Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Audizione del Ministro dell'ambiente presso l'VIII Commissione - 18 febbraio 2015 - Le procedure di infrazione in materia di rifiuti
Serie: Documentazione per le Commissioni - Audizioni e incontri con rappresentanti dell'UE    Numero: 17
Data: 17/02/2015
Descrittori:
COMMISSIONI PERMANENTI   DIRETTIVE DELL'UNIONE EUROPEA
MINISTERO DELL' AMBIENTE   RIFIUTI E MATERIALE DI SCARTO
SMALTIMENTO DI RIFIUTI     


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Audizione del Ministro dell'ambiente presso l'VIII Commissione - 18 febbraio 2015 - Le procedure di infrazione in materia di rifiuti

16 febbraio 2015


Indice

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Le procedure di infrazione

In materia di trattamento e riciclaggio dei rifiuti, sono attualmente in corso diverse procedure di infrazione promosse dalla Commissione europea nei confronti dell'Italia.

 

Malagrotta e di altre discariche laziali

La procedura n. 2011/4021procedura di infrazione n. 2011/4021 è stata avviata nel maggio 2012 per la non conformità alla normativa europea sulle discariche di rifiuti (direttiva 1999/31/CE in combinato disposto con la direttiva quadro sui rifiuti 2008/98/CE) della discarica di Malagrotta e di altre discariche laziali. In esito a tale procedura, lo scorso 15 ottobre, la Corte di giustizia europea, su ricorso della Commissione, ha dichiarato l'Italia inadempiente rispetto agli obblighi ad essa incombenti in forza della normativa europea sulle discariche (C-323/13). La sentenza di condanna si riferisce alla situazione al primo agosto 2012.

Condanna dell'ItaliaIn particolare, la Corte di giustizia ha riconosciuto che l'Italia ha violato le norme in materia di rifiuti relativamente al loro conferimento in sette discariche del Lazio: cinque a Roma (Malagrotta, Colle Fagiolara, Cupinoro, Montecelio-Inviolata e Fosso Crepacuore) e due di Latina situate a Borgo Montello.
L'Italia, ad avviso della Corte, non ha adottato tutte le misure necessarie per evitare che i rifiuti urbani fossero conferiti nelle discariche dei sei siti in questione senza subire un trattamento adeguato, con la differenziazione delle diverse sezioni e la stabilizzazione della frazione organica. Inoltre secondo la Corte, un'ulteriore violazione da parte dell'Italia sta nella mancata creazione, nella Regione Lazio, di una rete integrata ed adeguata di impianti di gestione dei rifiuti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili. Infine, la Corte ribadisce che gli Stati membri devono prendere le misure necessarie affinché solo i rifiuti già trattati vengano collocati in discarica. Sottolinea, inoltre, che la nozione di "trattamento" comprende i processi fisici, termici, chimici o biologici (inclusa la cernita), che modificano le caratteristiche dei rifiuti allo scopo di ridurne il volume o la natura pericolosa, di facilitarne il trasporto o favorirne il recupero; la direttiva Ue prevede, inoltre, che il trattamento sia costantemente adeguato al progresso scientifico e tecnico.

 

Gestione dei rifiuti in Campania

Procedura n. 2007/2195Con sentenza del 4 marzo 2010, pronunciata nella causa C 297/08 (in esito alla procedura di infrazione n. 2007/2195), la Corte di Giustizia ha statuito che l'Italia ha violato gli obblighi comunitari di corretta gestione dei rifiuti nella regione Campania, in particolare per la mancanza di una rete integrata di gestione dei rifiuti nella regione.

Rilevando che il Programma attuativo per la realizzazione degli interventi necessari ad adempiere agli obblighi stabiliti nella citata sentenza, predisposto e approvato dalla regione Campania, non è stato rispettato, il 10 dicembre 2013, la Commissione europea ha nuovamente deferito lo Stato italiano innanzi alla Corte di Giustizia per mancata esecuzione della medesima sentenza.

