Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Misure per il sostegno e la valorizzazione dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti e dei territori montani e rurali, nonché disposizioni per la riqualificazione ed il recupero dei centri storici - A.C. 65 e A.C. 2284 T.U.
Riferimenti:
AC N. 65/XVII   AC N. 2284-T.U./XVII
Serie: Note per la I Commissione affari costituzionali    Numero: 210
Data: 28/06/2016
Descrittori:
CENTRI STORICI E ZONE PEDONALI   COMUNI
COMUNITA' AREE E ZONE MONTANE   RICOSTRUZIONE E CONSOLIDAMENTO DI ABITATI E DI IMMOBILI
ZONE AGRICOLE     
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici


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Misure per il sostegno e la valorizzazione dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti e dei territori montani e rurali, nonché disposizioni per la riqualificazione ed il recupero dei centri storici

28 giugno 2016
Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale


Indice

Contenuto|Relazioni allegate o richieste|Collegamento con lavori legislativi in corso|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|Rispetto degli altri princìpi costituzionali|Attribuzione di poteri normativi|


Contenuto

Il testo unificato delle proposte di legge n. 65 e 2284, che consta di sedici articoli, contiene una serie di misure destinate ai piccoli comuni e disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici. Il testo è stato adottato come nuovo testo base nella seduta del 4 maggio 2016 e modificato dagli emendamenti appovati nella seduta dell'8 giugno 2016.

L'articolo 1 precisa le finalità generali della proposta di legge (comma 1) richiamando gli articoli 3, 44, secondo comma, 117 e 119, quinto comma, della Costituzione e la conformità agli obiettivi di coesione economica, sociale e territoriale di cui all'articolo 3 del Trattato sull'UE e di pari opportunità per le zone con svantaggi strutturali e permanenti di cui all'art. 174 del Trattato sul funzionamento dell'UE (TFUE). L'articolo reca, inoltre, la definizione di "piccolo comune", che deve  avere una popolazione residente fino a 5.000 abitanti o essere stato istituito a seguito di fusione tra comuni aventi ciascuno popolazione fino a 5.000 abitanti, e che deve rientrare in una delle tipologie ivi elencate (comma 3).

Si osserva che la tipologia di cui alla lettera m) del comma 3, riguardante i comuni istituiti a seguito di fusione, andrebbe coordinata con la prima parte della definizione, che già contempla tale requisito.

Le regioni possono prevedere ulteriori tipologie di comuni, tenuto conto della specificità del proprio territorio (comma 4). I dati concernenti la popolazione dei comuni sono periodicamente aggiornati e resi pubblici conformemente a quelli elaborati dall'ISTAT; in sede di prima applicazione, è considerata la popolazione risultante dall'ultimo censimento ISTAT (comma 5).

Si osserva che andrebbe valutato se definire un termine preciso per l'aggiornamento dei dati, considerato che il comma 7 prevede la revisione triennale dell'elenco dei "piccoli comuni".

Il comma 2 disciplina l'applicazione delle norme della legge (in particolare degli articoli 2, 4, 5, 6, 7, 8, comma 1, 9, 10, 11 e 12) nei comuni con popolazione residente fino a 5.000 abitanti, nonché nei comuni istituiti a seguito di fusione tra comuni aventi ciascuno popolazione residente fino a 5.000 abitanti, non rientranti nell'elenco dei "piccoli comuni" . Tale comma dispone che, fermo restando quanto previsto dall'art. 3, tali comuni "esclusi" attuino le citate disposizioni nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Il comma 2 stabilisce altresì che le regioni, nell'ambito delle proprie competenze, possono definire interventi ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legge per il raggiungimento delle finalità di cui al comma 1, anche al fine di concorrere all'attuazione della Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne del Paese.

Si osserva che tale disposizione, che sembra avere una portata generale, potrebbe trovare più opportunamente un'autonoma collocazione (alla stregua di quanto prevedeva il testo iniziale dell'A.C. 65), atteso che il comma 2 detta disposizioni limitate ai comuni non rientranti nell'elenco dei "piccoli comuni". 

L'articolo 2 demanda a una pluralità di enti (Stato, regioni, città metropolitane, province, unioni di comuni, comuni, anche in forma associata, unioni di comuni montani, ed enti parco) la possibilità di assicurare, secondo le rispettive competenze, che nei piccoli comuni (come definiti dall'art. 1) siano perseguite la qualità e l'efficienza dei servizi essenziali, con particolare riguardo ai seguenti ambiti: ambiente, protezione civile, istruzione, sanità, servizi socio-assistenziali, trasporti, viabilità e servizi postali.

In attuazione delle predette finalità, il comma 2 dispone la facoltà nei piccoli comuni, anche in forma associata, di istituire  centri multifunzionali, con la possibilità del concorso di regioni e province alla copertura delle relative spese, nei quali concentrare:

  • la fornitura di una pluralità di servizi per i cittadini (in materia ambientale, sociale, energetica, scolastica, postale, artigianale, turistica, commerciale, di comunicazione e di sicurezza);
  • nonché lo svolgimento di attività di volontariato e di associazionismo culturale.

