Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento istituzioni | ||
Titolo: | Disciplina della dirigenza della Repubblica ' Atto del Governo n. 328 ' Schede di lettura | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Atti del Governo Numero: 327 | ||
Data: | 19/09/2016 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni | ||
Altri riferimenti: |
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Disciplina della
dirigenza della Repubblica
Atto del Governo n. 328
Dossier n. 327
Settembre 2016
Servizio
Studi
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Dossier n. 372
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Atti del Governo 327
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INDICE
Schede di
lettura
Introduzione.................................................................................................... 3
La disposizione di delega.................................................................................. 6
Il contenuto dello schema di
decreto legislativo................................................ 8
§ Disposizioni
generali e ambito di applicazione (artt. 1-2)......................... 14
§ Reclutamento
e formazione (art. 3)............................................................. 26
§ Incarichi
dirigenziali e responsabilità (artt. 4-6)........................................ 45
§ Dirigenti
privi di incarico e mobilità (art. 7).............................................. 74
§ Trattamento
economico (art. 8)................................................................... 80
§ Disposizioni
speciali (artt. 9 e 10)............................................................... 87
§ Uffici
dirigenziali (art. 11)........................................................................ 103
§ Disposizioni
finali e transitorie (artt. 12-15)............................................ 108
Lo schema di decreto
legislativo A.G. 328 – recante la disciplina della dirigenza della Repubblica -
consta di 15 articoli suddivisi in otto Capi.
Il provvedimento, modificando in più parti il decreto legislativo n. 165 del 2001, Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, interviene, in particolare, nei seguenti ambiti:
· articolazione del sistema della dirigenza pubblica in tre ruoli (dirigenti statali, regionali e locali) e previsione del ruolo unico della dirigenza delle autorità indipendenti;
· nuove disposizioni sul reclutamento e sulla formazione dei dirigenti nonchè sulle procedure di attribuzione degli incarichi dirigenziali, delle relative responsabilità e delle modalità di valutazione; previsioni sulla durata degli incarichi;
· superamento della distinzione tra prima e seconda fascia nei ruoli della dirigenza, ferma restando l’articolazione in uffici dirigenziali generali e non; nuove previsioni relative agli uffici dirigenziali generali e all’attuazione dei programmi;
· introduzione di una specifica procedura, articolata in più fasi, per i dirigenti privi di incarico e norme sulla mobilità dei dirigenti;
· nuove disposizioni relative al trattamento economico della dirigenza ed alla relativa graduale convergenza nell’ambito dei tre ruoli; disciplina transitoria per la prima attuazione;
· integrazione delle disposizioni relative alla responsabilità dirigenziale, con particolare riguardo agli elementi che costituiscono mancato raggiungimento degli obiettivi;
· superamento della figura dei segretari comunali e loro confluenza nel ruolo della dirigenza locale;
· riforma della Scuola nazionale dell'amministrazione.
Ad un regolamento interministeriale – da adottare entro 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto legislativo - è attribuita la definizione delle norme di attuazione del provvedimento.
Lo schema di decreto legislativo è adottato ai sensi dell'articolo 11 della legge 7 agosto 2015, n. 124, che reca una delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi in materia di dirigenza pubblica e di valutazione dei rendimenti dei pubblici uffici, da adottare entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge (quindi, entro il 28 agosto 2016).
Si ricorda che, in attuazione dell’art. 11, comma 1, lettera p), è stato già approvato il decreto legislativo relativo alla dirigenza sanitaria (D.Lgs. 4 agosto 2016, n. 171).
Il comma 2 del predetto articolo 11, che reca la procedura per l’adozione dell’atto legislativo, prevede le seguenti fasi:
· proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione;
· acquisizione dei pareri della Conferenza unificata e del Consiglio di Stato (entro 45 giorni dalla data di trasmissione, decorsi i quali il Governo può comunque procedere);
· parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari entro 60 giorni dalla trasmissione, decorsi i quali il decreto può essere comunque adottato.
Viene prevista la consueta formula dello “slittamento” del termine della delega nel caso di trasmissione tardiva dello schema: qualora il termine del parere parlamentare scada nei 30 giorni che precedono la scadenza della delega o successivamente, il termine della delega stessa (12 mesi) è prorogata di 90 giorni.
Nel caso in cui il Governo non intenda uniformarsi al parere parlamentare, deve trasmettere nuovamente lo schema alle Camere corredato con le motivazioni delle proprie decisioni. In tal caso le Commissioni competenti per materia hanno 10 giorni ulteriori per esprimersi, decorsi i quali i decreti possono essere comunque adottati.
Lo schema di decreto legislativo sulla disciplina della dirigenza della Repubblica è stato trasmesso alle Camere il 26 agosto 2016. Il termine per l’espressione del parere parlamentare è fissato, sulla base delle previsioni del citato articolo 11, al 25 ottobre 2016. In considerazione dell’imminente scadenza della delega, il testo è stato assegnato alle competenti Commissioni parlamentari che sono in ogni caso tenute ad attendere, per esprimersi in via definitiva, i pareri della Conferenza unificata e del Consiglio di Stato. Si applica inoltre la suddetta previsione del comma 2, che prevede lo slittamento del termine della delega di 90 giorni, considerato che il termine per il parere parlamentare scade successivamente al termine del 28 agosto 2016 previsto dalla legge di delega.
Il comma 3 prevede la possibilità di emanare eventuali disposizioni integrative e correttive entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi, nel rispetto delle procedure e dei criteri e principi direttivi individuati dalla disposizione di delega.
Si ricorda infine che, in base alla legge 124/2015, era prevista la facoltà per il Governo di esercitare la delega sulla dirigenza pubblica congiuntamente alla delega relativa al riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche (prevista dall’art. 17 della medesima legge 124/2015).
Nel caso in cui entrambe fossero state adottate, congiuntamente, nel termine di 12 mesi (quindi entro il 28 agosto 2016) – si sarebbe applicata la procedura individuata all'articolo 16 della legge 124/2015 per l'esercizio di deleghe legislative “di semplificazione” (ai fini dell'elaborazione di testi unici nelle materie del lavoro alle dipendenze delle p.a., di partecipazione societaria delle amministrazioni pubbliche e di servizi pubblici locali di interesse economico generale).
La procedura dell'art. 16 è differente rispetto a quella indicata all'art. 11 (dirigenza pubblica) per i seguenti aspetti: ai fini dell'iniziativa, sempre posta in capo al Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, è previsto il concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con i Ministri interessati; per quanto riguarda i pareri parlamentari, è chiamata a pronunciarsi anche la Commissione parlamentare per la semplificazione (oltre alle Commissioni competenti per materia e per i profili finanziari) sempre nel termine di 60 giorni dalla data di trasmissione.
Considerato che le due deleghe non sono state esercitate congiuntamente, allo schema di decreto legislativo in titolo si applica l’illustrata procedura dettata dall’art. 11, comma 2, della legge 124/2015.
Ai fini dell’esercizio della delega per l’adozione di un testo unico nelle materie del lavoro alle dipendenze delle p.a. continuano ad applicarsi le previsioni degli articoli 16 e 17 della legge 124/2015 che stabiliscono il termine di 18 mesi – quindi del 28 febbraio 2017 – e fissano i relativi criteri e principi direttivi oltre alla procedura per l’esercizio della delega. L’art. 12 dello schema di decreto legislativo in commento rinvia inoltre a tale testo unico la definizione delle forme di controllo sulle modalità con cui è esercitato dai dirigenti preposti ad uffici dirigenziali general il potere di valutazione e controllo sull’attività dei dirigenti.
L'articolo 11 della legge 7 agosto 2015, n. 124, reca una delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi volti alla revisione della disciplina in materia di dirigenza pubblica e di valutazione dei rendimenti dei pubblici uffici, da adottare, sulla base dei principi e criteri direttivi ivi indicati, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge (entro il 28 agosto 2016). La delega fa riferimento, in particolare, ai profili dell'inquadramento, dell'accesso ai ruoli, della formazione, del conferimento degli incarichi, della valutazione e della responsabilità.
La disposizione di delega prevede, in primo luogo, l'istituzione del sistema della dirigenza pubblica, articolato in ruoli unificati e coordinati, aventi requisiti omogenei di accesso e procedure analoghe di reclutamento, e fondati sui principi del merito, dell'aggiornamento, della formazione continua. E’ altresì prevista la piena mobilità tra i ruoli.
Viene stabilito che nei tre ruoli unici siano ricompresi, rispettivamente:
· i dirigenti dello Stato (amministrazioni statali, enti pubblici non economici nazionali, università statali, enti pubblici di ricerca, agenzie governative), escluso il personale in regime di diritto pubblico; è altresì disposta la soppressione dell'attuale distinzione in prima e seconda fascia;
· i dirigenti regionali, inclusa la dirigenza delle camere di commercio e la dirigenza del Servizio sanitario nazionale, ad eccezione della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria;
· i dirigenti degli enti locali, in cui confluiscono anche gli attuali segretari comunali e provinciali, la cui figura (e il relativo albo) sono contestualmente aboliti.
E' esclusa dai ruoli unici la dirigenza scolastica, oggetto di una disciplina speciale.
In base alla disposizione di delega i dati professionali e gli esiti delle valutazioni relativi a ciascun dirigente appartenente ai tre ruoli unici, nonché i posti dirigenziali che si rendono vacanti in ogni amministrazione, sono contenuti in una banca dati, tenuta dal Dipartimento della funzione pubblica, cui è affidata altresì la gestione tecnica dei ruoli.
Inoltre, ai decreti delegati spetta la definizione – per l'accesso alle predette dirigenze – degli istituti del corso-concorso e del concorso, secondo principi di delega stabiliti nel testo, tra cui la cadenza annuale per ciascuno dei tre ruoli, il possesso di un titolo di studio non inferiore alla laurea magistrale, il necessario superamento di un successivo esame dopo un primo periodo di immissione in servizio, nonché l'esclusione di graduatorie di idonei.
Altri criteri di delega riguardano in particolare: la riforma della Scuola nazionale dell'amministrazione; la semplificazione e l'ampliamento della mobilità della dirigenza tra amministrazioni pubbliche e tra queste ed il settore privato; la definizione di una nuova disciplina sul conferimento degli incarichi dirigenziali nel rispetto di una serie di principi; la definizione di presupposti oggettivi per la revoca degli incarichi ed una disciplina dei dirigenti privi di incarico; la rilevanza della valutazione ai fini del conferimento degli incarichi e del percorso di carriera; il riordino delle norme relative alle ipotesi di responsabilità dirigenziale, amministrativo-contabile e disciplinare dei dirigenti; la definizione della disciplina della retribuzione dei dirigenti secondo criteri tra i quali, in particolare, l'omogeneizzazione del trattamento economico, fondamentale ed accessorio, nell'àmbito di ciascun ruolo unico e la determinazione di limiti assoluti, stabiliti in base a criteri oggettivi, correlati alla tipologia dell'incarico.
E’ altresì stabilito che in sede di attuazione della delega siano inoltre previste ipotesi di revoca dell’incarico e di divieto di rinnovo di incarichi in settori sensibili ed esposti al rischio di corruzione, nei confronti di soggetti che abbiano avuto una condanna, anche non definitiva, da parte della Corte dei conti, al risarcimento del danno erariale per condotte dolose.
Lo schema di decreto legislativo A.C. 328 – adottato in attuazione della delega legislativa di cui all'articolo 11 della legge 124/2015 - dispone, in primo luogo l'articolazione del "sistema della dirigenza pubblica" nei tre ruoli della dirigenza statale, regionale e locale, ai quali si accede tramite procedure di reclutamento e requisiti omogenei, cui si affianca il ruolo della dirigenza delle autorità indipendenti.
I ruoli della dirigenza regionale e locale sono istituiti previa intesa, rispettivamente, in sede di Conferenza Stato-regioni e di Conferenza Stato-città ed autonomie locali.
Sono esclusi dall’applicazione della nuova disciplina i dirigenti scolastici e i dirigenti medici, veterinari e sanitari del Servizio sanitario nazionale.
Viene sancito il principio in base al quale la qualifica dirigenziale è unica e ogni dirigente iscritto in uno dei tre ruoli, in possesso dei requisiti previsti dalla legge, può ricoprire qualsiasi incarico dirigenziale. La distinzione tra dirigente di prima e seconda fascia viene quindi superata, attribuendo alle amministrazioni pubbliche la facoltà di articolare gli uffici dirigenziali in diversi livelli di responsabilità, anche introducendo la distinzione tra incarichi dirigenziali generali e altri incarichi dirigenziali.
E’ contestualmente disposta, presso il Dipartimento della funzione pubblica, la realizzazione di una banca dati - definita nella relazione illustrativa come "banca dati delle competenze" - contenente l'elenco degli uffici dirigenziali, dei titolari di incarichi, del relativo curriculum vitae e percorso professionale. Si prevede inoltre che il Dipartimento della funzione pubblica provveda alla gestione dei ruoli della dirigenza.
Il provvedimento dispone, al contempo, l’istituzione delle Commissioni per la dirigenza statale (entro 90 giorni), regionale e locale (previa intesa, rispettivamente, in sede di Conferenza Stato-regioni e di Conferenza Stato-città ed autonomie locali), cui sono attribuite, in particolare, funzioni di monitoraggio e controllo, nonché consultive, delle procedure per il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali; alle Commissioni compete inoltre la definizione dei criteri generali per l’assegnazione degli incarichi e la relativa valutazione.
Alla dirigenza pubblica si accede mediante le due modalità del corso-concorso e del concorso, salvo il conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti esterni alle amministrazioni nei limiti di quanto stabilito dalla legge. Viene dunque mantenuto il doppio canale di accesso dando una maggiore centralità all’istituto del corso-concorso come forma di reclutamento, bandito annualmente (mentre al concorso si procede solo per i posti autorizzati dal Dipartimento per la funzione pubblica per i quali si pongano esigenze non coperte dalla programmazione triennale).
In particolare, per accedere al corso-concorso è richiesto il diploma di laurea (salvo la possibilità di prevedere ulteriori requisiti nel caso di numero di partecipanti superiore alla soglia definita con regolamento) e i relativi vincitori sono immessi in servizio come funzionari per un periodo di tre anni (periodo che può essere ridotto fino ad un anno). A conclusione di tale periodo l'amministrazione presso cui ha presentato servizio, previa trasmissione di una relazione alla Commissione per la dirigenza e ferma restando una valutazione positiva da parte dell’amministrazione presso cui è stato prestato servizio, assume il dipendente come dirigente a tempo indeterminato conferendogli direttamente un incarico dirigenziale. Coloro che hanno conseguito una valutazione negativa o i partecipanti al corso-concorso che non sono risultati vincitori ma hanno conseguito una valutazione finale di sufficienza sono comunque assunti a tempo indeterminato nel livello di inquadramento giuridico più elevato tra le qualifiche non dirigenziali.
Il concorso - bandito dal Dipartimento della funzione pubblica – dà luogo all’assunzione a tempo determinato con possibilità di trasformazione (a seguito di un esame di conferma da parte di un’apposita commissione nominata dalla Commissione per la dirigenza statale o, per i dirigenti regionali e locali, dalle relative Commissioni e previo svolgimento di un ciclo formativo) del rapporto di lavoro a tempo indeterminato; al concorso possono accedere soggetti aventi specifici requisiti, oltre alla laurea. Nel caso di mancato superamento dell’esame di conferma i vincitori del concorso sono inquadrati come funzionari.
Con il consenso delle relative amministrazioni e previa comunicazione del relativo fabbisogno, con tali modalità (corso-concorso e concorso) può essere altresì reclutato personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia nonché quello della carriera dirigenziale penitenziaria e delle autorità indipendenti.
Lo schema di decreto legislativo interviene quindi sull’assetto e sulle funzioni della Scuola nazionale dell’amministrazione (SNA), di cui è disposta la trasformazione in agenzia, operante sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio e soggetta al controllo della corte dei conti. Alla SNA competono, in particolare, funzioni di reclutamento e di formazione del personale delle pubbliche amministrazioni, anche avvalendosi di istituzioni nazionali ed internazionali.
Specifiche disposizioni sono dettate relativamente alla formazione dei dirigenti, tenuti a frequentare corsi di formazione (organizzati o approvati dalla SNA) per un numero di ore definito dal regolamento di attuazione.
Gli incarichi dirigenziali sono sempre conferiti mediante procedura comparativa con avviso pubblico, ad eccezione dell’assegnazione del primo incarico e di quanto previsto ai fini della procedura per i dirigenti privi di incarico. Ai fini del conferimento di ciascun incarico dirigenziale, l’amministrazione definisce i criteri di scelta nell’ambito dei criteri generali fissati dalle istituende Commissioni per la dirigenza pubblica, regionale e locale.
Per gli incarichi relativi a uffici dirigenziali non generali la scelta dell’amministrazione è comunicata alle Commissioni che, entro 15 giorni, possono rilevare il mancato rispetto dei requisiti e dei criteri fissati. Per gli incarichi relativi a uffici dirigenziali generali le suddette Commissioni selezionano una short list di candidati ritenuti più idonei in base ai richiamati criteri generali.
Viene mantenuta la possibilità di attribuzione degli incarichi dirigenziali a soggetti esterni alle pubbliche amministrazioni – mediante “procedure selettive e comparative” - individuando (analogamente a quanto previsto attualmente per gli incarichi dirigenziali di prima e di seconda fascia) la percentuale massima del 10 per cento del numero degli incarichi generali conferibili e dell’8 per cento degli incarichi dirigenziali non generali conferibili.
Quanto alla durata degli incarichi dirigenziali, viene previsto il termine di 4 anni, rinnovabile di ulteriori 2 anni, a condizione che il dirigente abbia conseguito una valutazione positiva e con decisione motivata dell’amministrazione, per una sola volta. Successivamente, viene svolta la procedura comparativa con avviso pubblico, cui può partecipare il dirigente già titolare dell’incarico, salvo il caso di uffici a rischio di corruzione per i quali la legge già richiede il rispetto del principio della rotazione.
Alla scadenza di ogni incarico il dirigente rimane iscritto al ruolo ed è collocato in disponibilità fino all’attribuzione di un nuovo incarico. Una disciplina specifica viene introdotta per i dirigenti privi di incarico: essi hanno l’obbligo di partecipare, ogni anno, ad almeno 5 procedure comparative per le quali abbiano i requisiti; decorso un anno le amministrazioni possono conferire direttamente incarichi dirigenziali per i quali essi abbiano i requisiti; qualora sia decorso un anno senza incarico nell’anno successivo, ai fini del trattamento economico, sono ridotti di un terzo le parti fisse. Decorsi 2 anni dal collocamento di disponibilità, il Dipartimento per la funzione pubblica provvede a collocare i dirigenti privi di incarico direttamente presso le amministrazioni in cui vi siano posti disponibili, ove ne abbiano i requisiti; viene infine previsto che, in caso di rifiuto, il dirigente decade dal ruolo. Le amministrazioni possono altresì attribuire ai dirigenti privi di incarico, con il loro consenso, funzioni di supporto senza il conferimento di incarichi dirigenziali e retribuzioni aggiuntive. In ogni caso, i dirigenti privi di incarico possono in ogni momento formulare richiesta di ricollocazione in qualifiche non dirigenziali.
Viene altresì stabilito che i dirigenti in disponibilità a seguito di revoca di incarico ai sensi dell'articolo 21 del d. lgs. 165/2001 (che disciplina le ipotesi di responsabilità dirigenziale per mancato raggiungimento degli obiettivi) decadono dal relativo ruolo della dirigenza decorso un anno senza che abbiano ottenuto un nuovo incarico. Il termine è sospeso in caso di aspettativa per assumere incarichi in altre amministrazioni, ovvero in società partecipate, o per svolgere attività lavorativa nel settore privato.
Viene altresì aumentato, nell’ambito delle disposizioni sulla mobilità tra pubblico e privato, da 5 a 10 anni il termine generale per il collocamento in aspettativa dei dirigenti nel caso di svolgimento di attività presso soggetti diversi dalle pubbliche amministrazioni.
Vengono inoltre elencati una serie di elementi che vengono in rilievo ai fini della valutazione dei dirigenti. Tra questi, in particolare: la capacità di gestione delle risorse umane assegnate alla struttura e di controllo e valutazione sulle presenze e sull’apporto motivazionale di ciascun dipendente; la tempestiva individuazione di fattori di rischio; la garanzie di trasparenza; l’individuazione di metodologie migliorative e coinvolgenti l’utenza nella valutazione dell’operato della struttura.
Il provvedimento individua inoltre – nell’ambito della disciplina sulla responsabilità dirigenziale – specifiche ipotesi di mancato raggiungimento degli obiettivi dirigenziali, con la finalità di definire presupposti oggettivi di responsabilità, che possono dare luogo, in base alla gravità dei fatti, anche alla revoca dell’incarico dirigenziale.
Viene affidato al decreto legislativo in materia di pubblico impiego, da adottare entro il 28 febbraio 2017 in attuazione della medesima legge delega 124/2015 (art. 17), l’individuazione delle forme di controllo sulle modalità con cui i dirigenti preposti ad uffici dirigenziali generali esplicano il proprio potere di valutazione e controllo sull’attività dei dirigenti e di periodica verifica del raggiungimento dei risultati dell’ufficio. In tale quadro, sono altresì definite le modalità di controllo sull’attuazione del programma, da parte del segretario generale dei ministeri (in cui è presente tale figura), dei titolari di direzione di strutture articolate in uffici dirigenziali generali, dei dirigenti generali. Nuove disposizioni sono, in particolare, dettate riguardo alle funzioni dei dirigenti di uffici dirigenziali generali ed alla procedura di definizione dei piani, programmi e direttive generali – oggetto di “negoziazione” prima del conferimento dell’incarico – della cui attuazione rispondono direttamente nei confronti del ministro o dell’organo di vertice politico.
E’ inoltre enunciato il principio di non derogabilità delle disposizioni del decreto legislativo da parte di contratti o accordi collettivi.
In sede di prima attuazione, sono iscritti di diritto ai ruoli della dirigenza tutti i dirigenti a tempo indeterminato facenti parte delle relative amministrazioni alla data di entrata in vigore del decreto legislativo. Gli incarichi dirigenziali in corso sono fatti salvi fino alla loro naturale scadenza. Per gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale nelle amministrazioni statali, fino ad esaurimento della qualifica di prima fascia, il conferimento dell’incarico avviene, in misura non inferiore al 30 per cento del numero complessivo di posizioni di livello generale previste nella relativa amministrazione, ai dirigenti di prima fascia facenti parte dei ruoli dell’amministrazione alla data di entrata in vigore del decreto legislativo. In via generale, gli incarichi dirigenziali restano disciplinati dalla normativa vigente fino alla definizione dei criteri generali per il conferimento degli incarichi dirigenziali da parte delle Commissioni per la dirigenza pubblica.
Il provvedimento detta inoltre disposizioni finalizzate, da una parte, a prevedere, nell’ambito dei contratti collettivi, una graduale convergenza del trattamento economico fondamentale di tutti coloro che sono iscritti nei ruoli della dirigenza utilizzando le economie derivanti dalle nuove previsioni; viene stabilito, in particolare, che il trattamento economico accessorio complessivo deve costituire almeno il 50 per cento della retribuzione complessiva del dirigente e la parte collegata ai risultati almeno il 30 per cento della retribuzione complessiva (60 e 40 per cento per i titolari di incarichi dirigenziali generali).
Per quanto riguarda la dirigenza degli enti locali, è disposto il superamento della figura dei segretari comunali e provinciali (a decorrere dall’effettiva costituzione del ruolo della dirigenza locale e fatti salvi, fino alla naturale scadenza, gli incarichi in essere); gli attuali segretari comunali e provinciali confluiscono nel ruolo della dirigenza locale e sono assunti dalle amministrazioni che conferiscono loro incarichi dirigenziali nei limiti delle dotazioni organiche. Norme specifiche sono altresì dettate in sede di prima applicazione per coloro che rivestono attualmente tale incarico nonché per coloro che appartengono alla fascia professionale C e per i vincitori di procedure concorsuali già avviate al 28 agosto 2015.
E’ previsto, al contempo, l’obbligo per gli enti locali di nominare un dirigente apicale cui affidare compiti di attuazione dell’indirizzo politico, coordinamento dell’attività amministrativa e controllo della legalità, che non può essere coordinato da altra figura di dirigente generale; le città metropolitane e i comuni con più di 100.000 abitanti possono, in alternativa, nominare un direttore generale e affidare il controllo della legalità e la funzione rogante ad un dirigente iscritto nei ruoli della dirigenza. E’ stabilito altresì che, in sede di prima applicazione e per un periodo di tre anni, gli enti locali conferiscono l’incarico di dirigente apicale ai segretari comunali e provinciali iscritti all’Albo e ai vincitori di procedure concorsuali già avviate. Per i comuni con meno di 5.000 abitanti (o 3.000 se appartenenti a comunità montane) è infine stabilito l’obbligo di gestire in forma associata la funzione di direzione apicale.
Come si è detto, il provvedimento dispone altresì l’istituzione del ruolo dei dirigenti delle autorità indipendenti, presso la Presidenza del consiglio, che provvede alla gestione tecnica della banca dati del ruolo. Le relative procedure concorsuali sono gestite unitariamente dalle autorità indipendenti e si svolgono con cadenza annuale (ferma restando la possibilità di ricorrere agli istituti del corso-concorso e del concorso per la dirigenza pubblica). I diritti, gli obblighi e il trattamento economico dei dirigenti privi di incarico sono disciplinati dalle autorità con intesa, nel rispetto dei predetti principi stabiliti per la dirigenza pubblica.
Il provvedimento dispone, in primo luogo l'articolazione del "sistema della dirigenza pubblica" nei tre ruoli della dirigenza statale, regionale e locale, ai quali si accede tramite procedure di reclutamento e requisiti omogenei, cui si affianca il ruolo della dirigenza delle autorità indipendenti.
I ruoli della dirigenza regionale e locale sono istituiti previa intesa, rispettivamente, in sede di Conferenza Stato-regioni e di Conferenza Stato-città ed autonomie locali.
Sono esclusi dall’applicazione della nuova disciplina i dirigenti scolastici e i dirigenti medici, veterinari e sanitari del Servizio sanitario nazionale.
E’ contestualmente disposta, presso il Dipartimento della funzione pubblica, la realizzazione di una banca dati - definita nella relazione illustrativa come "banca dati delle competenze" - contenente l'elenco degli uffici dirigenziali, dei titolari di incarichi, del relativo curriculum vitae e percorso professionale.
Il capo I reca le Disposizioni generali in cui si inquadra il provvedimento.
L’articolo 1 definisce il “perimetro” dello schema di decreto legislativo che disciplina il sistema della dirigenza pubblica in regime di diritto privato delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo l, comma 2, del decreto legislativo 165/2001[1].
Come previsto dalla disposizione di delega è escluso il personale in regime di diritto pubblico di cui all’art. 3 del D.Lgs. 165/2001 (in particolare, magistrati, avvocati dello Stato; personale militare e delle Forze di polizia; personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia). L’art. 3 dello schema di decreto legislativo, anche alla luce delle previsioni della legge delega, prevede in proposito che, con il consenso delle relative amministrazioni, con il corso-concorso e con il concorso può essere reclutato il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia, nonché quello della carriera dirigenziale penitenziaria e delle autorità indipendenti, purché le relative amministrazioni abbiano preventivamente comunicato il relativo fabbisogno.
Il testo richiama, in particolare, i seguenti ambiti di intervento: il trattamento giuridico ed economico dei dirigenti; le modalità di accesso, la formazione, il conferimento e la durata degli incarichi; il ruolo unico dei dirigenti delle autorità indipendenti.
