Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento difesa
Titolo: Misure urgenti per il contrasto del terrorismo nonché proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia - D.L. 7/2015 ' A.C. 2893 - Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 2893/XVII   DL N. 7 DEL 20-FEB-15
Serie: Progetti di legge    Numero: 278
Data: 23/02/2015
Descrittori:
DECRETO LEGGE 2015 0007   FORZE ARMATE
FORZE DI POLIZIA   MISSIONI INTERNAZIONALI DI PACE
PREVENZIONE DEL CRIMINE   PROROGA DI TERMINI
REATI DI TERRORISMO E DI EVERSIONE     
Organi della Camera: II-Giustizia
IV-Difesa

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Misure urgenti per il contrasto del terrorismo nonché proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia

D.L. 7/2015 – A.C. 2893

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 278

 

 

 

23 febbraio 2015

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Giustizia

( 066760-9559 / 066760-9148 – * st_giustizia@camera.it

Servizio Studi – Dipartimento Affari esteri

( 066760-4172 – * st_affari_esteri@camera.it

Servizio Studi – Dipartimento Difesa

( 066760-4939 – * st_difesa@camera.it

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

 

 

 

 

La documentazione dei servizi e degli uffici della Camera è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.

File: D15007.docx

 


INDICE

Schede di lettura

Capo I - Norme per il contrasto del terrorismo anche internazionale  3

§  Articolo 1 (Nuove fattispecie di delitto in materia di terrorismo) 3

§  Articolo 2 (Integrazione delle misure di prevenzione e contrasto delle attività terroristiche) 8

§  Articolo 3 (Integrazione della disciplina dei reati concernenti l’uso e la custodia di sostanze esplodenti) 12

§  Articolo 4 (Modifiche in materia di misure di prevenzione personali e di espulsione dello straniero per motivi di prevenzione e terrorismo) 15

§  Articolo 5 (Potenziamento e proroga dell’impiego del personale militare appartenente alle Forze armate) 18

§  Articolo 6 (Modifica al decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155) 22

§  Articolo 7 (Nuove norme in materia di trattamento di dati personali da parte delle Forze di polizia) 26

§  Articolo 8 (Disposizioni in materia di garanzie funzionali e di tutela, anche processuale, del personale e delle strutture dei servizi di informazionale per la sicurezza) 28

Capo II - Coordinamento nazionale delle indagini nei procedimenti per i delitti di terrorismo, anche internazionale  31

§  Articolo 9 (Modifiche al D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447, recante: “Approvazione del codice di procedura penale”) 31

§  Articolo 10 (Modifiche al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, recante: Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione) 38

Interventi dell’Unione Europea in materia di antiterrorismo (a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione Europea) 44

Capo III - Missioni internazionali delle forze armate e di polizia  49

§  Articolo 11 (Europa) 49

§  Articolo 12 (Asia) 54

§  Articolo 13 (Africa) 60

§  Articolo 14 (Assicurazioni, di trasporto, infrastrutture, AISE, cooperazione civile-militare, cessioni) 66

§  Articolo 15 (Disposizioni in materia di personale) 68

§  Articolo 16 (Disposizioni in materia contabile) 82

Capo IV - Iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione  83

§  Articolo 17 (Iniziative di cooperazione allo sviluppo) 83

§  Articolo 18 (Sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione) 86

§  Articolo 19 (Regime degli interventi nonché disposizioni urgenti per l’operatività dell’amministrazione degli affari esteri e della cooperazione internazionale) 90

Capo V - Disposizioni finali 95

§  Articolo 20, commi 1-5 (Disposizioni transitorie sulla Procura nazionale antimafia e antiterrorismo) 95

§  Articolo 20, comma 6 (Copertura finanziaria) 97

 

 


Schede di lettura

 


Capo I -
Norme per il contrasto del terrorismo anche internazionale

Articolo 1
(Nuove fattispecie di delitto in materia di terrorismo)

 

L’articolo 1 del decreto-legge interviene sulle disposizioni del codice penale relative ai delitti di terrorismo, anche internazionale, per punire i c.d. foreign fighters, ovvero coloro che si fanno arruolare per il compimento di atti di violenza, con finalità di terrorismo.

 

La relazione illustrativa motiva questo intervento, tra l’altro, con la «necessità di dare attuazione nell’ordinamento interno alla Risoluzione n. 2178 del 2014, adottata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ai sensi del Capo VII della Carta delle Nazioni Unite e quindi vincolante per gli Stati».

La risoluzione 2178 poggia su tre pilastri: il contrasto alla radicalizzazione e all’estremismo violento; le misure di prevenzione in senso stretto, soprattutto rispetto ai controlli sul movimento dei sospetti terroristi; la risposta giudiziaria, nel senso dell’anticipo della tutela penale, erigendo a reati atti c.d. preparatori, ossia che precedono la commissione di un atto terroristico.

In particolare, il paragrafo 6 (a) della Risoluzione prevede che gli Stati perseguano quanti viaggiano o tentano di viaggiare dal proprio stato di residenza in altro Stato al fine di partecipare o commettere atti terroristici.

 

 

In particolare, il comma 1 modifica l’art. 270-quater del codice penale, relativo al delitto di arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale.

 

Si tratta della disposizione che punisce con la reclusione da 7 a 15 anni chiunque, salvo che ricorrano le ipotesi di associazione con finalità di terrorismo, arruola una o più persone per il compimento di atti di violenza ovvero il sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo, anche se rivolti contro uno Stato estero, un’istituzione o un organismo internazionale.

Sono connotate dalla finalità di terrorismo, in base all’art. 270-sexies del codice penale, le condotte che «per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un Paese o ad un'organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un'organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di un'organizzazione internazionale, nonché le altre condotte definite terroristiche o commesse con finalità di terrorismo da convenzioni o altre norme di diritto internazionale vincolanti per l'Italia».

 

Normativa anteriore al DL

Normativa vigente (DL 7/2015)

Codice penale

Libro II – Dei delitti in particolare

Titolo I – Dei delitti contro la personalità dello Stato

Capo I – Dei delitti contro la personalità internazionale dello Stato

 

Articolo 270-quater

Arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale

Chiunque, al di fuori dei casi di cui all'articolo 270-bis, arruola una o più persone per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo, anche se rivolti contro uno Stato estero, un'istituzione o un organismo internazionale, è punito con la reclusione da sette a quindici anni.

Identico.

 

Fuori dei casi di cui all’articolo 270-bis, e salvo il caso di addestramento, la persona arruolata è punita con la pena della reclusione da tre a sei anni.

 

Inserendo un secondo comma, il decreto-legge prevede la pena della reclusione da 3 a 6 anni per colui che viene arruolato. Questa fattispecie penale potrà applicarsi solo se non ricorrono le ipotesi, più gravi, di:

-         partecipazione all’associazione con finalità di terrorismo (reclusione da 5 a 10 anni), ai sensi dell’art. 270-bis, c.p.;

-         addestramento ad attività con finalità di terrorismo, anche internazionale (reclusione da 5 a 10 anni), ai sensi dell’art. 270-quinquies, c.p.

 

La pena da 3 a 6 anni per questo delitto consente l’applicazione della custodia cautelare in carcere (art. 280, comma 2, c.p.p.); non è consentito, invece, l’arresto obbligatorio in flagranza di reato (l’art. art. 380, secondo comma, lett. i) c.p.p. richiede per questi delitti la reclusione non inferiore nel minimo a 4 anni o non inferiore, nel massimo, a 10 anni). Sarà possibile procedere all’arresto facoltativo in flagranza (art. 381 c.p.p.) e al fermo di indiziato di delitto (ai sensi dell’art. 384 c.p.p.).

 

In base al testo della disposizione, dunque, deve essere punita la mera adesione alla richiesta di arruolamento, che non presuppone il compimento di specifici atti.

 

Sul punto, la relazione illustrativa afferma che «E’ da precisare che la condotta dell’arruolato cui si fa riferimento non si esaurisce nella prestazione del mero assenso al compimento di reati con finalità terroristiche, rispetto al quale può trovare applicazione solo la misura di sicurezza di cui all’art. 115 c.p..

Piuttosto, la condotta in questione consiste nel mettersi seriamente e concretamente a disposizione come milite, e quindi soggiacendo a vincoli di obbedienza gerarchica, per il compimento di atti di terrorismo, pur al di fuori ed a prescindere dalla messa a disposizione con assunzione di un ruolo funzionale all’interno di una compagine associativa, tradizionalmente intesa.

In questo senso, il mettersi in viaggio, o l’apprestarsi ad un viaggio, per raggiungere i luoghi ove si consumano azioni terroristiche, condotte di cui, come detto, la Risoluzione ONU richiede la repressione, altro non sono che l’esplicazione di un precedente reclutamento, ossia di immissione volontaria e consapevole in una “milizia”, votata al compimento di azioni terroristiche.

L’applicazione del nuovo art. 270-quater c.p. sia al “reclutatore” che all’arruolato consente di soddisfare, sul versante penale, gli obblighi assunti sul piano internazionale, nella misura in cui il viaggio - sia che lo si riguardi dal punto di vista di chi lo organizza, ovvero dal punto di vista di chi lo compie - assume i tratti oggettivi dell’estrinsecazione di una pregressa, o comunque almeno contestuale, condotta di reclutamento».

 

In ordine alla formulazione del testo, si evidenzia che quanto affermato dalla relazione illustrativa non trova pieno riscontro nella fattispecie penale che punisce il soggetto “passivo” del reclutamento. Inoltre, il momento di consumazione del reato non risulta chiaramente identificato. Sembrano inoltre presumibili difficoltà in ordine alla prova del commesso reato.

 

Il comma 2 introduce un nuovo delitto nel codice penale: organizzazione di trasferimenti per finalità di terrorismo (art. 270-quater.1).

 

La nuova fattispecie trova applicazione purché non ricorrano le ipotesi di associazione con finalità di terrorismo (art. 270-bis c.p.) o di arruolamento con finalità di terrorismo (art. 270-quater c.p.) e punisce con la reclusione da 3 a 6 anni chiunque organizza, finanzia o propaganda viaggi finalizzati al compimento di condotte con finalità di terrorismo (come definite dall’art. 270-sexies c.p., v. sopra).

 

Si osserva che la rilevanza penale dell’organizzazione o della propaganda di viaggi trova un significativo precedente nel codice penale all’art. 600-quinquies, che punisce le iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile. In merito la giurisprudenza ha sottolineato che si tratta di un delitto comune, che non presuppone che l'autore sia un operatore turistico o svolga l'attività in maniera continuativa, essendo sufficiente anche l'organizzazione di una sola trasferta. (Cass. Sez. III, Sentenza n. 42053 del 20-09-2011).

 

Il comma 3, infine, modifica l’art. 270-quinquies che, come detto, punisce tanto colui che addestra al compimento di attività terroristiche, quanto colui che viene addestrato.

 

Normativa anteriore al DL

Normativa vigente (DL 7/2015)

Codice penale

Articolo 270-quinquies

Addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale

Chiunque, al di fuori dei casi di cui all'articolo 270-bis, addestra o comunque fornisce istruzioni sulla preparazione o sull'uso di materiali esplosivi, di armi da fuoco o di altre armi, di sostanze chimiche o batteriologiche nocive o pericolose, nonché di ogni altra tecnica o metodo per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo, anche se rivolti contro uno Stato estero, un'istituzione o un organismo internazionale, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. La stessa pena si applica nei confronti della persona addestrata.

Chiunque, al di fuori dei casi di cui all'articolo 270-bis, addestra o comunque fornisce istruzioni sulla preparazione o sull'uso di materiali esplosivi, di armi da fuoco o di altre armi, di sostanze chimiche o batteriologiche nocive o pericolose, nonché di ogni altra tecnica o metodo per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo, anche se rivolti contro uno Stato estero, un'istituzione o un organismo internazionale, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. La stessa pena si applica nei confronti della persona addestrata, nonché della persona che avendo acquisito, anche autonomamente, le istruzioni per il compimento degli atti di cui al primo periodo, pone in essere comportamenti finalizzati alla commissione delle condotte di cui all’articolo 270-sexies.

 

Le pene previste dal presente articolo sono aumentate se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.

 

Attraverso un’integrazione della fattispecie penale (lett. a), il decreto-legge punisce con la reclusione da 5 a 10 anni anche colui che, pur essendosi addestrato da solo, ovvero avendo autonomamente acquisito le istruzioni «sulla preparazione o sull'uso di materiali esplosivi, di armi da fuoco o di altre armi, di sostanze chimiche o batteriologiche nocive o pericolose, nonché di ogni altra tecnica o metodo per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo», pone in essere comportamenti finalizzati al terrorismo internazionale.

La disposizione dunque non punisce colui che si prepara ad atti terroristici, senza aiuto o addestramento altrui, ma solo colui che, partendo da una formazione così acquisita, «pone in essere comportamenti finalizzati alla commissione delle condotte con finalità di terrorismo». La fattispecie si concretizza dunque in presenza degli atti finalizzati e non in presenza del semplice addestramento, come previsto dal primo periodo.

 

In merito, la relazione illustrativa afferma che «la caratterizzazione della fattispecie è assicurata dal fatto che la nuova condotta incriminata, al pari di quella già oggi sanzionata dall’art. 270-quinquies c.p., è connotata dal dolo specifico. Difatti, viene previsto che sia rilevante penalmente la condotta della persona che avendo acquisito, anche autonomamente, le istruzioni per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali con finalità di terrorismo pone in essere condotte con le medesime finalità. In tal modo, viene estesa l’area della punibilità anche ai terroristi che operano sganciati da sodalizi ed organizzazioni (cd. “lupo solitario”), soluzione questa perseguita anche in altri Paesi europei, quali la Francia, dove è stata resa perseguibile la fattispecie di “impresa terroristica individuale”».

 

Si osserva che la seconda condotta (addestramento autonomo unitamente a comportamenti finalizzati) è punita alla stregua della prima condotta (addestrare ed essere addestrati).

 

La lett. b) prevede un’aggravante (aumento della pena fino a un terzo) quando tutte le condotte di addestramento (e dunque anche quando la ricerca delle istruzioni avviene autonomamente) siano commesse attraverso strumenti telematici o informatici.

 

 


 

Articolo 2
(Integrazione delle misure di prevenzione e contrasto
delle attività terroristiche)

 

L’articolo 2 introduce misure per il contrasto alle attività di proselitismo attraverso Internet dei cd. “foreign fighters”.

Il comma 1 interviene anzitutto sugli artt. 302 e 414 del codice penale, entrambi relativi a ipotesi di istigazione.

In base all’art. 302 c.p. chiunque istiga taluno a commettere uno dei delitti, non colposi, contro la personalità interna e internazionale dello Stato per i quali la legge stabilisce l'ergastolo o la reclusione, è punito, se l'istigazione non è accolta, ovvero se l'istigazione è accolta ma il delitto non è commesso, con la reclusione da uno a otto anni (primo comma).

Tuttavia, la pena da applicare è sempre inferiore alla metà della pena stabilita per il delitto al quale si riferisce l'istigazione (secondo comma).

Viene introdotta all’art. 302, primo comma, un’aggravante speciale del reato di istigazione a commettere i reati contro la personalità interna e internazionale dello Stato (tra cui quelli con finalità di terrorismo); l’aumento di pena è fino a un terzo (ai sensi dell’art. 64 c.p.) quando l’istigazione avvenga attraverso strumenti informatici o telematici.

 

L’art. 414 c.p. prevede che chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più reati è punito, per il solo fatto dell'istigazione:

1. con la reclusione da uno a cinque anni, se trattasi di istigazione a commettere delitti;

2. con la reclusione fino a un anno, ovvero con la multa fino a euro 206 (1), se trattasi di istigazione a commettere contravvenzioni (primo comma).

Se si tratta di istigazione a commettere uno o più delitti e una o più contravvenzioni, si applica la pena stabilita nel n. 1 (secondo comma).

Alla pena stabilita del n. 1 soggiace anche chi pubblicamente fa l'apologia di uno o più delitti (terzo comma).

Fuori dei casi di cui all'articolo 302, se l'istigazione o l'apologia di cui ai commi precedenti riguarda delitti di terrorismo o crimini contro l'umanità la pena è aumentata della metà (quarto comma).

 

Analoga aggravante speciale (ovvero la commissione a mezzo strumenti informatici o telematici) è introdotta all’art. 414, terzo comma, per l’istigazione a delinquere e l’apologia di reato, punite con un aumento di pena fino a un  terzo.

L’aggravante è sanzionata in misura maggiore (fino a due terzi) nell’ipotesi del quarto comma, quando l’istigazione e l’apologia riguardi delitti di terrorismo o crimini contro l’umanità

 

Il comma 2 dell’articolo 2 del DL prevede che la polizia postale e delle comunicazioni debba costantemente tenere aggiornato un elenco dei siti Internet che vengano utilizzati per attività e condotte di associazione terroristica (art. 270-bis, c.p.) e condotte con finalità di terrorismo (art. 270-sexies, c.p.) nel quale confluiscono le diverse segnalazioni della polizia giudiziaria.

La misura ricalca quella adottata dalla legge 269 del 1998 in relazione alla schedatura su un apposito elenco dei siti pedopornografici tenuto dal Centro nazionale per il contrasto della pedopornografia sulla rete INTERNET (v. ultra).

L’aggiornamento dei contenuti della black list” da parte della polizia postale avviene ai fini dello svolgimento delle indagini antiterrorismo, effettuate anche sottocopertura:

·      ai sensi dell’art. 9, commi 1, lett. b), e 2 della legge 146 del 2006 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale).

 

Il comma 1, lett. b) dell’art. 9 prevede le attività che gli ufficiali di polizia giudiziaria appartenenti agli organismi investigativi della Polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri specializzati nell'attività di contrasto al terrorismo e all'eversione e del Corpo della guardia di finanza competenti nelle attività di contrasto al finanziamento del terrorismo, possono effettuare al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai delitti commessi con finalità di terrorismo o di eversione: anche per interposta persona, dare rifugio o comunque prestare assistenza agli associati, acquistare, ricevere, sostituire od occultare denaro, armi, documenti, sostanze stupefacenti o psicotrope, beni ovvero cose che sono oggetto, prodotto, profitto o mezzo per commettere il reato o altrimenti ostacolano l’individuazione della loro provenienza o ne consentono l’impiego o compiono attività prodromiche e strumentali.

Il comma 2 dell’art. 9 prevede l’utilizzo da parte della polizia giudiziaria di documenti, identità o indicazioni di copertura, rilasciati dagli organismi competenti anche per attivare o entrare in contatto con soggetti e siti nelle reti di comunicazione, informandone il pubblico ministero al più presto e comunque entro le 48 ore dall'inizio delle attività.

·      ai sensi dell’art. 7-bis, comma 2, del DL 144/2005 (Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale), convertito dalla L. 155/2014.

 

L’articolo 7-bis attribuisce all’organo del Ministero dell’interno per la sicurezza e per la regolarità dei servizi di telecomunicazione il compito di assicurare i servizi di protezione informatica delle infrastrutture critiche informatizzate di interesse nazionale.

Con DM Interno 19 gennaio 1999, emanato di concerto con i ministri delle comunicazioni e del tesoro, il Servizio di polizia postale e delle comunicazioni è stato indicato quale organo centrale del ministero dell’Interno per la sicurezza e la regolarità dei servizi di telecomunicazioni.

L’azione svolta dall’organo è rivolta, principalmente, alla criminalità informatica ed alle violazioni amministrative proprie dei settori delle comunicazioni: pedofilia on-line, attacchi a sistemi informatici, truffe commesse con i codici di carte di credito, diffusione di virus informatici, illecita duplicazione di materiali e diffusione di programmi tutelati dal diritto d’autore, etc.. A seguito dell’entrata in vigore della L. 269/1998, che ha previsto nuovi strumenti investigativi, la polizia postale è impegnata in servizi di polizia giudiziaria quali le intercettazioni telematiche, le attività sotto copertura, l’acquisto simulato di materiale pedo-pornografico e le relative attività di intermediazione. A fini preventivi, essa svolge altresì attività di monitoraggio della rete riguardo alcuni fenomeni come la pedofilia, le sette religiose ed altre organizzazioni di vario tipo le cui attività si ritiene possano sconfinare in manifestazioni criminali o di odio razziale.

Il comma 2 del citato art. 7-bis prevede che, per specifiche finalità di prevenzione e repressione delle attività terroristiche o di agevolazione del terrorismo condotte con i mezzi informatici, gli ufficiali di polizia giudiziaria appartenenti al Servizio di polizia postale e delle comunicazioni possono svolgere:

-     le attività sotto copertura consentite, al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai delitti commessi con finalità di terrorismo;

-       le attività di intercettazione e i controlli preventivi sulle comunicazioni di cui all’art. 226 delle norme di attuazione del codice di procedura penale (D.Lgs. 271/1989).

 

I commi 3 e 4 dell’articolo 2 prevedono specifici obblighi in capo ai fornitori di connettività alla rete Internet (cd. Internet providers).

 

Il comma 3 stabilisce che gli Internet providers, su richiesta della magistratura, debbano inibire l’accesso ai siti “terroristici” inseriti nell’elenco tenuto dalla polizia postale e delle comunicazioni con i tempi e modalità tecniche individuate con il decreto previsto dall’art. 14-quater, comma 1, della legge 269/1998.

Il riferimento è al DM 8 gennaio 2007, il decreto del ministro delle telecomunicazioni che, sentite le associazioni maggiormente rappresentative dei fornitori di connettività della rete INTERNET, ha individuato le soluzioni tecniche per l’utilizzo degli strumenti di filtraggio per impedire l’accesso ai siti pedopornografici individuati dal citato Centro nazionale per il contrasto della pedopornografia sulla rete INTERNET.

Il comma 4 stabilisce che, in presenza di concreti elementi che facciano ritenere che gli specifici delitti con finalità di terrorismo di cui agli artt. 270-bis, 270-ter, 270-quater e 270-quinquies, c.p. (associazione terroristica, assistenza agli associati, arruolamento e addestramento) siano compiuti per via telematica, il pubblico ministero ordina agli Internet providers - con decreto motivato - di provvedere alla rimozione dei contenuti illeciti accessibili al pubblico.

I soggetti obbligati, secondo la formulazione del comma 4, sono i “fornitori dei servizi di cui all’art. 16 del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70” “nonchè i soggetti che comunque forniscono servizi di immissione e gestione…” attraverso cui i contenuti illeciti sono resi accessibili al pubblico.

Mentre appare chiaro il riferimento al citato art. 16 che si richiama espressamente al cd. host provider - cioè colui che provvede ad ospitare sul proprio server un sito web, gestito da terzi in piena autonomia - meno immediato appare il riferimento agli altri “soggetti che comunque forniscono servizi di immissione e gestione”.

Si osserva, sul punto, che il comma 4 potrebbe riferirsi agli altri soggetti titolari delle attività di cui agli artt. 14 e 15 del D.Lgs 70/2003, rispettivamente chi esercita attività di cd “mere conduit - consistente nel trasmettere su una rete di comunicazione, informazioni non proprie (cioè date dal destinatario del servizio) o nel fornire l’accesso alla rete (art. 14) - o chi esercita attività di caching, cioè di memorizzazione temporanea delle informazioni presso il server del provider in modo da favorirne la consultazione in un secondo momento da parte di altri utenti(ad es., le attività di organizzazione delle mailing-list o di newsgroup) (art. 15). Sembrerebbe, quindi, che gli obblighi di rimozione previsti dal comma 4 possano riferirsi anche alle più generali attività svolte da social network come Twitter e Facebook.

Occorre valutare se occorra una più puntuale formulazione del comma 4, finalizzata a meglio delimitare l’ambito applicativo della fattispecie.

 

 

I fornitori di servizi provvedono immediatamente e comunque non oltre 48 ore dal ricevimento della notifica. Al mancato adempimento da parte del provider consegue l’interdizione all’accesso al dominio Internet a mezzo di sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p.; il sequestro è disposto dal giudice con decreto motivato su iniziativa del PM.

Come rilevato dalla relazione al disegno di legge di conversione del decreto-legge, la vigente legge sulla stampa non consente il sequestro preventivo di testate giornalistiche online né di altri prodotti editoriali realizzati su supporto informatico ove debitamente registrati.

 

Infine, il comma 5 dell’art. 2 modifica l’art. 9 del DL 231 del 2007 per consentire che il Comitato di analisi strategica presso il Ministero dell’interno (cd. CASA) possa ricevere dall’UIF (Unità di informazione finanziaria) della Banca d’Italia gli esiti delle analisi e degli studi effettuati su specifiche anomalie da cui emergono fenomeni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.

 

 

 


 

Articolo 3
(Integrazione della disciplina dei reati concernenti l’uso
e la custodia di sostanze esplodenti)

 

L’articolo 3 inserisce nel codice penale due nuove fattispecie di reato, di natura contravvenzionale, relative al possesso abusivo di precursori di esplosivi e alla violazione di obblighi connessi al legittimo possesso degli stessi.

 

I precursori di esplosivi sono sostanze e miscele che, pur non essendo esplosive, possono essere impropriamente utilizzate per la fabbricazione illecita di esplosivi e che risultano oggi disciplinate dal Regolamento dell’Unione europea n. 98/2013 del 15 gennaio 2013.

 

Il regolamento 98/2013, al quale con il decreto-legge il Governo dichiara di dare attuazione, stabilisce norme armonizzate riguardanti la messa a disposizione, l'introduzione, la detenzione e l'uso di sostanze o miscele che potrebbero essere impropriamente utilizzate per la fabbricazione illecita di esplosivi, allo scopo di limitarne la disponibilità per i privati e di garantire l'adeguata segnalazione di transazioni sospette lungo l'intera catena di approvvigionamento (art. 1). Il tipo di sostanza o miscela cui il regolamento si riferisce è elencato negli allegati all’atto dell’Unione europea.

Il provvedimento invita gli Stati membri a stabilire il regime di sanzioni da irrogare in caso di violazione e ad adottare tutte le misure necessarie per assicurarne l'applicazione, ivi comprese sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive (art. 11).

La circolazione e l’uso dei precursori di esplosivi sono soggetti a una serie di obblighi e di restrizioni, tra i quali il divieto di mettere tali sostanze a disposizione di soggetti privati (art. 4). Inoltre, il regolamento richiede agli Stati di designare punti di contatto ai quali gli operatori muniti di licenza per trattare queste sostanze hanno l’obbligo di segnalare le transazioni sospette oltre che i furti e le sparizioni.

 

Il decreto-legge, con il comma 1 dell’articolo 3, inserisce nel codice penale l’art. 678-bis c.p., rubricato “Detenzione abusiva di precursori di esplosivi”, e punisce con la pena congiunta di arresto (fino a 18 mesi) e ammenda (fino a 247 euro) chiunque, senza titolo, introduce nello Stato, detiene, usa o mette a disposizione di terzi le sostanze e le miscele che sono qualificate “precursori di esplosivi” dal regolamento europeo 98/2013 del 15 gennaio 2013.

Per la definizione della condotta penalmente rilevante la disposizione rinvia dunque agli allegati contenuti nel regolamento dell’Unione.

 

Il comma 2 inserisce tra le contravvenzioni il reato di omissioni in materia di precursori di esplosivi (art. 679-bis c.p.), con il quale punisce con la pena alternativa dell’arresto (fino a 12 mesi) o dell’ammenda (fino a 371 euro), chiunque ometta di denunciare all’Autorità il furto o la sparizione dei precursori di esplosivi elencati negli allegati del Regolamento 98/2013.

La norma dà dunque attuazione all’art. 9 del Regolamento, che peraltro prescrive agli Stati di individuare «uno o più punti di contatto nazionali con un numero di telefono e un indirizzo e-mail chiaramente indicati per la segnalazione delle transazioni sospette».

In merito l’art. 679-bis c.p. fa riferimento a omesse denunce all’Autorità, riprendendo la formulazione dell’art. 679 c.p., in tema di omessa denuncia di materie esplodenti.

 

L’autorità cui fa riferimento il codice penale è l’autorità di pubblica sicurezza.

 

L’articolo 38 del TULPS (R.D. 773/1931[1]) stabilisce, infatti, che chiunque detiene materie esplodenti di qualsiasi genere, deve farne denuncia entro 72 ore all’ufficio locale di pubblica sicurezza o, quando questo manchi, al locale comando dell’Arma dei carabinieri, ovvero anche per via telematica alla questura competente per territorio attraverso trasmissione al relativo indirizzo di posta elettronica certificata.

 

In ordine alla collocazione delle nuove fattispecie penali, si osserva che gli articoli 678-bis e 679-bis sono inseriti nel libro III del codice penale, relativo ai reati di natura contravvenzionale e, in particolare, nella sezione relativa alle “contravvenzioni concernenti la prevenzione di infortuni nelle industrie o nella custodia di materie esplodenti”. Occorre pertanto valutare una più adeguata collocazione delle disposizioni.

 

Il comma 3 punisce invece a titolo di illecito amministrativo (sanzione pecuniaria da 1.000 a 5.000 euro) la mancata segnalazione all’Autorità delle transazioni riguardanti una o più sostanze elencate negli allegati al Regolamento 98/2013 che possano ritenersi sospette in base al regolamento stesso. Si tratta, in particolare, dei casi in cui il potenziale cliente:

- non è in grado di precisare l'uso previsto della sostanza o miscela;

- sembra essere estraneo all'uso previsto per la sostanza o miscela o non è in grado di spiegarlo in modo plausibile;

- intende acquistare le sostanze in quantità, combinazioni o concentrazioni insolite di sostanze per uso privato;

- è restio a esibire un documento attestante l'identità o il luogo di residenza; o

- insiste per utilizzare metodi di pagamento inconsueti, incluse grosse somme in contanti.

Tali indici del carattere sospetto della transazione potranno essere rilevati dall’operatore in sede di compilazione del registro delle transazioni; l’art. 8 del regolamento, infatti, impone di annotare per ciascuna transazione una serie di informazioni nell’apposito registro: dalle generalità del cliente, al dichiarato uso della sostanza.

 

 


 

Articolo 4
(Modifiche in materia di misure di prevenzione personali e di espulsione dello straniero per motivi di prevenzione e terrorismo)

 

L’articolo 4 interviene sul Codice antimafia (D.Lgs. 159 del 2011) e sul TU immigrazione (D.Lgs. 286 del 1998) per introdurre modifiche in materia di misure di prevenzione e in materia di espulsione dallo Stato.

 

Nel Codice antimafia (art. 4, comma 1):

·      viene integrato il catalogo dei destinatari delle misure di prevenzione personali applicate dall’autorità giudiziaria con coloro che, operando singolarmente o in gruppo, compiono atti preparatori, oggettivamente rilevanti, diretti a partecipare ad un conflitto in territorio estero a sostegno di organizzazioni che perseguono le finalità terroristiche di cui all’art. 270-sexies del codice penale (art. 4, comma 1, lett. d).

 

Il riferimento all’art. 270-sexies (Condotte con finalità di terrorismo) è alle condotte che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un Paese o ad un'organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un'organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di un'organizzazione internazionale, nonché le altre condotte definite terroristiche o commesse con finalità di terrorismo da convenzioni o altre norme di diritto internazionale vincolanti per l'Italia.

 

·      viene introdotto, con un nuovo comma 2-bis dell’art. 9, un provvedimento d’urgenza del questore (attualmente di competenza del solo presidente del tribunale nelle more del procedimento applicativo di prevenzione); si prevede che il questore, già con la proposta al tribunale della misura della sorveglianza speciale e dell’obbligo di soggiorno, possa disporre nei confronti del proposto il ritiro temporaneo del passaporto e la sospensione della validità ai fini dell’espatrio di ogni altro documento di identità. Al PM presso il tribunale capoluogo del distretto di corte d’appello (di dimora della persona) sono subito comunicate le misure temporanee; se questi non ne dispone la cessazione, ne chiede la convalida entro 48 ore al presidente del tribunale del capoluogo della provincia di dimora della persona che, a sua volta, provvede nelle successive 48 ore. Alla mancata convalida nelle 96 ore successive all’adozione delle misura da parte del questore le stesse perdono efficacia;

·      viene esteso ad una serie di delitti in materia di terrorismo il catalogo di quelli la cui commissione nel corso dell’applicazione di misure di prevenzione definitive (nonché sino a tre anni dopo la loro cessazione) comporta , ai sensi dell’art. 71 del Codice antimafia, l’aggravante consistente nell’aumento da un terzo alla metà della pena: si tratta dei delitti di cui all’art. 270-bis (Associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico), 270-ter (Assistenza agli associati), 270-quater (Arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale), 270-quater.1 (Organizzazione di trasferimenti per finalità di terrorismo, introdotto dall’art. 1 del DL), 270-quinquies (Addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale) e 270-sexies (Condotte con finalità di terrorismo) del codice penale.

