Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
| |||
---|---|---|---|
Autore: | Servizio Studi - Dipartimento istituzioni | ||
Titolo: | Istituzione del servizio civile universale - Atto del Governo 360' Schede di lettura | ||
Riferimenti: |
| ||
Serie: | Atti del Governo Numero: 359 | ||
Data: | 05/12/2016 | ||
Descrittori: |
| ||
Organi della Camera: | I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni |
Servizio
Studi
Tel. 06
6706-2451 - studi1@senato.it - @SR_Studi
Dossier n. 411
Servizio
Studi
Dipartimento Istituzioni
Tel. 06 6760-9475 - st_istituzioni@camera.it
- @CD_istituzioni
Atti del Governo n. 359
La documentazione
dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei
deputati è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività
degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità
per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti
dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia
citata la fonte.
Ac0651
INDICE
Schede di lettura
Nota introduttiva........................................................................................... 3
La disposizione di delega............................................................................... 6
Il contenuto dello schema di
decreto legislativo............................................ 9
§ Articolo
1 (Oggetto e definizioni)................................................................... 9
§ Articolo
2 (Istituzione del servizio civile
universale e finalità)...................... 12
§ Articolo
3 (Settori di intervento)................................................................... 16
§ Articoli 4 e 5 (Programmazione e programmi di intervento)....................... 17
§ Articolo
6 (Funzioni
dello Stato).................................................................. 24
§ Articolo
7 (Funzioni
delle Regioni).............................................................. 28
§ Articolo
8 (Funzioni
degli enti di servizio civile universale)......................... 31
§ Articolo
9 (Compiti
degli operatori volontari del servizio civile universale) 32
§ Articolo
10 (Consulta nazionale per il servizio civile nazionale).................. 34
§ Articolo
11 (Albo degli enti di servizio civile
universale).............................. 37
§ Articoli
12 e 13 (Servizio civile in Italia e
all’estero).................................... 41
§ Articolo
14 (Requisiti di partecipazione)...................................................... 43
§ Articolo
15 (Procedure di selezione)............................................................ 46
§ Articolo
16 (Rapporto di servizio civile universale e durata)....................... 47
§ Articolo
17 (Trattamento economico e giuridico degli operatori volontari). 49
§ Articolo
18 (Crediti formativi ed inserimento nel
mondo del lavoro)........... 52
§ Articoli
19, 20 e 21 (Rilascio di un attestato, controllo sulla gestione delle attività solte
dagli enti e valutazione dei risultati dei programmi........................................................ 55
§ Articolo
22 e 23 (Verifiche ispettive sulle attività svolte dagli enti del servizio
civile universale) 56
§ Articolo
24 (Fondo nazionale per il servizio civile)...................................... 58
§ Articolo
25 (Disposizioni finanziarie)........................................................... 60
§ Articolo
26 (Disposizioni finanziarie)........................................................... 62
§ Articolo
27 (Entrata in vigore)..................................................................... 63
Quadro normativo vigente.......................................................................... 64
§ Il
servizio civile obbligatorio........................................................................ 64
§ La
riforma del servizio civile e l’istituzione dell’Ufficio nazionale.............. 64
§ Il
servizio civile volontario........................................................................... 65
§
Lo schema di decreto legislativo (A.G. 360)
è adottato in attuazione della disposizione di delega (art. 1, comma 1 lettera d) e art. 8) prevista nell’ambito della
legge 6 giugno 2016, n. 106, per la riforma del Terzo settore, dell'impresa
sociale e per la disciplina del servizio civile, adottata, tra l’altro, con
l’obiettivo di uniformare e coordinare la disciplina della materia
caratterizzata da un quadro normativo non omogeneo e di aggiornarlo alle mutate
esigenze della società civile. Viene quindi disposta l’abrogazione del decreto
legislativo n. 77 del 2002 recante la disciplina del servizio civile.
Lo schema di decreto
legislativo dispone, in particolare, l’istituzione del servizio civile “universale” (nella precedente normativa il
riferimento era al servizio civile “nazionale”) finalizzato alla difesa non
armata e nonviolenta della Patria, all’educazione alla pace tra i popoli,
nonché alla promozione dei valori fondativi della Repubblica.
I settori di intervento in cui si realizzano le finalità del servizio
civile universale sono: assistenza; protezione civile; patrimonio ambientale e
riqualificazione urbana; patrimonio storico, artistico e culturale; educazione
e promozione culturale e dello sport; agricoltura in zona di montagna,
agricoltura sociale e biodiversità; promozione della pace tra i popoli, della
nonviolenza e della difesa non armata; promozione e tutela dei diritti umani;
cooperazione allo sviluppo; promozione della cultura italiana all’estero e
sostegno alle comunità di italiani all’estero.
Alla base della programmazione del servizio civile universale è collocato il Piano triennale, modulato per Piani annuali; tali Piani sono predisposti dalla Presidenza del Consiglio dei ministri sentite le amministrazioni competenti in base al settore e sono approvati con DPCM, previo parere della Consulta nazionale per il servizio civile universale e della Conferenza Stato-regioni.
Il Piano triennale è attuato mediante programmi di intervento proposti dagli enti di servizio civile universale che si articolano, a loro volta, in progetti i quali indicano: le azioni; il numero e la distribuzione degli operatori volontari nelle sedi di attuazione il personale dell’ente coinvolto.
La Presidenza del Consiglio cura l'amministrazione e la programmazione annuale delle risorse del Fondo nazionale per il servizio civile, alimentato con le risorse derivanti dal bilancio dello Stato nonché da altre fonti pubbliche e private, comprese quelle comunitarie. A tal fine elabora ogni anno - previo parere della Consulta nazionale del servizio civile universale e della Conferenza Stato-Regioni - un documento di programmazione finanziaria, che dispone la ripartizione delle risorse occorrenti per la realizzazione del servizio civile.
Quanto alle modalità di presentazione dei programmi di intervento, a seguito di avviso pubblico questi sono presentati da soggetti iscritti all’Albo, e sono approvati dalla Presidenza del Consiglio (alla quale sono trasmessi esclusivamente per via telematica), sentite le regioni interessate. Il decreto con l’elencazione dei programmi è pubblicato sul sito istituzionale.
E’ consentito alle regioni, agli enti locali, agli altri enti pubblici territoriali e agli enti di Terzo settore di attivare autonomamente progetti di servizio civile con risorse proprie, da realizzare presso soggetti accreditati all’Albo, previa approvazione della Presidenza del Consiglio.
E’ dunque individuata nella Presidenza del Consiglio l’amministrazione competente a svolgere le funzioni attribuite allo Stato, che riguardano la programmazione, l’organizzazione e l’attuazione del servizio civile universale, nonché l’accreditamento degli enti e le attività di controllo.
Le funzioni svolte dalle regioni e dalle province autonome sono individuate nella partecipazione alle attività di programmazione e di valutazione dei programmi di intervento del servizi civile, nonché, sulla base di specifici accordi con lo Stato, nella formazione del personale e nelle attività di controllo.
Il testo definisce i compiti degli enti di servizio civile nazionale ed è prevista la possibilità che gli stessi costituiscano reti con altri soggetti pubblici e privati. Il testo dispone l’istituzione dell’Albo degli enti di servizio civile universale presso la Presidenza del consiglio e disciplina i livelli minimi di capacità organizzativa per la relativa iscrizione.
Sono altresì disciplinati il ruolo ed i compiti assegnati agli operatori volontari del servizio civile nazionale, che sono i giovani ammessi a svolgere il servizio civile universale a seguito di bandi pubblici di selezione e che svolgono le attività previste nell’ambito dei progetti, nel rispetto di quanto stabilito dal contratto. Viene al contempo istituita la Rappresentanza nazionale degli operatori volontari al fine di assicurare in modo costante il confronto tra Stato e operatori.
Il servizio civile universale può essere svolto in Italia o all’estero. In ogni caso, anche i soggetti ammessi a svolgere il servizio civile universale in Italia, possono effettuare un periodo di servizio all’estero entro certi limiti. Sia per i programmi di intervento in Italia sia per quelli all’estero è prevista l’erogazione di contributi finanziari agli enti da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri, nei limiti delle risorse annualmente assegnate al Fondo nazionale per il servizio civile, destinati alla parziale copertura delle spese sostenute per le finalità indicate dal testo.
Quanto ai requisiti di partecipazione al servizio civile universale, rimane
fermo il requisito anagrafico (età compresa tra 18 e 28 anni) e, oltre ai cittadini italiani, sono ammessi i cittadini degli altri Stati dell'Unione
europea nonché – in aderenza con la giurisprudenza costituzionale sul punto
– gli stranieri regolarmente
soggiornanti in Italia.
Il testo definisce quindi lo status di operatore volontario e ne disciplina diritti e doveri, precisando la natura del servizio civile universale. In particolare, la durata è pari a minimo 8 e massimo 12 mesi; è riconosciuto, in capo agli operatori volontari, il diritto-dovere della formazione.
Quanto al monte orario previsto, questo è complessivamente di 30 ore se settimanali; se 'annuo', corrisponde "ad un massimo" di 1440 ore, qualora sia calibrato su dodici mesi; "ad un massimo" di 960 ore, qualora sia su otto mesi.
E’ disciplinato il trattamento economico e giuridico degli
operatori volontari prevedendo, in particolare, la corresponsione di un
assegno, da erogare nel rispetto di specifici criteri, la cui quantificazione è
demandata al documento di programmazione finanziaria.
A seguito dell’attività svolta viene rilasciato un attestato; sono
infatti riconosciuti una serie di benefici nel campo dell’istruzione e
dell’inserimento lavorativo per gli operatori volontari che hanno svolto
attività di servizio civile, quali crediti formativi universitari, collocamento
nel mercato del lavoro, possibili titoli di preferenza nei concorsi pubblici se
previsto dai bandi. I criteri per il riconoscimento del periodo di svolgimento
del servizio civile sono definiti con accordo in sede di Conferenza Stato –
regioni. La cessazione anticipata del rapporto di servizio civile universale
comporta, salvo documentati motivi di salute o forza maggiore, la decadenza da tali benefici.
Alla Presidenza del Consiglio dei ministri, sulla base di uno specifico piano annuale (pubblicato sul sito internet), compete un controllo sulla gestione delle attività degli enti. La Presidenza del consiglio svolge altresì una valutazione concernente l'impatto dei programmi di intervento sui territori e sulle comunità locali interessate; i relativi risultati affluiscono in un rapporto annuale, da pubblicare sul sito istituzionale. Ad essa è inoltre affidato il compito di effettuare verifiche ispettive, da realizzarsi presso gli enti anche per il tramite delle regioni e delle province autonome ovvero del Ministero degli affari esteri per gli interventi all'estero. In esito alle verifiche sono irrogabili sanzioni amministrative fino alla cancellazione dall’Albo nei casi di maggiore gravità.
L’articolo 1 della legge 6 giugno 2016 n. 106 di riforma del Terzo settore reca alcune deleghe al Governo – da attuare entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge (quindi entro il 3 luglio 2017) – per la riforma del Terzo settore.
Il medesimo articolo 1 specifica che per Terzo settore si intende il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi. Non fanno parte del Terzo settore le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche. Alle fondazioni bancarie, in quanto enti che concorrono al perseguimento delle finalità della presente legge, non si applicano le disposizioni contenute in essa e nei relativi decreti attuativi.
In sede di attuazione delle deleghe, viene richiamata (art. 1, comma 2) l’esigenza del rispetto e della coerenza con la normativa dell'Unione europea oltre al rispetto dei ai princìpi e criteri direttivi stabiliti.
Tra le deleghe, l’art. 1, comma 2, lettera d) della legge n. 106 del 2016 prevede la “revisione della disciplina in materia di servizio civile nazionale”.
Per l’attuazione di tale delega la legge prescrive che i decreto legislativi siano adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con il Ministro dell'interno, con il Ministro della difesa e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata.
Per le altre deleghe previste dal medesimo art. 1 della legge 106/2016 (disciplina delle associazioni e fondazioni, codice del Terzo settore e impresa sociale) è richiesta la previa intesa con la Conferenza Stato regioni.
Tutti gli schemi devono essere corredati della relazione tecnica (di cui all'articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196).
Il termine per l’espressione del parere parlamentare (gli schemi sono trasmessi entro il 45° giorno antecedente il termine per l'esercizio della delega) è di 30 giorni dalla data di trasmissione. Decorso il termine previsto per l'espressione dei pareri, i decreti possono essere comunque adottati.
E’ infine espressamente previsto che dall'attuazione delle deleghe non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. A tale fine, agli adempimenti previsti dai decreti legislativi adottati le amministrazioni competenti provvedono attraverso una diversa allocazione delle ordinarie risorse umane, finanziarie e strumentali, allo stato in dotazione alle medesime amministrazioni.
Qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al proprio interno, i medesimi decreti legislativi sono emanati solo successivamente o contestualmente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi, ivi compresa la legge di bilancio, che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.
E’ consentita l’adozione – entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi – nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi fissati dalla legge 106 del 2016 ed attraverso la medesima procedura, di disposizioni integrative e correttive dei decreti, “tenuto conto delle evidenze attuative nel frattempo emerse”.
Quanto ai principi e criteri direttivi specificatamente previsti per la revisione della disciplina in materia di servizio civile nazionale, tenuto conto di quanto previsto dall'articolo 1 della legge 6 marzo 2001, n. 64[1], l’art. 8 della legge n. 106 del 2016 prevede:
a) l’istituzione del servizio civile universale finalizzato, ai sensi degli articoli 52, primo comma, e 11 della Costituzione, alla difesa non armata della patria e alla promozione dei valori fondativi della Repubblica, anche con riferimento agli articoli 2 e 4, secondo comma, della Costituzione;
b) la previsione di un meccanismo di programmazione, di norma triennale, dei contingenti di giovani italiani e stranieri regolarmente soggiornanti, di età compresa tra 18 e 28 anni, che possono essere ammessi al servizio civile universale tramite bando pubblico e di procedure di selezione e avvio dei giovani improntate a princìpi di semplificazione, trasparenza e non discriminazione;
c) la definizione dello status giuridico dei giovani ammessi al servizio civile universale, prevedendo l'instaurazione, fra i medesimi giovani e lo Stato, di uno specifico rapporto di servizio civile non assimilabile al rapporto di lavoro, con previsione dell'esclusione di tale prestazione da ogni imposizione tributaria;
d) l’attribuzione allo Stato delle funzioni di programmazione, organizzazione, accreditamento e controllo del servizio civile universale; la realizzazione, con il coinvolgimento delle regioni, dei programmi da parte di enti locali, altri enti pubblici territoriali ed enti del Terzo settore; la possibilità per le regioni, gli enti locali, gli altri enti pubblici territoriali e gli enti del Terzo settore di attivare autonomamente progetti di servizio civile con risorse proprie, da realizzare presso soggetti accreditati;
e) la previsione di criteri e modalità di accreditamento degli enti di servizio civile universale, tenendo conto di quanto previsto dall'articolo 3 della legge 6 marzo 2001, n. 64, nell'ottica della semplificazione e della trasparenza;
f) la definizione di criteri e modalità di semplificazione e di trasparenza delle procedure di gestione e di valutazione dell'attività svolta dagli enti di servizio civile universale, anche con riferimento ai contributi finanziari erogati dalle competenti strutture della Presidenza del Consiglio dei ministri in relazione all'attuazione dei progetti di servizio civile universale, a carico del Fondo nazionale per il servizio civile;
g) la previsione di un limite di durata del servizio civile universale, non inferiore a otto mesi complessivi e, comunque, non superiore a un anno, che contemperi le finalità del servizio con le esigenze di vita e di lavoro dei giovani coinvolti, e della possibilità che il servizio sia prestato, in parte, in uno degli Stati membri dell'Unione europea nonché, per iniziative riconducibili alla promozione della pace e della nonviolenza e alla cooperazione allo sviluppo, anche nei Paesi al di fuori dell'Unione europea;
h) il riconoscimento e la valorizzazione delle competenze acquisite durante l'espletamento del servizio civile universale in funzione del loro utilizzo nei percorsi di istruzione e in ambito lavorativo;
i) il riordino e la revisione della Consulta nazionale per il servizio civile, quale organismo di consultazione, riferimento e confronto per l'amministrazione, sulla base del principio di rappresentatività di tutti gli enti accreditati, anche con riferimento alla territorialità e alla rilevanza per ciascun settore di intervento.
Il Capo I dello schema di
decreto individua l’ambito di applicazione del decreto legislativo e reca le
principali definizioni (art. 1), dispone l’istituzione del servizio civile
universale (art. 2) e definisce i settori di intervento (art. 3).
L’articolo 1 richiama la disposizione di delega (artt. 1 e 8 della legge 106 del 2016) e individua l’ambito di intervento del provvedimento nella revisione della disciplina in materia di servizio civile nazionale.