Al comma 2 si specifica – in aderenza con le previsioni della disposizione di delega legislativa dettate dall’art. 11, comma 1, lettera b), numeri 1) e 2) - che sono esclusi dall’applicazione della nuova disciplina:
i dirigenti scolastici;
i dirigenti medici, veterinari e sanitari del Servizio sanitario nazionale.
Si ricorda che, in attuazione della delega di cui all’art. 11,
comma 1, lett. p) della legge 124/2014, è stato
approvato il decreto legislativo per la disciplina del conferimento degli
incarichi di direttore generale, di direttore amministrativo, di direttore
sanitario e, ove previsto dalla legislazione regionale, di direttore dei
servizi socio-sanitari delle aziende e degli enti del SSN fermo restando quanto previsto dall’articolo
3-bis del d. lgs.
502/1992 e successive modificazioni[2] per quanto attiene ai requisiti, alla
trasparenza dei procedimenti e dei risultati, alla verifica e alla valutazione.
L’articolo 2 modifica, in primo luogo, l’articolo 13 del decreto legislativo 165/2001 inserendo nuove previsioni relative al rapporto di lavoro e alla disciplina della qualifica dirigenziale.
L’articolo 13 del decreto legislativo 165/2001 attualmente individua le amministrazioni destinatarie stabilendo che le disposizioni del Capo II – che recano la disciplina della dirigenza - si applicano alle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo.
L’articolo 2 dello schema di decreto legislativo ne modifica dunque il contenuto, introducendo (all’art. 13, comma 1, del D.Lgs. 165/2001) il principio in base al quale la qualifica dirigenziale è unica e ogni dirigente iscritto in uno dei tre ruoli del sistema della dirigenza pubblica (statale, regionale e locale), in possesso dei requisiti previsti dalla legge, può ricoprire qualsiasi incarico dirigenziale.
La distinzione tra dirigente di prima e seconda fascia – come previsto dalla disposizione di delega - viene quindi superata, attribuendo alle amministrazioni pubbliche la facoltà di articolare gli uffici dirigenziali in diversi livelli di responsabilità, anche introducendo la distinzione tra incarichi dirigenziali generali e altri incarichi dirigenziali.
In base alla normativa vigente, il ruolo dei dirigenti di ogni amministrazione dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, si articola nella prima e nella seconda fascia.
E’, in particolare, previsto che i dirigenti della seconda fascia transitano nella prima qualora abbiano ricoperto incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali o equivalenti, per un periodo pari almeno a cinque anni senza essere incorsi nelle misure previste per le ipotesi di responsabilità dirigenziale, nei limiti dei posti disponibili, ovvero nel momento in cui si verifica la prima disponibilità di posto utile, tenuto conto, quale criterio di precedenza ai fini del transito, della data di maturazione del requisito dei cinque anni e, a parità di data di maturazione, della maggiore anzianità nella qualifica dirigenziale (art. 23 D.Lgs. 165/2001).
E’ stabilita l’applicazione delle previsioni degli articoli 16 e 17 del d. lgs 165/2001 – che disciplinano, rispettivamente, le funzioni dei dirigenti di uffici dirigenziali generali e dei dirigenti – a tutte le amministrazioni pubbliche. Tali articoli sono, a loro volta, oggetto di modifica da parte dell’art. 11 dello schema di decreto legislativo che specifica, tra l’altro, che i riferimenti, per le amministrazioni statali, alle attribuzioni dei ministri sono da intendere, per le altre amministrazioni, riguardanti l’organo di vertice politico.
Si ricorda inoltre che il vigente art. 15, comma 2, del D.Lgs. 165/2001 dispone che per il Consiglio di Stato, per
i TAR, per la Corte dei conti, per il CNEL, per l’Avvocatura generale dello
Stato le attribuzioni del medesimo decreto legislativo demanda agli organi di
governo sono di competenza, rispettivamente, del Presidente del Consiglio di
Stato, del Presidente della Corte dei conti, del Presidente del CNEL e
dell’Avvocato generale dello Stato (e che le attribuzioni dei dirigenti
generali sono di competenza dei segretari generali dei predetti istituti).
In particolare, l’art. 16 del D.Lgs. 165/2001 attribuisce dirigenti di uffici dirigenziali generali una serie di compiti e poteri tra cui: la formulazione di proposte e pareri al Ministro, nelle materie di sua competenza; la proposta di risorse e di profili professionali necessari allo svolgimento dei compiti dell'ufficio anche al fine dell'elaborazione del documento di programmazione triennale del fabbisogno di personale; la cura dell'attuazione dei piani, programmi e direttive generali definite dal Ministro, rispondendo – come aggiunto dallo schema di decreto in commento – della relativa attuazione direttamente nei confronti dello stesso e l’attribuzione ai dirigenti gli incarichi e la responsabilità di specifici progetti e gestioni; la definizione degli obiettivi che i dirigenti devono perseguire e l’attribuzione delle conseguenti risorse umane, finanziarie e materiali; l’adozione degli atti relativi all'organizzazione degli uffici di livello dirigenziale non generale, nonché degli atti e dei provvedimenti amministrativi (in base al vigente art. 16, co. 4, gli atti e i provvedimenti adottati dai preposti al vertice e dai dirigenti di uffici dirigenziali generali non sono suscettibili di ricorso gerarchico) e l’esercizio dei poteri di spesa e quelli di acquisizione delle entrate rientranti nella competenza dei propri uffici, salvo quelli delegati ai dirigenti; in relazione a tale attività gestionale sono altresì titolari – come aggiunto dallo schema di decreto in commento – in via esclusiva della responsabilità amministrativo-contabile; la decisione sui ricorsi gerarchici contro gli atti e i provvedimenti amministrativi non definitivi dei dirigenti; il concorso alla definizione di misure idonee a prevenire e contrastare i fenomeni di corruzione e a controllarne il rispetto da parte dei dipendenti dell'ufficio cui sono preposti; la comunicazione delle informazioni richieste dal soggetto competente per l'individuazione delle attività nell'ambito delle quali è più elevato il rischio corruzione e formulano specifiche proposte volte alla prevenzione del rischio medesimo e il relativo monitoraggio. Inoltre, come aggiunto dallo schema di decreto in commento, provvedono al monitoraggio della struttura ed effettuano la valutazione dei dirigenti avendo particolare riguardo ad una serie di elementi.
In via generale, viene specificato che i dirigenti di uffici dirigenziali generali riferiscono al Ministro sull'attività da essi svolta correntemente e in tutti i casi in cui il Ministro lo richieda o lo ritenga opportuno; inoltre, gli atti e i provvedimenti adottati dai dirigenti preposti al vertice dell'amministrazione e dai dirigenti di uffici dirigenziali generali non sono suscettibili di ricorso gerarchico.
E’ altresì definita, in base alle nuove previsioni introdotte dal provvedimento in esame, una specifica disciplina che attiene alla “negoziazione” dell’incarico ed al rispetto dei relativi tempi di attuazione.
Infine, è attribuita agli ordinamenti delle amministrazioni pubbliche al cui vertice è preposto un segretario generale, capo dipartimento o altro dirigente comunque denominato, con funzione di coordinamento di uffici dirigenziali di livello generale, la definizione dei relativi compiti e poteri.
A sua volta, l’art. 17 del D.Lgs. 165/2001 attribuisce ai dirigenti, in particolare, le seguenti funzioni: la formulazione delle proposte e l’espressione di pareri ai dirigenti degli uffici dirigenziali generali; la cura dell'attuazione dei progetti e delle gestioni ad essi assegnati dai dirigenti degli uffici dirigenziali generali, adottando i relativi atti e provvedimenti amministrativi ed esercitando i poteri di spesa e di acquisizione delle entrate; lo svolgimento di tutti gli altri compiti ad essi delegati dai dirigenti degli uffici dirigenziali generali; la direzione, il coordinamento ed il controllo dell’attività degli uffici che da essi dipendono e dei responsabili dei procedimenti amministrativi, anche con poteri sostitutivi in caso di inerzia; il concorso all'individuazione delle risorse e dei profili professionali necessari allo svolgimento dei compiti dell'ufficio cui sono preposti anche al fine dell'elaborazione del documento di programmazione triennale del fabbisogno di personale; la gestione del personale e delle risorse finanziarie e strumentali assegnate ai propri uffici; la valutazione del personale assegnato ai propri uffici, nel rispetto del principio del merito, ai fini della progressione economica e tra le aree, nonché della corresponsione di indennità e premi incentivanti. Lo schema di decreto legislativo in esame aggiunge a tali funzioni quella di coadiuvare il dirigente generale nel monitoraggio delle presenze del personale e nell’individuazione di fattori di criticità nell’attuazione del programma proponendo altresì soluzioni correttive; specifica altresì che i dirigenti dono titolari in via esclusiva della responsabilità amministrativo-contabile per l’attività gestionale.
Di conseguenza, la vigente previsione dell’art. 13 del d. lgs. 165/2001 che dispone l’applicazione delle disposizioni del Capo II (disciplina della dirigenza) alle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo viene sostituita, in primo luogo, con la previsione dell’applicazione a tutte le amministrazioni pubbliche (quindi, non solo statali) delle suddette norme che disciplinano le attribuzioni dei dirigenti preposti ad uffici generali e di tutti gli altri dirigenti. Al contempo, trovano applicazione i principi generali su cui si fonda lo schema di decreto legislativo in base ai quali tutti i dirigenti delle amministrazioni statali, regionali e locali appartengono ad un unico sistema della dirigenza pubblica, accomunato da procedure di reclutamento e requisiti omogenei. A tutti i dirigenti del sistema si applicano inoltre le nuove previsioni relative al conferimento degli incarichi dirigenziali (di cui al nuovo art. 19-bis), fatta salva, per le regioni, la necessità di adeguamento ai relativi principi mediante leggi regionali.
Il nuovo testo dell’art. 13 del D.Lgs. 165/2001 specifica poi che il rapporto di lavoro di ciascun dirigente è costituito con contratto di lavoro a tempo indeterminato, stipulato con l'amministrazione che lo assume, all’esito delle procedure di accesso alla dirigenza (in particolare, del corso-concorso e del concorso) con contestuale iscrizione nei ruoli della dirigenza pubblica.
Il successivo conferimento di incarico dirigenziale, da parte di altra amministrazione, comporta dunque la cessione a quest'ultima del contratto di lavoro a tempo indeterminato, ferma restando l’iscrizione nel ruolo.
Tale previsione è ribadita al nuovo art. 19-bis, comma 7, del D.Lgs. 165/2001 in base alla quale il conferimento dell’incarico presso altra amministrazione comporta altresì la cessione del contratto, ferma restando l’appartenenza al ruolo.
Il nuovo art. 13 specifica inoltre che lo scioglimento del rapporto di lavoro comporta la decadenza dai ruoli dirigenziali.
La norma in esame si inserisce nell’attuale quadro normativo in base al quale, come ricordato anche nella sentenza della Corte di Cassazione, sez. lavoro, sentenza n 2233 del 2007, nel settore pubblico – diversamente da quello privato - l'accesso alla qualifica di dirigente avviene tramite concorso (D.Lgs. 165/2001, art. 28, comma 1), il quale accerta l'idoneità alla qualifica dirigenziale. Una volta costituito il rapporto secondo le regole del diritto pubblico, esso viene “consegnato” ai poteri di diritto privato del datore di lavoro pubblico, ed al controllo giurisdizionale del giudice ordinario, quale giudice del lavoro (ex plurimis Cass. Sez. un. 7 luglio 2005 n. 14252).
In questa fase privatistica avviene l'attribuzione dell'incarico della funzione dirigenziale, a norma dell’art. 19, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, tenendo conto delle attitudini e delle capacità professionali del singolo dirigente in rapporto a ciascun incarico. Ma il dirigente pubblico può rimanere senza incarico, senza per questo perdere il suo status di pubblico dipendente con qualifica dirigenziale, ad es. prima dell'assegnazione del primo incarico, negli intervalli tra un incarico e l'altro, o perchè collocato a disposizione dei ruoli (art. 21, comma 1, D.Lgs. 165/2001).
Il testo precisa che resta ferma la disciplina vigente in materia di facoltà assunzionali.
Da ultimo, i commi 216, da 219 a 222, 224 e 225 dell’art. 1 della legge di stabilità 2016 hanno riguardato le assunzioni e le dotazioni organiche dei dirigenti pubblici. E’ stato in particolare previsto che le facoltà assunzionali del triennio 2016-2018 delle amministrazioni dello Stato sono prioritariamente finalizzate all’assunzione di: 50 dirigenti; 50 unità nei profili iniziali della carriera prefettizia; 10 avvocati dello Stato e 10 procuratori dello Stato (co. 216). Al contempo, sono resi indisponibili i posti dirigenziali di prima e seconda fascia delle amministrazioni pubbliche che risultano vacanti alla data del 15 ottobre 2015 (co. 219). Una disposizione transitoria ha riguardato gli incarichi dirigenziali conferiti dopo il 15 ottobre 2015 ma prima della entrata in vigore della legge di stabilità. Sono fatti salvi gli incarichi dirigenziali conferiti, anche dopo il 1° gennaio 2016 (data di entrata in vigore della legge di stabilità), nei casi relativi a: posti dirigenziali in enti pubblici nazionali o a strutture organizzative istituiti dopo il 31 dicembre 2011; posti dirigenziali specificatamente previsti dalla legge; posti dirigenziali appartenenti a strutture oggetto di riordino. Inoltre, sono fatti salvi gli incarichi conferiti a dirigenti assunti per concorso pubblico bandito prima del 1° gennaio 2016 o da svolgere in base alle procedure di mobilità previste dalla legge. In ogni altro caso, in ciascuna amministrazione possono essere conferiti incarichi dirigenziali solo nel rispetto del numero complessivo dei posti resi indisponibili in base alla suddetta disposizione. Il comma 219 non si applica al personale: in regime di diritto pubblico; delle città metropolitane e delle province adibito all’esercizio di funzioni fondamentali; degli uffici giudiziari; dell’area medica e veterinaria e del ruolo sanitario del Servizio Sanitario nazionale; appartenente alla dirigenza di seconda fascia con funzione tecnico-ispettiva del MIUR; preposto ai posti dirigenziali del Dipartimento della protezione civile; delle agenzie fiscali. Continuano inoltre a trovare applicazione le discipline di settore per il comparto scuola e AFAM nonché per le università. E’ stato inoltre previsto che con D.P.C.M. sia effettuata la ricognizione delle dotazioni organiche dirigenziali delle amministrazioni dello Stato, delle agenzie, degli enti pubblici non economici, degli enti di ricerca, nonché degli enti pubblici individuati dall'articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001 (co. 220). Per quanto riguarda le regioni e gli enti locali è previsto che venga effettuata, secondo i rispettivi ordinamenti, una ricognizione delle relative dotazioni organiche dirigenziali, nonché il riordino delle competenze degli uffici dirigenziali, eliminando eventuali duplicazioni. Gli incarichi dirigenziali possono inoltre essere attribuiti, senza alcun vincolo di esclusività, anche ai dirigenti dell’avvocatura civica e al dirigente della polizia municipale. E’ stato infine previsto che, nel caso in cui la dimensione dell’ente risulti incompatibile con la rotazione dell’incarico dirigenziale, non trovano, inoltre, applicazione le disposizioni da adottare ai sensi della legge c.d. anticorruzione (di cui all’art. 1, co. 5, L. 190/2012), con riferimento ai dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione (co. 221).
Il nuovo articolo 13-bis del D.Lgs. 165/2001 (inserito dall’art. 2, comma 1, lett. b)) dispone l’istituzione del “Sistema della dirigenza pubblica”, ai sensi dell’art. 11, comma 1, lettera a), della legge di delega 124/2015.
Il Sistema si articola nei tre ruoli della dirigenza statale, regionale e locale, ai quali si accede tramite procedure di reclutamento e requisiti omogenei (in particolare attraverso il corso-concorso ed il concorso, salvo l’attribuzione di incarichi dirigenziali a soggetti esterni nei limiti previsti dalla legge), nel rispetto dei principi di: eguaglianza, merito, esame comparativo.
Sono esclusi dall’applicazione della nuova disciplina – come previsto dalla disposizione di delega - i dirigenti scolastici e i dirigenti medici, veterinari e sanitari del Servizio sanitario nazionale.
Ad essi si affianca il ruolo della dirigenza delle autorità indipendenti, disciplinato dal nuovo art. 27-ter del D.Lgs. 165/2001 (introdotto dall’art. 9).
In particolare, il ruolo dei dirigenti delle autorità indipendenti è istituito presso la Presidenza del Consiglio, che provvede alla gestione tecnica della banca dati del ruolo. Le relative procedure concorsuali sono gestite unitariamente dalle autorità indipendenti e si svolgono con cadenza annuale. I diritti, gli obblighi e il trattamento economico dei dirigenti privi di incarico sono disciplinati dalle autorità con intesa, nel rispetto dei predetti principi stabiliti per la dirigenza pubblica.
Si ricorda altresì che nel criterio di delega relativo all’accesso alla dirigenza (art. 11, comma 1, lett. c), legge 124/2014) è stabilita la possibilità di reclutare con il corso-concorso anche dirigenti di carriere speciali e delle autorità indipendenti.
Nell’ambito della privatizzazione della dirigenza pubblica, operata con il D.Lgs. 80/98, era prevista l’istituzione del ruolo unico del dirigenti, che comportava il superamento della doppia qualifica dirigenziale sostituita da un modello unitario della dirigenza statale, nella quale l’articolazione in due fasce si accompagnava alla previsione di un’ampia mobilità tra le stesse, in stretta correlazione con il conferimento e lo svolgimento degli incarichi dirigenziali. Con il dPR 26 febbraio 1999, n. 150, fu approvato il regolamento attuativo del ruolo unico, istituito presso la Presidenza del Consiglio ed in cui erano inseriti ope legis tutti i dirigenti delle amministrazioni dello Stato in servizio ad esclusione delle categorie dei diplomatici, prefetti, forze di polizia e forze armate, i dirigenti delle autorità amministrative indipendenti e il personale cui erano attribuite funzioni concernenti la ricerca e l’insegnamento universitario.
Già con la legge 145/2002 tale impostazione fu sostanzialmente rivista, reintroducendo una rigida separazione tra le due fasce di dirigenti, in cui solo i dirigenti di seconda fascia sono assunti per concorso pubblico. Successivamente, il dPR 108/2004 ha soppresso il ruolo unico dei dirigenti e istituito il ruolo dei dirigenti presso ciascuna Amministrazione dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, disciplinandone la tenuta e la gestione.
Sistema della dirigenza pubblica
Ruolo
unico dei dirigenti dello Stato |
Ruolo
unico dei dirigenti delle Regioni |
Ruolo
unico dei dirigenti degli enti locali |
|
|
|
Amministrazioni statali (Presidenza del
Consiglio, ministeri, uffici del Consiglio di Stato, della Corte dei conti,
del CNEL, aziende e amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo) |
Regioni |
Enti locali ex art. 2, co.
1, D.Lgs. 267/2000, loro consorzi e associazioni Agenzie locali Enti pubblici non
economici locali |
Enti pubblici non economici nazionali,
inclusi gli ordini e i collegi professionali |
Enti pubblici non
economici regionali |
Segretari comunali e
provinciali (con successiva soppressione del relativo albo) |
Università statali |
Agenzie regionali Amministrazioni regionali
ad ordinamento autonomo |
|
Enti pubblici di ricerca |
Camere di commercio IACP |
|
Agenzie ex D.Lgs.
300/99 |
Dirigenza amministrativa,
professionale e tecnica delle aziende ed enti del SSN |
|
Esclusione espressa:
dirigenza scolastica; personale in regime di diritto pubblico (art. 3, co. 1 D.Lgs. 165/2001) |
Esclusione espressa: dirigenza medica, veterinaria e sanitaria del SSN |
|
Contestualmente alla realizzazione dei tre ruoli unici è prevista l'istituzione di tre Commissioni (v. infra – art. 4) con funzioni, tra le altre, di monitoraggio e controllo del rispetto dei criteri di conferimento degli incarichi, con contestuale superamento del Comitato dei garanti.
I ruoli della dirigenza pubblica
Sono iscritti nel ruolo dei dirigenti statali i dirigenti all'atto della prima assunzione a tempo indeterminato da parte delle seguenti amministrazioni:
· Presidenza del Consiglio dei ministri;
· Ministeri;
· uffici del Consiglio di Stato, della Corte dei conti, del CNEL[3];
· aziende e amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo;
· agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300;
· enti pubblici non economici nazionali, ivi inclusi gli ordini e i collegi professionali;
· enti pubblici di ricerca[4] e università statali.
Sono iscritti nel ruolo dei dirigenti regionali i dirigenti all'atto della prima assunzione a tempo indeterminato da parte delle seguenti amministrazioni:
· regioni;
· agenzie regionali;
· enti pubblici non economici regionali;
· amministrazioni regionali ad ordinamento autonomo;
· camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura[5];
· Istituti autonomi case popolari (IACP);
· aziende ed enti del Servizio sanitario nazionale, con riferimento
ai dirigenti amministrativi, professionali e tecnici[6].
Sono iscritti nel ruolo dei dirigenti locali i dirigenti all'atto della prima assunzione a tempo indeterminato da parte delle seguenti amministrazioni:
· enti locali di cui all'articolo 2, comma l, del D.Lgs. 267/2000; loro consorzi e associazioni;
· agenzie locali,
· enti pubblici non economici locali.
Per le amministrazioni regionali e locali viene specificato che resta ferma, per ogni tipologia di amministrazione, la natura pubblica non economica.
In ciascuno dei ruoli della dirigenza possono essere costituite sezioni speciali (come previsto dalla disposizione di delega all’art. 11, comma 1, lett. b) n. 1)) per le categorie dirigenziali professionali e tecniche che saranno individuate dal regolamento di attuazione da adottare, ai sensi dell’articolo 28-sexies, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo.
I ruoli della dirigenza regionale e locale sono istituiti previa intesa, rispettivamente, in sede di Conferenza Stato-regioni e di Conferenza Stato-città ed autonomie locali.
All’intesa da raggiungere in tali sedi è altresì affidata (v. infra) la definizione dei contenuti formativi del corso concorso per l’accesso alla dirigenza e l’istituzione delle Commissioni per la dirigenza regionale e statale.
Dopo la privatizzazione del pubblico impiego, che ha avuto inizio con il D.Lgs 29/93 ed a seguito del nuovo riparto di competenze legislative definito dal Titolo V della Costituzione (l. cost 3/2001) la giurisprudenza costituzionale ha ricondotto l’impiego pubblico regionale:
- all’ordinamento civile e, dunque, alla competenza esclusiva dello Stato, relativamente ai profili privatizzati del rapporto, dato che “la intervenuta privatizzazione e contrattualizzazione del rapporto di lavoro pubblico vincola anche le Regioni” (sentenza n. 2/2004; nello stesso senso, ex plurimis, sentenze n. n. 380/2004, n. 233/2006, n. 95/2007, n. 189/2007 e n. 19/2013);
- all’ordinamento e organizzazione amministrativa delle regioni, e, quindi, alla competenza residuale regionale, relativamente ai profili “pubblicistico-organizzativi”. La Corte costituzionale ha sempre ricondotto in questo ambito la disciplina dei concorsi per l’accesso al pubblico impiego regionale, in ragione dei suoi contenuti marcatamente pubblicistici e la sua intima correlazione con l’attuazione dei principi sanciti dagli artt. 51 e 97 Cost. (sentenze n. 100/2010, n. 95/2008, n. 233/2006, n. 380/2004, n. 4/2004).
In tale quadro, giova infine ricordare che (in base a quanto stabilito dall’art. 15 dello schema di decreto) sono oggetto di abrogazione, tra gli altri, gli articoli 22, 23 e 27 del decreto legislativo 165/2001 che prevedono: la disciplina del Comitato dei garanti, l’articolazione in due fasce del ruolo unico dei dirigenti presso ciascuna amministrazione, i criteri di adeguamento per le regioni.
In base al nuovo art. 13-bis, comma 7, del D.Lgs. 165/2001 (come modificato dall’art. 2 dello schema di decreto) il Dipartimento della funzione pubblica provvede altresì alla “gestione dei ruoli” della dirigenza (alla gestione del ruolo delle autorità indipendenti provvede la Presidenza del Consiglio).
Si ricorda, peraltro,
che l’art. 11, comma 1, lett. b), n. 2 e n. 3, della
legge 124/2015 (legge delega) prevede l’attribuzione della gestione del ruolo
unico dei dirigenti regionali e locali, rispettivamente, alle istituende
Commissioni per la dirigenza regionale e locale. Al Dipartimento della funzione
pubblica la legge delega attribuisce la “gestione tecnica” dei ruoli (art. 11,
comma 1, lett. a)).
E’ a tale fine disposta, presso il medesimo Dipartimento, che ne cura la tenuta e l’aggiornamento, la realizzazione di una banca dati - definita nella relazione illustrativa come "banca dati delle competenze" - contenente l'elenco degli uffici dirigenziali, dei titolari di incarichi, i relativi curriculum vitae e percorsi professionali nonché la collocazione nella graduatoria di merito del corso-concorso o del concorso.
All’inserimento dei dati nella banca dati provvedono le amministrazioni e i singoli dirigenti. Viene stabilito che le amministrazioni che non inseriscono i dati necessari alla creazione e all'aggiornamento della banca dati non possono conferire incarichi dirigenziali.
La disposizione di delega (art. 11, comma 1, legge 124/2015) disponeva infatti l'istituzione di una banca dati – la cui gestione è affidata al Dipartimento della funzione pubblica - in cui inserire il curriculum vitae, un profilo professionale e gli esiti delle valutazioni di ciascun dirigente dello Stato (lett. a). In altro criterio di delega (lett. g) è previsto che in tale banca dati vengano resi pubblici i posti dirigenziali che si rendono vacanti in ogni amministrazione.
Si ricorda che attualmente alla Presidenza del Consiglio dei
ministri - Dipartimento della funzione pubblica spetta la gestione di una banca dati informatica contenente i
dati relativi ai ruoli delle amministrazioni dello Stato (art. 23 D.Lgs. 165/2001).
Inoltre, il nuovo art. 19-ter del d. lgs 165/2001, introdotto
dall’art. 4 dello schema di decreto in commento, prevede, al comma 4, che gli
avvisi per il conferimento degli incarichi siano pubblicati “nello stesso sito
istituzionale” presso il quale è consultabile la banca dati in questione. Andrebbe dunque valutata l’opportunità di
specificare, anche nell’ambito della disposizione in esame, l’obbligo di provvedere
alla pubblicazione della banca dati su un sito istituzionale.
Il Capo II (art. 3) opera una revisione della disciplina sul reclutamento e la formazione, con particolare riferimento a:
- le procedure di accesso alla dirigenza pubblica;
- la formazione dei dirigenti;
- la riforma della Scuola nazionale dell’amministrazione (SNA).
L’articolo 3 modifica gli articoli 28 e 28-bis del D.Lgs. 165/2001 ed aggiunge i nuovi articoli 28-ter, 28-quater, 28-quinquies e 28-sexies.
In particolare, viene integralmente sostituito l’art. 28-bis che, nel testo vigente, disciplina le modalità di accesso alla qualifica di dirigente di prima fascia. Di tale qualifica è infatti disposto il superamento con lo schema di decreto legislativo in commento; al contempo, disposizioni relative al conferimento degli incarichi relativi a uffici dirigenziali generali sono dettate dal nuovo art. 19-ter, comma 5.