 In particolare, il comma 2 prevede altresì la possibilità che i centri multifunzionali stipulino con gli imprenditori agricoli le convenzioni e i contratti d'appalto previsti dalla vigente normativa sulla modernizzazione del settore agricolo, per lo svolgimento di attività volte alla cura e alla manutenzione del territorio.

L'articolo 3 disciplina l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, di un Fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni, con una dotazione di 10 milioni di euro per il 2017 e di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2018 al 2023, per il finanziamento di investimenti per l'ambiente e i beni culturali, la mitigazione del rischio idrogeologico,la salvaguardia e la riqualificazione urbana dei centri storici, la messa in sicurezza delle infrastrutture stradali e degli istituti scolastici, lo sviluppo economico e sociale, l'insediamento di nuove attività produttive. Ai fini dell'utilizzo delle suddette risorse, i commi 2 e 3 prevedono, rispettivamente,  la predisposizione di un Piano nazionale per la riqualificazione dei piccoli comuni, da approvare con decreto del Presidente del Consiglio, previa intesa in sede di Conferenza unificata,  e l'individuazione, con successivi decreti del Presidente del Consiglio, dell'elenco di interventi prioritari assicurati dal Piano nazionale. In particolare, nel Piano sono definite le modalità di presentazione dei progetti da parte delle amministrazioni comunali, nonché di selezione dei progetti medesimi da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri sulla base dei criteri individuati nella norma.

I commi 1-3 dell'articolo 4 prevedono la possibilità, per i piccoli comuni, di individuare, all'interno del perimetro dei centri storici, zone di particolare pregio, dal punto di vista della tutela dei beni architettonici e culturali, in cui realizzare interventi integrati pubblici e privati finalizzati alla riqualificazione urbana, nel rispetto delle tipologie e delle strutture originarie, attraverso gli strumenti all'uopo previsti dalla vigente normativa statale e regionale in materia. Il comma 2 disciplina le modalità di approvazione e i contenuti degli interventi integrati in questione. Viene infatti disposto che tali interventi sono approvati dal comune con propria deliberazione e prevedono:

  • il risanamento, la conservazione e il recupero del patrimonio edilizio da parte di soggetti privati;
  • la realizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico, nel rispetto dei caratteri identificativi e tipici delle zone di cui al comma 1;
  • la manutenzione straordinaria dei beni pubblici già esistenti da parte dell'ente locale e il riuso del patrimonio edilizio inutilizzato;
  • il miglioramento e l'adeguamento degli arredi e dei servizi urbani;
  • gli interventi finalizzati al consolidamento statico e antisismico degli edifici storici;
  • la realizzazione di infrastrutture e servizi adeguati;
  • il miglioramento dei servizi urbani quali l'illuminazione, la pulizia delle strade, i parcheggi, l'apertura e la gestione di siti di rilevanza storica, artistica e culturale.

In base al comma 3 le regioni possono prevedere forme di indirizzo e coordinamento finalizzate al recupero e alla riqualificazione dei centri storici, anche in relazione agli interventi integrati approvati dai comuni. 

Il comma 4 prevede la possibilità per i comuni di realizzare alberghi diffusi, avvalendosi delle risorse del fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni di cui all'articolo 3. La stessa disposizione definisce come alberghi diffusi le strutture ricettive ricavate dal recupero e dal restauro conservativo degli immobili inutilizzati e in stato di degrado, che si trovano in borghi antichi o in centri storici abbandonati o parzialmente spopolati. La struttura deve essere caratterizzata da un ufficio di ricevimento e stanze riservate all'ospitalità in uno o più edifici all'interno del borgo o del centro storico.

Si segnala che per quanto attiene la definizione di albergo diffuso, la Corte Costituzionale, con sentenza 2-5 aprile 2012, n. 80, ha dichiarato l'incostituzionalità dell'articolo 9, del D.Lgs 79/2011, in materia di classificazione e disciplina delle strutture ricettive alberghiere e paralberghiere, poiché la disposizione aveva accentrato in capo allo Stato compiti e funzioni la cui disciplina era stata rimessa alle Regioni e alle Province autonome dall'art. 1 dell'accordo tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome recepito dal d.P.C.M. 13 settembre 2002.
Si ricorda che nell'accordo succitato sono ricomprese, tra l'altro, le attività ricettive e le attività di gestione di strutture e di complessi con destinazione a vario titolo turistico-ricettiva, con annessi servizi turistici ed attività complementari, fra i quali alberghi e residenze turistico-alberghiere/residence, case ed appartamenti per vacanze (anche quando gestiti sotto la formula della multiproprietà), campeggi e villaggi turistici, altre strutture ricettive definite dalle leggi regionali.
La Corte quindi ha specificato che la disposizione realizzava un accentramento di funzioni legislative spettanti in via ordinaria alle Regioni, in virtù della loro competenza legislativa residuale in materia di turismo. Tale spostamento aveva quindi alterato il riparto di competenze tra Stato e Regioni nella suddetta materia.

