Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento affari esteri | ||
Titolo: | Crisi siriana: gli sviluppi nel 2013 - Cronologia degli avvenimenti del 2013 e selezione di pubblicistica | ||
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 13 | ||
Data: | 15/05/2013 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | III-Affari esteri e comunitari | ||
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Camera dei deputati |
XVII LEGISLATURA |
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Documentazione e ricerche |
Crisi siriana: gli
sviluppi nel 2013 |
Cronologia
degli avvenimenti del 2013 |
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n. 13 |
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15 maggio 2013 |
Servizi responsabilI: |
Servizio Studi – Dipartimento Affari esteri ( 066760-4939 / 066760-4172 – * st_affari_esteri@camera.it |
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INDICE
Cronologia
degli avvenimenti del 2013
§
Gennaio
§
Febbraio
§
Marzo
§
Aprile
§
Maggio
Selezione di pubblicistica
§
IAI – http://www.affarinternazionali.it
§
Istituto Aspen - http://www.aspeninstitute.it/aspenia-online/archive
§
Ministero della Difesa – Centro militare di
studi strategici
§ Center for Strategic and
International Studies (CSIS)
§ European Council on Foreign
Relations
§
Equilibri.net
§
International
Crisis Group
§
ISPI – Istituto per gli Studi di Politica
Internazionale
§
ISPI dossier marzo 2013
§ The German Marshall Fund of the
United States
§ Stiftung Wissenschaft und Politik – German Institute for
International and Security Affairs
§
The
Brookings Institution
§ International Relations and Security
Network
§ E.U. Institute for Security Study –
I.S.S.
§
Le Monde diplomatique, gennaio 2013
§ United States Institute of Peace
§ Carnegie Endowment for International
Peace
§
Council
on Foreign Relations
§
Limes Online
§
Middle East Institute
§
Open
Democracy
All’inizio del 2013 l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani
quantificava in circa 60.000 le vittime
del conflitto siriano dal marzo 2011 - anche oltre le valutazioni delle
opposizioni al regime di Assad[1], mentre sono stimanti in due milioni e mezzo i profughi, dei quali due milioni di rifugiati
interni.
Sempre più chiaramente emergevano le preoccupazioni
di Israele e della Comunità internazionale per un un possibile passaggio di
armamenti anche letali dalla Siria
ormai in disfacimento al forte alleato in territorio libanese, Hizbollah. In questo senso il 29 gennaio 2013 il Comandante
dell'Aviazione militare israeliana ammetteva che lo Stato di Israele era già
impegnato in una efficace lotta contro il trasferimento di armamenti agli Hezbollah attraverso il confine
siro-libanese. Solo poche ore dopo fonti estere che non hanno però ricevuto
conferma ufficiale in Israele riferivano di un attacco di caccia israeliani sul
confine tra Libano e Siria per impedire che una batteria di missili AS-17
giungessero in possesso di Hizbollah.
La partita più pericolosa potrebbe innescarsi nel momento in cui il sospetto
dei trasferimenti di armi riguardasse anche armamenti chimici.
Il 21 febbraio lo stillicidio di violenze toccava un nuovo acme
quando due autobomba esplodevano nel
centro del capitale siriana, provocando la morte di oltre 60 persone e un
numero almeno quadruplo di feriti. Le esplosioni hanno colpito tra l'altro una
scuola, e provocato il danneggiamento dell'ambasciata russa e di una sede del
partito Baath al governo. I ribelli siriani hanno smentito le voci di un loro
coinvolgimento negli attentati, mentre il regime di Assad è tornato ad accusare
al Qaida.
Il 28 febbraio si è svolta a Roma una riunione
della Conferenza degli amici della Siria, con la partecipazione del neosegretario di Stato
USA John Kerry, che quattro giorni
prima aveva iniziato da Londra il suo primo e lungo viaggio di lavoro
all'estero. Alla Conferenza in un primo momento la Coalizione nazionale siriana
aveva inteso non partecipare, come segno di protesta per la disattenzione
internazionale sulla prosecuzione dei massacri in Siria, cedendo poi tuttavia
agli appelli internazionali.
La Conferenza ancora una volta è giunta a
conclusioni di particolare rilievo,
mostrando come prioritario per gli Stati Uniti l'imperativo di non lasciarsi
coinvolgere in nuovo conflitto mediorientale. In tal modo gli USA hanno
anticipato nei confronti dei ribelli siriani solo la fornitura di aiuti
umanitari e di dispositivi non letali, e, pur ribadendo la fine politica di
Assad, hanno però sostenuto ancora la possibilità di un negoziato tra
l'opposizione e il regime.
La Coalizione nazionale siriana, pur
accogliendo con palese delusione gli esiti della Conferenza, è sembrata alla
fine aderire agli appelli per un negoziato tra le parti del conflitto siriano,
anche perché ha rinviato la decisione di dar vita a Istanbul ad un esecutivo
provvisorio in esilio. La Coalizione ha altresì invitato la Comunità
internazionale almeno ad interrompere i rifornimenti militari a Damasco effettuati con il pretesto che si
tratta di contratti firmati molto tempo prima.