L’art. 3 – modificando gli articoli 28 e 28-bis del D.Lgs. 165/2001 - interviene sui sistemi di accesso alla dirigenza, confermando ed estendendo a tutte le amministrazioni il doppio canale di accesso del corso-concorso e del concorso.
Come illustrato (v. supra), l’istituendo “sistema della dirigenza pubblica” si articola infatti in ruoli unificati – in particolare, i ruolo unici dei dirigenti statali, regionali e degli enti locali – cui si accede tramite procedure di reclutamento e requisiti omogenei (art. 2).
Alla dirigenza pubblica si accede dunque mediante le due modalità del corso-concorso e del concorso, salvo il conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti esterni alle amministrazioni nei limiti di quanto stabilito dalla legge.
Il nuovo art. 28 del D.Lgs. 165/2001 specifica che il corso-concorso è bandito ogni anno per il numero di posti definiti sulla base della programmazione triennale delle assunzioni da parte delle amministrazioni, e delle relative richieste. Al reclutamento mediante concorso si procede esclusivamente per i posti di qualifica dirigenziale autorizzati dal Dipartimento della funzione pubblica, per i quali si, pongano esigenze non coperte dalla programmazione triennale.
Nella relazione illustrativa si evidenzia come nella definizione dei sistemi di accesso alla dirigenza vi è un evidente favor del legislatore nei confronti del corso-concorso, aperto a tutti, rispetto al quale il concorso assume carattere residuale. La selezione concorsuale, prevista con periodicità annuale, è in ogni caso posta al centro del sistema, quale metodologia fisiologica di provvista del personale dirigenziale.
In sede di prima applicazione è affidata al Dipartimento della funzione pubblica una ricognizione degli uffici coperti mediante incarichi dirigenziali, anche tenuto conto della istituzione, negli enti locali privi della dirigenza, della figura del dirigente apicale. A decorrere dalla predetta ricognizione, tale Dipartimento di concerto con il Dipartimento della ragioneria generale autorizza annualmente procedure concorsuali assicurando una “giusta proporzione” tra personale dirigenziale e personale non dirigenziale nelle diverse amministrazioni e prevedendo, ove necessario, una graduale riduzione del numero complessivo dei dirigenti, fermo restando l'equilibrio complessivo dei saldi di finanza pubblica.
Alle amministrazioni interessate è affidata l’adozione delle conseguenti misure inerenti all'assetto organizzativo.
Viene quindi specificato (comma 2) che le graduatorie finali del concorso di accesso al corso-concorso, nonché del concorso per l'accesso alla dirigenza, sono limitate ai vincitori, e non comprendono idonei (in tale senso dispone la legge delega 124/2015 all’art. 11, comma 1, lett. c)).
All’art. 28-bis, che disciplina il corso-concorso, è in ogni modo previsto che i partecipanti al corso-concorso che non sono risultati vincitori ma hanno conseguito una valutazione finale di sufficienza sono comunque assunti a tempo indeterminato nel livello di inquadramento giuridico più elevato tra le qualifiche non dirigenziali.
La definizione di una serie di criteri è affidata (comma 3) ad un regolamento da adottare entro 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto legislativo (ai sensi del nuovo art. 28-sexies). Essi riguardano, in particolare:
- i criteri per la composizione e la nomina delle commissioni esaminatrici dei concorsi (corso-concorso, concorso ed esame di conferma) e le modalità di svolgimento delle prove concorsuali;
- i criteri di selezione dei partecipanti ispirati alle migliori pratiche internazionali;
- i criteri per la valutazione dei titoli, nel concorso unico, prevedendo altresì la valutazione delle esperienze di servizio professionali maturate dai candidati, e stabilendo, per ciascun profilo dirigenziale, il numero massimo di titoli che possono essere presentati dai candidati;
- la durata, non superiore a 12 mesi, e l'articolazione del corso-concorso, le modalità di verifica degli apprendimenti e di formazione della graduatoria finale;
- la durata, non superiore a 6 mesi, e l'articolazione del ciclo formativo previsto nell’ambito del concorso unico;
- i contenuti principali del corso concorso e del ciclo formativo, tenendo orientativamente conto, in ragione delle specificità delle singole • procedure di reclutamento, di determinate aree;
- i contenuti del ciclo formativo e del corso concorso per l'accesso alle sezioni speciali;
- la soglia di partecipanti sopra la quale possono essere previsti criteri di preselezione, inclusi precedenti esperienze professionali o titoli post-laurea.
In base al comma 4, restano ferme le vigenti disposizioni in materia di accesso alle qualifiche dirigenziali delle carriere diplomatica e prefettizia, delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (in base alla legge delega, infatti, è escluso dal ruolo unico della dirigenza statale il personale in regime di diritto pubblico di cui all’art. 3 del D.Lgs. 165/2001).
Viene al contempo aggiunto che, con il consenso delle relative amministrazioni, con il corso-concorso e con il concorso può essere reclutato il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia, nonché quello della carriera dirigenziale penitenziaria e delle autorità indipendenti, purché le relative amministrazioni abbiano preventivamente comunicato il relativo fabbisogno.
La legge delega contempla infatti il possibile reclutamento, con il corso-concorso e con il concorso unico, anche di dirigenti di “carriere speciali e delle autorità indipendenti”. Per le autorità indipendenti, inoltre, il nuovo art. 27-ter del D.Lgs. 165/2001 prevede l’istituzione di un Ruolo unico.
Alla dirigenza regionale e alla dirigenza locale si accede egualmente per corso-concorso o per concorso (comma 5) secondo le modalità previste dall’art. 28 del D.Lgs. 165/2001, come modificato; alle intese, rispettivamente, in sede di Conferenza Stato-regioni e Conferenza Stato-città è affidata la disciplina della programmazione del reclutamento e i contenuti specifici delle materie oggetto del corso-concorso, e del concorso, per i dirigenti regionali e locali.
Il sistema di reclutamento e formazione dei dirigenti e dei funzionari delle amministrazione dello Stato e degli enti pubblici non economici è stato rinnovato con l'entrata in vigore del D.P.R. 16 aprile 2013, n. 70 (pubblicato in G.U. n. 146 del 24 giugno 2013). Il regolamento ha dato attuazione dell'articolo 11, co. 1, del D.L. 95/2012 (conv., L. 135/2012) che ha autorizzato il Governo ad adottare uno o più regolamenti di delegificazione al fine di individuare idonee forme di coordinamento tra le scuole pubbliche di formazione, gli istituti di formazione e le altre strutture competenti e di riformare il sistema di reclutamento e di formazione dei dirigenti e dei funzionari pubblici anche mediante adeguati meccanismi di collegamento tra la formazione propedeutica all'ammissione ai concorsi e quella permanente. Le novità principali riguardano: l'introduzione di un nuovo procedimento di programmazione del reclutamento; la definizione di nuovi requisiti e modalità di svolgimento del corso-concorso per il reclutamento dei funzionari; l'innalzamento della percentuale minima di dirigenti da assumere tramite corso-concorso bandito annualmente; una nuova scansione delle fasi di pianificazione delle attività formative.
Successivamente, per consentire una programmazione complessiva degli accessi alla pubblica amministrazione coerente con le politiche di contenimento delle assunzioni e delle spese di personale, il decreto-legge n. 101/2013 (articolo 4, commi 3-quinquies/3-septies) ha introdotto, a decorrere dal 1° gennaio 2014, l'istituto del concorso pubblico unico per il reclutamento dei dirigenti e delle figure professionali comuni a tutte le amministrazioni pubbliche (con esclusione di regioni ed enti locali), la cui organizzazione spetta al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri. In base a tale previsione, il Dipartimento, nella ricognizione del fabbisogno, verifica le vacanze riguardanti le sedi delle amministrazioni ricadenti nella medesima regione; ove le vacanze risultino riferite ad una singola regione, il concorso unico si svolge in ambito regionale. Le amministrazioni pubbliche possono assumere personale solo attingendo alle nuove graduatorie di concorso, fino al loro esaurimento, provvedendo a programmare le quote annuali di assunzioni e possono essere autorizzate a svolgere direttamente i concorsi pubblici solo per specifiche professionalità.
Il corso-concorso per l’accesso alla dirigenza
In base alle previsioni degli articoli 28 e 28-bis del D.Lgs. 165/2001, come modificate dall’art. 3 dello schema di decreto legislativo, il corso-concorso selettivo per formazione è bandito annualmente.
È richiesta la cittadinanza di uno degli Stati membri dell’UE e il conseguimento della laurea specialistica o magistrale o titoli equipollenti conseguiti all’estero.
Peraltro, il regolamento di attuazione definisce la soglia di partecipanti sopra la quale possono essere previsti criteri di preselezione, inclusi precedenti esperienze professionali o titoli post-laurea.
Una quota non superiore al 25 per cento dei posti a concorso può essere riservata ai dipendenti di ruolo (come richiesto anche per la partecipazione al concorso per l’accesso alla dirigenza dal nuovo art. 28-ter, co. 2, lett. a), D.Lgs. 165/2001).
Attualmente, è previsto che per la partecipazione al concorso di ammissione al corso-concorso dirigenziale i candidati non dipendenti pubblici debbano essere muniti, oltre della laurea specialistica o magistrale oppure del diploma di laurea conseguito secondo l’ordinamento didattico previgente al D.M. 509/1999, anche di dottorato di ricerca o di diploma di specializzazione o di master di secondo livello. I dipendenti pubblici, a loro volta, sono ammessi a partecipare al concorso se in possesso di laurea specialistica o magistrale oppure di diploma di laurea conseguito secondo l’ordinamento didattico previgente al D.M. 509/1999, purché abbiano maturato un’esperienza di lavoro almeno di cinque anni nella pubblica amministrazione in posizioni funzionali per l’accesso alle quali è richiesto il possesso della laurea (triennale).
Con gli interventi legislativi degli ultimi anni (quali il D.P.R. n. 70/2013) è stata inoltre confermata la competenza della SNA relativamente al corso-concorso per dirigenti, elevando dal 30 al 50% i posti riservati a tale tipologia di concorso.
La durata del corso è di 12 mesi, di cui 8 mesi di formazione generale presso la SNA e 4 mesi di formazione specialistica presso le Scuole di formazione delle amministrazioni di destinazione. Qualora le amministrazioni di destinazione non abbiano una propria scuola di riferimento, anche la parte di formazione specialistica viene svolta presso la SNA.
Il numero di allievi ammessi al corso supera del 20% quello dei posti di dirigente disponibili. Durante il corso sono previste prove di valutazione continue, intermedie e finali in esito delle quali vengono nominati vincitori gli allievi che si collocano in graduatoria entro il numero di posti di dirigente disponibili.
Attualmente, nel periodo di corso agli allievi non dipendenti pubblici è erogata una borsa di studio del valore di 1.500,00 euro netti mensili. Gli allievi già dipendenti pubblici conservano il trattamento economico fruito presso l’amministrazione di provenienza.
I relativi vincitori sono immessi in servizio come funzionari per un periodo di 3 anni presso le amministrazioni che hanno bandito i posti (periodo che può essere ridotto fino ad un anno in presenza di determinate condizioni). Ai vincitori sono attribuiti incarichi dirigenziali temporanei.
A conclusione di tale periodo, l'amministrazione presso cui ha presentato servizio, previa trasmissione di una relazione sulla valutazione di merito del servizio prestato alla Commissione per la dirigenza (statale, regionale o locale) e fermo restando il conseguimento di una valutazione positiva, assume il dipendente come dirigente a tempo indeterminato (che consegue automaticamente l’iscrizione al ruolo della dirigenza) conferendogli direttamente un incarico dirigenziale.
Coloro che hanno conseguito una valutazione negativa o i partecipanti al corso-concorso che non sono risultati vincitori ma abbiano conseguito una valutazione finale di sufficienza sono comunque assunti a tempo indeterminato nel livello di inquadramento giuridico più elevato tra le qualifiche non dirigenziali. In tale caso sono assegnati d’ufficio dal Dipartimento della funzione pubblica secondo le previsioni normative vigenti.
Per quanto riguarda i dirigenti regionali e locali sono definiti in sede di intesa, rispettivamente, con la Conferenza Stato-regioni e la Conferenza Stato-città gli specifici contenuti formativi del corso-concorso (così come del concorso – v. infra) ed è possibile prevedere che una “parte del corso-concorso si svolga dopo l’assegnazione dei vincitori alle relative amministrazioni.
La legge delega (124/2014, art. 11, comma 1, lett. c)), per quanto riguarda il corso-concorso (n. 1), affida al decreto delegato la definizione dei requisiti e criteri di selezione dei partecipanti secondo le “migliori prassi in ambito internazionale”. Ai fini della disciplina del corso-concorso sono individuati i suddetti elementi:
- è richiesto un titolo di studio non inferiore alla laurea magistrale;
- è stabilita la cadenza annuale del corso-concorso per ciascuno dei tre ruoli per un numero fisso di posti in base al fabbisogno minimo annuale;
- sono escluse le graduatori di idonei nel concorso di accesso al corso-concorso;
- i vincitori del corso-concorso sono immessi in servizio per i primi 3 anni come funzionari, con obbligo di formazione; è possibile che tale periodo sia ridotto in relazione all'esperienza lavorativa nel settore pubblico o a esperienze all'estero; successivamente è disposta l’immissione nel ruolo unico della dirigenza da parte delle predette Commissioni sulla base della valutazione da parte dell'amministrazione presso la quale è stato attribuito l'incarico iniziale;
- è prevista la tenuta di sezioni speciali del corso-concorso per dirigenti tecnici.
Il concorso per l’accesso alla dirigenza
Il concorso per l’accesso alla dirigenza (disciplinato dal nuovo art. 28-ter del D.Lgs. 165/2001, introdotto dall’art. 3) - bandito dal Dipartimento della funzione pubblica – dà luogo all’assunzione a tempo determinato (di massimo 4 anni) con la possibilità di trasformazione - a seguito di un esame di conferma da parte di un’apposita commissione nominata dalla Commissione per la dirigenza statale o, per i dirigenti regionali e locali, dalle relative Commissioni – in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Al concorso possono accedere soggetti aventi specifici requisiti, in aggiunta alla laurea.
In particolare:
-per i dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni sono richiesti almeno 5 anni di servizio in un livello per il cui accesso è richiesta la laurea o 3 anni se in possesso di specializzazioni o dottorati (o 4 anni per coloro che sono stati reclutati con il corso-concorso);
-per i soggetti con la qualifica di dirigente presso enti o strutture pubbliche diverse dalle amministrazioni elencate dall’art. 1, co. 2, del D.Lgs. 165/2001 sono richiesti almeno 2 anni di esercizio delle funzioni dirigenziali;
- per coloro che hanno ricoperto incarichi dirigenziali o equiparati (quindi pur non essendo dipendenti di ruolo) in pp.aa sono richiesti almeno 5 anni;
- per i soggetti che hanno maturato presso enti od organismi internazionali esperienze lavorative in posizioni apicali per il cui accesso è richiesto il diploma di laurea sono richiesti 4 anni di servizio continuativo.
Attualmente l’accesso alla qualifica di dirigente per concorso per esami indetto della singole amministrazioni è consentito, in particolare, ai dipendenti di ruolo delle p.a., in possesso di laurea, che abbiano compiuto almeno 5 anni di servizio, o 3 anni se in possesso del dottorato di ricerca o diploma di specializzazione, svolti in posizioni funzionali per l’accesso alle quali è richiesto il conseguimento del diploma di laurea.
Durante il primo anno i vincitori sono assunti dalle amministrazioni, con rapporto di lavoro a tempo determinato, e devono effettuare un ciclo di formazione (le cui modalità sono definite con il regolamento di attuazione, previsto dal nuovo art. 28-sexies, che non può essere comunque superiore a sei mesi in base all’art. 28 testé illustrato – v. supra). I relativi contenuti formativi, per i dirigenti regionali e locali, sono definiti d’intesa, rispettivamente, con la Conferenza Stato-regioni e con la Conferenza Stato-città.
Viene altresì affidato al medesimo regolamento la definizione dell’utilizzo, ai fini dell’assunzione del dirigente a tempo determinato (e, in caso di superamento dell’esame di conferma, a tempo indeterminato), della graduatoria consolidatasi all’esito del medesimo ciclo formativo.
Si ricorda, in ogni caso, che – in base alla legge delega (art. 11, co. 1, lett. c) legge 124/2015) sono escluse graduatorie di idonei.
È altresì previsto – dopo i primi 3 anni di servizio come dirigenti (l’amministrazione può ridurre fino ad un anno tale periodo se ricorrono determinate condizioni) – che i vincitori siano chiamati a svolgere un esame di conferma da parte di una commissione nominata, rispettivamente (per i dirigenti statali, regionali e locali) dalle istituende Commissioni per la dirigenza, ex art. 19 D.Lgs. 165/2001, come modificato dallo schema di decreto legislativo (commi 4 e 7 del nuovo art. 28-ter).
Se l’esame viene superato il vincitore è assunto con rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed iscritto automaticamente nel ruolo della dirigenza.
Nel caso di mancato superamento dell’esame di conferma i
vincitori del concorso sono inquadrati come funzionari.
Per quanto riguarda i dirigenti regionali e locali, come si è detto, analogamente a quanto previsto per la disciplina del corso-concorso (v. supra), sono definiti in sede di intesa, rispettivamente, con la Conferenza Stato-regioni e la Conferenza Stato-città gli specifici contenuti formativi del ciclo formativo e possono prevede che una “parte del ciclo formativo si svolga dopo l’assegnazione dei vincitori alle relative amministrazioni”.
Ai fini della disciplina del concorso (n. 2) la legge delega (124/2014, art. 11, comma 1, lett. c)) individua i suddetti elementi:
-è richiesto un titolo di studio non inferiore alla laurea magistrale;
- è stabilita la cadenza annuale del concorso unico per ciascuno dei tre ruoli per un numero di posti variabile (posti disponibili nella dotazione organica e non coperti dal corso-concorso);
- sono escluse le graduatorie di idonei;
- al termine del ciclo di formazione iniziale viene formata la graduatoria finale; è quindi disposta l’assunzione a tempo determinato e, dopo i primi 3 anni di servizio (o dopo un tempo minore in presenza di determinati elementi), si svolge un esame di conferma da parte di un organismo indipendente cui segue l’assunzione a tempo indeterminato; in caso di mancato superamento dell’esame di conferma è prevista la risoluzione del rapporto di lavoro, con eventuale inquadramento nella qualifica di funzionario.
Il nuovo art. 28-quater del D.Lgs. 165/2001, introdotto dall’art. 3 dello schema di decreto legislativo, è dedicato specificatamente alla formazione dei dirigenti.
Viene in particolare disposto (comma 1) che ciascun dirigente è tenuto a frequentare corsi di formazione, organizzati o approvati dalla SNA, per un numero di ore definito dal regolamento di attuazione (di cui all'articolo 28-sexies).
Inoltre, ciascun dirigente è chiamato (comma 2) a svolgere gratuitamente, ove richiesto, attività didattica per conto della SNA per un massimo di 40 ore annue, “senza pregiudizio per la propria attività lavorativa e nell'ambito dei relativi obblighi contrattuali”.
Per i dirigenti regionali e locali (comma 3) sono rimessi alla determinazione delle intese, rispettivamente, con la Conferenza Stato-regioni e con la Conferenza Stato-città, gli obblighi di formazione e di insegnamento, prevedendo lo svolgimento di attività gratuita di insegnamento dei dirigenti iscritti a ciascuno dei ruoli della dirigenza anche in favore dei dirigenti iscritti agli altri due ruoli.
Alla SNA (come disciplinata dal nuovo art. 28-quinquies – v. infra) è affidato (comma 4) l’aggiornamento nelle materie già oggetto della formazione iniziale dei dirigenti e l’individuazione di quelle di maggior interesse per il miglioramento delle competenze organizzative e informatiche, anche tenendo conto delle richieste delle amministrazioni interessate.
Con riferimento alla formazione permanente dei dirigenti la disposizione di delega (art. 11, co. 1, lett. e) richiede la definizione di obblighi formativi annuali e delle modalità del relativo adempimento; il coinvolgimento dei dirigenti di ruolo nella formazione dei futuri dirigenti ed il loro obbligo di prestare gratuitamente la propria opera intellettuale per le suddette attività di formazione.
Il nuovo art. 28-quinquies del D. Lgs. n. 165/2001, introdotto dall’art. 3, co. 1, lett. c), dello schema in commento, dispone la trasformazione della SNA in agenzia, dotata di personalità giuridica di diritto pubblico e di autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria, sottoposta alla vigilanza della Presidenza del Consiglio.
Le nuove disposizioni intendono dare attuazione all’articolo 11, co. 1, lett. d), della legge n. 124/2015 che delega il Governo a riformare la Scuola nazionale dell’amministrazione, stabilendo una revisione complessiva del suo ordinamento, della sua missione e dell’assetto organizzativo, con eventuale trasformazione della natura giuridica (senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica).
In particolare, nei principi e criteri direttivi della delega si pone l'accento sulla collaborazione con istituzioni nazionali e internazionali di prestigio e sull'avvalimento – per le attività di reclutamento - di istituzioni di formazione selezionate con procedure trasparenti. Si richiama inoltre la finalità di assicurare l’omogeneità della qualità e dei contenuti formativi dei dirigenti dei ruoli unificati e la necessità di procedere ad una ridefinizione del trattamento economico dei docenti della Scuola nazionale dell'amministrazione in coerenza con le previsioni vigenti.
La Scuola nazionale dell’amministrazione (SNA), originariamente denominata Scuola superiore della pubblica amministrazione (SSPA) è un’istituzione di alta cultura e formazione, posta nell’ambito e sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio. La nuova denominazione è stata assunta in virtù dell’articolo 1 del D.P.R. 70 del 2013 che ha istituito il Sistema unico delle scuole pubbliche di formazione.
Istituita nel 1957, essa è stata soggetta a diversi riordinamenti, il più recente dei quali è stato operato con il D.Lgs. 178/2009 che ha integralmente sostituito la disciplina precedente contenuta nel D.Lgs. 287/1999, come modificato dal D.Lgs. 381/2003. Da ultimo il D.Lgs. 178 è stato modificato dal D.L. 90/2014 (art. 21), che ha soppresso la Scuola superiore dell'economia e delle finanze, l'Istituto diplomatico «Mario Toscano», la Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno (SSAI), il Centro di formazione della difesa e la Scuola superiore di statistica e di analisi sociali ed economiche e ne ha trasferito le funzioni alla SNA.
La Scuola è dotata di autonomia organizzativa e contabile nei limiti delle proprie risorse economico-finanziarie; è iscritta nell'apposito schedario dell'anagrafe delle ricerche.
La Scuola ha la missione di promuovere il processo di innovazione e riforma della pubblica amministrazione con l'obiettivo generale di fare della pubblica amministrazione un fattore di competitività del sistema economico e produttivo italiano. A questi fini la Scuola svolge attività di formazione post-laurea di eccellenza per i dipendenti pubblici.
Con i più recenti interventi legislativi (da ultimo, il D.P.R. n. 70/2013) è stata inoltre confermata la competenza della SNA relativamente al corso-concorso per dirigenti, elevando dal 30 al 50 per cento i posti riservati a tale tipologia di concorso.
Tra i compiti primari della Scuola sono da ricordare: il reclutamento dei dirigenti e dei funzionari dello Stato; l’attività formativa iniziale dei dirigenti dello Stato; la formazione permanente dei dirigenti e dei funzionari dello Stato; la formazione, con gli oneri a carico dei committenti, di dipendenti di amministrazioni pubbliche diverse da quelle statali, di soggetti gestori di servizi pubblici e di istituzioni ed imprese private; lo svolgimento di attività di ricerca, analisi e documentazione finalizzata al perseguimento dell'eccellenza nell'attività di formazione legata ai processi di riforma ed innovazione della pubblica amministrazione. Ulteriori funzioni sono assegnate alla Scuola sulla base di singole disposizioni legislative.
Si ricorda, infine, che la Scuola ha la sede centrale in Roma, ma le attività di insegnamento e formazione sono tenute oltre che presso la sede di Roma, in quelle distaccate di Caserta e del Centro residenziale studi di Caserta.
Nel corso della attuale legislatura, sono state poste le basi per una complessiva riforma dell’ordinamento della Scuola.
Dapprima, infatti, il D.L. 90/2014 (c.d. decreto P.A., conv. L. 114/2014) ha disposto la soppressione di cinque scuole di formazione delle pubbliche amministrazioni e la contestuale assegnazione delle funzioni di reclutamento e di formazione, nonché delle risorse, degli organismi soppressi alla SNA (articolo 21). In attuazione di queste disposizioni, con D.P.C.M. 24 dicembre 2014 sono state individuate e trasferite tali risorse alla Scuola nazionale. Si è previsto, inoltre, di adeguare l’ordinamento della Scuola attraverso una nuova articolazione in dipartimenti, poi realizzata con delibera n. 2 del 23 febbraio 2015, approvata con D.P.C.M. 9 marzo 2015[7], nonché di ridefinire con apposito D.P.C.M. il nuovo trattamento economico dei docenti al fine di omogeneizzare quello dei docenti della soppressa Scuola superiore dell’economia e delle finanze, trasferiti alla SNA, con quello dei docenti della medesima Scuola, adottato con D.P.C.M. 25 novembre 2015, n. 202. Successivamente, la legge Madia ha previsto la delega per il riordino della Scuola.
Infine, nelle more del completamento dell’attuazione dei processi di riforma descritti, la legge di stabilità 2016 (art. 1, co. 657, L. 208/2015) ha disposto il commissariamento della Scuola al fine di riorganizzare l’istituto secondo obiettivi di risparmio delle risorse umane e strumentali impiegate. In particolare, la riorganizzazione affidata al Commissario deve garantire la riduzione dei servizi strumentali e del numero dei docenti, nonché un risparmio di spesa non inferiore al 10 per cento dei trasferimenti erariali alla Scuola.
In attuazione di tale disposizione, con D.P.C.M. 11 marzo 2016 è stato nominato il commissario straordinario della Scuola a decorrere dal 15 marzo 2016.
In ordine alla trasformazione della SNA in agenzia, il legislatore delegato si è ispirato al modello di agenzia disciplinato negli articoli 8 e 9 del D.lgs. n. 300 del 1999, alle cui disposizioni si rinvia per quanto non espressamente disciplinato nel nuovo art. 28-quinquies (comma 15).
Il decreto legislativo n. 300/1999 di riforma dell’organizzazione del Governo ha istituito diverse agenzie (tra cui le agenzie fiscali), provvedendo a definire alcune norme generali di disciplina in materia (artt. 8-9).
Le agenzie svolgono attività a carattere tecnico-operativo di interesse nazionale, attività in precedenza esercitate da amministrazioni ed enti pubblici. Il ricorso all'agenzia si rende opportuno in presenza di funzioni che richiedano particolari professionalità, conoscenze specialistiche e specifiche modalità di organizzazione del lavoro.
Le agenzie operano in condizioni di autonomia, nei limiti stabiliti dalla legge: dispongono di un proprio statuto; sono sottoposte al controllo della Corte dei conti ed al potere di indirizzo e vigilanza di un ministro; hanno autonomia di bilancio ed agiscono sulla base di convenzioni stipulate con le amministrazioni.
Con la nuova disciplina assegna alla SNA funzioni di reclutamento e formazione del personale delle pubbliche amministrazioni, anche avvalendosi di istituzioni nazionali e internazionali di riconosciuto prestigio (commi 1-2).