·      è aggiunto un articolo 75-bis che prevede un nuovo delitto - relativo alla violazione delle misure imposte con i provvedimenti d’urgenza di cui all’art. 9 (ritiro del passaporto, sospensione della validità per l’estero dei documenti di identità, obbligo e divieto di soggiorno) – punito con la reclusione da uno a tre anni; è prevista, infine, un’ipotesi facoltativa di arresto in flagranza in caso di violazioni inerenti al tentativo di utilizzo dei documenti di identità oggetto dei citati provvedimenti d’urgenza del presidente del tribunale e del questore (art. 9, commi 1 e 2-bis.

 

Nel TU immigrazione (D.Lgs. 286/1998) viene sostituito all’art. 13 (comma 2, lett. c) l’obsoleto riferimento alle leggi antimafia nn. 1423 del 1956 e 575 del 1965, entrambe abrogate dal D.Lgs. 159/2011 (Codice antimafia), prevedendosi l’espulsione amministrativa da parte del prefetto nei confronti delle categorie di soggetti cui agli artt. 1, 4 e 16 dello stesso Codice (rimane, tuttavia, la valutazione “caso per caso”). A seguito della modifiche introdotte sarà, quindi, possibile al prefetto disporre l’espulsione per motivi di prevenzione del terrorismo anche nei confronti degli stranieri che svolgano rilevanti atti preparatori, diretti alla partecipazione ad un conflitto all’estero a sostegno di organizzazioni che perseguono le finalità terroristiche di cui all’art. 270-sexies del codice penale (art. 4, comma 2).

 

Un’ultima modifica è apportata dall’articolo 4 in esame all’art. 226 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale (D.Lgs 271 del 1989). Viene, infatti, raddoppiato da 5 a 10 giorni il termine entro cui - ove siano necessarie traduzioni - deve essere depositato il verbale sintetico delle intercettazioni cd. preventive presso il PM che le ha autorizzate. Tale ipotesi appare, ovviamente, frequente quando si procede ad intercettazioni nell’ambito di indagini sul  terrorismo internazionale.

Si ricorda che le intercettazioni preventive di cui all’art. 226 disp. att. c.p.p. costituiscono uno degli strumenti principali per contrastare il terrorismo internazionale. Si tratta di uno strumento atipico (non serve infatti, a monte – come nelle intercettazioni “ordinarie” di cui all’art. 266 e ss. c.p.p. - alcun avvio di procedimento penale) finalizzato al reperimento di informazioni concernenti la prevenzione di reati di terrorismo, anche internazionale e di criminalità organizzata. Le intercettazioni preventive sono autorizzate dal procuratore della Repubblica del capoluogo del distretto dove si trova il soggetto da intercettare o, se non determinabile, del distretto in cui sono emerse le esigenze di prevenzione. Le autorità competenti alla richiesta di intercettazione sono il ministro dell’Interno o, su sua delega, i responsabili dei Servizi centrali investigativi interforze, il questore, i comandanti provinciali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. In presenza di elementi investigativi, il procuratore distrettuale concede l’autorizzazione con atto motivato. Il controllo preventivo si effettua tramite intercettazioni di comunicazioni o conversazioni telefoniche anche per via telematica, e di comunicazioni o conversazioni tra presenti (cd. intercettazioni ambientali, anche quando avvengono nei luoghi di domicilio privato indicati dall’articolo 614 c.p.); e può essere esteso al tracciamento delle comunicazioni telefoniche e telematiche e all’acquisizione dei dati esterni - i «dati del traffico» relativi alle suddette comunicazioni - e di ogni altra informazione utile in possesso degli operatori di telecomunicazioni.

 

 

 


 

Articolo 5
(Potenziamento e proroga dell’impiego del personale militare appartenente alle Forze armate)

 

L’articolo 5 reca una serie di disposizioni concernenti l’impiego di personale militare in diverse finalità alla prevenzione e al contrasto della criminalità.

 

Nello specifico, il comma 1, al fine di assicurare un maggior impiego di personale delle forze di polizia per il contrasto della criminalità e la prosecuzione  degli interventi  delle forze armate nelle attività di controllo del territorio, di vigilanza a siti e obiettivi sensibili (commi 74 e 75 del decreto legge n. 78 del 2009), di  prevenzione dei fenomeni di criminalità organizzata e ambientale nella regione Campania (articolo 3, comma 2 del decreto legge n. 136 del 2013), anche in relazione alle straordinarie esigenze di sicurezza connesse alla realizzazione dell’Expo 2015:

 

1)    proroga, fino al 30 giugno 2015, l'operatività del piano di impiego operativo di cui al comma 1 dell'articolo 7-bis del decreto legge n. 92 del 2008, concernente l’utilizzo di un contingente massimo di 3.000 unità di personale militare appartenente alle Forze armate per il controllo del territorio in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia;

 

Al riguardo, si segnala che l’impiego del richiamato contingente è stato da ultimo prorogato fino al 31 marzo 2015 dal comma 4 dell’articolo 5  del decreto legge n. 192 del 2014 (c.d. “mille proroghe”).

 

2)    incrementa di 1.800 il sopra richiamato contingente in relazione alle straordinarie esigenze di prevenzione e contrasto del terrorismo;

3)    consente di prorogare ulteriormente, fino al 31 dicembre 2015, un contingente non superiore a 200 unità di personale militare posto a disposizione dei Prefetti delle province della regione Campania, nell'ambito delle operazioni di sicurezza e di controllo del territorio finalizzate alla prevenzione dei delitti di criminalità organizzata e ambientale (operazione c.d. “terra dei fuochi”).

 

Per quanto concerne, poi, le disposizioni di carattere ordinamentale concernenti l’utilizzo dei militari impiegati nel richiamato piano di impiego il comma 1 dell’articolo 5 fa salve le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 7-bis del decreto legge n.92 del 2008 in base alle quali:

1.     il personale militare è posto a disposizione dei prefetti interessati (comma 1);

2.     il piano di impiego del personale delle Forze armate è adottato con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della difesa, sentito il Comitato nazionale dell’ordine e della sicurezza pubblica integrato dal Capo di stato maggiore della difesa e previa informazione al Presidente del Consiglio dei Ministri. Il Ministro dell’interno riferisce in proposito alle competenti Commissioni parlamentari (comma 2).

3.      nel corso delle operazioni i militari delle Forze armate agiscono con le funzioni di agenti di pubblica sicurezza (comma 3).

Il decreto legge n. 92/2008 ha autorizzato il ricorso alle Forze armate per lo svolgimento di compiti di sorveglianza e vigilanza del territorio. In particolare, è stato previsto che, in relazione a specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, al fine di assicurare un maggior controllo del territorio in talune zone del Paese, è consentito impiegare personale militare delle forze armate utilizzando preferibilmente i Carabinieri impegnati in compiti militari o, comunque, volontari specificamente addestrati per i compiti da svolgere. A tal fine il Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della difesa, adotta uno specifico piano per l’utilizzo di tale personale da parte dei prefetti delle province in cui si sono verificate le specifiche ed eccezionali esigenze sopra citate. Il personale militare è posto a disposizione dei prefetti ai sensi dell’articolo 13 della legge n. 121/1981, per servizi di vigilanza a luoghi e obiettivi sensibili. Il Piano è adottato sentito il Comitato nazionale per l'ordine e per la sicurezza pubblica, cui è chiamato a partecipare il Capo di Stato maggiore della difesa e previa informazione al Presidente del Consiglio dei ministri. La legge 1° aprile 1981, n. 121, recante nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza, stabilisce, all’articolo 13, che il prefetto è l’autorità provinciale di pubblica sicurezza e ne definisce i compiti stabilendo, tra l’altro, che questi “dispone della forza pubblica e delle altre forze eventualmente poste a sua disposizione in base alle leggi vigenti e ne coordina le attività”. Il Piano per l'impiego delle Forze armate nel controllo del territorio è stato adottato con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della difesa, del 29 luglio 2008 ed è operativo dal 4 agosto 2008. Il Piano riguardava inizialmente un contingente massimo di 3.000 unità con una durata massima di sei mesi, rinnovabile per una sola volta. Il D.L. n. 151/2008 ha, successivamente, autorizzato, fino al 31 dicembre 2008, l’impiego di un ulteriore contingente massimo di 500 militari delle forze armate da destinare a quelle aree del Paese dove, in relazione a specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, risultava necessario assicurare un più efficace controllo del territorio. Il piano, è stato da ultimo prorogato fino al 31 dicembre 2014 dal comma 264 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013.

Si segnala, infine, che il comma 199 dell'articolo 1 del disegno di legge di stabilità per il 2015 ha istituito nella rubrica del ministero dell'economia delle finanze un Fondo da ripartire per la copertura dei fabbisogni di spesa "indifferibili" con una dotazione di 110 milioni di euro per ciascuna annualità del triennio 2015/2017 e con una dotazione di 100 milioni di euro dal 2018. Al riguardo, l'elenco 1 allegato al disegno di legge specifica che 10 milioni annui dal 2015 al 2017 sono destinati alla prosecuzione del concorso delle forze armate alle operazioni di sicurezza e di controllo del territorio nelle province della Campania. A sua volta il richiamato decreto legge n. 192 del 2014 “proroga termini” ha  utilizzato lo stanziamento relativo al 2015 anche per la proroga dell’operazione “strade sicure” ampliando il numero dei militari impiegati e diminuendo conseguentemente il  periodo di finanziamento previsto dalla legge di stabilità 2015 per la proroga dell’impiego dei militari nella terra dei fuochi per il 2015 (da annuale a trimestrale).

Per quanto concerne la copertura finanziaria della disposizione, il comma 2 dell’articolo 5 quantifica in 29.661.258 milioni di euro il costo della norma relativamente all’anno 2015 di cui :

 

Ø  28.861.258 sono per il personale delle forze armate impiegato nel piano di impiego operativo (comma 74 dell’articolo 24 del decreto legge n. 78 del 2009);

Ø  0,8 milioni di euro per il personale delle forze di polizia che concorrono, unitamente alle Forze armate, nel controllo del territorio (comma 75 dell’articolo 24 del decreto legge n. 78 del 2009).

 

Al riguardo la relazione illustrativa precisa che l’onere pari a 0,8 milioni di euro concerne il pagamento dell’indennità onnicomprensiva al personale di polizia impiegato congiuntamente con quello militare nei servizi di vigilanza,. Tale indennità è dovuta nella misura in cui non venga già riconosciuta l’indennità di ordine pubblico. La relazione precisa, inoltre, che “si tratta dell’impiego complessivo di 265 operatori delle Forze di Polizia di cui 59 in sede e 206 fuori sede, per un impegno di spesa, rispettivamente, di € 103.241,25 per i servizi in sede e € 696.600,00 per i servizi fuori sede. I parametri utilizzati per il calcolo complessivo sono:

1.     17,25 euro: costo unitario giornaliero per i servizi in sede (compresi gli oneri sociali/ Inpdap e Irap);

2.     30 euro: costo unitario giornaliero per i servizi fuori sede (compresi gli oneri sociali/Inpdap e Irap).

I costi giornalieri indicati sono pari all'indennità di o.p. riconosciuta al personale di polizia operante in sede o fuori sede. Detta indennità di o.p. costituisce dall'avvio dell'Operazione Strade Sicure il riferimento per il calcolo dell'indennità onnicomprensiva riconosciuta ai militari delle Forze Armate dell'Operazione Strade Sicure (in sede e fuori sede)”.

 

Alla copertura dei richiamati oneri finanziari si provvede, per l’importo pari a 14.830.629,00 mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo Nazionale per le politiche ed i servizi dell’asilo ed interventi connessi e per la quota rimanente, pari a 14.830.629,00, mediante corrispondente riduzione delle spese rimodulabili di cui all’articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, dello stato di previsione del Ministero della Difesa.

 

Relativamente al periodo 15 aprile – 1 novembre 2015 il comma 3 autorizza, infine, l’impiego di un ulteriore contingente di personale militare, pari a 600 unità, per l’espletamento dei servizi di sicurezza del sito Expo 2015 e con le modalità in precedenza descritte (cfr. comma 1).

 

Si tratta, pertanto, di un ulteriore  contingente di personale delle Forze armate rispetto al contingente massimo di 3.000 unità già contemplato dal precedente comma 1.

 

La copertura finanziaria della disposizione in esame (comma 3), pari a 7.243.189 euro, è assicurata tramite due versamenti di pari importo, il primo da effettuare entro il 30 aprile e il secondo entro il 30 giugno 2015, da parte della Società Expo, nell’ambito delle risorse finalizzate all’evento.

 

In relazione alla disposizione in esame si segnala che nella relazione illustrativa viene precisato che “ai sensi di quanto previsto dall’art. 24, comma 75, del D.L. 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, non è stato quantificato alcun onere per il personale delle Forze di polizia, eventualmente impiegato congiuntamente al personale militare del predetto contingente di 600 unità, in quanto per l’utilizzazione connessa all’evento EXPO è prevista la corresponsione dell’indennità di ordine pubblico”.

 

 

 


 

Articolo 6
(Modifica al decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito
con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155)

 

L’articolo 6 modifica il decreto-legge 144/2005 (l. conv. 155/2005), concernente misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale, estendendo la possibilità di rilasciare a stranieri permessi di soggiorno a fini investigativi anche nel corso di operazioni di polizia, di indagini o di un procedimento relativi a delitti commessi per finalità di criminalità transnazionale e introducendo in via transitoria la possibilità per i servizi di informazione e sicurezza di effettuare colloqui con detenuti per prevenire delitti con finalità terroristica di matrice internazionale.

Più in dettaglio, al fine di estendere la possibilità di rilascio di permessi di soggiorno anche nell’ambito sulla criminalità transnazionale, viene modificato l’art. 2 del decreto-legge 144/2005, nel cui comma 1 è inserito l’espresso riferimento ai delitti commessi per finalità di criminalità internazionale.

 

Prima dell’entrata in vigore del decreto-legge in commento, l’articolo 2 del decreto-legge 144 prevedeva che, quando, nel corso di operazioni di polizia, di indagini o di un procedimento relativi a delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico vi è l'esigenza di garantire la permanenza nel territorio dello Stato dello straniero che abbia offerto all'autorità giudiziaria o agli organi di polizia una collaborazione avente le caratteristiche richieste per coloro che collaborano con la giustizia (comma 3 dell'articolo 9 del decreto-legge n. 8 del 1991), il questore, autonomamente o su segnalazione dei responsabili di livello almeno provinciale delle Forze di polizia ovvero dei direttori dei Servizi informativi e di sicurezza, ovvero quando ne è richiesto dal procuratore della Repubblica, rilascia allo straniero uno speciale permesso di soggiorno, di durata annuale e rinnovabile per eguali periodi (comma 1). Con la segnalazione di cui al comma 1 sono comunicati al questore gli elementi da cui risulti la sussistenza delle condizioni ivi indicate, con particolare riferimento alla rilevanza del contributo offerto dallo straniero (comma 2). Il permesso di soggiorno così rilasciato può essere rinnovato per motivi di giustizia o di sicurezza pubblica. Esso è revocato in caso di condotta incompatibile con le finalità dello stesso, segnalate dal Procuratore della Repubblica, dagli altri organi di cui al comma 1 o comunque accertate dal questore, ovvero quando vengono meno le altre condizioni che ne hanno giustificato il rilascio (comma 3). Per quanto non previsto dal presente articolo, si applicano le disposizioni dei commi 5 e 6 dell'articolo 18 del testo unico sull’immigrazione (comma 4). Quando la collaborazione offerta ha avuto straordinaria rilevanza per la prevenzione nel territorio dello Stato di attentati terroristici alla vita o all'incolumità delle persone o per la concreta riduzione delle conseguenze dannose o pericolose degli attentati stessi ovvero per identificare i responsabili di atti di terrorismo, allo straniero può essere concessa con le stesse modalità di cui al comma 1 la carta di soggiorno (comma 5).

 

Come precisato nella relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge di conversione, la collaborazione informativa riguardo alle attività illecite riconducibili alla criminalità transnazionale può interessare ad esempio l’immigrazione clandestina. “Tale collaborazione, infatti, può essere utile anche ai fini della prevenzione del terrorismo, in quanto l’immigrazione clandestina può rappresentare un veicolo per il compimento di attività di matrice terroristica sul territorio nazionale od europeo”.

 

L’intervento relativo ai colloqui con i detenuti da parte dei servizi di informazione per la sicurezza è realizzato attraverso una modificazione dell’articolo 4 del decreto-legge n. 144/2005, cui sono aggiunti tre commi.

 

Prima dell’entrata in vigore del decreto-legge in commento, l’articolo 4 del decreto-legge 144 prevedeva che il Presidente del Consiglio dei Ministri può delegare i direttori dei servizi di informazione per la sicurezza a richiedere l'autorizzazione per svolgere le attività di cui all'articolo 226 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (intercettazioni e controlli preventivi sulle comunicazioni per una serie di gravi reati) quando siano ritenute indispensabili per l'espletamento delle attività loro demandate (comma 1). L'autorizzazione è richiesta al procuratore generale presso la corte di appello di Roma e si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 4 e 5 dell'articolo 226 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale.

 

In base ai nuovi commi 2-bis, 2-ter e 2-quater del decreto-legge 144, fino al 31 gennaio 2016 il Presidente del Consiglio, anche a mezzo del Direttore generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (ovverosia l’organo di cui si avvale il Presidente del Consiglio dei ministri per assicurare unitarietà nella programmazione della ricerca informativa, nell’analisi e nelle attività operative dei due servizi: l’Agenzia di informazioni e sicurezza esterna - AISE e l’Agenzia di informazioni e sicurezza interna - AISI), può richiedere che i direttori dei Servizi di informazione per la sicurezza ovvero personale dipendente delegato effettuino colloqui personali con detenuti o internati.

L’unica finalità della richiesta deve essere l’acquisizione di informazioni per la prevenzione dei delitti con finalità terroristica di matrice internazionale.

L’autorizzazione è rilasciata dal Procuratore generale presso la Corte d’appello di Roma, in presenza di specifici e concreti elementi informativi che rendano assolutamente indispensabile l’attività di prevenzione. Dello svolgimento del colloquio è data comunicazione scritta entro cinque giorni al Procuratore generale presso la Corte d’appello di Roma. Inoltre le autorizzazioni al colloquio e le successive comunicazioni sono annotate in un registro riservato presso l’ufficio del procuratore generale.

Dello svolgimento del colloquio deve essere data informazione, a conclusione delle operazioni, al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, secondo i termini (trenta giorni dalla conclusione delle operazioni) e le modalità di cui al comma 4 dell’art. 33 della legge 124/2007.

 

In base al comma 4 dell’art. 33 della legge 124, il Presidente del Consiglio dei Ministri informa il Comitato circa le operazioni condotte dai servizi di informazione per la sicurezza nelle quali siano state poste in essere condotte previste dalla legge come reato, autorizzate ai sensi dell’articolo 18 e dell’articolo 4 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155. Le informazioni sono inviate al Comitato entro trenta giorni dalla data di conclusione delle operazioni.

Già in base all’articolo 4 del decreto-legge n. 144/2007, il Presidente del Consiglio dei Ministri può delegare i direttori dei servizi di informazione per la sicurezza a richiedere l'autorizzazione per svolgere le attività di cui all'articolo 226 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del c.p.p., quando siano ritenute indispensabili per l'espletamento delle attività loro demandate. L'autorizzazione anche in tal caso è richiesta al procuratore generale presso la corte di appello di Roma e ai applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 4 e 5 dell'articolo 226 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del c.p.p.

 

Secondo il nuovo comma 2-quinquies dell’articolo 4 del decreto-legge 144, introdotto dall’articolo 6 del decreto-legge in commento, si applicano le disposizioni della legge 124/2007 (Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto) relative agli obblighi per il personale dei servizi di informazione. In particolare si tratta: dell’obbligo per il personale dei servizi di denunciare fatti costituenti reato ai rispettivi direttori i quali, senza ritardo, informano il Presidente del Consiglio dei Ministri, o l’Autorità delegata, ove istituita; dell’obbligo per i direttori dei servizi di informazione per la sicurezza e il direttore generale del DIS di fornire ai competenti organi di polizia giudiziaria le informazioni e gli elementi di prova relativamente a fatti configurabili come reati, di cui sia stata acquisita conoscenza nell’ambito delle strutture che da essi rispettivamente dipendono; della possibilità di ritardare l’adempimento dell’obbligo, su autorizzazione del Presidente del Consiglio dei Ministri, quando ciò sia strettamente necessario al perseguimento delle finalità istituzionali del Sistema di informazione per la sicurezza.

Si applicano inoltre le disposizioni del comma 5 dell’art. 226 disp. att. c.p.p., secondo cui in ogni caso gli elementi acquisiti attraverso le attività preventive non possono essere utilizzati nel procedimento penale, fatti salvi i fini investigativi e in ogni caso le attività di intercettazione preventiva e le notizie acquisite a seguito delle attività medesime, non possono essere menzionate in atti di indagine né costituire oggetto di deposizione né essere altrimenti divulgate.

 

Occorrerebbe precisare che le disposizioni da applicare, richiamate nel comma 2-quinquies, sono riferite alla nuova disciplina dei colloqui con i detenuti contenuta nei commi 2-bis e 2-ter. Per i commi 1 e 2, previgenti, dell’art. 4 del decreto-legge 144/2005, relativi alla possibilità per i direttori dei servizi di essere autorizzati a effettuare intercettazioni preventive, sono già espressamente individuate le diverse disposizioni applicabili (cfr. art. 4, comma 2, del decreto-legge 144/2005).

 


 

Articolo 7
(Nuove norme in materia di trattamento di dati personali
da parte delle Forze di polizia)

 

L’articolo 7 interviene sulle disposizioni del c.d. Codice della privacy (decreto legislativo n. 196 del 2003), relative al trattamento dei dati da parte delle forze di polizia, sostituendo l’art. 53.

 

La disposizione:

 

-      definisce il trattamento dei dati per finalità di polizia come il trattamento svolto per finalità di prevenzione e repressione dei reati, di tutela dell’ordine pubblico e di sicurezza pubblica, ai sensi del codice di procedura penale (comma 1);

 

-      consente di non applicare le disposizioni del Codice sul trattamento dati non solo quando il trattamento per finalità di polizia sia previsto dalla legge, ma anche quando sia previsto da una norma regolamentare.

Prima dell’entrata in vigore del decreto, infatti, la possibilità di escludere l’applicazione di alcune previsioni a tutela dell’interessato previste dal Codice era riservata ai trattamenti con finalità di polizia previsti dalla legge.

Il nuovo comma 2 dell’art. 53 stabilisce che le Forze di polizia e gli altri organi di pubblica sicurezza sono esentati dall’osservare le citate disposizioni del Codice, quando i trattamenti di dati personali sono effettuati, oltre che dal Centro elaborazione dati (Ced) della Polizia, anche da organi di pubblica sicurezza o altri soggetti pubblici nell’esercizio delle attribuzioni conferite da disposizioni di legge o di regolamento.

 

La relazione illustrativa precisa che la precedente formulazione era «eccessivamente restrittiva», impedendo alle «Forze di polizia di acquisire dati e informazioni personali, qualora ciò non sia espressamente previsto da norme di rango primario, con conseguenze pregiudizievoli sull’attività di prevenzione e repressione dei reati, nonché di tutela della sicurezza pubblica. Peraltro, un simile grado di rigidità non è presente nell’art. 47 del Codice della privacy che disciplina i trattamenti di dati personali per ragioni di giustizia. Tale disposizione infatti non richiede che i predetti trattamenti siano previsti da specifiche disposizioni di legge. La previsione del citato articolo 53 appare, tra l’altro, non pienamente coerente con il successivo articolo 54, il quale consente alle Forze di polizia e alle Autorità di pubblica sicurezza di acquisire dati, per finalità di polizia, anche sulla base di previsioni contenute in atti regolamentari».

 

Si osserva che la disposizione non prevede modalità o procedure dirette a bilanciare esigenze di sicurezza e diritti individuali. In particolare, né nella relazione illustrativa né dalle disposizioni risulta il coinvolgimento o la possibilità di intervento nel processo attuativo da parte del Garante per la protezione dei dati personali.

 

 

Normativa anteriore al DL

Normativa vigente (DL 7/2015)

D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196

Codice in materia di protezione dei dati personali

Articolo 53

Ambito applicativo e titolari dei trattamenti

 

1. Agli effetti del presente codice si intendono effettuati per finalità di polizia i trattamenti di dati personali direttamente correlati all’esercizio dei compiti di polizia di prevenzione dei reati, di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, nonché di polizia giudiziaria, svolti, ai sensi del codice di procedura penale, per la prevenzione e repressione dei reati.

1. Al trattamento di dati personali effettuato dal Centro elaborazione dati del Dipartimento di pubblica sicurezza o da forze di polizia sui dati destinati a confluirvi in base alla legge, ovvero da organi di pubblica sicurezza o altri soggetti pubblici per finalità di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, prevenzione, accertamento o repressione dei reati, effettuati in base ad espressa disposizione di legge che preveda specificamente il trattamento, non si applicano le seguenti disposizioni del codice:

2. Ai trattamenti di dati personali previsti da disposizioni di legge, di regolamento, nonché individuati dal decreto di cui al comma 3, effettuati dal Centro elaborazione dati del Dipartimento della pubblica sicurezza o da forze di polizia sui dati destinati a confluirvi, ovvero da organi di pubblica sicurezza o altri soggetti pubblici nell’esercizio delle attribuzioni conferite da disposizioni di legge o di regolamento non si applicano, se il trattamento è effettuato per finalità di polizia, le seguenti disposizioni del codice:

a)  articoli 9, 10, 12, 13 e 16, da18 a 22, 37, 38, commi da 1 a 5, e da 39 a 45;

a) identica;

b)  articoli da 145 a 151.

b) identica.

2. Con decreto del Ministro dell'interno sono individuati, nell'allegato C) al presente codice, i trattamenti non occasionali di cui al comma 1 effettuati con strumenti elettronici, e i relativi titolari.

3. Con decreto del Ministro dell’interno sono individuati, nell’allegato C) al presente codice, i trattamenti non occasionali di cui al comma 2 effettuati con strumenti elettronici e i relativi titolari.

 

 


 

Articolo 8
(Disposizioni in materia di garanzie funzionali e di tutela, anche processuale, del personale e delle strutture dei servizi
di informazionale per la sicurezza)

 

L’articolo 8 prevede (comma 1) che anche i dipendenti dei servizi di informazione e sicurezza interna ed esterna (l’AISI, l’AISE ed il DIS), in sede di deposizione in un procedimento penale sulle attività svolte “sotto copertura”, debbano indicare le generalità “di copertura” usate nel corso delle operazioni stesse.

Viene infatti integrata, la formulazione dell’art. 497 (Atti preliminari all'esame dei testimoni) comma 2-bis, del codice processuale penale che già, nei citati casi, prevede che gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, anche esteri, nonchè gli ausiliari e le interposte persone indichino le generalità di copertura.

·           L’Agenzia informazioni e sicurezza interna (AISI) ha il compito di ricercare ed elaborare tutte le informazioni utili per difendere la sicurezza interna della Repubblica e le istituzioni democratiche da ogni minaccia, da ogni attività eversiva e da ogni forma di aggressione criminale o terroristica. In particolare sono di competenza dell’AISI:

-       le attività di informazione per la sicurezza che si svolgono all’interno del territorio italiano, a protezione degli interessi politici, militari, economici scientifici e industriali dell’Italia;

-       l’individuazione e il contrasto all’interno del territorio italiano sia delle attività di spionaggio dirette contro l’Italia sia di quelle volte a danneggiare interessi nazionali.

·           L’Agenzia informazioni e sicurezza esterna (AISE) ha il compito di ricercare ed elaborare tutte le informazioni utili alla difesa dell’indipendenza, dell’integrità e della sicurezza della Repubblica dalle minacce provenienti dall’estero.

In particolare sono di competenza dell’AISE:

-       le attività di informazione per la sicurezza che si svolgono al di fuori del territorio nazionale, a protezione degli interessi politici, militari, economici, scientifici e industriali dell’Italia;

-       l’individuazione e il contrasto al di fuori del territorio nazionale delle attività di spionaggio dirette contro l’Italia e le attività volte a danneggiare gli interessi nazionali

-       le attività di controproliferazione di materiali strategici

Sia L’AISI che l’AISE rispondono al Presidente del Consiglio dei ministri e informano, tempestivamente e con continuità, il Ministro della difesa, il Ministro degli affari esteri e il Ministro dell’interno per le materie di rispettiva competenza.

·           Il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS) è l’organo di cui si avvalgono il Presidente del Consiglio dei ministri e l’Autorità delegata per l’esercizio delle loro funzioni e per assicurare unitarietà nella programmazione della ricerca informativa, nell’analisi e nelle attività operative di AISE e AISI. Il DIS, in breve: coordina l’intera attività di informazione per la sicurezza, compresa quella relativa alla sicurezza cibernetica e ne verifica i risultati; è informato costantemente delle operazioni di AISE e AISI e trasmette al Presidente del Consiglio dei ministri le informative e le analisi prodotte dal Sistema; raccoglie informazioni, analisi e rapporti prodotti da AISE e AISI, da altre amministrazioni dello Stato e da enti di ricerca; elabora analisi strategiche o relative a particolari situazioni da sottoporre al CISR o ai singoli ministri che lo compongono; promuove e garantisce lo scambio informativo tra i servizi di informazione e le Forze di polizia; esercita il controllo sulle attività di AISE e AISI attraverso l’Ufficio centrale ispettivo; vigila sulla corretta applicazione delle disposizioni emanate dal Presidente del Consiglio dei ministri in materia di tutela amministrativa del segreto di Stato e della documentazione classificata; impartisce gli indirizzi per la gestione unitaria del personale di DIS, AISE e AISI; gestisce unitariamente gli approvvigionamenti e i servizi logistici comuni a DIS, AISE e AISI; elabora con AISE e AISI il piano di acquisizione delle risorse umane, materiali e strumentali; cura le attività di promozione della cultura della sicurezza e la comunicazione istituzionale.

 

Per esigenze di coordinamento il comma 2-bis è integrato con il riferimento alla legge 124 del 2007, di riforma del sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica.

 

L’articolo 8 (comma 2) introduce, per analoghe necessità di tutela funzionale e processuale degli appartenenti ai servizi di sicurezza, alcune modifiche alla citata legge 124 del 2007 (Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto).

 

Sono, in particolare, modificate le seguenti disposizioni della legge 124 (comma 2):

·           l’art. 17, comma 4, in modo da estendere anche a una serie di delitti con finalità di terrorismo le condotte previste dalla legge come reato, che il personale dei servizi di informazione per la sicurezza può essere autorizzato a porre in essere, sebbene per tali condotte non sia opponibile il segreto di Stato di cui all’art. 39, comma 11.

Il sistema previgente all’entrata in vigore del decreto-legge (previsto dall’art. 17 e dall’art. 39, comma 11, della L. 124/2007) esclude, infatti, che possano essere autorizzate condotte riconducibili a reati con finalità terroristiche, con le sole eccezioni della partecipazione all’associazione con finalità di terrorismo anche internazionale (art. 270-bis, comma 2, c.p.) oltre che della devastazione, del saccheggio e della strage (art. 285), dell’associazione mafiosa (art. 416-bis), dello scambio elettorale politico-mafioso (art. 416-ter) e della strage (art. 422).

Per tali condotte opera la speciale causa di giustificazione - prevista dallo stesso art. 17, comma 1, della legge 124/2007 - secondo cui non è punibile il personale dei servizi di informazione per la sicurezza che ponga in essere condotte previste dalla legge come reato, legittimamente autorizzate di volta in volta in quanto indispensabili alle finalità istituzionali di tali servizi.

In base al decreto-legge le ulteriori condotte-reato previste dal codice penale per le quali, in presenza di autorizzazione, opera la suddetta scriminante sono le seguenti:

-        partecipazione ad associazioni sovversive (art. 270, secondo comma);

-        assistenza agli associati (art. 270-ter);

-        arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale (art. 270-quater),

-        organizzazione di trasferimenti per finalità di terrorismo (art. 270-quater.1, introdotto dall’art. 2 del DL),

-        addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale (art. 270-quinquies),

-        istigazione a commettere uno dei delitti contro la personalità interna o internazionale dello Stato (art. 302),

-        partecipazione a banda armata (art. 306, secondo comma)

-        istigazione a commettere delitti di terrorismo o crimini contro l’umanità o apologia degli stessi delitti (art. 414, quarto comma).