Il 2 marzo una postazione di ribelli siriani presso
il confine iracheno veniva bombardata da elicotteri di Baghdad, esplicitando in via definitiva la preferenza che
da qualche tempo il governo iracheno sembrava accordare al regime alawita di Assad, e rafforzando
l’impressione del procedere nella regione di uno scontro con una forte base
religiosa: infatti la contrapposizione vede sempre più emergere la cosidetta
mezzaluna sciita (Iran, Iraq e gli hezbollah
libanesi) a sostegno di Assad, contro il fronte dei ribelli sunniti sostenuti e
incoraggiati dalle monarchie del Golfo – soprattutto il Qatar – e dalla
Turchia. Un‘ulteriore complicazione è quella potenzialmente insita nelle
relazioni turco-irachene, nelle quali la
questione dei curdi, che Ankara vorrebbe sempre più circoscrivere al nord
dell’Iraq – ove essi hanno raggiunto uno status
di notevole autonomia -, non incontra certo il favore delle autorità sciite
di Baghdad.
Il 14 marzo, nel corso del Consiglio europeo, i
governi francese e britannico hanno premuto per uno sblocco delle forniture di
armamenti ai ribelli siriani, ventilando anche
la possibilità di procedere da soli su questa via, e comunque anticipando la
necessità di non rinnovare l’embargo all’esportazione di armamenti verso la
Siria – dove però il regime li riceve comunque soprattutto da Mosca – in
scadenza il 1° giugno. Il presidente francese Hollande ha tenuto a precisare di
non mirare a un conflitto totale in Siria, quanto piuttosto ad indebolire Assad
per indurlo al negoziato. La netta presa di posizione di Francia e Regno Unito
ha fatto sì che anche la Germania si
dicesse pronta ad esaminare in sede europea modifiche alle sanzioni già
operanti.
I giorni dal 19 al
21 marzo hanno registrato reciproche
accuse tra i ribelli e il regime siriano
sull'utilizzazione di armi chimiche contro i civili: nonostante il
Segretario generale delle Nazioni Unite si sia sbilanciato annunciando
l'apertura di un'inchiesta su tale argomento, l'intelligence statunitense ha asserito che con ogni probabilità ciò
che si è verificato è stata l'utilizzazione di sostanze caustiche come il
cloro, capaci indubbiamente di produrre danni a chi ne sia investito, ma ben al
di qua della gravità che comporterebbe l'impiego di armamenti chimici in senso
stretto. Il 21 marzo, comunque, si è verificata anche una strage in una moschea di Damasco, con la morte di 42 persone, tra
cui lo sceicco al Buti, ultranovantenne, da sempre avversario delle fazioni jihadiste che si oppongono al regime di
Assad.
Frattanto la Coalizione nazionale siriana otteneva
un notevole successo intervenendo alla riunione della Lega araba del 26 marzo a Doha, in Qatar: qui infatti ai ribelli è stato offerto il seggio
che nell'Organizzazione in precedenza occupava la Siria di Assad, e inoltre è
stato ufficialmente riconosciuto il diritto dei paesi arabi di rifornire di
armi gli elementi della rivolta siriana. In questo senso sono sembrate
rientrare le dimissioni annunciate appena poche ore prima dal capo della
Coalizione nazionale siriana al-Khatib, spia delle persistenti divisioni
all'interno del fronte dei ribelli. Al-Khatib infatti si oppone alla prevalenza
nella Coalizione degli elementi espatriati - che fanno capo soprattutto agli
ambienti della Fratellanza musulmana siriana posti fuorilegge nel 1980 e a
quanto pare appoggiati da Qatar e Stati Uniti - i quali avevano visto
respingere dai combattenti in Siria la nomina del tecnocrate Ghassan Hitto a
“premier” della ribellione.
Il 6 aprile il Ministero degli esteri
italiano confermava il sequestro in Siria di quattro giornalisti italiani, rapiti
nella parte settentrionale del paese tra il confine turco e la regione di
Idlib. I quattro rapiti – Amedeo Ricucci, Elio Colavolpe, Andrea Vignali e
Susan Dabbous - costituivano una troupe del programma della Rai “La storia siamo noi”, entrata in Siria
il 2 aprile per un reportage sperimentale in collegamento via Skype con un gruppo di studenti della
scuola di San Lazzaro di Savena, in provincia di Bologna, con i quali la troupe
avrebbe dovuto interagire nella realizzazione dei propri servizi. Proprio il
mancato collegamento con gli studenti di San Lazzaro, il pomeriggio del 4
aprile, ha fatto scattare l'allarme sul destino della troupe, che
prevedeva, proprio per la vicinanza del confine turco, di rientrare ogni sera
ad Antiochia dopo aver svolto il proprio lavoro in Siria.