Reca quindi le definizioni di: Piano triennale; Piano annuale; Settore; Programma di intervento; Progetto di servizio civile universale; Sede di attuazione; Ente di servizio civile universale; Consulta nazionale per il servizio civile universale; Operatore volontario del servizio civile universale; Rappresentanza degli operatori volontari; Fondo nazionale per il servizio civile.
L’articolo 1 reca le seguenti definizioni:
“Piano triennale”: strumento di programmazione del servizio civile universale che si attua per piani annuali, articolati per programmi di intervento;
“Piano annuale”: strumento che individua, sulla base del Piano triennale, i programmi di intervento del servizio civile universale prioritari per l’Italia e per l’estero;
In base all’art. 4 dello schema di decreto il Piano triennale ed il piano annuale sono approvati con DPCM, previo parere della Consulta nazionale per il servizio civile universale e della Conferenza Stato-regioni.
“Settore”: ambito di intervento in cui si realizza il servizio civile universale;
L’art. 3 dello schema di decreto individua i settori di intervento nei quali si realizzano le finalità del servizio civile universale: assistenza; protezione civile; patrimonio ambientale e riqualificazione urbana; patrimonio storico, artistico e culturale; educazione e promozione culturale e dello sport; agricoltura in zona di montagna, agricoltura sociale e biodiversità; promozione della pace tra i popoli, della nonviolenza e della difesa non armata; promozione e tutela dei diritti umani; cooperazione allo sviluppo; promozione della cultura italiana all’estero e sostegno alle comunità di italiani all’estero.
“Programma di intervento”: documento contenente un insieme organico di progetti di servizio civile universale coordinati tra loro e finalizzati ad intervenire in uno o più settori ovvero in specifiche aree territoriali, proposto dagli enti iscritti all’Albo degli enti di servizio civile universale;
“Progetto di servizio civile universale”: elaborato contenente modalità, tempi e risorse per la realizzazione delle attività di servizio civile universale;
“Sede di attuazione”: articolazione organizzativa dell’ente di servizio civile universale nella quale si svolgono le attività previste nel progetto ovvero articolazione organizzativa di altri enti, pubblici o privati, legati da specifici accordi all’ente di servizio civile universale;
Ai sensi dell’art. 5 dello schema di decreto i programmi di intervento si articolano in progetti i quali indicano: le azioni; il numero e la distribuzione degli operatori volontari nelle sedi di attuazione (sedi che devono rispettare i requisiti di sicurezza ex d. lgs. 81 del 2008 ed essere funzionali all’attuazione del progetto); il personale dell’ente coinvolto.
“Ente di servizio civile universale”: soggetto pubblico o privato iscritto all’Albo degli enti di servizio civile universale;
L’art. 11 dello schema di decreto prevede l’istituzione dell’Alvo presso la Presidenza del Consiglio e disciplina i requisiti richiesti per la relativa iscrizione.
“Consulta nazionale per il servizio civile universale”: organo consultivo della competente struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri in ordine alle questioni concernenti l’attuazione del servizio civile universale;
La disposizione di delega prevede la riforma della Consulta. L’art. 10 dello schema di decreto detta la nuova disciplina, stabilendo in particolare che sia composta da massimo 15 membri e che la relativa organizzazione sia dettata con DPCM. Fino alla nomina della Consulta resta in carica la precedente, nominata in base alal previgente normativa.
“Operatore volontario del servizio civile universale”: volontario impegnato nella realizzazione del servizio civile universale in Italia o all’estero;
L’art. 9 dello schema di decreto definisce il quadro normativo di riferimento per i compiti ed il ruolo degli operatori volontari (giovani ammessi a svolgere il servizio civile universale a seguito di bandi pubblici di selezione).
“Rappresentanza degli operatori volontari”: organo di rappresentanza degli operatori volontari, articolato a livello nazionale e a livello regionale;
Il medesimo art. 9 dello schema di decreto istituisce la Rappresentanza, articolata a livello nazionale e regionale, con la finalità di garantire un confronto costante con la Presidenza del Consiglio.
“Fondo nazionale per il servizio civile”: fondo istituito dalla legge 8 luglio 1998, n. 230, nel quale affluiscono le risorse di cui all’articolo 11 della legge 6 marzo 2001, n. 64 nonché le risorse comunitarie per il finanziamento degli interventi di servizio civile universale.
L’art. 24 dello schema di decreto prevede che il Fondo in questione, collocato presso la Presidenza del Consiglio ed in cui confluiscono anche le relative risorse comunitarie, è destinato al finanziamento del servizio civile universale. La programmazione annuale delle risorse è curata dalla Presidenza del Consiglio che elabora, con cadenza annuale, un documento di programmazione finanziaria, previo parere della Consulta e della Conferenza stato-regioni.
L’art. 25, inoltre, prevede un incremento per l'anno 2016 della dotazione del Fondo nazionale per il servizio civile pari a 146,3 milioni di euro.
L’articolo 2 dispone l’istituzione del servizio civile “universale” (nella precedente normativa il riferimento era al servizio civile “nazionale”) finalizzato alla difesa non armata e nonviolenta della Patria, all’educazione alla pace tra i popoli, nonché alla promozione dei valori fondativi della Repubblica, richiamando, a fondamento, le previsioni degli articoli 52, primo comma e 11 della Costituzione, anche con riferimento agli articoli 2 e 4, secondo comma, della Costituzione.
Si ricorda che la disposizione di delega (art. 8, comma 1, lettera a) prevede l’istituzione del servizio civile universale finalizzato, ai sensi degli articoli 52, primo comma, e 11 della Costituzione, alla difesa non armata della patria e alla promozione dei valori fondativi della Repubblica, anche con riferimento agli articoli 2 e 4, secondo comma, della Costituzione.
In tale modo viene fatto riferimento – in coerenza con l’evoluzione della giurisprudenza costituzionale sul punto – ad un’accezione più ampia del concetto di difesa della Patria che comprende anche attività di impegno sociale.
In particolare, nella sentenza n. 228 del 2004 la Corte costituzionale ha evidenziato come la disciplina degli aspetti organizzativi e procedurali del servizio civile nazionale trova fondamento, anzitutto, nell'art. 52 della Costituzione e, soprattutto, nel primo comma che configura la difesa della Patria come sacro dovere del cittadino, il quale ha una estensione più ampia dell'obbligo di prestare servizio militare. Il servizio militare – ha evidenziato la Corte anche nella sentenza n. 164 del 1985 - ha una sua autonomia concettuale e istituzionale rispetto al dovere ex art. 52, primo comma, della Costituzione, che può essere adempiuto anche attraverso adeguate attività di impegno sociale non armato).
In questo contesto deve leggersi pure la scelta legislativa che, a seguito della sospensione della obbligatorietà del servizio militare configura il servizio civile come l'oggetto di una scelta volontaria, che costituisce adempimento del dovere di solidarietà (art. 2 della Costituzione), nonché di quello di concorrere al progresso materiale e spirituale della società (art. 4, secondo comma, della Costituzione). La volontarietà riguarda, infatti, solo la scelta iniziale, in quanto il rapporto è poi definito da una dettagliata disciplina dei diritti e dei doveri che permette di configurare il servizio civile come autonomo istituto giuridico in cui prevale la dimensione pubblica, oggettiva e organizzativa.
La Corte ha altresì sottolineato come il dovere di difendere la Patria deve essere letto alla luce del principio di solidarietà espresso nell'art. 2 della Costituzione, le cui virtualità trascendono l'area degli “obblighi normativamente imposti”, chiamando la persona ad agire non solo per imposizione di una autorità, ma anche per libera e spontanea espressione della profonda socialità che caratterizza la persona stessa. In questo contesto, il servizio civile tende a proporsi come forma spontanea di adempimento del dovere costituzionale di difesa della Patria. “È proprio nel dovere di difesa della Patria, di cui il servizio militare e il servizio civile costituiscono forme di adempimento volontario, che i due servizi trovano la loro matrice unitaria, come dimostrano anche le numerose analogie con la posizione dei militari in ferma volontaria”.
La Corte ha quindi rilevato che la suddetta ricostruzione si riflette sulla individuazione del titolo costituzionale di legittimazione dell'intervento statale che, con specifico riferimento al d.lgs. n. 77 del 2002 (di cui lo schema in commento dispone l’abrogazione alla luce della nuova disciplina), può essere rinvenuto nell'art. 117, secondo comma, lettera d), della Costituzione, che riserva alla legislazione esclusiva dello Stato non solo la materia “forze armate” ma anche la “difesa”. Quest'ultima previsione deve essere letta alla luce delle evoluzioni normative e giurisprudenziali che già avevano consentito di ritenere che la “difesa della Patria” non si risolvesse soltanto in attività finalizzate a contrastare o prevenire una aggressione esterna, potendo comprendere anche attività di impegno sociale non armato (sentenza n. 164 del 1985). Accanto alla difesa “militare”, che è solo una forma di difesa della Patria, può ben dunque collocarsi un'altra forma di difesa, per così dire, “civile”, che si traduce nella prestazione di comportamenti di impegno sociale non armato.
La Corte ha peraltro evidenziato come la riserva allo Stato della competenza a disciplinare il servizio civile nazionale, forma di adempimento del dovere di difesa della Patria, non comporta però che ogni aspetto dell'attività dei cittadini che svolgono detto servizio ricada nella competenza statale. Vi rientrano certamente gli aspetti organizzativi e procedurali del servizio. Questo, in concreto, comporta lo svolgimento di attività che investono i più diversi ambiti materiali, come l'assistenza sociale, la tutela dell'ambiente, la protezione civile: attività che, per gli aspetti di rilevanza pubblicistica, restano soggette alla disciplina dettata dall'ente rispettivamente competente, e dunque, se del caso, alla legislazione regionale o alla normativa degli enti locali, fatte salve le sole specificità direttamente connesse alla struttura organizzativa del servizio e alle regole previste per l'accesso ad esso.
Da ultimo, con la sentenza 119/2015, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, del decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77 (Disciplina del Servizio civile nazionale a norma dell’articolo 2 della L. 6 marzo 2001, n. 64), nella parte in cui prevedeva il requisito della cittadinanza italiana ai fini dell’ammissione allo svolgimento del servizio civile, la Corte ha ricordato come l’istituto del servizio civile ha subito una rilevante trasformazione a seguito dei ripetuti interventi legislativi che ne hanno modificato i contorni. Dall’originaria matrice di prestazione sostitutiva del servizio militare di leva, che trovava il suo fondamento costituzionale nell’art. 52 Cost., esso si qualifica ora come istituto a carattere volontario, al quale si accede per pubblico concorso. L’ammissione al servizio civile consente oggi di realizzare i doveri inderogabili di solidarietà e di rendersi utili alla propria comunità, il che corrisponde, allo stesso tempo, ad un diritto di chi ad essa appartiene.
In realtà, la Corte ha rilevato come è lo stesso concetto di «difesa della Patria», nell’ambito del quale è stato tradizionalmente collocato l’istituto del servizio civile, ad evidenziare una significativa evoluzione, nel senso dell’apertura a molteplici valori costituzionali.
La Corte ha dunque posto in evidenza che il dovere di difesa della Patria non si risolve soltanto in attività finalizzate a contrastare o prevenire un’aggressione esterna, ma può comprendere anche attività di impegno sociale non armato. Accanto alla difesa militare, che è solo una delle forme di difesa della Patria, può dunque ben collocarsi un’altra forma di difesa, che si traduce nella prestazione di servizi rientranti nella solidarietà e nella cooperazione a livello nazionale ed internazionale (sentenza n. 228 del 2004).
In coerenza con tale evoluzione, la Corte ha dunque richiamato la necessità di una lettura dell’art. 52 Cost. alla luce dei doveri inderogabili di solidarietà sociale di cui all’art. 2 Cost. (sentenza n. 309 del 2013).
L’esclusione dei cittadini stranieri, che risiedono regolarmente in Italia, dalle attività alle quali tali doveri si riconnettono è apparso pertanto di per sé irragionevole alla Corte. Inoltre, sotto un diverso profilo, ha rilevato come l’estensione del servizio civile a finalità di solidarietà sociale, nonché l’inserimento in attività di cooperazione nazionale ed internazionale, di salvaguardia e tutela del patrimonio nazionale, concorrono a qualificarlo – oltre che come adempimento di un dovere di solidarietà – anche come un’opportunità di integrazione e di formazione alla cittadinanza. L’attività di impegno sociale che la persona è chiamata a svolgere nell’ambito del servizio civile «deve essere ricompresa tra i valori fondanti dell’ordinamento giuridico, riconosciuti, insieme ai diritti inviolabili dell’uomo, come base della convivenza sociale normativamente prefigurata dal Costituente». Occorre sottolineare, d’altra parte, che il godimento «dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano», è riconosciuto agli stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato (art. 2, comma 2, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, recante «Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero»).
L’esclusione dei cittadini stranieri dalla possibilità di prestare il servizio civile nazionale, impedendo loro di concorrere a realizzare progetti di utilità sociale e, di conseguenza, di sviluppare il valore del servizio a favore del bene comune, comportava dunque, ad avviso della Corte, un’ingiustificata limitazione al pieno sviluppo della persona e all’integrazione nella comunità di accoglienza.
L’articolo 3 individua i settori di intervento nei quali si realizzano le finalità del servizio civile universale.
Si tratta in particolare dei seguenti ambiti:
- assistenza;
- protezione civile;
- patrimonio ambientale e riqualificazione urbana;
- patrimonio storico, artistico e culturale;
- educazione e promozione culturale e dello sport;
- agricoltura in zona di montagna, agricoltura sociale e biodiversità;
- promozione della pace tra i popoli, della nonviolenza e della difesa non armata; promozione e tutela dei diritti umani; cooperazione allo sviluppo; promozione della cultura italiana all’estero e sostegno alle comunità di italiani all’estero.
L’articolo 4 dello schema in commento (vedi oltre) prevede che il Piano triennale sia, a sua volta, attuato mediante programmi di intervento proposti dagli enti di servizio civile universale nell’ambito dei suddetti settori.
Il Capo IV dello schema di decreto definisce le fasi della programmazione e dell’attuazione del servizio civile universale (artt. 4 e 5).
In particolare, alla base della programmazione del servizio civile universale è collocato il Piano triennale, modulato per Piani annuali; tali Piani sono predisposti dalla Presidenza del Consiglio dei ministri sentite le amministrazioni competenti in base al settore (tra quelli indicati all’art. 3) e sono approvati con DPCM, previo parere della Consulta nazionale per il servizio civile universale e della Conferenza Stato-regioni.
Il Piano triennale è attuato mediante programmi di intervento proposti dagli enti di servizio civile universale nell’ambito dei settori elencati all’art. 3.
I Piani prevedono la definizione degli obiettivi e degli indirizzi generali, la programmazione degli interventi, anche a carattere sperimentale, e l’individuazione di quelli ritenuti prioritari; l’individuazione degli standard qualitativi degli interventi (articolo 4).
A loro volta, i programmi di intervento si articolano in progetti i quali indicano: le azioni; il numero e la distribuzione degli operatori volontari nelle sedi di attuazione (sedi che devono rispettare i requisiti di sicurezza ex D.Lgs. 81 del 2008 ed essere funzionali all’attuazione del progetto); il personale dell’ente coinvolto.
Quanto alle modalità di presentazione dei programmi di intervento, a seguito di avviso pubblico questi sono presentati da soggetti iscritti all’Albo, e sono approvati dalla Presidenza del Consiglio (alla quale sono trasmessi esclusivamente per via telematica), sentite le regioni interessate. Il decreto con l’elencazione dei programmi è pubblicato sul sito istituzionale.
E’ consentito alle regioni, agli enti locali, agli altri enti pubblici territoriali e agli enti di Terzo settore di attivare autonomamente progetti di servizio civile con risorse proprie, da realizzare presso soggetti accreditati all’Albo, previa approvazione della Presidenza del Consiglio (articolo 5).
Il Piano triennale e i Piani annuali. I programmi di intervento
Viene dunque introdotta nell’ordinamento una disciplina relativa alla programmazione del servizio civile che si articola, in primo luogo, nel Piano triennale, modulato per Piani annuali, predisposti dalla Presidenza del Consiglio dei ministri sentite le amministrazioni competenti in base al settore ed approvati con DPCM, previo parere della Consulta nazionale per il servizio civile universale e della Conferenza Stato-regioni.
Come evidenziato dalla relazione illustrativa, il nuovo sistema delineato dal provvedimento in esame attribuisce dunque “un ruolo preminente all’attività di programmazione, che costituisce il primo atto del ciclo di realizzazione del servizio civile universale” e non comporta l’adozione di norme secondarie dopo l’approvazione del DPCM.
Si ricorda che la disposizione di delega (art. 8, comma 1, lettera b) prevede la definizione di un meccanismo di programmazione, di norma triennale, dei contingenti di giovani italiani e stranieri regolarmente soggiornanti, di età compresa tra 18 e 28 anni, che possono essere ammessi al servizio civile universale tramite bando pubblico e di procedure di selezione e avvio dei giovani improntate a princìpi di semplificazione, trasparenza e non discriminazione.
