automotive, infrastrutture, macchinari e macchine utensili (40%
dell’export italiano in India) e difesa.
A metà
2012, su richiesta indiana, motivata da difficoltà legate all’organizzazione
dell’evento, la prevista riunione della Commissione Economica Mista è stata
rimandata a data da definirsi. Nonostante questo si è svolta regolarmente, nel
luglio 2012, la tavola rotonda Italia-India sul Design, ospitata dalla
Farnesina.
Cooperazione
nel settore della Difesa: l’India è il principale Paese
importatore di equipaggiamenti per la difesa al mondo e, secondo alcune stime,
dovrebbe affrontare nei prossimi 10 anni una spesa di 100 miliardi di USD per
la modernizzazione e l’ “indigenizzazione” del proprio strumento militare. Nel
2009 è entrato in vigore il Memorandum
sulla Cooperazione nel campo della Difesa, firmato nel 2003, che assicura
un’adeguata cornice giuridico-istituzionale allo sviluppo dei programmi di
cooperazione industriale tra Italia e India, nonché all’intensificazione di
contatti tra le rispettive Forze Armate. In tale settore, la presenza italiana
nel Paese vede in prima fila Finmeccanica, oltre a Elettronica, Beretta,
Fincantieri ed Avio.
Tuttavia
più di recente (aprile 2013), all’indomani dell’esplosione del caso
AgustaWestland, l’Esecutivo ha licenziato una versione emendata della Defence Procurement Procedure (DPP), la
normativa procedurale che disciplina il funzionamento del sistema indiano di
acquisizione di forniture militari, potenziando i meccanismi preferenziali in
essa contenuti a favore delle produzioni “indigene”. In virtù di tale ordine di
priorità, i responsabili delle decisioni di spesa di questo Governo in materia
di difesa saranno tenuti a considerare le forniture dall'estero come una
estrema ratio, destinate ad avere un ruolo residuale e ad essere eseguite solo
in caso di dimostrata impossibilità di soddisfare le specifiche esigenze di
sicurezza del Paese con prodotti “made in
India”.
Interscambio e investimenti diretti
I rapporti commerciali bilaterali avevano
mostrato, nel corso del 2012, le prime avvisaglie di un certo rallentamento.
Negli ultimi 20 anni, dal 1991 al 2011 l’interscambio commerciale Italia-India
era cresciuto di 12 volte, raggiungendo gli 8,5 miliardi di euro. Tuttavia, nel
2012 - complice la crisi dell'Eurozona, il forte deprezzamento della rupia ed
il rallentamento della crescita dell'economia indiana -l’interscambio è passato
a 7,1 miliardi di euro con un calo pari al 16,6 %.
Elementi di
politica interna e criticità del quadro macroeconomico (in primis l’elevata
inflazione) indiano si sono riflessi nel corso del 2013 anche nel rapporto
bilaterale con l'Italia, fortemente condizionato anche dal perdurare della
questione Enrica Lexie, cui si è aggiunta la delicata vicenda che ha coinvolto
la sussidiaria di Finmeccanica AgustaWestland.
Entrambe le
vicende hanno negativamente impattato
sulla capacità delle istituzioni italiane di accompagnare
l'internazionalizzazione delle nostre aziende in India, interrompendo di fatto
quel "momentum" che nel 2011 aveva portato a parlare di "anno
dell'India" (con 3 missioni di Confindustria nel Subcontinente, una
missione di Sistema e 4 incontri Ministeriali). Imputare esclusivamente a ciò
le cause della contrazione dell'interscambio con l'India (-16,6% nel 2012;
-3,9% nei primi dieci mesi del 2013) sarebbe tuttavia superficiale, poichè si
trascurerebbero altri fattori determinanti, tra cui la difficile congiuntura
economica indiana. Una nota positiva deriva dal fatto che le aziende italiane
stanno dimostrando di avere la lungimiranza di guardare oltre tale congiuntura,
ragionando piuttosto in un'ottica di medio-lungo termine.
Secondo fonte
ISTAT l'afflusso di IDE italiani nel Subcontinente nel 2012 è stato di oltre 1
miliardo di Euro (+59% rispetto al 2011); nel corso del 2013 si è assistito ad
espansioni produttive da parte di importanti players italiani quali Carraro,
Danieli, Case New Holland, Magneti Marelli ed al contempo emerge come molte
abbiano ulteriori piani di investimento per gli anni a venire, al fine di
cogliere le opportunità offerte nel medio-lungo periodo dall'immenso mercato
indiano.
Per
quanto riguarda il dettaglio settoriale, le nostre esportazioni continuano ad
essere dominate dai macchinari; metalli e prodotti in metallo si confermano la
seconda voce di esportazione seguiti da sostanze e prodotti chimici.
Significativa la contrazione nelle esportazioni di mezzi di trasporto (-48,6%),
che riflette il calo della domanda indiana dovuto all'elevato costo del credito
ed alti tassi di interesse. Positivo invece l'andamento delle esportazioni di
prodotti agricoli ed alimentari
Dal
lato delle importazioni, l'export indiano in Italia è costituito da prodotti
derivanti dalla raffinazione del petrolio, prodotti chimici, materie plastiche,
gomma sintetica e abbigliamento (inclusi accessori), che nel 2012 hanno
registrato una contrazione in linea con quella generale (-21,5%).
Nel 2012 l’interscambio Italia-India ha
rappresentato lo 0,9% dell’interscambio totale dell’Italia con il mondo.
INTERSCAMBIO
ITALIA-INDIA (dati ISTAT- milioni di Euro)
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
2012 |
Interscambio |
6.383 |
6.519 |
5.640 |
7.210 |
8.515 |
7.100 |
Variazione
% |
24,1 |
2,1 |
-13,5 |
27,8 |
18,1 |
-16,6 |
Esportazioni |
2.995 |
3.090 |
2.735 |
3.387 |
3.736 |
3.349 |
Variazione
% |
38,3 |
3,2 |
-11,5 |
23,8 |
10,3 |
-10,3 |
Importazioni |
3.388 |
3.429 |
2.904 |
3.823 |
4.780 |
3.751 |
Variazione
% |
13,9 |
1,2 |
-15,3 |
31,6 |
25,0 |
-21,5 |
Saldo |
-393 |
-340 |
-169 |
-437 |
-1.044 |
-402 |
INTERSCAMBIO
COMMERCIALE ITALIA/INDIA (ISTAT - milioni di euro) |
||
|
Gennaio-Ottobre 2012 |
Gennaio-Ottobre 2013 |
Interscambio
|
6.019 |
5.783 |
Variazione % rispetto all’anno precedente
|
----- |
-3,9 |
Esportazioni italiane |
2.774 |
2.431 |
Variazione
% rispetto all’anno precedente |
------ |
-12,3 |
Importazioni italiane |
3.245 |
3.352 |
Variazione % rispetto all’anno
precedente |
------- |
3,3 |
Saldo |
566 |
-449 |
INTERSCAMBIO ITALIA‑INDIA 2012 (dati ISTAT) |
|||
IMPORTAZIONI ITALIANE |
% su
tot. |
ESPORTAZIONI
ITALIANE |
% su tot. |
1. Prodotti
derivanti dalla raffinazione del petrolio |
10,7% |
1. Macchinari impiego speciale |
16,0% |
2. Prodotti chimici, mat. Plastiche,
gomma sintetica |
9,7% |
2. Macchine per impiego generale |
11,7% |
3. Abbigliamento |
9,3% |
3. Macchinari vari |
9,0% |
Presenza
italiana in India
Si può
stimare un numero totale di oltre 400 entità
legali e stabilimenti italiani in India, presenti in diverse forme,
raggruppabili in tre categorie principali: sussidiarie possedute al 100% dalla
casa madre italiana, Joint Ventures (soluzione preferita dalle PMI) o uffici
commerciali di rappresentanza.
Le realtà
aziendali italiane in India danno lavoro
ad oltre 44.000 persone, prevalentemente indiane, e sono principalmente
concentrate nei due maggiori poli industriali del Paese: la Capital Belt di Delhi-Gurgaon-Noida e l’area di Mumbai-Pune (entrambe ben oltre le 100
presenze). Il terzo e quarto polo di concentrazione fanno riferimento
rispettivamente alla città di Chennai
in Tamil Nadu e alla città di Bangalore
in Karnataka (entrambe sotto le 50 presenze). Di rilievo minore la città di
Calcutta e dintorni (appena una dozzina di imprese italiane, ma si segnala il
recente nuovo investimento della società chimica Endura).
In
prospettiva stanno tuttavia emergendo nuove destinazioni strategiche, tra le
quali in particolare lo Stato del Gujarat e quello del Rajasthan, ove
cominciano a registrarsi i primi stabilimenti italiani. Fiat e Piaggio sono
state le prime società italiane ad entrare nel mercato indiano, rispettivamente
negli anni 50 e 60.
La prima vera ondata di investimenti italiani
si è tuttavia avuta solo negli anni Novanta, come diretta conseguenza della
stagione di liberalizzazioni economiche attuata dall’allora Governo
indiano. Da allora le imprese italiane
hanno continuato a guardare con estremo interesse al mercato indiano, anche se
la loro presenza rimane ancora al di sotto delle potenzialità. Il settore dell’automotive (compresa la
componentistica) rappresenta dunque uno dei segmenti con maggiore presenza di
imprese italiane in India.
Tutti i
nostri principali players nazionali
sono presenti (es. Fiat, Piaggio, Magneti Marelli, Brembo, Oerlikon-Graziano
con stabilimenti produttivi mentre Pirelli ha solo un ufficio commerciale), ma
anche l’indotto italiano del settore, composto principalmente da PMI, ha
trovato buone opportunità di inserimento su questo mercato. Simile il discorso
per il segmento dei macchinari agricoli,
dove si rilevano le significative presenze di Carraro, New Holland, Maschio
Gaspardo e altre di minori dimensioni.
Tra gli
altri settori di importante presenza italiana si segnalano quello dell’ingegneria, custruzioni ed infrastrutture
(es. Salini-Impregilo, CMC di Ravenna, Maccaferri, Italcementi Saipem, Maire
Tecnimont, Techint, Tecnip, Mapei, ecc. mentre forte è l’interesse manifestato
per l’India anche dal Gruppo Ferrovie dello Stato), dei prodotti alimentari (Bauli, Ferrero, Lavazza,
Perfetti Van Melle, ecc), dell’energia
comprese le fonti rinnovabili (es. ENI, Ansaldo Energia, Solesa, Nidec Ansaldo
Sistemi Industriali, Ravano Green Power, Leitner, ecc), della meccanica e impianti/componentistica
industriale in senso ampio (es. Bonfiglioli, Danieli, Magaldi, Boldrocchi,
Ansaldo Caldaie, ecc), del tessile (Gruppo Coin, Benetton,
Tessitura Monti, Savio e diverse PMI che fanno “sourcing” e controllo qualità
per grandi case di moda), del design d’interni e segmento lusso (Artemide, Poltrona Frau, Natuzzi, Damiani,
Ermenegildo Zegna, Armani e numerosi marchi della moda italiana, se pure
presenti con un numero di punti vendita ancora limitato ecc).
Tra gli
altri players italiani di rilievo si
segnalano Prysmian e ST Microelectronics nel segmento ITC e Artsana/Chicco e
Luxottica in quello dei consumer goods. Essendo l’India il primo importatore
mondiale di armamenti militari sono particolarmente attente a questo mercato le
aziende del settore difesa, dal
gruppo Finmeccanica, a Beretta, da Elettronica a Fincantieri. Quanto al segmento finanziario, oltre al Gruppo Assicurazioni Generali, sono
presenti in India, principalmente nel polo finanziario di Mumbai, una dozzina
di banche italiane, unicamente con uffici di rappresentanza (solo BNL- BNP
Paribas ha anche filiali commerciali).
Nonostante la difficile congiuntura internazionale ed il rallentamento della
crescita in India dell’ultimo biennio, nel corso del 2013 si è assistito ad
espansioni produttive da parte di importanti players italiani quali Carraro,
Danieli, Case New Holland, Magneti Marelli; al contempo, dai costanti contatti
della nostra Ambasciata con le aziende italiane colà stabilite, emerge come
molte abbiano ulteriori piani di
investimento per gli anni a venire, al fine di cogliere le opportunità
offerte nel medio-lungo periodo dall'immenso mercato indiano.
Sul fronte delle principali difficoltà
affrontate dalle aziende italiane, l’ostacolo principale è rappresentato dalle carenze infrastrutturali e dalla lentezza e
farraginosità delle procedure burocratiche (ottenimento di permessi e
licenze, difficoltà nell’acquisizione di terreni, scarsa certezza giuridica e
trasparenza della normativa). Il mercato indiano continua tuttavia ad essere
percepito come altamente promettente: tra i fattori di attrazione vi sono la
disponibilità di una forza lavoro a basso costo, ma tendenzialmente qualificata
e ben preparata, l’ampiezza di un mercato di 1,2 miliardi di persone unita al
dinamismo di una classe media di potenziali consumatori in continua crescita
(già stimata in oltre 200 milioni di persone), l’eccellenza di alcuni segmenti
del terziario (ad es. nel settore IT), le basse tensioni sociali nella forza
lavoro.
Caso AgustaWestland
È
recentissima la cancellazione da parte indiana del contratto da 556 milioni di
Euro con AgustaWestland per la fornitura al Ministero della Difesa indiano
di 12 elicotteri VVIP AW-101.
Come noto, Agusta-Westland si
era aggiudicata nel febbraio 2010 una gara del Governo indiano per
l’acquisizione di 12 elicotteri da trasporto passeggeri
da destinare alle esigenze delle alte
cariche del paese. Il valore della commessa era di 560 milioni di
Euro. L’azienda incassò al tempo un acconto pari al 30% della commessa contro
la consegna dei primi tre elicotteri. All’indomani delle note vicende
giudiziarie del Gruppo, il Governo indiano dichiarò di ritenere fondate le accuse rivolte
all’azienda minacciando la cancellazione del contratto.
Da
allora, tale vicenda ha assunto sviluppi procedurali e legali confusi e
contrastanti, andando spesso a sovrapporsi con la questione dei nostri due
Fucilieri di Marina, sino all’epilogo del 2 gennaio u.s. che ha visto, per
l’appunto, la cancellazione del contratto. Ad oggi, le parti in causa, di
comune accordo, hanno rimesso ad un arbitrato internazionale la risoluzione del
contenzioso.
Relazioni culturali, scientifiche e
tecnologiche
Le relazioni culturali sono regolate dall'Accordo Culturale
del 2004 e i successivi protocolli esecutivi. E’ in corso il negoziato
per il rinnovo del protocollo esecutivo triennale 2012-2014. Come tutti gli
accordi, anche questo contiene la clausola del “limite delle risorse
disponibili” (sarà la legge di ratifica ad assegnare eventualmente le risorse
necessarie).
La
cooperazione scientifica e tecnologica italo-indiana è regolata dall’Accordo firmato nel
luglio 2003. Così come la cooperazione culturale, anche quella scientifica e
tecnologica si articola in Programmi esecutivi pluriennali finalizzati in
ambito Commissione Mista bilaterale. Il 19 gennaio 2012 è stato firmato a Nuova
Delhi il Programma Esecutivo per il 2012 -2014 che include il 6 progetti di
ricerca congiunti di particolare rilevanza e lo scambio di 12 ricercatori.
Cooperazione in materia ambientale
L’India
è Parte firmataria della Convenzione delle Nazioni Unite sui Cambiamenti
Climatici ed ha aderito al Protocollo di Kyoto. Nel dicembre 2005, il Ministero dell’Ambiente italiano e quello
indiano hanno firmato un MoU per la cooperazione nell’area dei cambiamenti
climatici e per l’attuazione congiunta di progetti nell’ambito del “Clean
Development Mechanism” del Protocollo di Kyoto, creando così la cornice
istituzionale entro cui attuare progetti ed iniziative comuni.
Nel febbraio 2007 è stato firmato un Memorandum d’Intesa tra il Ministero
dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) ed il Ministero delle Energie Rinnovabili (MNRE)
del Governo indiano. Il Memorandum d’Intesa ha istituito un gruppo di lavoro
congiunto per discutere sulle attività di cooperazione indo-italiane nel
settore delle energie rinnovabili.
Cooperazione allo Sviluppo
Le
attività della Cooperazione Italiana allo sviluppo in India hanno subito una
graduale diminuzione negli ultimi anni,
all'indomani della chiusura dell'UTL di Nuova Delhi e, contestualmente, alla
riorganizzazione dell'azione della Cooperazione Italiana, nel cui ambito
l'India non figura più come paese prioritario di intervento.
E’
attualmente in sospeso un solo progetto a credito d'aiuto del valore di
25.822.844,96 Euro (somma depositata presso Artigiancassa) per il miglioramento
dell'approvvigionamento idrico e risanamento in 16 municipalità del Bengala
Occidentale. Dopo gli studi preliminari effettuati dal Consorzio italiano
Hydea, che si è aggiudicato la componente in affidamento per la progettazione
ed espletamento delle gare di appalto, il progetto è di fatto entrato in una
fase di stallo, a causa delle divergenze tra le autorità locali ed il consorzio
italiano in merito ai costi, estensione del progetto e programma delle
attività. Al momento, anche la vicenda che coinvolge i nostri Fucilieri di
Marina, contribuisce allo stallo del suddetto progetto.
Partecipazione India a EXPO 2015
La
partecipazione indiana a Expo presenta uno stallo operativo ormai prolungatosi
da oltre un anno. Malgrado la tempestiva e positiva reazione in merito
all’adesione ad Expo, comunicata nel febbraio 2011, la Autorità di Nuova Delhi
hanno di fatto interrotto ogni contatto propedeutico alla partecipazione:
l’ultimo incontro tecnico risale al dicembre 2012. Sebbene la Società
organizzatrice e la nostra Ambasciata abbiano esercitato ogni possibile
pressione, non è stato finora possibile riaprire alcun canale di comunicazione,
anche a livello tecnico, confermando l’impressione che non sia ancora maturo il
necessario avallo politico per poter procedere alla negoziazione del contratto
di partecipazione.