Tuttavia, solo le funzioni di formazione sono ridefinite nell’ambito dello schema di decreto, ai sensi del nuovo art. 28-quater del D.lgs. n. 165/2001 (si v. supra).
La trasformazione è operata, ai sensi del comma 1, “con invarianza di oneri finanziari”, quindi senza nuovi o ulteriori finanza pubblica, utilizzando i vigenti stanziamenti (al comma 19 del nuovo art. 28-quinquies si prevede che alla copertura degli oneri di cui ai commi 5 e 11 si provvede con corrispondente riduzione di spesa relativa al D. Lgs. n. 303/1999).
Nel
nuovo ordinamento la SNA disporrà di un proprio statuto – che stabilisce i principi sull' organizzazione e sul
funzionamento della Scuola e disciplina le modalità di adozione dei regolamenti
di organizzazione e funzionamento della stessa – è definito (comma 3) con regolamento (art. 17, co. 1, L. 400/1988), adottato con decreto
del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per la pubblica
amministrazione di concerto con il MEF, proposta formulata “previa
interlocuzione con istituzioni nazionali ed internazionali di riconosciuto
prestigio” previo parere della Conferenza unificata. Lo statuto deve rispettare
principi e criteri direttivi indicati dall’art. 8, co. 4, D.lgs. n. 300/1999.
Ai sensi dell’articolo 8, D.lgs. 300/1999, le agenzie sono disciplinate da statuti adottati con regolamenti di delegificazione (ex art. 17, co. 2 della L. 400/1988) emanati su proposta del Presidente del Consiglio e del ministro competente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Pertanto, su questo punto, la disciplina della SNA è parzialmente divergente. Sono invece richiamati i principi e criteri direttivi stabiliti al comma 4, che riguardano:
a) definizione delle attribuzioni del direttore generale dell'agenzia;
b) attribuzione al direttore generale e ai dirigenti dell'agenzia dei poteri e della responsabilità della gestione, nonché della responsabilità per il conseguimento dei risultati fissati dal ministro competente;
c) previsione di un comitato direttivo, composto da dirigenti dei principali settori di attività dell'agenzia, in numero non superiore a quattro, con il compito di coadiuvare il direttore generale nell'esercizio delle attribuzioni ad esso conferite;
d) definizione dei poteri ministeriali di vigilanza,
f) attribuzione all'agenzia di autonomia di bilancio, nei limiti del fondo stanziato a tale scopo in apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del ministero competente; attribuzione altresì all'agenzia di autonomi poteri per la determinazione delle norme concernenti la propria organizzazione ed il proprio funzionamento, nei limiti fissati dalla successiva lettera l);
g) regolazione su base convenzionale dei rapporti di collaborazione, consulenza, assistenza, servizio, supporto, promozione tra l'agenzia ed altre pubbliche amministrazioni;
h) previsione di un collegio dei revisori;
i) istituzione di un apposito organismo preposto al controllo di gestione;
l) determinazione di una organizzazione dell'agenzia rispondente alle esigenze di speditezza, efficienza ed efficacia dell'adozione amministrativa; attribuzione a regolamenti interni di ciascuna agenzia, adottati dal direttore generale dell'agenzia e approvati dal ministro competente, della possibilità di adeguare l'organizzazione stessa;
m) facoltà del direttore generale dell'agenzia di deliberare e proporre all'approvazione del ministro competente, regolamenti interni di contabilità.
È demandata (comma 4) ad una convenzione triennale la definizione degli obiettivi della SNA, nell’ambito della missione prevista dalla legge, dei risultati attesi, dei finanziamenti, delle strategie per il miglioramento dei servizi e delle modalità di verifica dei risultati di gestione, ai sensi dell’art. 8, co. 4, d.lgs. 300/1999.
Ai sensi dell’art. 8, comma 4, d.lgs. n. 300 del 1999, alla convenzione tra il ministro competente e il direttore generale dell'agenzia, è rimessa la definizione degli obiettivi specificamente attribuiti a questa ultima, nell'ambito della missione ad essa affidata dalla legge; dei risultati attesi in un arco temporale determinato; dell'entità e delle modalità dei finanziamenti da accordare all'agenzia stessa; delle strategie per il miglioramento dei servizi; delle modalità di verifica dei risultati di gestione; delle modalità necessarie ad assicurare al ministero competente la conoscenza dei fattori gestionali interni all'agenzia, quali l'organizzazione, i processi e l'uso delle risorse.
I commi da 5 a 11 disciplinano gli organi della Scuola, che sono così individuati (comma 5):
§ Direttore
§ Comitato direttivo
§ Collegio dei revisori
A questi si aggiunge il Comitato scientifico, previsto dal successivo comma 11.
Attualmente, il D.Lgs. 178/2009 individua tra gli organi della Scuola, il presidente, oggi sostituito dal Commissario straordinario, il comitato di gestione e il dirigente amministrativo.
Spetta al presidente, in qualità di vertice dell’istituzione, il compito di assicurare lo svolgimento delle attività istituzionali: egli è responsabile dell’attività didattica e scientifica della Scuola e nomina le commissioni esaminatrici per i concorsi e i corsi. Il Presidente è nominato per la durata di un quadriennio rinnovabile una sola volta, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione (articolo 7).
Ai sensi dell’art. 6 del D.Lgs. 178/2009, il Comitato di gestione, che dura in carica quattro anni, approva il programma annuale della Scuola, il bilancio di previsione e consuntivo proposto dal Presidente e le variazioni di bilancio; adotta gli altri provvedimenti previsti dalla legge o dai regolamenti; inoltre, viene sentito dal Presidente in merito alla definizione dell'organizzazione interna della Scuola.
Nel rinnovato ordinamento dello SNA, il direttore è il vertice dell’istituzione e presiede Comitato direttivo e Comitato scientifico (comma 6).
Il Comitato direttivo, composto dal direttore e da quattro componenti, approva i programmi di attività della Scuola, formula indirizzi relativa alle attività di formazione, stabilisce i criteri per la selezione dei docenti, approva i bilanci. Accanto a questo nucleo di attribuzioni, lo statuto e i regolamenti della Scuola possono definire ulteriori compiti.
Le modalità di scelta di tali organi sono definite al comma 7, in base al quale il direttore e i componenti sono nominati con D.P.R., previa deliberazione del Consiglio dei ministri, a seguito di procedura di selezione pubblica internazionale, affidata ad una commissione, composta da esperti di pubblica amministrazione di chiara fama e di notoria indipendenza, nominata dal Presidente del Consiglio dei ministri.
Alla selezione possono partecipare professori universitari, e altri soggetti dotati di particolare e comprovata conoscenza delle pubbliche amministrazioni. Direttore e componenti devono essere di notoria indipendenza, e avere una rilevante e documentata esperienza in materia di formazione e reclutamento del personale.
La commissione elabora una rosa di sei candidati, tra i quali il Consiglio dei ministri sceglie due componenti e, previa intesa in sede di Conferenza unificata, il Direttore. Gli altri due componenti sono scelti, nell'ambito della stessa rosa, rispettivamente dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali.
Dalla formulazione della norma si evince dunque che, nell’ambito di una rosa di 6 candidati, sono scelti 5 soggetti.
Il Direttore e i componenti durano in carica quattro anni. Se dipendenti pubblici, per l’intera durata dell'incarico sono collocati in aspettativa o in posizione di fuori ruolo, secondo l'ordinamento dell'amministrazione di appartenenza (comma 8). Non è esplicitamente prevista la rinnovabilità dell’incarico.
Il collegio dei
revisori è nominato con D.P.C.M. ed è composto da tre componenti effettivi, di cui uno con funzioni di Presidente, e
da due componenti supplenti. Al Ministro dell’economia e delle finanze è
riservata la scelta di un componente effettivo e uno supplente. L’incarico dura
quattro anni rinnovabili per una
sola volta (comma 9).
I componenti del collegio sono scelti tra soggetti iscritti al Registro dei revisori legali di cui al decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, ovvero tra soggetti in possesso di specifica professionalità in materia di controllo e contabilità pubblica. Gli iscritti al Registro dei revisori legali devono essere almeno due.
Per quanto concerne il trattamento economico dei componenti degli organi di governo e di controllo, il comma 10 stabilisce che il compenso è determinato con D.P.C.M., di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, nel rispetto delle disposizioni sul c.d. tetto retributivo del personale pubblico (su cui, si rinvia, infra, alla scheda di lettura relativa all’articolo 8).
Si ricorda, invece, che il trattamento economico dei docenti della Scuola è stato rideterminato, da ultimo, con D.P.C.M. 25 novembre 2015, n. 202.
Il comma 11 rimette allo statuto della Scuola la costituzione di un Comitato scientifico, composto da non più di dieci professori universitari o esperti, anche stranieri, di comprovata qualificazione scientifica, nonché da rappresentanti di istituzioni di riconosciuta eccellenza nella selezione e formazione del personale.
Il Comitato formula al direttore il parere sui programmi di attività, e svolge attività consultiva e istruttoria, su richiesta del direttore.
In relazione al personale, il comma 12 stabilisce che per lo svolgimento delle proprie funzioni si avvale dei “docenti a tempo indeterminato” in servizio alla data di entrata in vigore del decreto in commento.
Attualmente l’attività di formazione della SNA è svolta da un gruppo di docenti stabili, scelti tra dirigenti di amministrazioni pubbliche, docenti universitari, magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati dello Stato e consiglieri parlamentari, esperti - italiani o stranieri - di comprovata professionalità (si cfr. art. 10, comma 1, D.lgs. n. 178/2009 e art. 14, co. 1, lett. a), D.P.R. 70/2013).
La Scuola può, inoltre, avvalersi di docenti incaricati, anche temporaneamente, di specifiche attività di insegnamento e conferire a persone di comprovata professionalità specifici incarichi finalizzati alla pubblicazione di ricerche e studi (si cfr. art. 10, comma 3, D.Lgs. n. 178/2009).
In aggiunta, con il riordino effettuato nel 2015, in attuazione dell'articolo 21, comma 4, del D.L. 90/2014, alla SNA sono stati trasferiti i docenti ordinari e i ricercatori dei ruoli a esaurimento della ex Scuola Superiore dell’economia e delle finanze alla SNA. Nel D.P.C.M. 25 dicembre 2015, n. 202, con cui è stato adottato il regolamento sul trattamento economico dei docenti della Scuola si parla di docenti a tempo indeterminato per indicare i docenti ordinari dei ruoli a esaurimento della soppressa Scuola superiore dell’economia e delle finanze che sono stati trasferiti alla SNA in applicazione del citato D.L. 90/2014.
In relazione ai docenti della SNA, l’espressione “docenti a tempo indeterminato” sembrerebbe riferibile ai soli docenti ordinari dei ruoli a esaurimento della soppressa Scuola superiore dell'economia e delle finanze, trasferiti alla Scuola. Si valuti, in merito, l’opportunità di un chiarimento.
Ai sensi del comma 12, oltre ai docenti a tempo indeterminato, la Scuola può ricorrere, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, a:
§ esperti a tempo pieno, selezionati con procedure di valutazione comparativa;
§ docenti incaricati di specifiche attività didattiche, individuati anche in base a convenzioni con istituzioni di formazione, selezionate con procedura di evidenza pubblica;
§ istituzioni di formazione, selezionate con procedure trasparenti, nel rispetto delle regole previste dallo statuto.
Allo scopo di assicurare l'omogeneità di formazione per i dirigenti iscritti ai diversi ruoli della dirigenza, si riconosce alla Scuola la possibilità di stipulare convenzioni con le Regioni e gli enti locali, e con le loro associazioni.
Si ricorda inoltre che in base al nuovo art. 28-quater del D.Lgs. 165/2001, introdotto dall’art. 3 dello schema di decreto legislativo, dedicato alla formazione dei dirigenti, è espressamente stabilito (comma 2) che ciascun dirigente è chiamato a svolgere gratuitamente, ove richiesto, attività didattica per conto della SNA per un massimo di 40 ore annue, senza pregiudizio per la propria attività lavorativa e nell'ambito dei relativi obblighi contrattuali.
Il comma 13 prevede che la dotazione organica della Scuola, stabilita in massimo 136 unità ripartite tra le diverse qualifiche, inclusi i dirigenti, è definita con lo statuto, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Nelle more della definizione della disciplina contrattuale relativa al comparto delle funzioni centrali, al personale dirigenziale e non dirigenziale di ruolo della Scuola, si applica, rispettivamente, la contrattazione collettiva dell’Area I e la contrattazione collettiva del comparto Ministeri, come peraltro previsto per il personale delle agenzie istituite dal D.Lgs. 300/1999 (fatta eccezione per le agenzie fiscali).
In proposito, si ricorda che, in base a quanto riportato nella relazione tecnica al bilancio previsionale 2016 della Scuola, si evince che la riorganizzazione realizzata nell’arco del 2015 ha portato il numero di unità di personale a 147.
Ai sensi del comma 14, la Scuola è soggetta al controllo successivo sulla gestione da parte della Corte dei conti, ai sensi dell'articolo 3, comma 4, della legge 1994, n. 20.
Si ricorda in proposito, che ai sensi della norma richiamata, nell’esercizio di tale funzione la Corte è chiamata a verificare “la legittimità e la regolarità delle gestioni, nonché il funzionamento dei controlli interni a ciascuna amministrazione”. Accerta, anche in base all’esito di altri controlli, la rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa agli obiettivi stabiliti dalla legge valutando comparativamente costi, modi e tempi dello svolgimento dell’azione amministrativa.
I commi da 16 a 18 stabiliscono una disciplina transitoria per assicurare la continuità delle attività e dei rapporti facenti capo alla Scuola nelle more dell’attuazione del processo di riordino.
Si consideri, peraltro, che in base alle citate disposizioni della legge di stabilità hanno stabilito che il commissariamento della Scuola, attualmente in corso, dura fino all’attuazione della delega prevista dalla L. 124/2015.
In particolare, gli uffici della Scuola, operanti alla data di entrata in vigore del decreto, continuano a svolgere le rispettive funzioni fino alla data di entrata in vigore dei regolamenti di organizzazione della Scuola, e comunque non oltre tre mesi dall’entrata in vigore dello statuto (comma 16). Per quanto concerne il personale in servizio, si stabilisce che (comma 17):
§ il personale della Presidenza del Consiglio in servizio presso la Scuola, alla data di entrata in vigore del decreto è trasferito nei ruoli della Scuola, fermo restando il diritto di opzione per gli uffici di provenienza della Presidenza;
§ il personale in servizio presso la Scuola, in posizione di comando alla predetta data, può optare per il transito nei ruoli della Scuola stessa. L'inquadramento è effettuato, previo interpello, con valutazione comparativa della qualificazione professionale posseduta nelle materie di competenza della Scuola, dell'anzianità di servizio maturata presso la Scuola, e dei titoli di studio;
§ il personale comandato, e non transitato alla Scuola, rientra alle amministrazioni di appartenenza: all'atto del trasferimento presso la Scuola, sono corrispondentemente ridotte le dotazioni organiche delle amministrazioni di provenienza. I posti di dotazione organica della Scuola interessati dall'esercizio del predetto diritto di opzione sono coperti utilizzando le facoltà assunzionali della Presidenza dei Consiglio dei Ministri.
Il comma 18 prevede che fino all’adozione del regolamento di attuazione previsto all’articolo 28-sexies continua ad applicarsi, in quanto compatibile, il decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 70.
In relazione al coordinamento con le disposizioni vigenti, si ricorda tuttavia che la Scuola è disciplinata principalmente dalle disposizioni contenute nel D.lgs. n. 178/2009. Si valuti pertanto l’opportunità di coordinare le nuove disposizioni con la normativa vigente, al fine di evitare dubbi interpretativi.
Il nuovo art. 28-sexies del D.Lgs. 165/2001, introdotto dall’art. 3 dello schema di decreto legislativo, demanda ad un regolamento di attuazione (ai sensi dell’art. 17, co. 1, legge 400/1988), su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, la disciplina di attuazione delle norme del Capo II sulla dirigenza (come modificate dal provvedimento in commento).
L’art. 14 dello schema di decreto legislativo specifica che tale regolamento è adottato entro 90 giorni dall’entrata in vigore del medesimo decreto.
Il capo III reca disposizioni volte a prevedere l’istituzione delle Commissioni per la dirigenza pubblica, a disciplinare le modalità per il conferimento degli incarichi dirigenziali, la relativa durata e le connesse procedure, introducendo altresì la definizione di presupposti connessi alle fattispecie di responsabilità dirigenziale e disposizioni transitorie relativamente agli incarichi dirigenziali in essere.
È in primo luogo disposta l’istituzione della Commissione per la dirigenza statale (entro 90 giorni), della Commissione per la dirigenza regionale e della Commissione per la dirigenza locale (previa intesa, rispettivamente, in sede di Conferenza Stato-regioni e di Conferenza Stato-città ed autonomie locali), cui sono attribuite funzioni consultive e di monitoraggio e controllo relative, in particolare, alle procedure per il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la definizione di criteri generali per l’assegnazione degli incarichi e la relativa valutazione.
A tal fine, l’art. 4 sostituisce l’art. 19 del D.Lgs. 165/2001 introducendo la disciplina delle istituende Commissioni per la dirigenza pubblica.
Viene in primo luogo (nuovo art. 19, commi 1-7, D.Lgs. 165/2001) disposta l’istituzione – senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica – della Commissione per la dirigenza statale, chiamata ad operare “in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione”, presso il Dipartimento della funzione pubblica.
La Commissione è chiamata a svolgere, in particolare, le seguenti funzioni (comma 2):
- provvedere alla nomina delle commissioni per l'esame di conferma dei vincitori del
concorso ai sensi dell'articolo 28-ter, comma 5 (rectius: comma 4, in cui si disciplina l’esame di conferma, mentre al comma 5
si prevede l’iscrizione al ruolo della dirigenza del dirigente assunto a tempo
indeterminato);
In base al nuovo art. 28-ter del D.Lgs. 165/2001, introdotto dall’art. 3 dello schema di decreto in commento, il concorso per l’accesso alla dirigenza - bandito dal Dipartimento della funzione pubblica – dà luogo all’assunzione a tempo determinato (di massimo 4 anni) con la possibilità di trasformazione - a seguito di un esame di conferma da parte di un’apposita commissione nominata dalla Commissione per la dirigenza statale o, per i dirigenti regionali e locali, dalle relative Commissioni - del rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Andrebbe, in
proposito, valutata l’opportunità di indicare con quali modalità e secondo
quali criteri procede alla nomina delle suddette commissioni.
- definire, sentito il Dipartimento della funzione pubblica, i criteri generali, “ispirati a principi di pubblicità, trasparenza e merito”, per il conferimento degli incarichi dirigenziali e la verifica del loro rispetto;
Il nuovo art. 19-ter, comma 6, del D.Lgs. 165/2001, introdotto dall’art. 4 dello schema di decreto in commento (v. infra), individua “i contorni” di tali criteri generali, prevedendo che questi contemplino la valutazione delle attitudini e delle capacità professionali del dirigente nonché dei risultati conseguiti nei precedenti incarichi e delle relative valutazioni, delle specifiche competenze organizzative, dell’essere vincitore di altri concorsi pubblici, delle esperienze di direzione eventualmente maturate al di fuori. Tali previsioni riprendono, in parte, gli elementi richiesti dal vigente art. 19, co. 1, del d. lgs 165/2001, che disciplina le modalità di conferimento degli incarichi con funzione dirigenziale e che viene sostituito dal nuovo art. 19 (come modificato dall’art. 3 dello schema di decreto) che riguarda le Commissioni per la dirigenza pubblica.
In sede di prima applicazione, la Commissione definisce i criteri generali per il conferimento degli incarichi entro 180 giorni dalla data di insediamento (nuovo art. 19, comma 2, D.Lgs. 165/2001, come modificato dall’art. 4).
- accertare l'effettiva adozione e il concreto utilizzo dei sistemi di valutazione al fine del conferimento e della revoca degli incarichi;
- procedere alla preselezione dei candidati ai fini del conferimento degli incarichi dirigenziali generali;
La nuova procedura delineata dal nuovo articolo 19-ter del D.Lgs. 165/2001, infatti, per il conferimento degli incarichi relativi a uffici dirigenziali generali, attribuisce alla Commissione il compito di “selezionare” un numero ristretto di candidati, ritenuti dalla Commissione maggiormente idonei sulla base dei suddetti criteri generali e, tra questi, il soggetto competente provvede poi alla relativa nomina.
- effettuare la valutazione di congruità successiva delle scelte effettuate dalle amministrazioni per gli altri incarichi;
In base al nuovo articolo 19-ter del D.Lgs. 165/2001, per il conferimento degli incarichi relativi a uffici dirigenziali non generali, la scelta è comunicata dall’amministrazione alla Commissione e l’incarico è conferito decorsi 15 giorni salvo che la Commissione rilevi il mancato rispetto dei criteri definiti dall’amministrazione sulla base dei criteri generali stabiliti dalla Commissione; in tale ultimo caso occorre procedere alla scelta di un diverso candidato.
- esprimere parere sui provvedimenti di cui all'articolo 21 del D.Lgs. 165/2001, che individua i casi di responsabilità dirigenziale (oggetto di modifica da parte dello schema di decreto legislativo in commento che integra le fattispecie che costituiscono ipotesi di mancato raggiungimento degli obiettivi – art. 5 v. infra);
Si tratta di una funzione svolta attualmente dal Comitato dei garanti (di cui è contestualmente disposta la soppressione considerata la confluenza delle relative funzioni nelle istituende Commissioni per la dirigenza pubblica), organismo istituito dal D.Lgs. 80/1998 per venire incontro alla finalità, emersa nel dibattito parlamentare, del perseguimento di una maggiore garanzia per i dirigenti oggetto delle procedure di verifica. Nella concezione originaria, tale organo era chiamato ad intervenire soltanto nei casi di responsabilità dirigenziale di maggiore gravità; successivamente (in particolare con la legge 145/2002) è stata esteso il suo ambito di intervento in relazione alle ipotesi di cui all’art. 21 del D.Lgs. 165/2001 che individua i casi di responsabilità dirigenziale.
Il Comitato dei garanti è dunque competente - nel vigente quadro normativo - all’espressione del parere sulle decisioni di mancato rinnovo dell’incarico dirigenziale (nel caso di non raggiungimento degli obiettivi o per inosservanza di direttive imputabili al dirigente) o – in relazione alla gravità dei casi - di revoca dello stesso o di recesso dal rapporto di lavoro nonché nell’ipotesi di decurtazione della retribuzione di risultato in caso di colpevole violazione del dovere di vigilanza sul rispetto, da parte del personale assegnato ai propri uffici, degli standard quantitativi e qualitativi fissati dall'amministrazione.
- esprimere parere - obbligatorio e non vincolante - sulla decadenza dagli incarichi in caso di riorganizzazione dell'amministrazione (da rendere entro 30 giorni dalla richiesta, decorsi i quali il parere si intende favorevole).
La Commissione per la dirigenza statale è un organo collegiale, composto da 7 membri.
Nella AIR, allegata allo schema di decreto legislativo, si rileva come il numero di 7 componenti non era imposto dalla legge delega (che non definiva il numero dei componenti) ma risulta dalla valutazione delle opportunità connesse all’individuazione di un numero di 5 componenti comuni alle tre commissioni per assicurare omogeneità nei criteri e nelle valutazioni e di ulteriori 2 componenti che dovranno assicurare l’adattamento alle peculiarità nei settori in cui le Commissioni esplicano le proprie competenze.
In base al nuovo art. 19 del D.Lgs. 165/2001 (commi 3 e 4) sono componenti permanenti della Commissione:
- il Presidente dell'ANAC (che è componente anche delle altre due Commissioni);
- il Ragioniere generale dello Stato (che è componente anche delle altre due Commissioni);
- il Segretario generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (che è componente anche delle altre due Commissioni);
- il Capo Dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell'interno (che è componente anche della Commissione per la dirigenza locale);
- il Presidente della Conferenza dei rettori delle università italiane;
- due componenti scelti tra persone di “notoria indipendenza, con particolare qualificazione professionale ed esperienza in materia di organizzazione amministrativa, gestione delle risorse umane e finanziarie, contabilità, economia aziendale e management nel settore pubblico o privato”, nominati con dPCM, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentite le competenti Commissioni parlamentari.
Il comma 4 specifica che i componenti “di cui al terzo periodo” del comma 3 (rectius: “di cui al secondo periodo” del comma 3, considerato che il comma 3 consta di due periodi) non possono essere scelti tra persone che rivestono incarichi pubblici elettivi o cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali, o che abbiano rivestito tali incarichi e cariche nei 3 anni precedenti, e non devono avere “interessi in conflitto” con le funzioni della Commissione.
Viene dunque prevista dall’ordinamento un’ipotesi di inconferibilità dell’incarico a componente delle Commissioni per la dirigenza pubblica (previsione non presente, ad esempio, per i componenti delle autorità indipendenti) riferita a coloro che svolgono o hanno rivestito incarichi pubblici elettivi (quale quello di parlamentare, consigliere regionale o comunale) per 3 anni o cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali (il riferimento generale alle “cariche” sembra doversi intendere rivolto non solo alle cariche di vertice ma ad ogni tipo di carica).
Viene inoltre specificato (comma 4) che i due componenti nominati durano in carica, rispettivamente, uno 4 anni e l'altro 6 anni (tale previsione sembra far intendere che i due componenti sono nominati con la medesima procedura e sulla base degli stessi requisiti ma la relativa carica ha una durata differente, quindi per uno avrà una durata di 1/3 superiore a quella dell’altro, secondo quanto sarà determinato con il dPCM di nomina) e non possono essere confermati. La partecipazione alla Commissione dà titolo unicamente all'eventuale rimborso delle spese di missione nell'ambito della normativa vigente per il pubblico impiego.
La Commissione è costituita con dPCM entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo. Nella prima riunione, convocata dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione entro 30 giorni dalla data del decreto di nomina, la Commissione si insedia e elegge, tra i propri componenti, il Presidente, carica che ha durata di tre anni e può essere rinnovata per una sola volta.
Come si è detto, in sede di prima applicazione, la Commissione definisce i criteri generali per il conferimento degli incarichi entro 180 giorni dalla data di insediamento. Il supporto logistico e amministrativo necessario per il funzionamento della Commissione è fornito, senza nuovi oneri, dal Dipartimento per la funzione pubblica.
In base al comma 8, le medesime “funzioni di cui al comma 5” - per i dirigenti del ruolo dei dirigenti regionali e dei dirigenti locali - sono svolte, rispettivamente, dalle Commissioni per la dirigenza regionale e statale istituite previa intesa in sede di Conferenza Stato- regioni e di Conferenza Stato-città (con la medesima intesa sono istituiti i ruoli della dirigenza regionale e locale ai sensi del nuovo art. 13-bis, comma 6, D.Lgs. 165/2001).
Appare opportuno fare
riferimento alle funzioni di cui al comma 2, anziché del comma 5, considerato
che quest’ultimo detta norme relative alla costituzione della Commissione ed
alla carica di presidente (mentre le funzioni della Commissione sono
individuate al comma 2 del nuovo art. 19).
I componenti permanenti della Commissione per la dirigenza regionale, stabiliti dallo schema di decreto legislativo in commento (nuovo art. 19, comma 8) sono:
- il Presidente dell'ANAC (che è componente anche delle altre due Commissioni);
- il Ragioniere generale dello Stato (che è componente anche delle altre due Commissioni);
- il Segretario generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (che è componente anche delle altre due Commissioni);
- il Presidente della Conferenza dei rettori delle università italiane (che è componente anche delle altre due Commissioni);
- il Capo Dipartimento per gli affari regionali della Presidenza del Consiglio di Ministri (nella Commissione per la dirigenza statale è invece previsto, quale componente permanente, il Capo Dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell’interno).