La mattina
successiva, il 5 aprile, diverse
fonti giornalistiche siriane e straniere asserivano che i reporter italiani si
trovavano in un villaggio a nord di Idlib in stato di fermo, per iniziativa di
un gruppo di miliziani ribelli, che li accusava di aver filmato impropriamente
obiettivi “sensibili”. Per la positiva conclusione della vicenda, avutasi il
13 aprile con la liberazione della troupe, la Farnesina ha mantenuto
il più stretto riserbo: è comunque emerso che i giornalisti italiani sarebbero
stati nelle mani della formazione jihadista Jabhat an Nusra, che
proprio di recente aveva ammesso la sua diretta filiazione con il ramo
principale di al Qaida capitanato da al Zawahiri, destando proteste e
dissociazione da parte della Coalizione nazionale siriana.
Nella stessa
giornata del 6 aprile il presidente Assad, apparentemente sempre più assediato
nella capitale, tornava ad agitare lo spettro di una conflagrazione regionale
in tutto il Medio Oriente in caso di caduta del suo regime: tuttavia nelle
stesse ore gli alleati libanesi della Siria mostravano cenni di cedimento,
accettando il conferimento dell'incarico a Tammam
Salam per la formazione di un governo d’intesa nazionale, ma più distante
dallo schieramento filosiriano rispetto a quello uscente guidato da Najib
Miqati. Contemporaneamente dal Cairo la Coalizione nazionale siriana
annunciava l'avvio delle consultazioni per la creazione di un vero e proprio
governo di transizione nelle zone ormai sfuggite al controllo delle forze di
Assad.
La riunione dell’11 aprile a Londra dei ministri degli
esteri dei paesi del G8 non ha registrato progressi nel dialogo con Mosca sulla
crisi siriana. Frattanto sembravano assumere sempre maggiore concretezza gli
allarmi sulla sporadica utilizzazione di armi chimiche da parte del regime
di Assad – che risulterebbe tra l’altro da analisi dell’intelligence
britannica su una porzione di terreno, come anche da prove delle quali hanno
parlato ambienti diplomatici occidentali interni al Palazzo di Vetro.
Il 19 aprile i rappresentanti di Francia e
Regno Unito hanno consegnato all'ONU un documento nel quale si ribadiva
l'utilizzazione di armi chimiche da parte delle forze governative siriane nelle
città di Aleppo e Homs. Gli Stati Uniti, compensibilmente, hanno mantenuto
sulla questione una grande prudenza, consapevoli della pressione che proprio
nei loro confronti la mossa franco-britannica rappresentava, nel tentativo di
fornire la prova del superamento di quella linea rossa già da tempo posta da
Washington al comportamento del regime di Assad.
Anche la Turchia ed il Qatar, i maggiori sponsor
della ribellione in territorio siriano, accrescevano intanto le richieste di un
coinvolgimento militare più accentuato da parte dei paesi occidentali. Ad esso
tuttavia si oppone la sempre maggiore preoccupazione americana e israeliana per
il peso che nel fronte dei ribelli sembra assumere il movimento Jabhat an
Nusra, con legami documentati e del
resto ammessi con la rete di al Qaida, e ormai capace di controllare
direttamente intere regioni settentrionali della Siria, in posizione preminente
rispetto allo stesso Esercito libero siriano.
Il 20 aprile si è svolta a Istanbul la riunione dei
paesi compresi nel gruppo degli Amici della Siria, nella quale il ruolo crescente nel conflitto
siriano di Jabhat an Nusra e,
sull'altro fronte, di Hizbollah libanese nei combattimenti a cavallo della
provincia frontaliera di Homs è stato al centro dell'attenzione. La Coalizione
nazionale siriana, dal cui vertice il capo al-Khatib ha confermato le
dimissioni già da tempo ventilate per protesta contro l'inerzia della Comunità
internazionale, è tornata a chiedere una no fly zone sul settentrione e sul meridione della Siria, nonché
bombardamenti contro le postazioni di artiglieria e missilistiche del regime di
Assad.
Ancora una volta, tuttavia, dalle potenze occidentali sono giunti soltanto aiuti in
denaro ed equipaggiamenti di tipo non letale - ovvero mezzi blindati, giubbotti
antiproiettile, ecc. Intanto nella regione di Idlib nove bambini hanno perso la vita il 21 aprile nel bombardamento di una
scuola, mentre in un sobborgo sudoccidentale di Damasco, Jdaidet Fadel, sono
stati rinvenuti centinaia di cadaveri di civili uccisi al culmine di cinque
giorni di duri combattimenti per il controllo dell'area.
Il 23 aprile l'intelligence
israeliana ha aggiunto la
propria voce al coro di accuse contro il regime di Assad per l'utilizzazione
seppur limitata di armi chimiche nel conflitto in corso nel paese: in
particolare, il responsabile della Divisione ricerche e analisi dei servizi
segreti militari, il generale Itai Brun, ha prodotto documentazione fotografica
a sostegno della sua tesi nel corso di una conferenza sulla sicurezza tenutasi
a Tel Aviv. Da parte statunitense, tuttavia, perdurava uno scetticismo di
fondo, anche perché lo stesso premier
israeliano Netanyahu si diceva impossibilitato nell'immediato a confermare le
accuse di Brun.