Il Ricorso per la mancata esecuzione della sentenza della Corteprogramma attuativo reca misure destinate a gestire i rifiuti nella regione fino al 2016, quando dovrebbero diventare operativi nuovi impianti di trattamento. Tuttavia, la Commissione contesta che dall'estate 2011 le autorità locali hanno dirottato grandi quantità di rifiuti verso impianti in altre regioni, soluzione questa di natura meramente temporanea. Pur riconoscendo i progressi fatti, ad esempio sotto il profilo della raccolta differenziata, la Commissione sottolinea i ritardi che hanno portato all'arresto della costruzione della maggior parte degli impianti previsti per il recupero dei rifiuti organici, degli inceneritori e delle discariche, con il rischio che molte delle installazioni previste non siano pronte per la fine del 2016. Altri fattori preoccupanti sono, ad avviso della Commissione, i circa sei milioni di tonnellate di rifiuti imballati e stoccati presso vari siti in Campania, in attesa di un inceneritore che deve ancora essere costruito, e il basso tasso di raccolta differenziata nella provincia di Napoli: pur essendo la città della Campania che produce più rifiuti, Napoli ha un tasso di raccolta differenziata solo di circa il 20%.

La Commissione chiede alla Corte di giustizia di condannare l'Italia al versamento di sanzioni pecuniarie consistenti in una somma forfettaria di 28.089,6 euro al giorno (quantificabile su base annua in circa 10.252.704 euro) per il periodo intercorso tra la prima e la seconda sentenza e in una penalità di mora di 256.819,20 euro al giorno (vale a dire 85.606,4 euro al giorno per ogni categoria di installazione) dovuta dal giorno in cui verrà pronunciata la seconda sentenza fino al completo adempimento (quantificabile su base annua in circa 93.739.008 euro).

Lo scorso 6 novembre, la Corte di giustizia, con la sentenza nella causa C-385/13 P, ha confermato le decisioni con cui la Commissione ha rifiutato di pagare all'Italia i contributi finanziari per la gestione e lo smaltimento dei rifiuti in Campania.

Nel 2000, nell'ambito degli interventi strutturali dell'Unione in Italia, la Commissione ha approvato il programma operativo Campania (PO Campania) per spese effettuate fra il 1999 e il 2008. Una misura contenuta in tale programma concerneva svariate operazioni relative al sistema regionale di gestione e di smaltimento dei rifiuti. Gli interventi della regione destinati a migliorare e a promuovere la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti hanno dato luogo a esborsi pari a 93.268.731,59 euro, il cui 50% (vale a dire 46.634.365,80 euro) è stato cofinanziato dai Fondi strutturali. Avendo avviato la procedura di infrazione n. 2007/2195, a partire dal 2008, la Commissione ha informato le autorità italiane che si proponeva di rifiutare il rimborso delle spese relative al sistema regionale dei rifiuti, oggetto del procedimento d'infrazione. Essendosi tale procedura di infrazione chiusa con la sentenza di condanna (causa C-297/08), con la quale la Corte di giustizia ha dichiarato che l'Italia ha violato la normativa europea sui rifiuti, la Commissione, ritenendo che non vi fossero garanzie sufficienti quanto alla corretta realizzazione delle operazioni cofinanziate dal FESR, ha rifiutato le richieste di rimborso avanzate dalle autorità italiane e pari a 18.544.968,76 euro. Adito dall'Italia, il Tribunale, con una sentenza del 2013 (cause riunite T‑99/09 e T‑308/09), ha confermato il rifiuto della Commissione, dichiarando che, per poter rifiutare pagamenti intermedi del FESR, è sufficiente che la Commissione dimostri che l'oggetto di un procedimento d'infrazione in corso è direttamente collegato alla «misura» cui si riferiscono le operazioni destinate a essere finanziate dai Fondi strutturali. La Corte di giustizia, con la sentenza nella causa 385/13 P, ha dichiarato che giustamente il Tribunale ha legato l'oggetto del procedimento d'infrazione avviato dalla Commissione con quello della misura FESR e che ha dunque avuto ragione nel confermare che la Commissione aveva dimostrato un nesso sufficientemente diretto fra la procedura d'infrazione e l'oggetto delle domande di pagamento FESR dichiarate inammissibili. La Corte ha così confermato il rifiuto della Commissione di pagare all'Italia i contributi finanziari per la gestione e lo smaltimento dei rifiuti in Campania.