La
prospettiva è resa ancor più complessa dal previsto svolgimento delle elezioni
politiche nel corso dei prossimi mesi. Stante la tempistica necessaria per
la predisposizione delle procedure per la realizzazione dei Padiglioni
individuali, è a questo punto reale il rischio che il Paese non partecipi
all’Esposizione. In assenza di sviluppi, la Società sta concretamente valutando
la possibilità di riassegnare ad altro Paese l’ampio lotto di terreno destinato
all’India (nei propositi originari, addirittura superiore a 4.100 mq,
successivamente ridotto a circa 3.000).
Le
rispettive comunità
La
comunità italiana in India ammonta a
1103 residenti registrati all’AIRE. La comunità è composta prevalentemente da
rappresentanti o tecnici di aziende, qui residenti con famiglie al seguito,
operai specializzati che operano in cantieri, e religiosi, non genera
problematiche di rilievo. Numerosi sono i casi di connazionali che rimangono
privi di documenti e di mezzi di sostentamento, o con problemi dovuti al
consumo di sostanze stupefacenti.
La comunità indiana in Italia ammonta a
circa 120.000
residenti (di cui circa 20.000 irregolari). Si tratta del settimo gruppo di
popolazione straniera residente in Italia e della prima comunità indiana
dell’area Schengen per volume complessivo; la comunità proviene soprattutto dal
Punjab (per oltre l’80%) ed è prevalentemente occupata nell’agro-industria,
specie nel Centro-Nord (Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Lazio).
La comunità Sikh in Italia ed alcuni viaggiatori di confessione
Sikh hanno lamentato le procedure di controllo alle frontiere aeroportuali
italiane, definendole discriminatorie (alcuni cittadini Sikh sarebbero stati
sottoposti a controlli ancora prima di passare sotto il metal detector o
comunque anche quando il metal detector non suonava al loro passaggio) ed
offensive per il loro credo religioso (in quanto – in rari casi – sarebbe stato
chiesto di togliere il turbante in pubblico). La questione ha anche fatto
oggetto di scambi di lettere tra i due
Ministri degli Esteri sia nel corso del 2011 che all’inizio del 2012. Il
Ministero dell’Interno italiano è stato positivamente sensibilizzato in
proposito. Sono state emanate direttive per sensibilizzare gli addetti ai
controlli aeroportuali. Poiché l’inasprimento generalizzato dei controlli
aeroportuali era anche la conseguenza della nuova normativa europea del 2010,
l’Italia è intervenuta in ambito UE
affinché tutti gli aeroporti della UE fossero sensibilizzati al riguardo. La
questione è stata discussa in occasione del Vertice UE-India del 10 febbraio.
PRINCIPALI ACCORDI INTERGOVERNATIVI FIRMATI CON L’INDIA
ACCORDO |
FIRMA |
IN VIGORE |
Scambio di
Note per la costituzione di un Comitato misto per la Cooperazione Economica |
29/03/1976 |
29/03/1976 |
Convenzione
per evitare le doppie imposizioni e per prevenire le evasioni fiscali [1] |
19/02/1993 |
23/11/1995 |
Accordo sulla
promozione e protezione degli investimenti |
23/11/1995 |
23/11/1995 |
Memorandum
di intesa per lo sviluppo delle piccole e medie imprese |
06/01/1998 |
06/01/1998 |
Memorandum
di intesa nel settore delle telecomunicazioni |
28/10/2002 |
09/05/2003 |
Accordo
sulla cooperazione nel campo della difesa |
03/02/2003 |
26/05/2009 |
Accordo di
cooperazione nella lotta contro il terrorismo, la criminalità organizzata e
il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope |
06/01/1998 |
21/01/2000 |
MoU per la
creazione di un Gruppo di Lavoro per combattere il terrorismo internazionale
e la criminalità transnazionale |
15/02/2007 |
15/02/2007 |
Nuovo Accordo culturale
|
12/07/2004 |
06/10/2008 |
Protocollo
esecutivo dell'Accordo culturale 2007-2009 |
15/02/2007 |
15/02/2007 |
Nuovo
Accordo sulla cooperazione scientifica e tecnologica |
28/11/2003 |
03/11/2009 |
Programma
di cooperazione scientifica e tecnologica 2012-2014 |
19/01/2012 |
19/01/2012 |
Accordo di
coproduzione audiovisiva |
13/05/2005 |
12/06/2008 |
Accordo
relativo ai servizi aerei, con annesso scambio di note |
16/07/1959 |
12/03/1962 |
Accordo di
cooperazione turistica |
26/06/2000 |
26/06/2000 |
MOU in
materia di aviazione civile (che emenda alcune parti dell’accordo aereo
bilaterale del 1959) |
16.01.2012 |
16.01.2012 |
Accordo sul
trasferimento delle persone condannate |
10.08.2012 |
01/04/2013 |
PRINCIPALI INTESE TECNICHE FIRMATE CON
L’INDIA
INTESA |
FIRMA |
IN
VIGORE |
MoU in materia di collaborazione
doganale tra il Comando Generale Guardia di Finanza e il Central Board of
Excise & Custom indiano |
29/01/2009 |
29/01/2009 |
MoU di cooperazione agro alimentare
tra il Ministero delle politiche agricole e forestali italiano ed il
Ministero per le industrie del food processing indiano |
16/01/2008 |
16/01/2008 |
MoU tra
Ministero Ambiente italiano e Ministero Energie Rinnovabili indiano per la
cooperazione nel campo delle energie rinnovabili |
15/02/2007 |
15/02/2007 |
MoU tra
Ministero dell'Ambiente italiano e Ministero dell'Ambiente indiano sulla
cooperazione nell'area dei cambiamenti climatici |
7/12/2005 |
7/12/2005 |
MoU tra il
Ministero dei Beni Culturali italiano e indiano sul progetto di
collaborazione per la conservazione dei dipinti grotte di Ajanta e Ellora |
14/02/2005 |
14/02/2005 |
Memorandum
of Understanding sulla cooperazione politica tra Ministero degli Esteri
italiano e Ministero degli Esteri indiano |
14/02/2005 |
14/02/2005 |
MoU nel
settore dei prodotti della pesca e acquacoltura tra il Ministero della Salute
italiano e ed il Ministero del Commercio indiano |
14/02/2005 |
14/02/2005 |
Dichiarazione
congiunta Min. Marzano (Ministero Attività Produttive) e l’omologo indiano
sulla cooperazione nel settore della moda e design |
14/02/2005 |
14/02/005 |
Memorandum
d’Intesa tra Ministero Università e Ricerca e omologo indiano |
14/02/2005 |
14/02/2005 |
MoU tra il Ministero dell’Industria italiano ed il
Ministero delle Piccole Industrie e delle Industrie Agricole e Rurali indiano
sulla costruzione di capacità istituzionale per lo sviluppo di PMI in India |
17/10/2000 |
17/10/2000 |
MOU sulla cooperazione nel campo dei materiali per
la difesa tra il Ministro della Difesa dell’Italia ed il Ministro della
Difesa dell’India |
04/11/1994 |
31/01/2003 |
Attualmente le relazioni bilaterali sono regolate nel quadro generale dall’Accordo di cooperazione, firmato dalla Comunità europea e dall’India il 20 dicembre 1993 ed entrato in vigore il 1° agosto 1994.
L’accordo, basato sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici, contiene disposizioni volte a intensificare e a diversificare gli scambi commerciali, a migliorare l’accesso al mercato e a sviluppare la cooperazione in numerosi settori.
In base all’accordo sono state istituite una commissione congiunta mista, che funge da strumento di controllo e di impulso della cooperazione reciproca, e tre sotto-commissioni rispettivamente competenti per il commercio, la cooperazione economica e la cooperazione allo sviluppo.
Contestualmente all’Accordo di cooperazione, le due parti hanno sottoscritto una Dichiarazione politica congiunta, che ha posto le basi per l’instaurazione di un dialogo politico regolare, in particolare attraverso la previsione di un incontro annuale a livello governativo.
Sulla base della decisione assunta dal sesto vertice UE-India del 13 ottobre 2006, sono stati avviati nel 2007 i negoziati per un accordo di libero scambio (FTA) che sono tuttora in corso.
Si
segnala, al proposito, che il vicepresidente della Commissione europea e
Commissario europeo responsabile per l’industria, Antonio Tajani, ha
manifestato sui social media (Twitter)
l’intenzione di scrivere al Presidente della Commissione europea e all’Alto
Rappresentante in merito alla possibile alla sospensione dei negoziati in corso
con l’India in relazione al caso dei due fucilieri della Marina italiana
detenuti in attesa di giudizio in India.
A
margine del Consiglio affari esteri che si è svolto a Bruxelles il 20 gennaio
2014, l’Alto Rappresentante, Catherin Ashton, avrebbe confermato che la questione
dei due militari italiani sarà trattata nell’ambito del dialogò politico
periodico tra UE e India che si svolgerà a Delhi il prossimo 24 gennaio.
Dal 2004 l’India è uno dei partner strategici dell’UE: l’8 novembre 2004, in occasione del quinto vertice UE-India, è stato infatti istituito un partenariato strategico. Nel corso del vertice successivo, tenutosi nel 2005, è stato adottato un piano di azione congiunto EU-India - poi aggiornato nel 2008 - volto a sviluppare il pieno potenziale del partenariato tra UE e India su tre assi:
· rafforzamento del dialogo politico e dei meccanismi di consultazione; miglioramento dei contatti tra le società e le culture;
· dialogo economico e cooperazione;
· promozione di scambi e investimenti.
L’UE è il primo partner commerciale per l’India. Nel 2011 l’UE ha importato merci in India per 40,4 miliardi di euro e l’India ha esportato merci nell’UE per 39.5 miliardi di euro. Lo scambio commerciale tra UE e India è più che triplicato nel periodo 2000-2011 ed anche gli investimenti dell’UE in India sono triplicati passando da 759 millioni di euro nel 2003 a 3 miliardi nel 2010.
L’India mantiene ancora notevoli barriere tariffarie e non tariffarie che ostacolano gli scambi con l'UE. In particolare, in aggiunta a barriere tariffarie alle importazioni, l'India impone anche una serie di barriere non tariffarie sotto forma di restrizioni quantitative, licenze di importazione, test obbligatori e certificazione per un gran numero di prodotti, nonché procedure doganali particolarmente complesse e lunghe.
L’India fa parte del WTO a partire dal 1° gennaio 1995. A tale proposito si ricorda che in occasione della conferenza ministeriale del WTO che si è svolta a Bali il 3 e 6 dicembre 2013 l’India aveva minacciato di bloccare l’intesa complessiva sul cosidetto Doha light o pacchetto di Bali, rifiutando l’accordo di compromesso - a cui pure inizialmente aveva aderito - volto ad abolire per una durata di 4 anni il tetto imposto dal WTO alle sovvenzioni agricole nel caso in cui queste servissero alla messa in opera dei programmi alimentari.
L’India
chiedeva infatti non vi fossero limiti temporali ma l’abolizione restasse in
vigore finché una soluzione permanente negoziata sia raggiunta. Alla fine
l’India ha aderito al compromesso con la quale si accetta il limite temporale dei 4 anni, ma con l’impegno a trovare nel frattempo una soluzione permanente.
Le relazioni tra l’Unione europea e l’India sono cambiate sostanzialmente negli ultimi anni, passando dal rapporto tra donatore e beneficiario di aiuti ad un partenariato con reciproche opportunità.
Nel
documento di strategia per l’India adottato nel 2007 la Commissione
europea ha delineato il programma di
assistenza comunitaria per il periodo 2007-2013.
L’obiettivo principale, in accordo con le indicazioni del governo indiano, è stato quello di sostenere gli sforzi del paese che, con più di un miliardo di abitanti e un terzo dei poveri del mondo, necessita di una rapida crescita economica per sconfiggere la povertà e garantire occupazione alle giovani generazioni.
Sulla base del documento di strategia per l’India, il contributo finanziario dell’UE per il periodo 2007-2013 è stato pari a 470 milioni di euro ed si è rivolto principalmente a:
· assistere l’India nel raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del Millennio, sostenendo i programmi del governo nel settore sociale (salute e istruzione);
· favorire l’attuazione del piano d’azione congiunto UE-India privilegiando il sostegno alle politiche di riforma a favore dei poveri, promuovere il dialogo nelle aree di mutuo interesse e rafforzare la cooperazione economica.
L’Unione europea e l’India hanno concluso accordi intesi al miglioramento delle relazioni in alcuni settori specifici, tra i quali si segnala in particolare:
· l’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica firmato il 23 novembre 2001 ed entrato in vigore il 14 ottobre 2002;
· l’accordo
di cooperazione e assistenza
amministrativa reciproca in materia doganale firmato il 28 aprile 2004 ed
entrato in vigore il 1° novembre 2004;
· dialogo politico su istruzione e formazione: con la dichiarazione congiunta del 12 novembre 2008 il commissario europeo per l’istruzione e la cultura, Ján Figel’, e il ministro indiano per lo sviluppo delle risorse umane, Shri Arjun Singh, hanno istituito un dialogo politico finalizzato allo scambio regolare di migliori pratiche, alla condivisione di informazioni e alla promozione di misure di knowledge-building;
· Sviluppo pulito e cambiamento climatico: il vertice UE-India che si è svolto a Marsiglia nel settembre 2008 ha adottato un programma di lavoro comune per l'energia, lo sviluppo pulito e il cambiamento climatico;
· Ambiente: l’UE e l'India hanno istituito un gruppo di lavoro congiunto per l'ambiente che si riunisce su base annuale, con il coinvolgimento delle parti sociali e del mondo accademico;
· Cooperazione energetica: in occasione del vertice UE- India che si è svolto Delhi il 10 Febbraio 2012 è stata adottata una dichiarazione congiunta con la quale si è avviato un dialogo sull’'energia. Il dialogo è stato successivamente esteso alla sicurezza energetica e sono state individuate le seguenti aree di cooperazione: carbone pulito; efficienza energetica dei prodotti; l'efficienza energetica degli edifici; energie rinnovabili; sicurezza energetica e nucleare:
· Cooperazione sulla lotta al terrorismo internazionale: UE e India hanno adottato il 10 dicembre 2010 a Bruxelles una dichiarazione che prevede, in particolare, l’impegno ad applicare la strategia antiterrorismo delle Nazioni unite del 2006 ed a promuovere la ratifica di tutte le rilevanti convenzioni internazionali in materia di lotta al terrorismo; a promuovere iniziative colto al rafforzamento e dialogo tra le civiltà.
Nella relazione annuale sull’azione dell’UE in materia di diritti umani e democrazia nel mondo per il 2012, presentata dall’Alto Rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza il 21 maggio 2013, per quanto riguarda l’India, si rileva che:
· nel novembre 2012 l'India ha ripreso le esecuzioni dopo un'interruzione di 8 anni, con l'impiccagione di Ajmal Kasab, il solo terrorista dell'attentato di Mumbai del 26 novembre 2008 catturato vivo. In tale occasione, l'Alto Rappresentante dell’UE, Catherine Ashton, ha rilasciato una dichiarazione in cui ricordava che l'UE è contraria al ricorso alla pena di morte in tutti i casi e in ogni circostanza e sollecitava le autorità indiane a reintrodurre la moratoria sulle esecuzioni come primo passo verso l'abolizione definitiva della pena capitale;
· la situazione delle donne, in particolare della violenza contro di esse, è riemersa come un tema centrale dopo lo stupro collettivo del 16 dicembre 2012 a Nuova Delhi. In seguito alle proteste pubbliche il governo ha nominato una commissione formata da tre membri presieduta dal giudice J.S. Verma e incaricata di prendere in esame possibili modifiche del diritto penale al fine di stabilire processi più rapidi e pene più severe per i criminali che hanno commesso aggressioni a sfondo sessuale di gravità estrema contro le donne;
· La libertà di espressione online rimane una questione aperta, data l'applicazione continuata della legge sulla tecnologia dell'informazione del 2008, giudicata più severa di disposizioni analoghe nel codice penale indiano, per l'invio, tramite risorse informatiche o dispositivi di comunicazione, di informazioni molto offensive o di carattere minatorio. In una serie di casi si è abusato di tali disposizioni con arresti di persone innocenti per motivi personali o politici.
· nel settore dei diritti dei minori, l'India ha adottato importanti provvedimenti per l'attuazione delle convenzioni dell'OIL n. 138 (Convenzione sull'età minima per l'assunzione all'impiego del 1973) e n. 182 (Convenzione relativa alla proibizione delle forme peggiori di lavoro minorile e all'azione immediata per la loro eliminazione del 1999) tramite la presentazione in Parlamento, a fine 2012, di un progetto di modifica della legge sul lavoro minorile finalizzato a vietare il lavoro dei bambini in qualsiasi occupazione e di processi volti ad agevolare la loro iscrizione a scuola nel quadro della legge sul diritto all'istruzione e a vietare l'impiego di adolescenti (dai 14 ai 18 anni) in occupazioni pericolose. È stata inoltre potenziata la tutela dei minori da reati a sfondo sessuale tramite una nuova legge entrata in vigore nel novembre 2012 che ha stabilito pene severe, in base alla gravità del reato, fino all'ergastolo.
· la necessità che l’India proceda alla ratifica della Convenzione contro la tortura dell'ONU (firmata nel 1995) tramite l'adozione del progetto di legge sulla prevenzione della tortura.
Presidenza
delle due Camere |
|
Camera Bassa (Lok Sabha – House of the People ) |
Meira KUMAR (United Progressive Alliance, UPA[2]) dal 3 giugno 2009 |
Camera Alta (Rajya Sabha - Council of States) |
Mohammad Hamid Ansari (United Progressive Alliance, UPA) dall’ottobre 2007 |
Rappresentanze
diplomatiche |
|
Ambasciatore d’Italia in India ed in Nepal |
Daniele
Mancini
(da gennaio 2013) |
Ambasciatore dell’India in Italia |
Basant K. Gupta (da
maggio 2013) |
scadenze
elettorali |
|
Camera Bassa (Lok Sabha –
House of the People ) |
Maggio 2014 (quella attuale è la XV legislatura) |
Si segnala che
la prossima seduta della Lok Sabha si
terrà il giorno 5 febbraio 2014[3].