Il 24 aprile è stato perpetrato un altro
crimine contro la cultura, con la distruzione
del minareto della Grande Moschea di Aleppo, risalente al 1090, per il
quale si è scatenato il consueto scambio di accuse reciproche tra i ribelli ed
il regime siriano: il medesimo scambio di accuse si è avuto per la sparizione di due vescovi ortodossi –
il vescovo siro-ortodosso Gregorios
Yohanna Ibrahim e quello greco-ortodosso Boutros Yazigiuna - avvenuta
due giorni prima, che il governo di Damasco ha attribuito ad elementi jihadisti
della ribellione, mentre la Coalizione nazionale siriana ha puntato il dito
contro il regime, che vorrebbe alimentare con atti di questo tipo divisioni
confessionali nel paese.
Un aspetto in prospettiva non trascurabile dei combattimenti in corso
in Siria è la partecipazione ad essi, nelle fila della ribellione, di circa 500 elementi provenienti da paesi europei, reclutati
tra le seconde e terze generazioni dell'immigrazione islamica nel nostro
Continente. I vertici dell’antiterrorismo UE hanno messo in guardia sul rischio
che una volta abituati al combattimento,
nonché corroborati nelle loro tendenze integraliste, i combattenti
europei in Siria possano tornare nei rispettivi paesi di provenienza e
costituire un rischio non indifferente.
I giorni successivi
hanno visto emergere sempre più chiaramente la possibilità che effettivamente
nel conflitto siriano siano state utilizzate armi chimiche in limitata quantità - così ad esempio il
segretario USA alla difesa Hagel in dichiarazioni del 25 aprile, basate su valutazioni di intelligence fatte
pervenire anche ad alcuni membri del Congresso, ma nello stesso senso anche
ipotesi di fonte britannica -: cionondimeno, l'atteggiamento della Casa Bianca
si è mantenuto su una linea di grande prudenza, giungendo anche esplicitamente
ad escludere in ogni caso l'intervento di militari americani sul suolo siriano,
quand'anche venisse provato il superamento della più volte richiamata “linea
rossa” da parte del regime di Assad.
Il regime di Damasco dal
canto suo è tornato ad accusare invece il 26 aprile proprio i ribelli per
l'utilizzazione contro i civili di armi chimiche, veicolate da al Qaida
con la complicità turca: la tesi di Damasco si è appoggiata soprattutto su
avvenimenti del 19 marzo. Assai rilevante al proposito è stata comunque la presa di posizione di Mosca, per
la quale la denuncia ripetuta sulla
possibile utilizzazione in Siria di armi chimiche da parte del regime
servirebbe solo a creare un alibi per aprire la strada ad interventi
internazionali: la serietà della questione imporrebbe invece secondo la Russia
l’immediato accertamento della veridicità di questi sospetti, onde intervenire
prontamente per neutralizzare i gravissimi rischi che comportano tanto per la
sicurezza delle popolazioni quanto per la stabilità dell’intera regione.
Proprio esperti russi dovrebbero secondo Damasco condurre le verifiche per
escludere l’utilizzazione di armi chimiche da parte del regime, che continua
invece a negare il permesso di ingresso in Siria all’apposita Commissione
istituita dal Segretario generale dell’ONU.
In tutto ciò l'Amministrazione
americana sembra trovarsi progressivamente in difficoltà, anche perché
crescono da parte congressuale le richieste di accrescere il coinvolgimento
degli Stati Uniti nel conflitto siriano, vuoi da parte democratica - con un
forte incremento degli aiuti umanitari e degli equipaggiamenti militari non
letali ai ribelli - vuoi da parte repubblicana, con alcuni esponenti
parlamentari che si spingono a richiedere l'imposizione di no fly zones
sui cieli della Siria. Oltre alla ferma
volontà di non lasciarsi coinvolgere nuovamente in un conflitto per decisione
unilaterale e senza un consenso ampio della Comunità internazionale, sembra
che a frenare gli USA contribuisca non poco la valutazione della grande
efficienza delle difese antiaeree siriane, che avrebbero raggiunto negli ultimi
anni un altissimo livello grazie a progressive forniture russe.
Il 29 aprile un convoglio di auto su
una delle quali viaggiava il Primo ministro siriano Halqi è stato fatto oggetto
di un attentato con un'autobomba che avrebbe provocato diversi morti e feriti,
ma lasciato il premier illeso. Intanto veniva resa nota la scomparsa ormai da una ventina di giorni
dell'inviato della Stampa Domenico Quirico, entrato in Siria per un reportage
e il cui ultimo contatto era avvenuto il 9 aprile – nei primi giorni della
scomparsa si era comunque osservato il più stretto riserbo per motivi di
sicurezza. Quirico è scomparso nella regione di Homs ed egli stesso aveva
anticipato che per qualche giorno non avrebbe potuto utilizzare il cellulare,
ritenuto evidentemente localizzabile dagli elementi della ribellione cui si era
presumibilmente aggregato. Come di prassi in questi casi la Procura di Roma ha
avviato un'indagine ipotizzando il reato di sequestro di persona con finalità
di terrorismo, affidando le indagini relative al Reparto operativo speciale dei
Carabinieri.