 

·           l’art. 23, comma 2, in modo da attribuire anche al personale delle Forze armate adibito alla tutela delle strutture e del personale del Dipartimento per le informazioni per la sicurezza (DIS) o dei servizi di informazione per la sicurezza (AISI e AISE) la qualifica di ufficiale o di agente di pubblica sicurezza, con funzioni di polizia di prevenzione;

·           l’art. 24, cui è aggiunto un comma 1-bis che, in caso di procedimenti penali avviati per le condotte-reato di agenti dei servizi realizzate nelle operazioni d’istituto, consente di comunicare con modalità riservate all’autorità giudiziaria procedente le relative identità di copertura (autorizzate dal direttore generale del DIS) contestualmente all’opposizione della causa di giustificazione;

·           l’art. 27, cui è aggiunto un comma 3-bis, è norma di coordinamento con le modifiche apportate all’art. 497 c.p.p. (v. ante) che consente all’autorità giudiziaria - su richiesta dei vertici del DIS, dell’AISI e dell’AISE - di autorizzare i dipendenti del servizi di informazione per la sicurezza a deporre nel processo penale con identità di copertura, ove sia necessario mantenere segrete le loro vere generalità nell’interesse della sicurezza dello Stato o per tutelarne l’incolumità.

 

 

 


 

Capo II -
Coordinamento nazionale delle indagini nei procedimenti per i delitti di terrorismo, anche internazionale

Articolo 9
(Modifiche al D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447, recante: “Approvazione del codice di procedura penale”)

 

Gli articoli 9 e 10 compongono il Capo II, relativo al Coordinamento nazionale delle indagini nei procedimenti per i delitti di terrorismo, anche internazionale. A tal fine prevedono l’attribuzione al Procuratore nazionale antimafia anche delle funzioni in materia di antiterrorismo e ne disciplinano le funzioni e gli adeguamenti organizzativi.

L’articolo 9 modifica il codice di procedura penale, l’articolo 10 modifica il codice antimafia.

Sul tema, si rammenta che è in corso di esame dal 28 novembre 2013, presso la Commissione Giustizia della Camera dei deputati, la proposta di legge Dambruoso n. 1609 (Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, e al codice di procedura penale, per l'istituzione della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e delle direzioni distrettuali antiterrorismo). La proposta prevede: l'istituzione di direzioni distrettuali antiterrorismo, sul modello delle attuali direzioni distrettuali antimafia; l'estensione delle attuali funzioni di coordinamento svolte dalla Direzione nazionale antimafia alle indagini per terrorismo, anche internazionale.

 

In particolare l’articolo 9, al comma 1, modifica l’art. 54-ter c.p.p. concernente i contrasti tra pubblici ministeri in materia di criminalità organizzata, sostituendo la denominazione del procuratore nazionale antimafia con quella del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Pertanto, quando il contrasto negativo o positivo tra pubblici ministeri riguarda taluno dei reati da maggior allarme sociale indicati nell'articolo 51 comma 3-bis, c.p.p., se la decisione spetta al procuratore generale presso la Corte di cassazione, questi provvede sentito il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo; se spetta al procuratore generale presso la corte di appello, questi informa il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo dei provvedimenti adottati.

 

Il comma 2 modifica l’art. 54-quater, comma 3, c.p.p., concernente la richiesta di trasmissione degli atti a un diverso pubblico ministero. In particolare modifica la disposizione relativa al procedimento che, qualora il pubblico ministero procedente non abbia accolto la richiesta di trasmissione degli atti ad altro p.m., il richiedente può instaurare davanti al procuratore generale presso la corte d’appello o, se il giudice competente è di altro distretto, davanti al procuratore generale presso la Corte di cassazione. Quando la richiesta riguarda taluno dei reati indicati nell'articolo 51, comma 3-bis, c.p.p., il procuratore generale provvede osservando le disposizioni dell'articolo 54-ter: il procuratore generale presso la Corte di cassazione deve quindi sentire il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, il procuratore generale presso la corte d’appello deve informare il procuratore nazionale. La modifica estende l’applicazione del procedimento previsto dall’art. 54-ter  anche alle ipotesi in cui la richiesta riguardi reati consumati o tentati con finalità di terrorismo.

 

Il comma 3 modifica l’art. 117, comma 2-bis, c.p.p., concernente l’accesso del procuratore nazionale antimafia al registro delle notizie di reato, ai registri concernenti i procedimenti di prevenzione e alle banche dati istituite presso le direzioni distrettuali antimafia. Anche in questo caso è integrata la denominazione del procuratore nazionale con il riferimento alla funzione di antiterrorismo. Inoltre è precisato che l’accesso riguarda le banche dati istituite presso le procure distrettuali antimafia (anziché presso le direzioni distrettuali).

 

Il comma 4 modifica l’art. 371-bis c.p.p., concernente l’attività di coordinamento del procuratore nazionale antimafia, estendendone la competenza ai delitti di stampo terroristico.

In particolare, la denominazione del procuratore nazionale antimafia è sostituita con quella di “procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo”.

 

Analoga modifica interessa la Direzione nazionale, che assume la denominazione “antimafia e antiterrorismo”. Il riferimento alle direzioni distrettuali antimafia è sostituito da quello alle “procure distrettuali”.

In base al nuovo comma 1 dell’articolo 371-bis, le relative funzioni investono anche i procedimenti indicati nell’art. 51, comma 3-quater, c.p.p. (procedimenti per delitti consumati o tentati con finalità di terrorismo) e i procedimenti di prevenzione antiterrorismo (v. art. 4 del decreto-legge). Inoltre, viene precisato che il procuratore nazionale dispone della direzione investigativa antimafia e delle forze di polizia e impartisce direttive intese a regolarne l’impiego a fini investigativi in relazione ai procedimenti per i reati previsti dall’art. 51, comma 3-bis, c.p.p. (e quindi non in relazione ai procedimenti per reati con finalità di terrorismo).

Le conseguenti modifiche di coordinamento del comma 3 dell’articolo 371-bis c.p.p. sui poteri del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo interessano:

-       il collegamento investigativo anche per mezzo dei magistrati della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo (lettera a) del comma 3 dell’art. 371-bis c.p.p.);

-       la possibilità di applicare temporaneamente magistrati della direzione nazionale antimafia e delle procure distrettuali (lettera b); la modifica della lettera b) del comma 3 dell’art. 371-bis c.p.p. prevede l’integrazione della locuzione “Direzione nazionale antimafia”; in realtà, il testo vigente alla data di entrata in vigore del decreto-legge, alla lettera b), contiene la sola locuzione “Direzione nazionale”;

-       estende l’acquisizione ed elaborazione di notizie , informazioni e dati anche ai delitti di terrorismo, anche internazionale;

-       estende la possibilità di avocazione delle indagini preliminari anche ai delitti consumati o tentati con finalità di terrorismo (lettera h) del comma 3).

 

Gli alinea di ciascun comma, nell’introdurre le modificazioni al codice di procedura penale, fanno riferimento ai diversi articoli del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 447. Tale DPR è in realtà composto da un unico articolo di approvazione dell’allegato codice di procedura penale. Occorre pertanto richiamare direttamente il codice di procedura penale e non il DPR di approvazione.

Inoltre, sia il comma 1 sia il comma 4 dovrebbero essere riformulati in modo da integrare la denominazione del procuratore nazionale in tutti i richiami presenti nelle disposizioni modificate. Le attuali formulazioni sembrano infatti modificare la denominazione una sola volta in ciascuna disposizione.

 

 

 

Normativa anteriore al DL

Normativa vigente (DL 7/2015)

Codice di procedura penale

Articolo 54-ter

Contrasti tra pubblici ministeri in materia di criminalità organizzata

1. Quando il contrasto previsto dagli articoli 54 e 54-bis, riguarda taluno dei reati indicati nell'articolo 51 comma 3-bis, se la decisione spetta al procuratore generale presso la Corte di cassazione, questi provvede sentito il procuratore nazionale antimafia; se spetta al procuratore generale presso la corte di appello, questi informa il procuratore nazionale antimafia dei provvedimenti adottati.

1. Quando il contrasto previsto dagli articoli 54 e 54-bis, riguarda taluno dei reati indicati nell'articolo 51 comma 3-bis, se la decisione spetta al procuratore generale presso la Corte di cassazione, questi provvede sentito il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo; se spetta al procuratore generale presso la corte di appello, questi informa il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo dei provvedimenti adottati.

Articolo 54-quater

Richiesta di trasmissione degli atti a un diverso pubblico Ministero

1. La persona sottoposta alle indagini che abbia conoscenza del procedimento ai sensi dell'articolo 335 o dell'articolo 369 e la persona offesa dal reato che abbia conoscenza del procedimento ai sensi dell'articolo 369, nonché i rispettivi difensori, se ritengono che il reato appartenga alla competenza di un giudice diverso da quello presso il quale il pubblico ministero che procede esercita le sue funzioni, possono chiedere la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice competente enunciando, a pena di inammissibilità, le ragioni a sostegno della indicazione del diverso giudice ritenuto competente.

1. Identico.

2. La richiesta deve essere depositata nella segreteria del pubblico ministero che procede con l'indicazione del giudice ritenuto competente.

2. Identico.

3. Il pubblico ministero decide entro dieci giorni dalla presentazione della richiesta e, ove la accolga, trasmette gli atti del procedimento all'ufficio del pubblico ministero presso il giudice competente, dandone comunicazione al richiedente. Se non provvede in tal senso, il richiedente, entro i successivi dieci giorni, può chiedere al procuratore generale presso la corte di appello o, qualora il giudice ritenuto competente appartenga ad un diverso distretto, al procuratore generale presso la Corte di cassazione, di determinare quale ufficio del pubblico ministero deve procedere. Il procuratore generale, assunte le necessarie informazioni, provvede alla determinazione, entro venti giorni dal deposito della richiesta, con decreto motivato dandone comunicazione alle parti ed agli uffici interessati. Quando la richiesta riguarda taluno dei reati indicati nell'articolo 51, comma 3-bis, il procuratore generale provvede osservando le disposizioni dell'articolo 54-ter.

3. Il pubblico ministero decide entro dieci giorni dalla presentazione della richiesta e, ove la accolga, trasmette gli atti del procedimento all'ufficio del pubblico ministero presso il giudice competente, dandone comunicazione al richiedente. Se non provvede in tal senso, il richiedente, entro i successivi dieci giorni, può chiedere al procuratore generale presso la corte di appello o, qualora il giudice ritenuto competente appartenga ad un diverso distretto, al procuratore generale presso la Corte di cassazione, di determinare quale ufficio del pubblico ministero deve procedere. Il procuratore generale, assunte le necessarie informazioni, provvede alla determinazione, entro venti giorni dal deposito della richiesta, con decreto motivato dandone comunicazione alle parti ed agli uffici interessati. Quando la richiesta riguarda taluno dei reati indicati nell'articolo 51, comma 3-bis e comma 3-quater, il procuratore generale provvede osservando le disposizioni dell'articolo 54-ter.

4. La richiesta non può essere riproposta a pena di inammissibilità salvo che sia basata su fatti nuovi e diversi.

4. Identico.

5. Gli atti di indagine preliminare compiuti prima della trasmissione degli atti o della comunicazione del decreto di cui al comma 3 possono essere utilizzati nei casi e nei modi previsti dalla legge.

5. Identico.

Articolo 117

Richiesta di copie di atti e di informazioni da parte del pubblico ministero

1. Fermo quanto disposto dall'articolo 371, quando è necessario per il compimento delle proprie indagini, il pubblico ministero può ottenere dall'autorità giudiziaria competente, anche in deroga al divieto stabilito dall'articolo 329, copie di atti relativi ad altri procedimenti penali e informazioni scritte sul loro contenuto. L'autorità giudiziaria può trasmettere le copie e le informazioni anche di propria iniziativa.

1. Identico.

2. L'autorità giudiziaria provvede senza ritardo e può rigettare la richiesta con decreto motivato.

2. Identico.

2-bis. Il procuratore nazionale antimafia, nell'ambito delle funzioni previste dall'articolo 371-bis, accede al registro delle notizie di reato, ai registri di cui all’articolo 34 della legge 19 marzo 1990, n. 55, e alle banche dati istituite appositamente presso le direzioni distrettuali antimafia realizzando se del caso collegamenti reciproci.

2-bis. Il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, nell'ambito delle funzioni previste dall'articolo 371-bis, accede al registro delle notizie di reato, ai registri di cui all’articolo 34 della legge 19 marzo 1990, n. 55, e alle banche dati istituite appositamente presso le procure distrettuali, realizzando se del caso collegamenti reciproci.

Articolo 371-bis

Attività di coordinamento del procuratore nazionale antimafia

Attività di coordinamento del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo

1. Il procuratore nazionale antimafia esercita le sue funzioni in relazione ai procedimenti per i delitti indicati nell'articolo 51 comma 3-bis e in relazione ai procedimenti di prevenzione antimafia. A tal fine dispone della direzione investigativa antimafia e dei servizi centrali e interprovinciali delle forze di polizia e impartisce direttive intese a regolarne l'impiego a fini investigativi.

1. Il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo esercita le sue funzioni in relazione ai procedimenti per i delitti indicati nell'articolo 51 comma 3-bis e comma 3-quater e in relazione ai procedimenti di prevenzione antimafia e terrorismo. In relazione ai procedimenti per i delitti di cui all’articolo 51, comma 3-bis dispone della direzione investigativa antimafia e dei servizi centrali e interprovinciali delle forze di polizia e impartisce direttive intese a regolarne l'impiego a fini investigativi.

2. Il procuratore nazionale antimafia esercita funzioni di impulso nei confronti dei procuratori distrettuali al fine di rendere effettivo il coordinamento delle attività di indagine, di garantire la funzionalità dell'impiego della polizia giudiziaria nelle sue diverse articolazioni e di assicurare la completezza e tempestività delle investigazioni.

2. Il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo esercita funzioni di impulso nei confronti dei procuratori distrettuali al fine di rendere effettivo il coordinamento delle attività di indagine, di garantire la funzionalità dell'impiego della polizia giudiziaria nelle sue diverse articolazioni e di assicurare la completezza e tempestività delle investigazioni.

3. Per lo svolgimento delle funzioni attribuitegli dalla legge, il procuratore nazionale antimafia, in particolare:

a) d'intesa con i procuratori distrettuali interessati, assicura il collegamento investigativo anche per mezzo dei magistrati della Direzione nazionale antimafia;

b) cura, mediante applicazioni temporanee dei magistrati della Direzione nazionale e delle direzioni distrettuali antimafia, la necessaria flessibilità e mobilità che soddisfino specifiche e contingenti esigenze investigative o processuali;

c) ai fini del coordinamento investigativo e della repressione dei reati provvede all'acquisizione e all'elaborazione di notizie, informazioni e dati attinenti alla criminalità organizzata;


d-e) ........................;

f) impartisce ai procuratori distrettuali specifiche direttive alle quali attenersi per prevenire o risolvere contrasti riguardanti le modalità secondo le quali realizzare il coordinamento nell'attività di indagine;

g) riunisce i procuratori distrettuali interessati al fine di risolvere i contrasti che, malgrado le direttive specifiche impartite, sono insorti e hanno impedito di promuovere o di rendere effettivo il coordinamento;

h) dispone con decreto motivato, reclamabile al procuratore generale presso la corte di cassazione, l'avocazione delle indagini preliminari relative a taluno dei delitti indicati nell'articolo 51 comma 3-bis quando non hanno dato esito le riunioni disposte al fine di promuovere o rendere effettivo il coordinamento e questo non è stato possibile a causa della:

1) perdurante e ingiustificata inerzia nella attività di indagine;

2) ingiustificata e reiterata violazione dei doveri previsti dall'articolo 371 ai fini del coordinamento delle indagini.

3. Per lo svolgimento delle funzioni attribuitegli dalla legge, il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, in particolare:

a) d'intesa con i procuratori distrettuali interessati, assicura il collegamento investigativo anche per mezzo dei magistrati della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo;

b) cura, mediante applicazioni temporanee dei magistrati della Direzione nazionale e delle procure distrettuali, la necessaria flessibilità e mobilità che soddisfino specifiche e contingenti esigenze investigative o processuali;

c) ai fini del coordinamento investigativo e della repressione dei reati provvede all'acquisizione e all'elaborazione di notizie, informazioni e dati attinenti alla criminalità organizzata e ai delitti di terrorismo, anche internazionale;

d-e) ........................;

f) identica;




g) identica;





h) dispone con decreto motivato, reclamabile al procuratore generale presso la corte di cassazione, l'avocazione delle indagini preliminari relative a taluno dei delitti indicati nell'articolo 51 comma 3-bis e 3-quater quando non hanno dato esito le riunioni disposte al fine di promuovere o rendere effettivo il coordinamento e questo non è stato possibile a causa della:

1) perdurante e ingiustificata inerzia nella attività di indagine;

2) ingiustificata e reiterata violazione dei doveri previsti dall'articolo 371 ai fini del coordinamento delle indagini.

4. Il procuratore nazionale antimafia provvede alla avocazione dopo aver assunto sul luogo le necessarie informazioni personalmente o tramite un magistrato della Direzione nazionale antimafia all'uopo designato. Salvi casi particolari, il procuratore nazionale antimafia o il magistrato da lui designato non può delegare per il compimento degli atti di indagine altri uffici del pubblico ministero.

4. Il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo provvede alla avocazione dopo aver assunto sul luogo le necessarie informazioni personalmente o tramite un magistrato della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo all'uopo designato. Salvi casi particolari, il procuratore nazionale antimafia o il magistrato da lui designato non può delegare per il compimento degli atti di indagine altri uffici del pubblico ministero.

 

 

 


 

Articolo 10
(Modifiche al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, recante: Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione)

 

L’articolo 10 modifica alcuni articoli del codice antimafia sull’organizzazione della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, in luogo della Direzione nazionale antimafia, sulla preposizione dei magistrati che ne fanno parte e sull’applicazione di magistrati anche per procedimenti riguardanti reati con finalità di terrorismo.

In particolare, il comma 1 sostituisce l’art. 103 del codice antimafia (d.lgs. 159/2011).

In base all’art. 103 del codice antimafia, vigente prima dell’entrata in vigore del decreto-legge, nell'ambito della procura generale presso la Corte di cassazione è istituita la Direzione nazionale antimafia (comma 1). Alla Direzione è preposto un magistrato che abbia conseguito la quinta valutazione di professionalità, scelto tra coloro che hanno svolto anche non continuativamente, per un periodo non inferiore a dieci anni, funzioni di pubblico ministero o giudice istruttore, sulla base di specifiche attitudini, capacità organizzative ed esperienze nella trattazione di procedimenti relativi alla criminalità organizzata. L'anzianità nel ruolo può essere valutata solo ove risultino equivalenti i requisiti professionali (comma 2). Alla nomina del procuratore nazionale antimafia si provvede con la procedura prevista dall'articolo 11, terzo comma, della legge 24 marzo 1958, n. 195, per il conferimento degli uffici direttivi (il Consiglio delibera su proposta, formulata di concerto col Ministro per la grazia e giustizia, di una commissione formata da sei dei suoi componenti, di cui quattro eletti dai magistrati e due eletti dal Parlamento). L'incarico ha durata di quattro anni e può essere rinnovato una sola volta (comma 3). Alla Direzione sono addetti, quali sostituti, magistrati che abbiano conseguito la terza valutazione di professionalità, nominati sulla base di specifiche attitudini ed esperienze nella trattazione di procedimenti relativi alla criminalità organizzata. Alle nomine provvede il Consiglio superiore della magistratura, sentito il procuratore nazionale antimafia. Il procuratore nazionale antimafia designa uno o più dei sostituti procuratori ad assumere le funzioni di procuratore nazionale antimafia aggiunto (comma 4). Per la nomina dei sostituti, l'anzianità nel ruolo può essere valutata solo ove risultino equivalenti i requisiti professionali (comma 5). Al procuratore nazionale antimafia sono attribuite le funzioni previste dall'articolo 371-bis del codice di procedura penale (comma 6). Prima della nomina disposta dal Consiglio superiore della magistratura, il procuratore generale presso la Corte di cassazione applica, quale procuratore nazionale antimafia, un magistrato che possegga, all'epoca dell'applicazione, i requisiti previsti dal comma 2 (comma 7).

 

In base alle modifiche apportate dal decreto-legge:

- la Direzione nazionale antimafia assume la denominazione di Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo;

- alla Direzione nazionale sono preposti, oltre ai sostituti, non più uno bensì tre magistrati: uno con funzioni di procuratore nazionale e due con funzioni di procuratore aggiunto; il testo non precisa se alla comune preposizione di tre magistrati con diverse qualifiche alla Direzione nazionale corrispondano distinti e specifici poteri;

- solo per i sostituti (e non anche per il procuratore nazionale e i due procuratori nazionali aggiunti) è espressamente richiesto che siano nominati tra magistrati che abbiano conseguito la terza valutazione di professionalità; tuttavia, per il procuratore nazionale rimane il requisito del conseguimento almeno della quinta verifica di professionalità, previsto dall’articolo 12, comma 7, del d.lgs. 160/2006; per i due procuratori aggiunti, l’art. 20 del decreto-legge (v. ultra) introduce il conseguimento di almeno la quarta valutazione di professionalità;

- il requisito dello svolgimento delle funzioni di pubblico ministero per almeno dieci anni e quello fondato sulle attitudini specifiche, le capacità organizzative e le esperienze nella trattazione dei procedimenti relativi alla criminalità organizzata è esteso ai procedimenti in materia di criminalità organizzata e terroristica e riguarda tutti i magistrati della Direzione nazionale (e non solo, come in precedenza, il procuratore nazionale);

- i magistrati sono scelti tra coloro “che abbiano specifiche attitudini” e non più “sulla base di specifiche attitudini”;

- la durata quadriennale, con possibilità di un solo rinnovo, dell’incarico di Procuratore nazionale è estesa anche ai procuratori aggiunti;

- è soppressa la disposizione in base a cui, prima della nomina disposta dal CSM, il procuratore generale presso la Corte di Cassazione applica, quale procuratore nazionale antimafia, un magistrato che possegga, all’epoca dell’applicazione, i requisiti previsti (per la corrispondente disciplina transitoria l’art. 20, del decreto-legge, v. ultra, stabilisce che l’incarico di procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo è assunto, alla data di entrata in vigore del decreto-legge, dal procuratore nazionale antimafia).

 

Il comma 2 modifica per coordinamento l’art. 104 del codice antimafia: il procuratore generale presso la Corte di Cassazione esercita la sorveglianza sul Procuratore nazionale antimafia “e antiterrorismo” e sulla relativa Direzione generale.

 

Il comma 3 modifica l’articolo 105, comma 1, del codice antimafia, relativo all’applicazione dei magistrati del pubblico ministero in casi particolari.

In base all’articolo 105, comma 1, vigente alla data di entrata in vigore del decreto-legge, per la trattazione dei procedimenti relativi ai delitti indicati nell'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, il procuratore nazionale antimafia può, quando si tratta di procedimenti di particolare complessità o che richiedono specifiche esperienze e competenze professionali, applicare temporaneamente alle procure distrettuali i magistrati appartenenti alla Direzione nazionale antimafia e quelli appartenenti alle direzioni distrettuali antimafia nonché, con il loro consenso, magistrati di altre procure della Repubblica presso i tribunali. L'applicazione è disposta anche quando sussistono protratte vacanze di organico, inerzia nella conduzione delle indagini, ovvero specifiche e contingenti esigenze investigative o processuali. L'applicazione è disposta con decreto motivato. Il decreto è emesso sentiti i procuratori generali e i procuratori della Repubblica interessati. Quando si tratta di applicazioni alla procura distrettuale avente sede nel capoluogo del medesimo distretto, il decreto è emesso dal procuratore generale presso la corte di appello. In tal caso il provvedimento è comunicato al procuratore nazionale antimafia.

 

Le modifiche riguardano:

-       i procedimenti penali di riferimento, che comprendono – anche in questo caso - anche quelli relativi ai delitti consumati o tentati con finalità di terrorismo;

-       la denominazione della Direzione nazionale “antimafia e antiterrorismo” e del procuratore nazionale antimafia “e antiterrorismo”;

-       l’ampliamento delle categorie dei magistrati che possono essere applicati temporaneamente (periodo massimo di due anni) alle procure distrettuali, anche senza il loro consenso; l’applicazione temporanea può infatti riguardare anche i magistrati addetti presso le procure distrettuali alla trattazione di procedimenti in materia di terrorismo anche internazionale.

 

Il comma 4 modifica l’articolo 106 del codice antimafia, relativo all’applicazione di magistrati in materia di misure di prevenzione. Anche in questo caso, i riferimenti al procuratore nazionale e alla Direzione nazionale sono integrati con il richiamo alla funzione di antiterrorismo.

In base all’articolo 106, il procuratore nazionale antimafia può disporre, nell'ambito dei poteri attribuitigli dall'articolo 371-bis del codice di procedura penale e sentito il competente procuratore distrettuale, l'applicazione temporanea di magistrati della Direzione nazionale antimafia alle procure distrettuali per la trattazione di singoli procedimenti di prevenzione patrimoniale. Si applica, in quanto compatibile, l'articolo 105 (comma 1). Se ne fa richiesta il procuratore distrettuale, il Procuratore generale presso la Corte d'appello può, per giustificati motivi, disporre che le funzioni di pubblico ministero per la trattazione delle misure di prevenzione siano esercitate da un magistrato designato dal Procuratore della Repubblica presso il giudice competente (comma 2).

 

 

Normativa anteriore al DL

Normativa vigente (DL 7/2015)

D.lgs. n. 159 del 2011
Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione

Articolo 103

Direzione nazionale antimafia

Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo

1. Nell'ambito della procura generale presso la Corte di cassazione è istituita la Direzione nazionale antimafia.

1. Nell’ambito della procura generale presso la Corte di cassazione è istituita la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo.

2. Alla Direzione è preposto un magistrato che abbia conseguito la quinta valutazione di professionalità, scelto tra coloro che hanno svolto anche non continuativamente, per un periodo non inferiore a dieci anni, funzioni di pubblico ministero o giudice istruttore, sulla base di specifiche attitudini, capacità organizzative ed esperienze nella trattazione di procedimenti relativi alla criminalità organizzata. L'anzianità nel ruolo può essere valutata solo ove risultino equivalenti i requisiti professionali.

2. Alla Direzione sono preposti un magistrato, con funzioni di Procuratore nazionale, e due magistrati con funzioni di procuratore aggiunto, nonché, quali sostituti, magistrati che abbiano conseguito la terza valutazione di professionalità.

3. Alla nomina del procuratore nazionale antimafia si provvede con la procedura prevista dall'articolo 11, terzo comma, della legge 24 marzo 1958, n. 195. L'incarico ha durata di quattro anni e può essere rinnovato una sola volta.

4. Alla nomina del procuratore nazionale si provvede con la procedura prevista dall'articolo 11, terzo comma, della legge 24 marzo 1958, n. 195.

4.  Alla Direzione sono addetti, quali sostituti, magistrati che abbiano conseguito la terza valutazione di professionalità, nominati sulla base di specifiche attitudini ed esperienze nella trattazione di procedimenti relativi alla criminalità organizzata. Alle nomine provvede il Consiglio superiore della magistratura, sentito il procuratore nazionale antimafia. Il procuratore nazionale antimafia designa uno o più dei sostituti procuratori ad assumere le funzioni di procuratore nazionale antimafia aggiunto.

3. I magistrati della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo sono scelti tra coloro che hanno svolto, anche non continuativamente, funzioni di pubblico ministero per almeno dieci anni e che abbiano specifiche attitudini, capacità organizzative ed esperienze nella trattazione di procedimenti in materia di criminalità organizzata e terroristica. [segue]

5. Per la nomina dei sostituti, l'anzianità nel ruolo può essere valutata solo ove risultino equivalenti i requisiti professionali.

[continua]
L’anzianità nel ruolo può essere valutata solo ove risultino equivalenti i requisiti professionali

(v. art. 3, ultimo periodo)

5. Gli incarichi di procuratore nazionale e di procuratore aggiunto hanno una durata di quattro anni e possono essere rinnovati una sola volta.

6. Al procuratore nazionale antimafia sono attribuite le funzioni previste dall'articolo 371-bis del codice di procedura penale.

6. Al procuratore nazionale sono attribuite le funzioni previste dall'articolo 371-bis del codice di procedura penale.

7. Prima della nomina disposta dal Consiglio superiore della magistratura, il procuratore generale presso la Corte di cassazione applica, quale procuratore nazionale antimafia, un magistrato che possegga, all'epoca dell'applicazione, i requisiti previsti dal comma 2.

Soppresso

Articolo 104

Attribuzioni del procuratore generale presso la Corte di cassazione in relazione all'attività di coordinamento investigativo

1. Il procuratore generale presso la Corte di cassazione esercita la sorveglianza sul procuratore nazionale antimafia e sulla relativa Direzione nazionale.

1. Il procuratore generale presso la Corte di cassazione esercita la sorveglianza sul procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo e sulla relativa Direzione nazionale.

Articolo 105

Applicazione di magistrati del pubblico ministero in casi particolari

1. Per la trattazione dei procedimenti relativi ai delitti indicati nell'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, il procuratore nazionale antimafia può, quando si tratta di procedimenti di particolare complessità o che richiedono specifiche esperienze e competenze professionali, applicare temporaneamente alle procure distrettuali i magistrati appartenenti alla Direzione nazionale antimafia e quelli appartenenti alle direzioni distrettuali antimafia nonché, con il loro consenso, magistrati di altre procure della Repubblica presso i tribunali. L'applicazione è disposta anche quando sussistono protratte vacanze di organico, inerzia nella conduzione delle indagini, ovvero specifiche e contingenti esigenze investigative o processuali. L'applicazione è disposta con decreto motivato. Il decreto è emesso sentiti i procuratori generali e i procuratori della Repubblica interessati. Quando si tratta di applicazioni alla procura distrettuale avente sede nel capoluogo del medesimo distretto, il decreto è emesso dal procuratore generale presso la corte di appello. In tal caso il provvedimento è comunicato al procuratore nazionale antimafia.

1. Per la trattazione dei procedimenti relativi ai delitti indicati nell'articolo 51, comma 3-bis e comma 3-quater, del codice di procedura penale, il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo può, quando si tratta di procedimenti di particolare complessità o che richiedono specifiche esperienze e competenze professionali, applicare temporaneamente alle procure distrettuali i magistrati appartenenti alla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e quelli appartenenti alle direzioni distrettuali antimafia oltre che quelli addetti presso le procure distrettuali alla trattazione di procedimenti in materia di terrorismo anche internazionale nonché, con il loro consenso, magistrati di altre procure della Repubblica presso i tribunali. L'applicazione è disposta anche quando sussistono protratte vacanze di organico, inerzia nella conduzione delle indagini, ovvero specifiche e contingenti esigenze investigative o processuali. L'applicazione è disposta con decreto motivato. Il decreto è emesso sentiti i procuratori generali e i procuratori della Repubblica interessati. Quando si tratta di applicazioni alla procura distrettuale avente sede nel capoluogo del medesimo distretto, il decreto è emesso dal procuratore generale presso la corte di appello. In tal caso il provvedimento è comunicato al procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.

2.  L'applicazione non può superare la durata di un anno. Nei casi di necessità dell'ufficio al quale il magistrato è applicato, può essere rinnovata per un periodo non superiore a un anno.

Identico.

3. Il decreto di applicazione è immediatamente esecutivo ed è trasmesso senza ritardo al Consiglio superiore della magistratura per l'approvazione, nonché al Ministro della giustizia.

Identico.

4. Il capo dell'ufficio al quale il magistrato è applicato non può designare il medesimo per la trattazione di affari diversi da quelli indicati nel decreto di applicazione.

Identico.

Articolo 106

Applicazione di magistrati in materia di misure di prevenzione

1. Il procuratore nazionale antimafia può disporre, nell'ambito dei poteri attribuitigli dall'articolo 371-bis del codice di procedura penale e sentito il competente procuratore distrettuale, l'applicazione temporanea di magistrati della Direzione nazionale antimafia alle procure distrettuali per la trattazione di singoli procedimenti di prevenzione patrimoniale. Si applica, in quanto compatibile, l'articolo 105.

1. Il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo può disporre, nell'ambito dei poteri attribuitigli dall'articolo 371-bis del codice di procedura penale e sentito il competente procuratore distrettuale, l'applicazione temporanea di magistrati della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo alle procure distrettuali per la trattazione di singoli procedimenti di prevenzione patrimoniale. Si applica, in quanto compatibile, l'articolo 105.