 

Smaltimento dei rifiuti in discarica

Il Procedura n. 2011/221523 novembre 2012, la Commissione, nell'ambito della procedura di infrazione 2011/2215, ha emesso nei confronti dell'Italia un parere motivato ex art. 258 TFUE per la violazione degli obblighi imposti dall'art. 14 (obbligo di procedere all'esecuzione di piani di riassetto) della direttiva 1999/31/CE sulle discariche di rifiuti. In particolare, la Commissione considera irregolari 102 discariche già esistenti o autorizzate al 16 luglio 2001 per le quali, entro il 16 luglio 2009, in base alla normativa europea si sarebbe dovuto prevedere e dare esecuzione ad un adeguato piano di riassetto ovvero procedere alla chiusura, qualora detto piano fosse risultato inadeguato.

Discariche irregolariSulla base delle informazioni, risulta alla Commissione che, nonostante i progressi compiuti, sul territorio italiano vi sono ancora 46 discariche con riferimento alle quali non sono stati adempiuti gli obblighi previsti dalla direttiva. Le regioni interessate sono l'Abruzzo (15 discariche), la Basilicata (19 discariche), la Campania (2 discariche), il Friuli Venezia Giulia (4 discariche), la Liguria (1 discarica per rifiuti pericolosi) e la Puglia (5 discariche).

 

Si segnala che, in risposta all'interrogazione P-000566-14 in cui si richiedevano maggiori particolari sul contenuto dei rilievi della Commissione e sui siti oggetto dei rilievi, il Commissario europeo per l'ambiente della Commissione Barroso, Janez Potočnik, in data 28 febbraio 2014, ha precisato che, qualora i procedimenti di infrazione siano ancora in corso, la Commissione non è autorizzata a fornire informazioni dettagliate, nella fattispecie l'ubicazione di discariche specifiche. Inoltre, il procedimento 2011/2215 non è ancora giunto alla Corte di giustizia. Spetta, infine, alle autorità italiane competenti decidere quali tecniche debbano essere usate per bonificare le discariche, tenendo conto delle specificità di ciascun sito.

 

Discariche abusive

Procedura n. 2003/2077Per la mancata adozione di misure di controllo delle discariche abusive, in violazione delle direttive 75/442/CEE (relativa ai rifiuti), 91/689/CEE (relativa ai rifiuti pericolosi) e 1999/31/CE (relativa alle discariche) è in corso la procedura di infrazione 2003/2077.

In relazione a tale procedura, la Corte di giustizia, il 26 aprile 2007 (causa C-135/05), ha dichiarato l'inadempienza dell'Italia per non avere adottato tutti i provvedimenti necessari per Inadempienza dell'Italiaassicurare lo smaltimento dei rifiuti senza pericolo per la salute umana e per l'ambiente e per vietare l'abbandono, lo scarico e lo smaltimento incontrollato dei rifiuti; inoltre, secondo la sentenza l'Italia non ha adempiuto agli obblighi relativi all'obbligo di autorizzazione delle operazioni di smaltimento, alla catalogazione dei rifiuti pericolosi, all'adozione di piani di riassetto delle discariche esistenti alla data del 16 luglio 2001.

Lo scorso 2 dicembre 2014, la Corte di giustizia, nell'ambito della causa C-196/13, promossa dalla Commissione per l'inerzia dell'Italia ad adottare tutte le misure necessarie per conformarsi alla richiamata sentenza del 26 aprile 2007, ha condannato l'Italia al pagamento di sanzioni pecuniare.