Il 2 maggio emergeva l'apertura di un nuovo fronte di
combattimento tra la regione di Homs e la costa siriana nei dintorni di
Banyas: proprio in questa area, a Baida, vi sarebbe stato l'ennesimo massacro
con non meno di 50 vittime civili, inclusi donne e bambini, seguito il giorno
dopo da un altro eccidio di analoga portata nella stessa Banyas. Intanto nel
capoluogo orientale di Deir Ezzor veniva distrutto il celebre ponte sospeso
sull’Eufrate, presumibilmente per opera dell’artiglieria governativa.
La situazione di
tensione innescata dal conflitto siriano ha conosciuto un ulteriore
aggravamento nella notte tra il 2 e il 3
maggio, e poi nella notte fra il 4 e il 5, con due diversi raid aerei israeliani in territorio
siriano, il primo dei quali presumibilmente contro armamenti missilistici
in procinto di lasciare il territorio siriano in direzione del Libano, mentre
il secondo ha avuto come obiettivo un centro di ricerche militari di Damasco
nel quale probabilmente si trovavano comunque altri armamenti di tipo
missilistico. Israele come di consueto non ha confermato di aver effettuato gli
attacchi, ma ha fatto intendere che il suo obiettivo primario è scongiurare
l'arrivo nelle mani di elementi ostili ad Israele di sistemi missilistici come
lo Scud-D o lo Yakhont antinave, particolarmente pericolosi per la sicurezza
israeliana.
Dopo il secondo raid la Siria ha reagito bollando le
azioni israeliane alla stregua di una dichiarazione di guerra, ma senza
adottare nell'immediato misure di tipo militare. Peraltro Israele ha proceduto
ad allertare le strutture militari e a rafforzare le misure di sicurezza
obbligatorie per i civili nell’area del Golan e nel nord del paese, nonchè alla
chiusura dello spazio aereo in tutta la Galilea, dove sono state dispiegate
anche due batterie di missili intercettori Iron
Dome. I nuovi sviluppi hanno
ulteriormente accresciuto la pressione sull’Amministrazione statunitense,
che si è però limitata ad affermare il diritto di Israele di proteggersi contro
il passaggio di armi sofisticate nelle mani di gruppi terroristici come gli
Hizbollah libanesi, mentre restano sullo sfondo altre ipotesi, come quella di
passare alla fornitura diretta di armamenti agli elementi della ribellione
siriana, nel cui ambito la presenza di forti correnti integraliste e finanche
legate ad al Qaida non incoraggia certo gli americani.
Non privo di
interesse è valutare la reazione dei
ribelli siriani agli attacchi israeliani: secondo gli oppositori del regime
di Assad i raid aerei israeliani, pur
colpendo strutture e armamenti governativi, rivelano un'identità di intenti con
il regime, poiché anche Israele sarebbe interessato a una disgregazione della
Siria attraverso una guerra interconfessionale.
Gli stessi ribelli
peraltro hanno avuto di che preoccuparsi in seguito alle dichiarazioni del magistrato internazionale svizzero Carla Del Ponte, che il 5 maggio affermava
di essere sì in possesso di prove sull'utilizzazione in Siria di armi chimiche,
ma da parte dei ribelli. Va precisato che la Commissione delle Nazioni
Unite che indaga sui crimini di guerra in Siria (della quale il giudice Del
Ponte è membro) ha poi smentito di
essere in possesso di prove decisive sulle responsabilità dell’una o dell'altra
parte per quanto riguarda l'uso di armamenti chimici.
Se tuttavia
effettivamente qualche frangia della ribellione avesse utilizzato le armi
chimiche, considerando le matrici
ideologico-religiose di buona parte dei gruppi dell'opposizione siriana, si
aprirebbe un fronte di grande imbarazzo e preoccupazione per i paesi
occidentali, poiché da un lato verrebbero meno gran parte delle ragioni di
sostegno alle opposizioni siriane, e dall'altro ci si potrebbe anche attendere
qualche azione terroristica devastante contro i paesi occidentali.
Un elemento di novità sembra essere quello emerso
il 7 maggio con l'incontro del Segretario di Stato USA John Kerry e del
ministro degli esteri russo Lavrov a Mosca, a seguito del quale è stato
annunciato che i due paesi si sono trovati d'accordo sulla necessità di
organizzare entro la fine di maggio una conferenza internazionale per porre
finalmente termine al conflitto siriano. Reazioni particolarmente positive a tale iniziativa
sono venute dall’Unione europea e dalla cancelliera tedesca Angela Merkel.