********
Le relazioni tra la Camera dei deputati ed il Parlamento indiano (che è
bicamerale) hanno risentito della lontananza geografica, come peraltro accade
per gli altri Parlamenti dell’area. Tale lontananza, tuttavia, negli ultimi
anni era stata compensata da una intensificazione di contatti, anche a livello
parlamentare, che è andata di pari passo con la crescente attenzione economica
che il nostro paese riserva a questa area del mondo.
Si ricorda a tal proposito la visita ufficiale in India dell’allora
Presidente della Camera Pier Ferdinando Casini nel 2005, la partecipazione
dell’allora Presidente della Commissione esteri Gustavo Selva alla Conferenza parlamentare internazionale celebrativa del
giubileo d’oro del Parlamento indiano nel gennaio 2003 e la più recente missione in India, in
rappresentanza del Presidente della Camera dei deputati, di una delegazione
della Sezione di amicizia Italia – India della UIP guidata dal suo Presidente Sandro Gozi, nel dicembre 2011 .
Da ultimo, giova rilevare che la Camera dei Deputati italiana è stata
il primo Parlamento al mondo a prevedere, in occasione dell’VIII Riunione dei
Presidenti delle Camere Basse del G8 che si è svolta a Roma, presso la Camera
dei deputati, il 13 settembre 2009, una
sessione allargata ai Paesi emergenti, Brasile, Cina, Messico e Sud Africa, cui è stato aggiunto
l’Egitto (lo Speaker del Messico, pur invitato, non ha potuto partecipare), alla quale ha preso parte la Presidente della Lok Sabha, Meira Kumar, che, successivamente , con
lettera del febbraio 2011, aveva
invitato il Presidente della Camera Fini a compiere una visita ufficiale nel
suo paese.
Si segnala che il Parlamento italiano ospiterà l’VIII
riunione dell’ASEP (Asia-Europe Partnership), che si terrà presso la Camera dei
deputati nell’autunno 2014 (orientativamente
all’inizio di ottobre), in collegamento con la riunione ASEM, che verrà
ospitata a Milano dal Governo italiano, in quanto Presidente di turno
dell’Unione europea. Sarà molto gradita la partecipazione di una delegazione
del Parlamento indiano.
XVII LEGISLATURA
Parlamentari eletti nella Circoscrizione Estero |
Per la ripartizione Africa, Asia,
Oceania e Antartide della Circoscrizione Estero sono stati eletti Fedi Marco
(PD) alla Camera dei deputati e Francesco Giacobbe
(PD) al Senato della Repubblica.
Sedi multilaterali |
Il Dialogo Eurasiatico e l’ASEP
Dal 2008 l’India fa parte dell’ASEM (Asia Europe Meeting)[4] e partecipa al dialogo euro-asiatico e agli
incontri dell’Asia-Europe Parliamentary Partnership (ASEP) che
definiscono la parte parlamentare della cooperazione.
L’ASEP è una sede di cooperazione interparlamentare il cui
obiettivo è di rafforzare i contatti tra i paesi delle due aree e di promuovere
uno scambio di informazioni e di esperienze ed è il versante parlamentare
dell’ASEM. Le riunioni dell’ASEP hanno altresì lo scopo di coinvolgere i
parlamentari nella discussione di tematiche che rivestono particolare interesse
nei parlamenti e nell’attualità internazionale. Gli incontri hanno una cadenza biennale e si tengono alternativamente in Asia e in Europa,
prima dei Vertici dei Capi di Stato e di Governo dell’ASEM a cui, infatti,
vengono trasmessi i documenti finali delle riunioni.
L’ultima riunione
dell’ASEP, la settima, si è tenuta nel Laos dal 3 al 5 ottobre 2012. La riunione è stata
dedicata a: “Asia-Europe Parliamentary
Partnership for Sustainable Development”. La Camera non ha partecipato.
Il Parlamento indiano ha partecipato alla riunione con una delegazione composta
dai deputati Krishnasswamy
Murugagounder, Sanjay Jaiswal, Bibhu Prasad Tarai, Devi Prasad Tripathi.
Si segnala che il
Parlamento italiano ospiterà la prossima riunione ASEP, l’VIII, nel secondo
semestre del 2014, nel corso del turno di Presidenza italiana del
Consiglio dell’Unione europea e preliminarmente alla svolgimento in Italia, a
Milano, del prossimo Vertice dei Capi di Stato e di Governo dell’ASEM (Asia-Europe Meeting).
Dell’ASEP fanno
parte 51 parlamenti[5]. Si segnala che il Parlamento del Myanmar/Birmania
pur essendo parte dell’ASEM dal 2004, è entrato a far parte dell’ASEP solo dal
2012, con otto anni di ritardo per la ferma opposizione dei rappresentanti dei
Parlamenti UE manifestata in occasione della riunione di Helsinki del maggio
2006. Dopo una prima riunione propedeutica ospitata dal Parlamento europeo a
Bruxelles nel 1996, a partire dalla seconda riunione promossa dal Parlamento
filippino nel 2002, l’ASEP ha adottato la cadenza biennale delle riunioni.
Le precedenti
riunioni ASEP si sono tenute: la sesta riunione (ASEP VI), a Bruxelles, dal 26
al 28 settembre 2010. La Camera dei deputati è stata rappresentata dai deputati
Lino Duilio (PD) e Alberto Torazzi (Lega Nord Padania); la quinta (ASEP V) a
Pechino dal 18 al 20 giugno 2008 (la Camera non ha partecipato); la quarta
(ASEP IV) a Helsinki (Finlandia) dal 4 al 6 maggio 2006; la terza (ASEP III) ad
Hue City, in Vietnam, dal 25 al 27 marzo 2004; la seconda (ASEP II) a Manila,
nelle Filippine, dal 26 al 28 agosto 2002; la prima (ASEP I) a Strasburgo,
presso il Parlamento europeo, nel 1996. In questo caso si trattava di un
incontro propedeutico e nell’incontro, peraltro, erano stati coinvolti solo i
Parlamenti dei 10 Paesi asiatici e il Parlamento europeo.
Assemblea
Parlamentare consultiva sulla Corte Penale Internazionale
Il 10 e 11 dicembre
2012, la Camera dei deputati ha ospitato la Settima
Assemblea Parlamentare consultiva sulla Corte Penale Internazionale e lo stato
di diritto XXXIV - Forum annuale di PGA (Parliamentarians for Global Action);
alla riunione ha preso parte il deputato Shri J.D. Seelam.
Unione Interparlamentare – UIP |
Nella scorsa
legislatura operava la Sezione
bilaterale di amicizia Italia - India presieduta da Sandro Gozi. Ne
facevano altresì parte i deputati Emerenzio Barbieri, Osvaldo Napoli, Mario
Valducci, Antonio Razzi ed i senatori Barbara Contini, Giampiero D’Alia e
Roberto Mura.
Si segnala che è
stata già inviata ai gruppi parlamentari la richiesta formale di designare i
parlamentari da ripartire nella varie sezioni di amicizia UIP; si attendono ,
quindi, le designazioni da parte dei gruppi.
Attività parlamentare di rilievo |
In questa Legislatura la questione dei due fucilieri di marina detenuti in India si è posta subito al centro dell’attenzione parlamentare: il 26 e 27 marzo 2013 il Governo svolgeva informative in materia, rispettivamente alla Camera e al Senato, nella prima delle quali il Ministro degli esteri pro tempore, Giulio Terzi, annunciava le proprie dimissioni in disaccordo con la linea prevalente nel Governo di rinviare i due marò in India dopo il permesso elettorale loro accordato dalle autorità di quel Paese. L’annuncio delle dimissioni di Terzi provocava il giorno successivo alla Camera una nuova informativa, stavolta del Presidente del Consiglio.
L’interrogazione a risposta immediata in Assemblea 3-00194 della deputata Meloni, discussa il 10 luglio 2013, riguardava le iniziative per una tempestiva soluzione della vicenda dei due militari italiani sottoposti a procedimento giudiziario in India. L’interrogazione, riferito che una recente notizia proverebbe l’innocenza dei due militari, avendo questa evidenziato, attraverso una più accurata ricostruzione dei fatti, una divergenza di cinque ore dal momento dell’incidente con la nave italiana (avvenuto tra le 16 e le 16,30) e quello della morte dei pescatori (fissato alle 21,30 circa); chiedeva un immediato intervento del Governo italiano anche attraverso il coinvolgimento degli organismi internazionali, per il rientro in patria dei due militari.
Il Presidente del Consiglio Letta ha
replicato ribadendo l’impegno del Governo per la positiva soluzione della
vicenda, e ricordando di aver formato un Comitato tra ministri per la gestione
della vicenda, al fine di evitare problemi di coordinamento, nonché di aver
nominato il sottosegretario Staffan De Mistura quale inviato speciale della
Presidenza del Consiglio per la soluzione della vicenda. In sede processuale il
Governo intende richiedere di poter esercitare la propria giurisdizione e di
far valere l’immunità giurisdizionale dei fucilieri quali agenti dello Stato
nell’esercizio delle rispettive funzioni. Infine, il Presidente Letta ha
invitato ad evitare polemiche e strumentalizzazioni per non compromettere il
buon esito della vicenda.
Il 13 novembre 2013 presso le Commissioni congiunte Esteri e Difesa
dei due rami del Parlamento si è svolta l’audizione del Commissario straordinario
del Governo per la questione dei due fucilieri di marina, dott. Staffan de
Mistura – già ascoltato informalmente dalle stesse Commissioni il 18
luglio -, il quale ha invitato alla
cautela in un momento a suo dire particolarmente delicato della vicenda, con
l’imminente chiusura delle indagini – la cui indeterminatezza secondo De
Mistura potrebbe avvantaggiare l’opera difensiva dei due militari italiani.
Ribadendo le linee fondamentali dell’Italia nella vicenda, impegnata per una
rapida conclusione collegata a una più precipua definizione delle regole internazionali
a tutela della lotta alla pirateria.
Il 4
dicembre 2013, infine, nell’ambito della discussione del decreto-legge n. 114
del 2013, di proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali, la Camera ha discusso l’ordine del
giorno n. 9/01670-AR/001, d’iniziativa del Presidente della Commissione Difesa,
Elio Vito, sottoscritto da tutte le
forze politiche ed approvato
all’unanimità, che impegna il Governo a porre in essere tutte le misure
utili ad assicurare una idonea soluzione alla vicenda relativa ai due fucilieri
di marina, conforme alle norme del diritto internazionale e degli accordi
bilaterali; nonché ad assumere tutte le iniziative necessarie per ottenere un
rapido ed onorevole rientro in Italia dei due marò Salvatore Girone e Massimiliano
Latorre.
Si ricorda che, sempre sulla vicenda dei fucilieri
di marina, sono ancora pendenti le interrogazioni
a risposta scritta n. 4-00859 (presentata il 13 giugno 2013) e n. 4-03200 (presentata il 17 gennaio
2014), entrambe d’iniziativa del
deputato Daniele Del Grosso, l’interrogazione a risposta scritta n. 4-00228, d’iniziativa del
deputato Ignazio Abrignani, presentata
il 16 aprile 2013 nonché l’interrogazione
a risposta scritta n. 4-02574, d’iniziativa del deputato Gaetano Nastri, presentata il 14 gennaio 2014.
Si segnala inoltre l’interrogazione a risposta scritta n. 4-00529 presentata dal deputato Franco Vazio, presentata il 21 maggio 2013, concerne il ruolo che le istituzioni devono avere in relazione a fatti e situazioni che si verificano all’estero e che riguardano la libertà individuale dei nostri connazionali e si riferisce, oltre che ai due Marò in India, anche al caso di due giovani italiani, Elisabetta Boncompagni e Tomaso Bruno, che, nelle more del processo, da oltre tre anni sono rinchiusi nelle carceri indiane, perché accusati della morte di un loro compagno, accusa che rifiutano proclamandosi innocenti. Nella sua risposta del 16 luglio 2013, il Governo conferma il proprio impegno nei casi che vedono i cittadini italiani privati della libertà personale per un giusto processo e, soprattutto, per le piene garanzie sul regime detentivo cui sono sottoposti. Dopo aver ricordato le attività svolte dalle autorità e dall’ambasciata italiana per garantire ogni possibile assistenza, ricorda anche che la Corte suprema di Delhi ha accolto il ricorso presentato dalla Boncompagni e dal Bruno contro la sentenza di conferma della condanna all’ergastolo e che sul caso ci sarebbe stata una sola udienza definitiva, fissata al 3 settembre 2013, ma di fatto ripetutamente inviata fino al corrente mese di gennaio 2014.
XVI LEGISLATURA
Incontri bilaterali
Il 1° febbraio 2011 il Presidente della
Camera, Gianfranco Fini, ha
incontrato il Ministro del Commercio
e dell’industria indiano, Anand Sharma, in
visita in Italia[6], a Roma e a Milano, dal 30 gennaio al 2 febbraio
2011.
Nel corso del colloquio vi è stato uno scambio di opinioni sul fenomeno del terrorismo. Il ministro Sharma ha, in particolare, osservato l’importanza di garantire una maggiore equità sociale per combattere le radici del terrorismo e ha rilevato il ruolo fondamentale dell’istruzione. L’economia indiana, ha detto, ha il secondo tasso di crescita al mondo ed ha creato un enorme ceto medio ma i poveri sono comunque ancora moltissimi. Ha quindi osservato che nel suo paese il terrorismo è un fenomeno importato e non dovuto a cause endogene. In merito ai rapporti bilaterali, si è soffermato sui possibili ambiti di cooperazione tra i due paesi e ha ricordato che a seguito dell’incontro con la controparte governativa italiana si è convenuto sull’opportunità di definire meccanismi di facilitazione nel rilascio dei visti di ingresso su base di reciprocità. Da parte sua, il Presidente Fini ha tenuto a sottolineare gli ottimi rapporti parlamentari tra i due paesi, da lui rilanciati in occasione del G8 dei Presidenti delle Camere di Roma del settembre 2009, quando ha invitato alla sessione di “outreach” la Presidente della Camera indiana Meira Kumar. Ha inoltre dichiarato la propria intenzione di rispondere positivamente all’invito della Speaker a visitare Delhi. Ha infine rimarcato l’importante ruolo svolto dall’India nella lotta al terrorismo.
Il 13 settembre 2009 il Presidente della
Camera, Gianfranco Fini, ha
incontrato la Speaker della Camera dell’India,
Meira Kumar. L’incontro è avvenuto a
margine della riunione della Sezione
“outreach” del G8 parlamentare che si è tenuta a Roma il medesimo 13 settembre
2009.
Nel corso dell’incontro, è stata espressa da entrambe le parti la necessità di intensificare i rapporti parlamentari. Lotta al terrorismo, sicurezza internazionale, lotta al fanatismo religioso, cambiamenti climatici e sviluppo sostenibile, sono stati i temi oggetto di dibattito. Inoltre, il Presidente Fini, che ha ricordato la sua visita in qualità di ministro degli Affari esteri in India insieme all’allora Presidente della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi, dal 10 a 16 febbraio 2005, ha sottolineato la centralità dell’India sullo scacchiere internazionale ed ha ricordato l’ampia comunanza di interessi, a partire dalle politiche culturali per arrivare allo scambio di conoscenze riguardo alle tecnologie più avanzate. Inoltre, ha ribadito l’opportunità di preveder un G8 allargato anche alle nuove potenze emergenti sullo scenario mondiale. La Speaker Kumar ha ringraziato, infine, per la solidarietà manifestata dopo l’attacco di Mumbay.
******
Si segnala che il Presidente Fini ha inviato un
messaggio ufficiale in occasione della Cerimonia inaugurale del III Parlamento
degli studenti indiani che si è svolto il 10 gennaio 2013, su espresso invito
del comitato organizzatore dell’evento.
Commissioni
Il 1° febbraio 2011 l’Ufficio di Presidenza
della Commissione Affari esteri,
integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha svolto un incontro informale con il
Ministro per il Commercio e l’Industria dell’Unione indiana, Anand Sharma.
Unione interparlamentare - UIP
Il deputato Sandro Gozi (PD) presiedeva la Sezione
bilaterale di amicizia Italia - India in ambito UIP. Ne facevano altresì
parte i deputati Emerenzio Barbieri, Osvaldo Napoli, Mario Valducci, Antonio
Razzi ed i senatori Barbara Contini, Giampiero D’Alia e Roberto Mura.
I deputati Gozi e Razzi hanno preso
parte all’incontro del Presidente della Camera Fini con il Ministro Sharma.
La Sezione si è
recata in visita ufficiale in India dal 1 all'8 dicembre 2011, in
rappresentanza del Presidente della Camera dei deputati, su invito dello
Speaker della Lok Sabha, Meira Kumar. La Delegazione parlamentare italiana era
guidata dal Presidente, Sandro Gozi, e composta dal senatore Barbara Contini,
dal deputato Emerenzio Barbieri e dal deputato Osvaldo Napoli.
La missione ha avuto luogo nella
sua prima parte a Delhi, Calcutta, Mumbai, in una cornice ufficiale, e nella
seconda parte a Chandigarh (Punjab) dove i delegati hanno partecipato al
Seminario BRICST (sulle opportunità di collaborazione in campo agro-alimentare
tra lo Stato del Punjab e la Regione Emilia-Romagna attraverso le rispettive
Camere di Commercio).
A livello parlamentare, la
Delegazione ha avuto modo di incontrare la Speaker, Meira KUMAR, alla quale
Delegazione ha formulato la richiesta di accelerare la costituzione
dell'omologo Gruppo di amicizia presso il Parlamento indiano, richiesta che era
già stata formalmente presentata tramite l'Ambasciatore indiano a Roma, S.E.
Debrata SAHA.
La Delegazione Italiana UIP è stata
poi audita dalla Commissione Affari Esteri, presieduta dal deputato Ananth Kumar;
ha incontrato il Leader dell'Opposizione della Camera Bassa, deputata Sishma Swaraj;
ha incontrato il Vicepresidente della Camera Alta, deputato Rahman Khan, che ha
offerto un pranzo in onore dei delegati; anche avuto l'opportunità di un
incontro informale con il deputato Shashi Tharoor (ex Sottosegretario agli Affari Esteri). La Delegazione è stata
infine ricevuta dalle Assemblee legislative dello Stato del Bengala Occidentale
a Calcutta e dello Stato del Maharashtra a Mumbai dove ha anche incontrato
rappresentanti della Comunità Italiana, alla presenza del Console generale
d'Italia Joel Melchiori a Calcutta, e a alla presenza del Console Generale
d'Italia Gianpaolo Cutillo a Mumbai.