2. Se ne fa richiesta il procuratore distrettuale, il Procuratore generale presso la Corte d'appello può, per giustificati motivi, disporre che le funzioni di pubblico ministero per la trattazione delle misure di prevenzione siano esercitate da un magistrato designato dal Procuratore della Repubblica presso il giudice competente.

Identico.

 

 

 


 

Interventi dell’Unione Europea in materia di antiterrorismo
(a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione Europea)

 

Nel 2010 l’Unione europea ha adottato una Strategia di sicurezza interna tra i cui obiettivi è incluso quello della prevenzione del terrorismo e del contrasto alla radicalizzazione e al reclutamento

Tale obiettivo prevede  in particolare le seguenti azioni:

·         dare alle comunità i mezzi per prevenire la radicalizzazione e il reclutamento: in particolare mediante una rete UE di sensibilizzazione al problema della radicalizzazione, l’organizzazione di  una conferenza ministeriale sulla prevenzione della radicalizzazione e del reclutamento, e l’elaborazione di un manuale per sostenere le azioni dei paesi dell'UE;

·         impedire l'accesso dei terroristi a finanziamenti e materiali e monitorarne le transazioni: in particolare, un quadro per bloccare i beni ai fini della prevenzione e della lotta contro il terrorismo, azioni sia legislative che non legislative per attuare i piani d'azione sulle sostanze esplosive e sulle sostanze chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari, e l’elaborazione di una politica di estrazione e analisi dei dati di messaggistica finanziaria nell'UE;

·         proteggere i trasporti mediante lo sviluppo di un  regime UE per la sicurezza aerea e marittima.

La Strategia di sicurezza interna prevede altresì l’obiettivo dell’aumento dei livelli di sicurezza per i cittadini e le imprese nel ciberspazio, al quale sono ricondotte le seguenti azioni strategiche:  potenziare le capacità delle autorità di polizia e delle autorità giudiziarie:  collaborare con le imprese per dare ai cittadini i mezzi per agire e proteggerli: rafforzare la capacità di far fronte agli attacchi informatici.

 Si ricorda che è previsto che la Commissione europea presenti una nuova Strategia di sicurezza interna per l’UE nel maggio del 2015

 

Durante il Semestre di Presidenza italiana, il Consiglio dell’Unione europea Giustizia e affari interni del 9-10 ottobre 2014 ha discusso alcune misure da adottare nei confronti dei combattenti stranieri

In particolare i Ministri competenti  hanno convenuto sull'urgenza di mettere a punto la direttiva sul codice di prenotazione (PNR) dell'UE e hanno chiesto al Parlamento europeo di adottare quanto prima la sua posizione. Hanno altresì convenuto di migliorare i controlli alla frontiere esterne dello spazio Schengen, in base al quadro giuridico vigente.

Si ricorda che è all’esame delle Istituzioni legislative europee una proposta di direttiva volta a disciplinare il trasferimento dei dati PNR dei passeggeri di voli internazionali dalle compagnie aeree agli Stati membri nonché il trattamento di tali dati da parte delle autorità competenti. I dati PNR contengono informazioni quali il nome, la data di viaggio, l'itinerario, il posto assegnato, i bagagli, i dati di contatto e le modalità di pagamento La direttiva stabilisce che i dati PNR raccolti possono essere trattati soltanto a fini di prevenzione, accertamento, indagine e azione penale nei confronti dei reati di terrorismo e dei reati gravi. Nell'aprile del 2012 il Consiglio "Giustizia e affari interni" ha convenuto un orientamento generale relativo al progetto di direttiva. Tale orientamento generale introduce diverse modifiche rispetto alla proposta originaria, anche riguardo a due questioni principali:

a)     il compromesso concordato consentirebbe altresì agli Stati membri di raccogliere dati PNR in relazione a voli intra-UE selezionati;

b)    il periodo di conservazione complessivo rimarrebbe di 5 anni, ma l'obbligo di rendere anonimi i dati scatterebbe dopo due anni anziché dopo 30 giorni.

La Commissione LIBE (Libertà civili, giustizia e affari interni) del Parlamento europeo che si è occupata della proposta ha raccomandato all’Assemblea plenaria di respingerla per considerazioni legate alla proporzionalità e al rispetto dei diritti fondamentali, compresa la protezione dei dati personali. Il Parlamento in sessione plenaria ha tuttavia ritrasmesso la proposta alla Commissione europea affinché la riesamini. Da ultimo, dopo che il Consiglio dell’Unione europea ha ribadito l’intenzione di portare a conclusione  l’iter normativo della proposta, la Commissione LIBE pur impegnandosi a riprendere in considerazione la proposta ha chiesto che venga esaminata di pari passo con il pacchetto normativo in materia di protezione dati personali, tuttora all’esame dell’UE.

 

Si ricorda inoltre che per quanto riguarda il fenomeno dei foreign fighters il 6 novembre 2014 si è tenuto un incontro tra i Ministri dell’interno G6 (Francia, Spagna, Germania, Italia, Regno Unito e Polonia), i quali hanno chiesto l'adozione di una legislazione comune dell'Unione per affrontare il fenomeno dei combattenti andati all’estero per la jihad, il rafforzamento del monitoraggio di Internet, e la necessità di adottare la citata direttiva europea sul PNR, presentata nel 2011.

In tale occasione grazie a fonti fornite dalle autorità tedesche è stato rilevato che  circa 3.000 cittadini dell'Europa occidentale, tra cui 400 tedeschi, hanno aderito alle schiere dello Stato islamico (IS). Secondo invece la delegazione francese dall'inizio dell'anno, il numero dei combattenti francesi che sono partiti è aumentato del 82% ed ora raggiunge una cifra che è poco meno di 1.000".

Il 12 febbraio 2015 si è inoltre tenuta una riunione informale dei Capi di Stato e di Governo dell’Unione europea al termine della quale è stata adottata una dichiarazione comune in materia di antiterrorismo con particolare riguardo ai recenti tragici fatti accaduti a Parigi.

In particolare, al fine di garantire maggiore sicurezza sul territorio dell’UE i Capi di Stato e di Governo detti hanno chiesto che:

·         sia pienamente utilizzato l'attuale quadro di Schengen per rafforzare e modernizzare i controlli delle frontiere esterne, con particolare riguardo a verifiche sistematiche e coordinate su persone che godono del diritto di libera circolazione rispetto alle banche dati pertinenti in materia di lotta al terrorismo sulla base di indicatori comuni di rischio;

·         le autorità di contrasto e giudiziarie intensifichino la condivisione delle informazioni e la cooperazione operativa, anche tramite Europol e Eurojust;

·         tutte le autorità competenti aumentino la cooperazione nella lotta contro il traffico illecito di armi da fuoco, incluso tramite un rapido adeguamento della normativa in materia;

·         i servizi di sicurezza degli Stati membri approfondiscano la loro cooperazione;

·         gli Stati membri diano rapida attuazione alle norme rafforzate per prevenire il riciclaggio dei proventi di attività criminose e il finanziamento del terrorismo e tutte le autorità competenti intensifichino l'azione per tracciare i flussi finanziari e congelare con efficacia i beni utilizzati per finanziare il terrorismo;

·         ci si adoperi affinché l'adozione della direttiva sulla sicurezza delle reti e dell'informazione avanzi rapidamente, data l'importanza della cybersicurezza.

 

In esito alla citata riunione sono state altresì adottate conclusioni in materia di prevenzione della radicalizzazione e tutela dei valori dell’UE.  In sintesi i Capi di Stato e di Governo hanno chiesto:

·         che siano adottate adeguate misure, conformemente alle costituzioni nazionali, per individuare e rimuovere da Internet contenuti che promuovono il terrorismo o l'estremismo, anche tramite una maggiore cooperazione tra le autorità pubbliche e il settore privato a livello di UE, lavorando altresì con Europol per stabilire le capacità di segnalazione su Internet;

·         strategie di comunicazione volte a promuovere tolleranza, non discriminazione, libertà fondamentali e solidarietà in tutta l'UE, incluso tramite l'intensificazione del dialogo interreligioso e con altre comunità, e argomentazioni per contrastare le ideologie dei terroristi, anche consentendo alle vittime di esprimersi;

·         iniziative in materia di istruzione, formazione professionale, opportunità di lavoro, integrazione sociale e reinserimento nel contesto giuridico al fine di affrontare i fattori che contribuiscono alla radicalizzazione, anche nelle carceri.

 

Infine sono state adottate conclusioni in materia di cooperazione con gli Stati terzi. In particolare, secondo tali conclusioni è necessario:

 

a.   affrontare le crisi e i conflitti, in particolare nel nostro vicinato meridionale, mediante un ripensamento strategico per quanto riguarda l’approccio;

b.   rafforzare il dialogo con i paesi terzi sulle questioni relative alla sicurezza e sull'antiterrorismo, in particolare nel Medio Oriente, nell'Africa settentrionale e nel Sahel, ma pure nei Balcani occidentali, anche tramite nuovi progetti di sviluppo delle capacità (ad esempio controlli di frontiera) con i partner e un'assistenza UE più mirata;

c.   un impegno internazionale duraturo e coordinato nell'ambito delle Nazioni Unite e del Forum globale contro il terrorismo, nonché di iniziative regionali pertinenti;

d.   un dialogo tra culture e civiltà per promuovere insieme le libertà fondamentali.

Protezione dati personali

È all’esame delle Istituzioni legislative europee una proposta di direttiva COM(2012)10, concernente la tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, volta a sostituire la decisione quadro 2008/977/GAI,

La proposta fa parte di un pacchetto normativo che include anche una proposta di regolamento COM(2012)11, concernente la tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali e la libera circolazione di tali dati  (regolamento generale sulla protezione dei dati), volta a sostituire la direttiva 95/46/CE).

 

Il principale elemento di novità della proposta di direttiva è l’applicazione del regime, prima previsto dalla decisione quadro  2008/977/GAI solo alle fattispecie di scambio dei dati tra Stati membri, al trattamento dei dati da parte delle  autorità competenti in seno allo Stato membro. È inoltre previsto un rafforzamento dei diritti delle persone interessate al trattamento dei dati (diritto all’informazione,  all’accesso, alla rettifica e alla cancellazione dei trattamenti illeciti). È ammesso il trasferimento  di dati personali  verso un paese terzo o un’organizzazione internazionale soltanto se necessario a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, e in presenza della valutazione di adeguatezza del livello di protezione di dati personali in quel determinato paese da parte della  Commissione europea, oppure in caso di sussistenza di garanzie adeguate offerte da strumenti giuridici vincolanti (ad esempio una convenzione internazionale). Tale  trasferimento è tra l’altro consentito anche quando è  necessario per ragioni di salvaguardia di un interesse vitale dell’interessato o di un terzo, di legittimi interessi dell’interessato, e di  prevenzione di una minaccia grave e immediata alla sicurezza pubblica di uno Stato membro o di un paese terzo.

 

 


 

Capo III -
Missioni internazionali delle forze armate e di polizia

Il capo terzo del decreto legge reca disposizioni concernenti le missioni internazionali e di polizia.

Sotto il profilo dell'efficacia temporale delle disposizioni, il decreto legge interviene a prorogare le missioni internazionali dal 1o gennaio al 30 settembre 2015, retroagendo dunque di cinquanta  giorni rispetto alla sua entrata in vigore, avvenuta in data 20 febbraio  gennaio 2015, giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e dando così copertura normativa all'impegno dell'Italia nelle missioni internazionali dall'1 gennaio al 19 febbraio, circostanza che come rilevato in situazioni analoghe dal Comitato per la legislazione della Camera non appare coerente con le esigenze di stabilità, certezza e semplificazione della legislazione.

Sotto il profilo dei rapporti con la normativa vigente, secondo un procedimento consueto nei decreti che regolano la partecipazione italiana alle missioni internazionali, il provvedimento – reiterando una modalità di produzione normativa i cui aspetti problematici sono stati più volte segnalati dal Comitato per la legislazione della Camera e dei quali dà conto anche la relazione sull'analisi tecnico-normativa (ATN) – effettua rinvii alla normativa esistente senza potersi però rapportare ad una disciplina unitaria che regolamenti stabilmente i profili giuridico-economici delle missioni stesse ed i cui elementi essenziali potrebbero adesso rinvenirsi nella legge n. 108 del 2009, cui, ad esempio, si rinvia per alcuni aspetti in materia di personale; invece, per la disciplina in materia penale, si perpetua la lunga e complessa catena di rinvii normativi al decreto-legge n. 152 del 2009 e al decreto-legge n. 209 del 2008 che, a sua volta, contiene anche ulteriori rinvii al codice penale militare di pace ed alla specifica disciplina in materia di missioni militari recata dal decreto-legge n. 421 del 2001.

 

Articolo 11
(Europa)

 

L'articolo 11 prevede le autorizzazioni di spesa relative alle missioni internazionali che si svolgono in Europa.

 

Il comma 1 autorizza dal 1° gennaio 2015 al 30 settembre 2015 la spesa di 59.170.314 per la proroga della partecipazione di personale militare alle missioni nei Balcani quali da ultimo previste nel comma 1 dell’art. 1 del D.L. 109/2014 e specificatamente:

Ø la Multinational Specialized Unit (MSU),

Ø la European Union Rule of Law Mission in Kosovo (EULEX KOSOVO),

Ø il Security Force Training Plan in Kosovo,

Ø la Joint Enterprise Balcani.

 

Si ricorda che la missione EULEX Kosovo, istituita con l’Azione comune 2008/124/PESC del Consiglio del 4 febbraio 2008, modificata e prorogata, da ultimo, fino al  14 giugno 2016 dalla decisione 2014/349/PESC del Consiglio del 12 giugno 2014, opera nella cornice della risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU 1244 del 10 giugno 1999 (la stessa cha ha istituito la missione UNMIK), con la quale si è decisa la presenza in Kosovo di una amministrazione civile internazionale incaricata, in una fase finale, di supervisionare il trasferimento dell’autorità dalle istituzioni kosovare provvisorie a istituzioni create in base a un accordo politico, nonché il mantenimento dell’ordine pubblico con l’istituzione di forze di polizia locali ottenuto dispiegando, nel frattempo, personale internazionale di polizia.

La missione, pertanto, sostiene le istituzioni, le autorità giudiziarie e i servizi di contrasto kosovari nell’evoluzione verso la sostenibilità e la responsabilizzazione del Paese, supportando, in particolare, lo sviluppo e il rafforzamento dei sistemi giudiziario, di polizia e doganale e favorendo, altresì, l’adesione di tali sistemi alle norme riconosciute a livello internazionale.

 

L’operazione Joint Enterprise comprende le attività di KFOR, MSU, ed i NATO Head Quarters di Skopje, Tirana e Sarajevo. Essa è frutto della riorganizzazione della presenza NATO nei Balcani operata alla fine del 2004, che ha determinato l’unificazione di tutte le operazioni condotte nei Balcani in un unico contesto operativo (definito dalla Joint Operation Area).

 

KFOR (Kosovo Force) è una missione NATO per il rispetto degli accordi di cessate il fuoco tra Macedonia, Serbia e Albania. L'obiettivo della missione è stato inizialmente quello di attuare e, se necessario, far rispettare gli accordi del cessate il fuoco o dell’Interim Agreement, allo scopo di fornire assistenza umanitaria e supporto per il ristabilimento delle istituzioni civili, agevolando il processo di pace e stabilità. Nello specifico, i militari della KFOR effettuano il controllo dei confini tra il Kosovo e la Serbia; svolgono compiti di ordine pubblico e controllo del territorio; collaborano con l’EULEX e realizzano attività di assistenza umanitaria.

 

Le attività di gestione dell'ordine pubblico sono affidate alla missione MSU (Multinational Specialized Unit), con sede a Pristina, posta alle dirette dipendenze del comandante di KFOR e composta prevalentemente dal personale dell'Arma dei Carabinieri, insieme ad appartenenti a Forze di polizia militare di altri Paesi.

 

Il comma 2 autorizza dal 1° gennaio 2015 al 30 settembre 2015 la spesa di 206.133 euro per la proroga della partecipazione militare alla missione ALTHEA dell’Unione Europea in Bosnia-Erzegovina - all’interno della quale opera anche la missione IPU (Integrated Police Unit), di cui al comma 2 dell’art. 1 del D.L. 109/2014.

 

La missione dell'UE ALTHEA - prevista dall'azione comune 2004/570/PESC adottata dal Consiglio dell'Unione europea il 12 luglio 2004 a seguito della risoluzione 1551 (2004) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, richiamata, dalla risoluzione 2074 (2012) del 14 novembre 2012 - è stata avviata il 2 dicembre 2004 rilevando le attività condotte dalla missione SFOR della NATO in Bosnia-Erzegovina, conclusasi a seguito della decisione, assunta dai Capi di Stato e di Governo dell'Alleanza al vertice di Istanbul (28-29 giugno 2004) di accettare il dispiegamento delle forze dell'UE sulla base di un nuovo mandato delle Nazioni Unite (Risoluzione n. 1551 del 9 luglio 2004). L'operazione si svolge avvalendosi di mezzi e capacità comuni della NATO; il compito della missione è quello di continuare a svolgere il ruolo specificato dall'accordo di pace di Dayton in Bosnia-Erzegovina e di contribuire a un ambiente sicuro, necessario per l'esecuzione dei compiti fondamentali previsti dal piano di attuazione della missione dell’Ufficio dell’Alto rappresentante e dal Processo di stabilizzazione e associazione).

Con la risoluzione 2183 (2014) adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite l’11 novembre 2014, è stato confermato il riconoscimento alla missione del ruolo principale per la stabilizzazione della pace sotto gli aspetti militari, da svolgere in collaborazione con il NATO HQ presente a Sarajevo, e il relativo mandato è stato rinnovato per un periodo di dodici mesi, fino all’11 novembre 2015.

Nell'ambito della missione ALTHEA operano forze di polizia ad ordinamento militare, EUROGENDFOR, (European Gendarmerie Force), destinate al contrasto alle organizzazioni criminali ed alla sicurezza della Comunità internazionale.

L’Arma dei carabinieri costituisce una componente di tali forze, denominata IPU (Integrated Police Unit), con sede a Sarajevo.

 

Il comma 3 autorizza la spesa di euro 4.316.740 per la prosecuzione, per il periodo dal 1° gennaio 2015 al 30 settembre 2015, dei programmi di cooperazione delle Forze di polizia italiane (Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Corpo della Guardia di Finanza) in Albania e nei paesi dell’area balcanica, di cui al comma 3 dell’art. 1 del D.L. 109/2014.

 

I programmi di cooperazione sono svolti nell’ambito del protocollo d'intesa (cosiddetto Bilaterale Interni) firmato a Roma il 17 settembre 1997 dai Ministri degli interni italiano e albanese, che prevede l'impegno italiano ad affiancare i vertici delle amministrazioni albanesi con esperti delle Forze di polizia nazionali, per cooperare nella riorganizzazione delle strutture di polizia albanesi. Il compito è affidato ad una missione, composta da nuclei distinti: uno centrale, uno di frontiera marittima, e da nuclei territoriali.

 

Il comma 4 autorizza, dal 1° gennaio 2015 al 30 settembre 2015, la spesa di euro 955.330 per la proroga della partecipazione di personale della Polizia di Stato alla missione EULEX Kosovo (European Union Rule of Law Mission in Kosovo) e di 46.210 euro per la proroga della partecipazione di personale della Polizia di Stato alla missione UNMIK (United Nations Mission in Kosovo), di cui al comma 4 dell’art. 1 del D.L. 109/2014.

 

Per ciò che attiene la missione EULEX Kosovo, si veda quanto riportato al commento al comma 1 del presente articolo.

 

UNMIK (United Nations Mission In Kosovo) è stata istituita dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU 1244 del 10 giugno 1999 che ha autorizzato la costituzione di una amministrazione civile provvisoria, guidata dalle Nazioni unite, per favorire un progressivo recupero di autonomia nella provincia del Kosovo, devastata dalla guerra. La missione, che lavora a stretto contatto con i leader politici locali e con la popolazione, svolge un ruolo molto ampio, coprendo settori che vanno dalla sanità all’istruzione, dalle banche e finanza alle poste e telecomunicazioni.

Si ricorda che il Segretario generale dell’ONU ha deciso, il 12 giugno 2008, una riconfigurazione di UNMIK, principalmente nel settore del rule of law in vista di un passaggio di consegne alla missione EULEX, finalizzato ad un alleggerimento della stessa UNMIK. In seno alla missione è costituita un'unità di intelligence contro la criminalità (Criminal Intelligence Unit - C.I.U.), di supporto alla Amministrazione Provvisoria, anche per quanto riguarda i conflitti interetnici.

 

Il comma 5 autorizza dal 1° gennaio 2015 al 31 marzo 2015 la spesa di 65.505 euro per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione UNFICYP (United Nations Peacekeeping Force in Cyprus) delle Nazioni Unite a Cipro, di cui al comma 5 dell’art. 1 del D.L. 109/2014.

 

UNFICYP (United Nations Peacekeeping Force in Cyprus), autorizzata con le risoluzioni 1251 (1999) e 1642 (2005) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, richiamate, da ultimo, dalla risoluzione 2168 (2014) adottata dal Consiglio di sicurezza il 30 luglio 2014, che ne ha esteso il mandato fino al 31 gennaio 2015, è stata istituita dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU, con la risoluzione 186/1964, in seguito alla rottura dell’equilibrio stabilito a Cipro dalla Costituzione del 1960. L'indipendenza di Cipro fu concessa dall’Inghilterra nel 1960 sulla base di una Costituzione che garantiva gli interessi sia della comunità greca che di quella turco-cipriota. Questo equilibrio si ruppe nel dicembre 1963 e, a seguito dei disordini e delle tensioni fra le due comunità, il Consiglio di Sicurezza decise di costituire l’UNFICYP, una forza di mantenimento della pace con il compito di prevenire gli scontri e di contribuire al ristabilimento dell’ordine e della legalità nell’isola.

A seguito del colpo di stato del luglio 1974 e del successivo intervento militare della Turchia, le cui truppe hanno ottenuto il controllo della parte settentrionale dell’isola, il mandato di UNFICYP è stato ulteriormente rafforzato per consentire alla Forza di espletare nuovi compiti, tra i quali il controllo del cessate il fuoco in vigore “de facto” dall’agosto 1974. La mancanza di un accordo di pace ha reso ancora più difficile lo svolgimento di questo compito, dato che la missione è stata costretta a fronteggiare ogni anno centinaia di incidenti.

Attualmente UNFICYP: investiga e interviene sulle violazioni del cessate il fuoco e dello status quo, vigila sulla inviolabilità della zona cuscinetto; coopera con le polizie cipriota e turco-cipriota; si adopera per il ristabilimento della normalità nella zona cuscinetto; svolge attività umanitarie; assiste le due comunità su questioni quali la fornitura di elettricità e di acqua; fornisce assistenza medica di emergenza; consegna la posta e i messaggi della Croce Rossa attraverso le due linee. UNFICYP ha sede a Nicosia.

Nel suo ambito opera 1'UNPOL con compiti di monitoraggio presso le stazioni di Polizia nella "buffer zone".

 

Il comma 6 autorizza dal 1° gennaio 2015 al 30 settembre 2015 la spesa di euro 19.105.564 per la proroga della partecipazione militare italiana alla missione Active Endeavour nel Mediterraneo, di cui al comma 6 dell’art. 1 del D.L. 109/2014.

 

La missione Active Endevour si concretizza nel dispiegamento nel Mediterraneo, a partire dal 9 ottobre 2001, della Forza Navale Permanente della NATO nel Mediterraneo (STANAVFORMED), che è stato effettuato a seguito della decisione del Consiglio del Nord Atlantico del 3 ottobre  2001, relativa all’applicazione dell’articolo 5 del Trattato di Washington, in conseguenza degli avvenimenti dell’11 settembre. Compito della missione è quello di monitorare il flusso del traffico delle merci via mare nella regione, stabilendo contatti con le navi mercantili che vi transitano L’operazione è effettuata nel contesto della lotta al terrorismo internazionale e dei controlli antipirateria marittima. Dal 16 marzo 2004 la NATO ha esteso a tutto il Mediterraneo l'area di pattugliamento. Nel gennaio 2005, a seguito dell’integrazione nella NRF (NATO Response Force) la STANAVFORLANT e la STANAVFORMED sono state rispettivamente rinominate SNMG-1 (Standing NRF Maritime Group 1) e SNMG-2 (Standing NRF Maritime Group 2).

 

Il comma 7 autorizza sino al 31 agosto 2015 la spesa di euro 6.993.960 per la partecipazione di personale militare alla missione della NATO denominata Baltic Air Policing.

 

In relazione alla partecipazione in esame si segnala che, differentemente dagli altri commi che autorizzano le diverse proroghe, in questo caso  non è indicato il termine di inizio della autorizzazione.

 

L’Air Policing è una capacità di cui si è dotata la NATO a partire dalla metà degli anni cinquanta e consiste nell’integrazione, in un unico sistema di difesa aerea e missilistico NATO, dei rispettivi e analoghi sistemi nazionali messi a disposizione dai paesi membri. L'attività di Air Policing è condotta sin dal tempo di pace e consiste nella continua sorveglianza e identificazione di tutte le violazioni all’integrità dello spazio aereo NATO. L'Air Policing è svolta nell'ambito dell'area di responsabilità del Comando operativo alleato della NATO (Allied Command Operation) di stanza a Bruxelles (BEL) e viene coordinata dal Comando aereo (Air Command) di Ramstein (GER). In particolare, la missione Baltic Air Policing è iniziata nell’anno 2004, su richiesta congiunta della Lituania, dell’Estonia e della Lettonia avanzata al momento del loro ingresso nell’Alleanza e motivata dall’insufficiente possesso di capacità e strutture per la difesa aerea autonoma. Da quel momento, quattordici Stati membri della NATO, a rotazione, hanno sorvegliato lo spazio aereo delle tre repubbliche baltiche: Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Francia, Germania, Norvegia, Olanda, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Romania, Spagna, Stati Uniti d'America e Turchia. Nell'ambito dell’attuale turno di sorveglianza aerea, l’Italia partecipa, insieme a Polonia, Spagna e Belgio, con una task force dell’Aeronautica militare composta da sette velivoli, di cui quattro EUROFIGHTER 2000, un C-130J, un C-27J, un KC-767A, e 100 unità di personale. Al riguardo va specificato che il concorso nazionale alla missione, inizialmente, era stato accordato fino all’aprile 2015; tuttavia, si legge nella relazione illustrativa “in occasione della recente ministeriale NATO – Difesa – tenutasi a Bruxelles il 5 febbraio 2015, è stata espressa in quel consesso, su auspicio del Ministro della difesa lituano e con l’assoluto apprezzamento dell’Assemblea NATO, la disponibilità dell’Italia a prolungare di altri quattro mesi il proprio concorso aereo, portandolo fino al 31 agosto 2015. Tale ulteriore permanenza, peraltro, sarà in parte ristorata, secondo accordi con lo Stato primo richiedente, cioè dalla Lituania stessa”.

 

 


 

Articolo 12
(Asia)

 

L'articolo 12 prevede le autorizzazioni di spesa relative alle missioni internazionali che si svolgono in Asia.

 

Nello specifico il comma 1 dell'articolo in esame autorizza, dal 1° gennaio 2015 al 30 settembre 2015, la spesa di 126.406.473 per la partecipazione di personale militare alla nuova missione NATO in Afghanistan denominata Resolute Support Mission, di cui alla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 2189/2014 e per la proroga della partecipazione alla missione EUPOL Afghanistan, di cui al comma 1 dell’art. 2 del D.L. 109/2014.

 

La missione Resolute Support Mission (RSM) subentra, dal 1° gennaio 2015, alla missione ISAF, chiusa al 31 dicembre 2014, per lo svolgimento di attività di formazione, consulenza e assistenza a favore delle forze di difesa e sicurezza afgane e delle istituzioni governative. L’avvio della nuova missione, su invito del governo afgano, riflette gli impegni assunti dalla NATO ai vertici di Lisbona (2010), Chicago (2012) Newport in Galles (2014), appoggiati dalla risoluzione 2189 (2014), adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il 12 dicembre 2014, che ha sottolineato l'importanza del continuo sostegno internazionale per la stabilizzazione della situazione in Afghanistan e l’ulteriore miglioramento della funzionalità e capacità delle forze di difesa e sicurezza afgane, per consentire loro di mantenere la sicurezza e la stabilità in tutto il paese. Il piano di funzionamento della missione è stato approvato dai ministri degli esteri della NATO alla fine di giugno 2014. I termini e le condizioni in cui le forze della NATO saranno schierate in Afghanistan nell'ambito della missione, così come le attività che potranno svolgere sono definiti dallo Status of Forces Agreement (SOFA), firmato a Kabul il 30 settembre 2014 dal Presidente della Repubblica islamica dell'Afghanistan e dall’Alto rappresentante civile della NATO in Afghanistan e ratificato dal Parlamento afgano il 27 novembre 2014. Risultano, pertanto, realizzate le condizioni di cui all’articolo 2, comma 3-bis, del decreto-legge 1° agosto 2014, n. 109, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° ottobre 2014, n. 141. A sostegno della missione saranno schierate circa 12.000 unità provenienti da Paesi NATO e da ventuno Paesi partner. La missione è progettata per operare con una sede centrale, a Kabul, e quattro sedi territoriali, a Mazar i Sharif, Herat, Kandahar e Jalalabad. I militari italiani opereranno per larga parte dell’anno 2015 a Herat, nella Regione Ovest, e avranno il compito di continuare ad addestrare le forze armate afgane, senza alcuna partecipazione a operazioni di combattimento. A decorrere dal secondo semestre 2015, come previsto dalla pianificazione NATO, si procederà ad una riconfigurazione delle forze presenti nella zona ai fini del progressivo concentramento nell’area di Kabul.

 

La missione EUPOL Afghanistan, è stata a sua volta istituita dall’azione comune 2007/369/PESC adottata dal Consiglio dell’Unione europea il 30 maggio 2007, riconfigurata dalla decisione 2010/279/PESC del Consiglio del 18 maggio 2010 e, in ultimo, modificata e prorogata, fino al 31 dicembre 2016, dalla decisione 2014/922/PESC del Consiglio del 17 dicembre 2014, persegue i seguenti obiettivi:

1. sostenere le autorità afgane nell'ulteriore evoluzione verso un servizio di polizia civile efficace e responsabile, che sviluppi interazioni efficaci con l'intero settore della giustizia, nel rispetto dei diritti umani, inclusi i diritti delle donne;

2. operare a favore di una transizione graduale e sostenibile, salvaguardando i risultati già raggiunti

Per conseguire tali obiettivi, alla missione sono assegnati i seguenti compiti:

Ø assistere il governo afghano nel fare progredire la riforma istituzionale del ministero dell'interno e nel dare sviluppo ed attuazione coerente alle politiche e alla strategia per un dispositivo di polizia civile sostenibile ed efficace, compresa l'integrazione di genere, specie per quanto riguarda la polizia (civile) afgana in uniforme e quella anticrimine;

Ø assistere il governo afghano nell'accrescere il livello di professionalità della Polizia nazionale afgana (ANP), in particolare sostenendo il reclutamento, il mantenimento e l'integrazione sostenibili degli agenti di polizia di sesso femminile, lo sviluppo delle infrastrutture nel campo della formazione e potenziando le capacità nazionali di elaborazione e svolgimento di attività di formazione;

Ø sostenere le autorità afgane nel dare ulteriore sviluppo ai collegamenti tra la polizia e il settore più vasto dello stato di diritto e assicurare l'adeguata interazione con l'intero sistema giudiziario penale;

Ø migliorare la coesione e il coordinamento tra attori internazionali e continua ad adoperarsi per lo sviluppo di strategie per la riforma della polizia, in particolar modo attraverso il Consiglio internazionale di coordinamento delle forze di polizia (IPCB), in stretto coordinamento con la comunità internazionale e mediante una permanente cooperazione con i partner principali.

 

L'EUPOL Afghanistan, si compone di un comando avente sede a Kabul e opera a stretto contatto, in coordinamento e in cooperazione con il governo afghano e gli attori internazionali interessati, ove opportuno, tra cui la Resolute Support Mission condotta dalla NATO, la missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (UNAMA) e gli Stati terzi attualmente impegnati nella riforma di polizia in Afghanistan. Nell’ambito di tale missione, il personale dell’Arma dei carabinieri è impiegato in attività di addestramento della Afghan National Police (ANP) e dell’Afghan National Civil Order Police (ANCOP).