Gli altri due componenti della Commissione sono nominati con·intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, scelti trai titolari di incarichi di vertice dell'amministrazione regionale in materia di organizzazione, gestione delle risorse umane e finanziarie, contabilità.
I componenti permanenti della Commissione per la dirigenza locale, stabiliti dallo schema di decreto legislativo in commento (nuovo art. 19, comma 9) sono:
- il Presidente dell'ANAC (che è componente anche delle altre due Commissioni);
- il Ragioniere generale dello Stato (che è componente anche delle altre due Commissioni);
- il Segretario generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (che è componente anche delle altre due Commissioni);
- il Presidente della Conferenza dei rettori delle università italiane (che è componente anche delle altre due Commissioni);
- il Capo Dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell'interno (che è componente anche della Commissione per la dirigenza statale);
Gli altri due componenti della Commissione sono nominati con intesa in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali, scelti tra i titolari di incarichi di vertice dell’amministrazione locale in materia di organizzazione, gestione delle risorse umane e finanziarie, contabilità.
Alle Commissioni per la dirigenza regionale e locale si applicano (ai sensi dei commi 8 e 9) le medesime previsioni stabilite per la Commissione per la dirigenza statale (ai commi 2, 4, 5, 6 e 7 – vedi supra), che riguardano le funzioni, le modalità di nomina dei due componenti, le cause di inconferibilità dell’incarico, la durata, tempi e modalità di costituzione e il supporto logistico fornito dal Dipartimento per la funzione pubblica.
Si ricorda che la legge delega (art. 11, comma 1, legge 124/2015) dispone l’istituzione di una Commissione per la dirigenza statale, chiamata ad operare con piena autonomia di valutazione, i cui componenti sono selezionati, in base al criterio di delega in commento, con modalità tali da assicurarne, oltre all'indipendenza, anche la terzietà, l'onorabilità e l'assenza di conflitti di interessi, con procedure trasparenti e con scadenza differenziate nonché sulla base di requisiti di merito e incompatibilità con cariche politiche e sindacali.
Tra le funzioni della istituenda Commissione si prevede espressamente l’attribuzione dei seguenti ambiti di operatività:
- verifica del rispetto dei criteri di conferimento degli incarichi, nonché dell'effettiva adozione e del concreto utilizzo dei sistemi di valutazione al fine del conferimento e della revoca degli incarichi;
- attribuzione delle funzioni del Comitato dei garanti di cui all'articolo 22 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, relative ai dirigenti statali, alla suddetta Commissione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;
- definizione di criteri generali affinchè l’amministrazione fissi, a sua volta, i criteri e i requisiti in base ai quali è disposto il conferimento degli incarichi a dirigenti di ruolo mediante procedura con avviso pubblico.
Dispone, al contempo, l’istituzione delle Commissione per la dirigenza regionale e locale che svolgono funzioni analoghe a quella della dirigenza statale con riguardo ai dirigenti regionali e locali.
L’articolo 4 dello schema di decreto legislativo reca la disciplina degli incarichi dirigenziali e delle modalità per il relativo conferimento, introducendo i nuovi artt. 19-bis (incarichi dirigenziali), 19-ter (procedura per il conferimento di incarichi dirigenziali), 19-quater (competenza per il conferimento di incarichi dirigenziali) e 19-quinquies (durata degli incarichi dirigenziali) al D.Lgs. 165/2001. Tali previsioni riprendono e sostituiscono quanto attualmente disciplinato dall’art. 19, che – nel nuovo testo introdotto dall’art. 3 – disciplina l’istituzione e il funzionamento delle Commissioni per la dirigenza pubblica.
Viene, in particolare, sancito il principio in base al quale la qualifica dirigenziale è unica e ogni dirigente iscritto in uno dei tre ruoli, in possesso dei requisiti previsti dalla legge, può ricoprire qualsiasi incarico dirigenziale. La distinzione tra dirigente di prima e seconda fascia viene quindi superata, attribuendo alle amministrazioni pubbliche la facoltà di articolare gli uffici dirigenziali in diversi livelli di responsabilità, anche introducendo la distinzione tra incarichi dirigenziali generali e altri incarichi dirigenziali.
Gli incarichi dirigenziali sono sempre conferiti mediante procedura comparativa con avviso pubblico, ad eccezione dell’assegnazione del primo incarico e di quanto previsto ai fini della procedura per i dirigenti privi di incarico. Ai fini del conferimento di ciascun incarico dirigenziale, l’amministrazione definisce i criteri di scelta nell’ambito dei criteri generali fissati dalle istituende Commissioni per la dirigenza pubblica, regionale e locale. Per gli incarichi relativi a uffici dirigenziali non generali la scelta dell’amministrazione è comunicata alle Commissioni che, entro 15 giorni, possono rilevare il mancato rispetto dei requisiti e dei criteri fissati. Per gli incarichi relativi a uffici dirigenziali generali le suddette Commissioni selezionano una short list di candidati ritenuti più idonei in base ai richiamati criteri generali.
Viene mantenuta la possibilità di attribuzione degli incarichi dirigenziali a soggetti esterni alle pubbliche amministrazioni – mediante “procedure selettive e comparative” - individuando (analogamente a quanto previsto attualmente per gli incarichi dirigenziali di prima e di seconda fascia) la percentuale massima del 10 per cento del numero degli incarichi generali conferibili e dell’8 per cento degli incarichi dirigenziali non generali conferibili.
Quanto alla durata degli incarichi dirigenziali, viene previsto il termine di 4 anni, rinnovabile di ulteriori 2 anni, a condizione che il dirigente abbia conseguito una valutazione positiva e con decisione motivata dell’amministrazione, per una sola volta; successivamente, viene svolta la procedura comparativa con avviso pubblico, cui può partecipare il dirigente già titolare dell’incarico salvo il caso di uffici a rischio di corruzione per i quali la legge già richiede il rispetto del principio della rotazione.
Gli incarichi dirigenziali
Il nuovo art. 19-bis – che disciplina gli incarichi dirigenziali – prevede (comma 1), in primo luogo (riprendendo in parte il vigente art. 19, co. 1[8] del D.Lgs. 165/2001), che spetta alle amministrazioni il conferimento:
- degli incarichi dirigenziali corrispondenti agli uffici dirigenziali;
- degli incarichi aventi ad oggetto lo svolgimento di attività straordinarie o di funzioni ispettive, di consulenza, studio e ricerca, o di altri incarichi specifici previsti dall'ordinamento, ivi compresi quelli presso i collegi di revisione degli enti pubblici in rappresentanza di amministrazioni ministeri.
Le previsioni del nuovo art. 19-bis si applicano (commi 8 e 9) anche alle amministrazioni locali, fermo restando quanto previsto dall’articolo 110 del TUEL (D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) che disciplina il conferimento di incarichi con contratto a tempo determinato nei limiti e con le modalità stabiliti dalla legge. Per le amministrazioni regionali, le leggi regionali disciplinano gli incarichi dirigenziali nel rispetto dei princìpi desumibili dal medesimo articolo 19-bis.
Viene stabilito – con una formulazione che riprende in parte il vigente art. 19, co. 2, del D.Lgs. 165/2001[9] - che alle amministrazioni compete (comma 2) l’individuazione degli uffici e le funzioni dirigenziali definendo i requisiti necessari per ricoprire i relativi incarichi in termini di competenze ed esperienze professionali, tenendo conto della complessità, delle responsabilità organizzative e delle risorse umane e strumentali. È altresì richiesta alle amministrazioni l’applicazione del principio di rotazione negli uffici che presentano più elevato rischio di corruzione.
L’art. l, comma 5, lettera b), della legge 6 novembre 2012, n. 190 (c.d. legge anti-corruzione) stabilisce che le pubbliche amministrazioni definiscono procedure appropriate per selezionare e formare i dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione, prevedendo, negli stessi settori, la rotazione di dirigenti e funzionari. La suddetta previsione non trova applicazione ove la dimensione dell'ente risulti incompatibile con la rotazione dell'incarico dirigenziale, in base a quanto stabilito dall’art. 1, comma 221, legge 208/2015 (legge di stabilità 2016).
Viene quindi introdotto (comma 3) il principio generale – in corrispondenza con l’introduzione del sistema della dirigenza pubblica, che si articola nei tre ruoli della dirigenza statale, regionale e locale – in base al quale ciascun incarico dirigenziale può essere conferito, secondo le procedure di cui al nuovo art. 19-ter (quindi mediante procedura comparativa con avviso pubblico - v. infra), a dirigenti appartenenti ai ruoli della dirigenza. Resta ferma la possibilità, disciplinata dal nuovo art. 19-bis, comma 4 (art. 19, commi 5-bis e 6 nel testo vigente), di conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti non appartenenti ai ruoli della dirigenza pubblica mediante “procedure selettive e comparative” nei limiti delle percentuali stabilite dalla legge (v. infra).
Le amministrazioni cui si applicano le previsioni del nuovo art. 19-bis sono – come specificato dal medesimo art. 19-bis, commi 8 e 9 le amministrazioni statali e locali (fermo restando quanto disposto dall’art. 110 del D.Lgs. 267/2000 TUEL, che disciplina l’attribuzione degli incarichi con contratto a tempo determinato prevedendo, per i posti di qualifica dirigenziale, il limite del 30 per cento dei posti istituiti nella dotazione organica della medesima qualifica, previa selezione pubblica). Per le amministrazioni regionali la relativa disciplina è stabilita con leggi regionali nel rispetto dei principi desumibili dal medesimo art. 19-bis.
Come già previsto dal vigente quadro normativo (art. 19, co. 5-bis e 6 del D.Lgs. 165/2001), viene previsto (comma 4) che una determinata percentuale di incarichi dirigenziali (10 per cento del numero degli incarichi generali conferibili e 8 per cento del numero degli incarichi dirigenziali non generali conferibili[10]) può essere assegnata a soggetti non appartenenti ai ruoli della dirigenza pubblica (e, quindi, non sono assegnati attraverso i concorsi o le procedure di cui al citato articolo 19-ter) prevedendo, in tal caso, lo svolgimento di procedure selettive e comparative.
Tali percentuali sono derogabili, nel solo caso di incarichi da conferire ai dirigenti appartenenti alle sezioni speciali e in caso di urgenza e di indisponibilità nelle suddette sezioni, con provvedimento motivato, per incarichi di durata non superiore a un anno (comma 5).
Il comma 4 del nuovo art. 19-bis, dunque, riprendendo in parte quanto stabilito dai vigenti commi 5-bis e 6 dell’art. 19, disciplina in un unico ambito il conferimento degli incarichi a soggetti esterni all’amministrazione e quelli attribuiti a soggetti non appartenenti al ruolo della dirigenza (ma facenti parte dell’amministrazione). Le citate percentuali, corrispondenti ai limiti massimi cui è possibile ricorrere a tali professionalità, riprendono quelle del vigente comma 6 (che fa riferimento a dirigenti di prima e seconda fascia mentre nel nuovo testo il riferimento è agli incarichi dirigenziali generali e non).
Le previsioni del vigente art. 19 comma 5-bis (che individua percentuali massime fino al 25 e al 18 per cento per i soggetti non appartenenti al ruolo della dirigenza ma dipendenti delle amministrazioni pubbliche ovvero di organi costituzionali) confluiscono dunque nell’ambito del nuovo comma 4 dell’art. 19-bis.
Questo prevede in particolare, riprendendo sostanzialmente quanto già previsto dal vigente art. 19, comma 6 del D.Lgs. 165/2001, che tali incarichi dirigenziali possono essere conferiti a cittadini di uno degli Stati membri dell'Unione europea, non appartenenti ai Ruoli della dirigenza, purché essi:
- siano in possesso di laurea o titoli equipollenti conseguiti all'estero;
- abbiano particolare e comprovata qualificazione professionale.
Tale esperienza deriva dall’ avere svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati, ovvero in aziende pubbliche o private, con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o avere conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni pubbliche, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature, e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato.
La durata di tali incarichi, conferiti a soggetti non appartenenti ai ruoli della dirigenza, non può eccedere, per gli incarichi dirigenziali generali, il termine di 3 anni e, per gli altri incarichi dirigenziali, il termine di 4 anni[11].
Attualmente, l’art. 19, comma 6, prevede i termini,
rispettivamente, di 3 e 5 anni; la vigente previsione richiede altresì che si
tratti di persone la cui qualificazione professionale “non è rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione” e che
l’amministrazione che conferisce l’incarico fornisca una “specifica motivazione”.
Il nuovo testo specifica che al provvedimento di conferimento dell'incarico accede un contratto individuale con cui è definito il corrispondente trattamento economico, nel rispetto dei limiti previsti in via generale per i dirigenti pubblici dall'articolo 24 (cui si applica il tetto di 240.000 euro previsto dall’art. 23-ter del DL 201/2001). Con il conferimento degli incarichi dirigenziali generali, il contratto indica il programma assegnato allo stesso e i tempi dì realizzazione, nonché gli eventuali premi, nei limiti consentiti dai contratti collettivi di lavoro.
Il conferimento dell'incarico, a dirigente di ruolo in servizio presso altra amministrazione, comporta altresì – come avviene negli altri casi - la cessione del contratto costitutivo del rapporto di lavoro a tempo indeterminato all'amministrazione che lo conferisce, ferma restando l'appartenenza al ruolo.
Si ricorda che in base all’art. 16, comma 1-ter, è stata definita una “procedimentalizzazione” delle fasi della definizione del programma ai fini del conferimento dell’incarico. Inoltre, ai sensi del nuovo comma 1-ter dell’art. 21, per i dirigenti titolari di incarichi dirigenziali generali costituisce mancato raggiungimento degli obiettivi la mancata realizzazione del programma sottoscritto unitamente al contratto di lavoro. Viene a tal fine previsto che la procedura di contestazione, finalizzata ad accertare la responsabilità dirigenziale, deve essere recepita in apposito atto dell'amministrazione di appartenenza, che deve prevedere le modalità di rinegoziazione degli obiettivi e programmi con tempistica tale da garantire l’organo di vertice sulla rimodulazione dell'obiettivo, così da consentirne il raggiungimento ancorché con modalità e tempi diversi, ovvero l'individuazione di soluzioni alternative.
Per gli enti pubblici di ricerca (comma 10), come disciplinati in attuazione della delega di cui all' art. 13 della medesima legge 124/2015 (A. G. 329, assegnato alle competenti Commissioni parlamentari per l’espressione del parere di competenza) le percentuali di cui al “comma 3” (rectius: “comma 4”, poiché il comma 3 non prevede percentuali) sono del 20 per cento degli incarichi dirigenziali generali effettivamente conferiti, e del 30 per cento degli incarichi dirigenziali non generali effettivamente conferiti, a condizione che gli incarichi eccedenti le percentuali di cui al comma 3 (rectius: “comma 4”) siano conferiti a personale in servizio con qualifica di ricercatore o tecnologo, previa selezione interna volta ad accertare il possesso di comprovata esperienza pluriennale e specifica professionalità, da parte dei soggetti interessati nelle materie oggetto dell'incarico, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente. Tale previsione riprende in gran parte quanto già stabilito dall’art. 19, comma 6-quater del D.Lgs. 165/2001.
Negli ultimi anni, alcuni interventi normativi hanno riguardato la disciplina del conferimento degli incarichi dirigenziali, contenuta nell'articolo 19 del D.Lgs. n. 165/2001. In particolare, il D.L. 101/2013 (convertito da L. n. 125/2013) ha modificato le condizioni alle quali è prevista la possibilità di conferire incarichi di funzione dirigenziale a soggetti non appartenenti ai ruoli della dirigenza pubblica di cui all'articolo 23 del medesimo D.Lgs. n. 165/2001. Le novità principali hanno riguardato la possibilità, prevista dall'art. 19, co. 5-bis, del D.Lgs. n. 165/2001, di conferire tutti gli incarichi dirigenziali previsti dai commi 1-5 del medesimo articolo anche a dirigenti che non appartengono ai ruoli della dirigenza di cui all'art. 23 del D.Lgs. 165, purché si tratti di dipendenti da altre amministrazioni pubbliche o da organi costituzionali, previo collocamento fuori ruolo, comando o analogo provvedimento secondo i rispettivi ordinamenti. Al riguardo, l'art. 2, co. 8-ter, del D.L. 101/2013 ha apportato tre modifiche:
- ha escluso la possibilità prevista dal comma 5-bis per gli incarichi dirigenziali apicali (Segretario generale di ministeri, incarichi di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali e quelli di livello equivalente);
- ha innalzato i limiti percentuali del conferimento, prevedendo che il numero di tali incarichi non possa superare la soglia del 15% (invece che del 10) della dotazione organica dei dirigenti di prima fascia e il 10% (invece che del 5) di quella di seconda fascia;
- ha introdotto una clausola di flessibilità, in virtù della quale i predetti limiti possono essere ulteriormente aumentati, rispettivamente fino ad un massimo del 25 e del 18 per cento, purché si registri all'interno della stessa amministrazione una corrispondente diminuzione delle percentuali fissate dal comma 6 del medesimo articolo 19 per il conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti esterni alla pubblica amministrazione.
Ulteriori modifiche (art. 2, co. 8-quater, del D.L. n. 101/2013) hanno riguardato la possibilità, prevista dall'art. 19, co. 6, del D.Lgs. 165/2001, di conferire incarichi di funzione dirigenziale a soggetti esterni alla pubblica amministrazione con contratto a tempo determinato. Il numero di incarichi non può comunque eccedere una certa soglia, per ciascuna amministrazione, pari al 10% della dotazione organica dei dirigenti di prima fascia e l'8% di quella di seconda fascia. Tra i requisiti soggettivi che si richiedono come condizioni per il conferimento, è previsto, in alternativa ad altri, il possesso di una particolare specializzazione professionale, culturale o scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria. Con il D.L. 101 è stato precisato che la formazione universitaria richiesta non può essere inferiore al possesso della laurea specialistica o magistrale ovvero del diploma di laurea conseguito secondo l'ordinamento didattico previgente al regolamento di cui al D.M n. 509/1999.
Con prevalenti finalità di contenimento della spesa pubblica, l'articolo 6 del D.L. 90/2014 ha aggiornato la disposizione contenuta nell'art. 5, co. 9 del D.L. 95/2012, che ha vietato alle pubbliche amministrazioni di attribuire incarichi di studio e consulenza a soggetti in quiescenza già appartenenti ai ruoli, che abbiano svolto nell'ultimo anno di servizio funzioni e attività corrispondenti, ampliando in modo rilevante sia l'ambito soggettivo, sia l'ambito oggettivo.
Procedura per il conferimento di incarichi dirigenziali
Il nuovo art. 19-ter,
che disciplina la procedura per il conferimento degli incarichi dirigenziali,
stabilisce in via generale (comma 1)
che, salvo quanto previsto dagli articoli 23-ter (procedura da applicare ai dirigenti privi di incarico) e
28-bis, commi 5 e 6 (prima assegnazione), gli incarichi dirigenziali sono
sempre conferiti mediante procedura
comparativa con avviso pubblico. La procedura è a sua volta diversamente
articolata a seconda che si tratti di incarichi dirigenziali (comma 4) o di
incarichi relativi a uffici dirigenziali generali (comma 5).
Per le amministrazioni statali, sono esclusi gli incarichi di segretario generale dei ministri e dei ministeri, quelli di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali, quelli di livello equivalente (per i quali si applica quanto stabilito dall’art. 19-quater - v. infra) e quelli conferiti presso gli uffici di diretta collaborazione.
L'articolo 14 del D.Lgs. 165/2001 riguarda gli uffici di diretta collaborazione stabilendo che per l'esercizio delle proprie funzioni il Ministro si avvale di uffici di diretta collaborazione, aventi esclusive competenze di supporto e di raccordo con l'amministrazione. A tali uffici sono assegnati: dipendenti pubblici anche in posizione di aspettativa, fuori ruolo o comando; collaboratori assunti con contratti a tempo determinato disciplinati dalle norme di diritto privato; esperti e consulenti per particolari professionalità e specializzazioni con incarichi di collaborazione coordinata e continuativa. All'atto del giuramento del Ministro, tutte le assegnazioni di personale, ivi compresi gli incarichi anche di livello dirigenziale e le consulenze e i contratti, anche a termine, conferiti nell'ambito degli uffici di cui al presente comma, decadono automaticamente ove non confermati entro trenta giorni dal giuramento del nuovo Ministro.
Sono altresì esclusi gli incarichi di direttore di istituti e luoghi di cultura statali per i quali resta fermo (comma 8) quanto previsto dall’art. 14, co. 2-bis, DL 83/2014 (conv. l. 106/2014).
Tale previsione stabilisce che sono individuati con regolamento i poli museali e gli istituti della cultura statali di rilevante interesse nazionale che costituiscono uffici di livello dirigenziale; i relativi incarichi possono essere conferiti, con procedure di selezione pubblica, per una durata da tre a cinque anni, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale in materia di tutela e valorizzazione dei beni culturali e in possesso di una documentata esperienza di elevato livello nella gestione di istituti e luoghi della cultura, anche in deroga ai contingenti di cui all'articolo 19, comma 6, del D.Lgs. 165/2001 (v. supra) e comunque nei limiti delle dotazioni finanziarie destinate a legislazione vigente al personale dirigenziale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.
Al contempo, come si è detto, l’art. 19-bis, comma 4, conferma la possibilità per le amministrazioni di attribuire una percentuale massima di incarichi dirigenziali a soggetti non appartenenti ai ruoli della dirigenza con “procedure selettive e comparative”.
Ai fini del conferimento di ciascun incarico, ogni amministrazione interessata procede (comma 2) alla definizione dei criteri di scelta, nell'ambito dei criteri generali definiti dalle Commissioni per la dirigenza pubblica e nel rispetto dei requisiti definiti dall’amministrazione per ricoprire l’incarico in termini di competenze ed esperienze professionali ai sensi dell'articolo 19-bis (v. supra).
Vengono quindi individuati alcuni elementi (che riprendono in parte quanto attualmente previsto dall’art. 19, comma 1, ai fini del conferimento degli incarichi da parte delle amministrazioni) che vengono in rilievo per la definizione da parte delle Commissioni della dirigenza pubblica dei criteri generali.
Tra questi, in particolare, la necessità di tenere conto:
- della natura, dei compiti e della complessità della struttura interessata;
- della valutazione delle attitudini e delle capacità professionali del dirigente, nonché dei risultati conseguiti nei precedenti incarichi e delle relative valutazioni, delle specifiche competenze organizzative possedute, dell'essere risultato vincitore di concorsi pubblici, delle esperienze di direzione eventualmente maturate all'estero, presso il settore privato presso altre amministrazioni pubbliche, purché attinenti al conferimento dell'incarico;
- delle condizioni di “pari opportunità” di cui all’art. 7 del D.Lgs. 165/2001[12];
- della priorità, in caso di parità, per i dirigenti privi di incarico da più tempo.
Tali criteri generali vengono dunque in rilievo per il conferimento degli incarichi relativi a uffici dirigenziali non generali, ai fini della definizione di specifici “criteri di scelta” definiti dall’amministrazione interessata e sulla cui base è conferito l’incarico (il relativo rispetto viene verificato dalla competente Commissione per la dirigenza pubblica). Per il conferimento degli incarichi relativi a uffici dirigenziali generali (v. infra comma 5) i suddetti criteri generali sono alla base della selezione operata dalla Commissione per la dirigenza pubblica ai fini della individuazione di una short list, nel cui ambito è operata la scelta del competente organo di governo.
Gli avvisi per il conferimento degli incarichi dirigenziali sono comunicati (comma 4) dall'amministrazione interessata al Dipartimento della funzione pubblica, secondo le modalità definite dallo stesso Dipartimento, e vengono pubblicati nello stesso sito istituzionale presso il quale è consultabile la banca dati di cui il nuovo art. 13-bis, comma 7, dispone l’istituzione.
In base al nuovo art. 13-bis, comma 7, del D.Lgs. 165/2001 (come modificato dall’art. 2 dello schema di decreto) il Dipartimento della funzione pubblica provvede alla gestione dei ruoli della dirigenza ed è disposta, presso il medesimo Dipartimento, che ne cura la tenuta e l’aggiornamento, la realizzazione di una banca dati contenente l'elenco degli uffici dirigenziali, dei titolari di incarichi, i relativi curriculum vitae e percorsi professionali nonché la collocazione nella graduatoria di merito del corso-concorso o del concorso. All’inserimento dei dati nella banca dati provvedono le amministrazioni e i singoli dirigenti. Viene stabilito che le amministrazioni che non inseriscono i dati necessari alla creazione e all'aggiornamento della banca dati non possono conferire incarichi dirigenziali.
Il termine per la presentazione delle candidature decorre dalla data della suddetta pubblicazione, e non può essere inferiore a dieci giorni.
Attualmente, l’art. 19, co. 1-bis prevede che l'amministrazione rende conoscibili, anche mediante pubblicazione di apposito avviso sul sito istituzionale, il numero e la tipologia dei posti di funzione che si rendono disponibili nella dotazione organica ed i criteri di scelta; acquisisce le disponibilità dei dirigenti interessati e le valuta.
Al conferimento degli incarichi, e al passaggio ad incarichi diversi, non si applica l'articolo 2103 del codice civile (come già previsto dal vigente art. 19, comma 1, D.Lgs. 165/2001).
Tale articolo dispone, in particolare, che il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti all'inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte.
Gli avvisi possono indicare un periodo minimo di permanenza nell'incarico, non superiore a tre anni, durante il quale l'assunzione di un successivo incarico da parte del dirigente è subordinata al consenso dell'amministrazione che ha conferito il precedente incarico.
Per gli incarichi relativi a uffici dirigenziali generali (comma 5) compete alla Commissione per la dirigenza la selezione, in base ai requisiti e ai criteri individuati dall’amministrazione sulla base dei criteri generali dettati dalla medesima Commissione, tenuto conto degli elementi dettati dal comma 3 del nuovo art. 19-ter (v. supra), di un numero ristretto di candidati ritenuti più idonei, sempre sulla base dei criteri generali stabiliti dalla medesima Commissione. Nell'ambito dei candidati selezionati dalla Commissione è operata la scelta da parte del soggetto competente.
Al comma 5, è
necessario coordinare il riferimento al numero dei candidati selezionati dalla
Commissione, considerato che al primo periodo si fa riferimento a 3 candidati mentre
al secondo periodo il riferimento è a 5 candidati.
A tal fine, successivamente alla scadenza del termine stabilito dall'avviso, l'amministrazione invia l'elenco dei candidati e la documentazione necessaria alla Commissione per la dirigenza, che trasmette l'elenco dei candidati selezionati all'amministrazione, nei successivi 30 giorni.
Per gli incarichi relativi a uffici dirigenziali non generali (comma 6), la scelta operata ai sensi dell'articolo 19-quater – quindi da parte del dirigente preposto al relativo ufficio dirigenziale generale - è comunicata dall'amministrazione alla Commissione per la dirigenza, e l'incarico è conferito decorsi 15 giorni dalla predetta comunicazione, salvo che la Commissione rilevi il mancato rispetto dei requisiti e criteri individuati dall’amministrazione sulla base dei criteri generali dettati dalla medesima Commissione, tenuto conto degli elementi dettati dal comma 3 del nuovo art. 19-ter. In tal caso, l'incarico non può essere conferito e si procede alla scelta di un diverso candidato.