Attualmente, il decreto legislativo n. 77 del 2002 (di cui è disposta l’abrogazione con lo schema di decreto in commento) affida la programmazione all’Ufficio nazionale per il servizio civile, incardinato presso la Presidenza del Consiglio (art. 2), che elabora le direttive ed individua gli obiettivi degli interventi per il servizio civile su scala nazionale. Il medesimo Ufficio cura la programmazione annuale delle risorse formulando annualmente un apposito piano di intervento, sentita la Conferenza Stato-regioni. Il piano di programmazione stabilisce, tra le altre, la quota delle risorse da destinare alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano per attività di informazione e formazione, la cui ripartizione è effettuata con deliberazione della Conferenza Stato-regioni (art. 4).
Nell’analisi di impatto della regolamentazione (AIR) si evidenzia come nell'ambito della valutazione dei progetti sono emerse criticità che comportano ampi termini per la conclusione del procedimento e ritardi nell'avvio dei progetti, a causa sia della complessità del procedimento stesso - equiparato ad una procedura concorsuale - sia dell'elevato numero di progetti da valutare.
Inoltre la scelta del legislatore, prevista dall'articolo 6 del decreto legislativo n. 77 del 2002, di affidare allo Stato la valutazione dei progetti degli enti di rilevanza nazionale e alle Regioni e alle Province autonome la valutazione di quelli dei soggetti operanti sul rispettivo territorio ha comportato criticità, in considerazione del diverso modus operandi delle Amministrazioni periferiche, che ha determinato disallineamenti nei termini di conclusione dei procedimenti.
L’AIR riporta i dati numerici, riferiti agli ultimi tre anni:
• numero degli enti coinvolti nel servizio civile nazionale:
- anno 2014 n. 3.283 (di cui 129 iscritti all' Albo nazionale e 3.154 iscritti agli Albi delle Regioni e delle Province autonome);
- anno 2015 n. 3.629 (di cui 135 iscritti all'Albo nazionale e 3.494 iscritti agli Albi delle Regioni e delle Province autonome);
- anno 2016 n. 4.029 (di cui 136 iscritti all'Albo nazionale e 3.893 iscritti agli Albi delle Regioni e delle Province autonome);
• risorse finanziarie impiegate:
- anno 2014 - euro 101.650.183,00;
- anno 2015 - euro 133.914.074,00;
- anno 2016 - euro 208.820.787,00;
• numero progetti di servizio civile presentati dagli enti iscritti all'Albo nazionale e agli Albi delle Regioni e Province autonome:
- anno 2014 n. 150;
- anno 2015 n. 4.388;
- anno 2016 n. 4435;
• numero progetti finanziati:
- anno 2014 n. 150 (autofinanziati);
- anno 2015 n. 3273;
- anno 2016 n. 4097;
• numero dei volontari avviati al servizio civile nazionale, nel triennio 2014 - 2016, con le risorse statali, distribuiti per settore di intervento:
|
2014 |
2015 |
2016 |
Totale |
Ambiente |
334 |
598 |
633 |
1.565 |
Assistenza |
9.198 |
17.829 |
17.447 |
44.474 |
Educazione
e promozione culturale |
3.735 |
7.629 |
7.714 |
19.078 |
Patrimonio
artistico e culturale |
1.631 |
3.106 |
3.528 |
8.265 |
Protezione
civile |
239 |
537 |
628 |
1.404 |
Servizio
civile all’estero |
507 |
620 |
593 |
1.720 |
Totale |
15.644 |
30.319 |
30.543 |
76.506 |
Le criticità sopra evidenziate, concernenti l'accreditamento e la valutazione dei progetti, hanno generato nel corso degli anni l'instaurazione di 173 contenziosi da parte degli enti.
L'assenza di una programmazione degli interventi da parte dello Stato determina la realizzazione di interventi spontanei e poco coordinati, precludendo una efficace gestione del servizio civile laddove non viene effettuata un'analisi dei fabbisogni che tenga conto delle priorità del Paese.
Un'ulteriore carenza è costituita dall'assenza di un controllo sulla gestione delle attività svolte dagli enti - finalizzata all'adozione di interventi correttivi - nonché di una valutazione successiva alla realizzazione dei progetti, tesa a verificare l'impatto dei medesimi sui territori e sulle comunità.
L’articolo 4 dello schema di decreto in commento prevede che il Piano triennale sia attuato mediante programmi di intervento proposti dagli enti di servizio civile universale nell’ambito di uno o più settori tra i seguenti, elencato all’art. 3, (comma 1): assistenza; protezione civile; patrimonio ambientale e riqualificazione urbana; patrimonio storico, artistico e culturale; educazione e promozione culturale e dello sport; agricoltura in zona di montagna, agricoltura sociale e biodiversità; promozione della pace tra i popoli, della nonviolenza e della difesa non armata; promozione e tutela dei diritti umani; cooperazione allo sviluppo; promozione della cultura italiana all’estero e sostegno alle comunità di italiani all’estero.
Ai sensi dell’art. 26 fino all’approvazione del Piano triennale il servizio civile si attua, in via transitoria, con le modalità previste dalla previgente normativa.
E’ stabilito (comma 2) che il Piano triennale ed i Piani annuali debbano tenere conto del contesto nazionale e internazionale e delle specifiche aree geografiche, ivi comprese quelle estere, nonché delle risorse del bilancio dello Stato, di quelle comunitarie e di altre risorse destinate al servizio civile universale, rese disponibili da soggetti pubblici o privati.
In relazione a ciascun anno, contenuti necessari del Piano triennale e dei Piani annuali (comma 3) - approvati con DPCM, previo parere della Consulta nazionale per il servizio civile universale e della Conferenza Stato-regioni (comma 4) – sono i seguenti:
- la definizione degli obiettivi e degli indirizzi generali in materia di servizio civile universale, anche al fine di favorire la partecipazione dei giovani con minori opportunità;
- la programmazione degli interventi in materia di servizio civile universale, per l’Italia e per l’estero, anche a carattere sperimentale, e l’individuazione di quelli ritenuti prioritari;
- l’individuazione degli standard qualitativi degli interventi.
Tale impostazione – che si fonda sull’attribuzione a livello statale del principio programmatorio - costituisce uno dei tratti connotanti la nuova disciplina del servizio civile predisposta dal provvedimento, facendo seguito a quanto previsto dalla disposizione di delega (art. 8, comma 1, lett. d) legge 106/2016).
La disciplina vigente (art. 6 del decreto legislativo n. 77 del 2002, di cui è disposta l’abrogazione) attribuisce invece ad un DPCM, sentita la Conferenza Stato-regioni e la Consulta nazionale l’individuazione delle caratteristiche a cui si devono attenere tutti i progetti di servizio civile, da realizzare sia in Italia che all'estero, sentito, per questi ultimi, il Ministero degli affari esteri.
L'Ufficio nazionale per il servizio civile esamina ed approva i progetti di rilevanza nazionale, presentati dalle amministrazioni centrali dello Stato e dagli enti pubblici e privati nazionali, sentite le regioni, le province autonome interessate, nonché quelli di servizio civile all'estero.
Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, a loro volta, esaminano ed approvano i progetti presentati dagli enti ed organizzazioni che svolgono attività nell'àmbito delle competenze regionali o delle province autonome sul loro territorio, avendo cura di comunicare all'Ufficio nazionale, in ordine di priorità, i progetti approvati entro il 31 dicembre dell'anno precedente quello di riferimento. Entro trenta giorni dalla comunicazione l'Ufficio nazionale esprime il suo nulla-osta.
All'Ufficio nazionale, alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano è affidata la cura, nell'àmbito delle rispettive competenze, del monitoraggio, controllo e verifica dell'attuazione dei progetti.
E’ previsto infine che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano trasmettano annualmente all'Ufficio nazionale una relazione sull'attività effettuata.
Con DPCM 4 novembre 2009 è stato approvato il “prontuario contenente le caratteristiche e le modalità per la redazione e la prestazione dei progetti di servizio civile nazionale da realizzare in Italia e all'estero, nonché i criteri per la selezione e l'approvazione degli stessi”.
I progetti presentati dagli enti o organizzazioni registrati, a loro volta, devono contenere gli obiettivi che si intendono perseguire, le modalità per realizzarli, il numero di giovani che si intendono impiegare, la durata del servizio nei limiti previsti dalla legge, nonché i criteri e le modalità di selezione degli aspiranti, senza discriminazione dovuta al sesso.
I progetti possono prevedere altresì particolari requisiti fisici e di idoneità per l'ammissione al servizio civile sulla base di criteri stabiliti con DPCM ovvero in base a quanto previsto dalla regione o dalle province autonome di Trento e di Bolzano.
In base all’articolo 5 dello schema di decreto in commento, i programmi di intervento possono dunque riguardare uno o più settori di cui all’articolo 3 (v. supra) e si articolano in progetti, i quali indicano (commi 1 e 2):
· le azioni, con riferimento ai settori inseriti nel relativo programma di intervento;
· gli ambiti territoriali, ivi comprese le sedi di attuazione (come definite nell’articolo 1, comma 2, lettera f));
· il numero di operatori volontari e la loro distribuzione nelle predette sedi di attuazione (l’articolo 9 definisce il compiti ed il ruolo degli operatori volontari – vi. infra);
· il personale dell’ente coinvolto nello svolgimento delle attività, in relazione alla tipologia e alla dimensione dei progetti.
Le sedi di attuazione devono essere rispondenti ai requisiti di sicurezza, ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 nonché funzionali all’attuazione del progetto, dotate dei servizi essenziali e di adeguate risorse tecnologiche e strumentali (comma 3).
Le attività di servizio civile universale, previste dal progetto e svolte dagli operatori volontari, sono realizzate con il coinvolgimento di personale dell’ente in possesso di idonei titoli di studio, o di qualificata esperienza nelle relative funzioni, ovvero che abbia effettuato specifici corsi di formazione.
I progetti di servizio civile
universale
Quanto alle modalità di approvazione dei progetti, questi sono presentati da soggetti iscritti all’Albo degli enti di servizio civile universale (disciplinato dall’art. 11, v. infra), previa pubblicazione di un avviso pubblico, e sono valutati ed approvati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, sentite le Regioni interessate e nei limiti della programmazione finanziaria prevista all’articolo 24 (v. infra).
I programmi di intervento sono trasmessi alla Presidenza del Consiglio dei ministri esclusivamente in via telematica.
Il decreto recante l’elenco dei programmi approvati è pubblicato sul sito istituzionale a cura della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Con la previsione del comma 7 viene infine consentito alle amministrazioni pubbliche, agli enti locali, agli altri enti pubblici territoriali e agli enti di Terzo settore di realizzare autonomamente progetti di servizio civile universale, con risorse proprie, presso soggetti accreditati all’Albo degli enti di servizio civile nazionale (disciplinato dall’articolo 11), previa approvazione della Presidenza del Consiglio.
Si ricorda altresì che ai sensi dell’art. 7, comma 4, dello schema di decreto le regioni possono istituire un servizio civile regionale.
La disposizione di delega (art. 8, comma 1, lettera d)) prevede
l’attribuzione allo Stato delle funzioni di programmazione, organizzazione,
accreditamento e controllo del servizio civile universale; la realizzazione,
con il coinvolgimento delle regioni, dei programmi da parte di enti locali,
altri enti pubblici territoriali ed enti del Terzo settore; la possibilità per
le regioni, gli enti locali, gli altri enti pubblici territoriali e gli enti
del Terzo settore di attivare autonomamente progetti di servizio civile con
risorse proprie, da realizzare presso soggetti accreditati. Il comma 7 dello schema di decreto riconosce
la facoltà di attivazione con risorse proprie di progetti di servizio civile a
tutte le pubbliche amministrazioni.
Si ricorda, quanto al riparto di competenze legislative tra lo Stato e le regioni, che la Corte costituzionale (in particolare nella sentenza n. 228 del 2004) ha evidenziato come la riserva allo Stato della competenza a disciplinare il servizio civile nazionale non comporta però che ogni aspetto dell'attività dei cittadini che svolgono detto servizio ricada nella competenza statale. Vi rientrano certamente gli aspetti organizzativi e procedurali del servizio. Questo, in concreto, comporta lo svolgimento di attività che investono i più diversi ambiti materiali, come l'assistenza sociale, la tutela dell'ambiente, la protezione civile: attività che, per gli aspetti di rilevanza pubblicistica, restano soggette alla disciplina dettata dall'ente rispettivamente competente, e dunque, se del caso, alla legislazione regionale o alla normativa degli enti locali, fatte salve le sole specificità direttamente connesse alla struttura organizzativa del servizio e alle regole previste per l'accesso ad esso.
Alla luce della giurisprudenza costituzionale e tenuto conto della
vigente normativa, si valuti se la previsione del parere della Conferenza
Stato-regioni ai fini del DPCM di approvazione dei Piani (art. 4, comma 4) e la
previsione del parere delle regioni ai fini dell’approvazione dei programmi di
intervento (art. 5, comma 5) siano in grado di assicurare un sufficiente
coinvolgimento regionale nella parte in cui la programmazione è destinata ad
incidere su settori rientranti negli ambiti di competenza legislativa regionale
(quali l’agricoltura, la riqualificazione urbana, l’educazione e promozione
culturale della cultura e dello sport).
Articolo 6
(Funzioni
dello Stato)
Il Capo III dello schema di decreto individua gli ambiti e le funzioni di competenza dei diversi soggetti coinvolti nel nuovo sistema di servizio civile universale, così individuati: Stato (art. 6), regioni (art. 7), enti del servizio civile (art. 8), operatori volontari (art. 9) e Consulta nazionale per il servizio civile nazionale (art. 10).
L’articolo 6 individua nella Presidenza del Consiglio l’amministrazione competente a svolgere le funzioni attribuite allo Stato, che riguardano la programmazione, l’organizzazione e l’attuazione del servizio civile universale, nonché l’accreditamento degli enti e le attività di controllo.
Sul punto, la legge delega prevede, tra i principi e criteri direttivi, l’attribuzione allo Stato delle funzioni di programmazione, organizzazione, accreditamento e controllo del servizio civile universale; la realizzazione, con il coinvolgimento delle regioni, dei programmi da parte di enti locali, altri enti pubblici territoriali ed enti del Terzo settore; la possibilità per le regioni, gli enti locali, gli altri enti pubblici territoriali e gli enti del Terzo settore di attivare autonomamente progetti di servizio civile con risorse proprie, da realizzare presso soggetti accreditati (art. 8, co. 1, lett. d).
In relazione all’assetto delle competenze legislative in materia di servizio civile nazionale, si ricorda, come già anticipato (si v. scheda di lettura articolo 2), che nella sentenza n. 228 del 2004 la Corte costituzionale ha rilevato che il titolo costituzionale di legittimazione dell’intervento statale, con specifico riferimento al d.lgs. n. 77 del 2002 (di cui lo schema in commento dispone l’abrogazione alla luce della nuova disciplina), può essere rinvenuto nell’art. 117, secondo comma, lettera d), della Costituzione, che riserva alla legislazione esclusiva dello Stato non solo la materia “forze armate” ma anche la “difesa”. Quest’ultima previsione deve essere letta alla luce delle evoluzioni normative e giurisprudenziali che già avevano consentito di ritenere che la “difesa della Patria” non si risolvesse soltanto in attività finalizzate a contrastare o prevenire una aggressione esterna, potendo comprendere anche attività di impegno sociale non armato (sentenza n. 164 del 1985). Accanto alla difesa “militare”, che è solo una forma di difesa della Patria, può ben dunque collocarsi un’altra forma di difesa, per così dire, “civile”, che si traduce nella prestazione di comportamenti di impegno sociale non armato.
La Corte ha peraltro evidenziato come la riserva allo Stato della competenza a disciplinare il servizio civile nazionale, forma di adempimento del dovere di difesa della Patria, non comporta però che ogni aspetto dell’attività dei cittadini che svolgono detto servizio ricada nella competenza statale. Vi rientrano certamente gli aspetti organizzativi e procedurali del servizio. Questo, in concreto, comporta lo svolgimento di attività che investono i più diversi ambiti materiali, come l’assistenza sociale, la tutela dell’ambiente, la protezione civile: attività che, per gli aspetti di rilevanza pubblicistica, restano soggette alla disciplina dettata dall’ente rispettivamente competente, e dunque, se del caso, alla legislazione regionale o alla normativa degli enti locali, fatte salve le sole specificità direttamente connesse alla struttura organizzativa del servizio e alle regole previste per l’accesso ad esso.
Tale orientamento è stato ribadito anche nella sentenza n. 431 del 1995, dove la Corte ha precisato che nell’esercizio delle funzioni amministrative spettanti agli organi centrali in materia di servizio civile, deve essere garantita la partecipazione degli altri livelli di governo coinvolti, attraverso strumenti di leale collaborazione.