 

Il comma 2 autorizza, dal 1° gennaio 2015 al 30 settembre 2015, la spesa di 14.384.195 euro per l'impiego di personale militare negli Emirati Arabi Uniti, in Bahrein, in Qatar e a Tampa e per esigenze connesse con le missioni in Asia e in Medio Oriente (cfr. comma 2 art. 2 del D.L. 109/2014).

 

Al riguardo si osserva che il comma 2 dell’articolo 2 del precedente decreto legge di proroga delle missioni (D.L. 109/2014) autorizzava, a decorrere dal 1° luglio 2014 e fino al 31 dicembre 2014, la spesa di euro 9.124.600 per la proroga dell'impiego di personale militare negli Emirati Arabi Uniti, in Bahrain, in Qatar e a Tampa per esigenze connesse con le missioni in Afghanistan, di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto-legge 16 gennaio 2014, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 marzo 2014, n. 28.  Nel decreto in esame il riferimento alle missioni in Afghanistan è stato sostituito con il riferimento  alle missioni in Asia e in Medio Oriente. Al riguardo, si segnala che il successivo comma 9 dell’articolo in esame dispone la nuova autorizzazione di spesa per la partecipazione di personale militare alle attività della coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica dell’Islamic State in Iraq and the Levant (ISIL).

 

Il comma 3 autorizza, dal 1° gennaio 2015 al 30 settembre 2015, la spesa di 519.084 euro per l’impiego di unità di personale appartenente a Corpo militare volontario e al Corpo delle infermiere volontarie della Croce Rossa italiana per le esigenze di supporto sanitario delle missioni internazionali in Asia e in Medio Oriente, di cui al comma 3 dell’articolo 2 del D.L. 109/2014.

Anche in questo caso (come nel precedente comma 2) si osserva che il riferimento alle missioni internazionali in Afghanistan presente nel comma 3 dell’articolo 2 del precedente decreto n. 109 del 2014 è stato sostituito nel comma in esame con il riferimento  alle missioni in Asia e in Medio Oriente.

 

Il comma 4 dispone l'autorizzazione della spesa di euro 119.477.897, nel periodo dal 1° gennaio 2015 al 30 settembre 2015, per la proroga della partecipazione del contingente militare italiano alla missione UNIFIL in Libano, (United Nations Interim Force in Lebanon) - ivi incluso l'impiego delle unità navali della UNIFIL Maritime Task Force - e per la proroga dell’impiego di personale militare in attività di addestramento delle Forze armate di cui al comma 4 dell’articolo 2 del D.L. 109/2014.

 

Si ricorda che la missione UNIFIL, riconfigurata dalla risoluzione 1701 (2006) adottata dal  Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite l’11 agosto 2006, prorogata, da ultimo, fino al 31 agosto 2015, dalla risoluzione 2172 (2014) adottata dal  Consiglio di sicurezza il 26 agosto 2014, ha il compito di agevolare il dispiegamento delle Forze armate libanesi nel sud del Libano fino al confine con lo Stato di Israele, contribuire alla creazione di condizioni di pace e sicurezza, assicurare la libertà di movimento del personale delle Nazioni Unite e dei convogli umanitari, assistere il Governo libanese nel controllo delle linee di confine per prevenire il traffico illegale di armi. Il contributo italiano alla missione si estende anche alla componente navale di UNIFIL (Maritime Task Force), per il controllo delle acque prospicienti il territorio libanese richiesto dal Department of Peacekeeping Operations delle Nazioni Unite.

 

Il comma 5 autorizza dal 1° gennaio 2015 al 30 settembre 2015 la spesa di euro 1.868.802 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione TIPH2 (Temporary International Presence in Hebron) e per la proroga dell’impiego di personale militare in attività di addestramento delle forze di sicurezza palestinesi, di cui al comma 5 dell’articolo 2 del D.L. 109/2014.

 

La missione TIPH 2 (Temporary International Presence in Hebron) è stata istituita con il protocollo del 15 gennaio 1997 sottoscritto da Israele e Autorità palestinese, concernente il ritiro di Israele dalla zona di Hebron.

 

Il comma 6 autorizza dal 1° gennaio 2015 al 30 settembre 2015 la spesa di 90.655 euro per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione dell'Unione Europea di assistenza alle frontiere per il valico di Rafah EUBAM Rafah (European Union Border Assistance Mission in Rafah) di cui al comma 6 dell’articolo 2 del D.L. 109/2014.

 

EUBAM Rafah, stabilita dall'azione comune 2005/889/PESC adottata dal Consiglio dell'Unione europea il 12 dicembre è stata prorogata, fino al 30 giugno 2015, dalla decisione 2014/430/PESC del Consiglio del 3 luglio 2014, assunta a seguito delle raccomandazioni espresse in tal senso dal Comitato politico e di sicurezza, nella considerazione che la missione viene condotta nel contesto di una situazione che potrebbe deteriorarsi e compromettere il raggiungimento degli obiettivi dell’azione esterna dell’Unione di cui all’articolo 21 del Trattato.

EUBAM Rafah scaturisce da un'intesa siglata il 15 novembre 2005 tra l'Autorità Palestinese ed Israele, che comprende due accordi denominati Agreement on Movement and Access e Agreed Principles for Rafah Crossing, al momento applicabile solo al confine Gaza-Egitto, ma suscettibile in futuro di applicazione a tutti gli accessi alla Striscia e da e per la Cisgiordania.

La missione è volta ad assistere le Autorità Palestinesi nella gestione del valico di Rafah (Rafah Crossing Point – RCP) con l’Egitto, riaperto il 25 novembre 2005, dopo essere stato chiuso all’atto del ritiro israeliano dalla striscia di Gaza. Il contingente, non armato, ha compiti di monitoraggio e assistenza presso il valico, nonché di istruzione della polizia locale destinata al controllo, al fine di garantire il rispetto degli accordi sopra richiamati.

Secondo la relazione illustrativa, la missione si colloca nel più ampio contesto degli sforzi compiuti dall'Unione europea e dalla comunità internazionale per sostenere l'Autorità Nazionale Palestinese nell'assunzione di responsabilità per il mantenimento dell' ordine pubblico ed è finalizzata a contribuire allo sviluppo delle capacità palestinesi di gestione della frontiera a Rafah, nonché ad assicurare il monitoraggio, la verifica e la valutazione dei risultati conseguiti nell'attuazione degli accordi in materia doganale e di sicurezza.

 

Il comma 7 autorizza per il periodo dal 1° gennaio 2015 al 30 settembre 2015, la spesa di 142.170 euro per la proroga della partecipazione di personale della Polizia di Stato alla missione EUPOL COPPS (European Union Police Mission for the Palestinian Territories) in Palestina, di cui al comma 7 dell’articolo 2 del D.L. 109/2014.

 

La missione EUPOL COPPS (European Union Police Mission for the Palestinian Territories), è stata istituita dal Consiglio europeo con l’azione comune 2005/797/PESC del 14 novembre 2005, riconfigurata, da ultimo, e prorogata fino al 30 giugno 2015 dalla decisione 2014/447/PESC del Consiglio del 9 luglio 2014. Scopo dell'EUPOL COPPS è contribuire all'istituzione di un dispositivo di polizia duraturo ed efficace sotto la direzione palestinese, conforme ai migliori standard internazionali, in cooperazione con i programmi di costruzione istituzionale dell'Unione europea e altre iniziative internazionali nel più ampio contesto del settore della sicurezza, compresa la riforma del sistema penale. A tal fine, l'EUPOL COPPS assiste la polizia civile palestinese (PCP) nell'attuazione del programma di sviluppo della polizia fornendo assistenza e sostegno alla stessa PCP, e specificamente ai funzionari superiori a livello di distretto, comando e ministero; coordina e agevola l'assistenza dell'Unione europea e degli Stati membri e, se richiesto, l'assistenza internazionale alla PCP; fornisce consulenza su elementi di giustizia penale collegati alla polizia; dispone di una cellula di progetto per l'identificazione e l'attuazione dei progetti. Ove opportuno, la missione coordina, agevola e fornisce consulenza sui progetti realizzati dagli. Stati membri e da paesi terzi sotto la loro responsabilità, in settori connessi alla missione e a sostegno dei suoi obiettivi.

 

Il comma 8 autorizza la spesa di euro 92.594 per la prosecuzione dal 1° gennaio 2015 al 31 marzo 2015 della partecipazione italiana militare alla missione EUMM Georgia, di cui al comma 8 dell’articolo 2 del D.L. 109/2014.

 

La missione EUMM (European Union Monitoring Mission) Georgia è stata istituita dall'Unione Europea, in seguito all'Azione Comune del Consiglio UE n. 736 del 15 settembre 2008, da ultimo prorogata, fino al 14 dicembre 2016, dalla decisione 2014/915/PESC del Consiglio del 16 dicembre 2014. La richiamata Azione comune ha disposto il dispiegamento in Georgia, nelle zone adiacenti l'Ossezia del sud e l'Abkhazia, di una missione, con quartier generale a Tbilisi, finalizzata a garantire il monitoraggio di quanto previsto dagli accordi UE - Russia del 12 agosto e dell'8 settembre 2008. è stata prorogata, da ultimo, dalla decisione 2012/503/PES C del Consiglio del 13 settembre 2012.

 

L'EUMM opera in stretto coordinamento con le missioni già attivate nel Paese dall'OSCE e dall'ONU (United Nations Observer Mission in Georgia - UNOMG).

La missione ha il compito di monitorare l’Accordo dell’8 settembre 2008 prefiggendosi i seguenti obiettivi:

a) Stabilization: monitorare, analizzare e riportare in merito al processo di stabilizzazione basato sul citato accordo;

b) Normalization: monitorare, analizzare e riportare in merito al processo di normalizzazione, ponendo particolare attenzione ai sistemi di trasporto ed agli aspetti politici e di sicurezza relativi al rientro dei rifugiati e dei profughi;

c) Confidence building: contribuire alla riduzione delle tensioni tra le parti, attraverso l’attivazione di collegamenti fra le stesse;

d) Alimentazione dell’azione politica UE e di altre forme di impegno dell’Unione nell’area.

 

 

Il comma 9 autorizza, per il periodo 1° gennaio 2015 - 30 settembre 2015 la spesa di euro 132.782.371 per la partecipazione di personale militare alle attività della coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica dell’Islamic State in Iraq and the Levant (ISIL).

 

La Coalition of the willing per la lotta contro l’ISIL  si è costituita a seguito della Conferenza internazionale per la pace e la sicurezza in Iraq, tenutasi a Parigi il 15 settembre 2014, con l’obiettivo di fermare l’organizzazione terroristica che sta compiendo stragi di civili e di militari iracheni e siriani caduti prigionieri. Nel documento conclusivo della Conferenza internazionale, nell’individuare nell’ISIL una minaccia non solo per l'Iraq, ma anche per l'insieme della comunità internazionale, è stata affermata l’urgente necessità di un’azione determinata per contrastare tale minaccia, in particolare, adottando misure per prevenirne la radicalizzazione, coordinando l’azione di tutti i servizi di sicurezza e rafforzando la sorveglianza delle frontiere. In ordine alle minacce alla pace e sicurezza causate da atti terroristici internazionali, tra cui quelli perpetrati dall’ISIL, sono intervenute le risoluzioni 2170 (2014) e 2178 (2014), adottate dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, rispettivamente, il 15 agosto 2014 e il 24 settembre 2014, che hanno riaffermato la necessità di combattere con ogni strumento, in conformità con la carta delle Nazioni Unite e con l’ordinamento internazionale, le minacce alla pace internazionale e alla sicurezza causate da atti terroristici.

La relazione illustrativa allegata al decreto-legge in esame rileva che “in attuazione delle risoluzioni n. 7-00456 delle Commissioni riunite III Esteri e IV Difesa della Camera dei deputati e n. 34 Doc. XXIV delle Commissioni riunite 3ª Esteri e 4ª Difesa del Senato in data 20 agosto 2014 e in linea con le comunicazioni del Governo sulle misure di contrasto al terrorismo dell’ISIL rese in data  20 agosto, 16 ottobre, 20 novembre e 17 dicembre 2014, il dispositivo nazionale messo a disposizione della Coalizione prevede una componente aerea, con connessa cellula di supporto a terra, con compiti di ricognizione sul territorio iracheno, esclusa la partecipazione diretta ai combattimenti, nonché un contingente di personale per le attività di addestramento e di assistenza a favore delle forze locali nella regione del Kurdistan iracheno".

 

 

Il comma 9 dell’articolo 12 autorizza, altresì, la spesa di euro 2.219.355 per il personale militare che ha partecipato alle medesime attività della coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica dell’Islamic State in Iraq and the Levant nel periodo 1° novembre-31 dicembre 2014.

 


 

Articolo 13
(Africa)

 

L’articolo 13 reca le autorizzazioni di spesa relative alle missioni internazionali che si svolgono in Africa.

 

Il comma 1 autorizza la spesa di 1.348.239 euro volta a consentire dal 1° gennaio 2015 al 30 settembre 2015 la proroga della partecipazione di personale militare alla missione European Union Border Assistance Mission in Libya (EUBAM Libya) di cui alla decisione 2013/233/PESC del Consiglio del 22 maggio 2013, nonché la proroga della partecipazione ad attività di assistenza, supporto e formazione delle Forze armate in Libia, di cui al comma 1 dell’articolo 3  del D.L. 109/2014.

 

La missione EUBAM Libya, istituita con decisione 2013/233/PESC del Consiglio del 22 maggio 2013, con termine al 21 maggio 2015, ha il mandato di fornire alle autorità libiche sostegno per sviluppare – a breve termine – la capacità di accrescere la sicurezza delle frontiere terrestri, marine e aeree libiche e per sviluppare – a più lungo termine – una strategia più ampia di gestione integrata delle frontiere; per conseguire tali obiettivi la missione svolge compiti di: sostegno alle autorità libiche per rafforzare sia i servizi di frontiera mediante attività di formazione e accompagnamento (ciò in vista di una strategia nazionale libica di gestione integrata delle frontiere), sia le capacità operative istituzionali libiche.

L’autorizzazione di spesa prevista dal comma in esame è estesa, altresì, alla proroga della missione militare italiana di assistenza, supporto e formazione delle forze armate libiche, in linea con il quadro generale di riferimento delineato dalla risoluzione 2040 (2012) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, richiamata dalla risoluzione 2144 (2014), che ha prorogato, da ultimo, fino al 13 marzo 2015, il mandato della missione UNSMIL, intesa ad assistere e sostenere le autorità libiche, nel pieno rispetto del principio di responsabilizzazione a livello nazionale, offrendo consulenza strategica e tecnica per gestire il processo di transizione democratica, promuovere lo stato di diritto, ripristinare la sicurezza pubblica, affrontare la minaccia di proliferazione delle armi e dei materiali collegati di qualsiasi tipo, in particolare dei missili terra-aria trasportabili a spalla.

 

In relazione alla Libia si segnala che il comma 2 dell’articolo 12 del precedente decreto legge di proroga n. 109 del 2012 recava, altresì, un’ulteriore autorizzazione di  spesa di 45.370 euro per la partecipazione di personale della Polizia di Stato alla missione EUBAM Libya.

 

Il comma 2 autorizza, dal 1° gennaio 2015 al 30 settembre 2015, la spesa di 4.364.181 euro per la proroga della partecipazione di personale del Corpo della Guardia di finanza alla missione in Libia (European Union Border Assistance Mission in Libya (EUBAM Libya) di  cui al comma 3 dell’articolo 3  del D.L. 109/2014.

 

Come precisato nella relazione illustrativa l’autorizzazione di spesa in esame è finalizzata a garantire la manutenzione ordinaria delle 4 unità navali cedute dal Governo italiano al Governo libico e allo svolgimento di attività addestrativa del personale della Guardia costiera libica, in esecuzione degli accordi di cooperazione tra il Governo italiano e il Governo libico per fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina e della tratta degli esseri umani.

 

Il comma 3 autorizza, per il periodo ricompreso tra il 1° gennaio 2015 al 30 settembre 2015, la spesa 29.474.175 euro per la proroga della partecipazione di personale militare all’operazione militare  Atalanta dell'Unione Europea al largo delle coste della Somalia,  di cui al comma 4 dell’articolo 3 del D.L. 109/2014.

 

La missione Atalanta di cui all’azione comune 2008/851/PESC del Consiglio del 10 novembre 2008, come  da ultimo modificata e prorogata, fino al 12 dicembre 2016, dalla decisione 2014/827/PESC del Consiglio del 21 novembre 2014 è stata istituita  allo scopo di contribuire alla deterrenza e repressione degli atti di pirateria e rapina a mano armata commessi a largo delle coste della Somalia. L’operazione militare - condotta a sostegno delle risoluzioni 1814 (2008), 1816 (2008), 1838 (2008), 1846 (2008) e 1851(2008) e 2125 (2013) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, richiamate, in ultimo, dalla risoluzione 2184 (2014) del 12 novembre 2014 – ha il compito di svolgere attività di  prevenzione e contrasto degli atti di pirateria ed è condotta in modo conforme all’azione autorizzata in caso di pirateria in applicazione degli articoli 100 e seguenti della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare firmata a Montego Bay il 10 dicembre 1982, ratificata dall’Italia con la legge 2 dicembre 1994, n. 689, al fine di contribuire:

a) alla protezione delle navi del Programma alimentare mondiale (PAM) che inoltrano aiuti umanitari alle popolazioni sfollate della Somalia e delle navi mercantili che navigano al largo del territorio somalo;

b) alla sorveglianza delle zone al largo della Somalia, comprese le acque territoriali giudicate rischiose per le attività marittime;

c) all’uso della forza per la dissuasione, la prevenzione e la repressione degli atti di pirateria;

d) alla possibilità di arresto, fermo e trasferimento delle persone che hanno commesso o che si sospetta abbiano commesso atti di pirateria o rapine a mano armata e la possibilità di sequestrare le navi di pirati o di rapinatori, le navi catturate a seguito di pirateria o rapina nonché di requisire i beni che si trovano a bordo di tali navi.

 

La zona delle operazioni è costituita dal territorio costiero e dalle acque interne della Somalia e dalle aree marittime al largo delle coste somale e dai paesi vicini nella regione dell’Oceano indiano. Tale area è stata estesa  dalla decisione 2012/174/PESC del Consiglio dell’Unione europea nel senso di consentire, in presenza di determinate condizioni, azioni anche a terra (limitatamente a una definita fascia costiera).

L’operazione Atalanta, inizialmente posta in essere per la durata di dodici mesi, a decorrere dalla dichiarazione di capacità operativa iniziale, avvenuta il 13 dicembre 2008, si è vista prorogato più volte il mandato.

 

Rispetto al precedente decreto legge di proroga n. 109 del 2014 non risulta più autorizzata la partecipazione di personale militare all’operazione della NATO denominata Ocean Shield per il contrasto della pirateria. Al riguardo si segnala che in sede di conversione del decreto legge n. 109 del 2014 la Camera ha approvato un emendamento, Attualmente corrispondente al secondo periodo del comma 4 dell’articolo 3 del D.L. n. 109 del 2014, in forza del quale “Concluse le missioni in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto (ovvero Atalanta e Ocean Shild) e comunque non oltre il 31 dicembre 2014, la partecipazione dell'Italia alle predette operazioni sarà valutata in relazione agli sviluppi della vicenda dei due fucilieri di marina del Battaglione San Marco attualmente trattenuti in India”.

 

Il comma 4 autorizza, dal 1° gennaio 2015 al 30 settembre 2015, la spesa di 21.235.771 euro per la proroga della partecipazione di personale militare alle missioni dell’Unione europea denominate EUTM Somalia e EUCAP Nestor ed alle ulteriori iniziative dell’Unione europea per la Regional maritime capacity building nel Corno d’Africa e nell’Oceano indiano occidentale, nonché per il funzionamento della base militare nazionale nella Repubblica di Gibuti e per la proroga dell’impiego di personale militare in attività di addestramento delle forze di polizia somale e gibutiane, già autorizzate dal comma 5 dell’articolo 3 del D.L. 109/2014.

 

La missione EUTM Somalia (European Unione Training mission Somalia), di cui alla decisione 2010/96/PESC del Consiglio dell'Unione europea del 15 febbraio 2010, modificata e prorogata, in ultimo, fino al 31 marzo 2015, dalla decisione 2013/44/PESC del Consiglio del 22 gennaio 2013, è volta a contribuire al rafforzamento del governo federale di transizione somalo (GFT), affinché diventi un governo funzionante al servizio dei cittadini somali. In particolare, la missione si prefigge l'obiettivo di contribuire a una prospettiva globale e sostenibile per lo sviluppo del settore della sicurezza in Somalia, rafforzando le forze di sicurezza somale grazie all'offerta di una formazione militare specifica, comprendente un'adeguata formazione modulare e specialistica per ufficiali e sottufficiali, e al sostegno alla formazione fornita dall'Uganda, destinata a duemila reclute somale addestrate fino al livello di plotone incluso. La missione opera in stretta cooperazione e in coordinamento con le Nazioni Unite e con la missione dell'Unione africana in Somalia (AMISOM). Le attività di formazione si svolgono essenzialmente in Uganda. Una componente di tale missione è inoltre insediata a Nairobi.

 La missione EUCAP Nestor (European Union regional maritime Capacity Building), di cui alla decisione 2012/389/PESC del Consiglio dell'Unione europea del 16 luglio 2012, in ultimo modificata e prorogata, fino al 12 dicembre 2016, dalla decisione 2014/485/PESC del Consiglio del 22 luglio 2014, ha l'obiettivo di assistere lo sviluppo nel Corno d'Africa e negli Stati dell'Oceano Indiano occidentale di una capacità autosufficiente per il costante rafforzamento della loro sicurezza marittima, compresa la lotta alla pirateria, e della governance marittima. Si tratta di una missione civile, condotta nell'ambito della Politica di sicurezza e difesa comune (PSDC), rafforzata con expertise militare ed è concepita come complementare alle missioni EUNAVFOR Atalanta e alla EUTM Somalia.

L'EUCAP Nestor ha la focalizzazione geografica iniziale su Gibuti, Kenya, Seychelles e Somalia ed è altresì dispiegata in Tanzania, su invito delle relative autorità. Ai fini del raggiungimento dell'obiettivo l'EUCAP Nestor svolge i seguenti compiti: aiutare le autorità nella regione a conseguire l'efficiente organizzazione delle agenzie per la sicurezza marittima che svolgono la funzione di guardia costiera; fornire corsi di formazione e competenze di formazione per rafforzare le capacità marittime degli Stati nella regione, inizialmente Gibuti, il Kenya e le Seychelles, al fine di conseguire l'autosufficienza in materia di formazione; aiutare la Somalia a sviluppare una propria capacità di polizia costiera di terra sostenuta da un quadro giuridico e normativo completo; individuare le principali carenze di capacità delle attrezzature e fornire assistenza nell'affrontarle; fornire assistenza nel rafforzare la legislazione nazionale e lo stato di diritto tramite un programma di consulenza giuridica a livello regionale e consulenza giuridica per sostenere la redazione della normativa sulla sicurezza marina e della legislazione nazionale connessa; promuovere la cooperazione regionale fra le autorità nazionali preposte alla sicurezza marina; rafforzare il coordinamento regionale nel settore dello sviluppo delle capacità marittime; fornire consulenza strategica tramite l'assegnazione di esperti a amministrazioni chiave; attuare i progetti della missione e coordinare le donazioni; elaborare e attuare una strategia di informazione e comunicazione a livello regionale.

La task force interforze è attualmente costituita da 135 unità, necessarie per il funzionamento della base, per il completamento dei lavori infrastrutturali e per profili di sicurezza; a regime sarà ridotta a sole 63 unità.

 

Il comma 5 autorizza per il periodo dal 1° gennaio 2015 al 30 settembre 2015 la spesa di euro 2.055.462 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione delle Nazioni Unite in Mali MINUSMA (United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali) e per la proroga della partecipazione di personale militare alle missioni dell’Unione europea denominate EUCAP Sahel Niger e EUTM Mali, nonché per la partecipazione di personale militare alla missione dell’Unione europea denominata EUCAP Sahel Mali, di cui comma 6 dell’articolo 3 del D.L. 109/2014.

 

La missione MINUSMA, istituita dalla risoluzione 2100 (2013) adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il 25 aprile 2013 e in ultimo prorogata, fino al 30 giugno 2015, dalla risoluzione 2164 (2014), adottata dal Consiglio di sicurezza il 25 giugno 2014, ha il seguente mandato:

-        conseguire la stabilizzazione dei principali centri abitati, in particolare nel nord del Mali;

-        sostenere le autorità di transizione del Mali per il ristabilimento dell'autorità dello Stato in tutto il paese (attraverso la ricostruzione del settore della sicurezza, in particolare la polizia e la gendarmeria, così come dello stato di diritto e della giustizia, l’attuazione di programmi per il disarmo, la smobilitazione e reintegrazione degli ex combattenti e lo smantellamento delle milizie e gruppi di auto-difesa, in coerenza con gli obiettivi di riconciliazione e tenendo in considerazione le esigenze specifiche dei bambini smobilitati) e  per l'attuazione della road map di transizione verso il pieno ripristino dell'ordine costituzionale, della governance democratica e dell'unità nazionale in Mali, (attraverso un dialogo politico nazionale inclusivo e di riconciliazione, la promozione della  partecipazione della società civile, comprese le organizzazioni femminili, l'organizzazione e lo svolgimento di elezioni politiche trasparenti inclusive e  libere);

-        proteggere la popolazione civile sotto minaccia imminente di violenza fisica, le donne e bambini colpiti dai conflitti armati, le vittime di violenza sessuale e di violenza di genere nei conflitti armati, il personale le installazioni e le attrezzature delle Nazioni Unite, per garantire la sicurezza e la libertà di movimento;

-        promuovere il riconoscimento e la tutela dei diritti umani;

-        dare sostegno per l’assistenza umanitaria;

-        operare per la salvaguardia del patrimonio culturale;

-        realizzare azioni a sostegno della giustizia nazionale e internazionale per il perseguimento dei crimini di guerra e contro l'umanità.

 

L'EUCAP Sahel Niger (European Union Capacity Building in Sahel), è stata istituita dalla decisione 2014/219/PESC del Consiglio UE in data 15 aprile 2014, inizialmente per un termine di 24 mesi: si tratta di una missione civile a sostegno delle forze di sicurezza interna maliane -ovvero polizia, gendarmeria e guardia nazionale. L’obiettivo della missione è contribuire al ripristino e al mantenimento dell’ordine costituzionale e democratico nonché delle condizioni per una pace duratura in Mali, anche attraverso una efficace ristrutturazione amministrativa che accresca l’efficienza e il prestigio dello Stato.

 

La missione dell'UE in Mali (EUTM Mali, EU Training mission in Mali) è stata istituita con decisione 2013/34/PESC del Consiglio del 17 gennaio 2013 modificata dalla decisione 2014/220/PESC del Consiglio del 15 aprile 2014, con termine al 18 maggio 2016,  per persegue l'obiettivo di fornire addestramento e consulenza militare alle forze armate del Mali al fine di migliorare la loro capacità militare e la loro efficienza operativa. La missione, dispiegata il 18 febbraio 2013, si adopera inoltre per migliorare il funzionamento delle catene di comando logistica e operativa dell'esercito. Persegue anche l'obiettivo di aiutare l'esercito maliano a migliorare la gestione delle risorse umane e le capacità in materia di addestramento. Non è coinvolta in azioni di combattimento. Il quartiere generale dell'EUTM Mali è situato a Bamako, mentre l'addestramento avviene a Koulikoro, a nord-est di Bamako. Il mandato della missione ha una durata di 15 mesi. L'operazione prevede il dispiego di circa 200 istruttori, nonché personale di supporto per la missione e personale adibito alla protezione (550 persone).

è stata istituita dalla decisione 2014/219/PESC del Consiglio UE in data 15 aprile 2014, inizialmente per un termine di 24 mesi: si tratta di una missione civile a sostegno delle forze di sicurezza interna maliane -ovvero polizia, gendarmeria e guardia nazionale. L’obiettivo della missione è contribuire al ripristino e al mantenimento dell’ordine costituzionale e democratico nonché delle condizioni per una pace duratura in Mali, anche attraverso una efficace ristrutturazione amministrativa che accresca l’efficienza e il prestigio dello Stato.

 

Il comma 6 autorizza per il periodo dal 1° gennaio 2015 al 30 settembre 2015, la spesa di euro 1.401.305 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione dell’Unione europea nella Repubblica Centrafricana, denominata EUFOR RCA, di cui al comma 7 dell’articolo 3 del D.L. 109/2014.

 

L’operazione EUFOR RCA istituita dalla decisione 2014/73/PESC del Consiglio del 10 febbraio 2014 e prorogata, fino al 15 marzo 2015, dalla decisione 2014/775/PESC del Consiglio del 7 novembre 2014, conformemente al mandato definito dalla risoluzione 2134 (2014) adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il 28 gennaio 2014 e alla proroga stabilita dalla risoluzione 2181 (2014) adottata dal Consiglio di sicurezza il 21 ottobre 2014. Si tratta di un'operazione militare “ponte” condotta dall’Unione europea, entro un temine di nove mesi dal conseguimento della piena capacità operativa, per contribuire alla realizzazione di un ambiente sicuro e protetto in vista del passaggio alla missione internazionale di sostegno alla Repubblica Centrafricana sotto guida africana (MISCA) – il cui dispiegamento per un periodo di dodici mesi è stato autorizzato dalla risoluzione 2127 (2013) adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il 5 dicembre 2013. Successivamente, in relazione alla perdurante preoccupazione per la situazione della sicurezza e alla rilevata necessità di accelerare l'attuazione del processo politico, anche per quanto riguarda gli aspetti di riconciliazione e lo svolgimento di elezioni eque, trasparenti e inclusive non appena tecnicamente possibile e comunque non oltre febbraio 2015, con la risoluzione 2149 (2014) adottata dal Consiglio di sicurezza il 10 aprile 2014 è stata istituita la missione delle Nazioni Unite denominata United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in the Central African Republic (MINUSCA), per un periodo iniziale fino al 30 aprile 2015, stabilendo il trasferimento di autorità da MISCA a MINUSCA alla data del 15 settembre 2014. Il mandato della missione MINUSCA prevede i seguenti compiti prioritari: proteggere la popolazione civile; assicurare sostegno per l'attuazione del processo di transizione e la conservazione dell’integrità territoriale; favorire, in modo immediato e in sicurezza, l’accesso degli aiuti umanitari; proteggere il personale e i mezzi delle Nazioni Unite; contribuire alla promozione e tutela dei diritti umani; fornire supporto per le azioni in favore della giustizia nazionale e internazionale e dello stato di diritto; sostenere le autorità di transizione nello sviluppo e attuazione di una nuova strategia per disarmo, smobilitazione, reintegrazione, rimpatrio degli ex combattenti ed elementi armati.

 

Il comma 7 autorizza per il periodo dal 1° gennaio 2015 al 30 settembre 2015, la spesa di euro 448.766 per la proroga della partecipazione di personale militare al Gruppo militare di osservatori internazionali della cessazione delle ostilità militari nella Repubblica del Mozambico, denominato EMOCHM, previsto dal Memorandum d’intesa siglato tra il Governo della Repubblica del Mozambico e RENAMO (Partito della resistenza nazionale mozambicana) il 24 agosto u.s.

 

Tale accordo mira a porre fine a quasi due anni di conflitto armato “a bassa intensità” tra RENAMO e il Governo mozambicano.  L’EMOCHM ha il compito di monitorare e garantire l’attuazione del processo di cessazione delle ostilità militari tra le Parti e l’avvio delle fasi successive previste dallo stesso Memorandum. La durata delle attività è prevista, in fase di prima applicazione dell’accordo, in 135 giorni, prorogabili. Il Gruppo di osservatori è composto complessivamente da 93 ufficiali, di cui 23 stranieri, appartenenti al Sudafrica, al Botswana, a Capo Verde, al Kenya, allo Zimbabwe, agli USA, al Regno unito e al Portogallo. L’Italia partecipa con tre ufficiali, di cui uno assumerà l’incarico di vicecomandante del Gruppo.

 

 


 

Articolo 14
(Assicurazioni, di trasporto, infrastrutture, AISE,
cooperazione civile-militare, cessioni)

 

L'articolo 14 prevede le autorizzazioni di spesa relative ad esigenze generali connesse con le missioni internazionali.