L'esito delle procedure di conferimento di incarico dirigenziale è reso pubblico con le modalità definite dal Dipartimento della funzione pubblica (comma 7).
Per il conferimento di incarichi di direttore di istituti e luoghi della cultura statali, resta fermo quanto previsto dall'articolo 14, comma 2-bis, del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83 (conv. legge 29 luglio 2014, n. 106) e dalle relative norme di attuazione (v. supra) (comma 8).
Competenza per il conferimento di incarichi dirigenziali
Il nuovo art. 19-quater, riprendendo in parte le previsioni del vigente art. 19, commi 3, 4, 4-bis, 5 e 9, del D.Lgs. 165/2001, stabilisce che nelle amministrazioni statali gli incarichi di segretario generale di ministero, gli incarichi di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali, e quelli di livello equivalente, sono conferiti con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente. Nelle medesime amministrazioni, gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale sono conferiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente. Dei suddetti incarichi è data comunicazione alle Camere.
Si ricorda inoltre che il D.L. 101/2013 ha espressamente escluso la possibilità di ricorrere alla procedura di cui al vigente art. 19, al comma 5-bis per gli incarichi dirigenziali apicali (Segretario generale di ministeri, incarichi di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali e quelli di livello equivalente).
Rispetto al testo vigente, viene specificato che il riferimento è alle sole amministrazioni statali e non viene ripresa la parte in cui viene stabilito che gli incarichi possono essere conferiti a dirigenti della prima fascia dei ruoli della dirigenza (in ragione de superamento della distinzione nelle due fasce disposta dallo schema di decreto legislativo) o, con contratto a tempo determinato, a persone non appartenenti a tali ruoli se in possesso di specifiche professionalità e nei limiti percentuali stabiliti dalla legge.
Non è inoltre ripreso – nell’ambito del nuovo art. 19-quater - quanto stabilito dal vigente art. 19, comma 4-bis, che prevede la necessità di tenere conto delle condizioni di pari opportunità di cui all’art. 7 nei criteri di conferimento degli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale.
Tale previsione è tuttavia presente nei “contenuti vincolati” fissati dalla legge in relazione ai criteri generali per il conferimento degli incarichi dirigenziali la cui definizione compete alle Commissioni per la dirigenza pubblica. L’art. 19-ter, comma 3, stabilisce, infatti, che tali criteri tengono conto “delle·condizioni di pari opportunità” di cui all'articolo 7 del d. lgs. 165/2001.
Tali criteri generali vengono in rilievo, in base al nuovo art. 19-ter, per il conferimento degli incarichi relativi a uffici dirigenziali non generali, ai fini della definizione di specifici “criteri di scelta” definiti dall’amministrazione interessata e sulla cui base è conferito l’incarico (il relativo rispetto viene verificato dalla competente Commissione per la dirigenza pubblica). Per il conferimento degli incarichi relativi a uffici dirigenziali generali i suddetti criteri generali sono alla base della selezione operata dalla Commissione per la dirigenza pubblica ai fini della individuazione di una short list, nel cui ambito è operata la scelta del competente organo di governo.
Va peraltro tenuto presente, in proposito, che la legge delega richiama espressamente tra i criteri e principi direttivi (art. 11, comma 1, lettera h)) quello dell’“equilibrio di genere nel conferimento degli incarichi”.
Infine, viene previsto in via generale (comma 3) che, nelle amministrazioni statali, gli altri incarichi dirigenziali sono conferiti dal dirigente preposto al relativo ufficio dirigenziale generale (superando il riferimento specifico agli incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale).
Si ricorda che, come specificato dal nuovo art. 19-ter, per le amministrazioni statali è escluso dall’applicazione della procedura comparativa con avviso pubblico il conferimento degli incarichi di segretario generale dei ministeri, di direzione delle strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali oltre agli uffici di diretta collaborazione.
Attualmente (art. 19, co. 3, D.Lgs. 165/2001) gli incarichi di Segretario generale di ministeri, di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali e quelli di livello equivalente sono conferiti con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, a dirigenti della prima fascia dei ruoli delle amministrazioni dello Stato o, con contratto a tempo determinato, a persone in possesso delle specifiche qualità professionali e nelle percentuali previste dall’art.19, co. 6 del D.Lgs. 165/2001.
Gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale (art. 19, co. 4, D.Lgs. 165/2001) sono conferiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, a dirigenti della prima fascia dei ruoli delle amministrazioni dello Stato o, in misura non superiore al 70 per cento della relativa dotazione, agli altri dirigenti appartenenti ai medesimi ruoli ovvero, con contratto a tempo determinato, a persone in possesso delle specifiche qualità professionali richieste dal comma 6 dell’art. 19 del D.Lgs. 165/2001
Dei suddetti incarichi è data comunicazione alle Camere, allegando una scheda relativa ai titoli ed alle esperienze professionali dei soggetti prescelti.
I criteri di conferimento degli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale tengono conto delle condizioni di pari opportunità (art. 19, co. 4-bis).
Gli incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale sono conferiti dal dirigente dell’ufficio di livello dirigenziale generale ai dirigenti assegnati al proprio ufficio (comma 5).
Con il provvedimento di conferimento dell’incarico, o con separato provvedimento, sono individuati l’oggetto dell’incarico e gli obiettivi da conseguire (comma 6) con riferimento alle priorità, ai piani e ai programmi definiti dall’organo di vertice.
Si ricorda che, in particolare, con il d. lgs 150/2009 sono stati definiti più puntualmente i parametri per il conferimento degli incarichi dirigenziali, prevedendo, tra l’altro, la necessità di tenere conto della complessità della struttura di destinazione, dei risultati conseguiti nei precedenti incarichi, delle specifiche competenze ed esperienze di direzione eventualmente maturate all’estero, presso il settore privato o altre amministrazioni pubbliche purchè attinenti al conferimento dell’incarico.
Durata degli incarichi dirigenziali
L’art. 4 aggiunge un nuovo art. 19-quinquies al D.Lgs. 165/2001 che definisce la durata dell’incarico dirigenziale, prevedendo il termine generale di 4 anni, rinnovabile di ulteriori 2 anni, a condizione che il dirigente abbia conseguito una valutazione positiva e con decisione motivata dell’amministrazione, per una sola volta. Successivamente, viene svolta la procedura comparativa con avviso pubblico, cui può partecipare il dirigente già titolare dell’incarico salvo il caso di uffici a rischio di corruzione per i quali la legge già richiede il rispetto del principio della rotazione (ai sensi dell’art. l, comma 5, lettera b), della legge 6 novembre 2012, n. 190).
Nel dettaglio, viene previsto (comma 1) che gli incarichi dirigenziali sono conferiti per una durata di 4 anni, fatto salvo quanto previsto per i soggetti non appartenenti ai ruoli della dirigenza (per i quali viene stabilito, dall'articolo 19-bis, comma 4, il termine di 3 anni per gli incarichi dirigenziali generali e di 4 anni per gli altri incarichi).
Alla procedura (di conferimento dell’incarico) può partecipare il dirigente già titolare dell'incarico, fermo restando il rispetto del principio di rotazione degli incarichi per gli uffici individuati a rischio di corruzione.
Nel caso in cui il dirigente abbia avuto valutazioni positive nel corso dell'incarico (comma 2) l'amministrazione ha facoltà, una sola volta e con decisione motivata, di rinnovare l'incarico per ulteriori due anni senza procedere alla procedura comparativa con avviso pubblico prevista, in via generale, dall’art. 19-ter.
Come attualmente previsto, la durata dell'incarico può essere inferiore a quattro anni, se coincide con il conseguimento del limite di età per il collocamento a riposo dell'interessato. È infine aggiunta la possibilità per l'amministrazione di prorogare l'incarico per il periodo strettamente necessario al completamento delle procedure per il conferimento del nuovo incarico, comunque non superiore a 90 giorni (commi 3 e 4).
La durata degli incarichi dirigenziali è attualmente fissata dall'articolo 19, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001, in un minimo di 3 anni ed in un massimo di 5 anni, rinnovabili.
Riguardo alla presenza di una durata minima, come richiamato anche in talune circolari del Dipartimento della funzione pubblica, il Consiglio di Stato in sede consultiva (Adunanza della Sezione terza del 23 maggio 2006, n. 4938/05) ha affermato che «corrisponde senza dubbio ad un obiettivo di tipo garantistico la predeterminazione della durata degli incarichi di funzione dirigenziale con un limite minimo che, evitando la precarietà di incarichi troppo brevi (annuali o addirittura semestrali), consente al dirigente di esercitare il mandato in condizione di imparzialità (artt. 97 e 98 Cost.) per un tempo sufficiente ad esprimere le sue capacità ed a poter essere valutato in relazione all'attività svolta e ai risultati conseguiti». Pertanto, la durata minima fissata dalla menzionata disposizione non è derogabile; «ogni deroga appare arbitraria e non conforme, oltre che con la formulazione letterale della norma, con l'evoluzione della medesima e con la logica complessiva del sistema».
La stessa Corte Costituzionale (sentenza n. 103 del 2007) ha posto in evidenza come l’inesistenza di un termine minimo di durata dell'incarico dirigenziale è indice di una possibile precarizzazione della funzione dirigenziale, che si presenta (quando il termine sia eccessivamente breve) difficilmente compatibile con un adeguato sistema di garanzie per il dirigente che sia idoneo ad assicurare un imparziale, efficiente ed efficace svolgimento dell'azione amministrativa.
Per quanto riguarda la possibilità di revoca dell’incarico dirigenziale, viene richiamata l’ipotesi di licenziamento disciplinare, che viene fatta salva, prevedendo – come già stabilito dalla disciplina vigente – che gli incarichi dirigenziali possono essere revocati esclusivamente nei casi e con le modalità di cui all'articolo 21, comma 1, secondo periodo, del D.Lgs. 165/2001 (oggetto di integrazione da parte dello schema di decreto legislativo – v. infra).
Viene ribadito (comma 6) quanto già previsto dal vigente art. 19, comma 8, riguardo alla cessazione degli incarichi di segretario generale di ministero, gli incarichi di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali, e quelli di livello equivalente (di cui all'articolo 19-quater, comma 1) decorsi 90giorni dal voto sulla fiducia al Governo.
È sempre consentita la risoluzione consensuale del contratto (comma 7).
È infine aggiunta una specifica previsione (comma 8) relativa agli incarichi di direttore di istituti e luoghi della cultura statali conferiti a seguito delle procedure di selezione pubblica internazionale di cui all'articolo 14, comma 2-bis, del DL 83/2014 (conv. L. 106/2014) stabilendo che questi possono essere rinnovati una sola volta, con decisione motivata sulla base di una valutazione positiva dei risultati ottenuti, per ulteriori 4 anni.
La legge delega (art. 11, legge 124/2001) prevede che il conferimento ai dirigenti appartenenti a ciascuno dei tre ruoli unici (dello Stato, delle regioni e degli enti locali) degli incarichi dirigenziali dovrà essere definito in sede di attuazione della delega secondo i principi ivi previsti che contemplano, in particolare:
- la definizione, per ciascun incarico dirigenziale, dei requisiti necessari in termini di competenze ed esperienze professionali, tenendo conto della complessità, delle responsabilità organizzative e delle risorse umane e strumentali (lett. g);
- l’applicazione di una procedura “comparativa” con avviso pubblico, sulla base di requisiti e criteri definiti dall’amministrazione alla luce dei “criteri generali” individuati dalle Commissioni, rispettivamente, per la dirigenza statale, regionale o locale - nonché in base al principio dell'equilibrio di genere (lett. g) e h);
- la rilevanza delle attitudini e delle competenze del singolo dirigente, dei precedenti incarichi e della relativa valutazione, delle specifiche competenze organizzative possedute, nonché delle esperienze di direzione eventualmente maturate all'estero, presso il settore privato o presso altre amministrazioni pubbliche, purché attinenti all'incarico da conferire; rilevanza delle diverse esperienze maturate, anche in amministrazioni differenti (lett. g);
- per il conferimento degli incarichi relativi ad uffici di vertice e per gli incarichi corrispondenti ad uffici di livello dirigenziale generale la previsione di una preselezione da parte delle Commissioni, rispettivamente, per la dirigenza statale, regionale o locale di un numero predeterminato di candidati in possesso dei requisiti richiesti; successivamente – e sulla base di tale “short list” - per gli “altri incarichi dirigenziali” spetta alla Commissione per la dirigenza statale una verifica successiva del rispetto dei predetti criteri e requisiti (lett. g);
- pubblicizzazione dei posti dirigenziali che si rendono vacanti in ogni singola amministrazione, con congruo anticipo, attraverso la pubblicazione sulla banca dati gestita dal Dipartimento della funzione pubblica (lett. g) (ed in cui sono inseriti, in base alle previsioni della lett. a), il curriculum vitae, un profilo professionale e gli esiti delle valutazioni di ciascun dirigente dello Stato).
In materia di decadenza degli incarichi in caso di riorganizzazione dell’amministrazione; le Commissioni, rispettivamente, per la dirigenza statale, regionale o locale rendono un parere obbligatorio ma non vincolante (se non espresso entro un termine predeterminato, il parere si intende acquisito).
Attualmente, in base all’art 19, co. 1-ter D.Lgs. 165/2001 l’amministrazione che, in dipendenza dei processi di riorganizzazione ovvero alla scadenza, in assenza di una valutazione negativa, non intende confermare l’incarico conferito al dirigente è tenuta a darne idonea e motivata comunicazione al dirigente stesso con un congruo preavviso, prospettando i posti disponibili per un nuovo incarico.
Per gli incarichi dirigenziali non assegnati attraverso le procedure del corso-concorso e del concorso (di cui alla lettera c)), si procede comunque attraverso procedure selettive e comparative, fermi restando i limiti percentuali previsti dall'articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001).
È stata, inoltre, prevista la “conseguente eventuale revisione delle analoghe discipline e delle relative percentuali”, definite in modo sostenibile per le amministrazioni non statali.
In sede di attuazione della delega è previsto che vada altresì dato rilievo agli esiti della valutazione dei risultati dei dirigenti (lettera l) ai fini del conferimento degli incarichi, con la costruzione del percorso di carriera del dirigente in funzione degli esiti della valutazione.
Altro criterio di delega (lett. h) stabilisce la durata quadriennale degli incarichi dirigenziali - rinnovabili previa partecipazione alla procedura di avviso pubblico salva la facoltà di rinnovo per ulteriori due anni senza la suddetta procedura selettiva per una sola volta (purché motivata e nei soli casi in cui il dirigente abbia ottenuto una valutazione positiva).
L’art. 5 integra l’art. 21 del D.Lgs. 165/2001 che disciplina i casi di responsabilità dirigenziale.
In particolare, il vigente testo dell’art. 21 richiama il mancato raggiungimento degli obiettivi accertato attraverso le risultanze del sistema di valutazione ovvero l'inosservanza delle direttive imputabili al dirigente quali elementi che comportano, previa contestazione e ferma restando l'eventuale responsabilità disciplinare secondo la disciplina contenuta nel contratto collettivo, l'impossibilità di rinnovo dell’incarico dirigenziale.
In relazione alla gravità dei casi, l'amministrazione può inoltre, previa contestazione e nel rispetto del principio del contraddittorio, revocare prima della scadenza l'incarico collocando il dirigente a disposizione dei ruoli delle amministrazioni dello Stato ovvero recedere dal rapporto di lavoro secondo le disposizioni del contratto collettivo.
Tale impostazione è stata profondamente modificata con la legge 145/2002, superando il precedente impianto normativo in base al quale la responsabilità dirigenziale era ricondotta essenzialmente ai “risultati negativi della gestione”.
Al di fuori di tali ipotesi, in caso di colpevole violazione del dovere di vigilanza sul rispetto, da parte del personale assegnato ai propri uffici, degli standard quantitativi e qualitativi fissati dall'amministrazione può essere disposta la decurtazione della retribuzione di risultato di una quota fino all'ottanta per cento.
Quest’ultima fattispecie è stata introdotta dal D.Lgs. 150/1999 in correlazione con i nuovi compiti di gestione di controllo del personale attribuiti ai dirigenti da tale provvedimento.
Si ricorda che, nel vigente quadro normativo, al dirigente, nell’esercizio delle proprie funzioni, sono riconducibili (ove incorra nei comportamenti sanzionati) cinque possibili responsabilità: civile (con solidarietà passiva dello Stato e degli enti pubblici), penale, amministrativo-contabile (se arreca un danno erariale all’amministrazione di appartenenza o ad altra amministrazione), disciplinare (di cui, in particolare, all’art. 55 D.Lgs. 165/2001, se viola obblighi previsti dalla contrattazione collettiva, dalla legge o dal codice di comportamento) e dirigenziale (di cui, in particolare, all’art. 21 D.Lgs. 165/2001).
In particolare, l’istituto della responsabilità amministrativo-contabile è stato interessato, a partire dagli anni ’90, da un rilevante processo di riforma che ha profondamente inciso, non solo sulla relativa disciplina normativa, ma soprattutto sulla sua collocazione nell’ordinamento contabile. Nella nuova conformazione normativa dell’istituto assumono particolare rilievo alcuni aspetti, tra i quali l’introduzione del “principio della personalità” della responsabilità, la limitazione del criterio di imputazione dell’evento dannoso alla colpa grave o al dolo, l’esimente della buona fede, secondo i criteri enucleati dalla giurisprudenza della Corte dei conti, per gli organi politici, la considerazione dei vantaggi conseguiti dalla pubblica amministrazione o dalla comunità amministrata.
La responsabilità dirigenziale si fonda, in particolare, sulle previsioni del citato art. 21 del D.Lgs. 165/2001 (v. supra).
La responsabilità disciplinare si concretizza in una violazione del codice disciplinare rinvenibile nel contratto collettivo richiamato dal contratto individuale o nella violazione dei precetti fissati dagli artt. 55 e seguenti del D.Lgs. n. 165 del 2001 o dal codice di comportamento. La titolarità ad accertare la responsabilità disciplinare risiede in capo al dirigente di struttura o all’Ufficio per i procedimenti disciplinari.
Il testo aggiunge, alle vigenti previsioni, ulteriori fattori che costituiscono “mancato raggiungimento degli obiettivi”:
·
la valutazione
negativa della struttura di
appartenenza, riscontrabile anche da rilevazioni esterne;
Si ricorda, in proposito, che il d.lgs. 150/2009 ha
introdotto il sistema di misurazione e
valutazione della performance,
che ha innovato profondamente la disciplina dei controlli interni delle
pubbliche amministrazioni come descritti dal d.lgs. 286/1999. La novità
principale è consistita nello stabilire che ogni amministrazione è tenuta a
misurare e a valutare la performance
con riferimento all'amministrazione nel suo complesso e ai singoli dipendenti
(art. 3, D.lgs. 150/2009), secondo le norme previste dal medesimo decreto ed in
conformità alle direttive impartite da un apposito organismo, che inizialmente
è stato la CIVIT (poi divenuta ANAC) e, ora, è il Dipartimento della funzione
pubblica (DPF), le cui funzioni in materia sono state oggetto di un recente
riordino ad opera del D.P.R. n. 105/2016. Pertanto, in base alle norme vigenti,
ciascuna amministrazione è tenuta a dotarsi di un sistema di misurazione e
valutazione idoneo a rilevare sia la performance organizzativa (che
prende in considerazione i risultati prodotti da un soggetto nel suo insieme
e/o dalle singole articolazioni della sua struttura), sia la performance
individuale dei dipendenti (dirigenti e personale non dirigente) che prende
in considerazione il raggiungimento di specifici obiettivi ed il contributo
individuale alla performance
organizzativa. Nel processo di misurazione e valutazione della performance, i soggetti che provvedono
alle varie fasi del ciclo di gestione sono il Dipartimento della funzione
pubblica, coadiuvata dalla Commissione tecnica per la performance, gli Organismi indipendenti di valutazione della performance (OIV), l’organo di indirizzo
politico-amministrativo di ciascuna amministrazione e i dirigenti di ciascuna
amministrazione, che effettuano la valutazione del personale assegnato ai loro
uffici, ai fini del riconoscimento dei benefici previsti dalla contrattazione
collettiva (ai sensi degli articoli 16 e 17, comma 1, lettera e-bis), del D.Lgs. 165/2001).
- la
reiterata omogeneità delle valutazioni
del proprio personale, a fronte di valutazione negativa (il caso di valutazione negativa è già di per sé fattore
rilevante ai fini del mancato raggiungimento degli obiettivi, in base alla
disposizione precedente) o comunque non positiva della performance organizzativa della struttura, e in particolare il
mancato rispetto della percentuale del personale prevista dalla legge, o della
diversa percentuale oggetto di negoziazione, cui attribuire indennità premiali, secondo le indicazioni dei
contratti collettivi di lavoro;
Si ricorda inoltre che gli articoli 18 e 19
del D.Lgs. 150/2009 contengono disposizioni volte al
miglioramento delle prestazioni organizzativa ed individuale nelle amministrazioni
pubbliche, anche attraverso l'utilizzo di sistemi premianti selettivi e
valorizzando i dipendenti che conseguano le migliori performance attraverso l'attribuzione selettiva di incentivi sia
economici sia di carriera, vietando, al contempo, la distribuzione
indifferenziata o sulla base di automatismi di incentivi e premi collegati alla
performance in assenza di opportune verifiche. In particolare, l'articolo 19
del D.Lgs. 150/2009 ha strutturato il riconoscimento
dei premi in base a specifiche graduatorie nelle quali il personale sia
distribuito in differenti livelli di performance
in modo che: il 25% del personale venga collocato nella fascia di merito alta
(alla quale corrisponde l'attribuzione del 50% delle risorse destinate al
trattamento accessorio collegato alla performance individuale); il 50% è
collocato nella fascia di merito intermedia (con attribuzione del 50% delle
risorse legate alla performance); il
restante 25% è collocato nella fascia di merito bassa (senza alcuna
attribuzione di trattamento accessorio). Tale differenziazione si applica
(articolo 6 del D.Lgs. 141/2011) a partire dalla
tornata di contrattazione collettiva successiva a quella relativa al
quadriennio 2006-2009. Successivamente, l'articolo 5, commi da 11 a 11-sexies del D.L. 95/2012, ha disposto una
diversa disciplina sulla valutazione del dipendenti pubblici, da applicarsi
nelle more dei rinnovi contrattuali ai fini dell'erogazione dei premi legati
alla prestazione lavorativa sulla base della mancata applicazione delle
disposizioni del D.Lgs. 150/2009 in precedenza
richiamate. In base a tali disposizioni, il personale dirigenziale è valutato
su una serie di criteri da raggiungere (raggiungimento degli obiettivi
assegnati e dei comportamenti organizzativi posti in essere); inoltre spetta al
dirigente valutare la performance dei
dipendenti in relazione al raggiungimento di specifici obiettivi di gruppo o
individuali o al contributo assicurato alla performance dell'unità
organizzativa di appartenenza e ai comportamenti organizzativi dimostrati.
Infine ai dipendenti ed ai dirigenti (per questi ultimi in relazione alla
retribuzione di risultato) più meritevoli in esito alla valutazione effettuata,
è attribuito, secondo specifiche modalità, un trattamento accessorio maggiorato
di un importo compreso tra il 10 e il 30% del trattamento accessorio medio
attribuito ai dipendenti appartenenti alle stesse categorie.
- il riscontrato mancato controllo sulle presenze e sul “contributo qualitativo” dell'attività lavorativa di ciascun dipendente;
- la mancata rimozione di fattori causali di illecito;
-
il mancato rispetto delle norme sulla trasparenza, che abbiano determinato un
giudizio negativo dell'utenza sull’operato della pubblica-amministrazione e
sull’accessibilità ai relativi servizi;
Si ricorda, in proposito che ai sensi dell’art. 14, co. 1-quater, del D.lgs. n. 33/2013 (cd. Codice della trasparenza delle p.a.), così come modificato dal D.lgs. n. 97/2016, negli atti di conferimento di incarichi dirigenziali e nei relativi contratti sono riportati gli obiettivi di trasparenza, finalizzati a rendere i dati pubblicati di immediata comprensione e consultazione per il cittadino, con particolare riferimento ai dati di bilancio sulle spese e ai costi del personale, da indicare sia in modo aggregato che analitico. Il mancato raggiungimento dei suddetti obiettivi determina responsabilità dirigenziale ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Del mancato raggiungimento dei suddetti obiettivi si tiene conto ai fini del conferimento di successivi incarichi. Inoltre, l’articolo 46 del medesimo decreto qualifica come fonte di responsabilità dirigenziale l’inadempimento degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente e il rifiuto, il differimento e la limitazione dell’accesso civico, al di fuori delle ipotesi previste dalla legge;
- il
mancato rispetto dei tempi nella
programmazione e nella verifica dei risultati imputabile alla dirigenza.
Si ricorda che la disposizione di delega (l. 124/2015) demanda al decreto delegato (art. 11, comma 1, lett. h) la definizione di presupposti oggettivi per la revoca, anche in relazione al mancato raggiungimento degli obiettivi, e della relativa procedura. È al tempo stesso prevista la limitazione della responsabilità dirigenziale alle ipotesi di cui all'articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
La legge delega demanda inoltre (art. 11, co. 1, lettera m)) ai decreti delegati il riordino delle norme relative alle ipotesi di responsabilità dirigenziale, amministrativo-contabile e disciplinare dei dirigenti, con limitazione della responsabilità disciplinare ai comportamenti effettivamente imputabili ai medesimi dirigenti e della responsabilità dirigenziale alle ipotesi di cui all’art. 21 del D.Lgs. 165/2001; viene altresì richiesta, in particolare, la ridefinizione del rapporto tra la responsabilità amministrativo-contabile e la responsabilità dirigenziale, con particolare riferimento alla esclusiva imputabilità ai dirigenti della responsabilità per “l’attività gestionale”.
Si ricorda inoltre che la disposizione di delega demanda ai decreti delegati la previsione di ipotesi di revoca dell’incarico e di divieto di rinnovo di incarichi in settori sensibili ed esposti al rischio di corruzione, nei confronti di soggetti che siano stati condannati, anche in via non definitiva, da parte della Corte dei conti, al risarcimento del danno erariale per condotte dolose (lett. q).
Per quanto riguarda la giurisprudenza costituzionale intervenuta sulla materia, si ricorda in particolare che la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 103/2007, ha precisato che la prevista contrattualizzazione della dirigenza non implica che la pubblica amministrazione abbia la possibilità di recedere liberamente dal rapporto stesso (sentenza n. 313 del 1996), in quanto si verrebbe ad instaurare uno stretto legame fiduciario tra le parti, che non consentirebbe ai dirigenti generali di svolgere in modo autonomo e imparziale la propria attività gestionale, con la conseguenza che il rapporto di ufficio, pur se caratterizzato dalla temporaneità dell'incarico, debba essere connotato da specifiche garanzie in modo da assicurare la tendenziale continuità dell'azione amministrativa ed una chiara distinzione funzionale tra i compiti di indirizzo politico-amministrativo e quelli di gestione, al fine di consentire che il dirigente generale possa espletare la propria attività in conformità ai principi di imparzialità e di buon andamento dell'azione amministrativa (art. 97 Cost.). In tale prospettiva, (sentenza n. 193 del 2002 e ordinanza n. 11 del 2002), vanno previste adeguate garanzie procedimentali nella valutazione dei risultati e dell'osservanza delle direttive ministeriali finalizzate alla adozione di un eventuale provvedimento di revoca dell'incarico per accertata responsabilità dirigenziale.