Nell’ambito del decreto legislativo n. 77 del 2002, il coinvolgimento di organi di governo diversi da quelli centrali nell’esercizio delle funzioni amministrative relative al servizio civile nazionale è assicurato attraverso una pluralità di strumenti (v. infra), che, secondo la corte, delineano “un sistema nel quale allo Stato è riservata la programmazione e l’attuazione dei progetti a rilevanza nazionale ed alle Regioni e alle Province autonome è demandato il compito di occuparsi, nell'ambito delle rispettive competenze, della realizzazione dei progetti di servizio civile nazionale di rilevanza regionale o provinciale, nel rispetto delle linee di programmazione, indirizzo e coordinamento tracciate a livello centrale e delle norme di produzione statale individuanti caratteristiche uniformi per tutti i progetti di servizio civile nazionale”.
In particolare, l’articolo 6 dello schema individua nella Presidenza del Consiglio dei ministri l’amministrazione competente a svolgere le funzioni statali in materia di servizio civile universale, come già previsto nel quadro normativo vigente. Tali funzioni riguardano la programmazione, organizzazione e attuazione del servizio civile universale, nonché l’accreditamento degli enti e le attività di controllo.
In proposito, si ricorda che il D.Lgs. n. 77/2002[2], dando attuazione alla delega recata dalla L. n. 64/2001, assegnava le funzioni di organizzazione, attuazione e svolgimento del Servizio civile in capo all’Ufficio nazionale per il servizio civile (UNSC), istituito presso la Presidenza del Consiglio.
In correlazione con tale disciplina, l’art. 3 della L. n. 3/2003[3], di poco successiva, ha soppresso l’Agenzia per il servizio civile (prevista dall’art. 10, co. 7-9, del D.Lgs. 303/1999[4], ma di fatto mai istituita), con ciò confermando il mantenimento delle funzioni statali in materia di servizio civile in capo all’Ufficio nazionale per il servizio civile.
Successivamente, l’art. 1, comma 6, del D.L. 181/2006[5] ha assegnato all’allora neoistituito Ministero della solidarietà sociale le funzioni concernenti il Servizio civile nazionale, per l’esercizio delle quali il Ministero si è avvalso delle relative risorse finanziarie, umane e strumentali dell’UNSC. L’articolo 1, comma 4, del D.L. 85/2008[6], ha successivamente ritrasferito alla Presidenza del Consiglio dei ministri le funzioni concernenti il Servizio civile nazionale.
Nell’ambito dell’organizzazione della Presidenza del Consiglio (DPCM 1° ottobre 2012) viene istituito il Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale, che integra nella medesima struttura le funzioni proprie dell’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile.
In particolare, il Dipartimento della gioventù e del servizio civile nazionale è la struttura di supporto al Presidente del Consiglio dei Ministri per la promozione e il raccordo delle azioni di Governo volte ad assicurare l’attuazione delle politiche in favore della gioventù ed in materia di servizio civile nazionale e di obiezione di coscienza.
Il Dipartimento svolge le funzioni dell’Ufficio nazionale del servizio civile, in particolare:
· provvede alle funzioni indicate dalla legge 8 luglio 1998, n. 230, dalla legge 6 marzo 2001, n. 64, e dal decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77;
· cura l’organizzazione l’attuazione e lo svolgimento del servizio civile nazionale, nonché la programmazione, l’indirizzo, il coordinamento, ed il controllo, elaborando le direttive ed individuando gli obiettivi degli interventi per il servizio civile su scala nazionale;
· cura, la programmazione finanziaria e la gestione amministrativa e contabile del Fondo nazionale per il servizio civile e tratta il contenzioso nelle materie di propria competenza;
· svolge i compiti inerenti l’obiezione di coscienza nonché le eventuali attività di cui all’art. 8 della legge 8 luglio 1998, n. 230, e dagli articoli 2097 e seguenti del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, in materia di obiezione di coscienza.
Nell’ambito delle menzionate funzioni e riassumendo le diverse attribuzioni previste dalle disposizioni contenute nello schema di decreto, la Presidenza del Consiglio, in particolare:
§ predispone il Piano triennale ed i Piani annuali del servizio civile universale (art. 4, co. 4);
§ valuta ed approva i programmi di interventi di servizio civile universale (art. 5, co. 5 e 7) e pubblica l’elenco dei programmi approvati sul proprio sito istituzionale (art. 5, co. 6);
§ cura la tenuta dell’albo degli enti di servizio civile universale (art. 11, co. 1);
§ svolge il controllo di legittimità e di regolarità del funzionamento delle procedure di realizzazione dei programmi di intervento di servizio civile universale, sulla base di uno specifico Piano annuale (art. 20, co. 2);
§ svolge la valutazione dei risultati dei programmi di intervento sui territori e sulle comunità locali interessate (art. 21, co. 1);
§ effettua verifiche ispettive sulle attività svolte dagli enti del servizio civile (art. 22, co. 1);
§ presenta una relazione annuale al Parlamento (art. 23);
§ cura l’amministrazione e la programmazione annuale delle risorse del Fondo nazionale per il servizio civile (art. 24, co. 2).
La disposizione precisa ulteriormente che le funzioni del nuovo servizio civile universale sono svolte senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica, nei limiti della dotazione organica, di personale dirigenziale e non dirigenziale, vigente alla data di entrata in vigore del decreto.
Articolo 7
(Funzioni
delle Regioni)
L’articolo 7 individua le funzioni svolte dalle regioni e dalle province autonome, che riguardano la partecipazione alle attività di programmazione e di valutazione dei programmi di intervento del servizio civile, nonché, sulla base di specifici accordi con lo Stato, la formazione del personale e le attività di controllo. Resta salva la possibilità per le regioni e province autonome di istituire un servizio civile regionale con finalità proprie.
L’articolo 7 disciplina il ruolo svolto dalle regioni e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano, individuando i compiti attribuiti alle stesse.
Si ricorda, in proposito, che attualmente, il D.Lgs. n. 77/2002 (di cui lo schema in commento dispone l’abrogazione alla luce della nuova disciplina) prevede che le regioni e province autonome curano l’attuazione degli interventi di servizio civile secondo le rispettive competenze (art. 2, comma 2) e istituiscono albi su scala regionale, nei quali possono iscriversi gli enti e le organizzazioni che svolgono attività esclusivamente in àmbito regionale e provinciale (art. 5, comma 2).
Con il Protocollo d’intesa del 26 gennaio 2006 “Intesa tra l’Ufficio nazionale per il servizio civile, le regioni e le province autonome per l’entrata in vigore del D.lgs. 77 del 2002”, si è avviato il passaggio di attribuzione delle competenze -inerenti al Servizio Civile Nazionale- alle regioni e alle province autonome. Il 31 dicembre 2006, cessata l’operatività delle sedi Regionali dell’Ufficio nazionale per il servizio civile, sono subentrate nel contatto con l’utenza le strutture appositamente predisposte dalle regioni e dalle province autonome.
Oltre a ciò, il decreto legislativo n. 77 del 2002 stabilisce che le regioni e province autonome:
- esprimono il parere sull’approvazione dei progetti di rilevanza nazionale approvati dall’ufficio nazionale (art. 6, comma 4);
- esaminano ed approvano i progetti presentati dagli enti "che svolgono attività nell’ambito delle competenze regionali e delle province autonome sul loro territorio”, comunicando all’ufficio nazionale i progetti approvati, in ordine di priorità (art. 6, comma 5);
- curano il monitoraggio, il controllo e la verifica dell’attuazione dei progetti, limitatamente alle proprie competenze e trasmettono una relazione annuale sull’attività svolta all’ufficio nazionale (art. 6, commi 6 e 7);
- organizzano corsi di formazione generale per i giovani in servizio civile (art. 11, comma 3).
Il comma 1, riepilogando disposizioni contenute nello schema di decreto, stabilisce che le regioni e le province autonome:
· partecipano alle fasi di programmazione del servizio civile universale e di predisposizione del documento di programmazione finanziaria del Fondo nazionale per il servizio civile, tramite il parere espresso in sede di Conferenza Stato-regioni (v. art. 4, comma 4 e art. 24, comma 2);
· concorrono alla valutazione dei programmi di intervento che debbono essere svolti nel territorio di propria competenza, tramite parere reso alla Presidenza del Consiglio (v. art. 5, comma 5);
· attuano programmi di servizio civile con risorse proprie presso i soggetti accreditati all’Albo degli enti di servizio civile universale, previa approvazione della Presidenza del Consiglio (v. art. 5, comma 7).
La disposizione del
comma 1 nella parte i cui subordina l’attuazione programmi di servizio civile delle
regioni e delle province autonome realizzate con risorse proprie all’approvazione della Presidenza del
Consiglio devono essere valutata alla luce delle competenze costituzionalmente
riconosciute alle Regioni.
Il comma 2 riconosce la possibilità per le regioni e le province autonome di svolgere alcune ulteriori funzioni, ma solo previa sottoscrizione di uno o più accordi con la Presidenza del Consiglio dei ministri. In particolare, possono svolgere attività di:
· formazione da erogare al personale degli enti di servizio civile universale;
· controllo sulla gestione delle attività svolte dagli enti di servizio civile nel territorio di propria competenza;
· valutazione dei risultati degli interventi svolti dagli enti di servizio civile nel territorio di propria competenza;
· ispezioni presso gli enti di servizio civile che operano esclusivamente nel territorio di propria competenza, volte a verificare la corretta realizzazione degli interventi e il regolare impiego degli operatori.
Tali funzioni sono svolte dalla Presidenza del Consiglio fino alla data della sottoscrizione degli accordi ovvero in caso di mancata sottoscrizione degli stessi (comma 3).
La disposizione dei
commi 2 e 3 devono essere valutata alla luce delle competenze
costituzionalmente riconosciute alle Regioni.
Infine il comma 4 mantiene salva la possibilità per le regioni e province autonome di istituire un servizio civile regionale con finalità proprie e non assimilabile al servizio civile universale.
L’orientamento costante della giurisprudenza costituzionale in merito è infatti che la riconduzione degli aspetti organizzativi e procedurali del servizio civile nazionale alla competenza legislativa statale non preclude alle regioni e alle province autonome «la possibilità di istituire e disciplinare, nell'autonomo esercizio delle proprie competenze legislative, un proprio servizio civile regionale o provinciale, distinto da quello nazionale», nell'ottica del perseguimento dell'ampia finalità di realizzazione del principio di solidarietà espresso dall'art. 2 della Costituzione (si v. sentenza n. 431 del 2005).
Articolo 8
(Funzioni
degli enti di servizio civile universale)
L’articolo 8 individua i compiti degli enti di servizio civile nazionale e prevede la possibilità che gli stessi possono costituire reti con altri soggetti pubblici e privati.
L’articolo 8 delinea il ruolo attribuito agli enti di servizio civile nazionale, che ai sensi dell’articolo 1 sono definiti come soggetti, pubblici o privati, iscritti all’Albo degli enti di servizio civile universale.
In particolare, gli enti:
§ presentano i programmi di intervento e ne curano la realizzazione;
§ provvedono alla selezione, alla gestione amministrativa e alla formazione degli operatori volontari impegnati nel servizio civile universale;
§ attuano la formazione dei formatori;
§ svolgono le attività di comunicazione, nonché quelle propedeutiche per il riconoscimento e la valorizzazione delle competenze acquisite dagli operatori volontari durante lo svolgimento del servizio.
Si ricorda, in proposito, che ai sensi dell’art. 3 della L. n. 64/2001 gli enti che intendono presentare progetti da attuare nell’ambito delle attività del Servizio Civile Nazionale, devono essere in possesso di requisiti strutturali ed organizzativi: assenza di scopo di lucro; capacità organizzativa e possibilità di impegno in rapporto al Servizio Civile corrispondenza tra i propri fini istituzionali e le finalità di cui all’art. 1 della legge n. 64/2001; svolgimento di un’attività continuativa da almeno tre anni.
Ai sensi dell’articolo 5 del D.Lgs. n. 77 del 2002, gli enti devono iscriversi mediante apposita procedura di accreditamento, all’albo nazionale o a quelli regionali/province autonome. E, dopo l’accreditamento, possono registrarsi nella banca dati Helios mediante Sistema Unico di servizio civile nazionale presente nel sito.
La disposizione specifica che gli enti di servizio civile nazionale possono costituire reti con altri soggetti pubblici e privati, ivi incluse le reti associative di secondo livello, intese quali organizzazioni che associano enti del Terzo settore (di cui all’art. 4, co. 1, lett. p), L. 106/2016). Tale possibilità è concepita come funzionale a garantire maggiore efficacia ed efficienza dei programmi di interventi, nonché ad assicurare una più ampia rappresentatività a tali soggetti (comma 2).
È stabilito in generale un obbligo di cooperazione tra enti di servizio civile per la corretta realizzazione degli interventi (comma 3).
Articolo 9
(Compiti
degli operatori volontari del servizio civile universale)
L’articolo 9 disciplina il ruolo e i compiti assegnati agli operatori volontari del servizio civile nazionale, che svolgono le attività previste nell’ambito dei progetti, nel rispetto di quanto stabilito dal contratto. In particolare, viene istituita la rappresentanza nazionale degli operatori volontari al fine di assicurare in modo costante il confronto tra Stato e operatori. La rappresentanza è articolata a livello nazionale e regionale, di cui vengono disciplinati i meccanismi di elezione.
L’articolo 9 riguarda gli operatori volontari del servizio civile nazionale, già definiti ai sensi dell’articolo 1 dello schema di decreto, che sono i giovani ammessi a svolgere il servizio civile universale a seguito di bandi pubblici di selezione (comma 1).
Essi svolgono le attività previste nell’ambito dei progetti, nel rispetto di quanto stabilito dal contratto con cui si instaura il rapporto, ai sensi del successivo articolo 16 dello schema di decreto.
Per garantire in modo costante il confronto tra operatori e Presidenza del Consiglio, la disposizione prevede l’istituzione, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, di una Rappresentanza degli operatori volontari, che è articolata a livello nazionale e a livello regionale (comma 2).
La partecipazione alle attività di questo organismo è onorifico e non dà diritto alla corresponsione di indennità, compensi, rimborsi spese o altri emolumenti.
Per quanto concerne i meccanismi di elezione, il comma 3 prevede che:
§ la rappresentanza nazionale è composta da quattro membri che durano in carica due anni, di cui tre eletti dai delegati delle regioni e delle province autonome e uno eletto dai delegati degli operatori volontari in servizio all’estero. Tali delegati sono eletti con modalità on line da tutti gli operatori volontari in servizio, in proporzione al numero dei giovani impegnati in ciascuna regione, provincia autonoma e all’estero;
§ la rappresentanza regionale è composta da ventidue membri che durano in carica due anni, di cui diciannove in rappresentanza degli operatori in servizio nelle regioni, due nelle province e uno all’estero. Questi sono eletti dai delegati delle regioni e delle province autonome e dai rappresentanti degli operatori volontari in servizio all’estero.
In fase di prima applicazione, e comunque per un periodo non superiore a dodici mesi, la rappresentanza degli operatori volontari risulta così composta (comma 4):
§ a livello nazionale, dai rappresentanti degli operatori del servizio civile nominati in senso alla Consulta nazionale per il servizio civile, che sono in carica alla data di entrata in vigore del decreto (v., infra, art. 10),
§ a livello regionale, dai delegati delle regioni e delle province autonome, nonché dai delegati degli operatori volontari all’estero, in carica alla data di entrata in vigore del decreto.
Articolo 10
(Consulta
nazionale per il servizio civile nazionale)
L’articolo 10 disciplina la Consulta nazionale per il servizio civile, prevedendone una nuova composizione e rinviando ad un successivo DPCM le norme sull’organizzazione ed il funzionamento.
L’articolo 10 conferma la Consulta nazionale per il servizio civile universale quale organismo di consultazione, riferimento e confronto in ordine alle questioni concernenti il servizio civile universale.
In proposito, la disposizione di delega prevede, tra i principi e criteri direttivi, il riordino e la revisione della Consulta nazionale per il servizio civile, quale organismo di consultazione, riferimento e confronto per l’amministrazione, sulla base del principio di rappresentatività di tutti gli enti accreditati, anche con riferimento alla territorialità e alla rilevanza per ciascun settore di intervento (art. 8, co. 1, lett. i), L. n. 106/2016).
La funzione della Consulta, pertanto, resta invariata rispetto a quanto previsto dalla legge istitutiva (L. 230/1998).
La Consulta nazionale per il servizio civile è stata istituita con legge 8 luglio 1998 n. 230, come organismo permanente di consultazione, riferimento e confronto per l’Ufficio Nazionale del Servizio Civile (art. 10, co. 2). L’organizzazione e l’attività della Consulta, la nomina dei membri e la durata del loro incarico sono stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.
L’esigenza di integrare la composizione della Consulta con rappresentanti delle Regioni (L. n. 64/2001 e D.lgs. n. 77/2002) ha determinato la sua prima modifica.