Attività parlamentare |
Vanno anzitutto ricordati, sul piano legislativo, l’esame e l’autorizzazione alla ratifica dell’Accordo tra Italia e India sul trasferimento delle persone condannate, firmato dai rappresentanti dei due Paesi il 10 agosto 2012, e approvato con la legge 26 ottobre 2012, n. 183.
L’Accordo è finalizzato allo sviluppo della cooperazione bilaterale nel trasferimento nello Stato di cittadinanza dei cittadini detenuti nel territorio dell’altro Stato contraente, in modo che tali soggetti possano scontare la pena comminata nel proprio Paese. L’Accordo non è tuttavia applicabile se la persona è stata condannata per un reato previsto dalla legge militare. Le condizioni per il trasferimento prevedono che il condannato sia cittadino dello Stato ricevente, che gli atti o omissioni per i quali è stata inflitta la condanna costituiscano reato anche per la legge dello Stato ricevente, che la sentenza sia definitiva, che non vi siano procedimenti penali a carico del trasferito, che lo stesso debba scontare ancora come minimo un anno di pena, che al trasferimento sia consenziente l’interessato. Si subordina la decisione relativa al trasferimento alla previa verifica di conformità dello stesso con le finalità dell’Accordo, affinché il trasferimento favorisca il reinserimento sociale del condannato. La norma prevede, altresì, che le Autorità degli Stati contraenti considerino, tra gli altri fattori, la gravità del reato commesso, i precedenti penali del condannato, i rapporti socio-familiari che il medesimo ha conservato con l’ambiente di origine e le sue condizioni di salute. E’ altresì disciplinata la continuazione dell’esecuzione della condanna, fatte salve le ipotesi di provvedimenti di clemenza, che deve effettuarsi nel rispetto della natura e della durata della pena inflitta dalla sentenza dello Stato trasferente. Comunque, l’eventuale revisione della sentenza di condanna è di esclusiva competenza dello Stato trasferente. L’Accordo è applicabile all’esecuzione di condanne inflitte sia prima sia dopo l’entrata in vigore del medesimo.
Per quanto concerne l’attività non legislativa, sin dall’emergere della vicenda dei due marò il Parlamento ne ha seguito i delicati profili sia con atti di indirizzo che con l’acquisizione di informazioni dal Governo attraverso audizioni, informative e atti di sindacato ispettivo.
In particolare, nella passata Legislatura già il 1° marzo 2012 l’Assemblea della Camera vedeva lo svolgimento dell’interpellanza urgente n. 2-01381, Melchiorre ed altri, in ordine a chiarimenti in merito ai poteri del comandante del nucleo militare di protezione imbarcato a fini di protezione di navigli mercantili da atti di pirateria armata- era infatti emerso un problema di individuazione degli effettivi poteri di comando sul mercantile indotto dall’India ad attraccare in un porto del Kerala.
Il
13 e 14 marzo 2012 nelle Assemblee,
rispettivamente, del Senato e della Camera, si tenevano informative urgenti del Governo concernenti, tra l’altro, l’arresto dei due
militari italiani in India.
Il 18 aprile 2012 alla Camera l’Assemblea svolgeva l’interrogazione a risposta immediata n. 3-02207, Melchiorre e Tanoni, riguardante elementi ed iniziative in merito ad eventuali richieste di rogatoria internazionale in relazione alla vicenda dei due fucilieri del Reggimento San Marco detenuti in India, mentre in Commissione Difesa aveva luogo l’interrogazione 5-06425 Villecco Calipari sui contenuti della convenzione stipulata tra il Ministero della difesa e Confitarma in riferimento alla vicenda che ha portato a giudizio presso le autorità indiane due soldati italiani, mirante a precisare i profili giuridici dell’impiego di nuclei armati di militari a protezione del naviglio mercantile nazionale.
Tra le altre tematiche
variamente connesse alle relazioni con
l’India, oggetto dell’attività parlamentare, si segnalano:
la libertà religiosa e persecuzione delle minoranze
cristiane in India: in particolare, il 12 gennaio 2011 è stata approvata a
larghissima maggioranza dalla Camera la risoluzione n. 6-00052 sulla libertà
religiosa e sulle iniziative volte a far cessare le persecuzioni nei confronti dei cristiani in alcuni paesi del mondo tra cui l’India che ha assorbito le
mozioni n. 1-00521, n.
1-00515, n. 1-00486.
La risoluzione impegnava, tra l’altro, il Governo a
far valere con ogni forma di legittima pressione diplomatica ed economica il
diritto alla libertà religiosa, in particolare dei cristiani e di altre
minoranze perseguitate; a tener conto del rispetto dei diritti umani nei paesi
con cui ci sono scambi economici, in coerenza e in applicazione degli articoli
8 e 19 della nostra Costituzione; a richiedere in ambito internazionale di
concerto con i partner dell'Unione europea la rimozione delle limitazioni dei
diritti umani, ed in particolare della libertà religiosa, in quei paesi dove
vige la sharia; a proseguire nell'impegno perché la risoluzione sulla libertà
religiosa sia effettivamente implementata negli Stati dell'ONU e ad istituire
un «Osservatorio sulla condizione dei cristiani nel mondo» per monitorare e
valutare l'applicazione di tali impegni.
A dicembre 2008 la Camera
aveva approvato un’altra mozione con la quale si impegnava il governo a promuovere
un'iniziativa in sede europea che prevedesse una ferma condanna delle stragi di cristiani in India e Pakistan.
A novembre 2008 la
Camera ha adottato una mozione
riguardante le persecuzioni
anticristiane nello Stato indiano dell’Orissa, che impegna il Governo
a “porre in essere azioni adeguate volte
a contrastare la persecuzione delle comunità cristiane e di qualsiasi altra
rappresentanza religiosa in India, in Iraq e in ogni altro Paese nel quale si
verifichino atti di intolleranza”; nella medesima seduta sono state approvate
altre mozioni che impegnano il Governo ad intraprendere, in sede sia bilaterale
sia multilaterale, iniziative volte alla protezione delle comunità cristiane del distretto indiano di Kandhamal, fatte
oggetto di gravi e ingiustificate violenze.
Le mutilazioni genitali femminili: negli atti presentati si chiedeva al governo di
promuovere e sostenere a livello nazionale e internazionale tutte le iniziative
atte a far sì che la 65ª Assemblea generale delle Nazioni Unite adotti una
risoluzione per la messa al bando a livello globale delle MGF.
Non Proliferazione Nucleare: negli atti
presentati si chiedeva al governo di svolgere un ruolo attivo a sostegno delle
misure di disarmo e non proliferazione nucleare in tutte le sedi internazionali
proprie, e a farsi parte attiva dei
futuri negoziati per il rinnovo del Trattato di non proliferazione e a
sostenere con forza la firma del nuovo trattato e dell'assunzione delle
obbligazioni conseguenti anche da parte di quei Paesi come India, Pakistan e
Israele che, pur disponendo di armi nucleari, fino ad oggi non vi hanno
aderito.
Carcerazione di italiani in India: negli atti presentati si chiedeva al governo di
conoscere le azioni intraprese; in particolare nella risposta del governo del 3
maggio 2011 il governo, evidenziava che i detenuti italiani in India erano
undici: cinque per detenzione, possesso e traffico di stupefacenti; tre per
omicidio; uno per immigrazione clandestina e due per altri tipi di reati. Di
essi, quattro erano ancora in attesa di giudizio, cinque erano stati condannati
in primo grado e i restanti due avevano subito una condanna di secondo grado.
Inoltre alcuni atti chiedevano di concludere
con l'India un Accordo bilaterale per il rimpatrio dei connazionali condannati
(successivamente ratificato dall’Italia con la legge 26 ottobre 2012, n. 183) non
essendo l'India parte della Convenzione di Strasburgo del 1983[7].
ASEM
(Asia-Europe Meeting[8])
Fondato nel 1996, ne fanno parte, per l’Europa, i Paesi UE, nonché Svizzera e
Norvegia (in un “sottogruppo non-UE” all’interno del gruppo europeo); per
l’Asia, Cina, Corea, Giappone, India,
Pakistan, Mongolia, il Segretariato ed i
membri ASEAN (Brunei,
Filippine, Indonesia, Malesia, Singapore, Thailandia, Vietnam, Laos, Cambogia e
Myanmar), Russia, Australia, Nuova Zelanda e Bangladesh. La Croazia, membro UE dal 1 luglio 2013, è
presente agli eventi ASEM come “guest of the Chair” in attesa di formalizzare
il suo accesso all’ASEM in occasione del vertice ASEM 2014.
L’ASEM è il foro principale
per il rafforzamento delle relazioni tra l’ Italia e l’Asia, alla luce del fatto che ciascun membro UE ne fa parte, mentre nel
dialogo UE-ASEAN è appunto l’UE a rappresentare l’interlocutore unitario fronte
alla Associazione asiatica. Per l’Italia il dialogo ASEM è importante anche per
affrontare diversi temi globali, tra cui la lotta alla pirateria e la nostra
visione dei temi economici legati alla crescita, oltre che sensibilizzare i
partner europei ed asiatici sugli argomenti della prossima EXPO di Milano.
Il cosiddetto Processo ASEM consiste in una serie di incontri, tra cui i Vertici
dei Capi di Stato e di Governo, le ministeriali (in particolare, Esteri,
Finanze, Economia, Cultura, Istruzione, Lavoro), nonché incontri periodici di
alti funzionari (SOM) e numerose iniziative settoriali. L’ultimo Vertice si è
svolto in Laos il 5-6 novembre 2012. Vi ha partecipato il PdC Monti, che ha
pronunciato un intervento sui temi economici e finanziari, in particolare le
prospettive di uscita dalla crisi nell’eurozona. Il prossimo Vertice si
svolgerà nel 2014, sotto la Presidenza italiana dell’UE, ma comunque presieduto
dal Presidente del Consiglio Europeo. Sempre nel 2014 è prevista svolgersi, in
Italia, la prossima riunione dei Ministri delle
Finanze.
L’ultima riunione dei Ministri Esteri
(Delhi, 11-12 novembre 2013) ha dato particolare rilievo ai temi della crescita economica e dello sviluppo sostenibile, nonché alle
sfide non tradizionali alla sicurezza, tra cui la sicurezza energetica ed
alimentare e la gestione delle acque. È un fattore politicamente positivo
in vista sia di Milano EXPO che dell’intendimento italiano di incentrare il
prossimo Vertice ASEM, previsto a Milano nell’autunno 2014, su temi ad essa
correlati. Quanto alle date del Vertice di Milano, la mancanza di flessibilità
da parte di Pechino sull’opzione del 9-10 ottobre, da tempo proposta da parte
UE, è causa di incertezza perdurante sulla definizione di date precise.
In assenza di un
Segretariato, il coordinamento delle attività è affidato ai Coordinatori: da
parte europea, la Presidenza di turno UE e
UE/SEAE[9], mentre i coordinatori asiatici seguono una rotazione biennale. E’
attualmente in corso una riflessione sui c.d “metodi di lavoro”, anche
attraverso il sostegno fisso rappresentato dall’ASEM Chairman Support Group (ACSG), incaricato di fornire supporto
informativo. Alla ministeriale di Delhi la Presidenza indiana è inoltre
riuscita ad imprimere una dinamica “result-oriented” ai lavori dell’ASEM. Ne è
scaturito un meccanismo - per quanto su base volontaria e non vincolante -
inteso alla realizzazione di iniziative concrete (“tangible outcomes”), ciò che
pone talune incognite sul piano procedurale e della copertura finanziaria,
andando altresì verso un processo graduale di istituzionalizzazione dell'ASEM
favorito da tempo dai partner asiatici, ma non altrettanto appoggiato da parte
europea. Nel 2016 ricorrerà il ventesimo anniversario dell’ASEM ed in
previsione delle celebrazioni è stato
istituito un gruppo di lavoro
sugli eventi da promuovere. Un altro gruppo di lavoro seguirà la “Press/Public
Awareness Management Strategy” per assicurare maggiore visibilità all’ASEM.
Tra aprile e maggio 2014 (l’annuncio
ufficiale è previsto per fine febbraio-inizio marzo) l'India affronterà una tornata elettorale generale per la
Camera bassa (Lok Sabha) che gli
analisti qualificano come la più
importante degli ultimi due decenni.
La debolezza
della coalizione di governo guidata da Manmohan
Singh, che soffre da un lato di problemi di legittimità a causa dei gravi
scandali di corruzione e, dall’altro, di un outlook economico negativo
dipendente da carenze strutturali dell’economia indiana ulteriormente
accentuate dalla crisi finanziaria globale, aveva dato segno di non riuscire a
reggere sino alla fine della legislatura.
Superate le incertezze legate al rischio di
elezioni anticipate, si stanno delineando le due principali candidature per il
voto della primavera 2014, fondate su programmi elettorali che i due più
importanti partiti, il Partito del
Congresso,. storico formazione riformista ed il Partito popolare indiano (Bharatiya
Janata Party, BJP), nazionalista indù, hanno focalizzato sulla soluzione
dei più rilevanti problemi del Paese: povertà, sviluppo economico, stabilità
politica e trasparenza, stabilità sociale e autonomia delle minoranze.
Alla fine di gennaio Rahul Gandhi, il 43enne esponente della famiglia che ha governato
l'India per 37 dei 66 anni dall'indipendenza dell'India (1947) accettando la
nomina a vice presidente del Partito del Congresso, un passo indietro alla
madre, Sonia Gandhi, ha implicitamente
accettato – secondo la lettura di taluni analisti - anche la candidatura a
primo ministro. Va tuttavia sottolineato che Sonia ha precisato che il figlio guiderà solo la campagna elettorale e
che lo stesso Rahul ha affermato che, come vuole la Costituzione, dopo la
vittoria elettorale il Premier sarà scelto dai parlamentari. Tutto
ciò è stato interpretato come necessità di proteggersi dagli esiti di una
tornata elettorale che alcuni prefigurano “terribile” per il partito dei
Gandhi.
Tuttavia, subito dopo la nomina Rahul Gandhi,
parlando a nome del Partito, ha ufficialmente chiarito la sua intenzione di “trasformare
radicalmente” l’India, spingendo gli osservatori a sottolineare che le
elezioni saranno cruciali per la dinastia Gandhi-Nehru che potrebbe uscire
dalle urne ringiovanita - si tratta della più longeva dinastia democratica al
mondo - oppure definitivamente ridimensionata.
Rahul
Gandhi ha fatto una serie di forti dichiarazioni,
condannando in particolare l'elitarismo, qualificato come “la tragedia
dell’India” ed impegnandosi ad ampliare l'accesso al potere per la gente
comune. Sottolineato lo scontento delle fasce giovani della popolazione per la
loro esclusione dalla classe politica, Gandhi ha imputato il problema ad un
sistema che non sostiene la crescita dal basso ma concentra la propria
attenzione sulle fasce alte. Pertanto, per fare dell’India una nazione forte è
necessario che la meritocrazia sostituisca la mediocrità e che tale cambiamento
venga avviato proprio da chi detiene il potere attraverso politiche di
valorizzazione dei soggetti dotati di conoscenze e competenze; ciò implica la
necessità che tutti i sistemi pubblici cessino di essere “progettati per tenere fuori chi
ha la conoscenza”.
Attraverso l’utilizzo di tali parole - è
stato rilevato - Rahul cerca di collegare la propria immagine politica a quella
di suo padre Rajiv, che in un
analogo discorso tenuto prima di essere eletto primo ministro (1984-1989) aveva
promesso di cambiare il partito e il suo ethos. Rajiv (assassinato il 21 maggio
1991) è tuttora ricordato come un modernizzatore, non vincolato dalle
tradizioni del partito, promotore di un piano di sviluppo infrastrutturale e
commerciale rimasto irrealizzato a seguito della sua perdita del potere.
Rahul
è considerato una figura di politico riservato, dagli
interventi non frequenti, poco presente in Parlamento (è membro della camera
bassa del Parlamento indiano, Lok Sabha),
profondamente diffidente verso i media. Ciononostante, la scelta di scagliarsi
contro la centralizzazione del potere politico da parte delle élite e contro la
mancanza di meritocrazia nella politica e nel sistema pubblico lo qualificano
come un politico che sceglie di percorrere un sentiero difficile in tempi
difficili.
Con l’obiettivo di guadagnare al proprio
partito il terzo mandato consecutivo Rahul Gandhi opera su due livelli: sul
piano soggettivo si presenta come una figura giovane e finalmente capace di
portare il cambiamento nel paese; sul piano politico supporta e stimola il
governo di Manmohan Singh con l’obiettivo di dimostrare che solo quella guidata
dal Partito del Congresso può essere una
coalizione forte, politicamente preparata e con l’esperienza necessaria ad aiutare
il paese ad uscire dalla difficile congiuntura.
E’ tuttavia evidente che, al di là delle
parole, Rahul sarà giudicato anche sulla base di come affronterà gli scandali
che riguardano il suo partito e la sua stessa famiglia. Gandhi, cui i
consiglieri raccomandano di non concentrarsi esclusivamente sull’elettorato
delle circoscrizioni rurali e sui sostenitori del Partito, lavora per
convincere il mondo del business che nonostante il quadro economico negativo
(caduta degli investimenti e della produzione e incremento dell’inflazione e
del deficit) l’esecutivo di Manmohan
Singh ha ancora qualche possibilità di successo; tale assunto, peraltro, è
almeno in parte sostenuto dall’approvazione, da parte dell’esecutivo, di talune
riforme che gli analisti da tempo hanno indicato come cruciali per la
sopravvivenza del paese.
La
risposta positiva del governo guidato da Manmohan Singh agli stimoli
provenienti dal Partito di Rahul Gandhi, che
si è concretizzata in un’attività di intensità prima non registrata, secondo
gli osservatori sarebbe parte di una strategia
mirante ad accreditare Gandhi, la cui immagine è sino ad ora risultata
piuttosto neutra per l’opinione pubblica, come un uomo dalle idee pratiche ed
attuabili nel contesto indiano.