 

Il comma 1 autorizza, per l’intero anno 2015, la spesa di euro 73.457.600 per la stipula dei contratti di assicurazione e di trasporto e per la realizzazione di infrastrutture, relativi alle missioni internazionali di cui al presente decreto.

 

La relazione illustrativa precisa che riguardo ai contratti di assicurazione del personale  e di trasporto di persone e cose relativi alle missioni internazionali, occorre considerare che, trattandosi di spese eccedenti gli ordinari stanziamenti di bilancio, i relativi oneri trovano copertura finanziaria nei provvedimenti legislativi che autorizzano le relative spese. Quanto alle spese relative alle infrastrutture, si tratta della realizzazione di opere e dell’effettuazione di lavori connessi con esigenze organizzative e di sicurezza dei contingenti militari nelle aree in cui si svolgono le missioni internazionali.

 

Si ricorda che l'art. 4, comma 1 del D.L. 2/2014 autorizzava per la medesima finalità una spesa di 117.163.246 euro, dal 1° gennaio 2014 al 30 giugno 2014; il D.L. 109/2014, limitatamente al secondo semestre del 2014, autorizzava la spesa di euro 8.140.000.

 

Il comma 2 autorizza, dal 1° gennaio 2015 al 30 settembre 2015, la spesa di 8.600.000 euro per il mantenimento del dispositivo info-operativo dell’AISE (Agenzia informazioni e sicurezza esterna) a protezione del personale delle Forze armate impiegato nelle missioni internazionali, in attuazione delle missioni affidate all’AISE. Si tratta delle attività di informazione per la sicurezza, che si svolgono al di fuori del territorio nazionale, a protezione degli interessi politici, militari, economici, scientifici e industriali dell’Italia previste dall’articolo 6, comma 2, della legge n. 124/2007 in materia di sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto.

 

Il comma 3 al fine di sopperire a esigenze di prima necessità della popolazione locale, compreso il ripristino dei servizi essenziali, autorizza per l’anno 2015 la spesa complessiva di 2.060.000 euro per interventi urgenti o acquisti e lavori da eseguire in economia, anche in deroga alle disposizioni di contabilità generale dello Stato, disposti, nei casi di necessità ed urgenza, dai comandanti dei contingenti militari che partecipano alle missioni internazionali in Afghanistan, Libano, Balcani, Corno d'Africa, Libia.

 

 

Il comma 4 autorizza, per l’anno 2015, le seguenti spese:

Ø  euro 91.000 per la cessione a titolo gratuito alle Forze armate della Repubblica di Gibuti di quattro veicoli blindati leggeri VBL Puma e 11 kit per la manutenzione;

Ø  euro 220.000 per la cessione a titolo gratuito di materiale d’armamento alla Repubblica di Iraq;

Ø  euro 795.000 per la cessione a titolo gratuito di settanta visori notturni alla Repubblica tunisina.

 

Il comma 5 autorizza, per l’anno 2015, la cessione a titolo gratuito di quattro veicoli VM 90 PROTETTO e tre VM 90 TORPEDO, nonché di vestiario ed equipaggiamento alle Forze Armate delle Repubblica Federale di Somalia.

 

Il comma 6 autorizza per l’anno 2015 a condizione che ciò non determini nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica la cessione di:

·         materiale ferroviario dichiarato fuori servizio al Governo dello Stato d'Eritrea;

·         n. 25 giubbetti antiproiettile alla Repubblica tunisina;

·         n. 24 Blindo Centauro al Regno Hascemita di Giordania.

 

Come precisato nella relazione illustrativa si tratta di mezzi e materiali già autorizzati da precedenti provvedimenti di proroga delle missioni internazionali.

 

 

 

 


 

Articolo 15
(Disposizioni in materia di personale)

 

L’articolo 15 reca talune disposizioni concernenti la normativa applicabile al personale impiegato nelle missioni internazionali disciplinate dal decreto in esame, con particolare riferimento alla disciplina penalistica.

 

A tal fine, il comma 1 dispone l’applicazione delle seguenti disposizioni normative:

-            art. 3, commi da 1 a 5, 8 e 9 della legge 3 agosto 2009, n. 108;

-            art. 3, comma 6 del decreto-legge 4 novembre 2009, n. 152.

 

Si illustra, a seguire, il contenuto dei citati provvedimenti normativi, iniziando dai commi 1-9 dell'articolo 3 della legge 3 agosto 2009, n. 108, recante la proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali dal 1° luglio al 31 ottobre 2009.

 

Il comma 1 dell’articolo 3 della legge 3 agosto 2009, n. 108 attribuisce al personale impegnato nelle missioni internazionali l’indennità di missione di cui al Regio Decreto 3 giugno 1926, n. 941 (di seguito illustrato), in misure diversificate a seconda delle missioni stesse. Tale indennità viene riconosciuta a decorrere dalla data di entrata nel territorio, nelle acque territoriali e nello spazio aereo dei Paesi interessati e fino alla data di uscita dagli stessi per rientrare nel territorio nazionale, ed è attribuita per tutto il periodo della missione in aggiunta allo stipendio o alla paga e agli altri assegni a carattere fisso e continuativo. A tale indennità devono essere detratti, tuttavia, le indennità e i contributi eventualmente corrisposti agli interessati direttamente dagli organismi internazionali.

 

In particolare:

 

- la lettera a) prevede che la suddetta indennità sia corrisposta, nella misura del 98 per cento, al personale militare che partecipa alle missioni MSU, EULEX Kosovo, Security Force, Training Plane, Joint Enterprise, ALTHEA, UNMIK, TIPH 2, EUBAM Rafah;

 

- la lettera b) quantifica, per il personale militare che partecipa alle missioni ISAF ed EUPOL AFGHANISTAN ed UNIFIL, nonché per il personale militare impiegato negli Emirati Arabi Uniti, in Iraq, nell’unità di coordinamento JMOUs ed al personale dell’Arma dei Carabinieri in servizio presso la sede diplomatica di Kabul e quella di Herat, l’indennità di missione nella misura del 98 per cento, calcolata sulla diaria attribuita al personale in missione in Arabia Saudita, Emirati Arabi e Oman;

 

- la lettera c) prevede che la suddetta indennità sia corrisposta nella misura intera per il personale che partecipa alla missione EUPOL COPPS nei territori palestinesi, ed alla missione europea in Moldova e Ucraina;

 

- la lettera d) dispone che al personale che partecipa alle missioni CIU, UNAMID, EUPOL RD CONGO, UNFICYP, Atalanta, EUPM, nonché al personale impiegato presso il Military Liason Office della missione Joint Enterprise, la NATO HQ Tirana, venga riconosciuta l’indennità di missione nella misura intera incrementata del 30 per cento, se detto personale non usufruisce, a qualsiasi titolo, di vitto ed alloggio gratuiti;

 

- la lettera e) prevede che, per il personale militare impiegato in Iraq, in Bahrain e a Tampa, l’indennità di missione sia corrisposta nella misura intera incrementata del trenta per cento, calcolata sulla diaria attribuita al personale in missione in Arabia Saudita, Emirati Arabi e Oman, sempre che il citato personale non usufruisca, a qualsiasi titolo, di vitto e alloggio gratuiti;

 

- la lettera f) stabilisce che l'indennità di missione, per il  personale che partecipa alla missione EUMM Georgia, sia corrisposta nella misura del 98 per cento, ovvero intera incrementata del 30 per cento, calcolata sulla diaria prevista con riferimento alla Turchia, qualora tale personale non usufruisca, a qualsiasi titolo, di vitto e alloggio gratuiti.

 

Il R.D. n. 941/1926 reca la disciplina generale del trattamento di missione all’estero del personale statale. Le indennità per l'estero sono dovute dal giorno in cui si passa il confine o si sbarca all'estero, fino al giorno in cui si ripassa il confine o si prenda imbarco per il ritorno o si sbarca in Italia, sino al giorno del ritorno in residenza. Viene disciplinata, inoltre, l’indennità spettante: ai componenti delle delegazioni italiane presso commissioni, enti o comitati internazionali, che si rechino all'estero per partecipare alle relative riunioni; al personale di tutte le amministrazioni, sia civili che militari, che si rechi all'estero in commissione, per rappresentanza del regio governo, oppure anche isolatamente per partecipare a commissioni di carattere internazionale; ai funzionari del gruppo A del Ministero degli Affari esteri che si rechino in missione isolata all'estero. Si prevedono, poi, alcuni casi particolari e i rimborsi per le spese di viaggio.

Successivamente, l’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1971, n. 286, ha sostituito gli articoli 2 e 3 del decreto luogotenenziale. 21 agosto 1945, n. 540, relativo alle indennità del personale dell'Amministrazione dello Stato incaricato di missione all'estero, prevedendo indennità giornaliere di missione sostitutive di quelle previste dall’articolo 1 del citato R.D. n. 941/1926. Tali indennità sono determinate con decreto del Ministro del tesoro paese per paese direttamente in valuta locale o in altra valuta, al netto delle ritenute erariali, e, se necessario, modificate in rapporto alle variazioni delle condizioni valutarie e del costo della vita di ciascun Paese.

In applicazione di questa disposizione si è provveduto periodicamente ad adeguare le diarie di missione, da ultimo con D.M. 27 agosto 1998. E’ poi intervenuto il D.M. 2 aprile 1999 che ha determinato la misura in euro delle diarie nette per le missioni effettuate dal personale civile e militare nei Paesi che hanno adottato tale moneta. Al fine di eliminare la disparità di trattamento esistente per il personale che opera nei paesi dell’area balcanica, l’articolo 4 del D.L. 17 giugno 1999, n. 180, convertito dalla legge 2 agosto 1999, n. 269, ha autorizzato il Ministero del Tesoro ad aggiornare le diarie di missione stabilite dal citato D.M. 27 agosto 1998 per il personale militare italiano impiegato nelle missioni umanitarie e di pace nei territori della ex Jugoslavia e dell’Albania, equiparandole a quelle fissate per la Bosnia e per la Repubblica federale jugoslava. In conformità a quanto disposto dall’articolo 4 appena citato, è stato quindi emanato il D.M. 30 agosto 1999. E’ stato quindi emanato il D.M. 13 gennaio 2003 che ha determinato il valore in euro delle diarie da corrispondere al personale in missione all’estero anche nei Paesi che non abbiano adottato l’euro come moneta unica di pagamento, successivamente modificato dal D.M. 6 giugno 2003.

Si ricorda che il D.M. 27 agosto 1998 suddivide il personale statale, civile e militare, in sei gruppi, indicati in una specifica tabella allegata al decreto medesimo e modificata, da ultimo, dai citati D.M. 13 gennaio e 6 giugno 2003, determinando le diarie nette per le missioni in proporzione al gruppo di appartenenza e in relazione al Paese presso il quale si svolge la missione stessa.

 

Il successivo comma 2 dell’articolo 3 della citata legge n. 108/2009, analogamente a quanto previsto nei precedenti decreti di proroga, dispone che all’indennità di cui al comma precedente, nonché al trattamento economico corrisposto al personale che partecipa alle attività di assistenza alle Forze armate albanesi di cui all’articolo 2, comma 11, continui a non applicarsi la riduzione del 20 per cento prevista dall’articolo 28, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.

 

Al riguardo, si ricorda che l’articolo 28, comma 1, del decreto-legge n. 223 del 2006 prevede la riduzione del 20 per cento delle diarie corrisposte per le missioni all’estero, ma ai sensi del comma 3 dello stesso articolo 28 tale decurtazione non si applica alle missioni di pace finanziate nell’anno 2006 attraverso l’apposito fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Inoltre, il D.L. 31 maggio 2010, n. 78[2] ha disposto (con l'art. 6, comma 12) che le diarie per le missioni all'estero di cui all'art. 28  del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 sopra citato non siano più dovute e che tuttavia la predetta disposizione non si applichi alle missioni internazionali di pace e a quelle comunque effettuate dalle Forze di polizia, dalle Forze armate e dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco".

 

Il comma 3 dell’articolo 3 della citata legge n. 108/2009, prevede, poi, che al personale che partecipa ai programmi di cooperazione delle Forze di polizia italiane in Albania e nei paesi dell’area balcanica e alla missione in Libia si applichino il trattamento economico previsto dalla legge 8 luglio 1961, n. 642[3] (le cui disposizioni sono state riassettate nell’articolo 1808 del codice dell’ordinamento militare di cui al decreto legislativo n. 66 del 15 marzo 2010) e l’indennità speciale di cui all’articolo 3 della stessa legge, nella misura del 50 per cento dell’assegno di lungo servizio all’estero. Anche in questo caso non trova applicazione la riduzione della diaria prevista dal citato decreto-legge n. 223 del 2006.

 

L'articolo 1808 del Codice dell'ordinamento militare prevede al comma 1  che il personale destinato presso gli organi citati per un periodo superiore a 6 mesi, percepisca oltre allo stipendio o la paga e agli altri assegni a carattere fisso e continuativo previsti per l'interno, anche (lett. a)) un assegno di lungo servizio all'estero in misura mensile ragguagliata a 30 diarie intere come stabilito dalle norme in vigore per il Paese di destinazione, nonché le ulteriori indennità che possano spettare ai sensi delle disposizioni contenute negli articoli della legge. La lettera b) dello stesso comma 1 prevede che al citato personale militare possa essere attribuita, qualora l'assegno di lungo servizio all'estero non sia ritenuto sufficiente in relazione a particolari condizioni di servizio, una indennità speciale da stabilirsi nella stessa valuta dell'assegno di lungo servizio all'estero.

Per quanto riguarda, poi, i militari inquadrati nei contingenti impiegati nelle missioni internazionali di pace come disciplinate dal decreto-legge in oggetto, il comma 4 dell’articolo 3 della citata legge n. 108/2009, prescrive che per il periodo dal 1° luglio 2009 al 31 ottobre 2009, in sostituzione dell'indennità operativa, ovvero dell'indennità pensionabile percepita, sia corrisposta, se più favorevole, l'indennità di impiego operativo nella misura uniforme pari al 185 per cento dell'indennità operativa di base di cui all'articolo 2, comma 1, della legge 23 marzo 1983, n. 78 e successive modificazioni, se militari in servizio permanente o volontari in ferma breve trattenuti in servizio e in rafferma biennale, a 70 euro, se volontari in ferma prefissata.

 

La legge n. 78/1983 ha disciplinato le indennità di impiego operativo quale compenso per il rischio, per i disagi e per le responsabilità connessi alle diverse situazioni di impiego del personale militare derivanti dal servizio. L’articolo 2 della legge prevede che al personale militare dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica, salvo i casi previsti dai successivi articoli 3, 4, 5, 6, primo, secondo e terzo comma, e 7, spetta l'indennità mensile di impiego operativo di base nelle misure stabilite dalla tabella I, annessa al provvedimento, per gli ufficiali e i sottufficiali e nella misura di lire 50.000 per gli allievi delle accademie militari e per i graduati e i militari di truppa volontari, a ferma speciale o raffermati. Nei successivi articoli 3, 4, 5, 6, primo, secondo e terzo comma, e 7, sono disciplinate le indennità di impiego operativo previste per alcuni casi particolari: ufficiali e sottufficiali della Marina, dell'Esercito e dell'Aeronautica in servizio presso i comandi, gli enti, i reparti e le unità di campagna espressamente indicati; ufficiali e sottufficiali imbarcati su navi di superficie in armamento o in riserva iscritte nel quadro del naviglio militare, personale aeronavigante o facente parte di equipaggi fissi di volo.

 

Il comma 5 dell’articolo 3 della citata legge n. 108/2009, prevede che il personale militare impiegato dall'ONU nelle missioni internazionali con contratto individuale conservi il trattamento economico fisso e continuativo e che percepisca l'indennità di missione con spese di vitto e alloggio a carico dell'Amministrazione, aggiungendo altresì  che eventuali retribuzioni (od altri compensi) corrisposti direttamente dall'ONU allo stesso titolo (con esclusione di indennità e rimborsi per servizi fuori sede) sono devoluti all'Amministrazione al netto delle ritenute, fino a concorrenza dell'importo corrispondente alla somma del trattamento economico fisso e continuativo e dell'indennità di missione percepiti (sempre al netto delle ritenute e delle spese di vitto e alloggio).

 

Il comma 6 dell’articolo 3 della medesima legge n. 108/2009, reca disposizioni concernenti la valutazione dei periodi di comando, le attribuzioni specifiche, il servizio e l’imbarco svolti dagli ufficiali delle Forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri, presso comandi, unità, reparti ed enti costituiti per lo svolgimento delle missioni internazionali, ai fini dell'assolvimento degli obblighi previsti per l'avanzamento al grado superiore. Ai sensi del citato comma 64 tali periodi sono validi ai fini dell'assolvimento degli obblighi previsti dalle tabelle 1, 2 e 3 allegate ai decreti legislativi 30 dicembre 1997, n. 490, recante “Riordino del reclutamento, dello stato giuridico e dell'avanzamento degli ufficiali, a norma dell'articolo 1, comma 97, della L. 23 dicembre 1996, n. 662”, e 5 ottobre 2000, n. 298, relativo al “Riordino del reclutamento, dello stato giuridico e dell'avanzamento degli ufficiali dell'Arma dei carabinieri, a norma dell'articolo 1 della L. 31 marzo 2000, n. 78”, e successive modificazioni. (ora articoli 1103, 1107, 1111, 1115, 1119, 1123, 1127, 1135, 1140, 1144, 1148, 1152, 1156, 1160, 1164, 1168, 1172, 1176, 1180, 1184, 1188, 1192, 1197, 1201, 1209, 1273, 1217, 1221, 1225, 1230 e 1235 del citato codice dell’ordinamento militare).

 

Il comma 7 dell’articolo 3 della sopracitata legge n. 108/2009, stabilisce che per esigenze connesse con le missioni internazionali, in deroga all'articolo 64 della legge 10 aprile 1954, n. 113 (ora articolo 890 del citato codice dell’ordinamento militare), possano essere richiamati in servizio gli ufficiali della riserva di complemento, ciò nei limiti del contingente annuale previsto dalla legge di bilancio per gli ufficiali di completamento. La disposizione consente, quindi, in via temporanea e solo per le esigenze connesse con le missioni internazionali, di ampliare il bacino degli ufficiali richiamabili nelle forze di completamento, potendo attingere a personale appartenente a fasce di età superiore, comprese tra i quarantacinque e i sessantacinque anni, al fine di consentire alle Forze armate di avvalersi di professionalità esperte presenti in tali ambiti.

 

Il comma 8 dell’articolo 3 della citata legge n. 108/2009, prevede che per le esigenze operative connesse con le missioni internazionali, il periodo di ferma dei volontari in ferma prefissata di un anno possa essere prolungato, previo consenso degli interessati, per un massimo di ulteriori sei mesi; ciò nei limiti delle risorse finanziarie disponibili e nel rispetto delle consistenze annuali previste dalle disposizioni vigenti.

 

Da ultimo, il comma 9 dell’articolo 3 della citata legge n. 108/2009, rinvia, per quanto non diversamente previsto, a specifiche disposizioni del decreto-legge n. 451 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 15 del 2002, per la disciplina delle missioni internazionali. Tali disposizioni, già richiamate nei precedenti provvedimenti di proroga riguardano, in particolare, l’indennità di missione (articolo 2, commi 2 e 3 del D.L. 451/2001), il trattamento assicurativo e pensionistico (articolo 3 del D.L. 451/2001), il personale in stato di prigionia o disperso (articolo 4 del D.L. 451/2001), disposizioni varie, quali il rilascio del passaporto di servizio, l’orario di lavoro e l’utilizzo a titolo gratuito delle utenze telefoniche di servizio (articolo 5 del D.L. 451/2001), il personale civile (articolo 7 del D.L. 451/2001) e talune norme di salvaguardia del personale (articolo 13 del D.L. 451/2001).

 

Il comma 2 dell’articolo 2 del D.L. n. 451/2001 (Indennità di missione) prevede che al personale militare e della Polizia di Stato impegnato nelle missioni internazionali nei periodi di riposo e recupero previsti dalle normative di settore per l’impiego all’estero, goduti al di fuori del teatro di operazioni durante lo svolgimento della missione, venga anche attribuita un’indennità giornaliera pari alla diaria di missione estera percepita. Tale disposizione, che è stata introdotta per la prima volta dalla citata legge n. 339/2001, che ha convertito, con modificazioni, il decreto-legge n. 294/2001, è volta a favorire l’effettiva fruizione dei necessari periodi di riposo e di rientro in famiglia, che veniva scoraggiata dalla prospettiva di perdite retributive. Il successivo comma 3 dell’articolo 2, dispone che, ai fini della corresponsione dell’indennità di missione i volontari in ferma annuale, breve e prefissata delle Forze armate siano equiparati ai volontari di truppa in servizio permanente, sanando in tal modo la disparità di trattamento esistente tra queste categorie di personale militare anche se in possesso di analogo stato giuridico ed impiegato negli stessi compiti. Norma analoga era già contenuta nell’articolo 1, comma 3, del citato D.L. n. 421/2001.

Il comma 1 dell’articolo 3 del D.L. n. 451/2001 (Trattamento assicurativo e pensionistico) prescrive che al personale militare e della Polizia di Stato impegnato nelle missioni sia attribuito il trattamento assicurativo previsto dalla legge 18 maggio 1982, n. 301, con l’applicazione del coefficiente previsto dall’articolo 10 della legge 26 luglio 1978, n. 417. Il comma in esame fissa un massimale minimo ragguagliato al trattamento economico del personale con il grado di sergente maggiore o grado corrispondente, favorendo in tal modo il personale appartenente ai gradi inferiori.

La legge n. 301/1982, "Norme a tutela del personale militare in servizio per conto dell'ONU in zone di intervento" – disponendo, all'articolo 1, l'applicazione dell'articolo 13 della legge 18 dicembre 1973, n. 836 e dell'articolo 10 della legge 26 luglio 1978, n. 417 - prevede che al personale militare in oggetto sia dovuto - per il periodo di effettiva presenza nella zona di intervento - anche il rimborso della spesa di un'assicurazione sulla vita, nei limiti di un massimale ragguagliato allo stipendio annuo lordo e indennità di funzione, o assegno perequativo pensionabile o altro analogo assegno annuo pensionabile, moltiplicati per il coefficiente 10 per i casi di morte o di invalidità permanente, indipendentemente dall'uso di mezzi di trasporto e per tutti i rischi derivanti da attività direttamente o indirettamente riconducibili alla missione.

Il comma 2 dell’articolo 3 del D.L. n. 451/2001 prevede il trattamento in caso di decesso ed invalidità del citato personale impegnato nelle operazioni.

Più precisamente, il primo periodo del comma 2 prevede l'applicazione dell'articolo 3 della legge 3 giugno 1981, n. 308, in caso di decesso per causa di servizio, mentre, in caso di invalidità per la medesima causa, dispone l’applicazione delle norme in materia di pensione privilegiata ordinaria di cui al testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092.

A sua volta, la legge 308/1981, recante "Norme in favore dei militari di leva e di carriera appartenenti alle Forze armate, ai Corpi armati ed ai Corpi militarmente ordinati, infortunati o caduti in servizio e dei loro superstiti", all'articolo 3 dispone che alle vedove e agli orfani degli ufficiali e sottufficiali delle Forze armate o dei Corpi di polizia caduti vittime del dovere in servizio di ordine pubblico o di vigilanza ad infrastrutture militari e civili, ovvero in operazioni di soccorso, sia attribuito un trattamento pensionistico pari al trattamento complessivo di attività percepito dal congiunto all'epoca del decesso o, qualora più favorevole, al trattamento complessivo di attività del grado immediatamente superiore a quello del congiunto, ivi compresi gli emolumenti pensionabili, con esclusione delle quote di aggiunta di famiglia e dell'indennità integrativa speciale che sono corrisposte nella misura stabilita per i pensionati.

Per le vedove e gli orfani dei militari di truppa delle Forze armate e delle Forze di polizia vittime del dovere, la pensione privilegiata ordinaria, spettante secondo le disposizioni vigenti, è liquidata sulla base della misura delle pensioni privilegiate di cui alla tabella B annessa alla legge 29 aprile 1976, n. 177, e successive modificazioni. In mancanza di vedova o di orfani, la pensione spettante ai genitori e ai collaterali dei predetti militari è liquidata applicando le percentuali previste dalle norme in vigore sul predetto trattamento complessivo.

Il secondo periodo del comma 2 dell’articolo 3 del D.L. n. 451/2001 prevede che il trattamento previsto per i casi di decesso e di invalidità, che si è appena esposto, si cumuli con quello assicurativo di cui al precedente comma 1, nonché con la speciale elargizione e con l’indennizzo privilegiato aeronautico previsti, rispettivamente, dalla legge 3 giugno 1981, n. 308, e dal regio decreto-legge 15 luglio 1926, n. 1345, convertito dalla legge 5 agosto 1927, n. 1835, e successive modificazioni, nei limiti stabiliti dall’ordinamento vigente.

La citata legge n. 308/1981 contiene due differenti tipologie di “speciale elargizione”. La prima è disciplinata dall’articolo 5 che attribuisce una speciale elargizione, pari a quella prevista dalla legge 28 novembre 1975 n. 624 a favore dei superstiti delle vittime del dovere, ai superstiti dei militari individuati dalla norma stessa.[4] La seconda, prevista dall’articolo 6, è corrisposta, in misura pari al 50 per cento di quella prevista dalla legge citata, in favore dei familiari dei soggetti elencati nell’art. 1 della stessa l. 308/1981 e dei militari in servizio permanente e di complemento, delle Forze di polizia, compresi i funzionari di pubblica sicurezza e del personale della polizia femminile deceduti in attività di servizio per diretto effetto di ferite o lesioni causate da eventi violenti riportate nell’adempimento del servizio.

Ai sensi del regio decreto n. 1345/1926, ai militari che prestano servizio di volo nella Aeronautica, anche come allievo presso le scuole di pilotaggio, i quali in seguito ad incidente di volo subito in servizio comandato, siano dichiarati permanentemente inabili al servizio, è concesso, una tantum, in aggiunta alla pensione dovuta a termini delle vigenti disposizioni, un indennizzo privilegiato aeronautico nella misura di cui alla tabella allegata al decreto, aumentata di tanti dodicesimi quanti sono gli anni di servizio militare effettivamente prestati in servizio di volo.

Infine, il terzo periodo del comma 2 dell’articolo 3 del D.L. n. 451/2001 prevede che nei casi di infermità contratta in servizio si applichi l’articolo 4-ter del decreto-legge 29 dicembre 2000, n. 393, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2001, n. 27, come modificato dall’articolo 3-bis del decreto-legge 19 luglio 2001, n. 294, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 agosto 2001, n. 339.

Il D.L n. 393/2000 reca “Proroga della partecipazione militare italiana a missioni internazionali di pace, nonché dei programmi delle Forze di polizia italiane in Albania”. L’articolo 4-ter, come modificato dal decreto-legge sopra citato, contiene disposizioni per il personale militare e della Polizia di Stato che abbia contratto infermità in servizio.

In particolare, l’articolo appena citato prevede che il personale militare in ferma volontaria che abbia prestato servizio in missioni internazionali di pace e contragga infermità idonee a divenire, anche in un momento successivo, causa di inabilità possa, a domanda, essere trattenuto alle armi con ulteriori rafferme annuali, da trascorrere interamente in licenza straordinaria di convalescenza o in ricovero in luogo di cura, anche per periodi superiori a quelli previsti dal decreto legislativo 30 dicembre 1997 n. 505, fino alla definizione della pratica medico-legale riguardante il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio. Il periodo di ricovero in luogo di cura o di assenza dal servizio di tale personale, fino a completa guarigione delle stesse infermità, non è computato nel periodo massimo di aspettativa, a meno che dette infermità comportino inidoneità permanente al servizio.

Fino alla definizione dei procedimenti medico-legali riguardanti il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, al personale in parola è corrisposto il trattamento economico continuativo, ovvero la paga, nella misura intera. Infine l’articolo 4-ter in commento prevede l’applicazione dei benefici di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 23 novembre 1998, n. 407, come modificato dall'articolo 2 della legge 17 agosto 1999, n. 288, a favore del coniuge e dei figli superstiti, ovvero, qualora unici superstiti, dei fratelli germani conviventi ed a carico, dei militari delle Forze armate e degli appartenenti alle Forze di polizia, deceduti o divenuti permanentemente inabili al servizio militare incondizionato, ovvero giudicati assolutamente inidonei ai servizi di istituto per lesioni traumatiche o per infermità, riconosciute dipendenti da causa di servizio.

I benefici previsti dall’articolo 1, comma 2, della L. n. 407/1998 a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata e dei loro parenti, riguardano la precedenza rispetto ad ogni altra categoria e, con preferenza a parità di titoli, nel diritto al collocamento obbligatorio di cui alle vigenti disposizioni legislative e la chiamata diretta, anche per coloro che già svolgono un’attività lavorativa, per i profili professionali del personale contrattualizzato del comparto Ministeri fino all'ottavo livello retributivo. Per i livelli retributivi dal sesto all'ottavo, e ferme restando le percentuali di assunzioni previste dalle vigenti disposizioni, sono previste assunzioni, da effettuarsi previo espletamento della prova di idoneità - prevista per i soggetti aventi diritto all’assunzione obbligatoria - di cui all'articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, come sostituito dall'articolo 4 del D.P.R. 18 giugno 1997, n. 246, che non potranno superare l'aliquota del 10 per cento del numero di vacanze nell'organico.

L’articolo 4 del D.L. n. 451/2001 (Personale in stato di prigionia o disperso) prevede che le disposizioni di cui agli articoli 2, comma 1, e 3, comma 1, del decreto medesimo, in materia di indennità di missione e di trattamento assicurativo, si applicano anche al personale militare e della Polizia di Stato in stato di prigionia o disperso, e che il tempo trascorso in stato di prigionia o quale disperso è computato per intero ai fini del trattamento di pensione.

L’articolo 5 del D.L. n. 451/2001 (Disposizioni varie) prevede alcune deroghe alla legislazione vigente a favore del personale impegnato nelle operazioni internazionali indicate dall’articolo 1 del decreto. In particolare, a tale personale non si applica la disposizione dell’articolo 3, lettera b) della legge 21 novembre 1967, n. 1185, in base alla quale i genitori di figli minorenni non possono ottenere il passaporto di servizio, se non vi sia l'autorizzazione del giudice tutelare, o quella dell'altro genitore e le disposizioni in materia di orario di lavoro. Al personale in parola è invece consentito l’utilizzo a titolo gratuito delle utenze telefoniche di servizio, se non risultano disponibili sul posto adeguate utenze telefoniche per uso privato, fatte salve le priorità correlate alle esigenze operative.

L’articolo 7 del D.L. n. 451/2001 (Personale civile) estende al personale civile eventualmente impiegato nelle operazioni militari le disposizioni contenute nel decreto-legge, in quanto compatibili, ad eccezione di quelle in materia penale di cui all’articolo 6.

Infine, il comma 1 dell’articolo 13 (Norme di salvaguardia del personale), a salvaguardia delle aspettative del personale militare che partecipa alle missioni Enduring Freedome ISAF, prevede che tale personale che abbia presentato domanda di partecipazione ai concorsi interni banditi dal Ministero della difesa per il personale in servizio e non possa partecipare alle varie fasi concorsuali in quanto impiegato nell’operazione o impegnato fuori dal territorio nazionale per attività connesse, sia rinviato al primo concorso utile successivo, fermo restando il possesso dei requisiti di partecipazione previsti dal bando di concorso per il quale ha presentato domanda. Il comma 2 dispone che al personale di cui al comma precedente, qualora vincitore del concorso e previo superamento del relativo corso ove previsto, siano attribuite, ai soli fini giuridici, la stessa anzianità assoluta dei vincitori del concorso per il quale ha presentato domanda e l’anzianità relativa determinata dal posto che avrebbe occupato nella relativa graduatoria.

 

Con riferimento alle altre disposizioni richiamate dal comma 1 dell’articolo 5 del decreto-legge in esame e di cui si prevede l’applicazione al personale che partecipa alle missioni internazionali si segnala che:

-        l’articolo 3, comma 6 del decreto-legge n. 152 del 2009 prevede l’applicazione anche al personale della Guardia di finanza delle disposizioni dell’articolo 13 del decreto-legge n. 451 del 2001 (cfr. supra) in materia di partecipazione ai concorsi interni per il personale in servizio con riferimento al personale impegnato nelle missioni internazionali.