La legge 16 gennaio 2003 n. 3 (articolo 3) ne ha rivisto il numero e la rappresentanza dei membri, stabilendo che la Consulta nazionale per il servizio civile “è composta da non più di quindici membri, nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro da lui delegato, scelti in maggioranza tra rappresentanti degli enti e delle organizzazioni, pubblici e privati, che impiegano obiettori di coscienza e volontari del servizio civile nazionale ovvero dei loro organismi rappresentativi, nonché tra rappresentanti degli obiettori di coscienza e dei volontari, delle Regioni e delle amministrazioni pubbliche coinvolte”.
La Consulta, allo scadere del periodo dei tre anni di permanenza in carica, è stata ricostituita con DPCM 17 marzo 2003 e DPCM 28 aprile 2006.
Ricostituita con DPCM 27 ottobre 2010, successivamente la Consulta è stata oggetto di ulteriori modifiche ed integrazioni (DPCM 13 gennaio 2011, DPCM 21 settembre 2011 e DPCM 16 aprile 2012).
A seguito del D.L. 6 luglio 2012 n. 95 (cd. decreto “spending review”), che nell’ottica di revisione della spesa pubblica prevede la soppressione degli organismi di rappresentanza, la Consulta è stata abolita. Successivamente viene riconfermata quale organismo collegiale (art. 1, comma 257, L. n. 228/2012) e ricostituita con DM 19 aprile 2013, modificato con successivi decreti (DM 25 giugno 2013, DM 15 luglio 2014 e DM 27 ottobre 2014).
Confermata con DM 30 giugno 2015, la Consulta è stata prorogata con DM 25 novembre 2015 e, da ultimo con DM 28 giugno 2016 (art. 3), fino al 31 dicembre 2016 e comunque non oltre il termine di perfezionamento dell’iter di approvazione del decreto legislativo in attuazione della legge 6 giugno 2016, n. 106, recante la delega al Governo per la disciplina del servizio civile universale.
Il comma 2 stabilisce la nuova composizione della Consulta, che deve essere formata da non più di quindici membri (come previsto dalla vigente normativa), designati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di cui:
· 7 scelti tra gli enti iscritti all’Albo e le reti di enti maggiormente rappresentative con riferimento a ciascun settore di intervento (tra quelli individuato all’articolo 3 dello schema di decreto);
· 2 scelti nell’ambito del coordinamento tra enti;
· 1 designato dalla Conferenza dei Presidenti delle regioni e delle province autonome;
· 1 designato dall’Associazione Nazionale Comuni Italiani - ANCI;
· 4 eletti in seno alla rappresentanza nazionale degli operatori volontari del servizio civile universale.
Attualmente, la Consulta è costituita da 15 membri, così distribuiti:
- 8 in rappresentanza degli enti e dei loro organi rappresentativi,
- 1 rappresentante della Conferenza Stato-Regioni,
- 1 rappresentante del Dipartimento della Protezione Civile,
- 1 rappresentante dell’ANCI,
- 4 rappresentanti dei volontari di servizio civile nazionale.
Le norme di organizzazione e funzionamento della Consulta saranno stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (comma 3).
La disposizione in commento specifica altresì che la partecipazione alle attività della Consulta nazionale per il servizio civile universale è onorifica e non dà luogo al rimborso delle eventuali spese sostenute (comma 4).
Infine, per garantire continuità all’organo, si stabilisce che fino alla nomina della Consulta nazionale secondo i nuovi criteri, e comunque per un periodo non superiore a dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto, è prorogata la durata della Consulta attualmente in carica, nominata in base alla previgente normativa.
Il capo V reca disposizioni in ordine
all’istituzione dell’Albo degli enti di
servizio civile universale presso la Presidenza del consiglio (articolo 11)
e alla prestazione del servizio civile in Italia
(articolo 12) e all’estero (articolo
13).
L’articolo 11 istituisce e
disciplina l’Albo degli enti di servizio
civile universale.
Attualmente, la disciplina in materia è recata dal D.Lgs. 77/2002 (abrogato dal presente provvedimento) che prevede (articolo 5) una pluralità di albi degli enti di servizio civile:
- un albo nazionale, tenuto presso l'Ufficio nazionale per il servizio civile, al quale possono iscriversi gli enti e le organizzazioni in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 3, della medesima L. 2001/64;
- albi regionali, nei quali possono iscriversi gli enti e le organizzazioni in possesso degli stessi requisiti degli enti nazionali, ma che svolgono attività esclusivamente in àmbito regionale e provinciale.
A sua volta, il Protocollo di intesa del 2006 tra l’Ufficio nazionale per il servizio civile, le regioni e le province autonome per l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 77 del 2002 ha definito (paragrafo 2) i criteri per la ripartizione delle competenze tra lo Stato, le regioni e le province autonome prevedendo che sono iscritti nell'albo nazionale gli enti pubblici e le organizzazioni private con sedi d'attuazione dei progetti di servizio civile nazionale in almeno 5 regioni. Sono iscritti nell'albo regionale gli enti pubblici e le organizzazioni private di competenza regionale, vale a dire quelli che hanno sede legale nella regione o provincia autonoma e sedi d'attuazione dei progetti di servizio civile nazionale in non più di altre 3 regioni (operatività complessiva in 4 regioni). E’ altresì previsto che nella rivisitazione generale della circolare UNSC 10/11/2003 (entro 30/9/2006) viene previsto che gli enti territoriali siano comunque di competenza regionale e quindi non verrà loro consentita un'operatività su 5 o più regioni.
A sua volta, in base al protocollo, la presentazione dei progetti è prevista, di norma, presso l’Ufficio o la Regione/Provincia autonoma al cui Albo i soggetti sono iscritti. Per gli enti di competenza regionale con più sedi di attuazione di progetto la presentazione dei progetti deve essere fatta presso la Regione o Provincia autonoma in cui si trovano la/e sede/i d'attuazione del progetto stesso.
Nell’analisi di impatto della regolamentazione (AIR) si evidenzia come una delle criticità dell’attuale sistema è riscontrabile nell'accreditamento al servizio civile nazionale, basato sull'iscrizione degli enti ad una pluralità di Albi (Albo nazionale, Albi delle regioni e delle province autonome di cui all'articolo 5 del decreto legislativo n. 77 del 2002), previa verifica dei requisiti previsti dall'articolo 3 della legge n. 64 del 2001, tra i quali il possesso di capacità strutturali e organizzative.
Il procedimento di iscrizione agli Albi, curato dallo Stato, dalle Regioni o dalle Province autonome è risultato particolarmente complesso, in quanto la verifica dei descritti requisiti ha riguardato sia i soggetti richiedenti l'accreditamento, sia gli enti ad essi legati da vincoli associativi e interessati quali sedi di attuazione dei progetti di servizio civile. Detto procedimento prevede l'articolazione in classi degli enti di servizio civile in base alla capacità organizzativa e strutturale e ciò ha determinato l'accesso al sistema da parte di una ampia ed eterogenea platea di enti. Il considerevole numero di soggetti da sottoporre a verifica, unitamente all'esistenza di una pluralità di Albi e di soggetti che curano il rispettivo procedimento (Stato, Regioni e Province autonome), rende il medesimo lungo, complesso e non rispondente alle esigenze di semplificazione. Anche nell'ambito della valutazione dei progetti emergono criticità che comportano ampi termini per la conclusione del procedimento e ritardi nell'avvio dei progetti, a causa sia della complessità del procedimento stesso - equiparato ad una procedura concorsuale - sia dell'elevato numero di progetti da valutare. Inoltre la scelta del legislatore, prevista dall'articolo 6 del decreto legislativo n. 77 del 2002, di affidare allo Stato la valutazione dei progetti degli enti di rilevanza nazionale e alle Regioni e alle Province autonome la valutazione di quelli dei soggetti operanti sul rispettivo territorio ha comportato criticità, in considerazione del diverso modus operandi delle Amministrazioni periferiche, che ha determinato disallineamenti nei termini di conclusione dei procedimenti.
Rispetto alla disciplina vigente, dunque, la diposizione in esame non
contempla espressamente l’istituzione di albi regionali. Peraltro, come si è
visto sopra (art. 7, comma 4), resta ferma la possibilità per le regioni di
istituire servizi di servizio civile a livello regionale con finalità proprie e
non assimilabile al servizio civile universale.
L’Albo degli enti di servizio civile universale è istituito, senza
nuovi e maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, presso la Presidenza
del Consiglio (comma 1).
Sono ammessi all’iscrizione i seguenti soggetti (comma 2):
·
amministrazioni
pubbliche;
·
enti
privati, previo accertamento del rispetto della normativa antimafia (di cui al
D.Lgs. 159/2011).
Ai sensi del comma 3, i
soggetti pubblici e privati per poter avere diritto di iscriversi all’Albo
devono essere in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 3 della L.
64/2001 (come prescritto dalla vigente normativa).
Si ricorda che ai sensi dell’art. 3 della L. 64/2001, gli enti e le organizzazioni privati che intendono presentare progetti per il servizio civile volontario devono possedere i seguenti requisiti:
a) assenza di scopo di lucro;
b) capacità organizzativa e possibilità d'impiego in rapporto al servizio civile volontario;
c) corrispondenza tra i propri fini istituzionali e le finalità proprie del servizio civile indicate all'articolo 1 della medesima L. 64/2001, ossia: favorire la realizzazione dei princìpi costituzionali di solidarietà sociale; promuovere la solidarietà e la cooperazione con particolare riguardo alla tutela dei diritti sociali, ai servizi alla persona ed alla educazione alla pace fra i popoli; partecipare alla salvaguardia e tutela del patrimonio della Nazione, contribuire alla formazione civica, sociale, culturale e professionale dei giovani mediante attività svolte anche in enti ed amministrazioni operanti all'estero;
d) svolgimento di un'attività continuativa da almeno tre anni.
La disposizione in esame specifica in dettaglio i contenuti dei livelli minimi di capacità organizzativa,
di cui alla lett. b) del citato
articolo 3, individuati come segue:
·
una
organizzazione articolata in 100 sedi di
attuazione (incluse eventuali sedi all'estero e sedi di altri enti pubblici
o privati legati da specifici accordi all'ente di servizio civile universale)
aventi i requisiti di sicurezza e di funzionalità di cui all'articolo 5, comma
3, del provvedimento in esame;
·
una
dotazione di personale qualificato.
La qualificazione del personale
viene comprovata dal possesso dei seguenti requisiti:
·
idonei
titoli di studio
ovvero
·
esperienza
biennale nelle relative funzioni
ovvero
·
svolgimento
di specifici corsi di formazione.
La dotazione di personale è articolata come segue:
·
un coordinatore responsabile del servizio
civile universale;
·
un responsabile della sicurezza ai sensi del D.Lgs. 81/2008[7] (testo unico in
materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro);
·
un
responsabile dell'attività di formazione
degli operatori volontari e dei relativi formatori, ivi inclusa la
valorizzazione delle competenze;
·
un
responsabile della gestione degli
operatori volontari;
·
un
responsabile dell'attività informativa;
·
un responsabile delle attività di controllo, verifica e valutazione
del servizio civile universale.
Le domande di iscrizione
all'Albo degli enti di servizio civile universale sono trasmesse esclusivamente
con modalità telematica a decorrere
dalla data di entrata in vigore dello schema di decreto in commento. Tale
disposizione è espressamente finalizzata a garantire la trasparenza, la
semplificazione e la riduzione dei termini del procedimento di esame delle
richieste (comma 4).
Il comma 5 reca una disposizione transitoria per garantire
il proseguimento delle attività degli enti iscritti, in base alla disciplina
attualmente vigente, all'Albo nazionale o agli Albi delle Regioni e Province
autonome.
Si prevede che sono fatti salvi i procedimenti di iscrizione di tali
soggetti, al fine della presentazione dei programmi di intervento di cui
all'articolo 5, purché siano in possesso della capacità organizzativa di cui al comma 3 (vedi supra). La disposizione prevede che tale capacità organizzativa può
essere conseguita anche attraverso la costituzione di specifici accordi tra di essi.
Gli articoli 12 e 13 recano disposizioni particolari e differenziate
per il servizio civile svolto in Italia
e per quello svolto all’estero.
Il
servizio civile universale può essere svolto in Italia o all’estero.
Si ricorda in proposito che la legge di delega prevede la possibilità che il servizio sia prestato, in parte, in uno degli Stati membri dell'Unione europea nonché, per iniziative riconducibili alla promozione della pace e della nonviolenza e alla cooperazione allo sviluppo, anche nei Paesi al di fuori dell'Unione europea (art. 8, comma 1, lett. g).
In ogni caso, anche i soggetti ammessi a svolgere il servizio civile
universale in Italia, possono
effettuare un periodo di servizio all’estero (articolo 12, comma 1) con
i seguenti limiti:
·
il
servizio deve essere prestato in uno dei Paesi membri dell'Unione Europea;
·
la
durata massima del servizio non può superare i tre mesi;
·
possono
svolgere il servizio all’estero una percentuale di soggetti individuata nel
Documento di programmazione finanziaria di cui all'articolo 24 (vedi oltre).
In alternativa, i soggetti ammessi a svolgere il servizio civile
universale in Italia possono usufruire, sempre per un periodo non superiore a
tre mesi, di un tutoraggio finalizzato alla facilitazione dell'accesso al
mercato del lavoro, secondo le modalità dei programmi di intervento annuali.
Per programmi di intervento in Italia (così come quelli all’estero, v,
art. 13) la Presidenza del Consiglio dei
ministri eroga contributi finanziari agli enti, nei limiti delle risorse
annualmente assegnate al Fondo nazionale
per il servizio civile, di cui all’art. 24 (comma 2).
I contributi sono destinati alla parziale copertura delle spese
sostenute per:
·
attività
di formazione generale degli operatori volontari;
·
attività
connesse all'impiego di giovani con minori opportunità;
·
attività
di tutoraggio.
In particolare, tali contributi sono finalizzati ad assicurare, attraverso
una maggiore capacità operativa degli enti, sia un incremento
della qualità dell'intervento e adeguati livelli qualitativi delle attività
formative, sia l'accrescimento delle conoscenze degli operatori volontari (comma 3).
Agli operatori che svolgono un periodo del servizio civile in uno dei
Paesi dell’Unione europea viene erogato, limitatamente a tale periodo, il
trattamento economico previsto in caso di servizio all'estero e agli enti si
applicano le disposizioni previste per il servizio civile all’estero di cui
all'articolo 13, comma 2, ossia la corresponsione di contributi per il vitto,
l’alloggio, la formazione, la gestione degli operatori e per la copertura
assicurativa (comma 4).
Per quanto riguarda il servizio
civile all’estero (articolo 13), si prevede la possibilità di svolgere
il servizio anche nei Paesi al di fuori dell'Unione Europea (comma 1), con le seguenti condizioni:
·
la
percentuale di soggetti ammessi al servizio in Paesi extraeuropei è
predeterminata ed è stabilita con il documento di programmazione finanziaria
·
il
servizio deve essere svolto nell'ambito di programmi di intervento, realizzati
nei settori di cui all'articolo 3 (vedi supra),
per iniziative riconducibili alla promozione della pace e della non violenza
nonché alla cooperazione allo sviluppo.
Come per i programmi di intervento in Italia (v. art. 12), anche per quelli
all’estero la Presidenza del Consiglio
dei ministri eroga contributi finanziari agli enti, nei limiti delle
risorse annualmente assegnate al Fondo
nazionale per il servizio civile, di cui all’art. 24 (comma 2).
I contributi sono destinati alla parziale copertura delle spese
sostenute per:
·
attività
di gestione degli operatori volontari (tra cui la fornitura del vitto e
dell'alloggio “in relazione all'area geografica”);
·
attività
di formazione generale e di gestione degli interventi e per la polizza
assicurativa sanitaria.
I contributi sono finalizzati ad assicurare, attraverso una maggiore
capacità operativa degli enti, sia un incremento della qualità dell'intervento
e adeguati livelli qualitativi delle attività formative, sia la salute, la
sicurezza e l’accrescimento delle conoscenze(comma 3).
Infine, si prevede che gli enti che realizzano programmi di intervento
all'estero debbano garantire lo svolgimento delle iniziative in condizioni di sicurezza adeguate (comma 4).
Articolo 14
(Requisiti di partecipazione)
Il Capo V reca la disciplina
del rapporto di servizio civile universale.
L'articolo 14 individua i requisiti di partecipazione al servizio civile universale.
In particolare non è modificato - rispetto alla disciplina posta dall’art. 3 del decreto legislativo n. 77 del 2002 - il requisito anagrafico (comma 1).
Si tratta dell'età compresa tra diciotto anni (già compiuti al momento di presentazione della domanda) e ventotto anni.
Modificato è invece il requisito della cittadinanza.
Laddove la disciplina del decreto legislativo n. 77 del 2002 prescrive la cittadinanza italiana come condizione per accedere alla prestazione del servizio civile, lo schema in esame ammette anche i cittadini degli altri Stati dell'Unione europea nonché gli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia.