In più occasioni inoltre (ex multis sentenza n. 193 del 2002 e sentenza n. 103 del 2007), la Corte costituzionale ha evidenziato l’esigenza che siano previste adeguate garanzie procedimentali nella valutazione dei risultati e dell'osservanza delle direttive ministeriali (finalizzate alla adozione di un eventuale provvedimento di revoca dell'incarico per accertata responsabilità dirigenziale).
Il testo pone inoltre (lettera b)) la funzione consultiva di cui all’art. 21, comma 1-bis, relativa alla decurtazione della retribuzione di risultato in relazione alla gravità del fatto, in capo alla Commissione per la dirigenza pubblica (che ha sostituito il Comitato dei garanti).
Infine, una specifica disposizione (nuovo comma 1-ter) riguarda i dirigenti titolari di incarichi dirigenziali generali e i dirigenti di cui all'articolo 19-ter, comma 1 (se si intende fare riferimento agli incarichi di segretario generale e capo dipartimento nelle amministrazioni statali il riferimento è all’art. 19-quater, comma 1, anziché all’art. 19-ter, comma 1), stabilendo che costituisce mancato raggiungimento degli obiettivi la mancata realizzazione del programma sottoscritto unitamente al contratto di lavoro.
Viene previsto che la procedura di contestazione, finalizzata ad accertare la responsabilità dirigenziale, deve essere recepita in apposito atto dell'amministrazione di appartenenza, che deve prevedere le modalità di rinegoziazione degli obiettivi e programmi con tempistica tale da garantire l’organo di vertice sulla rimodulazione dell'obiettivo, così da consentirne il raggiungimento ancorché con modalità e tempi diversi, ovvero l'individuazione di soluzioni alternative.
È infine stabilito che “per i dirigenti titolari di
incarichi dirigenziali generali, il mancato raggiungimento degli obiettivi
risponde all'atto di programmazione accessorio al conferimento dell'incarico, e
sottoscritto unitamente allo stesso”. Andrebbe
valutata l’opportunità di chiarire ulteriormente la portata di tale previsione,
recata dall’ultimo periodo del nuovo comma 1-ter.
Si ricorda che, in base al nuovo art. 19-bis, comma 6, nel caso di conferimento degli incarichi dirigenziali generali, ivi inclusi quelli di segretario generale e Capo dipartimento, di cui all'articolo 19-quater, comma 1, il contratto indica il programma assegnato allo stesso e i tempi dì realizzazione, nonché gli eventuali premi, nei limiti consentiti dai contratti collettivi di lavoro. Inoltre, il nuovo comma 1-ter dell’art. 16 prevede una “procedimentalizzazione” delle fasi di definizione del programma ai fini del conferimento dell’incarico.
L’art. 6 reca una disciplina transitoria per il conferimento degli incarichi dirigenziali.
In sede di prima attuazione (comma 1) sono dunque iscritti di diritto ai ruoli della dirigenza (statale, regionale e locale), i dirigenti a tempo indeterminato appartenenti ai ruoli delle relative amministrazioni alla data di entrata in vigore del decreto legislativo in commento.
Viene inoltre specificato che gli incarichi dirigenziali in corso alla data di entrata in vigore del decreto sono comunque fatti salvi fino alla loro naturale scadenza, con mantenimento del relativo trattamento economico.
È stata altresì specificata, nell’ambito delle disposizioni transitorie (comma 3), la procedura da seguire per gli incarichi che verranno a scadenza naturale dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo ma prima dell’adozione dei criteri generali per il conferimento degli incarichi da parte delle Commissioni per la dirigenza pubblica (previsti dall’art. 19, comma 2), prevedendo che questi sono regolati dalla normativa vigente alla data di entrata di vigore del presente decreto.
Si ricorda, infatti, che occorrerà in ogni caso attendere la definizione dei criteri generali per il conferimento degli incarichi da parte delle Commissioni per la dirigenza pubblica, la cui istituzione è prevista entro il termine di 90 giorni dall’entrata in vigore dello schema di decreto.
Si ricorda che, in base all’art. 6, in sede di prima applicazione la Commissione definisce i criteri generali per il conferimento degli incarichi entro 180 giorni dalla data di insediamento.
I criteri generali che competono alle Commissioni per la dirigenza regionale e locale potranno a loro volta essere adottati una volta disposta l’istituzione di tali organismi, previa intesa rispettivamente con la Conferenza Stato-regioni e con la Conferenza Stato-città.
Dal combinato disposto dei commi 1 e 3 consegue dunque che, una volta giunti a naturale scadenza, gli incarichi in essere seguiranno la nuova disciplina dettata in particolare dagli artt. 19-bis e 19-ter (quindi, possibilità di rinnovo per ulteriori 2 anni nel caso di valutazione positiva e, successivamente, conferimento dell’incarico mediante procedura con avviso pubblico, di cui è data notizia su apposito sito istituzionale con un termine di almeno 10 giorni per presentare richiesta) solo una volta adottati i criteri generali da parte delle Commissioni per la dirigenza pubblica.
Per quanto riguarda le procedure concorsuali in essere, è specificato (comma 4) che queste sono espletate secondo le modalità stabilite dalla normativa vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
È infine prevista una specifica norma transitoria per il conferimento degli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale nelle amministrazioni
statali (comma 2).
È in particolare stabilito che, fino a esaurimento della qualifica dirigenziale di prima fascia, gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale sono conferiti, in misura non inferiore al 30 per cento del numero complessivo di posizioni dirigenziali di livello generale previste nell'amministrazione che conferisce l'incarico, ai dirigenti di prima fascia appartenenti ai ruoli della amministrazione alla data di entrata in vigore del decreto legislativo.
Il capo IV (composto dal solo articolo 7) introduce (comma 1, lettera b)) una specifica disciplina per i dirigenti privi di incarico, definita dal nuovo articolo 23-ter del D.Lgs. 165/2001.
Al contempo, dispone (comma 1, lettera a)) alcune modifiche all’art. 23-bis del medesimo d. lgs. 165/2001 – che reca disposizioni in materia di mobilità tra pubblico e privato – aumentando da 5 a 10 anni il termine generale per il collocamento in aspettativa dei dirigenti nel caso di svolgimento di attività presso soggetti diversi dalle pubbliche amministrazioni.
Il testo sopprime inoltre il comma 2 dell’art. 23-bis che reca la specifica previsione che consente ai dirigenti ai quali non è affidata la titolarità di un incarico dirigenzial, di essere collocati in aspettativa per lo svolgimento di attività presso soggetti e organismi anche operanti in sede internazionale, salvo motivato diniego da parte dell’amministrazione di appartenenza.
In proposito, si ricorda che la disposizione di delega (art. 11, coma 1, lett. i)) demanda ai decreti delegati la definizione di una disciplina per i dirigenti privi di incarico che preveda il loro diritto all'aspettativa senza assegni per assumere incarichi in altre amministrazioni ovvero nelle società partecipate dalle amministrazioni pubbliche, o per svolgere attività lavorativa nel settore privato, con sospensione del periodo di disponibilità.
La nuova disciplina dettata dall’art. 23-ter consente in ogni caso all’amministrazione di utilizzare il dirigente privo di incarico, con il suo consenso, in attività di supporto presso le amministrazioni stesse o presso enti senza scopo di lucro.
Resta inoltre ferma la norma di carattere generale dell’art. 23-bis, comma 1, non modificata dallo schema di decreto in commento, che consente ai dirigenti delle pubbliche amministrazioni di essere collocati, salvo motivato diniego dell'amministrazione di appartenenza in ordine alle proprie preminenti esigenze organizzative, in aspettativa senza assegni per lo svolgimento di attività presso soggetti e organismi, pubblici o privati, anche operanti in sede internazionale, i quali provvedono al relativo trattamento previdenziale.
Andrebbe dunque
chiarito, anche alla luce della disposizione di delega, se la soppressione del citato comma 2
dell’art. 23-bis sia stata disposta con la finalità di ricondurre la disciplina
del diritto all’aspettativa per i dirigenti privi di incarico a quella
generale.
Per quanto riguarda il nuovo testo dell’art. 23-ter rubricato Dirigenti privi di incarico, va preliminarmente ricordato che questo si applica, in base a quanto statuito al comma 6, alle amministrazioni statali, regionali e locali.
Nel dettaglio, il testo prevede (comma 1) che, alla scadenza di ogni incarico (pari, in via generale, a 4 anni prorogabili di ulteriori 2 anni), ogni dirigente rimane iscritto al ruolo della dirigenza ed è collocato in disponibilità fino all’attribuzione di un nuovo incarico.
Si ricorda che il dirigente titolare dell’incarico, dopo la relativa scadenza, può prendere parte alla nuova procedura di conferimento dell’incarico con avviso pubblico (v. supra), salvo il caso di applicazione della disciplina anticorruzione, che richiede la rotazione degli incarichi per i settori maggiormente esposti.
Per i dirigenti che rimangono privi di incarico si introduce “l’obbligo di partecipare”, ogni anno, ad almeno 5 procedure comparative per il conferimento degli incarichi con avviso pubblico, per le quali abbiano i requisiti.
Decorso un anno le amministrazioni possono conferire direttamente (comma 2) incarichi dirigenziali per i quali essi abbiano i requisiti secondo i criteri generali definiti dalle Commissioni per la dirigenza pubblica (si tratta di uno dei casi in cui l’incarico non è conferito mediante procedura con avviso pubblico).
Resta fermo quanto stabilito dagli artt. 33 e 34 del D.Lgs. 165/2001 che disciplinano la procedura per le pubbliche amministrazioni che hanno situazioni di soprannumero o rilevino comunque eccedenze di personale e per la gestione del personale in disponibilità.
Le richiamate disposizioni (artt. 33 e 34) prevedono, in particolare, che 90 giorni dalla comunicazione del dirigente responsabile l'amministrazione colloca in disponibilità il personale che non sia possibile impiegare diversamente nell'ambito della medesima amministrazione e che non possa essere ricollocato presso altre amministrazioni nell'ambito regionale, ovvero che non abbia preso servizio presso la diversa amministrazione secondo gli accordi di mobilità.
Dalla data di collocamento in disponibilità restano sospese tutte le obbligazioni inerenti al rapporto di lavoro e il lavoratore ha diritto ad un'indennità pari all'80 per cento dello stipendio e dell'indennità integrativa speciale, con esclusione di qualsiasi altro emolumento retributivo comunque denominato, per la durata massima di 24 mesi. I periodi di godimento dell'indennità sono riconosciuti ai fini della determinazione dei requisiti di accesso alla pensione e della misura della stessa. È riconosciuto altresì il diritto all'assegno per il nucleo familiare.
La suddetta spesa grava sul bilancio dell'amministrazione di appartenenza sino al trasferimento ad altra amministrazione, ovvero al raggiungimento del periodo massimo di fruizione dell'indennità.
Il rapporto di lavoro si intende quindi definitivamente risolto a tale data. Nei sei mesi anteriori alla data di scadenza del termine, il personale in disponibilità può presentare, alle amministrazioni competenti istanza di ricollocazione, in deroga al citato articolo 2103 del codice civile, nell'ambito dei posti vacanti in organico, anche in una qualifica inferiore o in posizione economica inferiore della stessa o di inferiore area o categoria di un solo livello per ciascuna delle suddette fattispecie, al fine di ampliare le occasioni di ricollocazione.
Ai dirigenti privi di incarico (comma 4) viene erogato, a carico dell’ultima amministrazione che ha conferito l’incarico, per il primo anno il trattamento economico fondamentale. Dalla formulazione della norma sembra dunque derivare che, in linea generale, in tal caso non viene erogato il trattamento economico accessorio (il quale, come definito dal nuovo art. 24 del D.Lgs. 165/2001, modificato dall’art. 8 dello schema di decreto legislativo in commento, è “correlato alle funzioni attribuite, alle connesse responsabilità ed ai risultati conseguiti”).
Qualora sia decorso un anno senza incarico, nell’anno successivo, ai fini del trattamento economico, sono ridotti di un terzo le parti fisse o i valori minimi di retribuzione di posizione eventualmente riconosciuti nell’ambito del trattamento fondamentale.
Decorsi 2 anni dal collocamento di disponibilità, spetta al Dipartimento per la funzione pubblica provvedere a collocare i dirigenti privi di incarico direttamente presso le amministrazioni in cui vi siano posti disponibili (sempre a condizione che ne abbiano i requisiti). Anche in tal caso l’incarico viene conferito direttamente, secondo i criteri generali definiti dalle Commissioni per la dirigenza pubblica.
Viene infine previsto che, in caso di rifiuto (quindi devono essere state formulate specifiche proposte di incarico al dirigente), questo decade dal ruolo.
Le amministrazioni possono in ogni caso (comma 2) attribuire ai dirigenti privi di incarico, con il loro consenso, funzioni di supporto presso le stesse o presso enti senza scopo di lucro senza il conferimento di incarichi dirigenziali e retribuzioni aggiuntive.
In base al nuovo art. 19-bis, comma 1, del D.Lgs. 165/2001 (che riprende in parte il vigente art. 19, comma 10) le amministrazioni conferiscono gli incarichi dirigenziali corrispondenti agli uffici dirigenziali, nonché gli incarichi aventi ad oggetto lo svolgimento di attività straordinarie o di funzioni ispettive, di consulenza, studio e ricerca, o di altri incarichi specifici previsti dall'ordinamento, ivi compresi quelli presso i collegi di revisione degli enti pubblici in rappresentanza di amministrazioni ministeriali.
Il dirigente privo di incarico deve comunque assicurare la presenza in servizio e rimane a disposizione dell’amministrazione per lo svolgimento di mansioni dirigenziali.
Viene aggiunto (comma 3) che, in ogni caso, i dirigenti privi di incarico possono in ogni momento formulare richiesta di ricollocazione in qualifiche non dirigenziali.
Tale disposizione, che riprende in parte quanto stabilito dall’art. 34 del D.Lgs. 165/2001 per la gestione del personale in disponibilità (v. supra) è prevista in deroga a quanto stabilito dall’art. 2103 c.c. che prevede che il prestatore di lavoro debba essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione
Si ricorda in proposito che la legge delega (art. 11, comma 1, lett. i)) prevede – tra i principi e criteri direttivi – “la possibilità, per i dirigenti collocati in disponibilità, di formulare istanza di ricollocazione in qualità di funzionario, in deroga all'articolo 2103 del codice civile, nei ruoli delle pubbliche amministrazioni”.
Infine, una previsione specifica (comma 5) riguarda i dirigenti in disponibilità a seguito di revoca di incarico ai sensi dell'articolo 21.
L’art. 21 richiama il mancato raggiungimento degli obiettivi accertato attraverso le risultanze del sistema di valutazione o l'inosservanza delle direttive imputabili al dirigente quali elementi che comportano, previa contestazione e ferma restando l'eventuale responsabilità disciplinare secondo la disciplina contenuta nel contratto collettivo, l'impossibilità di rinnovo dell’incarico dirigenziale. In relazione alla gravità dei casi, l'amministrazione può inoltre, previa contestazione e nel rispetto del principio del contraddittorio, revocare prima della scadenza l'incarico collocando il dirigente a disposizione dei ruoli delle amministrazioni dello Stato ovvero recedere dal rapporto di lavoro secondo le disposizioni del contratto collettivo.
Viene stabilito che essi decadono dal relativo ruolo della dirigenza decorso un anno senza che abbiano ottenuto un nuovo incarico. Il termine è sospeso in caso di aspettativa per assumere incarichi in altre amministrazioni, ovvero in società partecipate, o per svolgere attività lavorativa nel settore privato (sul collocamento in aspettativa v. supra).
Tale previsione sembra dunque ridurre ad un anno (rispetto alla procedura più articolata definita per i dirigenti privi di incarico dal nuovo art. 23-ter) il termine dopo il quale al dirigente cui è stato revocato l’incarico per mancato raggiungimento degli obiettivi ed al quale non è conferito un nuovo incarico, consegue la decadenza dal ruolo unico della dirigenza.
In proposito, si ricorda che tra i criteri direttivi definiti dalla legge delega (art. 11, comma 1, lett. i), legge 124/2015) è demandata ai decreti delegati la disciplina della decadenza dal ruolo unico a seguito di un determinato periodo di collocamento in disponibilità successivo a valutazione negativa. Quest’ultimo requisito è connesso alla fattispecie di mancato raggiungimento degli obiettivi (accertato attraverso le risultanze del sistema di valutazione), di cui all’art. 21 del D.Lgs. 165/2001 e richiamato per la procedura “abbreviata” del comma 5.
Per la disciplina generale definita dell’art. 23-ter, invece, sembra potersi prescindere – per la decadenza dal ruolo - da una valutazione negativa, nel caso in cui il dirigente privo di incarichi, decorsi due anni dal collocamento in disponibilità, abbia rifiutato gli incarichi individuati, da ultimo, dal Dipartimento per la funzione pubblica.
Tale impostazione segue quella già prevista dai vigenti articoli 33 e 34 del D.Lgs. 165/2001, richiamati espressamente dal nuovo art. 23-ter (v. supra), che dispongono che dalla data di collocamento in disponibilità il lavoratore ha diritto ad un'indennità pari all'80 per cento dello stipendio e dell'indennità integrativa speciale per la durata massima di 24 mesi. Il rapporto di lavoro si intende quindi definitivamente risolto a tale data. Nei sei mesi anteriori alla data di scadenza del termine, il personale in disponibilità può presentare, alle amministrazioni competenti istanza di ricollocazione, in deroga all'articolo 2103 del codice civile, nell'ambito dei posti vacanti in organico, anche in una qualifica o posizione economica inferiore.
Il nuovo art. 23-ter, dunque, “procedimentalizza” maggiormente la fase temporale dei due anni, prescrivendo la necessaria partecipazione ad almeno 5 procedure con avviso pubblico e l’individuazione da parte dell’amministrazione e, quindi, da parte del Dipartimento della funzione pubblica di incarichi di cui il soggetto abbia i requisiti, prescrivendo infine che, a conclusione di tale fase, in caso di rifiuto degli incarichi individuati, il dirigente decade dal ruolo.
Si ricorda in proposito
che, per i dirigenti privi di
incarico la legge delega (lett. i)) demanda ai decreti delegati la
definizione di una disciplina che preveda la decadenza dal ruolo unico a seguito di un determinato periodo di
collocamento in disponibilità successivo a valutazione
negativa.
La disposizione di delega relativa ai dirigenti privi di incarico (lett. i)) prevede altresì:
- l’erogazione del trattamento economico fondamentale e della parte fissa della retribuzione, maturata prima della data di entrata in vigore dei decreti legislativi ai dirigenti privi di incarico e loro collocamento in disponibilità;
- loro diritto all'aspettativa senza assegni per assumere incarichi in altre amministrazioni ovvero nelle società partecipate dalle amministrazioni pubbliche, o per svolgere attività lavorativa nel settore privato, con sospensione del periodo di disponibilità;
- la possibile destinazione allo svolgimento di attività di supporto presso le suddette amministrazioni o presso enti senza scopo di lucro, con il consenso dell'interessato, senza conferimento di incarichi dirigenziali e senza retribuzioni aggiuntive;
- la possibilità, per i dirigenti collocati in disponibilità, di formulare istanza di ricollocazione in qualità di funzionario, in deroga all'articolo 2103 del codice civile, nei ruoli delle pubbliche amministrazioni.
Viene inoltre in rilievo un altro principio di delega che, con riferimento alla valutazione dei risultati, prevede (comma i, lettera l)) che venga dato “rilievo dei suoi esiti per il conferimento dei successivi incarichi dirigenziali; costruzione del percorso di carriera in funzione degli esiti della valutazione”.
Va, al contempo, tenuto presente che la delega di cui all’art. 11 ricomprende la generale definizione della disciplina del conferimento degli incarichi dirigenziali (comma 1, lett. g)).
Il capo V – che consta del solo articolo 8 - reca disposizioni relative al trattamento economico dei dirigenti.
Le nuove previsioni sono finalizzate, da una parte, a prevedere, nell’ambito dei contratti collettivi, una graduale convergenza del trattamento economico fondamentale di tutti coloro che sono iscritti nei ruoli della dirigenza utilizzando le economie derivanti dalle nuove previsioni; viene stabilito, in particolare, che il trattamento economico accessorio complessivo deve costituire almeno il 50 per cento della retribuzione complessiva del dirigente e la parte collegata ai risultati almeno il 30 per cento (60 e 40 per cento per i titolari di incarichi dirigenziali generali). La retribuzione di posizione deve essere interamente correlata alle funzioni attribuite ed alle connesse responsabilità.
Nel dettaglio, l’articolo 8 apporta una serie di modifiche al vigente articolo 24 del D.Lgs 165/2001.
In primo luogo (comma 1) viene confermata la fonte normativa per la determinazione della retribuzione dei dirigenti, costituita dai contratti collettivi per le aree dirigenziali, e la sua composizione, che consiste in un trattamento economico fondamentale e in un trattamento economico accessorio correlato da una lato alle funzioni attribuite e alle connesse responsabilità, dall’altro ai risultati conseguiti.
Si ricorda che per gli incarichi di uffici dirigenziali di livello generale il trattamento economico è stabilito con contratto individuale, fermi restando i limiti massimi per i trattamenti accessori fissati con dPCM in base al vigente art. 24, comma 2.
Tali disposizioni generali in materia di retribuzione, indicate dal comma 1, sono integrate con il riferimento al tetto massimo per le retribuzioni pubbliche, come determinato dall’articolo 23-ter del decreto-legge 201/2011, che costituisce limite inderogabile da parte dei contratti collettivi. Viene, inoltre specificato, che entro tale limite deve essere compresa qualsiasi forma di premialità aggiuntiva, anche prevista da disposizioni di legge speciale.
Si ricorda che dal 1° maggio 2014, in virtù delle modifiche introdotte con l'articolo 13 del D.L. n. 66/2014 (convertito da L. n. 89/2014), il limite massimo retributivo del personale pubblico, di cui agli articoli 23-bis e 23-ter del D.L. n. 201/2011, è pari a 240.000 euro, al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente. Oltre a definire un "nuovo tetto", il citato articolo 13 del D.L. 66/2014 ha esteso la platea di destinatari del "tetto" retributivo ricomprendendovi anche: chiunque riceva retribuzioni o emolumenti in ragione di rapporti di lavoro subordinato o autonomo con gli enti pubblici economici tra le amministrazioni pubbliche con cui, se intercorrono rapporti di lavoro subordinato o autonomo; gli emolumenti dei componenti degli organi di amministrazione, direzione e controllo anche delle autorità amministrative indipendenti. Inoltre, non sono più fatti salvi i compensi percepiti per prestazioni occasionali, talché deve intendersi che si debbano includere nel computo cumulativo delle somme comunque erogate all'interessato dalle amministrazioni pubbliche e sono incluse espressamente le somme erogate dalle società da esse partecipate in via diretta o indiretta. Di conseguenza, il "tetto" di 240.000 euro si applica alle somme complessivamente erogate all'interessato a carico di uno o più organismi o amministrazioni, ovvero di società partecipate dalle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, co. 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001.
Riguardo al riparto di competenze legislative tra lo Stato e le regioni, si ricorda inoltre che la Corte costituzionale, da ultimo con esprimendosi a seguito di ricorsi presentati riguardo alla illustrata disposizione dell’art. 13 del DL 66/2014 (sentenza n. 153 del 2015), ha rilevato come la disciplina del trattamento economico di tutti i dipendenti pubblici vada ricondotto alla materia dell'"ordinamento civile", di competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. l)).
Una innovazione particolarmente rilevante (comma 2) consiste nella individuazione di un limite minimo (attualmente non previsto) del trattamento economico accessorio complessivo che deve costituire almeno il 50 per cento della retribuzione complessiva del dirigente (il 60 per i titolari di incarichi dirigenziali generali), considerata sia al netto della retribuzione individuale di anzianità, sia degli incarichi aggiuntivi soggetti al regime dell'onnicomprensività.
Viene confermato il limite minimo della retribuzione collegata ai risultati (e viene esplicitato che è parte del trattamento accessorio) che deve costituire almeno il 30 per cento della retribuzione complessiva, ma viene elevato al 40 per cento per i dirigenti titolari di incarichi dirigenziali generali.
Inoltre, si stabilisce una norma di chiusura che non consente ai contratti collettivi di destinare risorse né alla parte fondamentale, né all'indennità di posizione finché non siano raggiunte le percentuali minime di cui sopra riferite al trattamento collegato ai risultati.
Il comma 3 conferma il principio dell’onnicomprensività del trattamento economico dei dirigenti come determinato dalle disposizione dell’articolo 24.
La norma è completata dal comma 4 che prevede che i compensi spettanti ai dirigenti, in base a norme speciali, sono assorbiti nel trattamento economico complessivo.
Viene, inoltre, specificato che sono assorbiti nella retribuzione complessiva anche i compensi spettanti al dipendente pubblico per l'attività di componente o di segretario del collegio arbitrale e per i collaudi svolti in relazione a contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.
Si tratta dei compensi indicati all'art. 61, comma 9 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133; la metà di ciascun compenso è versato direttamente ad apposito capitolo del bilancio dello Stato e il relativo importo è riassegnato al fondo di amministrazione per il finanziamento del trattamento economico accessorio dei dirigenti ovvero ai fondi perequativi istituiti dagli organi di autogoverno del personale di magistratura e dell'Avvocatura dello Stato.
Il comma 5 introduce il principio della uniformità del trattamento economico di tutti i dirigenti, da realizzare da parte dei contratti collettivi, che dovranno operare una “graduale convergenza” del trattamento economico fondamentale di tutti coloro che sono iscritti nei ruoli della dirigenza (quindi, dirigenti statali, regionali e locali, compresi gli attuali segretari comunali e provinciali), utilizzando le economie derivanti dalle nuove previsioni.
I commi 6, 7 e 8 disciplinano la retribuzione di posizione stabilendo in primo luogo che essa debba essere interamente correlata alle funzioni attribuite ed alle connesse responsabilità. Di particolare rilievo la previsione che, se i contratti collettivi prevedono parti fisse o valori minimi della retribuzione di posizione, queste sono riconosciute nell'ambito del trattamento fondamentale e non di quello accessorio.
La definizione della retribuzione di posizione è differenziata a seconda della tipologia di incarico dirigenziale:
· per gli incarichi corrispondenti agli uffici dirigenziali (comma 7), la graduazione delle funzioni e responsabilità, ai fini della retribuzione di posizione, è definita con decreto ministeriale per le amministrazioni dello Stato e con provvedimenti dei rispettivi organi di governo per le altre amministrazioni o enti; tali atti sono emanati sulla base di criteri oggettivi definiti con lo stesso atto, ferma restando comunque l'osservanza dei criteri e dei limiti delle compatibilità finanziarie fissate con DPCM, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in commento (comma 7); si segnala l’esigenza di coordinare tale termine con quello di 90 giorni previsto dall’art. 14 del provvedimento;
· per gli altri incarichi dirigenziali (comma 8), la retribuzione di posizione è definita all'atto del conferimento dell'incarico, sulla base dei medesimi criteri (di cui sopra ai commi 6 e 7).
I commi 9 e 10 sono dedicati alla retribuzione di risultato che deve essere correlata ai risultati conseguiti dal dirigente in relazione agli obiettivi assegnati al dirigente stesso e, ove possibile, fissati per l'intera amministrazione (comma 9).