 

Il comma 2 dell’articolo 15 del decreto-legge in esame stabilisce che per le missioni di cui al decreto-legge in esame, l’indennità di missione di cui all’articolo 3, comma 1, della citata legge n. 108/2009, con riferimento al D.M. 13 gennaio 2003 (come modificato dal D.M. 6 giugno 2003) che ha determinato il valore in euro delle diarie da corrispondere al personale statale civile e militare in missione all’estero, sia corrisposta nelle seguenti misure:

·           98 per cento, al personale che usufruisce di vitto e alloggio gratuiti;

·           nella misura intera incrementata del 30 per cento, se detto personale non usufruisce, a qualsiasi titolo, di vitto e alloggio gratuiti.

 

In entrambi i casi, le suddette misure retributive vanno calcolate sulla base della diaria prevista per il Paese di destinazione dal decreto del Ministro dell’economia  e delle finanze del 13 gennaio 2003.

 

Tuttavia per il personale che partecipa a talune specifiche missioni, il comma 3 dell’articolo 15 individua basi di riferimento per il calcolo della diaria diverse da quanto previsto dal richiamato decreto del Ministro dell’economia  e delle finanze del 13 gennaio 2003.

 

Nello specifico:

 

a)    la diaria prevista con riferimento ad Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Oman, per il personale che partecipa alle missioni Resolute Support ed EUPOL AFGHANISTAN, UNIFIL, compreso il personale facente parte della struttura attivata presso le Nazioni Unite e il personale impiegato in attività di addestramento delle forze armate libanesi, missione di cui all’articolo 12, comma 9, nonché per il personale impiegato negli Emirati Arabi Uniti, in Bahrein, in Qatar, a Tampa e in servizio di sicurezza presso le sedi diplomatiche di Kabul e di Herat;

b)    la diaria prevista con riferimento alla Gran Bretagna-Londra, per il personale impiegato presso l'Head Quarter di Northwood nell'ambito delle missioni per il contrasto della pirateria;

c)    la diaria prevista con riferimento alla Turchia, per il personale che partecipa alla missione EUMM Georgia;

d)    la diaria prevista con riferimento alla Repubblica democratica del Congo, per il personale impiegato nelle missioni EUTM Somalia, EUCAP Nestor, EUCAP Sahel Niger, EUFOR RCA, MINUSMA, EUTM Mali, EUCAP Sahel Mali e ulteriori iniziative dell'Unione europea per la Regional maritim e capacity building nel Corno d'Africa e nell'Oceano indiano, nonché al personale impiegato in attività di addestramento delle forze di polizia somale e gibutiane e per il funzionamento della base militare nazionale della Repubblica di Gibuti,

e)    la diaria prevista con riferimento alla Libia, nell'ambito della missione EUBAM Lybia, compreso il personale impiegato nella Repubblica tunisina;

f)     la diaria prevista con riferimento al Belgio-Bruxelles, nell’ambito della missione EUTM Somalia, per il personale impiegato presso l’Head Quarter di Bruxelles.

 

Il comma 4 disciplina il trattamento economico accessorio del personale che partecipa alla missione Active Endeavour nel Mediterraneo e alle operazioni militari per il contrasto della pirateria (missione Atalanta dell'Unione europea). Il medesimo comma disciplina altresì il compenso dei Nuclei militari di protezione (NMP) della Marina.

 

I Nuclei militari di protezione (NMP) della Marina, di cui all’articolo 5, comma 2 del DL n.107 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 130 del 2011, sono finalizzati alla protezione delle navi battenti bandiera italiana in transito negli spazi marittimi internazionali a rischio di pirateria e quindi a garantire la libertà di navigazione del naviglio commerciale nazionale. Al personale militare imbarcato è corrisposta, previa riassegnazione delle relative risorse versate all'entrata del bilancio dello Stato, il compenso forfetario di impiego e le indennità previste per i militari imbarcati sulle unità della Marina negli spazi marittimi internazionali.

 

Al personale citato il compenso forfettario di impiego e la retribuzione per lavoro straordinario sono corrisposti in deroga, per il compenso forfettario di impiego, ai limiti di cui all’articolo 9, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 171 (protrazione dell’operazione, senza soluzione di continuità, per almeno quarantotto ore con l’obbligo di rimanere disponibili nell’ambito dell’unità operativa e possibilità di corrispondere il compenso per un periodo non superiore a 120 giorni all’anno) e, per la retribuzione per lavoro straordinario, ai limiti orari individuali previsti dai decreti adottati in attuazione dell’articolo 10, comma 3, della legge 8 agosto 1990, n. 231.

Ai sensi del secondo periodo, del citato comma 4, al personale costituito dai volontari in ferma prefissata, di cui all’articolo 1791, commi 1 e 2 del Codice dell’ordinamento militare (D.lgs n.66 del 2010) il compenso forfettario di impiego è attribuito nella misura prevista dall’articolo 9, comma 4, del DPR n.171 del 2007, secondo il quale il compenso nell'ambito delle risorse disponibili, è attribuito anche ai volontari in ferma quadriennale in misura pari al 70 per cento di quella prevista per il 1° Caporal Maggiore e gradi corrispondenti.

 

L’articolo 1791, commi 1 e 2 del Codice dell’ordinamento militare (Dlgs n.66 del 2010) prevede che ai volontari in ferma prefissata di un anno, con la qualifica di soldato, comune di 2^ classe e aviere, sia corrisposta una paga netta giornaliera determinata nella misura percentuale del 60 per cento riferita al valore giornaliero dello stipendio iniziale lordo e dell'indennità integrativa speciale costituenti la retribuzione mensile del grado iniziale dei volontari in servizio permanente (comma 1). Viene altresì stabilita la misura percentuale pari al 70 per cento per i volontari in rafferma annuale e per i volontari in ferma prefissata quadriennale. In aggiunta al trattamento economico di cui ai commi 1 e 2, ai volontari in ferma prefissata di un anno e in rafferma annuale che prestano servizio nei reparti alpini è attribuito un assegno mensile di cinquanta euro.

 

Il comma 5 rinvia, per l’applicazione delle disposizioni in materia penale relative alle missioni previste dal decreto-legge in esame, all’articolo 5 del decreto-legge n. 209 del 2008[5], recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali ed all’articolo 4, commi 1-sexies e 1-septies, del decreto-legge n. 152 del 2009[6].

 

Analiticamente, attraverso il rinvio alle disposizioni di cui all’art. 5 del D.L. n. 209 del 2008, si prevede:

 

§  l’applicabilità al personale militare impegnato nelle missioni internazionali della disciplina del codice penale militare di pace e della disciplina prevista dall’articolo 9, commi 3, 4 (lettere a, b, c, d), 5 e 6, del D.L. n. 451 del 2001[7];

 

Tale rinvio al decreto-legge sulla missione «Enduring Freedom» comporta, in particolare:

 

-    l’attribuzione della competenza territoriale al tribunale militare di Roma;

-    la possibilità per gli ufficiali di polizia giudiziaria militare di procedere all'arresto di chiunque sia colto in flagranza di uno dei seguenti reati militari: a) disobbedienza aggravata; b) rivolta; c) ammutinamento; d) insubordinazione con violenza e violenza contro un inferiore aggravata. Se gli eventi non consentono di porre tempestivamente l’arrestato a disposizione dell’autorità giudiziaria, l’arresto mantiene efficacia purché il verbale sia inviato, anche con mezzi telematici, entro 48 ore al PM e l'udienza di convalida si svolga, con la partecipazione necessaria del difensore, nelle successive 48 ore. Gli interrogatori potranno svolgersi mediante un collegamento videotelematico od audiovisivo;

-    la possibilità, con le stesse modalità, di procedere all’interrogatorio della persona sottoposta alla misura coercitiva della custodia cautelare in carcere.

§  che i reati commessi dallo straniero nei territori in cui si svolgono le missioni e gli interventi militari, in danno dello Stato o di cittadini italiani partecipanti alle stesse missioni, siano puniti a richiesta del Ministro della giustizia, sentito il Ministro della difesa per i reati commessi a danno di appartenenti alle Forze armate; che per tali reati – come per quelli comuni commessi dai cittadini italiani durante le missioni – la competenza spetti al Tribunale di Roma, al fine di evitare conflitti di competenza e consentire unitarietà di indirizzo nella qualificazione delle fattispecie, nonché un più diretto e efficace collegamento tra l'autorità giudiziaria ordinaria e quella militare.

 

Inoltre, l’articolo 5 del D.L. 209/2008 detta anche una serie di disposizioni in tema di contrasto alla pirateria[8].

 

In particolare, prevede che:

 

-    al Tribunale ordinario di Roma spetti la competenza sui reati di pirateria previsti dagli articoli 1135 e 1136 del Codice della navigazione e per quelli ad essi connessi (ai sensi dell’art. 12 c.p.p.) ove siano commessi in alto mare o in acque territoriali straniere, accertati nelle aree in cui si svolge l'operazione militare in Somalia denominata “Atalanta[9] (art. 5, co. 4);

-    nei casi di arresto in flagranza o fermo, ovvero di interrogatorio di persona sottoposta alla misura coercitiva della custodia cautelare in carcere per i reati i citati reati di pirateria, qualora esigenze operative non consentano di porre tempestivamente l'arrestato o il fermato a disposizione dell'autorità giudiziaria, si applichi l’articolo 9, comma 5, del D.L. 421/2001 (art. 5, comma 5);

-    l’autorità giudiziaria italiana possa, a seguito del sequestro, disporre l’affidamento in custodia all’armatore, all’esercente o al proprietario della nave o dell’aeromobile catturati con atti di pirateria (art. 5, co. 6);

-    possano essere autorizzati l’arresto, il fermo, il trasferimento dei “pirati” (o dei sospettati di pirateria), il sequestro delle loro navi o delle navi catturate, il sequestro dei beni rinvenuti a bordo (misure previste dall’articolo 2, lett. e) dell’azione comune 2008/851/PESC) nonché la detenzione a bordo della nave militare di tali persone “per il tempo strettamente necessario al trasferimento” nel Paese titolare della giurisdizione. La disposizione precisa che le stesse misure sono adottabili in quanto previste da accordi internazionali sulla pirateria di cui è parte il nostro Paese (art. 5, co. 6-bis).

-    Il comma 6-ter, con disposizione transitoria, prevede l'immediata applicazione delle disposizioni di cui al comma 6-bis anche ai procedimenti in corso, con la possibilità di utilizzare strumenti telematici per la trasmissione dei relativi provvedimenti e comunicazioni.

 

Attraverso il rinvio all’articolo 4, commi 1-sexies e 1-septies, del decreto-legge n. 197 del 2009 si prevede:

 

§   la non punibilità del militare che nel corso delle missioni all’estero, per necessità delle operazioni militari, faccia uso della forza o ordini di far uso della forza, purché ciò avvenga in conformità (comma 1-sexies):

-      alle direttive;

-      alle regole di ingaggio;

-      agli ordini legittimamente impartiti.

 

In tali casi opera una scriminante, ovvero una circostanza che esclude l'esistenza del reato e quindi la punibilità.

 

Si ricorda che le cause di giustificazione sono valutate a favore dell'agente anche se questi non le conosce (art. 59, comma 1, c.p.): perciò colui che credendo di commettere un reato, in realtà obbedisce senza saperlo a un ordine legalmente dato dall'autorità, andrà esente da pena.

Si ricorda peraltro che l’uso legittimo delle armi è una condizione di non punibilità anche per il codice penale militare di pace che, all’articolo 41, stabilisce che «Non è punibile il militare, che, a fine di adempiere un suo dovere di servizio, fa uso, ovvero ordina di far uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza. La legge determina gli altri casi, nei quali il militare è autorizzato a usare le armi o altro mezzo di coazione fisica».

 

L’applicazione delle disposizioni concernenti i delitti colposi – sempre che il fatto sia previsto dalla legge come delitto colposo – laddove il militare faccia uso della forza o ordini di far uso della forza eccedendo colposamente i limiti:

 

-    stabiliti dalla legge;

-    stabiliti dalle direttive;

-    stabiliti dalle regole di ingaggio;

-    stabiliti dagli ordini legittimamente impartiti;

-    imposti dalla necessità delle operazioni militari.

 

La disposizione richiama sostanzialmente l’art. 45 del codice penale militare di pace (rubricato come Eccesso colposo), che già stabilisce che «quando, nel commettere i fatti previsti dagli articoli 41 (uso legittimo delle armi), 42 (difesa legittima) e 44 (casi particolari di necessità militare) si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall'ordine del superiore o di altra autorità, ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i reati colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come reato colposo»[10].

Si ricorda, inoltre, che in base all’art. 42 del codice penale nessuno può essere punito per un fatto previsto dalla legge come delitto, se non l’ha commesso con dolo, salvi i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente previsti dalla legge. L’art. 43 del codice penale qualifica il delitto come colposo - o contro l’intenzione – quando “l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline”.

 

 

Il comma 6 precisa, infine, che le disposizioni di cui al comma 5 si applicano anche al personale impiegato nelle seguenti missioni:

a)    United Nations Military Observer Groupin India and Pakistan (UNMOGIP);

b)    United Nations Truce Supervision Organization in Middle East (UNTSO);

c)    United Nations for the Referendum in Westwern  Sahara (MINURSO);

d)    Multinational Force and Observers (MFO): missione multinazionale in Egitto;

e)    Missione della Nato Interim air Policing (IAP).

 

Come precisato nella relazione illustrativa allegata al decreto legge in esame la ratio di questa disposizione deve essere individuata nel fatto che “in assenza della disposizione in esame, poiché le missioni di cui si tratta non sono disciplinate dal presente decreto, per il personale ivi impiegato opererebbe la disciplina penale ordinaria, che prevede, tra l’altro, in simili contesti l’applicazione del codice penale militare di guerra”.

 


 

Articolo 16
(Disposizioni in materia contabile)

 

L'articolo 16 reca disposizioni in materia contabile.

 

Nello specifico, il  comma 1 dispone l’applicazione alle missioni internazionali delle Forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri e il Corpo della Guardia di finanza di cui al presente decreto, delle disposizioni in materia contabile previste dall'articolo 5, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 152 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 197 del 2009.

 

Il comma 1 dell’articolo 5 del D.L. n. 152 del 2009, autorizza gli Stati maggiori di Forza armata e i Comandi dei carabinieri e della Guardia di finanza, nonché il Segretariato generale della difesa e per esso le Direzioni generali competenti, in presenza di situazioni di necessità e urgenza connesse con le missioni internazionali, a derogare alle disposizioni di contabilità generale dello Stato, per l'attivazione delle procedure d'urgenza per l'acquisizione di forniture e servizi, in caso di impossibilità di provvedere attraverso contratti accentrati già eseguibili; i medesimi soggetti sono, altresì, autorizzati ad acquisire in economia lavori, servizi e forniture, relative ai mezzi da combattimento e da trasporto, all'esecuzione di opere infrastrutturali o all’acquisizione di specifici apparati (di comunicazione, per la difesa nucleare, biologica e chimica, ecc.), entro il limite complessivo di 50 milioni di euro annui, a valere sulle risorse finanziarie stanziate per le missioni internazionali.

Il comma 2 del medesimo articolo 5, dispone la deroga a quanto disposto dall’articolo 3, comma 82, della legge n. 244/2007, per i compensi per lavoro straordinario reso nell'ambito di attività propedeutiche all'impiego del personale nelle missioni internazionali.

L'articolo 3, comma 82, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008) prevede che, a decorrere dal 2008, le amministrazioni statali (comprese quelle ad ordinamento autonomo e la Presidenza del Consiglio), debbano contenere la spesa per prestazioni di lavoro straordinario entro il limite del 90% delle risorse finanziarie a tal fine assegnate per l’anno finanziario 2007.

 

 

Il successivo comma 2 prevede che, per assicurare la prosecuzione delle missioni internazionali senza soluzione di continuità, entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministro dell'economia e delle finanze, su richiesta delle Amministrazioni interessate, disponga l'anticipazione di una somma non superiore alla metà delle spese autorizzate dagli articoli 11, 12, 13, 14, 17 e 18 a valere sullo stanziamento di cui all'articolo 20, comma 6 del presente decreto, recante la copertura finanziaria del provvedimento.

 

 


 

Capo IV -
Iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione

Articolo 17
(Iniziative di cooperazione allo sviluppo)

 

Il comma 1 autorizza dal 1º gennaio al 30 settembre dell’anno in corso la spesa di 68.000.000 euro ad integrazione degli stanziamenti della legge 26 febbraio 1987, n. 49 – recante nuova disciplina della cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo -, quali determinati dalla tabella C della legge di stabilità 2015 (legge 23 dicembre 2014, n. 190).

Lo stanziamento è finalizzato ad iniziative di cooperazione per il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione e dei rifugiati, nonché per il sostegno alla ricostruzione civile, in Afghanistan, Repubblica di Guinea, Iraq, Liberia, Libia, Mali, Myanmar, Pakistan, Sierra Leone, Siria, Somalia, Sudan, Sud Sudan e Palestina, e, in relazione all’assistenza ai rifugiati , nei paesi ad essi limitrofi.

Il comma 2 prevede che con gli stanziamenti del comma 1 verrà posto particolare riguardo – come già previsto dall’art. 8, comma 1 del precedente decreto-legge in materia (D.L. 109/2014) - alla realizzazione di programmi finalizzati alla prevenzione e al contrasto della violenza sulle donne, alla tutela dei loro diritti e all’occupazione femminile; come anche alla tutela e promozione dei diritti dei minori e degli anziani, allo sviluppo delle capacità di autogoverno locale, alla tutela della sicurezza alimentare e del diritto alla salute, alla riabilitazione di feriti e mutilati, al contrasto all’epidemia del virus Ebola nei paesi colpiti.

Tali interventi saranno intrapresi in coerenza con il quadro di diritto internazionale in materia di aiuto allo sviluppo (in particolare con le direttive OCSE-DAC e gli Obiettivi del Millennio delle Nazioni Unite). Il sito istituzionale del MAECI (Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale) darà conto dei risultati ottenuti.

 

Si segnala che la legge 26 febbraio 1987, n. 49, cui si riferisce il comma 1, resta ancora in vigore fino al primo giorno del sesto mese successivo all’emanazione del regolamento di adozione dello Statuto dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo istituita dall’art. 17 della legge 11 agosto 2014, n. 125, legge con la quale è stato innovato il quadro delle attività italiane nel campo dell’aiuto pubblico allo sviluppo. Si ricorda altresì che la legge di stabilità 2015, alla tabella C, ha previsto per l’aiuto pubblico a favore dei Paesi in via di sviluppo di cui alla legge n. 49 del 1987, lo stanziamento di 180,46 milioni di euro per il 2015.

In relazione alla iniziative per lo sviluppo dell’Afghanistan, la relazione illustrativa segnala che i finanziamenti richiesti per i primi nove mesi del 2015 sono indirizzati a dare seguito agli impegni di mantenimento del livello di cooperazione allo sviluppo assunti dall'Italia nelle conferenze internazionali di Bonn, Tokyo e Londra. I settori prioritari indicati dall'Accordo di partenariato italo-afghano firmato nel gennaio 2012, la cui autorizzazione alla ratifica è intervenuta con la legge 29 novembre 2012, n. 239, attengono prioritariamente alla governance/rule of Law, alle infrastrutture ed allo sviluppo rurale nonché ad ambiti trasversali come il miglioramento della condizione femminile, la sanità e la protezione del patrimonio culturale.

Il mantenimento degli impegni della Comunità internazionale nei confronti dell'Afghanistan è infatti un elemento centrale del MutualAccountability Framework concordato alla conferenza di Tokyo del luglio 2012 e delle prospettive dell'Afghanistan di una stabilizzazione successiva al ritiro della missione ISAF.

Con riferimento all'Iraq, secondo la relazione illustrativa l'aiuto si concentrerà prioritariamente sui bisogni urgenti dei rifugiati e degli sfollati interni al paese, soprattutto in seguito all’acuirsi del conflitto e alla perdita di fatto della sovranità del governo centrale di Baghdad su vaste aree del paese oramai sotto il controllo dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS), con conseguente massiccio afflusso di popolazione soprattutto nel Kurdistan iracheno. L’intervento italiano è finalizzato anche alla tutela di alcuni siti archeologici in collaborazione con l’UNESCO.

Per quanto riguarda gli interventi in Siria e paesi limitrofi, la relazione illustrativa prevede un approccio regionale, onde far fronte anche alle esigenze umanitarie dei profughi in fuga dal conflitto che riescono a giungere nei paesi vicini. Parte di tali interventi riguarderà l’accesso ai servizi di base, la protezione dei minori e l’equità di genere -inclusa la lotta alle violenze sessuali. La Palestina sarà oggetto di interventi a livello bi- o multilaterale, volti soprattutto alla ricostruzione delle strutture civili a Gaza dopo il conflitto dell’estate 2014.

Inoltre, nei primi nove mesi del 2015 la relazione evidenzia che i finanziamenti previsti dall’articolo in commento saranno impiegati per continuare l'azione a sostegno della stabilizzazione e dello sviluppo in: Libia, ove l’aggravamento delle condizioni della sicurezza lascia prevedere una possibile grave crisi umanitaria, e dunque la preparazione di azioni di aiuto d’emergenza dovrà affiancarsi agli interventi già in corso di capacity building. Sono parimenti richiamati i diversi piani di intervento per la Somalia, il Sudan, e soprattutto Sud Sudan: in questo caso gli interventi riguarderanno soprattutto il supporto ai numerosissimi sfollati in seguito ai conflitti interni ai due Stati, ma anche il finanziamento a programmi internazionali nei settori della salute riproduttiva e dell’istruzione primaria, come anche della gestione delle risorse idriche e degli interventi di emergenza messi in atto dalle Agenzie delle Nazioni Unite.

E’ infine fatto riferimento al Mali e più in generale al Sahel, dove gli interventi riguarderanno tanto il contrasto all’instabilità politica quanto i profili della sicurezza alimentare; all’ Africa occidentale – soprattutto per la prosecuzione dell’azione di contrasto alla diffusione del virus Ebola, attraverso l’opera delle ONG italiane, delle Agenzie ONU e della Croce rossa Internazionale; al Pakistan, ove l'aiuto si orienterà prevalentemente ad azioni di capacity building per lo sviluppo delle zone rurali e la protezione degli sfollati dalle zone di combattimento; al Myanmar, anche in questo caso con prevalente attenzione allo sviluppo rurale.

 

Il comma 3 autorizza, sempre nei primi nove mesi del 2015, la spesa di 1.700.000 euro nell'ambito delle attività di sminamento umanitario previste dalla legge 7 marzo 2001, n. 58, (recante istituzione del Fondo per lo sminamento umanitario e la bonifica di aree con residuati bellici esplosivi).

 

La relazione illustrativa che accompagna il provvedimento in esame si riferisce agli obblighi internazionali dell’Italia in materia, con particolare riferimento alla Convenzione contro l’uso di munizioni a grappolo e al Protocollo V alla Convenzione contro le armi ad effetto indiscriminato – Protocollo concernente i residui esplosivi delle bombe, del 28 novembre 2003 (la cui ratifica è stata autorizzata dalla legge 12 novembre 2009, n. 173).

La relazione finanziaria per le attività di competenza del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale specifica le seguenti finalità:

a) campagne di educazione preventiva sulla presenza delle mine e riduzione del rischio;

b) censimento, mappatura, demarcazione e bonifica dei campi minati;

c) assistenza alle vittime (compresa rieducazione psico fisica e loro reintegrazione socio economica);

d) ricostruzione e sviluppo delle comunità;

e) sostegno all'acquisizione e trasferimento di tecnologie per lo sminamento;

f) formazione di operatori locali.

Si ricorda che l'art. 8, comma 2 del decreto-legge n. 109/2014 – il precedente decreto-legge di proroga della partecipazione italiana alle missioni internazionali - ha autorizzato tra l'altro la spesa, per la seconda metà del 2014, di 1.000.000 di euro, per gli interventi previsti dalla legge 7 marzo 2001, n. 58, già finanziati in precedenza con interventi legislativi di contenuto analogo a quello in esame.

 


 

Articolo 18
(Sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione)

 

Il comma 1 dell’articolo in commento autorizza per il 2015 l’erogazione di un contributo di 120 milioni di euro a supporto delle Forze di sicurezza afghane, incluse le forze di polizia, nell’ambito dell’impegno internazionale per l’Afghanistan collegato alla conclusione della missione ISAF, sostituita dalla missione dell’Alleanza atlantica per l’addestramento, l’assistenza e la consulenza alle forze di sicurezza afghane denominata Resolute Support.

Il comma 2 prevede una spesa complessiva di 1.490.676 euro dal 1° gennaio al 30 settembre 2015, destinata agli interventi a sostegno della stabilizzazione in paesi in situazione di fragilità, conflitto o post-conflitto.

 

Come specificato dalla relazione tecnica, lo stanziamento riguarda principalmente la Libia (518.233 euro), la Siria (819.443 euro) e l’Iraq (56.000 euro).

 

Il comma 3 integra di 2.000.000 di euro, relativamente all’arco temporale che va dal 1° gennaio al 30 settembre 2015, gli stanziamenti già assegnati per l’attuazione della legge 6 febbraio 1992, n. 180 (recante partecipazione dell'Italia alle iniziative di pace ed umanitarie in sede internazionale), per la realizzazione degli interventi e delle iniziative a sostegno dei processi di pace e di rafforzamento della sicurezza nei Paesi dell’Africa subsahariana e dell'America latina e caraibica.

 

La relazione tecnica precisa che i finanziamenti sono principalmente destinati alla stabilizzazione in Somalia e Corno d'Africa, alla ricostruzione e al rafforzamento nei paesi del Sahel e dell’Africa centro-occidentale delle capacità di contrasto al crimine organizzato e al terrorismo. La relazione tecnica prevede anche la destinazione di una quota dello stanziamento anche in America Centrale, a rafforzare le iniziative di successo del nostro Paese per il consolidamento della sicurezza in loco.

 

Il comma 4 destina, dal 1° gennaio al 30 settembre 2015, 2.300.000 euro alla partecipazione italiana ai Fondi fiduciari delle Nazioni Unite e della NATO, nonché a contributi destinati al Tribunale speciale per il Libano - istituito per indagare sull’assassinio dell’ex premier Rafik Hariri - e alla costituzione di un fondo per la campagna promozionale della candidatura italiana al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

 

Con riferimento ai fondi fiduciari, la relazione tecnica per gli interventi di competenza del MAECI, ricorda i seguenti Fondi cui l'Italia partecipa:

-       Fondo fiduciario della NATO destinato a rafforzare le capacità dell’Ucraina in materia di difesa cibernetica;

-       Fondo fiduciario del Dipartimento per gli Affari politici delle Nazioni Unite;

-       Fondo fiduciario del Gruppo di contatto per la lotta alla pirateria al largo delle coste somale, istituito presso le Nazioni Unite;

-       Fondo fiduciario della NATO per il personale femminile delle Forze armate giordane.

Il comma 5 autorizza dal 1° gennaio al 30 settembre 2015 la spesa di 10.781.848 euro per la partecipazione alle iniziative dell’Unione europea nel campo della gestione civile delle crisi internazionali in ambito PESC-PSDC, nonché ai progetti di cooperazione dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) e di altre organizzazioni internazionali, al Fondo fiduciario dell’Iniziativa centro-europea (INCE) presso la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS), alla Fondazione Segretariato permanente dell’Iniziativa Adriatico-Ionica e, infine, all’European Institute of Peace.

 

L’Iniziativa centro europea (INCE) è partita nel 1989 con la partecipazione iniziale di Austria, Ungheria, Italia e della ex-Jugoslavia, allo scopo di alimentare lo sviluppo politico e socioeconomico della regione, superando ormai anacronistiche linee di divisione all’interno dell’Europa. In riferimento ai paesi partecipanti allora al di fuori dell’Unione europea, l’INCE si è sforzata di accrescerne le capacità di consolidamento istituzionale ed economico, avvicinandole di fatto al quadro giuridico europeo. Nel 1992 il Governo italiano ha costituito il Fondo fiduciario INCE presso la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS), al fine di dare maggiore forza all’attuazione degli scopi fondamentali dell’INCE medesima. Il Fondo fiduciario ha condotto attività principalmente nel campo della cooperazione tecnica, somministrando circa 18 milioni di euro equivalenti per vari progetti. I principali programmi del Fondo fiduciario sono stati il programma di attività di cooperazione, il programma per gli scambi di tecnologie e il programma di cooperazione tecnica. Non a caso il Fondo fiduciario stato costituito presso la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, con la quale condivide le strategie di settore, come anche con altre istituzioni di sviluppo internazionali operanti nella regione, tra le quali la Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UNECE).

Si segnala che l’articolo 2, comma 11 del decreto-legge 228 del 2010 ha autorizzato nella prima metà del 2011 la spesa di 1 milione di euro per la partecipazione italiana al Fondo fiduciario INCE. Si ricorda altresì che l’articolo 6, comma 7 del decreto-legge 114 del 2013 ha autorizzato, dal 1° ottobre al 31 dicembre 2013, la spesa di 1.150.000 euro per assicurare, tra l’altro, la partecipazione italiana al Fondo fiduciario INCE. Da ultimo, il citato D.L. n. 109/2014, all’art. 9, comma 4 ha previsto fondi finalizzati tra l’altro alla partecipazione al Fondo fiduciario INCE.

La relazione tecnica al provvedimento in esame permette di disaggregare lo stanziamento in rapporto alle diverse finalizzazioni, come segue:

-       6.751.200 euro per le operazioni di diplomazia preventiva e di cooperazione dell’OSCE;

-       2.180.648 euro per le iniziative in ambito PESC/PESD;

-       1.500.000 euro al Fondo fiduciario INCE presso la BERS;

-       300.000 euro alla Fondazione Segretariato permanente della IAI.

L’Iniziativa Adriatico-Ionica (IAI) è nata ad Ancona il 19 – 20 maggio 2000 con la firma, da parte dei Ministri degli Affari Esteri di 6 Paesi rivieraschi (Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Grecia, Italia, Slovenia), della “Dichiarazione di Ancona” sulla cooperazione regionale quale strumento di promozione della stabilità economica e politica e del processo di integrazione europea. Ai 6 membri originari si è aggiunta l’Unione di Serbia-Montenegro nel 2002 e, in seguito alla scissione, nel 2006, sia la Serbia sia il Montenegro hanno mantenuto la membership nell’Iniziativa, attualmente costituita quindi da 8 Paesi: Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Grecia, Italia, Montenegro, Serbia, Slovenia. Dal giugno 2008 opera ad Ancona, su decisione dei Governi degli 8 Paesi membri dell’Iniziativa, un Segretariato Permanente, che è guidato dal giugno del 2011 dall’Amb. Fabio Pigliapoco e riceve il sostegno della Regione Marche, del Comune di Ancona, dell’Università Politecnica delle Marche, della Camera di Commercio di Ancona, e del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, anche attraverso la “Fondazione Segretariato Permanente dell'Iniziativa Adriatico-Ionica (IAI)” istituita ad Ancona il 14 dicembre 2010. L’Organo decisionale dell’Iniziativa Adriatico Ionica è il Consiglio dei Ministri degli Esteri, che si riunisce una volta all’anno (ultima riunione il 27 maggio 2013 a Bruxelles, a margine del CAE) e la cui agenda viene elaborata dai Coordinatori Nazionali dei Paesi membri. Alla Presidenza di turno slovena (1 giugno 2012 - 31 maggio 2013), è succeduta dal 1 giugno 2013 quella albanese.

Negli ultimi anni la IAI ha consolidato, come auspicato da parte italiana, la propria proiezione sia in chiave intergovernativa, sia per quanto riguarda il percorso europeo dei Paesi IAI non-UE, per i quali l’Iniziativa rappresenta un obiettivo intermedio di avvicinamento agli standard comunitari (fonte: sito Internet del MAECI).

Per quanto invece concerne l’European Institute of Peace (EIP), si tratta di un’iniziativa dei ministeri degli esteri svedese e finlandese, che nel 2010 decisero di costituire l’Istituto a supporto della risposta europea alle sfide globali sulla pace. Lo statuto dell’EIP, tuttavia, è stato firmato solo il 18 febbraio 2014, dopo lunghe consultazioni con i governi europei, le organizzazioni internazionali specializzate nella risoluzione dei conflitti, gli organi dell’Unione europea e i più qualificati esperti nel campo della pace e della sicurezza.

 

Il comma 6 autorizza una spesa, dal 1° gennaio al 30 settembre 2015, di 9.187.296 euro per la prosecuzione degli interventi operativi di emergenza e di sicurezza per la tutela dei cittadini e degli interessi italiani all'estero.

 

Gli interventi operativi di emergenza sono concentrati, secondo la relazione tecnica più volte richiamata, in Iraq (3,5 milioni), Afghanistan (1,895 milioni), Libano (0,812 milioni), Libia (1,437 milioni), Yemen (0,863 milioni), Territori Palestinesi (0,278 milioni) e Venezuela (0,09 milioni).