In particolare, secondo la Corte, la mera chiusura di una discarica o la copertura dei rifiuti con terra e detriti non è sufficiente per adempiere agli obblighi derivanti dalla direttiva rifiuti. Pertanto, i provvedimenti di chiusura e di messa in sicurezza delle discariche non sono sufficienti per conformarsi alla direttiva. Inoltre, gli Stati membri sono tenuti a verificare se sia necessario bonificare le vecchie discariche abusive e, all'occorrenza, sono tenuti a bonificarle. Il sequestro della discarica e l'avvio di un procedimento penale contro il gestore non costituiscono misure sufficienti. Per quanto riguarda l'Italia, la Corte rileva che, alla scadenza del termine impartito del 30 settembre 2009, lavori di bonifica erano ancora in corso o non erano stati iniziati in certi siti; mentre per altri siti, non è stato fornito alcun elemento utile a determinare la data in cui tali lavori sarebbero stati eseguiti.

Persistente violazione degli obblighiTali fatti, ad avviso della Corte, dimostrano la persistente violazione da parte dell'Italia dell'obbligo di dare esecuzione alla sentenza del 2007.

In particolare, l'Italia non si è assicurata che il regime di autorizzazione istituito fosse effettivamente applicato e rispettato; non ha assicurato la cessazione effettiva delle operazioni realizzate in assenza di autorizzazione; non ha neppure provveduto ad una catalogazione e un'identificazione esaustive di ciascuno dei rifiuti pericolosi sversati nelle discariche. Infine, essa continua a violare l'obbligo di garantire che per determinate discariche sia adottato un piano di riassetto o un provvedimento definitivo di chiusura.

Pene pecuniariePertanto, la Corte condanna l'Italia al pagamento di una somma forfettaria di 40 milioni di euro e di una penalità decrescente, il cui importo iniziale (pari a 42.800.000 euro) sarà ridotto progressivamente in ragione del numero di siti che saranno messi a norma conformemente alla sentenza, computando due volte le discariche contenenti rifiuti pericolosi.

 

Audizione del Ministro dell'ambiente del 18 dicembre 2014Si segnala che, nel corso dell'audizione dello scorso 18 dicembre dinanzi alle Commissioni riunite VIII e XIV, il Ministro dell'ambiente, Gian Luca Galletti, ha affermato che il piano straordinario di bonifica delle discariche abusive, approvato il 9 dicembre 2014 e finanziato a valere sul fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente dalla legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 113, della legge n. 147/2013), con una dotazione di 30 milioni di euro per ciascuno degli esercizi 2014 e 2015, individua interventi su complessive 45 discariche in procedura di infrazione, rispetto ai quali sono stati adottati specifici criteri di finanziamento.

In particolare, è stata assegnata la massima priorità agli interventi in aree e discariche pubbliche ritenute più rapidamente cantierabili dalle regioni interessate. In secondo luogo, si è deciso di garantire la copertura delle opere non immediatamente cantierabili. Tali interventi, in totale 29, troveranno copertura finanziaria a valere sulle risorse disponibili del fondo e saranno attuati attraverso gli accordi di programma quadro già stipulati tra il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell'ambiente e le regioni Abruzzo, Puglia, Sicilia e Veneto.
Invece, le ulteriori iniziative individuate, per un totale di 16 discariche, che ricomprendono tra l'altro gli interventi in sostituzione e in danno da effettuare nei confronti dei privati inadempienti nelle discariche interessate dalla presenza di rifiuti pericolosi in Emilia-Romagna, Liguria e Umbria, potranno essere finanziate solo attraverso il reperimento delle risorse necessarie (54 milioni), che vanno sommati ai 7 che risultano già disponibili da parte delle regioni, per un totale di 61 milioni di euro. A tale riguardo, si segnala che la legge di stabilità 2015 (legge n. 190/2014) prevede l'accantonamento presso lo stato di previsione della spesa del Ministero dell'ambiente di 7,7 milioni di euro nel 2015 e 17,4 milioni di euro di conto capitale per ciascuno degli anni 2016 e 2017 finalizzato, tra l'altro, ad interventi di bonifica e ripristino dei siti inquinati.
Per ulteriori 6 aree di discarica oggetto della procedura di infrazione ricadenti all'interno dei siti di bonifica di interesse nazionale di Venezia, Mantova, Serravalle e Priolo, è stata richiesta in via programmatica la copertura finanziaria dei relativi interventi nell'ambito della ripartizione del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo 2014-2020.