Per il primo riguardo (cittadini di Stati dell'Unione europea), la limitazione del servizio civile ai soli cittadini italiani è stata oggetto, se non ancora di procedure di infrazione, sì di 'preinfrazioni' (come si definiscono i casi trattati nel sistema Eu Pilot: è il meccanismo che la Commissione europea ha avviato a partire dal 2008 per comunicare con gli Stati membri, su questioni di conformità della legislazione nazionale al diritto dell’Unione europea o di corretta applicazione del diritto dell’Unione europea, prima che abbiano avvio le procedure formali di infrazione a norma dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea).
Per il secondo riguardo (cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in Italia), è intervenuta sentenza della Corte costituzionale - la n. 119 del 2015 - a sancire l'illegittimità costituzionale della disposizione del decreto legislativo n. 77 del 2002, nella parte in cui esso prevede il requisito della cittadinanza italiana ai fini dell’ammissione allo svolgimento del servizio civile.
"L’istituto del servizio civile – rileva, come già in parte illustrato, la Corte costituzionale nella citata sentenza n. 119 del 2015 - ha subito una rilevante trasformazione a seguito dei ripetuti interventi legislativi che ne hanno modificato i contorni. Dall’originaria matrice di prestazione sostitutiva del servizio militare di leva, che trovava il suo fondamento costituzionale nell’art. 52 Cost., esso si qualifica ora come istituto a carattere volontario, al quale si accede per pubblico concorso. L’ammissione al servizio civile consente oggi di realizzare i doveri inderogabili di solidarietà e di rendersi utili alla propria comunità, il che corrisponde, allo stesso tempo, ad un diritto di chi ad essa appartiene.
In realtà, è lo stesso concetto di «difesa della Patria», nell’ambito del quale è stato tradizionalmente collocato l’istituto del servizio civile, ad evidenziare una significativa evoluzione, nel senso dell’apertura a molteplici valori costituzionali.
Come già affermato da questa Corte, il dovere di difesa della Patria non si risolve soltanto in attività finalizzate a contrastare o prevenire un’aggressione esterna, ma può comprendere anche attività di impegno sociale non armato. Accanto alla difesa militare, che è solo una delle forme di difesa della Patria, può dunque ben collocarsi un’altra forma di difesa, che si traduce nella prestazione di servizi rientranti nella solidarietà e nella cooperazione a livello nazionale ed internazionale (sentenza n. 228 del 2004).
In coerenza con tale evoluzione, questa Corte ha già richiamato la necessità di una lettura dell’art. 52 Cost. alla luce dei doveri inderogabili di solidarietà sociale di cui all’art. 2 Cost. (sentenza n. 309 del 2013).
L’esclusione dei cittadini stranieri, che risiedono regolarmente in Italia, dalle attività alle quali tali doveri si riconnettono appare di per sé irragionevole.
Inoltre, sotto un diverso profilo, l’estensione del servizio civile a finalità di solidarietà sociale, nonché l’inserimento in attività di cooperazione nazionale ed internazionale, di salvaguardia e tutela del patrimonio nazionale, concorrono a qualificarlo – oltre che come adempimento di un dovere di solidarietà – anche come un’opportunità di integrazione e di formazione alla cittadinanza.
Come già affermato da questa Corte, l’attività di impegno sociale che la persona è chiamata a svolgere nell’ambito del servizio civile «deve essere ricompresa tra i valori fondanti dell’ordinamento giuridico, riconosciuti, insieme ai diritti inviolabili dell’uomo, come base della convivenza sociale normativamente prefigurata dal Costituente» (sentenza n. 309 del 2013). Occorre sottolineare, d’altra parte, che il godimento «dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano», è riconosciuto agli stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato (art. 2, comma 2, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, recante «Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero»).
L’esclusione dei cittadini stranieri dalla possibilità di prestare il servizio civile nazionale, impedendo loro di concorrere a realizzare progetti di utilità sociale e, di conseguenza, di sviluppare il valore del servizio a favore del bene comune, comporta dunque un’ingiustificata limitazione al pieno sviluppo della persona e all’integrazione nella comunità di accoglienza".
Il comma 2 specifica peraltro che l'ammissione al servizio civile universale non costituisce in alcun caso, per il cittadino straniero, presupposto per il prolungamento della durata del permesso di soggiorno.
Il comma 3 dispone che non possano essere ammessi a svolgere il servizio civile gli appartenenti ai corpi militari e alle forze di polizia.
Riproduce immutato l'articolo 3, comma 5 del decreto legislativo n. 77 del 2002.
Il comma 4 statuisce che sia causa di esclusione dal servizio civile universale l'aver riportato condanna, in Italia e all'estero, anche non definitiva alla pena della reclusione superiore ad un anno per delitto non colposo ovvero ad una pena anche di entità inferiore per un delitto contro la persona o concernente detenzione, uso, porto, trasporto, importazione o esportazione illecita di armi o materie esplodenti ovvero per delitti riguardanti l'appartenenza o il favoreggiamento a gruppi eversivi, terroristici, o di criminalità organizzata.
La disposizione riproduce il dettato di altra analoga contenuta nell'articolo 3 del decreto legislativo n. 77 del 2002. Figura una sola novella: il riferimento a condanne riportate all'estero.
Articolo 15
(Procedure di selezione)
L'articolo 15 reca alcune previsioni circa la procedura di selezione dei giovani da avviare al servizio civile universale.
La legge delega (legge n. 106 del 2016: cfr. suo articolo 8, comma 1, lettera b)) prescrive, per questo riguardo, un bando pubblico e procedure improntate a principi di semplificazione, trasparenza e non discriminazione.
Il comma 1 di questo articolo dello schema ripete le previsioni della legge delega, specificando che la selezione sia effettuata dagli enti iscritti all'Albo degli enti di servizio civile universale (cfr. articolo 11 dello schema). Il principio dell'unicità dell'Albo - in luogo della pluralità di Albi (sono 22) nazionale e regionali o provinciali autonomi - è uno degli elementi connotanti la nuova disciplina prospettata dallo schema).
Gli enti devono garantire una maggiore speditezza della procedura (il testo non reca ulteriori specificazioni).
Così come devono assicurare la pubblicità delle modalità di attribuzione dei punteggi nonché degli esiti delle valutazioni.
Ai fini della selezione - aggiunge il comma 2 - gli enti devono nominare apposite Commissioni valutatrici dei giovani candidati, tenute a redigere un verbale, con analitico punteggio per i diversi elementi oggetto di della valutazione prestata.
I membri della Commissioni valutatrici sono tenuti a
dichiarare di non essere legati da
rapporti di parentela con i
giovani partecipanti alla selezione. Sono inoltre tenuti a dichiarare di
non incorrere "in alcuna causa di incompatibilità". Peraltro, lo schema non pare recare maggiore
specificazione su quali siano siffatte cause di incompatibilità.
Tale dichiarazione dei membri delle Commissioni è effettuata
ai sensi del D.P.R. n. 445 del 2000, dunque con auto-dichiarazione da parte
degli interessati, sostitutiva di certificazione.
Articolo 16
(Rapporto
di servizio civile universale e durata)
L'articolo 16 disciplina il rapporto di servizio civile universale e la sua durata (individuata tra gli 8 e i 12 mesi).
Circa la durata, il comma 4 prevede una soglia minima di otto mesi ed una massima dodici mesi.
È previsione diversa da quella posta dal decreto legislativo n. 77 del 2002 (cfr. suo articolo 3, comma 3), secondo il quale il servizio civile ha la durata complessiva di dodici mesi, e con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (sentite le amministrazioni dello Stato interessate) essa può essere prevista o articolata per un periodo maggiore o minore, in relazione agli specifici àmbiti e progetti di impiego.
Il comma 1 ribadisce il divieto - già posto dal decreto legislativo n. 77 del 2002 (cfr. l’articolo 9, comma 1) - di assimilazione del servizio civile a qualsiasi tipo di rapporto di lavoro.
Conseguentemente, la prestazione del servizio civile non comporta la sospensione e la cancellazione dalle liste di collocamento o dalle liste di mobilità (disposizione del pari già presente nel decreto legislativo n. 77).
Il rapporto di servizio civile universale - aggiunge ora il comma 1 - si instaura con la sottoscrizione del relativo contratto tra il giovane selezionato dall'ente accreditato e la Presidenza del Consiglio dei ministri.
Nell’analisi di impatto della regolamentazione (AIR) si evidenzia come il sistema ha determinato criticità connesse alla definizione dello status dei volontari in servizio civile, nonché alla disciplina del rapporto di servizio civile. Nonostante la previsione di cui all'articolo 9 del decreto n. 77 del 2002 - secondo la quale l'attività svolta dal giovani nell’ambito di progetti di servizio civile non determina l'instaurazione di un rapporto di lavoro - nel corso degli anni sono stati attivati 66 contenziosi da parte di giovani volontari, che chiedevano, tra l'altro, il riconoscimento della sussistenza del rapporto di lavoro all'esito dello svolgimento del servizio civile.
Il contratto decorre - specifica il comma 2 - dalla data di inizio del servizio (attestata dal responsabile dell'ente presso cui il giovane opera).
Il medesimo contratto prevede il trattamento giuridico ed economico (su cui v. infra l'articolo 17) nonché le norme di comportamento alle quali l'operatore volontario deve attenersi e le relative sanzioni.
Il comma 3 sancisce l'esenzione da imposizione tributaria e la non imponibilità a fini previdenziali degli assegni attribuiti agli operatori del servizio civile.
Per questi ultimi il comma 5 sancisce il divieto di svolgere attività di lavoro subordinato o autonomo, "se incompatibile con il corretto espletamento del servizio civile universale" - nonché l'obbligo di realizzare le attività previste dal progetto per il quale prestano la loro opera.
Il comma 6 riconosce, in capo agli operatori volontari, il diritto-dovere della formazione. Essa ha durata complessiva non inferiore ad 80 ore (come già prevede l'articolo 11 del decreto legislativo n. 77 del 2002).
La formazione è articolata in generale (di durata minima di 30 ore) e specifica (di durata minima di 50 ore).
Essa è commisurata alla durata e alla tipologia del programma di intervento.
Il comma 7 si sofferma sull'articolazione dell'orario di servizio.
Esso consta di monte orario settimanale e ovvero di un monte ore 'annuo'.
Se settimanale, il monte orario è complessivamente di 30 ore.
Se 'annuo', il monte orario corrisponde "ad un massimo" di 1440 ore, qualora sia calibrato su dodici mesi; "ad un massimo" di 960 ore, qualora sia su otto mesi.
Il comma 8 pone il divieto, per i soggetti che abbiano già svolto il servizio civile, di presentare una seconda volta istanza di partecipazione.
Articolo 17
(Trattamento
economico e giuridico degli operatori volontari)
L'articolo 17 disciplina il trattamento economico e
giuridico degli operatori volontari.
I commi 1 e 2 prevedono, in particolare, la corresponsione dì un
assegno, da erogare nel rispetto di specifici criteri, quali l'effettività del
servizio svolto, la tracciabilità, la pubblicità, la semplificazione delle
procedure amministrative mediante l'utilizzo di sistemi informatici.
La quantificazione
dell'assegno è demandata al documento di programmazione finanziaria del
servizio civile (v. infra articolo 24
dello schema).
Tuttavia, in fase di
prima applicazione, l'assegno mensile è quello corrisposto ai volontari in
servizio civile nazionale, in Italia e all'estero, alla data di entrata in
vigore del decreto legislativo[8].
Tale importo -
rileva la relazione tecnica posta a corredo dello schema - è rimasto invariato
dal 2002 (allorché fu istituito il servizio civile nazionale).
Per questo riguardo,
è disposizione innovativa (rispetto all'articolo 9 del decreto legislativo n.
77 del 2002, ossia l'articolo relativo al trattamento economico e giuridico)
quella recata dal comma 1, là dove prevede una sorta di indicizzazione biennale
dell'assegno - sulla base della variazione (accertata dall'ISTAT) dell'indice
dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.
Il comma 3 prevede
che le condizioni generali di assicurazione per i rischi connessi allo svolgimento del servizio
civile siano predisposte previo parere dell'Istituto per la vigilanza dalle
assicurazioni (ISVAP). Invero non pare
specificato il soggetto predisponente tali condizioni (il decreto
legislativo n. 77 del 2002 attribuisce tale funzione all'Ufficio nazionale per
il servizio civile, "tramite" l'ISVAP).
Il comma 4 sancisce
la riscattabilità (senza oneri a carico del Fondo nazionale per il
servizio civile) dei periodi
corrispondenti al servizio civile su base volontaria.
Il riscatto può
essere totale o parziale, su domanda domanda dell'interessato purché iscritto
al Fondo pensioni lavoratori dipendenti e alle gestioni speciali dei lavoratori
autonomi, ai Fondi sostitutivi ed esclusivi dell'assicurazione generale
obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti ed alla gestione. Le modalità di
riscatto sono quelle ordinarie (cfr. articolo 13 della legge n. 1338 del 1962).
Condizione per la riscattabilità è che non si vi sia già 'copertura' per
contribuzione in uno dei regimi previdenziali ricordati.
Queste disposizioni
riproducono il dettato del decreto legislativo n. 77 del 2002 (cfr. l’articolo
9, comma 4, il quale tuttavia circoscrive
la riscattabilità ai periodi successivi al 1° gennaio 2009, data dalla quale
cessò qualsiasi obbligo contributivo a carico del Fondo nazionale del servizio
civile) [9].
Gli oneri da
riscatto - aggiunge il comma 5 di questo articolo dello schema, che
riproduce disposizione del decreto legislativo n. 77 del 2002 - possono essere
versati ai regimi previdenziali di appartenenza in unica soluzione ovvero in
120 rate mensili (senza l'applicazione di interessi per la rateizzazione).
Il comma 6
prevede che l'assistenza sanitaria agli ammessi a prestare attività di servizio
civile universale è fornita dal Servizio sanitario nazionale (previsione già
presente nel decreto legislativo n. 77 del 2002).
Aggiunge che per i periodi di svolgimento del servizio civile
universale in Paesi al di fuori dell'Unione europea, l'assistenza sanitaria è
garantita mediante polizze assicurative stipulate dagli enti che realizzano i programmi di intervento.
Il comma 7
prevede si applichi agli operatori volontari del servizio civile le disposizioni
circa il congedo di maternità (cfr. articoli 16 e 17 del decreto legislativo n.
151 del 2001, in materia di tutela e sostegno della maternità).
L'assegno è
corrisposto nella misura di due terzi - dalla data di sospensione del servizio
per la maternità a quella della sua ripresa.
Esso è a carico del
Fondo nazionale per il servizio civile.
L’articolo 18 riconosce una serie di benefici nel campo dell’istruzione e dell’inserimento lavorativo per gli operatori volontari che hanno svolto attività di servizio civile, quali crediti formativi universitari, collocamento nel mercato del lavoro, possibili titoli di preferenza nei concorsi pubblici se previsto dai bandi. I criteri per il riconoscimento del periodo di svolgimento del servizio civile sono definite con accordo in sede di Conferenza Stato – regioni.
La cessazione anticipata del rapporto di servizio civile universale comporta, salvo documentati motivi di salute o forza maggiore, la decadenza da tali benefici.
L’articolo in esame
costituisce attuazione di uno specifico criterio di delega che prevede il
riconoscimento e valorizzazione delle competenze acquisite durante
l'espletamento del servizio civile universale in funzione del loro utilizzo nei
percorsi di istruzione e in ambito lavorativo (art. 8, comma 1, lett. h) della legge di delega).
In particolare, i benefici previsti sono i seguenti:
·
crediti formativi universitari che possono essere riconosciuti dalle
università degli studi ai fini del conseguimento di titoli di studio; resta
fermo quanto disposto dall'articolo 10, comma 2 della legge 64/2001 (comma 1);
La disposizione citata
prevede che con decreto del Presidente del Consiglio, di concerto con il
Ministro della pubblica istruzione, sono determinati i crediti formativi, per i
cittadini che prestano il servizio civile o il servizio militare di leva,
rilevanti, nell'àmbito dell'istruzione o della formazione professionale, ai
fini del compimento di periodi obbligatori di pratica professionale o di
specializzazione, previsti per l'acquisizione dei titoli necessari
all'esercizio di specifiche professioni o mestieri.
·
trattamento di favore nel collocamento nel
mercato del lavoro,
attraverso la stipula da parte di Stato, regioni e province autonome, nei
limiti delle rispettive competenze, di convenzioni con associazioni di imprese
private, con associazioni di rappresentanza delle cooperative e con altri enti
senza finalità di lucro (comma 3);
·
valutazione del periodo di servizio civile
nei pubblici concorsi con le
stesse modalità e lo stesso valore del servizio prestato presso le
amministrazioni pubbliche (comma 4);
·
riconoscimento
del servizio civile universale completato senza demerito quale titolo di preferenza ai fini della
compilazione delle graduatorie di merito dei concorsi pubblici relativi all'accesso nelle carriere iniziali,
previo inserimento (facoltativo) di apposita previsione nel relativi bandi da
parte delle pubbliche amministrazioni (comma
5).