Le Nazioni Unite,
dal canto loro, hanno invece ritirato i propri osservatori impegnati da decenni
sulle alture del Golan per vigilare sul rispetto della tregua tra Israele e
Siria, dopo che un gruppo di ribelli al regime siriano aveva catturato quattro
caschi blu filippini – la loro liberazione è avvenuta tuttavia il 12 maggio.
Per la verità nei giorni successivi la
Russia ha iniziato a frapporre qualche ostacolo allo svolgimento entro
maggio della conferenza sulla Siria, inisttendo altresì sulla fornitura a Damasco dei sistemi di difesa
antiaerea russi S-300, concordata in un precedente contratto. I russi hanno
argomentato che la conferenza sulla Siria, sulla quale vi sono già grosse
differenze in relazione al livello cui essa dovrebbe svolgersi, troverebbe
difficoltà soprattutto per le divisioni interne all'opposizione siriana, che
non permetterebbero di avere un interlocutore univoco della Comunità
internazionale.
La stessa giornata dell'11 maggio il sud della
Turchia veniva colpito dall'esplosione di due autobomba, per la precisione in un viale centrale della
cittadina di Reyhanli, che hanno provocato la morte di una cinquantina di
persone e il ferimento di almeno il doppio. Poche ore prima il premier Erdogan aveva sottolineato come
la Siria avesse da tempo già varcato la linea rossa posta dagli Stati Uniti
rispetto all'utilizzazione nel conflitto interno di armamenti chimici, e aveva
richiesto un maggior coinvolgimento di Washington nella questione.
L'attentato ha portato alle stelle la tensione già
alta tra Damasco e Ankara, con la Siria che
ha negato ogni coinvolgimento nell'attentato, accusando il premier Erdogan di cercare soltanto pretesti per un intervento
militare nel conflitto siriano. L'attentato ha inoltre provocato duri attacchi
dell'opposizione turca al governo in carica, accusato di aver bruciato con la
sua politica dura e favorevole agli oppositori siriani ogni possibilità di
futuro rapporto diplomatico con un paese di decisiva importanza per la Turchia.
Va poi precisato che la zona meridionale turca oggetto degli attentati (regione
di Antiochia/Hatay), è abitata in buona parte da popolazioni alawite (dunque correligionarie di
Assad), che non vedono affatto di buon occhio i numerosi profughi siriani ivi
rifugiati, tutti sunniti e appartenenti all'opposizione al regime di Assad,
tant'è vero che vi sono stati anche diversi scontri di piccola entità tra le
due comunità.
30/04/2013 |
Mario Arpino |
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28/04/2013 |
Giacomo Galeno |
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15/03/2013 |
Roberto Aliboni |
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19/02/2013 |
Mario Arpino |
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Il Libano e il conflitto siriano: la gestione di una stabilità fragile
Bernard Selwan
Khoury - Mideast Flashpoints - 11/4/2013
Analyzing Syria’s crisis
economy: meltdown or resilience?
Joulan Abdul Khalek - Mideast Flashpoints - 11/4/2013
Foreign fighters in Syria: a
terrorist threat to Europe?
Teun van Dongen - Mideast Flashpoints - 11/4/2013
Aspenia 60 - Special focus on Syria
Aspenia classic - From the Editors - 11/4/2013
I timori di Israele sulle
rivolte arabe
Fabio Scuto - Mideast
Flashpoints - 5/3/2013
Friends of Syria:
lo stallo internazionale sulla partita siriana
Giuseppe Dentice - Mideast
Flashpoints - 4/3/2013
La Siria
circondata: Israele, l’Iran, e la guerra civile
Giovanni Carfora - Mideast
Flashpoints - 26/2/2013
CeMiSS-Osservatorio Strategico Prospettive 2013
(sezione sul Medio Oriente, alle pagg. 38-45)
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Creating a “No Move” Zone in Syria
Commentary
APR 24, 2013
Middle East Notes
and Comment: A Tale of Two Crises
Newsletter
APR 12, 2013
Syria: The Search
for the Least Bad Option
Commentary
APR 3, 2013
Commentary
Jan 28, 2013
Gulf Analysis Paper: Saudi
Arabia and Qatar in a Time of Revolution
Report
By
Bernard Haykel
Feb 19, 2013
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By Richard Gowan -
18 Jan 13
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Medio
Oriente
Insights
Syria: Room for
diplomacy? Regional changes and their effect on the Syrian crisis
30
Gen 2013 | Francesco Belcastro
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Blurring the Borders: Syrian Spillover Risks for
Turkey,
Europe Report N°225 | 30 Apr 2013
Syria’s Kurds: A Struggle Within a Struggle, Middle East Report N°136 | 22
Jan 2013
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Chi sono veramente i salafiti?