Tra tali misure rientra l’ammorbidimento delle
procedure di limitazione degli investimenti esteri, la riduzione di talune barriere
tecniche e commerciali e l’approvazione di un ampio programma di supporto
alimentare per le fasce di popolazione bisognose; al Telangana, che dal 1956 forma
l'Andhra Pradesh con lo stato dell'Andhra, cui è stato unito, è stata garantita
un’autonomia di principio (è previsto che se ne distaccherà divenendo il 29°
stato della Repubblica Indiana).
La riuscita del piano politico di Rahul potrebbe
essere favorita anche dalla debolezza di taluni dei suoi avversari, quei leader
regionali che una volta annunciata l’intenzione di competere insieme alle
elezioni del 2014 non sono stati in grado di individuare una candidatura
comune.
L’altro grande partito indiano, il BJP, invece, ha deciso di candidare alla carica di Primo Ministro il proprio
politico più controverso, Narendra Modi.
La nomina (giugno 2013) non è stata ben
accolta da una parte del partito stesso, alcuni esponenti del quale si sono
dimessi nel dichiarato timore che la leadership di Modi comporti un’emorragia
elettorale che comprometterebbe la possibilità di contendere il governo a un
Partito del Congresso assai indebolito da scandali e crisi economica.
La
scelta di Narendra Modi è peraltro anche figlia della mancanza di un
candidato alternativo in un partito che non è parso in grado di individuare un leader carismatico meno controverso. Ha
poi rivestito un certo peso la considerazione che in un paese dove si ritiene
che la soluzione dei problemi passi esclusivamente attraverso il rilancio della crescita economica, il successo di Modi nel trasformare il Gujarat,
lo Stato che ha guidato per oltre 12 anni e dove a dicembre 2013 è stato
rieletto per un quarto mandato consecutivo, rappresenta un argomento
sufficiente a sostenerne una candidatura anche a livello nazionale.
E in realtà, a parte le violenze del 2002 (si veda il box seguente), molti dei
detrattori di Modi gli riconoscono notevoli capacità amministrative ed una
robusta reputazione di governo “pulito”. Viene pertanto ritenuto l’unica
personalità del BJP potenzialmente in grado di riportare il partito agli oltre
180 seggi che aveva alla fine degli anni Novanta.
All’inizio del 2002 lo Stato occidentale indiano del Gujarat,
governato dal partito nazionalista indù BJP – allora alla guida anche del
governo centrale – del quale è una roccaforte, visse un periodo di grandi
violenze, originate dall’annoso conflitto tra indù e musulmani. Particolarmente
controversa era nelle prime settimane dell'anno la questione della progettata
costruzione, da parte degli indù, di un tempio al posto di una moschea nella
città di Ayodhya (nel nord del Gujarat). Il 27 febbraio un treno carico di attivisti indù proveniente da Ayodhya, ma che trasportava anche molte donne
e bambini, veniva assalito da estremisti
musulmani e nell’incendio di un vagone morivano 58 persone. Il giorno
successivo quasi cinquanta musulmani perdevano la vita in seguito ad attacchi
di estremisti indù impegnati in una feroce rappresaglia per la strage del
giorno precedente. Le violenze proseguivano nei giorni successivi, e al 1º
marzo era ormai salito a quasi 300 il numero delle vittime delle violenze
interreligiose. Da parte musulmana venivano pesanti accuse di inerzia alla
polizia, che non avrebbe frenato a sufficienza gli indù in omaggio alla
direzione politica prevalente in quel periodo nel paese e da sempre nel
Gujarat.
Tuttavia proprio quello che viene definito “il massacro del Gujarat” del 2002 se
rende la candidatura di Modi difficile da accettare per alcuni alleati, ne fa
un’arma a doppio taglio all’interno del suo stesso partito: il BJP, infatti, si ritrova stretto tra
l’esigenza di non ritardare troppo il lancio del proprio candidato più popolare
da un lato, e dall’altro il rischio, nel breve termine, di un arretramento in
termini di consenso elettorale.
E’ opportuno sottolineare, a tale proposito,
che dopo la sua nomina a giugno, Narendra Modi si è attivato per la
reinvenzione politica sia di se stesso sia del partito, con una delle più costose
campagne di pubbliche relazioni nella storia politica dell'India. Si tratta,
peraltro, dell’espansione su scala nazionale di un’attività di promozione
d’immagine che Modi ha connotato l’intera vita politica di Modi attraverso la
creazione di un meccanismo di pubbliche relazioni che distribuisce regolarmente
libri anche scritti da lui stesso, come pure video e CD con le sue poesie, i
suoi post sui blog, i discorsi
pubblici e che si avvale anche di una pagina Facebook.
Modi, che ha scelto per le elezioni del 2014
l’immagine di vikas purush, l’uomo
dello sviluppo, per mettere a frutto la reputazione che gli deriva dalla
crescita del Gujarat, non perde
occasione per sottolineare i punti di debolezza del governo in carica, facendo
leva in particolare sugli scandali e sull’immagine di un primo ministro
Manmohan Singh paralizzato dall'indecisione.
Il
suo obiettivo è convincere l'elettorato della necessità che il leader nazionale
che emergerà dalla consultazione dovrà essere in grado di “fare la differenza”
nella vita dei cittadini.
Tale strategia di auto-promozione si
differenzia totalmente dal low profile di Rahul Gandhi il cui atteggiamento di
sobrietà, è stato osservato, gli ha creato qualche problema. La riservatezza
del premier tecnocrate Manmohan Singh,
così apprezzata all’epoca della sua ascesa alla carica (2004) alla stregua di
una qualità intrinseca di quello che è stato definito un “accidental politician”,
in tempi più recenti ha assunto, nella lettura della stampa indiana, un diverso
colore, e viene rappresentata come rifiuto di affrontare le controversie che in
numero crescente gli turbinano intorno; il silenzio viene interpretato come
debolezza e l’argomento della privacy
come un segnale di political non-accountability.
Questa
immagine negativa si è inevitabilmente riverberata sulla linea di sobrietà di
Rahul Gandhi, a sua volta non convincente quando chiamato
a misurarsi su questioni quali il coinvolgimento di suo padre in scandali (il
più recente risale all’aprile 2013, quando secondo documenti rilasciati da WikiLeaks
l’ex premier indiano era accusato di agire da intermediario presso il governo
di Delhi per una company aeronautica
svedese).
I recenti interventi governativi (apertura ad
aziende straniere, taglio del 12% ai sussidi per il cibo e il carburante,
investimenti stranieri nel settore energetico, delle telecomunicazioni,
dell’aviazione) ma soprattutto il Food Security Bill (che dovrebbe coinvolgere 800 milioni di persone su un totale di 1,2 miliardi) dovrebbero
contribuire a consolidare il Partito del Congresso un pò in tutte le fasce
sociali.
Il
BJP è apparentemente più debole di quanto non fosse nel 2009,
quando si presentò alle elezioni forte dell’essere al governo in sette Stati
indiani mentre oggi ne guida solo quattro; il candidato premier Modi, come
accennato, governa il Gujarat e non è
detto che l’intensa propaganda dei successi economici locali sia sufficiente a
garantirgli una messe di voti sufficiente a conquistare la premiership.
In una campagna segnata da una profonda indecisione degli elettori, gli
osservatori sottolineano che entrambi i
partiti non hanno ancora preso posizione sulle questioni della politica estera,
della collocazione strategica del paese, della sicurezza e sul complesso delle
tematiche pan-indiane, temi tutti, questi, che contraddistinguono la dimensione
nazionale di un partito.
Quanto ai rapporti di forza tra le parti a
livello locale, la più recente misura si è avuta con le elezioni amministrative svoltesi, a fine 2013, a Nuova Delhi, nel
Rajasthan, nel Madhya Pradesh e nel Chhattisgarh: il Partito del Congresso di Sonia Gandhi ha subito una pesante
sconfitta perdendo in tutte le quattro le consultazioni a vantaggio del Partito
popolare.
Nella capitale
federale, in particolare, ha trionfato Arvind Kejriwal, leader dell’Aam Admi Party (Partito dell’Uomo della
Strada), che ha annullato 15 anni di potere della governatrice Sheila Dikshit,
fedelissima di Sonia Gandhi, ritenuta invincibile. Cavalcando il malcontento
popolare Arvind Kejriwal, che ha
conquistato 28 seggi sui 70 dell’assemblea legislativa della capitale, governa
ora Delhi con l’appoggio esterno del Partito del Congresso (8 seggi), mentre il
Bjp, che ne ha ottenuti 32, si è rifiutato di formare il governo non disponendo
della maggioranza.
L’assunzione del governo di Delhi è stata
preceduta dalla consultazione della base elettorale dell’Aam Admi Party che, secondo quanto riportato da agenzie di stampa,
ha approvato la proposta di formazione di un governo con appoggio esterno del Partito
del Cogresso nella misura dei 2/3 dei partecipanti al sondaggio.
Il 20-21 gennaio 2014 il Chief Minister Kejriwal è
stato protagonista di una dimostrazione definita dalla stampa "un caso unico nella storia democratica
indiana", impegnandosi in un sit-in di protesta contro la polizia,
responsabile di non voler rimuovere cinque poliziotti che non avrebbero preso
provvedimenti contro immigrati africani sospettati di traffico di droga e di
prostituzione, e minacciando – come riferito dall’agenzia Ians – di "invadere le strade della capitale con
centinaia di migliaia di persone se le sue domande non saranno
soddisfatte". La manifestazione avrebbe prodotto un enorme caos nella
metropoli.
La vicenda dei due fucilieri di marina
Il clamoroso rinascere della pirateria
– inizialmente soprattutto al largo delle coste del Corno d’Africa, e in
particolare della Somalia avvolta nella spirale di una crisi politica ed
economico-sociale di proporzioni inaudite – convinceva la Comunità
internazionale a reagire: in questo quadro l’Unione
europea varava nel dicembre
2008 la missione ATALANTA, nell'ambito
della politica europea di sicurezza e di difesa comune (PSDC) e in conformità
con le pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite,
in risposta ai crescenti livelli di pirateria nel occidentale dell'Oceano
Indiano.
Obiettivi principali della missione erano:
- la protezione delle navi del Programma alimentare mondiale (PAM ) impegnate nella consegna di aiuti alimentari alle popolazioni sfollate in Somalia, nonché la tutela dei trasporti marittimi collegati alla missione dell'Unione Africana in Somalia (AMISOM);
- la dissuasione, la prevenzione e la
repressione degli atti di pirateria al - largo della Somalia ;
- il monitoraggio delle attività di pesca al largo delle coste della Somalia.
Tipicamente , EU NAVFOR - Atalanta si compone di 4-7 navi da combattimento di superficie , 1-2 navi ausiliarie e 2-3 aerei di pattugliamento, schierati in una zona operativa che copre circa la dimensione dell'Unione europea : comprende il sud del Mar Rosso , il Golfo di Aden e l'Oceano indiano occidentale , incluse le Seychelles. L'attuale mandato è stato rinnovato il 23 marzo 2012 e si estende fino al dicembre 2014. Nell'ambito della stessa decisione, l'area operativa di EUNAVFOR - Atalanta è stata estesa per includere aree costiere somale e acque interne.
Da marzo ad agosto 2009 la NATO lanciava intanto l'Operazione
Allied Protector, per migliorare
la sicurezza delle rotte marittime commerciali e della navigazione
internazionale al largo del Corno d' Africa. La forza multinazionale,
assicurata da gruppi navali permanenti della NATO, ha condotto compiti di
sorveglianza e ha fornito protezione per scoraggiare e reprimere la pirateria e
gli atti di rapina armati. Ad Allies
Protector succedeva il 17 agosto 2009 l’operazione
Ocean Shield, caratterizzata
dall'adozione di un approccio più globale alle iniziative di contrasto alla
pirateria. L'obiettivo principale è quello di condurre operazioni di contrasto
alla pirateria in mare ed allo stesso tempo di assistere gli Stati regionali
che ne fanno richiesta a sviluppare capacità di contrasto alla pirateria.
Nonostante i successi delle missioni internazionali, emergeva progressivamente la possibilità di potenziare ulteriormente la difesa del naviglio commerciale apprestando a bordo dei natanti apposite installazioni a supporto dell’azione di contrasto agli attacchi dei pirati affidata a nuclei armati di guardie private.
Anche in Italia il
dibattito si orientava in tal senso: il
22 giugno 2011 la Commissione Difesa del Senato concludeva l’esame di un
documento sul possibile impiego di personale militare a
bordo del naviglio mercantile e da diporto che transita in acque internazionali colpite
dal fenomeno della pirateria.
La risoluzione
approvata impegnava tra
l’altro il Governo ad “individuare urgentemente soluzioni legislative che
consentano di superare le problematiche di natura giuridica connesse alla
creazione di un'adeguata strategia di autodifesa, al fine di tutelare nel modo
più ampio possibile il naviglio mercantile e da diporto battente bandiera
italiana che transita in acque internazionali ad alto rischio pirateria, oggi
esposto ad insostenibili e sempre crescenti rischi umani, economici e sociali”
e conseguentemente “a predisporre, mediante lo strumento della decretazione
d'urgenza, a partire dal prossimo atto di rifinanziamento delle missioni
internazionali un provvedimento che configuri - quale soluzione funzionale ma non
esclusiva - la possibilità di impiegare a bordo delle navi battenti
bandiera italiana team armati
della Marina militare, il cui derivante onere finanziario sia a totale
carico degli armatori che ne faranno richiesta. La risoluzione lasciava altresì
aperta la porta all’impiego di team
di guardie private a bordo delle navi.
Si giungeva così, nell’ambito del decreto di rifinanziamento delle missioni internazionali per il secondo semestre del 2011 – D.L. 107/2011, art. 5 – alla formulazione di una normativa volta a consentire l’impiego di nuclei militari, ovvero di guardie private, allo scopo di prevenire ed eventualmente respingere attacchi di pirati al naviglio nazionale.
In particolare, il comma 1 dell'articolo in oggetto prevede che il Ministero della difesa possa stipulare con l'armatoria privata italiana e con altri soggetti aventi analogo potere di rappresentanza, convenzioni per la protezione delle navi battenti bandiera italiana che debbano attraversare spazi marittimi internazionali a rischio di episodi di pirateria, mediante l'imbarco a titolo oneroso e a richiesta degli armatori, di Nuclei militari di protezione (NMP) della Marina, composti eventualmente anche di personale delle altre Forze armate, dotati di armamento previsto per l'espletamento del servizio. Il medesimo comma specifica inoltre come l'individuazione degli spazi marittimi internazionali a rischio di pirateria avvenga tramite decreto del Ministero della difesa sentiti i Ministri degli affari esteri e delle infrastrutture e dei trasporti, valutate le indicazioni periodiche dell'International Maritime Organization (IMO).
Il comma 2 precisa che al comandante di ciascun N.M.P. ed al personale della marina militare da esso dipendente, siano attribuite in relazione ai reati di pirateria di cui agli artt. 1135 e 1136 del codice della navigazione (RD n. 327/1942) ed a quelli ad essi connessi ex art. 12 c.p.p. – rispettivamente - le funzioni di ufficiale e di agente di polizia giudiziaria.
Si ricorda che l'art. 1135 cod. nav.
punisce il reato di pirateria
sanzionando con la reclusione da 10 a 20 anni il comandante o l'ufficiale di
nave nazionale o straniera, che commetta atti di depredazione a danno di una
imbarcazione nazionale o straniera o del relativo carico, ovvero a scopo di
depredazione commetta violenze a danno di persone imbarcate.
L'art. 1136 cod. nav. (nave sospetta di pirateria) punisce con
la reclusione da 5 a 10 anni il comandante o l'ufficiale di nave nazionale o
straniera, fornita abusivamente di armi, che navighi senza essere munita delle
carte di bordo.
Per entrambi i reati la pena è
diminuita di 1/3 per gli altri componenti dell'equipaggio e della metà per gli
estranei presenti a bordo.
Il comma 2 estende, inoltre, l’applicazione al citato personale militare:
- dell’art. 5 comma 1, del DL 209/2008, ovvero
la disciplina del codice penale militare di pace; la competenza territoriale, a fini processuali, del tribunale militare di Roma; l’arresto
obbligatorio in flagranza per una serie specifica di reati militari
prevista dallo stesso codice nonché le condizioni di efficacia dell’arresto e
le modalità dell’interrogatorio del militare;
- dell’articolo 4, commi 1-sexies e 1-septies, del D.L. 152/2009 cioè l’applicazione della scriminante (causa di non punibilità) a favore del militare che, nel corso delle missioni internazionali, in conformità alle direttive, alle regole di ingaggio ovvero agli ordini legittimamente impartiti, faccia uso ovvero ordini di fare uso delle armi, della forza o di altro mezzo di coazione fisica, per le necessità delle operazioni militari; è fatta, tuttavia, fatta salva l'applicabilità delle disposizioni sui delitti colposi ove si eccedano per colpa i limiti posti dalla legge, dalle regole di ingaggio o dagli ordini ricevuti.
Il comma 3 dispone che, per la fruizione dei servizi di protezione mediante i Nuclei militari di protezione, gli armatori provvedano al ristoro dei relativi oneri, comprensivi delle spese per il personale di cui al comma precedente e di quelle necessarie per le convenzioni stipulate ai sensi del comma 1. Le somme devono essere corrisposte mediante versamenti all'entrata del bilancio dello Stato, riassegnati entro sessanta giorni ai relativi capitoli di previsione della spesa del Ministero della difesa, in deroga a quanto previsto dalla legge finanziaria 2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244, articolo 2, commi 615, 616 e 617) in materia di iscrizioni di stanziamenti negli stati di previsione dei Ministeri.
Il comma 4 stabilisce che nell'ambito delle attività internazionali di contrasto della pirateria e della partecipazione di personale militare alle operazioni di cui all'articolo 4, comma 13, del presente decreto, nei casi in cui non sono previsti i servizi di protezione di cui al precedente comma 1, l'impiego di guardie giurate a bordo delle navi mercantili battenti bandiera italiana che transitano in acque internazionali individuate con il decreto di cui al comma 1, a protezione delle stesse e nei limiti di cui ai successivi commi 5, 5-bis e 5-ter.