Si osserva che andrebbe
valutata l’opportunità di specificare modalità e limiti entro i quali il
servizio civile può essere previsto come “titolo di preferenza… ai fini della
compilazione delle graduatorie di merito nei concorsi pubblici”, allo scopo di
limitare la discrezionalità delle pubbliche amministrazioni che redigono i
bandi concorsuali.
Al riguardo si evidenzia
l’opportunità di richiamare (o integrare) la normativa vigente, che già prevede
una serie di titoli di preferenza nei concorsi pubblici (DPR n.487/1994)[10],
valutabili unicamente a parità di merito o a parità di merito e di titoli.
Con accordo sancito in sede
di Conferenza Stato – Regioni sono
definiti i criteri per il riconoscimento
e la valorizzazione delle competenze acquisite per il loro utilizzo nei
percorsi di istruzione e in ambito lavorativo (comma 2).
Infine, si prevede la decadenza
da tali benefici in caso di cessazione anticipata del rapporto di servizio
civile universale comporta, a meno che l’interruzione avvenga per:
·
documentati
motivi di salute;
·
cause di
servizio;
·
cause di
forza maggiore;
In ogni caso il periodo di servizio prestato deve essere pari ad almeno
sei mesi.
L’articolo in esame riproduce in larga parte il contenuto dell’art. 13
del D.Lgs. 77/2002 relativo all’inserimento nel mondo del lavoro e crediti
formativi.
Rispetto alla normativa vigente, viene introdotto un ulteriore beneficio, ossia quello
relativo alla possibilità – per le
pubbliche amministrazioni – di prevedere nei bandi di concorso, il riconoscimento del servizio civile concluso
senza demerito quale titolo di
preferenza ai fini della compilazione delle graduatorie nei concorsi
pubblici.
Non sembra invece espressamente richiamato quanto attualmente stabilito
dal comma 4 dell’art. 13 del citato decreto legislativo 77/2002, che prevede
riserve di posti nei concorsi relativi all'accesso nelle carriere iniziali del
Corpo nazionale dei vigili del fuoco e del Corpo forestale dello Stato, nella
misura del 10 per cento, per coloro che hanno svolto per almeno dodici mesi il
servizio civile nelle attività istituzionali di tali Corpi.
La Corte
costituzionale, con la più volte citata sentenza 228/2004, ha dichiarato non
fondata, tra le altre, la questione di legittimità costituzionale del citato
art. 13 del D.Lgs. 77/2002, relativo all'"inserimento nel mondo del
lavoro" e ai "crediti formativi", in quanto riconosce non solo
all'Ufficio nazionale, ma anche alle Regioni e alle Province autonome,
"nei limiti delle rispettive competenze", la possibilità di stipulare
convenzioni con enti e associazioni in funzione del collocamento nel mercato
del lavoro di chi abbia svolto il servizio civile.
L'articolo 19 prevede il rilascio di un attestato - con le indicazioni delle attività svolte - agli
operatori volontari che abbiano concluso senza demerito il servizio civile.
Peraltro, diversamente dall'analoga
disposizione del decreto legislativo n. 77 del 2002 (articolo 9, comma 8 che fa
riferimento all’Ufficio nazionale per il servizio civile o alle regioni e le
province autonome, per quanto di competenza), non è specificato il soggetto che
rilasci tale attestato.
Il Capo VI concerne il "Controllo, valutazione e verifica
del servizio civile universale".
Lo compongono gli
articoli 20, 21, 22 e 23.
L'analisi di impatto posta a corredo dello schema evidenzia come l'assenza di un controllo sulla gestione delle attività è una delle criticità della vigente disciplina.
Per questo riguardo,
l'articolo 20 prevede che la Presidenza del Consiglio dei
ministri svolga, sulla base di uno specifico
piano annuale (pubblicato sul suo sito internet), un controllo sulla gestione delle attività degli enti.
Il
controllo si esercita onde verificare la legittimità e regolarità procedurali
della realizzazione del servizio civile, con successiva eventuale adozione di
"interventi
correttivi" (senza maggiore
specificazione).
L'articolo 21 attribuisce alla Presidenza del Consiglio dei ministri il compito di effettuare una valutazione concernente l'impatto dei programmi di intervento sui territori e sulle comunità locali interessate.
I risultati di tale valutazione affluiscono in un rapporto annuale, da pubblicare sul sito istituzionale.
Per la realizzazione del rapporto annuale, è ammesso l'eventuale ausilio di "enti terzi di comprovata qualificazione in materia".
Ancora in materia di controllo, l'articolo 22 attribuisce alla Presidenza del Consiglio dei ministri il compito di effettuare verifiche ispettive, da realizzarsi presso gli enti, anche "per il tramite" delle Regioni e delle Province autonome ovvero del Ministero degli affari esteri per gli interventi all'estero. L'articolo 23 prevede il Presidente del Consiglio presenti al Parlamento una relazione annuale sull'organizzazione, sulla gestione e sullo svolgimento del servizio civile universale.
Tali verifiche sono finalizzate ad accertare il rispetto, da parte degli enti, delle norme in materia di selezione e di impiego degli operatori volontari nonché la corretta realizzazione dei programmi di intervento.
In esito alle verifiche, sono irrogabili agli enti sanzioni amministrative, secondo la previsione (cui la disposizione fa rinvio) dell'articolo 3-bis, comma 2 della legge n. 64 del 2001.
Per quest'ultima disposizione, gli enti che violino il dovere di cooperare per l'efficiente gestione del servizio civile e la corretta realizzazione dei progetti - in particolare non osservando le procedure e le norme previste per la selezione dei volontari, ovvero violando quelle per le modalità di impiego dei volontari, o non realizzando in tutto o in parte i progetti ovvero ledendo la dignità del volontario - sono oggetto di una o più delle seguenti sanzioni amministrative: a) diffida per iscritto, consistente in un formale invito a uniformarsi; b) revoca del provvedimento di approvazione del progetto, con diffida a proseguirne le attività; c) interdizione temporanea a presentare altri progetti di servizio civile della durata di un anno; d) cancellazione dall'albo degli enti di servizio civile.
Siffatte sanzioni sono applicate, previa contestazione degli addebiti (e fissazione di un termine per controdedurre non inferiore a trenta giorni e non superiore a quarantacinque), dall'Ufficio nazionale per il servizio civile o dalle Regioni o dalle Province autonome di Trento e di Bolzano, nell'ambito delle rispettive competenze, in ordine proporzionale e crescente, secondo la gravità del fatto, la sua reiterazione, il grado di volontarietà o di colpa, gli effetti prodottisi.
La sanzione della cancellazione dall'albo degli enti di servizio civile è disposta solo in caso di particolare gravità delle condotte contestate ed impedisce la reiscrizione dell'ente nell'albo per cinque anni.
L'articolo 23 prevede infine l'elaborazione di una relazione annuale sull'organizzazione, sulla gestione e sullo svolgimento del servizio civile universale, che il Presidente del Consiglio è tenuto a presentare al Parlamento entro il 30 giugno.
Quest'obbligo di relazione al Parlamento è già previsto dall'articolo 20 della legge n. 230 del 1998, che pose "Nuove norme in materia di obiezione di coscienza".
Articolo 24
(Fondo
nazionale per il servizio civile)
Il Capo VII
concerne "Disposizioni finanziarie, transitorie e finali" (articoli 24-27).
L'articolo 24 ha per oggetto il Fondo nazionale per il servizio civile. Disciplina inoltre la programmazione finanziaria del servizio
civile.
Il
principio programmatario a livello statale vuole infatti essere, più in
generale, uno dei tratti connotanti la nuova disciplina del servizio civile
predisposta dallo schema (v. supra,
articolo 4).
Il Fondo nazionale per il servizio civile fu istituito dalla
legge n. 230 del 1998 (art. 19) (si veda altresì paragrafo Quadro normativo vigente).
Si prevede
- al comma 1 - che esso sia alimentato
con
le risorse derivanti dal bilancio dello
Stato nonché da altre fonti
pubbliche e private, comprese
quelle comunitarie, destinate all'attuazione degli interventi di servizio
civile universale.
Viene così
confermata la composizione del Fondo (assegnazione annuale determinata dalla
legge un tempo finanziaria ora di bilancio, eventuali stanziamenti di Regioni
ed enti locali, enti pubblici e fondazioni bancarie, nonché donazioni di
soggetti pubblici e privati, più le risorse comunitarie) quale disegnata dalla
legge n. 64 del 2001, istitutiva del servizio civile nazionale (art. 11).
Il medesimo
comma 1 colloca il Fondo presso la Presidenza del Consiglio.
La
Presidenza del Consiglio cura l'amministrazione e programmazione annuale delle
risorse del Fondo (comma 2). A tal
fine elabora ogni anno (previo parere
della Consulta nazionale del servizio civile universale e della
Conferenza Stato-Regioni) un documento
di programmazione finanziaria, che
dispone la ripartizione delle risorse occorrenti per la realizzazione del servizio civile (integrabile
in corso d'anno con nota di variazione entro il 30 settembre, in caso di
disponibilità di risorse per fronteggiare diverse o maggiori esigenze).
La programmazione annuale curata
dalla Presidenza del Consiglio investe una molteplicità di profili, scanditi
dal comma 3.
Il documento
di programmazione stabilisce, in relazione alle risorse disponibili, i seguenti
elementi:
a)
il contingente
complessivo degli operatori volontari da avviare al servizio civile nell'anno
di riferimento - nonché la loro numerica ripartizione tra: servizio in Italia;
all'estero; in Italia ma con autorizzazione a periodi di servizio nei Paesi
dell'Unione europea; accompagnamento di grandi invalidi e ciechi civili (cfr.
rispettivamente l'articolo 1 della legge n. 288 del 2002 e l'articolo 40
della legge n. 289
del 2002);
b)
la quota delle risorse del Fondo da
utilizzare per le spese di funzionamento
dell'Ufficio nazionale del servizio civile (cfr. l'articolo 7 della legge n. 64
del 2001);
c)
la quota di risorse del Fondo vincolata,
a richiesta dei conferenti, allo sviluppo di programmi di intervento in aree e
settori di impiego specifico (facoltà prevista dall'articolo 11, comma 2 della
legge n. 64 del 2001);
d)
la quantificazione
e le modalità di erogazione dei contributi da erogare alle Regioni o Province autonome (per le
attività connesse al servizio civile universale che esse prestino, ai sensi
dell'articolo 7 dello schema); nonché la quota relativa ai contributi da erogare agli
enti di servizio civile universale, per le attività di: formazione generale
degli operatori volontari, impiego di giovani con minori opportunità,
tutoraggio per facilitare l'accesso al mercato del lavoro (cfr. l'articolo 12, comma 2 dello
schema) così come per la gestione dei volontari in servizio all'estero (vitto,
alloggio, formazione generale, gestione degli interventi, polizza assicurativa
sanitaria: cfr. l'articolo 13, comma 2 dello schema);
e)
la quantificazione dell'assegno mensile da corrispondere agli operatori volontari in italia e
all'estero, nonché gli eventuali oneri assicurativi e accessori.
Il comma 4 infine prevede che permanga applicabile al Fondo la disciplina normativa vigente, che ne determina il carattere di contabilità speciale (cfr. l'articolo 1 del decreto-legge n. 324 del 1999 come convertito dalla legge n. 424), regola la generale applicazione dei controlli di regolarità amministrativa e contabile (cfr. il decreto legislativo n. 123 del 2011), norma la disciplina autonomia e contabile della Presidenza del Consiglio (cfr. il D.P.C.M. 22 novembre 2010).
Articolo 25
(Disposizioni
finanziarie)
L'articolo 25 prevede un incremento per l'anno 2016 della dotazione
del Fondo nazionale per il servizio civile.
Siffatto
incremento (rispetto alle risorse in bilancio che sono di 111,26 milioni
secondo il disegno di legge di bilancio per il 2017, in corso di esame
parlamentare) è pari a 146,3 milioni di
euro.
A siffatto
onere finanziario si provvede:
·
per 139 milioni, mediante corrispondente
riduzione delle risorse per l'attuazione della riforma del terzo settore,
dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale,
stanziate per l'anno 2016 dalla legge di stabilità 2015 (articolo 1, comma 187,
legge n. 190 del 2014);
·
per 7,3 milioni, mediante riduzione delle
risorse della seconda sezione del Fondo
previsto dall'articolo 9, comma 1, lettera g) della legge
n. 106 del 2016. Quella disposizione ha istituito presso il Ministero del
lavoro e delle politiche sociali, un Fondo destinato a sostenere lo svolgimento
di attività di interesse generale di cui all'articolo 4, comma 1, lettera b),
attraverso il finanziamento di iniziative e progetti promossi da organizzazioni
di volontariato, associazioni di promozione sociale e fondazioni comprese tra
gli enti del Terzo settore. Il fondo è stato previsto come articolato, solo per
l'anno 2016, in due sezioni: la prima di carattere rotativo, con una dotazione
di 10 milioni di euro; la seconda di carattere non rotativo, con una dotazione
di 7,3 milioni di euro. A valere su questa seconda sezione è dunque la
copertura di una corrispettiva quota dell'incremento del Fondo nazionale per il
servizio civile, disposto dal presente articolo.
Eccezion
fatta per questo incremento di dotazione del Fondo nazionale per il servizio
civile (per il 2016), è prescritta l'invarianza di oneri finanziari.
Si ricorda altresì che analoga disposizione è prevista dall’articolo 50, commi 9-bis e 9-ter (commi introdotti nel corso dell’esame al Senato del disegno di legge di conversione) del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, recante interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dal sisma del 24 agosto 2016 (in corso di esame parlamentare), che dispone un incremento del Fondo nazionale per il servizio civile di cui all’articolo 19 della legge 8 luglio 1998, n. 230 di 146,3 milioni per l'anno 2016 “anche al fine di sostenere progetti per la ripresa della vita civile delle popolazioni colpite dagli eventi sismici dell'agosto ed ottobre 2016 nonché di aumentare il numero di volontari da avviare al servizio civile nazionale”.
Andrebbe in proposito
verificato il coordinamento tra le due disposizioni che fanno riferimento ad un
incremento del medesimo importo (146,3 milioni di euro) riferito all’anno 2016,
con le medesime modalità di copertura.
Articolo 26
(Disposizioni
finanziarie)
L'articolo 26 reca
norme transitorie e finali.
Il comma 1 prevede - al
fine di garantire la continuità dell'azione amministrativa nella realizzazione
degli interventi e insieme consentire l'immediata attuazione del servizio
civile universale - che continui ad applicarsi la previgente normativa in
materia di servizio civile nazionale, fino a quando sia approvato il primo Piano
triennale, quale previsto dallo schema (cfr. supra articolo 4).
Il comma 2 - del pari
relativo al periodo transitorio - dispone che il Dipartimento della
Presidenza del Consiglio dei ministri, competente in materia di servizio
civile nazionale, svolga le funzioni attribuite allo Stato dall'articolo 6
dello schema, fino all'adozione dei provvedimenti che individuino la struttura
preposta agli adempimenti connessi alla realizzazione del servizio civile
universale.
Il comma 3 novella
l'articolo 3-bis della legge n. 64 del 2001 (già richiamata supra a proposito dell'articolo 22 dello
schema, circa le sanzioni amministrative da irrogare agli enti che non
rispettino gli obblighi di efficiente gestione del servizio civile e di
corretta realizzazione dei progetti), in coerenza con il nuovo sistema di
servizio civile universale, incentrato sulla realizzazione di
"programmi" di intervento (anziché "progetti" di
intervento).
Il comma 4 'trasla' al
presente decreto legislativo (suoi articolo 16, comma 1, ed articolo 17, comma
1) i rinvii contenuti nella legge n. 125 del 2014 (recante "Disciplina generale sulla cooperazione
internazionale per lo sviluppo": cfr. suo articolo 28, comma 2),
riferiti alle corrispondenti disposizioni del decreto legislativo n. 77 del
2002, il quale è di contro abrogato dal comma 5.
La disposizione della legge n. 125 del 2014 testè ricordata recita che l'Italia riconosce e promuove il volontariato prestato nell'ambito delle iniziative di cooperazione allo sviluppo. Le organizzazioni della società civile e gli altri soggetti senza finalità di lucro possono impiegare il personale anche a titolo volontario, senza la costituzione di un rapporto di lavoro. In questo caso, l'inquadramento giuridico ed economico di detto personale è parametrato su quello stabilito dall'articolo 9, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 77 del 2002 (che lo schema sostituisce con l'articolo 16, comma 1, ed articolo 17, comma 1).
Articolo 27
(Entrata
in vigore)
L'articolo
27 concerne l'entrata in vigore
del decreto legislativo oggetto del presente schema (la quale decorre dal
giorno successivo della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale).