Giovedì, 18 Aprile, 2013
Matteo Colombo
La Siria nella trappola degli interessi internazionali
Venerdì, 22 Febbraio, 2013
Eugenio Da crema
Siria-Iran: c'eravamo tanto amati
Mercoledì, 16 Gennaio, 2013
Annalisa Perteghella
Conseguenze economiche della Primavera Araba
Martedì, 15 Gennaio, 2013
Rapporto ISPI per il Ministero degli Affari Esteri, Dicembre 2012; autori: Elisa Borghi, Rodolfo Helg, Lucia Tavoli
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Asse con Mosca per la crisi siriana?
Martedì, 19 Marzo, 2013
Stefano M. Torelli
Monarchie del Golfo: Unbreakable Alliance
Martedì, 19 Marzo, 2013
Armando Sanguini
Due fronti caldi sul bastione turco
Martedì, 19 Marzo, 2013
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May
2013
Syria And Iraq
― Convergence And Divergence In U.S.-Turkish AssessmentsMay 02, 2013 / Hassan Mneimneh
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SWP Comments 2013/C 09, February 2013, 8 Pages
Oliver
Schmidt
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Opinion
Bosnia Lends Clue To Syria
Strategy
May
3, 2013, Michael E. O'Hanlon
Interview
Syria, Chemical Weapons, And
The Intervention Question
April
29, 2013, Shadi Hamid
Opinion
Syria's Use of Chemical
Weapons: The Ball’s in Your Court, Mr. President
April
26, 2013, Bruce Riedel
Blog
Post
Is Syria's Alleged Chemical
Weapons Use the Tipping Point for U.S. Intervention?
April
25, 2013, Kenneth M. Pollack
Expert
Q & A | Elizabeth Ferris and Megan Bradley
Syria's Humanitarian Crisis
Has No End in Sight
April
25, 2013, Elizabeth Ferris, Megan Bradley and Shelly Pitterman
Opinion
Camps are Not the Answer to
Syria’s Displacement Crisis
April
19, 2013, Megan Bradley
Opinion
The Dangerous Price of
Ignoring Syria
April
15, 2013, Vali Nasr
Opinion
Syria's Children are in
Desperate Need of Educational Aid
April
2, 2013, Maysa Jalbout
Interview
The Fear That Drives Russia's
Support For Syria's Assad
March
27, 2013, Fiona Hill
Opinion
BRICS Leadership Will Be
Tested by Syria
March
25, 2013, Salman Shaikh
Blog
Post
Syria's First Interim Prime
Minister
March
19, 2013, Salman Shaikh
Opinion
Syria's Unseen Crisis:
Displaced Women Face Rape, Insecurity, Poverty
March
8, 2013, Megan Bradley
Expert
Q & A | Salman Shaikh
March
1, 2013, Salman Shaikh
Opinion
Al Nusra: Al Qaeda’s Syria Offensive
February
23, 2013, Bruce Riedel
Opinion
February
4, 2013, Shadi Hamid
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22
Apr 2013
Armed Conflict in Syria:
US and International Response
Author: Jeremy M Sharp, Christopher M Blanchard
Publisher: Congressional Research Service (CRS)
26
Mar 2013
Probing for Chemical
Attacks in Syria
Author: Gregory D Koblentz
Publisher: Council on Foreign Relations (CFR)
The Arab Spring and
the Middle East’s Monarchies
Lorenzo
Vidino, ISN
14 Feb 2013
Syrian
Weapons in Hizbollah Hands
Author: Yiftah Shapir
Publisher: Institute for National Security Studies (INSS)
Feb 2013
Qatar’s
Foreign Policy
Author: Bernard Haykel
Publisher: Norwegian Peacebuilding Resource Centre (NOREF)
Feb 2013
Qatar's
International Role
Author: J. E. Peterson
Publisher: Norwegian
Peacebuilding Resource Centre (NOREF)
Feb 2013
Qatar's Mediation
Initiatives
Author: Kristian Coates
Ulrichsen
Publisher: Norwegian
Peacebuilding Resource Centre (NOREF)
Feb 2013
New Tactics Same
Strategy? US Policy Towards the Middle East
Author: Ana Echagüe
Publisher: FRIDE
Feb 2013
The Mythical
Alliance: Russia's Syria Policy
Author: Dmitri Trenin
Publisher: Carnegie Moscow
Center
Feb 2013
Losing the Syrian
Grassroots: Local Governance Structures Urgently Need Support
Author: Doreen Khoury
Publisher: Stiftung
Wissenschaft und Politik (SWP)
Feb 2013
Sliding into the
Fray: Jordan and Israel in the Syrian Conflict
Author: Nicolas Pelham
Publisher: Norwegian
Peacebuilding Resource Centre (NOREF)
Feb 2013
Syria: The Evolving
Problem of Competing Militias
Author: Paul Rogers
Publisher: Oxford Research
Group (ORG)
22 Jan 2013
Syria's Kurds: A
Struggle within a Struggle
Author: International
Crisis Group
Publisher: International
Crisis Group
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26 March 2013
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L'onda lunga della «primavera»
di
Hicham Ben Abdallah El-Alaoui*
Lo strano destino degli alawiti siriani
di SABRINA
MERVIN
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Syria,
Chemical Weapons, and the Way Forward
April
2013 | On the Issues by Steven Heydemann
Syria, Libya, Mali
Illustrate Dilemmas of Backing Militias
March 2013 |
Syria’s
Conflict, In Numbers: 525,600 Minutes X 2
March
2013 | Olive Branch Post by Rachel Brandenburg
Arab World
Holds Challenges for Kerry, U.S. Administration
February
2013 | Olive Branch Post by Daniel Brumberg
Syria:
Regional Fallout from the Civil War
January
2013 | News Feature by Thomas Omestad
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Op-Ed – May 6, 2013
Op-Ed – April 30, 2013
It’s Time to
Intervene in Syria
Article – April 25, 2013
What Does Bashar
al-Assad Want?