Ai
sensi del successivo comma 5, il
suddetto impiego è consentito esclusivamente a bordo delle navi predisposte per
la difesa da atti di pirateria, mediante l'attuazione di almeno una delle
vigenti tipologie ricomprese nelle "best management practices"
di autoprotezione del naviglio definite dall'International Maritime
Organization (IMO), nonché autorizzate alla detenzione delle armi ai sensi
del comma 5-bis, attraverso il ricorso a guardie giurate individuate tra
quelle che abbiano prestato servizio nelle Forze armate, anche come volontari,
con esclusione dei militari di leva, e che abbiano superato i corsi
teorico-pratici previsti ex lege.
Successive modifiche legislative hanno previsto che “fino al 30 giugno 2014
possono essere impiegate anche le guardie giurate che non abbiano ancora
frequentato i predetti corsi teorico-pratici, a condizione che abbiano
partecipato per un periodo di almeno sei mesi, quali appartenenti alle Forze
armate, alle missioni internazionali in incarichi operativi e che tale
condizione sia attestata dal Ministero della difesa”.
Il comma
5-bis stabilisce che Il personale di cui al comma 4,
nell'espletamento delle attività di contrasto alla pirateria entro i limiti territoriali
delle acque internazionali a rischio, può utilizzare le armi comuni da sparo,
nonché le armi in dotazione delle navi, appositamente predisposte per la loro
custodia, detenute previa autorizzazione del Ministro dell'interno rilasciata
all'armatore ai sensi dell'articolo 28 del T.U.L.P.S., rilasciata anche per
l'acquisto, il trasporto e la cessione in comodato al medesimo personale di cui
al comma 4. Successive modifiche legislative hanno previsto che “con le
medesime autorizzazioni possono essere autorizzati anche l'imbarco e lo sbarco
delle armi a bordo delle navi di cui al comma 5, nei porti degli Stati le cui
acque territoriali sono confinanti con le aree a rischio di pirateria
individuate con il decreto del Ministro della difesa, di cui al comma 1.”
Il comma 5-ter rinvia ad un successivo decreto del Ministro
dell'interno, da adottare entro il 31 marzo 2012 di concerto con i Ministri
della difesa e delle infrastrutture e dei trasporti, la definizione delle
modalità attuative dei commi 5 e 5-bis, comprese quelle relative all'imbarco e
allo sbarco delle armi, al porto e al trasporto delle stesse e del relativo
munizionamento, alla quantità di armi detenute a bordo della nave e la loro
tipologia, nonché ai rapporti tra il personale di cui al comma 4 ed il
comandante della nave durante l'espletamento dei compiti di cui al medesimo
comma.
Infine, il comma 6-bis novella l’articolo 111 del Codice dell’ordinamento militare, estendendo anche al contrasto alla pirateria i compiti della Marina Militare a tutela degli interessi nazionali al di là del limite esterno del mare territoriale.
Il 15 febbraio 2012, al largo delle coste
indiane del Kerala (Stato sud-occidentale dell’Unione Indiana), nel Mar
Arabico, la petroliera italiana Enrica
Lexie ha incrociato un’imbarcazione non identificata, che procedeva
nella sua direzione senza rispettare l’alt
intimato dai segnali luminosi del mercantile italiano, che rappresentano un
codice di comunicazione tra navi, necessario per identificarsi a distanza in
quelle acque ad alto rischio pirateria.
L’area rientra
infatti in una delle zone ad alto rischio pirateria, individuata già nel 2011
dall‘International Transport Workers Federation (ITF) nel tratto che va
dalle coste somale verso est, sino al meridiano 76 e verso sud al parallelo 16,
e quindi in acque internazionali
direttamente confinanti con le acque territoriali indiane. Nelle aree ad
alto rischio pirateria: i mercantili sono invitati ad adottare le misure di
autoprotezione raccomandate dall’Organizzazione
marittima internazionale (IMO);
i marittimi imbarcati percepiscono un raddoppio delle indennità giornaliere e
gli armatori pagano premi di assicurazione maggiorati.
Nel corso
dell’episodio i fucilieri di marina del reggimento
San Marco imbarcati sulla Enrica Lexie, con compiti anti –
pirateria, hanno esploso alcuni colpi di avvertimento per mettere in fuga
l’imbarcazione sospetta.
Successivamente il
peschereccio indiano St. Anthony, con undici uomini di equipaggio, rientrava
nel porto di Kochi (sulla medesima costa del Kerala), con due marittimi uccisi da diversi colpi di arma da fuoco.
Le autorità del Kerala invitavano, con un pretesto, la Enrica Lexie a rientrare a Kochi e procedevano all’arresto di due marò del reggimento San Marco, il sergente Salvatore Girone ed il capo di prima classe Massimiliano Latorre, accusandoli di aver ucciso i due pescatori.
L’avvio
delle trattative diplomatiche
La linea sostenuta
sin dall’origine dal Governo italiano è che l’episodio incriminato sia avvenuto in acque internazionali
(dove vige il diritto dello Stato la cui nave batte bandiera) e che i due marò
in quel momento stessero esercitando funzioni
di militari in missione all’estero e che dunque agissero per conto dello
Stato italiano; in tale veste essi pertanto godono dell’immunità della giurisdizione rispetto agli Stati stranieri.
D’altra parte, lo Stato del Kerala ha da subito
considerato il fatto di propria competenza, in quanto i due pescatori uccisi
erano di nazionalità indiana; il Governo
centrale indiano ha avuto pertanto, all’inizio, uno strettissimo margine di
manovra, a causa della autonomia delle autorità locali e dell’indipendenza
della magistratura rispetto al potere politico.
Il sottosegretario
agli Affari esteri pro tempore Staffan De Mistura ha garantito una
continua presenza in loco ed è stato impegnato
in lunghe trattative con le autorità indiane ogni volta che si presentavano
nuovi sviluppi sulla vicenda.
Il 5 marzo, tre settimane dopo la morte dei due pescatori, Massimiliano Latorre
e Salvatore Girone sono stati trasferiti
dal carcere di Trivandrum alla Borstal School di Kochi. Il sottosegretario De Mistura si è opposto con forza alla
reclusione dei due militari italiani in un centro di detenzione per detenuti
comuni, trattando con il direttore del carcere per ottenere una soluzione più
adeguata.
Tre settimane dopo
il fermo della Enrica Lexie nel porto di Kochi, anche l’Unione europea,
nella figura dell’Alto Rappresentante per la politica estera, si è decisa a
schierarsi a supporto dell’Italia nella sua azione diplomatica per giungere,
secondo le parole di Catherine Ashton,
“ad una soluzione soddisfacente”.
Il G8
che si è svolto a Washington nell’aprile
2012 (due mesi dopo la morte dei due pescatori indiani) ha poi riaffermato, nel
suo documento finale, il principio che attribuisce alla bandiera delle navi il
diritto di giurisdizione in caso di incidente in acque internazionali: un endorsement
formale alla posizione sostenuta dall’Italia nel negoziato con l’India, correlato
dalla firma degli otto ministri degli esteri.
A fine aprile 2012, il ministro degli esteri Terzi
dichiarava di aver ottenuto l’appoggio di una ventina di paesi di ogni parte
del mondo, che erano intervenuti presso l’India per favorire una soluzione del
braccio di ferro diplomatico.
L’azione
diplomatica dell’Italia ha registrato un momento di tensione quando, nel giugno 2012, sono state formalizzate le accuse per i due marò da parte delle
autorità del Kerala: omicidio, tentato omicidio, associazione a delinquere
e danneggiamento. A seguito dei gravi capi di imputazione, l’Italia ha adottato
la linea dura (secondo alcuni voluta da Staffan De Mistura), ovvero richiamare
in patria per “consultazioni” l’ambasciatore italiano in India Giacomo Sanfelice.
La diplomazia
italiana ha poi ripreso la strategia collaborativa conseguendo un primo
risultato positivo, quando il 30 maggio
2012, dopo 82 giorni di detenzione, i
due militari italiani sono stati rilasciati su cauzione.
Le prime iniziative
internazionali promosse dall’Italia
Alla fine di ottobre, il ministro Terzi ha preso
contatti con il nuovo ministro degli Esteri indiano Salman Khurshid (musulmano di 59 anni, esponente del Partito del
Congresso), sottolineando l’urgenza di una soluzione positiva del caso che vede
coinvolti i due fucilieri della Marina militare.
L’Italia ha portato il caso anche
all’attenzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, a margine della
riunione delle Nazioni Unite per l’accordo sull’estensione del protocollo di
Kyoto, che si è svolta nel dicembre 2012
a Doha.
Nel frattempo sono
arrivati due segnali distensivi da Nuova Delhi: il primo è che, il 20 dicembre 2012, il tribunale di Kollam ha nuovamente rinviato il processo, in
attesa del verdetto della Corte Suprema
di Nuova Delhi sulla giurisdizione del caso, ed ha concesso una licenza di due settimane per Natale,
su cauzione e con dichiarazione giurata, per
i due marò, che hanno così potuto trascorrere le festività in patria con le
loro famiglie (sono rientrati in India il 3 gennaio).
Il secondo è stato
la pronuncia della Corte suprema indiana del 19 gennaio 2013, che ha negato
la giurisdizione alla Corte del Kerala sul caso, e ha disposto la creazione
di un tribunale speciale, costituito in coordinamento dal governo e dalla
stessa Corte suprema, a Nuova Delhi, per esaminare la questione della
giurisdizione (indiana o italiana).
I giudici hanno stabilito l'incompetenza dello
Stato del Kerala che "non
aveva giurisdizione" per intervenire, dato che "il fatto non era avvenuto nelle acque territoriali indiane",
anche se la Corte ha ribadito che, nel loro servizio sulla Enrica Lexie, "i
marò non godevano di quella immunità sovrana" che avrebbe
determinato automaticamente la giurisdizione italiana.
Il risultato della
“de-keralizzazione” è stato significativo poiché in quello Stato si era venuta
a creare una certa pressione mediatica
e dell’opinione pubblica nei confronti dei marò, che avrebbe potuto influenzare
in maniera negativa lo svolgimento del processo.
Il 22 febbraio 2013, ai due marò viene
concesso nuovamente, dalla Corte suprema indiana, un permesso di quattro settimane per tornare in Italia in occasione
delle elezioni politiche svoltesi il 24 e 25 febbraio 2013 e per poter
trascorrere un periodo di tempo con i loro familiari.
I fucilieri vengono
in quei giorni interrogati dalla Procura
militare di Roma e indagati per i reati di violata consegna aggravata e
dispersione di oggetti di armamento militare in relazione ai fatti che nel
febbraio del 2012.
L’apertura della
controversia internazionale e lo svolgimento delle indagini in India
Il successivo 11 marzo, l'ambasciatore italiano a
Nuova Delhi Daniele Mancini dichiara
che i due fucilieri di marina non
sarebbero tornati in India alla scadenza del permesso loro concesso, sulla
base di un decisione assunta d'intesa con i ministeri della Difesa e della
Giustizia e in coordinamento con la presidenza del Consiglio dei ministri. La
decisione è confermata dal Ministro degli Esteri Giulio Terzi.
Si apre quindi una
controversia internazionale con l'India, poichè, come riportato nella nota
verbale della nostra Ambasciata, "l'Italia ha sempre ritenuto che la
condotta delle Autorità indiane violasse gli obblighi di diritto internazionale
gravanti sull'India in virtù del diritto consuetudinario e pattizio, in
particolare il principio dell'immunità dalla giurisdizione degli organi dello
Stato straniero e le regole della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto
del Mare (UNCLOS) del 1982''.
Il 13 marzo il
premier indiano Manmohan Singh
minacciava "seri provvedimenti", mentre il governo indiano annunciava
provvedimenti restrittivi della libertà di movimento dell’ambasciatore italiano
Mancini, negandogli la piena immunità e vietandogli di lasciare l’India.
La decisione italiana viene modificata pochi
giorni dopo: il 21 marzo 2013, infatti, il Governo
decide di far ritornare i due sottufficiali italiani in India dopo aver
ottenuto garanzie sulla tutela degli stessi, che saranno giudicati da un
tribunale speciale indiano.
I due fucilieri di
marina rientrano in India il 22 marzo,
accompagnati dal sottosegretario Staffan de Mistura, e vengono ospitati nell'Ambasciata
italiana a Delhi, con obbligo di firma
settimanale in un posto di polizia della capitale.
De Mistura
dichiara di avere avuto la garanzia che non
sarà applicata la pena di morte, come confermato anche dal Ministro degli
esteri indiano, ma il Governo indiano precisa che non è stata data alcuna
garanzia sulla sentenza; il Sottosegretario ribadisce di avere un'assicurazione
scritta del governo indiano sulla non applicabilità della pena di morte nei
confronti dei due fucilieri.
Il 25 marzo i due militari rivolgono un
appello alle forze politiche, con una lettera aperta che chiede di unire le
forze per risolvere questo gravissimo caso internazionale.
In seguito alla
decisione di far tornare in India i due marò, il 26 marzo, durante il dibattito parlamentare sulla questione
svoltosi presso la Camera dei deputati, il
Ministro degli Esteri Giulio Terzi annuncia le sue dimissioni, opponendosi
alla decisione assunta dal Governo di riconsegnare i due militari all’India.
Il Presidente del
Consiglio Monti assume l’interim del
dicastero degli esteri il 27 marzo.
Il 30 marzo il Governo indiano annuncia
l’affidamento di nuove indagini
all'Agenzia nazionale di investigazione (Nia), la polizia federale indiana specializzata
nei reati contro la sicurezza nazionale. I legali dei due marò presentano
ricorso contro la decisione, ma la Corte suprema indiana non lo accoglie.
Il successivo 10 aprile il premier Singh garantisce
che il caso dei due fucilieri non rientra fra quelli che possono comportare la
pena capitale.
Il 3 maggio 2013 Staffan De Mistura viene nominato inviato speciale presso il governo
indiano per il caso dei marò da parte del Governo Letta.
Il 9 agosto 2013 i due marò rifiutano di rilasciare dichiarazioni alla NIA; il 16 settembre le autorità indiana chiedono di poter interrogare gli altri quattro fucilieri presenti all'incidente. Si apre un contenzioso tra il Governo italiano e quello indiano: l’Italia si rifiuta di inviare i quattro militari e propone che l’eventuale interrogatorio possa svolgersi in territorio italiano. La soluzione trovata è quella di consentire l’interrogatorio in videoconferenza presso l’ambasciata indiana a Roma, che avviene l’11 novembre, quando i quattro militari vengono interrogati separatamente alla presenza di un traduttore e di un team della NIA.
Gli sviluppi recenti
Il 13 novembre presso le Commissioni
congiunte Esteri e Difesa dei due rami del Parlamento si è svolta l’audizione del Commissario straordinario
del Governo per la questione dei due fucilieri «marò», dottor Staffan de
Mistura.
Il 30 novembre fonti della NIA affermano
che l’Agenzia avrebbe suggerito al Ministero dell'Interno di procedere all' incriminazione di Latorre e Girone in base
all'articolo 3 del SUA Act (The Suppression of Unlawful Acts
against Safety of Marittime Navigation and Fixed Platforms on Continental Shelf
Act, la legge adottata dal legislatore federale indiano il 20 dicembre 2002
per dare esecuzione ad un’omonima Convenzione internazionale firmata a
Roma il 10 marzo 1988 dopo il dirottamento della nave Achille Lauro), che prevede
l’applicazione della pena capitale[10].
L’ 8 gennaio 2014 l’Italia ottiene il
rinvio al 30 gennaio dell'udienza, in quanto la polizia indiana non ha ancora
depositato il rapporto frutto delle indagini svolte dallo scorso aprile.
Dal 10 gennaio si
rincorrono voci sulla possibile applicazione della pena capitale da parte delle
autorità giudiziarie indiane.
Il 14 gennaio l'Italia decide di ricorrere alla Corte suprema indiana per denunciare i gravi ritardi
nell'inchiesta e per contestare l’applicabilità del SUA Act che, essendo uno strumento
normativo di repressione del terrorismo internazionale, è per ciò stesso
totalmente inapplicabile al personale militare italiano imbarcato in funzioni
di lotta alla pirateria.
La protezione delle navi commerciali dalla
pirateria
La pirateria marittima è un vecchio crimine
internazionale, che ha avuto
improvvisamente una recrudescenza a causa dell’instabilità politica di taluni
Stati costieri e specialmente della Somalia, il cui territorio è teatro di
lotte intestine e di una guerra civile prolungata.
Il principio fondamentale è comunemente
rappresentato dal detto “la terra domina il mare”, nel senso
che se in terraferma esiste un governo che fa rispettare la legge e l’ordine,
altrettanto avviene nelle acque prospicienti le sue coste, mediante la vigilanza
della guardia costiera che svolge un’adeguata opera di prevenzione e impedisce
che bande armate si dedichino a imprese piratesche[11].
La protezione della navigazione è innanzitutto
affidata alle navi da guerra, che hanno il
potere di esercitare la polizia dell’alto mare e all’occorrenza catturare una
nave pirata, sequestrarla e consegnare i pirati alla propria autorità
giudiziaria o a quella di un terzo Stato.
La lotta alla
pirateria può essere condotta da singole marine da guerra o anche da flotte multinazionali.
Ne costituiscono un esempio le operazioni dell’Unione Europea (Operazione Atalanta), della Nato (Ocean Shield) e altre come la Combined Task Force 151 a guida USA di
stanza a Bahrain. Altre marine da guerra operano singolarmente in Oceano indiano,
incluse le marine russe e cinese.
Una nave militare
non può entrare nelle acque territoriali altrui senza il consenso dello Stato
costiero o l’autorizzazione del Consiglio
di sicurezza delle Nazioni Unite (Cds). Il Cds ha adottato numerose
risoluzioni che hanno autorizzato l’intervento nelle acque territoriali somale,
e in tal modo hanno supplito alla mancanza di effettività del governo
transitorio somalo, che aveva dato il consenso alle operazioni marittime.