L'articolo 5  prevede che i piccoli comuni, anche avvalendosi delle risorse di cui all'articolo 3, comma 1, hanno la facoltà di adottare misure volte all'acquisizione e alla riqualificazione di immobili al fine di contrastare l'abbandono di terreni e di edifici in stato di abbandono o di degrado.

L'articolo 6  stabilisce che i  piccoli comuni, anche in forma associata,  potranno acquisire stazioni ferroviarie disabilitate o case cantoniere della società ANAS Spa, al valore economico definito dai competenti uffici dell'Agenzia del territorio oppure stipulare intese finalizzate al recupero di tali beni. Questi potranno essere destinati, anche attraverso l'istituto del comodato, a favore di organizzazioni di volontariato e a presìdi di protezione civile e salvaguardia del territorio. In alternativa, d'intesa con Invitalia - Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa, potranno essere destinati a sedi di promozione ed eventuale vendita dei prodotti tipici locali e per altre attività comunali. E' inoltre previsto che i piccoli comuni possano acquisire il sedime ferroviario dismesso, da utilizzare principalmente per la realizzazione di piste ciclabili. Il comma 2 prevede in particolare che il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, in collaborazione con Ferrovie dello Stato e previo accordo con Regioni ed enti locali interessati, promuova la realizzazione di circuiti e itinerari turistico-culturali, volti alla fruizione dei percorsi connessi alla rete ferroviaria storica, con particolare riferimento al territorio delle piccole comunità.

Il comma 3 prevede che ai piccoli comuni si applicano le disposizioni di cui all'art. 135, comma 4, lettera d), del D.Lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio). Tale disposizione prevede che i piani paesaggistici, con riferimento ai diversi ambiti, definiscono apposite prescrizioni e previsioni ordinate in particolare ad una serie di finalità, tra le quali l'individuazione delle linee di sviluppo urbanistico ed edilizio, in funzione della loro compatibilità con i diversi valori paesaggistici riconosciuti e tutelati, con particolare attenzione alla salvaguardia dei paesaggi rurali e dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell'UNESCO.

Andrebbe valutata l'opportunità di chiarire la portata normativa della disposizione tenuto conto che la norma richiamata ha un'applicazione di carattere generale.

Si fa notare che nel testo iniziale dell'A.C. 65 la norma in esame era formulata come novella alla richiamata lettera d), prevedendo che la particolare attenzione da essa richiesta fosse dedicata non solo alla salvaguardia dei paesaggi rurali e dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell'UNESCO, ma anche al territorio dei comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti.

L'articolo 7 prevede la possibilità, per i piccoli comuni, anche in forma associata, di stipulare convenzioni con le diocesi cattoliche e le rappresentanze delle altre confessioni religiose che hanno concluso intese con lo Stato italiano, ai sensi dell'art. 8 della Costituzione. La finalità è quella di  salvaguardare e recuperare i beni culturali, storici, artistici e librari degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, anche avvalendosi delle risorse relative al Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'interno dall'art. 3 e di quelle rese disponibili da operatori economici privati.

L'articolo 8 stabilisce, al comma 1, che le aree dei piccoli comuni individuati dalla proposta di legge, che rientrano nelle "aree bianche", ossia a fallimento di mercato, possano essere destinatarie delle risorse previste, in attuazione del piano per la banda ultralarga del 2015, per le aree a fallimento di mercato (aree bianche rientranti nei cluster C e D).

Si tratta delle aree per le quali la delibera CIPE 6 agosto 2015, n. 65 ha previsto uno stanziamento pari a 2,2 miliardi di euro a valere sulle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC) 2014-2020, per interventi di immediata attivazione.

Andrebbe pertanto chiarita l'effettiva portata normativa del comma 1 dell'articolo 8. Infatti già sulla base della mappatura del territorio nazionale in essere le aree dei comuni di cui alla proposta di legge che rientrino nelle aree a fallimento di mercato, saranno destinatarie degli interventi di realizzazione della banda ultralarga finanziati sulla base della delibera CIPE 6 agosto 2015, n. 65.

 Il comma 2 prevede inoltre che i progetti informatici riguardanti i piccoli comuni conformi ai requisiti prescritti dalla legislazione nazionale e dell'Unione europea, abbiano la precedenza nell'accesso ai finanziamenti pubblici previsti dalla normativa vigente per la realizzazione dei programmi di e-government.

In tale ambito sono definiti come prioritari i collegamenti informatici nei centri multifunzionali per la fornitura di una pluralità di servizi da parte dei comuni (previsti dall'articolo 2, comma 2), compresi quelli realizzati attraverso l'utilizzo di sistemi di telecomunicazione a banda larga e senza fili.

Il comma 3 prevede infine che il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione dia priorità ai piccoli comuni, anche in forma associata,  nella individuazione delle iniziative di innovazione tecnologica individuate per i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti.