Op-Ed – April 23, 2013
The Ugly Choice in
the Middle East
Brief – April 16, 2013
Building a Syrian
State in a Time of Civil War
Paper – April 3, 2013
The Syrian
Opposition’s Leadership Problem
Article – March 28, 2013
The Syrian
Opposition’s Very Provisional Government
Op-Ed – February 24, 2013
The Case for Arming
Syrian Rebels
Op-Ed – February 19, 2013
Europe, Syria, and
Global Warming
Op-Ed – February 11, 2013
The Hidden Story of
Airpower in Libya (and What it Means for Syria)
Op-Ed – February 5, 2013
Syria’s Fate Hinges
on Whom It Hates Most, U.S. or Iran?
Article – January 25, 2013
Five Steps the EU
Can Take to Help Syria’s Recovery
Op-Ed – January 9, 2013
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What is preventing
international action in Syria?
Asked by Jake C., from University of Texas at Tyler
May 3, 2013 Read full answer
Micah Zenko
April 30, 2013
Gayle Tzemach Lemmon
April 30, 2013
What will be the effect of the
UN Arms Trade Treaty on the Syrian conflict?
Asked by Gabriel
April 30, 2013 Read full answer
Obama Is Right on Chemical
Warfare in Syria
Leslie H. Gelb
April 27, 2013
Elliott Abrams
March 28, 2013
Probing For Chemical Attacks
in Syria
March 26, 2013
March 20, 2013
March 7, 2013
Action Group on Syria in Rome
Final Communique, February 2013
February
28, 2013
How to Save Syria From al
Qaeda
February 24, 2013
The Hizbollah Connection in
Syria and Iran
February 15, 2013
Syria's Regime Change
Challenge
February 5, 2013
Washington Post: Although
Splintered, Al-Qaeda Finds New Life in Unstable Areas
February 2, 2013
Brahimi's Six Principles for a
Political Transition in Syria, January 2013
January
29, 2013
U.N. Rules and Syrian
Intervention
January 17, 2013
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Israele bombarda la Siria
mirando a Hizbollah e Iran
di Umberto De Giovannangeli
In Siria, prove di Asadistan
con l'aiuto di Hizbollah
di Lorenzo Trombetta
Le armi chimiche in Siria:
la sottile linea rossa di Obama
di Federico Petroni
Armare o non armare i ribelli:
il dilemma di Siria
di Francesca Amerio
Con la flessibilità il Libano
sopravvive alla guerra di Siria
di Lorenzo Trombetta
Strategie energetiche
per il dopoguerra in Siria
di Carlo Frappi
di Roger Bou Chahine
http://temi.repubblica.it/limes/dieci-anni-dopo-liraq-non-esiste/43730
Il
fattore Iraq nella guerra di Siria
di Andrea Glioti
Hizbollah
è in Siria ma non avanzerà
di Lorenzo Trombetta
http://temi.repubblica.it/limes/uno-stato-imperiale-la-turchia-secondo-erdogan-e-davutoglu/42514
Siria-Israele, business as usual
di Lorenzo Trombetta
I rifugiati
siriani in Giordania pensano al rimpatrio
di Alberto Natta
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ANALYSIS // FEB 18, 2013
China's Evolving Stance on Syria
I-wei Jennifer Chang
OPINION // MAR
22, 2013
The PKK Cease-Fire and Syria's
Kurds
Gönül Tol
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Syrians deserting the FSA: Faust wants his soul back
Syria: the life cycle of civil war
Bordering on a new World War 1
Chemical weapons, the Middle East, the UN Security Council
and now, Syria
Syria: revolution or civil war?
Syrian activist communities, the battle inside
Revolution or civil war? The battle of narratives in Syria
Islam in the Arab
transformations
In conversation:
Syria in perspective
[1] A titolo di raffronto si può ricordare che
le perdite umane in Afghanistan, una guerra in corso dal 2001, non
supererebbero nel complesso il numero di 50.000.
[2] Gli
articoli segnalati sono reperibili, nel dossier in formato elettronico,
selezionando direttamente i link sopra
riportati. Gli stessi articoli, in formato cartaceo, sono disponibili presso il
Servizio Studi-Dipartimento Affari esteri.