La protezione del naviglio commerciale può essere
effettuata anche da personale armato a bordo della nave. La
differenza fondamentale rispetto alla protezione affidata alle navi da guerra
consiste nel fatto che solo le navi da guerra possono dare la caccia ai pirati.
Il personale armato a bordo dei
mercantili può solo esercitare il diritto di legittima difesa per far fronte ad
un attacco piratesco. L’imbarco di personale armato a bordo di navi
commerciali, in un primo tempo visto con sfavore dall’Organizzazione marittima
internazionale (IMO), ha finito per essere accettato anche su pressione delle
associazioni armatoriali. Il calo degli incidenti pirateschi è dovuto non solo
alla presenza di flotte multinazionali, ma anche al ruolo svolto dal personale
armato a bordo dei mercantili.
Il personale può appartenere a due categorie:
personale civile (guardie armate o
contractor) e personale militare. La scelta dipende dalla legislazione dello
Stato della bandiera. Taluni Stati consentono solo l’imbarco di personale
civile, altri di personale militare. Esistono sistemi duali, come quello
italiano che consente l’imbarco di personale militare e, in mancanza, di
personale civile.
Lo sforzo
congiunto ha portato alla diminuzione degli attacchi pirateschi: dai 406
verificatisi nel 2009 sono scesi a circa 206 nel 2013.
La localizzazione
dell’incidente e lo svolgimento del processo
L’incidente della Enrica Lexie (E.L.) si è verificato al
largo delle coste indiane del Kerala il 15 febbraio 2012 . La nave battente
bandiera italiana, proveniente da Singapore, era diretta a Gibuti ed aveva a
bordo un team di sei fucilieri di marina (Marò appartenenti al Battaglione San
Marco).
Secondo la versione
italiana dell’incidente, un’imbarcazione non identificata si stava avvicinando
alla E.L. nonostante i segnali visivi con ripetuti flash. Dalla E.L. sono state
mostrate le armi e quindi sparate raffiche di avvertimento, non con
l’intenzione di colpire la nave, ma in acqua. Quella che era stata scambiata
per una nave pirata era in realtà una nave da pesca, il St Anthony, che si allontanava dopo i tiri partiti dalla E.L.
Due pescatori rimanevano uccisi, fatto ignorato dall’equipaggio della E.L. A
quanto sembra nella zona incrociavano altre navi, trattandosi di una rotta
affollata e, sempre da parte italiana, è stato ingenerato il dubbio che i colpi
letali fossero partiti da un’altra nave.
L’India ha
istituito sia una Zona contigua (ZC)
sia una Zona economica esclusiva
(ZEE). Al momento dell’incidente la E.L. si trovava a 22.5 miglia marine dalla costa dell’India[12].
Secondo la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto
del mare (Unclos, nell’acronimo inglese), che ripete sul punto la
Convenzione di Ginevra sul mare territoriale e il diritto internazionale
consuetudinario, lo Stato costiero
esercita sulla zona contigua adiacente al proprio mare territoriale solo poteri
funzionali per prevenire e reprimere violazioni alle proprie leggi in materia
doganale, fiscale, sanitaria e d’immigrazione. A tutti gli altri effetti, e
quindi anche per quanto riguarda la lotta alla pirateria, la Zona contigua è una zona di alto mare.
La E.L. fu
attirata nel porto indiano di Kochi con una “smart move” (versione
indiana), essendo stata richiesta di identificare pirati catturati dalla
guardia costiera indiana. I due fucilieri di marina sottoposti a processo in
India (Massimiliano Latorre e Salvatore Girone) facevano parte di un team di
sei militari, di cui quattro sono rientrati in Italia, dopo che alla nave,
su ricorso dell’armatore, era stato consentito di rientrare in Italia in
seguito ad una sentenza della Corte Suprema indiana del 2 maggio 2012, di
annullamento di una decisione contraria dell’Alta Corte del Kerala.
Per ottenere la
liberazione dei due marò, il Governo italiano aveva fatto ricorso all’ Alta Corte del Kerala, che nella
sentenza del 29 maggio 2012 rigetta l’istanza, volta a contestare la
giurisdizione indiana sul caso. Contro la sentenza dell’Alta Corte del Kerala,
il governo presenta un ricorso alla Corte suprema di Nuova Delhi, che emette la sentenza il 18 gennaio 2013.
La decisione è sfavorevole alle tesi italiane, ma
si registra un parziale successo nella rimozione del processo dai tribunali del
Kerala. La Corte Suprema
afferma che nelle acque in cui è avvenuto l’incidente (ZC e ZEE) lo Stato del
Kerala non ha giurisdizione, potendo essa essere esercitata fino al limite
della acque territoriali (cioè sino al limite delle 12 miglia), mentre secondo
la Corte Suprema l’incidente è avvenuto a 20,5 miglia dalla costa. Oltre le
acque territoriali, la giurisdizione appartiene all’Unione Indiana e non ad un
suo Stato componente. Viene pertanto statuito che il procedimento penale in
corso presso il Tribunale di Kollam
(Stato del Kerala) nei confronti dei Marò deve terminare e che dovrà essere istituita una Corte speciale per giudicare il caso,
presso cui potrà essere risollevata la
questione della giurisdizione.
La sentenza della
Corte suprema indiana
La difesa
italiana, sostenuta davanti all’Alta Corte del Kerala e successivamente
riproposta davanti alla Corte Suprema dell’India a Nuova Delhi, è fondata su
due argomenti principali: 1) l’immunità
funzionale dei militari imbarcati sulla E.L., in quanto organi dello Stato;
2) la localizzazione in alto mare
dell’evento che avrebbe causato la morte dei pescatori indiani, a supporre
che effettivamente la morte sia imputabile ai due Marò, come sostenuto dall’accusa.
Quanto al primo punto, si è prospettata la tesi secondo cui i due militari italiani, essendo organi
dello Stato italiano cui la legge attribuisce funzioni di ufficiali di polizia,
godono di immunità funzionale,
svolgendo un’attività pubblica, incentrata sulla lotta alla pirateria, in
conformità alle risoluzioni delle Nazioni Unite.
Quanto al secondo, la tesi italiana è che si sarebbe trattato di un “incidente della navigazione” occorso in
alto mare, incidente che ricade sotto la giurisdizione dello Stato della bandiera della nave che lo ha provocato
(art. 97 Unclos). È stato anche precisato che l’ingresso della nave italiana nel porto di Kochi è avvenuto con
l’inganno, essendo stato il comandante della nave richiesto di identificare
il naviglio dei pirati che si trovava nel luogo dell’incidente.
Da parte indiana si è invece argomentato che la
nave italiana era una nave commerciale e non una nave da guerra o adibita a
servizio pubblico. Inoltre i Marò
prestavano servizio a favore dell’armatore, tanto che il soldo era a suo carico
(mentre in realtà l’armatore corrisponde
le spese direttamente al Ministero della difesa). Essi pertanto, sempre
secondo l’India, non avrebbero potuto godere di immunità alcuna. Si è inoltre
affermato che l’incidente è avvenuto fuori delle acque territoriali, ma pur
sempre nella Zona contigua indiana, che si estende per ulteriori 12 miglia
oltre il limite esterno delle acque territoriali. Sarebbe stato quindi inapplicabile
l’art. 97 della Convenzione del diritto del mare, che riguarda l’alto mare stricto sensu.
Le criticità della sentenza
della Corte suprema
L’art. 97 Unclos
assoggetta alla giurisdizione dello Stato della bandiera le collisioni e
qualunque altro incidente della navigazione avvenuto in alto mare. Si può anche
contestare che il caso della Lexie,
che chiaramente non è un caso di collisione, non sia ricompreso tra “ogni altro
incidente della navigazione”, ma non si
può certamente dire che l’art. 97 non sia applicabile nella zona contigua,
essendo questa una zona di alto mare a tutti gli effetti, tranne che per
gli speciali poteri attribuiti allo Stato costiero, tra i quali, come si è
visto, non rientrano quelli esercitabili in occasione di incidenti del genere
della E.L..
Tra l’altro è stata proposta in dottrina una
interpretazione evolutiva dell’art. 97, secondo cui per incidente della
navigazione potrebbe intendersi anche un incidente causato dalla difesa contro
supposti attacchi pirateschi.
La questione dell’immunità non è stata
adeguatamente esaminata dai giudici della Corte Suprema, che hanno elegantemente schivato la questione,
limitandosi a riassumere le argomentazioni sull’immunità prospettate dai
difensori dell’Italia e dei due marò e le controdeduzioni degli avvocati
dell’Unione indiana e del Kerala. Hanno
solo rimarcato l’applicabilità del codice penale indiano alla fattispecie,
affermando peraltro anche l’applicabilità dell’art. 100 UNCLOS, senza
aggiungere alcuna precisa delucidazione sulla portata della disposizione sul
caso in esame.
L’immunità
funzionale
E’ bene precisare in cosa consistano natura e
fondamento dell’immunità funzionale,
poiché si fa spesso confusione tra immunità funzionale, immunità personale e
immunità dello Stato estero dalla giurisdizione. Prova ne sia l’intervento
dell’avvocato dell’Unione indiana dinanzi alla Corte suprema, così come
riassunto da uno dei giudici, che ha citato la Convenzione di Vienna sulle
immunità diplomatiche, quella delle Nazioni Unite sull’immunità giurisdizionale
dello Stato ed il caso Pinochet.
La distinzione tra immunità personale e immunità
funzionale è nozione acquisita in diritto internazionale. La prima appartiene ad una determinata categoria
di persone, come i Capi di Stato, di Governo, e i Ministri degli Affari
Esteri Un’altra categoria di persone che
gode di immunità personale è costituita dai capi della missione diplomatica.
L’immunità personale copre gli atti compiuti nella capacità personale, cioè al
di fuori dell’esercizio delle funzioni dell’organo, e dura solo per il periodo
in cui l’individuo è investito di quella particolare carica.
Al contrario l’immunità funzionale deriva dal
principio secondo cui l’atto è compiuto dall’organo per conto dello Stato per
cui esercita le funzioni. Il
disconoscimento dell’immunità funzionale comporta la violazione della sovranità
e indipendenza dello Stato estero. Se
l’atto compiuto dall’organo equivale alla commissione di un illecito
internazionale, solo lo Stato per cui l’organo agisce è responsabile. Nel
qual caso viene in considerazione il principio dell’immunità dello Stato dalla
giurisdizione, qualora lo Stato sia convenuto in giudizio di fronte ai
tribunali di uno Stato estero.
Lo Stato sarà immune dalla giurisdizione locale
solo se l’attività in questione possa essere qualificata come atto iure imperii (cioè manifestazione della sovranità dello Stato).
In questo caso, la responsabilità dello Stato potrà essere fatta valere secondo
i normali principi del diritto della responsabilità internazionale e lo Stato
il cui cittadino sia stato danneggiato potrà intervenire a suo favore (c.d.
protezione diplomatica). La distinzione
tra immunità personale, immunità funzionale e immunità dello Stato estero dalla
giurisdizione è dunque ben articolata in diritto internazionale.
Il punto, che potrebbe sembrare ostico, dovrà
essere adeguatamente ribadito e illustrato dalla difesa italiana non appena il
processo sarà riassunto davanti alla Corte speciale. Tra l’altro, della questione si stanno occupando
le Nazioni Unite, a livello del suo massimo organo codificatorio: la
Commissione del diritto internazionale.
Inoltre, a supporre che sia accettabile il
ragionamento dell’India, secondo cui l’immunità non spetterebbe a organi
stranieri non ammessi in territorio indiano con il suo consenso, tale
ragionamento risulterebbe inapplicabile nel caso concreto poiché l’incidente
non è avvenuto in territorio indiano,
ma nella zona contigua che, ai nostri fini, deve essere considerata una zona di
alto mare.
Il prof. Rüdiger Wolfrum, che è anche giudice presso il Tribunale internazionale del diritto del mare, in un recente
rapporto, pubblicato anche sotto forma di articolo scientifico, ha affermato
che i militari imbarcati su navi
commerciali in servizio antipirateria, godono di immunità funzionale in alto
mare.
Il problema
dell’applicazione del SUA Act
L’India, al pari
dell’Italia, è parte della Convenzione
per la soppressione degli atti illeciti contro la sicurezza della navigazione
marittima (SUA, nell’acronimo inglese), conclusa a Roma nel 1988 sotto gli
auspici dell’IMO.
Secondo la Convenzione, le parti sono obbligate ad
adottare una legislazione volta a considerare come reati gli atti illeciti
previsti dalle sue disposizioni e a stabilire le relative pene. Gli atti illeciti condannati dalla SUA sono stati
inclusi tra i reati del codice penale indiano e per quelli più gravi è prevista
la pena di morte. La Convenzione si applica alle navi che navigano oltre il
limite delle acque territoriali di un solo Stato, o nei limiti laterali del
mare territoriale di uno Stato con gli Stati adiacenti.
Uno Stato può
stabilire la propria giurisdizione per reati commessi contro una propria nave o
contro persone a bordo della nave. I reati previsti includono gli atti di
violenza contro persone a bordo della nave, qualora l’atto di violenza metta in
pericolo la sicurezza della navigazione o ferisca o uccida una persona, e
presenti una connessione con gli atti illeciti previsti dalla Convenzione.
L’Alta Corte del Kerala ha ritenuto la SUA applicabile
all’incidente della E.L. e dallo stesso presupposto sono partite le autorità
indiane che, dopo la sentenza della Corte Suprema, hanno affidato le indagini alla NIA (National Investigation Agency), che è la
polizia speciale cui competono le indagini antiterrorismo.
Tuttavia la SUA non è applicabile al caso in esame,
quantunque talune risoluzioni del Consiglio di sicurezza sulla lotta alla
pirateria in Somalia richiamino gli obblighi derivanti dalla SUA. I lavori
preparatori ed il preambolo della Convenzione attestano infatti che lo
strumento convenzionale fu concluso per combattere il terrorismo internazionale.
La SUA trae
origine dall’incidente dell’Achille Lauro, il transatlantico dirottato in
Mediterraneo da un commando di terroristi palestinesi (1985), ed appartiene al
novero delle convenzioni internazionali settoriali antiterrorismo. Fino ad
allora erano state stipulate convenzioni contro il terrorismo aereo e dopo
l’Achille Lauro si volle redigere una convenzione anche contro il terrorismo
marittimo. I negoziatori avevano ben chiaro che la Convenzione non era diretta
a disciplinare la pirateria né ogni altro atto connesso con questo crimine.
Indipendentemente dal considerare la SUA
applicabile a reati commessi quando si interviene contro atti di pirateria,
l’altro punto da considerare è se la Convenzione trovi applicazione nel caso in
cui l’atto sia stato commesso da un organo dello Stato. La SUA non si applica alle navi da guerra e
assimilate (art. 2), ma niente è detto a proposito di organi statali a bordo di
altre categorie di navi. Il punto è ora
chiarito dall’art. 3 del Protocollo addizionale alla SUA del 2005, che
espressamente esclude dall’applicazione della SUA “the activities undertaken by military forces of a State in the exercise
of their official duties, inasmuch as they are governed by other rules of
international law”.
Il Patto
internazionale sui diritti civili e
politici del 1966 (art. 9)
Tanto l’Italia quanto l’India hanno ratificato il
Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966, il cui art. 9, par. 3, contiene un preciso
obbligo in materia di processo penale. Tale paragrafo così recita :
“Chiunque sia arrestato o detenuto in base ad
un'accusa di carattere penale deve essere tradotto al più presto dinanzi a un
giudice o ad altra autorità competente per legge ad esercitare funzioni
giudiziarie, e ha diritto ad essere giudicato entro un termine ragionevole, o
rilasciato”.
Nel General Comment No 8 adottato dal
Comitato dei diritti dell’uomo il 30 giugno 1982 si legge:
“Paragraph 3 of
article 9 requires that in criminal cases any person arrested or detained has
to be brought ‘promptly’ before a judge or other officer authorized by law to
exercise judicial power. More precise time limits are fixed by law in most
States parties and, in the view of the Committee, delays must not exceed a few
days”.
L’India è chiaramente in violazione della
disposizione. E’ ormai trascorso oltre un anno dalla sentenza della Corte
Suprema e i capi d’imputazione non sono stati ancora formulati, con la
conseguenza che il processo davanti alla Corte speciale non ha potuto avere
inizio. La formulazione dei capi d’imputazione e la traduzione davanti
all’autorità giudiziaria è una questione di “pochi giorni” secondo
l’interpretazione del Comitato, premessa necessaria affinché il processo possa
concludersi entro termini ragionevoli; altrimenti il preteso reo deve essere
rilasciato.
Il Trattato
Italia-India sul trasferimento delle persone condannate
Tra Italia e India è stato concluso il 10 agosto
2012 un Trattato sul trasferimento delle persone condannate, entrato in vigore
il 1° aprile 2013[13]. Il Trattato Italia-India è uno dei tanti conclusi
dall’Italia sia in ambito multilaterale (ad es. Convenzione di Strasburgo del
21 marzo 1983 adottata nel quadro del Consiglio d’Europa) sia in ambito
bilaterale. Ci sono in India 18 italiani detenuti a fronte di 108 cittadini
indiani che debbono scontare la pena in Italia.
Ma una spinta alla
conclusione dell’accordo è stata la questione dei due fucilieri di marina ed il
timore che la magistratura indiana decidesse, come poi in fatto è avvenuto, che
l’incidente della E.L. ricadesse sotto la giurisdizione indiana. Una sorta di assicurazione per i due
fucilieri di marina trattenuti in India, come è stato detto durante il
dibattito parlamentare di autorizzazione alla ratifica, quando ancora non era
stato ventilato lo spettro della pena di morte.
In effetti il
Trattato prevede il trasferimento del
condannato allo Stato richiedente, sempre che il condannato non abbia manifestato
una volontà contraria. Lo Stato ricevente deve continuare l’esecuzione della
condanna inflitta dallo Stato trasferente, ma può adeguare la pena a quella
prevista per lo stesso reato nell’ordinamento dello Stato ricevente.
L’art. 11 consente anche provvedimenti di clemenza,
poiché ciascun Stato contraente può accordare la grazia, l’amnistia o l’indulto
conformemente alle proprie leggi.