 

L'articolo 9, comma 1, per favorire il pagamento di imposte, tasse e tributi nonché dei corrispettivi dell'erogazione di acqua, energia, gas e di ogni altro servizio nei piccoli comuni, consente di utilizzare la rete telematica gestita dai concessionari del Ministero dell'economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato per l'attività di incasso e trasferimento di somme, previa convenzione con il Ministero dell'economia e delle finanze, nel rispetto della disciplina riguardante i servizi di pagamento e delle disposizioni adottate in materia dalla Banca d'Italia.

Il riferimento alla "rete telematica gestita dai concessionari del Ministero dell'economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato" non consente di individuare con precisione l'infrastruttura tramite la quale potranno essere effettuati i predetti flussi di pagamenti.

In assenza di ulteriori precisazioni, la disposizione in commento sembra fare riferimento alla rete telematica di proprietà dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, costituita dall'infrastruttura hardware e software di trasmissione dati, prevista dall'articolo 14-bis, comma 4, del DPR n. 640 del 1972, per mezzo della quale si effettua la gestione telematica degli apparecchi da intrattenimento contemplati dall'articolo 110 del TULPS per l'esercizio del gioco lecito. Al riguardo però si osserva che lo scopo precipuo dell'infrastruttura è quella di gestire il gioco lecito, con finalità legate alla pubblica sicurezza ed al prelievo fiscale; l'utilizzo di detta rete per l'incasso e il trasferimento di somme richiederebbe, dunque, la predisposizione di ulteriori infrastrutture software, con eventuali profili di onerosità. Si rammenta inoltre che, in applicazione del D.L. 6 luglio 2012, n. 95, dal 1° dicembre 2012 l'Agenzia delle Dogane ha incorporato l'AAMS assumendo la nuova denominazione di Agenzia delle Dogane e dei Monopoli; la relativa dicitura andrebbe dunque aggiornata.

 Il comma 1 in commento specifica che l'utilizzo della predetta rete deve avvenire nel rispetto della disciplina riguardante i servizi di pagamento e delle disposizioni adottate in materia dalla Banca d'Italia.

Il comma 2 dell'art. 9, consente ai piccoli comuni, anche in forma associata e d'intesa con la regione, in conformità alla normativa europea e nazionale e fermo restando il rispetto della normativa regolatoria di settore, di proporre iniziative per sviluppare l'offerta complessiva dei servizi postali congiuntamente ad altri servizi in specifici ambiti territoriali. Tali ambiti saranno individuati tenuto conto di ragioni di efficienza e razionalizzazione della fornitura dei servizi e valorizzando la presenza capillare degli uffici postali del fornitore del servizio universale postale.

Si prevede che di tali iniziative, che dovranno essere valutate favorevolmente da parte del fornitore del servizio universale postale, sia data informazione, a cura dello stesso fornitore del servizio universale, alMinistero dello sviluppo economico e all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM).

Viene inoltre riconosciuta (comma 3)  ai piccoli comuni la facoltà di stipulare convenzioni, d'intesa con le organizzazioni di categoria e con la società Poste italiane Spa, affinché i pagamenti su conti correnti, in particolare quelli relativi alle imposte comunali, i pagamenti dei vaglia postali, nonché altre prestazioni possano essere effettuati presso gli esercizi commerciali di comuni o frazioni non serviti dal servizio postale, e affidare a Poste italiane spa la gestione dei servizi di tesoreria e di cassa. 

 

L'articolo 10 prevede che i piccoli comuni possano promuovere il consumo e la commercializzazione dei prodotti agroalimentari provenienti da filiera corta a chilometro utile.

A tal fine, viene fornita la definizione di filiera corta, intesa come "filiera produttiva caratterizzata dall'assenza di intermediari commerciali", e da prodotti agroalimentari provenienti da filiera corta a chilometro utile, intesi come prodotti provenienti da filiera corta, le cui aree di produzione, anche se ricadenti in più regioni, sono poste ad una distanza che non supera i 50 chilometri dal luogo di vendita, o che sono comprese nei territori dei comuni confinanti.

Si rileva, al riguardo, che il combinato disposto delle due disposizioni sembra configurare come unica ipotesi quella della "vendita diretta" e della "filiera corta". Infatti, se il prodotto agroalimentare deve provenire da una filiera corta ed essa è caratterizzata da assenza di intermediari, l'ipotesi configurata è quella della vendita diretta da parte dell'imprenditore agricolo, la cui disciplina è contenuta nell'articolo 4 del decreto legislativo n.228 del 2001. Si ricorda, inoltre, che il reg. (UE) n.1305/2013 fornisce una definizione di filiera corta, indicandola come "una filiera di approvvigionamento formata da un numero limitato di operatori economici che si impegnano a promuovere la cooperazione, lo sviluppo economico locale e stretti rapporti socio-territoriali tra produttori, trasformatori e consumatori (art. 2, par. 1, lett. m)).