Si ricorda altresì che l'art. 6, comma 10 del D.L. n. 227/2012 aveva previsto per le medesime finalità una spesa, dal periodo 1° gennaio al 30 settembre 2013, di 16.257.366 euro. Per l’ultimo trimestre del 2013 il D.L. 114/2013, al comma 8 dell’art. 6, ha previsto la spesa di 4.288.027 euro, mentre per la prima metà del 2014 sono stati stanziati, dall’art. 9, comma 5 del D.L. 2/2014, 12.742.128 euro. Da ultimo, l’art. 9, comma 5 del D.L. 109/2014 ha autorizzato per la seconda metà del 2014 la spesa di 8.845.090 euro.

 

Il comma 7 autorizza la spesa, nei primi nove mesi del 2015, di 23 milioni di euro per il finanziamento del fondo da ripartire per provvedere al rafforzamento delle misure di sicurezza attiva e passiva ("anche  informatica" secondo la modifica recata dall'articolo 10, comma 3, del sopra citato decreto-legge n. 2/2014), delle rappresentanze diplomatiche, degli uffici consolari, degli istituti italiani di cultura e delle istituzioni scolastiche all'estero. Tale fondo è stato istituito dalla legge finanziaria per il 2004 (legge 24 dicembre 2003, n. 350), articolo 3, comma 159.

Tale finanziamento, secondo la disposizione in esame, è finalizzato anche all’eventuale sistemazione del personale impiegato in aree di crisi in alloggi provvisori, per ragioni di sicurezza.

 

l comma 8 autorizza dal 1° gennaio al 30 settembre 2015 la spesa di 700.000 euro al fine di proseguire gli interventi di realizzazione della nuova sede dell’Ambasciata d’Italia a Mogadiscio: tali interventi dovranno avvenire con le modalità già previste dall’articolo 9, comma 6-bis, del sopra citato decreto-legge 109 del 2014 – che per la prima fase della realizzazione della nuova sede dell’Ambasciata a Mogadiscio da parte del Ministero della difesa d’intesa con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, aveva stanziato 600.000 euro. Il comma 6-bis in questione ha inoltre previsto allo scopo l’applicazione delle seguenti disposizioni in materia di indennità, in materia penale e in materia contabile al personale militare impiegato:

-       Art. 3, comma 1 (alinea) e commi 2, 4 e 9 della legge 109/2008, di proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali;

-       Art. 5, commi 2 e 3 (lettera d); art. 6, comma 1; art. 7, comma 1 del già citato D.L. 109/2014.

 

Il comma 9 autorizza nei primi nove mesi del 2015 lo stanziamento di 1.372.327 euro per l'invio in missione  o in viaggio di servizio del personale del Ministero degli affari esteri in aree di crisi, per la partecipazione del suddetto personale ad operazioni internazionali di gestione delle crisi. Il medesimo stanziamento fa fronte anche alle spese di funzionamento e per il reclutamento di personale locale, a supporto di personale del MAECI inviato in località ove non operi una rappresentanza diplomatica o consolare. Il trattamento economico e le spese di vitto, alloggio e viaggio del personale di cui al presente comma sono resi pubblici nei modi previsti, assicurando anche il rispetto delle norme sulla protezione dei dati personali.

 

Anche con riferimento alla presente disposizione, la relazione tecnica per i profili di interesse del MAECI assicura il finanziamento dell’invio di personale del Ministero presso le sedi in Afghanistan, Iraq, Libia , Pakistan, Yemen e Somalia.

 


 

Articolo 19
(Regime degli interventi nonché disposizioni urgenti per
l’operatività dell’amministrazione degli affari esteri
e della cooperazione internazionale)

 

Il comma 1 prevede che nell'ambito degli stanziamenti, per le finalità e i limiti temporali di cui ai precedenti articoli 17 e 18 si applichi la disciplina precedentemente prevista (con validità dal 1° luglio al 31 dicembre 2014) dall’art. 10, comma 1 del citato D.L. n. 109/2014, convertito con modificazioni dalla legge 141/2014.

 

Analogamente a quanto previsto in precedenti provvedimenti di proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali, la disciplina richiamata dal comma in commento – come evidenzia la relazione illustrativa – presenta un carattere derogatorio rispetto al quadro normativo vigente in tema di conferimento di incarichi di consulenza, di invio di personale estraneo alla Pubblica Amministrazione in missioni di pace dell’OSCE e dell’Unione europea, di contratti per acquisti e lavori, di limiti di spesa imposti dalla normativa vigente per la manutenzione e l’uso dei veicoli, nonché di acquisto di mobili e arredi.

Più in dettaglio, il comma 1 dell’art. 10 del D.L. 109/2014 ha rinviato a sua volta al comma 1 dell’art. 10 del D.L. n. 2/2014, il quale ha previsto l’applicazione della disciplina di cui all'articolo 6, commi 11, 12 e 13, del decreto-legge 28 dicembre 2012, n. 227, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° febbraio 2013, n. 12, nonché all'articolo 5, commi 1, 2 e 6, e all'articolo 7, comma 1, del decreto-legge 10 ottobre 2013, n. 114, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 dicembre 2013, n. 135.

Il secondo periodo del comma 1 dell’art. 10 del D.L. 109/2014 prevede la non applicabilità degli articoli 14 e 15 del recente decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 - recante misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale -, convertito con modificazioni dalla legge 89/2014: si tratta in questo caso di disposizioni miranti al controllo della spesa per incarichi di consulenza, studio e ricerca, nonché per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa (articolo 14); e al contenimento della spesa per autovetture (articolo 15).

I commi 11, 12, e 13 dell’art. 6 del D.L. n. 227 del 2012 sono relativi a: spese per il personale MAECI che partecipa a missioni di gestioni crisi (comprese missioni PESD), agli Uffici dei rappresentanti speciali dell’UE ovvero in servizio presso gli uffici situati in Afghanistan, Iraq, Pakistan, Siria, Libia e per le altre aree di crisi che si dovessero manifestarsi nel corso del periodo (comma 11); spese per la sicurezza delle sedi diplomatiche e consolari (comma 12); spese per l'invio in missione di personale del MAECI in talune aree di crisi e parziale pagamento delle relative spese di viaggio per congedo in Italia, nonché spese per l’invio in missione di un funzionario diplomatico con l’incarico di assistere la presenza italiana in Kurdistan (comma 13).

L’articolo 5, commi 1, 2 e 6, e l'articolo 7, comma 1, del D.L. n. 114 del 2013 sono relativi a: spesa per iniziative di cooperazione allo sviluppo (art. 5, comma 1); spesa per personale a Herat e in Somalia (art. 5, comma 2); spese di vitto e alloggio per il personale inviato in missione nei Paesi oggetto di iniziative di cooperazione (art. 5, comma 6); disposizioni relative al regime degli interventi (art. 7, comma 1).

In ulteriore specificazione, va segnalato che il richiamato articolo 7, comma 1, del D.L. n. 114 del 2013 prevede che nell'ambito degli stanziamenti, per le finalità e i limiti temporali di cui ai precedenti articoli 5 e 6 (del medesimo D.L. 114/2013) si applica la disciplina prevista dall'articolo 7, commi 1, 2, 4, 5, 6 e 10 del decreto-legge 28 dicembre 1012, n. 227. L’art. 7, comma 1, del D.L. n. 114 del 2013 prevede altresì la non applicazione, alle iniziative di cooperazione disciplinate agli artt. 5 e 6 del medesimo D.L., di alcune disposizioni di razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica.  Si descrive qui di seguito brevemente il contenuto dei suddetti riferimenti normativi.

 

Il comma 1, art. 7 del D.L. n. 227/2012 autorizza il Ministero degli Affari esteri, nei casi di necessità ed urgenza, per le finalità e nei limiti temporali posti dagli articoli 5 e 6 (del medesimo D.L. 227/2012), a ricorrere ad acquisti e lavori in economia, anche in deroga alle disposizioni di contabilità generale dello Stato, ricorrendo preferibilmente all'impiego di risorse locali sia umane che materiali.

 

Il comma 2 disciplina l'indennità di missione da attribuire al personale - quale individuato dall'articolo 16 della citata legge n. 49 del 1987 - inviato in breve missione per le attività di cui ai precedenti articoli. L'indennità è calcolata incrementando del 30% la misura intera della diaria prevista dal R.D. n. 941/1926 in riferimento ad Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Oman. Si ricorda che l'art. 16 della legge n. 49 del 1987 individua le diverse figure professionali costitutive del personale della Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo, che risultano essere: personale del Ministero degli Affari esteri; non più di 7 magistrati ordinari o amministrativi, o avvocati dello Stato; esperti e tecnici assunti con contratto di diritto privato; personale dell'amministrazione dello Stato, degli enti locali e di enti pubblici non economici posto in posizione di fuori ruolo o di comando anche in deroga ai limiti temporali previsti dalle vigenti disposizioni normative o contrattuali; non più di 30 funzionari esperti, di cittadinanza italiana, provenienti da organismi internazionali e con contratto di diritto privato. La disciplina dei contratti degli esperti di cooperazione di cui all'articolo 16 della legge 49/1987 è regolata dal DM 29 novembre 2011, n. 223.

 

Il comma 4 rinvia, per le iniziative previste dal Capo II - ovvero le iniziative di cooperazione allo sviluppo, il sostegno ai processi di ricostruzione e la partecipazione alle iniziative delle Organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione - ove non diversamente disposto, all'applicazione di norme contenute in due distinti provvedimenti: il Codice degli appalti pubblici, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (art. 57, commi 6 e 7), ed il decreto-legge 10 luglio 2003, n. 165 (art. 3, commi 1 e 5 e art. 4, comma 2) - recante interventi urgenti a favore della popolazione irachena, e convertito con modificazioni dalla legge n. 219/2013. L'art. 57 del D.lgs. n. 163/2006 riguarda negli appalti pubblici la procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara: il comma 6, in particolare, prevede che, ove possibile, la stazione appaltante individua gli operatori economici da consultare sulla base di informazioni desunte dal mercato, nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza, rotazione, e seleziona almeno tre operatori economici, che vengono nel contempo invitati a presentare le offerte.

La scelta della stazione appaltante avviene nei confronti di chi ha presentato le più vantaggiose condizioni, previa verifica del possesso dei requisiti di qualificazione. Il comma 7 dell'art. 57, poi, vieta in tutti i casi il rinnovo tacito dei contratti aventi ad oggetto forniture, servizi, lavori, e dispone la nullità di quelli eventualmente in tal modo sottoscritti. Più complesso appare il rinvio al D.L. n. 165/2003,poiché tale provvedimento, nelle parti richiamate, rinvia a sua volta ad altri atti normativi. Comunque, il comma 1 dell'art. 3 del D.L. 165/2003 riguarda il regime degli interventi, per il quale si rinvia tra l'altro alle norme contenute nella già richiamata legge 26 febbraio 1987, n. 49 e al D.L. 10 luglio 1996, n. 347, - convertito con modificazioni dalla legge 426/1996 -, recante differimento di termini previsti da disposizioni legislative concernenti il Ministero degli affari esteri e norme relative ad impegni internazionali ed alla cooperazione allo sviluppo.

 

Lo stesso comma 1 dell'articolo 3 del D.L. n. 165/2003 dispone, inoltre, che si applichino le disposizioni contenute nella legge 6 febbraio 1992, n. 180, anche relativamente all'invio di personale, all'affidamento degli incarichi e alla stipula dei contratti, nonché all'utilizzo delle necessarie dotazioni strumentali, previsti dal successivo articolo 4 del D.L. 165/2003.

Al riguardo si rammenta che la richiamata legge 6 febbraio 1992, n. 180 autorizza interventi da realizzarsi sia attraverso la fornitura diretta di beni e servizi, sia attraverso l'erogazione di contributi ad organizzazioni internazionali, a Stati esteri e ad enti pubblici e privati italiani e stranieri. Tali organizzazioni ed enti di rilievo internazionale sono indicati in un apposito elenco approvato con decreto del Ministro degli affari esteri previo parere favorevole delle competenti Commissioni parlamentari, aggiornato annualmente. In circostanze particolari, tuttavia, il Ministro può autorizzare contributi ad organizzazioni ed enti non compresi nel detto elenco.

La legge prevede inoltre che il Ministro degli affari esteri invii annualmente al Parlamento una relazione sulle iniziative effettuate in attuazione della legge medesima e, alla loro conclusione presenti un rendiconto. E’ inoltre stabilito che le somme per le attività di mantenimento della pace e della sicurezza internazionale indicate, non impegnate in ciascun anno. possano esserlo nell'anno successivo. Il comma 5 dell'art. 3 del D.L. n. 165/2003 estende la deroga, prevista dall'articolo 5, comma 1-bis, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79 – recante misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica -, agli enti esecutori degli interventi previsti dal decreto-legge medesimo, precisando che, qualora questi ultimi fossero soggetti privati, è necessaria una garanzia fidejussoria bancaria.

L'articolo 5, comma 1-bis, del citato D.L. n. 79/1997 prevede una deroga al divieto (stabilito al comma 1 del medesimo articolo 5) posto alle amministrazioni pubbliche ed agli enti pubblici economici di concedere anticipazioni del prezzo in materia di contratti di appalto di lavori, di forniture e di servizi, con esclusione di quelli riguardanti attività oggetto di cofinanziamento da parte dell'Unione europea. Il comma 1-bis, infatti, prevede che tale divieto non si applichi ai finanziamenti erogati dal Ministero degli Affari esteri per la realizzazione di iniziative, interventi, programmi ed attività nel settore della cooperazione allo sviluppo, in favore di università e di organizzazioni non governative riconosciute idonee ai sensi dell'articolo 28 della legge 26 febbraio 1987, n. 49.

Il comma 2 dell'art. 4 del D.L. n. 165/2003 autorizza il Ministero degli Affari esteri ad avvalersi di personale proveniente dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del D.lgs. n. 165 del 2001, posto in posizione di comando oppure reclutato a seguito delle procedure di mobilità di cui all'articolo 30, comma 1, del richiamato D.lgs. n. 165 - si ricorda che l'art. 30 riguarda il passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse, e si segnala che il comma 1, rispetto al riferimento operato nel 2003 dal D.L. n. 165, ha subito poi diverse modifiche, da ultimo con la sostituzione ad opera dell’art. 4, comma 1 del D.L. 90/2014 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari).

 

Il comma 5 esclude tutte le spese connesse all'applicazione degli articoli 5 e 6 del decreto-legge 227/2012 dal regime restrittivo di cui all'art. 60, comma 15, del decreto-legge n. 112 del 2008 e dalle disposizioni dell'art. 6, comma 14, del decreto-legge n. 78/2010, prevedendo al contempo che agli effetti derivanti da tale disapplicazione si provvede mediante l'autorizzazione di spesa di cui ai medesimi articoli 5 e 6. Si ricorda che l'art. 60, comma 1 del D.L. n. 112/2008 ha previsto per il triennio 2009-2011 riduzioni delle autorizzazioni di spesa a legislazione vigente per ciascun Ministero, secondo gli importi in elenco 1 allegato allo stesso D.L. 112/2008. L'art. 60, comma 15 ha stabilito che per agevolare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica le amministrazioni dello Stato, salvo i comparti della sicurezza e del soccorso, non possano assumere mensilmente impegni superiori ad un dodicesimo della spesa prevista da ciascuna unità previsionale di base.

A tale norma non sono però soggette le spese per stipendi, retribuzioni, pensioni e altre spese fisse o aventi natura obbligatoria ovvero non frazionabili in dodicesimi, nonché quelle per interessi, poste correttive e compensative delle entrate, comprese le regolazioni contabili, per accordi internazionali, per obblighi derivanti dalla normativa comunitaria, per annualità relative ai limiti di impegno e per rate di ammortamento mutui.

L' art. 6, comma 14, del decreto-legge n. 78/2010 prevede che a decorrere dal 2011 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione non possono effettuare spese di ammontare superiore all'80% della spesa sostenuta nell'anno 2009 per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture.

 

Il comma 6 consente di conferire, sulla base del principio di pari opportunità, incarichi temporanei di consulenza, anche ad enti e organismi specializzati e a personale estraneo alla Pubblica amministrazione, per le finalità di cui agli articoli 5 e 6 del decreto-legge 227/2012. Lo stesso comma 6 stabilisce che gli incarichi siano affidati, nel rispetto del principio di pari opportunità tra uomo e donna, a persone di nazionalità locale, ovvero, qualora il Ministero degli affari esteri abbia escluso che localmente esistano le professionalità richieste, a persone di nazionalità italiana o di altri Paesi.

Le disposizioni cui si intende derogare sono contenute nel decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 citato, all'articolo 6, comma 7, che limita, a partire dal 2011, la spesa annua per studi ed incarichi di consulenza, sostenuta dalle pubbliche amministrazioni al 20% di quella sostenuta nell'anno 2009, e all'articolo 9, comma 28; nell'articolo 1, comma 56, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006) che prevede la riduzione del 10% dei compensi per incarichi di consulenza rispetto a quelli alla data del 30 settembre 2005; nell'articolo 61, commi 2 e 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, che stabiliscono che, a far data dal 1° gennaio 2009, la quota di spesa annua per studi ed incarichi di consulenza conferiti a soggetti estranei all'amministrazione, passi dal 40 al 30% di quella sostenuta nell'anno 2004; nell'articolo 7, commi 6 e 6-bis del citato decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che disciplinano, a determinate condizioni e con procedure trasparenti, il conferimento di particolari incarichi ad esperti in possesso di comprovate qualifiche, con contratti individuali di lavoro autonomo, nei casi ove le amministrazioni pubbliche non siano in grado di far fronte con il personale di servizio alle esigenze che si presentino; nell'articolo 36, comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

 

Il comma 10, infine, sottrae i pagamenti di importo non superiore ai diecimila euro, effettuati dalle rappresentanze diplomatiche a valere sui fondi di cui all'articolo 5 del decreto-legge 227/2012, alla normativa dettata dall'articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136, in materia di tracciabilità dei flussi finanziari.

La relazione tecnica quantifica gli effetti finanziari delle numerose deroghe contenute nelle disposizioni dell’articolo 19 in commento: in particolare, in riferimento alle deroghe ai limiti di spesa per autovetture si prevede un maggiore onere di 77.920 euro; in ordine alla disapplicazione delle disposizioni per i contratti a tempo determinato l’onere previsto è pari a 420.360 euro; infine, in relazione alla disapplicazione delle disposizioni sul conferimento di incarichi e contratti di collaborazione coordinata e continuativa, viene stimato un maggiore onere di 862.000 euro. In tutti questi casi la copertura delle maggiori spese suddette si rinviene a valere sui fondi previsti all’articolo 17, comma 1 del decreto- legge in esame.

 

Il comma 2 dell’articolo 19 in esame contiene una norma di salvaguardia oltre la scadenza (31 dicembre 2014) del precedente D.L. (n. 109 del 2014) di proroga delle missioni internazionali, convalidando gli atti adottati, le attività svolte e le prestazioni già effettuate dal 1° gennaio 2015 e fino all'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame, che siano conformi alla disciplina contenuta nel decreto-legge stesso. La convalida di cui sopra avviene tuttavia nei limiti delle risorse stanziate per gli articoli 17 e 18 del decreto-legge in esame.

 

 

 


 

Capo V -
Disposizioni finali

Articolo 20, commi 1-5
(Disposizioni transitorie sulla Procura nazionale antimafia
e antiterrorismo)

 

I primi cinque commi dell’articolo 20 recano alcune disposizioni transitorie e di coordinamento relative alla Procura nazionale antimafia e antiterrorismo.

In particolare, il comma 1 assicura la continuità del vertice della Procura nazionale, stabilendo che l’incarico di procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo è assunto, alla data di entrata in vigore del presente decreto, dal procuratore nazionale antimafia.

La disposizione non precisa se il termine di permanenza nella nuova carica decorra dalla data di entrata in vigore del decreto-legge oppure dalla data di nomina del Procuratore nazionale antimafia già incarica.

 

Il comma 2 adegua la disciplina delle diverse funzioni proprie dei magistrati (D.lgs. 160 del 2006, Nuova disciplina dell'accesso in magistratura, nonchè in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati) alla espressa previsione della figura di procuratore nazionale aggiunto (v. art. 10 del decreto-legge). A tal fine individua, in un nuovo comma 7-bis dell’articolo 10 del d.lgs. 160, le funzioni semidirettive requirenti di coordinamento nazionale in quelle di procuratore nazionale aggiunto.

L’inquadramento è speculare a quello relativo al Procuratore nazionale, che svolge funzioni direttive requirenti di coordinamento nazionale (art. 10, comma 13, d.lgs. 160).

Il comma 3 introduce la funzione di procuratore nazionale aggiunto tra quelle per il cui conferimento è richiesto il conseguimento almeno della quarta valutazione di professionalità. A tal fine è introdotto, nell’art. 12 del d.lgs. 160 del 2006, sui requisiti e i criteri per il conferimento delle funzioni, un richiamo al nuovo comma 7-bis dell’articolo 10 del d.lgs. 160.

In base al comma 5 dell’art. 12 del d.lgs. 160, per il conferimento delle funzioni di sostituto presso la direzione nazionale antimafia, di consigliere di cassazione, di sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione, di presidente di sezione di corte d’appello, di avvocato generale presso la corte d’appello e delle funzioni direttive giudicanti e requirenti elevate di primo grado, è richiesto il conseguimento almeno della quarta valutazione di professionalità.

Si segnala che, a seguito della modifica introdotta, lo stesso requisito (il conseguimento della quarta valutazione di professionalità) è richiesto per due funzioni diverse: le funzioni requirenti di coordinamento nazionale (sostituto presso la direzione nazionale) e le funzioni semidirettive requirenti di coordinamento nazionale (procuratore nazionale aggiunto).

 

 

Il comma 4 introduce una disposizione di chiusura in base a cui, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, nelle disposizioni vigenti le parole: «procuratore nazionale antimafia», ovunque ricorrono, si intendono sostituite dalle seguenti: «procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo» e le parole: «Direzione nazionale antimafia» si intendono sostituite dalle seguenti: «Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo».

 

Il comma 5 prevede poi che i procuratori aggiunti designati dal procuratore nazionale in applicazione delle previgenti disposizioni restano in carica fino a che il Consiglio superiore della magistratura non abbia provveduto alla nomina, e, comunque, per un periodo non superiore a sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.

Si rammenta che il Consiglio Superiore della Magistratura, con delibera dell’11 febbraio 2009, ha confermato, pur in assenza di espressa previsione legislativa, la possibilità di nominare uno o più procuratori aggiunti presso la Direzione Nazionale Antimafia, definendo inoltre l’inquadramento dell’incarico sia i criteri di designazione e la procedura da seguire.

 

Occorre considerare se, in mancanza di una specifica disposizione transitoria, analoga a quella prevista per il procuratore nazionale e per i procuratori aggiunti, occorra procedere ex novo alla nomina di tutti gli altri magistrati da assegnare alla procura nazionale antimafia e antiterrorismo.

 

 


 

Articolo 20, comma 6
(Copertura finanziaria)

 

L’articolo 20, comma 6 reca la norma di copertura finanziaria degli oneri derivanti da alcune disposizioni del decreto-legge in commento, ovvero dagli articoli 11, 12, 13, 14, 17 e 18, pari complessivamente a euro 874.926.998 per l’anno 2015.

Tale importo è reperito mediante le seguenti coperture:

a)    quanto ad euro 843.900.891, mediante riduzione del Fondo per le missioni internazionali di cui all’articolo 1, comma 1240 della legge finanziaria 2007;

b)    quanto ad euro 1.000.000, mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa per il 2015 prevista dall’articolo 1, comma 273, della legge 147 del 2013 (legge di stabilità 2014);

c)    quanto ad euro 3.000.000, mediante versamento all’entrata del bilancio dello Stato delle somme conservate nel conto residui del predetto stanziamento della legge di stabilità 2014;

d)    quanto ad euro 15.000.000, mediante versamento all’entrata del bilancio dello Stato di corrispondente quota delle somme accreditate al capo della delegazione di cui all’articolo 1, secondo comma, della legge 208 del 1984;

e)     quanto ad euro 5.032.147, mediante riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2015-2017, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l’anno 2015, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al MAECI;

f)     quanto ad euro 6.993.960, mediante utilizzo dei rimborsi corrisposti dall’ONU come corrispettivo di prestazioni rese dalle Forze armate italiane nell’ambito di operazioni internazionali di pace, rimborsi di cui all’articolo 8, comma 11 del decreto-legge 78 del 2010, i quali, precisa la norma, alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame non siano stati ancora riassegnati al Fondo per le missioni internazionali, e che restano acquisiti all’entrata del bilancio dello Stato. Nelle more dell’accertamento dei predetti versamenti in entrata, viene accantonato e reso indisponibile l’importo di 6.993.960 euro di competenza e di cassa, all’interno delle spese rimodulabili di parte corrente del Ministero della Difesa. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede al disaccantonamento o alla riduzione delle risorse necessarie per assicurare la copertura di cui alla presente lettera f), in base agli esiti degli accertamenti di entrata.

 

In ordine a quanto precede si precisa:

lettera a): si ricorda che l'articolo 1, comma 1240, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007) ha istituito il Fondo per le missioni internazionali di pace all’interno dello stato di previsione del Ministero dell’Economia e delle Finanze (capitolo 3004).

Il comma 5 dell’articolo 55 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 30 luglio 2010, n. 122, ha disposto l'integrazione del medesimo Fondo rispettivamente nella misura di 320 milioni di euro per il 2010; di 4,3 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2011 al 2014; di 64,2 milioni di euro per l’anno 2015 e di 106,9 milioni di euro per gli anni dal 2016 al 2020.

Successivamente, il comma 27 dell’art. 1 della legge di stabilità per il 2011 (legge 13 dicembre 2010, n. 220) ha disposto per il 2011 un incremento di 750 milioni di euro dello stanziamento del Fondo per il finanziamento delle missioni di pace, finalizzato al proseguimento della partecipazione italiana a missioni internazionali fino al 30 giugno 2011.

L’anno successivo il comma 18 dell’art. 33 della legge di stabilità 2012-2014 (legge 12 novembre 2011, n. 183) ha disposto per il 2012 un incremento di 700 milioni di euro dello stanziamento del Fondo per il finanziamento delle missioni di pace, finalizzato al proseguimento della partecipazione italiana a missioni internazionali fino al 30 giugno 2012. Tuttavia,il comma 1 dell’art. 30 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (recante disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre2011, n. 214, mediante novella del citato art. 33, comma 18, della legge di stabilità per il triennio 2012-2014, opera un’ulteriore proroga, fino al 31 dicembre 2012, degli stanziamenti per le missioni internazionali di pace cui l’Italia partecipa, apprestando nel contempo le necessarie risorse, nella misura di 700 milioni di euro aggiuntivi a favore del Fondo per il finanziamento delle missioni di pace. La norma in commento sostituisce infatti, nelle previsioni del citato comma 18 la data del 30 giugno 2012 con quella del 31 dicembre 2012, e la somma di 700 milioni con l’importo di 1.400 milioni di euro.

L’art. 23, comma 6 del D.L. 95/2012 (cd. Spending review) ha disposto ai fini della proroga per l’anno 2013 della partecipazione italiana a missioni internazionali, l'incremento della  dotazione del fondo di 1.000 milioni di euro per l'anno 2013 – nel contempo l’art. 7, comma 19 ne aveva disposto la riduzione di 8,9 milioni per il 2012. Successivamente, il comma 252 della legge di stabilità 2014 (legge 147/2013) ha disposto un incremento delle dotazioni del Fondo pari a 614 milioni per il 2014. Da ultimo, con la legge di stabilità 2015 – legge 23 dicembre 2014, n. 190 -, art. 1, comma 178, il Fondo – che nelle previsioni di bilancio 2015 (cap. 3004/Economia e finanze) era dotato di circa 50 milioni di euro - è stato incrementato di 850 milioni di euro per ciascuno degli  anni 2015 e 2016.

 

Lettera b): l’art. 1, comma 273 della legge finanziaria per il 2014 ha previsto, in connessione con le esigenze poste dall’organizzazione della Presidenza semestrale italiana della UE (seconda metà del 2014), la spesa di  56.000.000 di euro per l'anno  2014  e  di 2.000.000 di euro per l'anno 2015;

 

Lettera d): la legge n. 208 del 1984 ha a suo tempo dettato norme generali per l’organizzazione e il finanziamento dei semestri di Presidenza italiana della CEE, prevedendo che le spese di organizzazione connesse con  i  periodi  di  Presidenza italiana del Consiglio delle Comunita' europee  e  articolate  su  un tempo massimo di ventiquattro mesi gravano sullo stato di  previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, che provvede a somministrare le  somme occorrenti mediante aperture di credito a favore  del  capo  della Delegazione istituita ai sensi del successivo  articolo  2.

 

Lettera f): il sistema dei rimborsi delle Nazioni Unite per i Paesi partecipanti ai contingenti militari e di polizia dell'ONU si basa dal 1996 sul sistema del Contingent Owned Equipment(COE), il quale risulta sua volta accentrato sul Memorandum d'intesa, accordo formale e vincolante, negoziato tra l'ONU e il Paese che fornisce il contributo, che stabilisce le responsabilità e i requisiti del personale, dei mezzi e dei servizi di supporto da fornire alla missione. Il Memorandum d'intesa viene sottoscritto dai rappresentanti del Department of Field Support dell'ONU e della missione permanente presso le Nazioni Unite del paese contribuente. I coefficienti di rimborso vengono rivisti ogni tre anni da un gruppo di lavoro COE presso l'Assemblea Generale dell'ONU. Dopo il dispiegamento del contingente, hanno luogo ispezioni di verifica da parte del personale COE in teatro e la relazione, inviata ai quartieri generali, viene confrontata con il Memorandum d'intesa. Solo previa verifica, si procede al calcolo del rimborso che viene erogato nei mesi di marzo, giugno, settembre e dicembre di ogni anno.

 

In base al comma 7 dell’articolo 20 in commento, il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

Ai sensi, infine, del comma 8 dell’articolo 20, dall’attuazione delle disposizioni di cui articoli 1, 2, 3, 4, 6, 7, 8, 9 e 10 del decreto-legge in esame non devono derivare nuovi maggiori oneri a carico della finanza pubblica (clausola di invarianza finanziaria): a tale scopo le Amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti connessi a quelle disposizioni con l’utilizzazione delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

 

 

 


 



[1]     R.D. 18 giugno 1931, n. 773, Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.

[2]     D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla L.  30  luglio 2010, n. 122, recante "Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché' interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale".

[3]     Recante "Trattamento economico del personale dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica destinato isolatamente all'estero presso Delegazioni o Rappresentanze militari ovvero presso enti, comandi od organismi internazionali". Questo provvedimento è stato abrogato dall'art. 2268, comma 1, n. 489, D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66.

[4]     Tale elargizione è stata elevata ad euro 200.000 dall'articolo 2 del decreto-legge 28 novembre 2003, n. 337, recante “Disposizioni urgenti in favore delle vittime militari e civili di attentati terroristici all'estero” e convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1 della legge 24 dicembre 2003, n. 369.

[5]     D.L. 30 dicembre 2008, n. 209, Proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 24 febbraio 2009, n. 12.

[6]     D.L. 4 novembre 2009, n. 152, Disposizioni urgenti per la proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia e disposizioni urgenti in materia di personale della Difesa, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 29 dicembre 2009, n. 197.

[7]     D.L. 1 dicembre 2001, n. 421, Disposizioni urgenti per la partecipazione di personale militare all'operazione multinazionale denominata «Enduring Freedom», convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 31 gennaio 2002, n. 6.

[8]     Le disposizioni sono state introdotte dal D.L. 15 giugno 2009, n. 61, recante disposizioni urgenti in materia di contrasto alla pirateria, convertito dalla legge 22 luglio 2009, n. 100.

[9]     Si tratta della missione dell'Unione europea finalizzata alla prevenzione e alla repressione degli atti di pirateria e delle rapine a mano armata al largo della Somalia, di cui all'azione comune 2008/851/PESC del Consiglio dell'Unione europea.

[10]    Analoga previsione è contenuta nel codice penale, art. 55, in base al quale se, trovandosi in una situazione coperta da una causa di giustificazione, l'agente ne ecceda colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall’ordine dell’autorità ovvero imposti dalla necessità, egli è punito a titolo di colpa qualora il fatto sia previsto dalla legge come delitto colposo.