Vi sino però due condizioni per il
trasferimento del condannato. La sentenza che lo riguarda deve essere definitiva
e quindi può accadere che una volta condannato in primo grado il reo non possa
essere trasferito se questi o l’accusa proponga appello. Inoltre (e si tratta
di condizione di non poco momento) il
trasferimento è subordinato all’accordo in tal senso tra Stato trasferente e
Stato ricevente (art. 4). In ogni
caso il detenuto non può essere trasferito nelle more del giudizio.
Il ricorso ad una
giurisdizione internazionale
Il ricorso ad una giurisdizione internazionale
comporta naturalmente dei margini di rischio, poiché non è facile anticipare l’esito del
procedimento. Nel momento più acuto della crisi Italia-India, il governo
italiano, tramite una nota del MAE,
aveva proposto di risolvere la
controversia mediante un procedimento giudiziale o arbitrale.
Ma tale opzione non è stata più riproposta e
l’Italia ha preferito contestare la giurisdizione indiana nel giudizio dinanzi
alla Corte Suprema. Tattica processuale che seguirà anche dinanzi al Tribunale
speciale. La strada della giurisdizione
internazionale è irta di ostacoli e presenta problemi tecnici che non è
possibile affrontare in questa nota.
In breve le opzioni sono tre: Corte
internazionale di giustizia dell’Aja, Tribunale
internazionale del diritto del mare (Amburgo), Arbitrato ad hoc.
L’attivazione di una delle tre corti dipende, nel caso concreto, da un
compromesso arbitrale, che determini l’oggetto della controversia su cui la
corte o tribunale deve giudicare.
Il punto è importante. Infatti la corte o tribunale dovrebbe giudicare
su tutte le questioni di diritto internazionale che il caso dell’E. L. solleva,
inclusa quella dell’immunità funzionale, che, a nostro parere, costituisce uno
dei più solidi argomenti a favore delle ragioni italiane.
Ad es. se la
controversia fosse portata dinanzi al Tribunale del diritto del mare, si potrebbe
correre il rischio che il Tribunale si dichiarasse competente per dirimere la
questione della giurisdizione dello Stato della bandiera in alto mare, ma
incompetente per quanto riguarda la questione dell’immunità funzionale. Resta il problema di non poco conto della
Convenzione SUA, la quale prevede il ricorso ad un arbitrato ad hoc e, in caso di disaccordo sull’organizzazione
dell’arbitrato, l’attivazione della Corte internazionale di giustizia (art.
16). Ma l’India, al momento del deposito della ratifica, ha formulato una
riserva a tale disposizione.
Le opzioni attualmente aperte
L’Italia ha finora
seguito due strade: una a livello dei tribunali indiani, l’altra a livello
diplomatico. Occorre rafforzare le
difese messe in campo, qualora s’intenda proseguire sul percorso finora
tracciato.
a) Il livello giurisdizionale indiano
L’Italia ha deciso di difendersi nel processo e non
dal processo. Qualora
s’intenda proseguire su questa strada occorre:
1) Affermare l’incompetenza dei tribunali
indiani, poiché i due Marò godono dell’immunità dalla
giurisdizione (immunità funzionale). Il punto non è stato adeguatamente
considerato dalla Corte Suprema indiana, anche perché non rappresentato con
sufficiente chiarezza e dovizia di argomentazioni;
2) Rappresentare la violazione dell’art. 9 del
Patto sui diritti civili e politici del 1966, poiché le
accuse non sono state ancora formulate e
la Corte speciale non ha ancora iniziato il procedimento, nonostante sia
trascorso un anno dalla Sentenza della Corte Suprema;
3) Affermare l’inapplicabilità della
Convenzione SUA e di conseguenza
della legge di esecuzione indiana (SUA
Act), poiché la Convenzione disciplina il fenomeno “terrorismo marittimo”.
Dato il rapporto organico che lega i due Marò allo Stato italiano, applicare la
SUA significherebbe accusare l’Italia di atti di terrorismo marittimo,
poiché gli atti dei due Marò, anche se
esorbitanti dall’esercizio delle loro funzioni (cioè ultra vires), sono imputabili all’Italia;
4) Rappresentare chiaramente che immunità
funzionale non significa impunità. Qualora ritenuti responsabili, i due
Marò potrebbero essere giudicati in Italia dalla magistratura ordinaria e da
quella militare;
5) L’atto dei due Marò è internazionalmente
imputabile all’Italia. Essa ha provveduto, sia pure ex gratia, a risarcire in modo cospicuo i familiari delle vittime.
b) Sul piano diplomatico l’azione deve continuare a
livello sia bilaterale che multilaterale.
(i) A livello bilaterale
Talune delle
argomentazioni prospettate sub a)
possono essere riproposte anche a livello bilaterale. Esse dovrebbero essere
riaffermate al più alto livello governativo, anche insistendo sui doveri che
discendono dall’art. 100 dell’Unclos, che obbliga gli Stati ad esercitare la
massima collaborazione nella repressione della pirateria. L’imbarco di personale armato a bordo dei mercantili si è rivelato un
mezzo di contrasto efficace e la vicenda dei due marò potrebbe indurre
taluni Stati e gli armatori a riconsiderare la questione, con un danno enorme per
la lotta alla pirateria.
(ii) A
livello multilaterale
Occorre intensificare l’azione sia con i nostri alleati sia nei fori multilaterali in cui l’Italia è presente, incluso l’UNODC (United Nations Office on Drugs and Crime), che si occupa anche di pirateria. Occorre ribadire i doveri derivanti dall’art. 100 Unclos e l’inapplicabilità della Convenzione SUA, che praticamente porterebbero all’assurda conclusione di accusare l’Italia di atti di terrorismo marittimo, come si è poc’anzi precisato. Nei fori multilaterali finora le tesi italiane hanno avuto scarso successo.
Nel dibattito in seno al Cds sulla pirateria nel novembre del 2012 solo il Rappresentante dell’Unione europea si è espresso a favore delle tesi italiane, posizione che tuttavia non è stata adeguatamente ripresa successivamente all’interno dell’UE.
Occorre quindi rappresentare in seno alle Nazioni Unite che uno Stato come l’India, che aspira ad un seggio permanente in seno al Cds nella riforma delle Nazioni Unite, non può ostacolare gli Stati che, come l’Italia, hanno dato e stanno dando un contributo fondamentale alla lotta alla pirateria. Un’azione che può essere perseguita, quantunque l’Italia, nei lavori per la riforma del Cds, si trovi su posizioni opposte a quelle indiane.
E’ necessario anche chiedere un intervento del Segretario Generale delle Nazioni Unite, che può essere decisivo per dipanare la matassa. Una menzione particolare merita l’Unione europea. E’ essenziale che lady Ashton e gli altri organi competenti dell’Unione prendano un’iniziativa incisiva e smettano di trincerarsi dietro la scusa che la questione dei marò è un affare bilaterale Italia-India.
Il proposito di bloccare le trattative in
corso per un accordo di libero scambio tra UE e India potrebbe essere una
strada da percorrere, a condizione che la trattativa sia di reale interesse
per l’India. Ma l’iniziativa deve essere
presa e perseguita al più alto livello governativo, palesando chiaramente
che l’Italia si opporrà al perfezionamento dell’accordo quando questo approderà
al tavolo del Consiglio dell’Unione, qualora non venga risolta la questione dei
Marò. Negli ultimi giorni qualche passo è stato finalmente fatto in questa
direzione. Si prosegua con decisione su questa strada.
A brevissima
distanza temporale dall’arresto (19 febbraio 2012) dei due militari, il Governo
decise di rivolgersi all’Avvocatura
dello Stato per un affiancamento, anche con funzione di coordinamento, al
team legale indiano in modo da garantire iniziative giudiziarie comunque
coerenti con l’azione del Governo.
Sin dal giorno 8
marzo 2012 (giorno di inizio della prima missione in India) l’Avvocatura dello
Stato affidò il caso a un proprio team
(allo stato composto da tre Avvocati) coordinato dall’Avvocato dello Stato
Carlo Sica.
I rapporti tra i due team sono stati sempre, e sono tuttora, molto collaborativi e positivi: le scelte di merito sono frutto di confronto costruttivo; mentre, le scelte processuali sono, per evidenti ragioni di conoscenza professionale, sostanzialmente demandate al team indiano.
Sul piano giudiziario, la posizione del Governo è stata quella di:
1) negare la giurisdizione territoriale in ragione del fatto che l’evento contestato è (sarebbe) accaduto alla distanza di 22,5 miglia dalla costa indiana;
2) rivendicare l’immunità funzionale, sulla base della c.d. “legge dello zaino”;
3) affermare la piena correttezza dell’operato dei due militari, che – comunque – avrebbero agito nel pieno rispetto delle regole d’ingaggio;
4) processualmente, la scelta consigliata dal team indiano è stata quella di non fare rendere dichiarazioni da parte dei due militari all’autorità che conduceva le indagini (in India, le indagini sono condotte dalla polizia – od organismo similare – senza intervento del giudice e senza alcun diritto a favore della difesa. Ad es., la perizia balistica non ha visto partecipare effettivamente i nostri esperti)
5) si è, altresì, ritenuto che:
a) il ricorso alla Corte internazionale di Giustizia avrebbe richiesto un consenso ad hoc dell’India, che si è ritenuto impensabile ottenere (anche l’Italia sinora non ha accettato la giurisdizione obbligatoria della Corte);
b) alla medesima conclusione si è pervenuti per l’attivazione di una procedura arbitrale volontaria di carattere generale;
c) il ricorso all’arbitrato di carattere obbligatorio previsto dalla parte XV e dall’allegato VII dell’UNCLOS non è stato praticato sia per la sua prevedibile lungaggine (non meno di 4 anni) sia per la sua natura d’interpretazione della Convenzione senza possibilità di esame del caso pratico.
In ragione della
scelta di cui al punto 4, i due militari, nel rendere dichiarazioni all’organo
investigativo, si sono limitati a negare
la giurisdizione indiana senza rispondere ad alcuna domanda di merito.
Come noto, dopo la conclusione delle indagini da parte della Polizia
del Kerala (che aveva contestato il reato
di omicidio volontario) e nel mentre si era riusciti a rimuovere lo stato
di detenzione in carcere per ottenere (dopo un periodo di detenzione
domiciliare) lo stato (tuttora vigente) di libertà vigilata (i due militari non
possono oltrepassare i confini della città di Delhi; una volta a settimana
devono presentarsi al posto di polizia; sono stati privati del passaporto), in
data 18 gennaio 2013 la Corte Suprema indiana ha dichiarato la giurisdizione territoriale dell’Unione
indiana, ma non del Kerala con conseguente annullamento di tutte le
indagini svolte (ad eccezione della perizia balistica, perché effettuata da un
organismo nazionale).
La Corte ha,
altresì, ordinato all’Unione indiana di individuare un nuovo organismo per le
indagini e ha individuato la Corte speciale per il giudizio di merito: in un giudice monocratico metropolitano in
caso di contestazione di reato punito con pena inferiore nel massimo ai 7 anni;
in un giudice monocratico sovrametropolitano in caso di reato punito con pena superiore nel
massimo a i 7 anni.
La Corte ha,
anche, precisato che il procedimento si sarebbe dovuto concludere rapidamente,
ribadendo questo input in un
successivo provvedimento dell’aprile 2013, reso in esito a un ricorso proposto
per lamentare che le indagini non erano ancora cominciate.
In esito, il Ministero dell’Interno indiano ha
individuato l’organo investigativo nella National
Investigation Agency - NIA
(organismo nazionale deputato al perseguimento dei reati di terrorismo), che
avrebbe dovuto concludere le indagini a cavallo dell’estate 2013.
In realtà e
nonostante le iniziative processuali e paraprocessuali intraprese dal team legale indiano, le indagini – come noto – non sono ancora concluse.
Con l’ultima iniziativa processuale si è tornati a
lamentare alla Corte suprema
che:
a) nonostante il
provvedimento della medesima Corte dell’aprile 2013, le indagini non si erano ancora concluse;
b) nell’ipotesi
(realistica) che la NIA intendesse contestare violazioni del SUA ACT (sotto
specie di reato di attentato alla navigazione), ciò non era consentito perché,
nelle sue precedenti pronunce, la Corte Suprema non aveva ricompreso dette
violazioni nei reati che potevano e dovevano essere oggetto d’indagine;
c) ove,
conseguentemente, la NIA non possa contestare dette violazioni, nessun altro
organismo indiano ha la possibilità di condurre indagini per fatti commessi oltre
le 20 miglia marine dalla costa indiana, onde il procedimento va archiviato;
d) in ogni caso,
in attesa degli sviluppi della vicenda, i due militari devono poter ritornare
in Italia con l’impegno di rientrare in India all’inizio dell’eventuale processo.
Questo procedimento
dinanzi la Corte Suprema è, allo
stato, rinviato all’udienza del 3
febbraio 2014 per le controdeduzioni del General Attorney indiano.
Il sistema giudiziario indiano
(a cura del Servizio Biblioteca)
[1] In parte modificato con il
Protocollo firmato il 13 gennaio 2006 (iter di ratifica in corso)
[2] L’UPA è una coalizione guidata dall’Indian National Congress,
uscita vittoriosa dalle elezioni del dell’aprile-maggio 2009; le prossime
elezioni per il rinnovo della Lok Sabha si terranno a maggio 2014.
[3] Fonte: sito internet Lok Sabha http://loksabha.nic.in;
Bulletin II, 18.01.2014.
[4] Il processo intergovernativo ASEM (Asia Europe Meeting), è stato avviato nel 1996 tra i 15 Paesi membri dell'Unione europea e 10 Paesi dell'area asiatica (Brunei, Cina, Corea del Sud, Filippine, Giappone, Indonesia, Malesia, Singapore, Thailandia e Vietnam). In occasione del Vertice di Hanoi dell’ottobre 2004 sono entrati a far parte dell’organismo di cooperazione eurasiatico altri 13 paesi: Cambogia, Cipro, Repubblica ceca, Estonia, Laos, Lettonia, Lituania, Malta, Myanmar/Birmania, Polonia, Slovacchia, Slovenia e Ungheria. Al vertice ASEM di Helsinki del 2006 era stato deciso di allargare la cooperazione a: Bulgaria, Romania, India, Pakistan, Mongolia e al Segretariato ASEAN (Association of South East Asian Nations). Tale allargamento è stato formalizzato in occasione del vertice ASEM di Pechino del 24 e 25 ottobre 2008 a cui tali paesi hanno partecipato per la prima volta. Nel corso del Vertice ASEM del 2010 Australia, Nuova Zelanda e Federazione Russa, hanno partecipato per la prima volta all’esercizio e ne sono divenuti pertanto membri. In occasione del Vertice di Vientiane (5-6 novembre 2012) anche Bangladesh, Svizzera e Norvegia hanno aderito all’ASEM, il primo nel gruppo asiatico, mentre per quanto attiene a Svizzera e Norvegia è stata concordata la costituzione di un “sottogruppo non-UE” all’interno del gruppo europeo, portando il numero totale a 52.
[5] L’ASEAN
essendo un segretariato governativo non ne fa parte.
[6] Il Ministro era accompagnato da una
delegazione imprenditoriale composta dal Presidente della FICCI, omologa della
Confindustria, e da circa quindici dirigenti indiani di alto profilo. Obiettivo
della visita in Italia era di dare
concretezza al partenariato strategico Italia-India avviato nel 2007 e
preparare la missione di sistema in
India, che sarà guidata dal Ministro Romani, prevista per il mese di ottobre
2011, per stringere accordi di collaborazione strategica, in particolar modo
nei comparti dell'automotive e delle infrastrutture (stradali, energetiche,
ferroviarie e aeroportuali).
[7] Nella risposta scritta pubblicata lunedì 26
ottobre 2009 si evidenzia che il
Ministero degli affari esteri ove necessario, interviene presso le competenti
autorità locali perché ai connazionali sia assicurato un regime carcerario
rispondente a criteri di umanità, i loro diritti fondamentali siano
salvaguardati e le loro condizioni di salute siano tenute in debita
considerazione. Quanto al secondo quesito, il ministero degli affari esteri ha
attirato l'attenzione del competente ministero della Giustizia sull'opportunità
di addivenire alla firma di un accordo con l'India sul trasferimento delle persone condannate, anche
in considerazione delle condizioni alquanto precarie delle strutture
penitenziarie indiane. Su tale questione, il ministero della Giustizia sta
conducendo un'attenta e approfondita riflessione.
[8] A
cura del Ministero degli Affari Esteri.
[9] Servizio europeo per l'azione esterna
[10] Art. 3 (Offences against ship, fixed platform, cargo of a
ship, maritime navigational facilities, etc). In the course of commission of or in attempt to commit, any of the
offences specified in clauses (a) to (d) in connection with a fixed platform or
clauses (a) to (f) in connection with a ship: (i) causes death to any person shall be punished with death”.
*
Professore emerito di Diritto internazionale,
Università LUISS, Consigliere scientifico dello IAI
[11] Il presente autore ha avuto occasione di commentare l’incidente della Enrica Lexie in precedenti scritti, tra cui Il caso della Enrica Lexie e i rapporti Italia-India, in La politica estera dell’Italia (a cura di Colombo, Greco), Bologna, 2013, pp. 113-135 e The Enrica Lexie Incident. Law of the Sea and Immunity of State Officials Issues, Italian Yearbook of Int. Law, 2012, pp. 3-22; La difesa contro i pirati e l’imbarco di personale militare armato sui mercantili: il caso della Enrica Lexie e la controversia Italia-India, Rivista di diritto internazionale, 2013, pp. 1073-1115.
[12] Secondo l’Unclos la ZEE si estende per 200 miglia a partire dalla linea di base per il calcolo del mare territoriale (MT), mentre la ZC si estende per 24 miglia. In pratica se uno Stato ha un MT di 12 miglia, la ZC ha un’estensione di 12 miglia oltre il limite esterno del MT, mentre la ZEE si estende per 188 miglia, sempre oltre il limite esterno del MT. La ZC è quindi ricompresa nella ZEE, ma i diritti e i poteri dello Stato costiero hanno natura diversa a seconda delle due zone.
[13] L’autorizzazione alla ratifica è intervenuta con la legge 26 ottobre 2012, n. 183.
* Avvocato dello Stato.