I prodotti agroalimentari ecologici provenienti da filiera corta hanno le stesse caratteristiche dei precedenti con l'aggiunta di provenire da coltivazioni biologiche o equivalenti o a basso impatto ambientale, e privi di contaminazioni con organismi geneticamente modificati. Viene, infine, definito cosa debba intendersi per mercato alimentare di vendita diretta; è considerato tale quello che si svolge su aree pubbliche o private che sono destinate alla vendita diretta dei prodotti agroalimentari da parte di imprenditori agricoli singoli o associati iscritti nel registro delle imprese, e dei produttori inseriti in sistemi di garanzia partecipata.

Il comma 3  stabilisce che l'utilizzo di prodotti agroalimentari provenienti da filiera corta a chilometro utile e dei prodotti agroalimentari ecologici costituisca un titolo preferenziale, ai fini dell'aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi o di forniture di prodotti alimentari destinati alla ristorazione collettiva dei piccoli comuni, nel caso in cui tale utilizzo sia previsto in quantità superiori ai criteri minimi ambientali stabiliti dai paragrafi 5.3.1. e 6.3.1. dell'allegato I annesso al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 25 luglio 2011.

Il D.M. del 25 luglio 2011 disciplina l'adozione dei criteri minimi ambientali da inserire nei bandi di gara della Pubblica amministrazione, per l'acquisto di prodotti e servizi nei settori della ristorazione collettiva e fornitura di derrate alimentari e serramenti esterni. L'allegato 1 del citato D.M. contiene i criteri ambientali minimi, per l'affidamento del servizio di ristorazione collettiva e per la fornitura di derrate alimentari, elaborati nell'ambito del PAN GPP (Piano d'azione per la sostenibilità ambientale dei consumi della pubblica amministrazione), adottato con il decreto interministeriale n. 135 dell'11 aprile 2008. In particolare, i paragrafi 5.3.1 e 6.3.1. del citato allegato 1 stabiliscono le specifiche tecniche sulla produzione degli alimenti e delle bevande previste, rispettivamente, per il servizio di ristorazione collettiva e la fornitura di derrate alimentari.

Andrebbe valutata l'opportunità di coordinare la predetta disposizione con gli articoli 34 e 144 del nuovo codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016, che riguardano rispettivamente i criteri ambientali minimi e i servizi di ristorazione.

Si ricorda in tale ambito che l'art. 34 del nuovo Codice dei contratti pubblici (D.Lgs 50/2016) prevede l'inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi, adottati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e conformemente, in riferimento all'acquisto di prodotti e servizi nei settori della ristorazione collettiva e fornitura di derrate alimentari, a quanto specificamente previsto all'articolo 144. Tale articolo stabilisce che la valutazione dell'offerta tecnica tiene conto, in particolare, degli aspetti relativi a fattori quali la qualità dei generi alimentari con particolare riferimento a quella di prodotti biologici, tipici e tradizionali, di quelli a denominazione protetta, nonché di quelli provenienti da sistemi di filiera corta e da operatori dell'agricoltura sociale, il rispetto delle disposizioni ambientali in materia di green economy, dei criteri ambientali minimi pertinenti di cui al citato articolo 34 e della qualità della formazione degli operatori. Il medesimo articolo 144 prevede l'emanazione di decreti del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per la definizione e l'aggiornamento delle linee di indirizzo nazionale per la ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica e, fino all'adozione di dette linee di indirizzo, si applica l'articolo 216, comma 18 per cui le stazioni appaltanti individuano nei documenti di gara le specifiche tecniche finalizzate a garantire la qualità del servizio richiesto. 
Il citato art. 34 specifica inoltre che nei contratti relativi ai servizi di ristorazione in generale il decreto ministeriale che dovrà essere emanato potrà stabilire l'obbligo dell'inserimento delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali nel bando di gara anche per una quota inferiore al 50 per cento del valore a base d'asta. 

 

L'articolo 11 prevede, al comma 1, che i piccoli comuni riservino almeno il 25% del totale dei posteggi delle aree pubbliche destinate ai mercati alimentari di vendita diretta agli imprenditori agricoli che vendono i prodotti agroalimentari, inclusi quelli ecologici, provenienti da filiera corta a chilometro utile.

Il comma 2 prevede che per la vendita dei medesimi prodotti le strutture commerciali ubicate nei piccoli comuni sono tenute ad allestire appositi spazi in modo da rendere edotti gli acquirenti sugli elementi distintivi di qualità e di sostenibilità ambientale dei prodotti in vendita.

L'articolo 12, intitolato alla vendita dei prodotti agroalimentari provenienti da filiera corta, nel testo fa riferimento invece alla vendita nei mercati alimentari di vendita diretta, prevedendo che possano svolgere tale attività gli imprenditori agricoli iscritti nel registro delle imprese, la cui azienda agricola sia ubicata nell'ambito territoriale amministrativo della regione o negli ambiti definiti dalle singole amministrazioni competenti. Gli amministratori dell'impresa non devono aver riportato condanne con sentenze passate in giudicato per delitti in materia di igiene e di frode nella preparazione degli alimenti.

Si rileva, in proposito, che in tal caso non risulta specificata l'applicabilità della norma ai soli piccoli comuni.