La L. 772/1972[11] ha riconosciuto l’obiezione di coscienza per “gli obbligati alla leva che dichiarino di essere contrari in ogni circostanza all'uso personale delle armi per imprescindibili motivi di coscienza (…) attinenti ad una concezione generale della vita basata su profondi convincimenti religiosi o filosofici o morali professati dal soggetto” e ha affidato la gestione ed organizzazione del servizio civile - sostitutivo del servizio militare e, pertanto, obbligatorio e prestato per un tempo superiore alla durata del servizio di leva – al Ministero della difesa.
La Corte Costituzionale con la sentenza n. 470 del 19-31 luglio 1989 ha disposto che la durata del servizio civile e di quello militare siano coincidenti.
Le domande di adesione divengono pertanto più numerose, raggiungendo nel 1999 la cifra di 110.000. Ugualmente, l'offerta di servizio civile passa da poche decine di associazioni dei primi anni '80, agli oltre 3.500 Comuni abilitati a impiegare obiettori, alle decine di Università, alle oltre 200 Unità Sanitarie Locali e alle 2.000 associazioni locali di Terzo Settore della fine degli anni '90[12].
La L. 230/1998[13] ha fissato le nuove norme in materia di obiezione di coscienza, ha definito il servizio civile all’art. 1 come “diverso per natura e autonomo dal servizio militare, ma come questo rispondente al dovere costituzionale di difesa della Patria e ordinato ai fini enunciati nei «Principi fondamentali» della Costituzione”. Le funzioni di gestione e organizzazione del Servizio civile vengono trasferite dal Ministero della difesa alla Presidenza del Consiglio, presso la quale viene istituito l’Ufficio nazionale per il servizio civile (UNSC).
L'Ufficio Nazionale per il Servizio Civile ha la sua sede centrale a Roma e, fino al 31 dicembre 2006, disponeva di alcune sedi periferiche, la cui operatività è cessata come previsto dal Protocollo d'intesa del 26 gennaio 2006 stipulato tra l'Ufficio nazionale per il servizio civile e le Regioni e le Province autonome. L'attuale assetto dell'Ufficio è disciplinato dal DPCM 15 settembre 2011 e dal DPCM 1 ottobre 2012 (ed in particolare dall’articolo 15). L’ufficio è incardinato nel Dipartimento della gioventù e del servizio civile nazionale della Presidenza del Consiglio.
All’UNSC sono riservate tutte le attività di carattere amministrativo, mentre la gestione operativa dei progetti di servizio civile è curata interamente dagli enti che ne risultano affidatari.
Al contempo, la legge 230/1998 ha istituito la Consulta nazionale del Servizio Civile composta da 15 membri nominati con decreto del Presidente del Consiglio o del Ministro da lui delegato, scelti tra rappresentanti degli enti e delle organizzazioni, pubblici e privati, che impiegano volontari del servizio civile nazionale ovvero dei loro organismi rappresentativi, nonché tra rappresentanti dei volontari, delle regioni e delle amministrazioni pubbliche coinvolte. La Consulta è organo permanente di consultazione, riferimento e confronto per l’Ufficio nazionale ed esprime pareri, tra l’altro, sui criteri e sull'organizzazione generale del servizio e sul modello di convenzione tipo.
La legge ha istituito, inoltre, il Fondo nazionale per il Servizio Civile, collocato presso l'Ufficio nazionale per il servizio civile, che ne cura l'amministrazione e la programmazione annuale delle risorse, nel quale confluiscono i fondi prima gestiti dal Ministero della difesa e nel quale possono essere versate donazioni pubbliche e private finalizzate alle attività che si intendono sostenere. Il Fondo è stato più volte rifinanziato, da ultimo dal decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76 (convertito dalla legge 99/2013) che ne ha previsto l’incremento di 1,5 milioni di euro per l'anno 2013 e di 10 milioni di euro per l'anno 2014. Le risorse del Fondo sono allocate in apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (2185). Nella legge di bilancio 2014 è previsto lo stanziamento di 109 milioni nel 2014, 77 nel 2015 e 77,16 nel 2016.
Con la promulgazione della L. 331/2000[14] "che ha stabilito la sospensione della leva obbligatoria a partire dal 2007 (poi anticipata al 1° gennaio 2005 dalla L. 226/2004[15]), si apre la strada per la costituzione di un servizio civile volontario parallelo al servizio militare professionale. L’Ufficio nazionale per il servizio civile, è così destinato, dopo avere in un primo tempo gestito la fase conclusiva dell’impiego degli obiettori di coscienza, a sostituirli gradatamente nei loro compiti con i nuovi volontari del servizio civile nazionale.
La L. 64/2001[16] ha istituito, in conseguenza della abolizione della leva obbligatoria, il Servizio civile nazionale, un servizio volontario aperto ai giovani dai 18 ai 26 anni (uomini e donne) che intendono fra l’altro “promuovere la solidarietà e la cooperazione, a livello nazionale ed internazionale, con particolare riguardo alla tutela dei diritti sociali, ai servizi alla persona ed alla educazione alla pace fra i popoli” nonché partecipare alla salvaguardia e tutela del patrimonio nazionale, con particolare riguardo al settore ambientale. Le aree di intervento nelle quali è possibile prestare il Servizio civile nazionale sono riconducibili ai seguenti settori:
· assistenza;
· protezione civile;
· ambiente;
· patrimonio artistico e culturale;
· educazione e promozione culturale;
· servizio civile all'estero.
Gli enti di servizio civile - che presentano progetti e sono tenuti ad assicurare una efficiente gestione del Servizio civile nazionale ed una corretta realizzazione dello stesso progetto - sono le amministrazioni pubbliche, le associazioni non governative (ONG) e le associazioni no profit che operano negli ambiti specificati dalla L. 64/2001. Per poter partecipare al servizio civile gli enti essere in possesso di determinati requisiti strutturali ed organizzativi, nonché di avere adeguate competenze e risorse specificatamente destinate al servizio civile. L'ente deve inoltre sottoscrivere la carta di impegno etico che intende assicurare una comune visione delle finalità del SCN e delle sue modalità di svolgimento, in un patto stretto con l'Ufficio ed i giovani. Solo tali enti, iscritti in un apposito albo - Albo degli enti accreditati -, possono presentare progetti di servizio civile nazionale.
Il D.Lgs. 77/2002[17], dando attuazione alla delega recata dalla L. 64/2001, ha disciplinato il Servizio civile nazionale, innalzando tra l’altro il limite di età a 28 anni (art. 3, comma 1). Inoltre, alcune funzioni sono trasferite alle regioni che curano l'attuazione degli interventi di servizio civile secondo le rispettive competenze (art. 2, comma 2) e istituiscono albi su scala regionale, nei quali possono iscriversi gli enti e le organizzazioni che svolgono attività esclusivamente in àmbito regionale e provinciale (art. 5, comma 2). Rimane in capo all’USCN la tenuta dell’albo nazionale.
La disposizione definisce in particolare:
§ gli organi competenti in materia;
§ i requisiti e le modalità di accesso e di svolgimento del servizio;
§ la programmazione e gestione delle risorse finanziarie;
§ la natura del rapporto di servizio civile ed il relativo trattamento economico e giuridico;
§ la formazione dei giovani assegnati al servizio civile;
§ la valorizzazione del servizio prestato ai fini dello sviluppo formativo e dell’inserimento nel mondo del lavoro;
§ la disciplina del periodo transitorio.
In correlazione con tale disciplina, l’art. 3 della L. 3/2003[18], di poco successiva, ha soppresso l’Agenzia per il servizio civile (prevista dall’art. 10, co. 7-9, del D.Lgs. 303/1999[19], ma di fatto mai istituita), con ciò confermando il mantenimento dei compiti di organizzazione, attuazione e svolgimento del Servizio civile in capo all’Ufficio nazionale per il servizio civile.
Successivamente, l’art. 1, comma 6, del D.L. 181/2006[20] ha assegnato all’allora neoistituito Ministero della solidarietà sociale le funzioni concernenti il Servizio civile nazionale, per l'esercizio delle quali il Ministero si è avvalso delle relative risorse finanziarie, umane e strumentali dell'UNSC.
L’articolo 1, comma 4, del D.L. 85/2008[21],
finalizzato a dare attuazione al nuovo assetto strutturale del Governo, come
ridefinito dall’art. 1, co. 376 e 377, della legge finanziaria 2008 (legge 24
dicembre 2007, n. 244), ha successivamente ritrasferito alla Presidenza del
Consiglio dei ministri le funzioni
concernenti il Servizio civile nazionale.
Complessivamente il
numero dei posti di volontario messi a bando dal 2001, anno di istituzione del
servizio civile volontario, al 2014 è stato di 342.521 giovani. Il numero massimo
di partecipazione si è avuto nel 2006 con 57.119 posti messi a bando.
Successivamente, il numero dei posti è diminuito progressivamente, fino al
minimo raggiunto nel 2014 (se si esclude l’anno 2012, quando non è stato
pubblicato alcun bando di selezione) di 6.608 posti, di cui 5.504 relativi al bando
garanzia giovani (vedi oltre).
Ai sensi dall'articolo
20 della legge 230/1998, il Presidente del Consiglio presenta ogni anno al
Parlamento, entro il 30 giugno, una relazione
sull'organizzazione, sulla gestione e sullo svolgimento del servizio civile. L’ultima
relazione, relativa all’anno 2014, è stata trasmessa l’8 ottobre 2015 (doc.
CLVI, n. 3).
Un elemento di novità nel settore è costituito dal piano per la Garanzia per i Giovani (Youth Guarantee) il piano europeo per la lotta alla disoccupazione giovanile. Nel Piano italiano per l’attuazione della garanzia per i giovani, predisposto nel dicembre 2013 presentato alla Commissione Europea prevede un finanziamento per consentire ai giovani l’inserimento nel mondo lavorativo. Tra i sette percorsi individuati è specificamente previsto l'impegno nel servizio civile. Secondo il piano possono essere finanziati percorsi di servizio civile, attivati con bandi nazionali e regionali, completi di formazione generale e specifica. Tale misura, che si rivolge a giovani della fascia di età 18 - 28 anni, presenta particolare valore formativo: essa, infatti, offre la possibilità di acquisire conoscenze sui settori di intervento del servizio civile nazionale (assistenza alle persone, protezione civile, ambiente, beni culturali, educazione e promozione culturale) nonché competenze trasversali utili a facilitare l’ingresso nel mercato del lavoro dei soggetti interessati. L’effettività di tali misure è di fatto rimessa alle regioni, in quanto la definizione dei percorsi avverrà secondo quanto previsto nei Piani regionali per l’attuazione del Programma.
Al 24 novembre 2016, il numero dei giovani registrati al Programma è pari a 1.218.577 unità.
[1] Tale disposizione elenca le seguenti finalità alla base del servizio civile nazionale:
a) concorrere, in alternativa al servizio militare obbligatorio, alla difesa della Patria con mezzi ed attività non militari;
b) favorire la realizzazione dei princìpi costituzionali di solidarietà sociale;
c) promuovere la solidarietà e la cooperazione, a livello nazionale ed internazionale, con particolare riguardo alla tutela dei diritti sociali, ai servizi alla persona ed alla educazione alla pace fra i popoli;
d) partecipare alla salvaguardia e tutela del patrimonio della Nazione, con particolare riguardo ai settori ambientale, anche sotto l'aspetto dell'agricoltura in zona di montagna, forestale, storico-artistico, culturale e della protezione civile;
e) contribuire alla formazione civica, sociale, culturale e professionale dei giovani mediante attività svolte anche in enti ed amministrazioni operanti all'estero.
[2] D.Lgs. 5 aprile 2002, n. 77, Disciplina del Servizio civile nazionale a norma dell’articolo 2 della legge 6 marzo 2001, n. 64.
[3] L. 16 gennaio 2003, n. 3, Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione.
[4]
D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 303, Ordinamento della Presidenza del Consiglio
dei Ministri, a norma dell’articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.
[5] D.L. 18 maggio 2006, n. 181, Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 17 luglio 2006, n. 233.
[6] D.L. 16 maggio 2008, n. 85, Disposizioni urgenti per l'adeguamento delle strutture di Governo in applicazione dell'articolo 1, commi 376 e 377, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 14 luglio 2008, n. 121.
[7] Il riferimento è al responsabile del servizio di prevenzione e protezione disciplinato dagli artt. 31 e seguenti del D.Lgs. 81/2008.
[8] Attualmente ai volontari in sevizio civile nazionale spetta un compenso di euro 14,46 netti giornalieri, per un totale euro 433,80 netti mensili. Il pagamento avviene in modo forfettario per complessivi trenta giorni al mese per i dodici mesi di durata del progetto, a partire dalla data di inizio (i compensi ai fini del trattamento fiscale, sono assimilati ai redditi da lavoro dipendente di cui all'articolo 13 del D.P.R. n. 917 del 1986: compenso da collaborazioni coordinate e continuative). Ai volontari impegnati nella realizzazione di progetti di servizio civile all’estero, in aggiunta all’assegno mensile di 433,80 euro spettanti, è prevista una indennità giornaliera, corrisposta per il periodo di effettivo servizio all’estero, differenziata in base al criterio del “costo paese” in cui i volontari sono impegnati. La misura dell’indennità estera giornaliera spettante ai volontari è di: 15,00 euro per i progetti da realizzarsi in Europa (Area euro e Paesi dell’Europa Occidentale) Paesi del Nord America (Area dollaro) e Giappone (Area Yen); 14,00 euro per i progetti da realizzarsi nella Federazione Russa, Paesi dell’Europa dell’Est, Asia (compreso Medio- oriente, India, Cina ed escluso il Sud-est asiatico), Oceania; 13,00 euro per i progetti da realizzarsi in Africa, Sud-est asiatico; Paesi del Centro e Sud America. Tale indennità aggiuntiva non è corrisposta: durante i periodi di servizio (compresi quelli dedicati ad attività formative) in cui i volontari si trovano nel territorio nazionale e durante i periodi di permesso anche se fruiti all’estero; ai giovani residenti nel Paese dove si realizza il progetto. Nel caso di malattia all’estero l’indennità è corrisposta per i primi 15 giorni.
[9] La possibilità di riscattare i periodi corrispondenti al servizio civile su base volontaria (successivi al 1° gennaio 2009) ai fini del trattamento previdenziale del settore pubblico e privato è stata introdotta dall’articolo 4, comma 2, del D.L. 185/2008, che ha novellato l’articolo 9, comma 4, del D.Lgs. 77/2002. Il regime precedente all’introduzione del D.Lgs. 77/2002 era basato sull’obiezione di coscienza, e agli obiettori in servizio sostitutivo civile era riconosciuto il beneficio previdenziale secondo il principio della contribuzione figurativa, senza richiedere oneri finanziari né all’ufficio nazionale né all’obiettore. La copertura dei periodi richiamati era a carico del Fondo nazionale del servizio civile. Il nuovo testo dell’articolo 9, comma 4, del D.Lgs. 77/2002 ha introdotto un sistema di contribuzione volontaria a carico dei soggetti che hanno prestato il servizio medesimo, al fine di garantire volontari avviati dal gennaio 2009 l’applicazione del sistema di calcolo contributivo, per liberare le risorse del richiamato Fondo per assicurare il funzionamento del sistema complessivo del servizio civile.
[10] In particolare, l’articolo 5 del DPR n. 487/1994 già prevede, tra i titoli di preferenza a parità di merito (oltre all’essere insigniti di medaglia d’oro al valor militare, mutilati e invalidi di guerra, orfani di caduti in guerra o per servizio, invalidi e mutilati civili, coniugati con figli a carico, ecc.) l’“aver prestato lodevole servizio nelle amministrazioni pubbliche”.
[11] L. 15 dicembre 1972, n. 772, Norme per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza.
[12] Informazioni tratte dal sito della Presidenza del Consiglio dei ministri – Ufficio nazionale per il servizio civile: /www.serviziocivile.it
[13] L. 8 luglio 1998, n. 230, Nuove norme in materia di obiezione di coscienza.
[14] L. 14 novembre 2000, n. 331, Norme per l'istituzione del servizio militare professionale.
[15] L. 23 agosto 2004, n. 226, Sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata, nonché delega al Governo per il conseguente coordinamento con la normativa di settore.
[16] L. 6 marzo, 2001, n. 64, Istituzione del servizio civile nazionale.
[17] D.Lgs. 5 aprile 2002, n. 77, Disciplina del Servizio civile nazionale a norma dell’articolo 2 della legge 6 marzo 2001, n. 64.
[18] L. 16 gennaio 2003, n. 3, Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione.
[19]
D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 303, Ordinamento della Presidenza del Consiglio
dei Ministri, a norma dell’articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.
[20] D.L. 18 maggio 2006, n. 181, Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 17 luglio 2006, n. 233.
[21] D.L. 16 maggio 2008, n. 85, Disposizioni urgenti per l'adeguamento delle strutture di Governo in applicazione dell'articolo 1, commi 376 e 377, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 14 luglio 2008, n. 121.