Si ricorda in proposito che la materia è disciplinata dal DM 20 novembre 2007, che regolamenta la vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli nei mercati riservati, dove si prevede, oltre ai due requisiti richiamati nell'articolo 12, anche quello relativo alla provenienza dei prodotti agricoli dalla propria azienda, ottenuti anche a seguito di manipolazione e trasformazione, ovvero di prodotti ottenuti nell'ambito territoriale definito, nel rispetto del limite di prevalenza di cui all'articolo 2135 del codice civile.

 

L'articolo 13 pone in capo ai comuni che esercitano obbligatoriamente in forma associata le funzioni fondamentali mediante unione di comuni o unione di comuni montani l'obbligo di svolgere le funzioni di programmazione in materia di sviluppo socio-economico, e quelle che riguardano l'impiego delle occorrenti risorse finanziarie, anche derivanti dai fondi strutturali dell'Unione europea. E' fatto divieto di ricorrere alla creazione di nuovi soggetti, agenzie o strutture comunque denominate per lo svolgimento di tale compito. Le Regioni devono adottare gli opportuni provvedimenti per recepire la disciplina dell'Unione europea in materia di sviluppo delle aree rurali e montane.

 

L'articolo 14 prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dell'economia e delle finanze e d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, predispone, in coerenza con la strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne del Paese, il Piano per i trasporti e il Piano per l'istruzione, entrambi destinati alle aree rurali e montane.

Il Piano per i trasporti (co. 1, lett. a) deve avere come obiettivo il miglioramento delle reti infrastrutturali, il coordinamento tra i servizi, pubblici e privati, finalizzati al collegamento tra i comuni delle aree rurali e montane, nonché il collegamento degli stessi con i comuni capoluogo di provincia e regione.

Occorre valutare se il Piano per i trasporti non debba essere elaborato su diretta proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (invece che con il concerto dello stesso).

Il Piano per l'istruzione (co. 1, lett. b) deve avere particolare riferimento al collegamento delle scuole ubicate in tali aree, all'informatizzazione e alla progressiva digitalizzazione.

Con riferimento ad informatizzazione e progressiva digitalizzazione, si ricorda che l'art. 11, co. 3,delD.L. 179/2012 (L. 221/2012) – aggiungendo il co. 1-bisnell'art. 8 del DPR 81/2009 – ha disposto che per le scuole funzionanti, fra l'altro, nelle piccole isole e nei comuni montani, le regioni e gli enti locali interessati stipulano convenzioni con il MIUR per consentire, in situazioni particolarmente svantaggiate, l'istituzione di centri scolastici digitali collegati funzionalmente alle istituzioni scolastiche di riferimento, mediante l'utilizzo di nuove tecnologie.

 

L'articolo 15  contiene la clausola di invarianza finanziaria.

L'articolo 16 stabilisce che sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, che perseguono le finalità della presente legge ai sensi di quanto previsto dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione.

La disposizione potrebbe essere intesa nel senso di escludere le regioni a statuto speciale e le province autonome dall'ambito di applicazione della legge.

Si segnala che tutte le autonomie speciali hanno competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali; la competenza riguarda tutti gli aspetti dell'ordinamento - circoscrizioni territoriali, conferimento di funzioni, sistema elettorale - ed anche la finanza locale. Per quest'ultimo aspetto, tuttavia, esiste di fatto una differenza sostanziale che distingue le due isole dalle altre autonomie speciali. Per le regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e per le Province autonome di Trento e di Bolzano sono intervenute specifiche norme di attuazione dello statuto speciale che hanno disciplinato la materia della finanza locale nel senso che è la regione - o la provincia autonoma - a provvedere interamente alla finanza degli enti locali del proprio territorio con risorse del proprio bilancio e senza alcun apporto da parte dello Stato. Ciò non è avvenuto, invece, nel caso della Regione Sardegna e della Regione siciliana, dove la finanza degli enti locali è ancora a carico dello Stato. 

Si segnala altresì che gli ambiti di intervento della legge sono molteplici, alcuni dei quali, peraltro, attengono a funzioni tipicamente statali come ad esempio lo sviluppo della rete in banda ultra larga e programmi di e-government (articolo 8) o le disposizioni relative ai servizi postali e all'effettuazione di pagamenti (articolo 9) che quindi dovrebbero riguardare tutto il territorio nazionale.


Relazioni allegate o richieste

Alle proposte di legge originariamente presentate sono allegate le relazioni illustrative.


Collegamento con lavori legislativi in corso

E' in corso presso l'VIII Commissione della Camera l'esame del testo unificato di una serie di proposte di legge recanti norme per la tutela e la valorizzazione del patrimonio ferroviario in abbandono e la realizzazione di una rete della mobilità dolce (A.C. 72, A.C. 599, A.C. 1640, A.C. 1747).

Si segnala altresì che è in corso di esame presso la  IX Commissione la proposta di legge AC 1178 in materia di ferrovie turistiche, che ha come finalità a salvaguardia e la valorizzazione dei tracciati ferroviari e delle stazioni in disuso ove sia ancora possibile il ripristino dell'esercizio ferroviario in un'ottica turistica, per le linee che attraversano territori di particolare pregio naturalistico o archeologico.

Si ricorda, infine, che è all'esame del Senato il disegno di legge contenente una disciplina per il contenimento del consumo del suolo già approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati (A.S. 2383).


Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Le disposizioni del provvedimento in esame appaiono prevalentemente riconducibili alle disposizioni dettate dall'articolo 119, quinto comma, della Costituzione, che prevede che lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettuai interventi speciali in favore di determinati comuni, province, città metropolitane e regioni per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale e per rimuovere gli squilibri economici e sociali, nonché alle materie «sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie».

Relativamente a singole disposizioni possono essere richiamate una pluralità di materie, tra cui la tutela dell'ambiente, l'ordinamento civile e la tutela della concorrenza, assegnate alla competenza legislativa esclusiva statale (articolo 117, secondo comma, lettere s), l) ed e) Cost.), il governo del territorio, l'ordinamento della comunicazione e l'istruzione, demandate alla competenza concorrente concorrente tra Stato e regioni (articolo 117, terzo comma, Cost.), nonché turismo, agricoltura e commercio, ascritte alla competenza residuale delle regioni (articolo 117, quarto comma, Cost.).  

L'articolo 3 disciplina l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, di un Fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni, con una dotazione di 10 milioni di euro per il 2017 e di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2018 al 2023, per il finanziamento di investimenti per l'ambiente e i beni culturali, la mitigazione del rischio idrogeologico,la salvaguardia e la riqualificazione urbana dei centri storici, la messa in sicurezza delle infrastrutture stradali e degli istituti scolastici, lo sviluppo economico e sociale, l'insediamento di nuove attività produttive. Ai fini dell'utilizzo delle suddette risorse, i commi 2 e 3 prevedono, rispettivamente,  la predisposizione di un Piano nazionale per la riqualificazione dei piccoli comuni, da approvare con decreto del Presidente del Consiglio, previa intesa in sede di Conferenza unificata,  e l'individuazione, con successivi decreti del Presidente del Consiglio, dell'elenco di interventi prioritari assicurati dal Piano nazionale. 

Si ricorda in proposito che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 189 del 2015, ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale -  promossa da una Regione in riferimento agli artt. 5, 117, 118, 119 e 120 Cost-  relativa ad una disposizione (art. 18, comma 9, del d.l. 21 giugno 2013 n. 69) che stabilisce che i criteri per l'accesso dei Comuni all'utilizzo delle risorse destinate alla realizzazione del primo Programma «6000 Campanili», concernente una serie di interventi infrastrutturali su edifici pubblici dei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, sono definiti con apposita convenzione tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), da approvare con decreto del Ministro suddetto. Secondo la Corte, la previsione realizza uno dei casi di interventi speciali, di cui all'art. 119, quinto comma, Cost. Sono in proposito richiamati i criteri di individuazione dei suddetti interventi speciali, la cui assenza renderebbe il ricorso a finanziamenti statali ad hoc «uno strumento indiretto ma pervasivo di ingerenza dello Stato nell'esercizio delle funzioni degli enti locali, e di sovrapposizione di politiche e di indirizzi governati centralmente a quelli legittimamente decisi dalle Regioni negli ambiti materiali di propria competenza» (sentenza n. 16 del 2004; nonché, conformemente, sentenze n. 423, n. 320 e n. 49 del 2004). In particolare, tali interventi speciali devono essere aggiuntivi rispetto al finanziamento normale delle funzioni amministrative spettanti all'ente territoriale (art. 119, quarto comma, Cost.), devono riferirsi alle finalità di perequazione e di garanzia enunciate nella norma costituzionale, o comunque a «scopi diversi» dal normale esercizio delle funzioni, infine devono essere indirizzati non già alla generalità degli enti territoriali, bensì a determinati enti territoriali o categorie di enti territoriali (sentenze n. 79 del 2014, n. 273, n. 254 e n. 46 del 2013, n. 176 e n. 71 del 2012).

L'articolo 4, comma 4, prevede la possibilità per i comuni di realizzare alberghi diffusi, avvalendosi delle risorse del fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni di cui all'articolo 3. La stessa disposizione definisce come alberghi diffusi le strutture ricettive ricavate dal recupero e dal restauro conservativo degli immobili inutilizzati e in stato di degrado, che si trovano in borghi antichi o in centri storici abbandonati o parzialmente spopolati. La struttura deve essere caratterizzata da un ufficio di ricevimento e stanze riservate all'ospitalità in uno o più edifici all'interno del borgo o del centro storico.
Per quanto attiene la definizione di albergo diffuso, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 80 del 2012, ha dichiarato l'incostituzionalità dell'articolo 9, del D.Lgs 79/2011, in materia di classificazione e disciplina delle strutture ricettive alberghiere e paralberghiere, poiché la disposizione aveva accentrato in capo allo Stato compiti e funzioni la cui disciplina era stata rimessa alle Regioni e alle Province autonome dall'art. 1 dell'accordo tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome recepito dal d.P.C.M. 13 settembre 2002.
Si ricorda che nell'accordo succitato sono ricomprese, tra l'altro, le attività ricettive e le attività di gestione di strutture e di complessi con destinazione a vario titolo turistico-ricettiva, con annessi servizi turistici ed attività complementari, fra i quali alberghi e residenze turistico-alberghiere/residence, case ed appartamenti per vacanze (anche quando gestiti sotto la formula della multiproprietà), campeggi e villaggi turistici, altre strutture ricettive definite dalle leggi regionali.
La Corte quindi ha specificato che la disposizione realizzava un accentramento di funzioni legislative spettanti in via ordinaria alle Regioni, in virtù della loro competenza legislativa residuale in materia di turismo. Tale spostamento aveva quindi alterato il riparto di competenze tra Stato e Regioni nella suddetta materia.
L'articolo 4, comma 4, nella parte in cui reca la definizione di 'albergo diffuso' deve essere valutato alla luce della richiamata sentenza della Corte costituzionale.

L'articolo 11 prevede, al comma 1, che i piccoli comuni riservino almeno il 25% del totale dei posteggi delle aree pubbliche destinate ai mercati alimentari di vendita diretta agli imprenditori agricoli che vendono i prodotti agroalimentari, inclusi quelli ecologici, provenienti da filiera corta a chilometro utile.

Si ricorda in proposito che l'articolo 28, comma 15, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.114 (riforma della disciplina relativa al settore del commercio) prevede che il comune, sulla base delle disposizioni emanate dalla regione, stabilisce l'ampiezza complessiva delle aree da destinare all'esercizio dell'attività, nonché le modalità di assegnazione dei posteggi, la loro superficie e i criteri di assegnazione delle aree riservate, in misura congrua sul totale, agli imprenditori agricoli che esercitano la vendita diretta.

L'art. 11, comma 1, è riconducibile sia alla competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza che alla competenza residuale regionale in materia di commercio (cfr. sentenza della Corte costituzionale n. 209 del 2013); in ragione del riferimento alla "filiera corta a chilometro utile", deve essere altresì richiamata la competenza esclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente.  


Rispetto degli altri princìpi costituzionali

L'articolo 1, al comma  1, richiama gli articoli 3, 44, secondo comma, 117 e 119, quinto comma, della Costituzione.
Si ricorda, in proposito, che ai sensi dell'art. 44, secondo comma, della Cost. la legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane, mentre l'art. 119, quinto comma, della Cost. dispone che per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.

L'articolo 7, prevede che i piccoli comuni possono stipulare, con le diocesi cattoliche e con le rappresentanze delle altre confessioni religiose che hanno concluso intese con lo Stato italiano, convenzioni per la salvaguardia ed il recupero dei beni culturali, storici, artistici e librari degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti.

Si ricorda la Corte costituzionale ha giudicato costituzionalmente illegittime, per violazione degli articoli 3 e 8, primo comma, Cost., le disposizioni di due leggi regionali che prevedevano benefici in favore delle confessioni religiose per la realizzazione di edifici di culto e di attrezzature destinate a servizi religiosi, nella parte in cui subordinavano l'accesso ai benefici all'esistenza di un'intesa per la regolazione dei rapporti con lo Stato (sentenze n. 195 del 1993 e n. 346 del 2002).

Secondo le citate sentenze, «un intervento generale ed autonomo dei pubblici poteri che trova la sua ragione e giustificazione - propria della materia urbanistica - nell'esigenza di assicurare uno sviluppo equilibrato ed armonico dei centri abitativi e nella realizzazione dei servizi di interesse pubblico nella loro più ampia accezione, che comprende perciò anche i servizi religiosi", ed ha l'effetto di facilitare "le attività di culto, che rappresentano un'estrinsecazione del diritto fondamentale ed inviolabile della libertà religiosa", non può introdurre come elemento di discriminazione fra le confessioni religiose che aspirano ad usufruirne, avendone gli altri requisiti, l'esistenza di un'intesa per la regolazione dei rapporti della confessione con lo Stato.»


Attribuzione di poteri normativi

Il comma 6 dell'articolo 1 prevede la definizione, entro 120 giorni dall'entrata in vigore della legge, dell'elenco dei piccoli comuni, che dovrà essere emanato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa intesa in sede di Conferenza unificata. Prima dell'emanazione lo schema di decreto (in base al disposto del comma 8) dovrà essere trasmesso alle Camere per il parere delle competenti Commissioni parlamentari, da esprimere entro trenta giorni dalla data di assegnazione. Il comma 7 dell'articolo 1 prevede l'aggiornamento con cadenza triennale dell'elenco in questione, con le stesse procedure previste dal comma 6.

Il Piano nazionale per la riqualificazione dei piccoli comuni, disciplinato dall'articolo 3, deve essere predisposto con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'interno, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge, previa intesa in sede di Conferenza unificata.