Inoltre, una percentuale non inferiore al due per cento delle risorse complessivamente destinate al trattamento economico, rispettivamente, del personale non dirigenziale, e di quello dirigenziale, stabilita con il contratto collettivo, deve essere destinata a premi che ciascun dirigente può attribuire annualmente a non più di un decimo dei dipendenti in servizio nella propria struttura, e che ciascun dirigente di ufficio dirigenziale generale può attribuire annualmente a non più di un decimo dei dirigenti della propria struttura, in relazione ai rendimenti. Si prevede poi la pubblicazione dell’identità dei destinatari dei suddetti premi nel sito istituzionale dell'amministrazione (comma 10).
Si ricorda che il D.Lgs. 150/2009 aveva previsto l’introduzione di un bonus annuale da assegnare alle performance eccellenti individuate in non più del 5 per cento del personale, dirigenziale e non, collocato nella fascia di merito alta (pari al 25 per cento del totale). Nei limiti delle risorse disponibili, l'ammontare del bonus annuale delle eccellenze è stato rimesso alla contrattazione collettiva nazionale.
Infine, i commi 11 e 12 adeguano alla nuova disciplina introdotta dallo schema di decreto legislativo in commento le previsioni attualmente disposte dall’art. 19, comma 2, ultimo periodo (in cui è aggiornato il riferimento alla durata dell’incarico come definita dal nuovo art. 19-quinquies, comma 2), contenuto ora nel nuovo comma 11, e dall’articolo 24, comma 8 (ora comma 12).
In particolare, il comma 11 interviene sulle modalità di individuazione dell’ultima retribuzione utile ai fini della determinazione del trattamento di quiescenza (nonché del trattamento di fine servizio) dei titolari di incarichi dirigenziali.
Al riguardo, la disposizione innalza (da tre) a quattro anni il limite di durata minima dell’incarico ai fini dello stipendio da prendere in considerazione per la base pensionabile (commisurato alla retribuzione percepita prima del conferimento dell'incarico avente durata inferiore a quattro anni).
Attualmente, la disciplina vigente (contenuta nell’articolo 19, comma 2, ottavo e nono periodo, del d. lgs. 165/2001) prevede che lo stipendio utile per il calcolo della base pensionabile vada individuato nell’ultima retribuzione percepita in relazione all’incarico. Nel caso in cui l'incarico sia inferiore a tre anni, in quanto coincidente con il conseguimento del limite di età per il collocamento a riposo dell'interessato), l'ultimo stipendio deve essere individuato nell'ultima retribuzione percepita prima del conferimento dell'incarico avente durata inferiore a tre anni.
Nella legge di delega si prevede nella definizione della disciplina della retribuzione dei dirigenti il decreto delegato deve attenersi ai criteri dettati alla lettera n). Tra questi è richiamata, in primo luogo, l’omogeneizzazione del trattamento economico fondamentale e accessorio nell'ambito di ciascun ruolo unico.
Al contempo, è richiesta la definizione di criteri omogenei per la disciplina dei fondi destinati alla retribuzione accessoria delle diverse amministrazioni.
Si prevede altresì che, in sede di attuazione della delega, si provveda al finanziamento del trattamento economico fondamentale e accessorio nei limiti delle risorse complessivamente destinate, ai sensi delle disposizioni legislative e contrattuali vigenti.
È disposta inoltre:
- la confluenza della retribuzione di posizione fissa nel trattamento economico fondamentale;
- la definizione della retribuzione di posizione in relazione a criteri oggettivi in riferimento all'incarico;
- la definizione dell'incidenza della retribuzione di risultato in relazione al tipo di incarico nonché il suo collegamento, ove possibile, sia a obiettivi fissati per l'intera amministrazione, sia a obiettivi assegnati al singolo dirigente.
Infine, il comma 2 dell’articolo 8 in esame reca una disposizione transitoria per i dirigenti di ruolo in sevizio alla data di entrata in vigore del presente provvedimento, i quali hanno diritto al trattamento economico fondamentale maturato.
Il capo VI reca disposizioni speciali in materia di dirigenza degli enti locali e delle autorità indipendenti.
L’articolo 9 reca disposizioni speciali in materia di dirigenza degli enti locali e delle autorità indipendenti inserendo, dopo l’art. 27 del decreto legislativo n. 165 del 2001 i nuovi articoli 27-bis e 27-ter.
Il nuovo articolo 27-bis reca alcune disposizioni speciali che si applicano alla dirigenza degli enti locali e che prevedono l’istituzione della figura del dirigente apicale dell’ente locale, in attuazione dell’articolo 11, comma 1, lett. b), n. 4), della legge di delega, in sostituzione del segretario comunale e provinciale.
Tale figura è abolita (confluendo nel ruolo della dirigenza locale) dal successivo articolo 10, che reca nel contempo la relativa disciplina transitoria (si veda articolo 10 e articolo 11, comma 1, lett. b), comma 1-quater).
La
normativa applicabile ai dirigenti degli enti locali è contenuta in via
principale nel TUEL (art. 107 e seguenti) nonché, relativamente ai principi da
esse ricavabili, nelle disposizioni contenute nel Capo II del Titolo II del d. lgs. n. 165/2001 (Testo unico del pubblico impiego).
Ai
dirigenti degli enti locali è attribuita la direzione degli uffici e dei servizi, secondo i criteri e le norme
dettati dagli statuti e dai regolamenti, da uniformarsi al principio di
separazione tra politica e gestione.
In
base al d. lgs. n. 267/2000 (TUEL), spettano ai dirigenti tutti i compiti non
ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di
indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell’ente
o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale,
compresa l’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano
l’amministrazione verso l’esterno (art. 107).
Le
funzioni e le responsabilità della dirigenza locale sono disciplinate, in
particolare, dall’art. 107 del d. lgs. n. 267/2000
(TUEL). Viene in primo luogo declinato il principio di separazione tra i poteri
di indirizzo e di controllo politico-amministrativo, che spettano agli organi
di governo, ed i poteri di gestione amministrativa, finanziaria e tecnica che
spettano ai dirigenti, dotati di autonomi poteri di spesa, di organizzazione
delle risorse umane, strumentali e di controllo. È ai dirigenti che spetta la
direzione degli uffici e dei servizi, secondo i criteri e le norme dettati
dagli statuti e dai regolamenti, da uniformarsi al principio di separazione tra
politica e gestione.
Secondo
un criterio di competenza residuale, l’art. 107 prevede che tutti i compiti non
ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di
indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell’ente
o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale, di
cui rispettivamente agli artt. 97 e 108 TUEL, compresa l’adozione degli atti e
provvedimenti amministrativi che impegnano l’amministrazione verso l’esterno,
spettano ai dirigenti.
Nello
specifico, il comma 3 del citato art. 107 prevede che sono attribuiti ai
dirigenti tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi
definiti con gli atti di indirizzo adottati dai medesimi organi, tra i quali in
particolare, secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti
dell’ente:
a)
la presidenza delle commissioni di gara e di concorso;
b)
la responsabilità delle procedure d’appalto e di concorso;
c)
la stipulazione dei contratti;
d)
gli atti di gestione finanziaria, ivi compresa l’assunzione di impegni di
spesa;
e)
gli atti di amministrazione e gestione del personale;
f)
i provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi, il cui rilascio
presupponga accertamenti e valutazioni, anche di natura discrezionale, nel
rispetto di criteri predeterminati dalla legge, dai regolamenti, da atti
generali di indirizzo, ivi comprese le autorizzazioni e le concessioni
edilizie;
g)
tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in
pristino di competenza comunale, nonché i poteri di vigilanza edilizia e di
irrogazione delle sanzioni amministrative previsti dalla vigente legislazione
statale e regionale in materia di prevenzione e repressione dell’abusivismo
edilizio e paesaggistico-ambientale;
h)
le attestazioni, certificazioni, comunicazioni, diffide, verbali,
autenticazioni, legalizzazioni ed ogni altro atto costituente manifestazione di
giudizio e di conoscenza;
i)
gli atti ad essi attribuiti dallo statuto e dai regolamenti o, in base a
questi, delegati dal sindaco.
In
via conclusiva e generale, il comma 6 dell’art. 107 attribuisce, in via
esclusiva la responsabilità ai dirigenti direttamente in relazione agli
obiettivi dell’ente, della correttezza amministrativa, della efficienza e dei
risultati della gestione.
Specularmente
e parallelamente, il comma 2 dell’art. 4 del d. lgs.
n. 165/2001 prevede che spetta ai dirigenti l’adozione degli atti e
provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano
l’amministrazione verso l’esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e
amministrativa mediante autonomi poteri di spesa di organizzazione delle
risorse umane, strumentali e di controllo. Essi sono responsabili in via
esclusiva dell’attività amministrativa, della gestione e dei relativi
risultati.
Riguardo
alla formazione dei dirigenti degli
enti locali, il decreto-legge 78/2010 ha disposto la soppressione della Scuola
Superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica
amministrazione locale stabilendo, altresì, le regole per tutti gli adempimenti
successivi e consequenziali a tale soppressione (art. 10, commi 2-6). Il D.P.R.
16 aprile 2013, n. 70, adottato in attuazione dell'articolo 11, co. 1, del D.L.
n. 95/2012 (conv. L. n. 135/2012); ha quindi
istituito il Sistema unico del reclutamento e della formazione pubblica.
Il comma 1 dell’articolo 27-bis prevede dunque l’obbligo per gli enti locali di nominare un dirigente apicale.
Per quanto riguarda le modalità di nomina la disposizione fa rinvio a quelle indicate all’articolo 19-ter, comma 6, del d. lgs. 165/2001, introdotto dal provvedimento in esame, precisando che essi sono scelti tra i dirigenti appartenenti ai Ruoli della dirigenza, quindi nell’ambito di uno dei tre ruoli della dirigenza e non soltanto a quello delle dirigenza locale.
In base all’articolo 19-ter, comma 6, la scelta operata dall’amministrazione per il conferimento dell’incarico è comunicata alla Commissione per la dirigenza e l’incarico è conferito decorsi 15 giorni salvo che la Commissione rilevi il mancato rispetto dei criteri generali previsti e dei requisiti richiesti. In quest’ultimo caso si procede alla scelta di un diverso candidato.
Il rinvio specifico al comma 6 dell’art. 19-ter sembra far intendere che la scelta dell’amministrazione venga comunicata alle Commissione che verifica il rispetto dei requisiti.
Andrebbe peraltro
valutata l’opportunità di chiarire se si applica o meno in questo caso la
previsione generale dell’art. 19-ter, che stabilisce che gli incarichi
dirigenziali sono sempre conferiti mediante procedura comparativa con avviso
pubblico.
L’art. 10, comma 5, per i segretari appartenenti alla fascia C e per i vincitori di concorso prevede espressamente, in caso di valutazione positiva dopo due anni di servizio come funzionari, il conferimento dell’incarico dirigenziale senza la procedura comparativa di cui all’art. 19-ter.
Si ricorda inoltre che, in base all’art. 10, comma 6, dello schema di decreto legislativo in esame, in sede di prima applicazione e per un periodo non superiore a tre anni gli enti locali privi di un direttore generale conferiscono l’incarico di direzione apicale ai segretari comunali e provinciali attualmente iscritti nell’Albo.
I compiti del dirigente apicale degli enti locali sono quelli di:
· attuare l’indirizzo politico;
· coordinare l’attività amministrativa;
· controllare la legalità dell’azione amministrativa.
Oltre a queste, spettano al dirigente apicale ogni altra funzione ad egli attribuita dallo statuto e dai regolamenti dell’ente locale.
Ai dirigenti apicali degli enti locali si applica il meccanismo previsto dall’art. 19, comma 8, confluito nell’art. 19-quinquies, comma 6, del d. lgs. 165/2001 TU per gli incarichi di segretario generale e Capo Dipartimento nelle amministrazioni statali, prevedendo che essi decadono dall’incarico se questo non viene rinnovato entro 90 giorni dalla data di insediamento del nuovo organo esecutivo.
Si ricorda che attualmente la disciplina relativa al segretario comunale e provinciale prevede che il sindaco e il presidente della provincia nominano e revocano il segretario, il cui incarico ha la durata corrispondente dell'organo che lo ha nominato (TUEL art. 99). Il provvedimento di revoca deve essere motivato e deliberato dalla giunta. La revoca può avvenire solo per violazione dei doveri di ufficio (TUEL art. 100).
Quanto alla giurisprudenza costituzionale, in particolare con la sentenza 233 del 2006 la Corte costituzionale si è espressa su tre ricorsi proposti nei confronti di talune disposizioni regionali in tema di nomine e incarichi dirigenziali conferiti dagli organi di indirizzo politico della Regione, che hanno stabilito in particolare che l'insediamento dei nuovi organi rappresentativi della Regione comporta la decadenza automatica di alcune nomine e di tutti gli incarichi dirigenziali conferiti dagli organi precedenti. Il profilo evidenziato ha riguardato, in particolare, le differenze fra le soluzioni accolte dalla normativa regionale e quelle della legge statale.
Al riguardo la Corte costituzionale ha evidenziato come le norme in tale sede impugnate concernessero, in linea di massima, la materia dell'organizzazione amministrativa della Regione, comprensiva dell'incidenza della stessa sulla disciplina del relativo personale, attribuita alla competenza residuale delle Regioni (art. 117, quarto comma, Cost.), da esercitare nel rispetto dei «principi fondamentali di organizzazione e funzionamento» fissati negli statuti (art. 123 Cost.). “Inoltre – trattandosi di nomine conferite intuitu personae dagli organi politici della Regione [in virtù di una scelta legislativa dal ricorrente non specificamente contestata] la regola per cui esse cessano all'atto dell'insediamento di nuovi organi politici mira a consentire a questi ultimi la possibilità di rinnovarle, scegliendo (ancora su base eminentemente personale) soggetti idonei a garantire proprio l'efficienza e il buon andamento dell'azione della nuova Giunta, per evitare che essa risulti condizionata dalle nomine effettuate nella parte finale della legislatura precedente”.
I commi successivi individuano norme particolari in ordine alla dimensione demografica o alla localizzazione geografica degli enti locali.
Secondo quanto previsto dal comma 2, le città metropolitane e i comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti possono nominare, in alternativa al dirigente apicale di cui al comma 1, un direttore generale ai sensi dell'articolo 108 del TUEL. In tal caso, la funzione di controllo della legalità dell'azione amministrativa e la funzione rogante sono affidate ad un dirigente di ruolo, in possesso dei prescritti requisiti.
Nel
vigente quadro normativo, il direttore
generale negli enti locali (di cui all'articolo 108 del TUEL) è quella
figura che il sindaco nei comuni con popolazione superiore ad una determinata
soglia (e il presidente della provincia) - previa deliberazione della Giunta -
può nominare, al di fuori della dotazione organica e con contratto a tempo
determinato (la durata dell'incarico non può eccedere quella del mandato del
sindaco) affinché attui gli indirizzi e gli obiettivi stabiliti dagli organi di
governo dell'ente e sovrintenda alla gestione dell'ente, perseguendo livelli ottimali
di efficacia ed efficienza. Compete, in particolare, al direttore generale la
proposta di piano esecutivo di gestione e la predisposizione del piano
dettagliato di obiettivi previsto dal piano esecutivo di gestione.
Il
TUEL prevedeva una soglia minima di 15.000 abitanti di popolazione del Comune,
affinché il direttore generale potesse essere nominato (per il singolo Comune
o, in caso di popolazione inferiore, per più comuni raggiungenti assieme quella
soglia e stipulanti all'uopo una convenzione). Successivamente, l'articolo 2,
comma 186, lettera d) della legge n. 191 del 2009 ha disposto la soppressione
della figura del direttore generale, tranne che nei comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti.
Per i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti (o a 3.000 se appartenenti o appartenuti a comunità montare) esclusi i comuni il cui territorio coincide integralmente con quello di una o di più isole e il comune di Campione d'Italia, è disposto l'obbligo di gestire la funzione di direzione apicale in via associata (comma 3).
Lo strumento individuato per l’esercizio associato di tale funzione è in particolare quello della convezione, che (salvo il caso di unioni di comuni) dovrà stabilire:
· modalità di espletamento del servizio;
· competenze in ordine alla nomina e alla revoca del dirigente apicale;
· ripartizione degli oneri finanziari per la relativa retribuzione;
· durata della nomina;
· possibilità di recesso;
· reciproci obblighi e garanzie.
Si ricorda che, l’art. 14 del DL 78/2010, al comma 28 dispone l’esercizio obbligatorio in forma associata, mediante unione di comuni o convenzione, delle funzioni fondamentali per i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, ovvero fino a 3.000 abitanti se appartengono o sono appartenuti a comunità montane, esclusi i comuni il cui territorio coincide integralmente con quello di una o di più isole e il comune di Campione d'Italia. L’obbligo di gestione in forma associata di tutte le funzioni ivi previste è stato da ultimo fissato al 31 dicembre 2016.
Il comma 4 ribadisce quanto già stabilito al comma 1, ultimo periodo, relativamente alla cessazione degli incarichi di funzione dirigenziale apicale se questi non sono rinnovati entro 90 giorni dalla data di insediamento del nuovo organo esecutivo.
Si osserva che
andrebbe espunto il comma 4 in quanto riproduce pressoché testualmente il contenuto
dell’ultimo periodo del comma 1.
Viene, infine, specificato che per il Trentino-Alto Adige resta ferma la particolare disciplina prevista per i segretari comunali sull'uso della lingua tedesca nei rapporti con la pubblica amministrazione (comma 5).
Si ricorda, in particolare, che per la nomina a segretario comunale nella provincia di Bolzano è prescritta la piena conoscenza sia della lingua italiana, sia di quella tedesca e anche la conoscenza del ladino per la nomina a segretario dei comuni ove si parla ladino (L. 118/1972, art. 22).
Il nuovo articolo 27-ter, introdotto dal medesimo comma 1 dell’art. 9 dello schema di decreto legislativo in commento, dispone l’istituzione del ruolo dei dirigenti delle autorità indipendenti, presso la Presidenza del consiglio, che provvede alla gestione tecnica della banca dati del ruolo, salva la possibilità di individuare una diversa competenza pe tale gestione con convenzione tra le autorità (commi 1 e 2).
La banca dati di cui al nuovo art. 13-bis, comma 7, d. lgs. 165/2001 contiene l'indicazione degli uffici dirigenziali e dei relativi titolari nonché il curriculum vitae, la collocazione nella graduatoria di merito adottata in sede di accesso, il percorso professionale e gli esiti delle valutazioni. La banca dati viene alimentata con i dati inseriti dalle amministrazioni e dai singoli dirigenti. In base a tale previsione le amministrazioni che non inseriscono i dati necessari alla creazione e all'aggiornamento della banca dati non possono conferire incarichi dirigenziali.
Al ruolo sono iscritti i dirigenti, assunti a tempo indeterminato, delle autorità indipendenti che, ai fini del decreto, sono così individuate dal comma 1:
· Autorità garante della concorrenza e del mercato,
· Commissione nazionale per le società e la borsa,
· Autorità di regolazione dei trasporti,
· Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico,
· Autorità per le garanzie nelle comunicazioni,
· Garante per la protezione dei dati personali,
· Autorità nazionale anticorruzione,
· Commissione di vigilanza sui fondi pensione,
· Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali.
In sede di prima applicazione, il comma 7 prevede che tali dirigenti sono iscritti ai “ruoli della dirigenza”.
Al comma 7, andrebbe
valutata l’opportunità, per evitare incertezze in sede applicativa, di fare
riferimento all’iscrizione nel “ruolo dei dirigenti delle autorità
indipendenti”, come recita il comma 1, anziché ai “ruoli della dirigenza”.
Viene specificato (comma 3), analogamente a quanto previsto per il Sistema della dirigenza pubblica, che il rapporto di lavoro di ciascun dirigente è costituito con l'autorità che gli ha conferito l'ultimo incarico dirigenziale, ferma restando l'iscrizione al ruolo. Lo scioglimento del rapporto di lavoro comporta la decadenza dal suddetto ruolo, salvo il caso di passaggio ad altra autorità.
Le relative procedure concorsuali (comma 4) sono gestite unitariamente dalle autorità indipendenti (ai sensi di quanto stabilito dall’art. 22 DL 90/2014) e si svolgono con cadenza annuale.
Resta ferma la possibilità – prevista dal nuovo testo dell’art. 28, comma 4, come modificato dallo schema di decreto in commento - di ricorrere agli istituti del corso-concorso e del concorso per la dirigenza pubblica, con il consenso delle relative amministrazioni e purché sia stato preventivamente comunicato il relativo fabbisogno.
Nell’ambito delle recenti misure legislative tese a razionalizzare i costi e le funzioni delle autorità amministrative indipendenti (art. 22, D.L. n. 90/2014 – c.d. decreto p.a.) è stata disposta la gestione unitaria delle procedure concorsuali per il reclutamento del personale delle autorità, previa stipula di apposite convenzioni tra tali organismi, che assicurino la trasparenza e l'imparzialità delle procedure, nonchè la specificità delle professionalità di ciascun organismo.
In tale quadro, è altresì previsto che dal 1° luglio 2014 le autorità amministrative indipendenti riducano il trattamento economico accessorio di tutto il loro personale in misura non inferiore al 20%. È stata inoltre stabilita la nullità delle procedure concorsuali avviate dopo l'entrata in vigore del suddetto decreto e prima della stipula delle convenzioni o poste in essere, successivamente alla predetta stipula, in violazione dei suddetti obblighi e le successive eventuali assunzioni.
Ciascuna autorità indipendente disciplina (comma 5) il conferimento degli incarichi dirigenziali nel rispetto dei principi desumibili dalla nuova disciplina stabilita per la dirigenza pubblica (con particolare riferimento agli articoli 19-bis, 19-ter e 19-quinquies – v. supra) e garantendo comunque la possibilità, a tutti gli iscritti al ruolo delle autorità indipendenti, “di partecipare alle relative procedure”.
Al comma 5, primo
periodo, andrebbe valutata l’opportunità di chiarire se il riferimento è alla
partecipazione di tutte le procedure di conferimento di incarichi presso le
autorità indipendenti o presso l’intero sistema della dirigenza pubblica.
È fatta salva l'autonomia di ciascuna autorità nella fissazione dei requisiti richiesti per ciascun incarico dirigenziale. Le autorità disciplinano con intesa i diritti, gli obblighi e il trattamento economico dei dirigenti privi di incarico, nel rispetto dei princìpi fissati dal nuovo articolo 23-ter.
Tale articolo prevede in particolare i dirigenti privi di incarico: essi hanno l’obbligo di partecipare, ogni anno, ad almeno 5 procedure comparative per le quali abbiano i requisiti; decorso un anno le amministrazioni possono conferire direttamente incarichi dirigenziali per i quali essi abbiano i requisiti; qualora sia decorso un anno senza incarico nell’anno successivo, ai fini del trattamento economico, sono ridotti di un terzo le parti fisse. Decorsi 2 anni dal collocamento di disponibilità, il Dipartimento per la funzione pubblica provvede a collocare i dirigenti privi di incarico direttamente presso le amministrazioni in cui vi siano posti disponibili, ove ne abbiano i requisiti; viene infine previsto che, in caso di rifiuto, il dirigente decade dal ruolo. Le amministrazioni possono altresì attribuire ai dirigenti privi di incarico, con il loro consenso, funzioni di supporto senza il conferimento di incarichi dirigenziali e retribuzioni aggiuntive. In ogni caso, i dirigenti privi di incarico possono in ogni momento formulare richiesta di ricollocazione in qualifiche non dirigenziali.
Viene altresì stabilito che i dirigenti in disponibilità a seguito di revoca di incarico ai sensi dell'articolo 21 del d. lgs. 165/2001 (che disciplina le ipotesi di responsabilità dirigenziale per mancato raggiungimento degli obiettivi) decadono dal relativo ruolo della dirigenza decorso un anno senza che abbiano ottenuto un nuovo incarico. Il termine è sospeso in caso di aspettativa per assumere incarichi in altre amministrazioni, ovvero in società partecipate, o per svolgere attività lavorativa nel settore privato
La graduazione delle funzioni e delle responsabilità dei dirigenti (comma 6), ai fini della retribuzione di posizione, è definita da ciascuna autorità conformemente al proprio ordinamento, ferma restando comunque l'osservanza dei criteri e dei limiti delle compatibilità finanziarie fissate con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 24, comma 8 (l’adozione di tale dPCM è prevista al comma 7 e non al comma 8).
Il nuovo art. 24, comma 7, demanda ad un dPCM la definizione di criteri e limiti delle compatibilità finanziarie per garantire l’omogeneizzazione del trattamento economico fondamentale ed accessorio nell’ambito di ciascun ruolo.
Con riferimento ai dirigenti delle autorità indipendenti, si ricorda che la legge delega ha disposto (art. 11, comma 1, lett. a)) l’introduzione di ruoli unici anche per la dirigenza delle autorità indipendenti, nel rispetto della loro piena autonomia. Nel criterio di delega relativo all’accesso alla dirigenza (lett. c)) è stabilita inoltre la possibilità di reclutare con il corso-concorso anche dirigenti delle autorità indipendenti.
L’articolo 10 dispone il superamento della figura del segretario comunale e provinciale, definendo una disciplina transitoria in ordine al collocamento dei segretari nell’ambito della dirigenza degli enti locali.
L’articolo 9 (v. supra) ha al contempo previsto, nell’ordinamento degli enti locali, la figura del dirigente apicale, cui essi affidano compiti di attuazione dell’indirizzo politico, coordinamento e controllo della legalità dell’azione amministrativa. Ha quindi stabilito che, in sede di prima applicazione e per un periodo non superiore a tre anni, gli enti locali privi di un direttore generale conferiscono l’incarico di direzione apicale ai segretari comunali e provinciali attualmente iscritti nell’Albo.
Al
segretario comunale e provinciale il vigente quadro normativo affida compiti di
collaborazione e assistenza
giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell'ente locale in
ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed
ai regolamenti. Ciascun comune e ciascuna provincia hanno infatti un segretario
titolare iscritto all'apposito albo cui si accede per concorso (TUEL art. 97 e
98).
In
particolare, il segretario coordina i dirigenti e sovrintende allo svolgimento
delle loro funzioni; ha funzioni consultive nei confronti del Consiglio e della
Giunta (di cui verbalizza le sedute); può rogare i contratti nei quali l'ente è
parte.
Oltre
a queste, al segretario possono essere attribuite ulteriori funzioni per
statuto e regolamento oppure su impulso del sindaco o del presidente della
provincia. Il segretario, inoltre, svolge funzioni in materia di prevenzione
della corruzione e di controllo interno dell'ente nonché di trasparenza.
Il sindaco e il presidente della provincia
nominano e revocano il segretario, il cui incarico ha la durata
corrispondente dell'organo che lo ha nominato (TUEL art. 99). Il provvedimento
di revoca deve essere motivato e deliberato dalla giunta. La revoca può
avvenire solo per violazione dei doveri di ufficio (TUEL art. 100). Il
provvedimento di revoca è comunicato dal prefetto all'Autorità nazionale
anticorruzione (ANAC) che si esprime entro trenta giorni. Decorso tale termine,
la revoca diventa efficace, salvo che l'ANAC rilevi che la stessa sia correlata
alle attività svolte dal segretario in materia di prevenzione della corruzione
(L. 190/2012, art. 1, co. 82).
La gestione dell’albo dei segretari
comunali e provinciali spetta attualmente al Ministero dell’interno. Nel XVI
legislatura, infatti, è stata operata una profonda riforma della disciplina dei
segretari comunali e provinciali con l'abrogazione dell'Agenzia per la gestione
dell'albo dei segretari comunali e provinciali ad opera del decreto-legge n. 78
del 2010 (art. 7, comma da 31-ter a 31-septies)
e l'affidamento della gestione dell'albo al Ministero dell'interno.
È
stata così ripristinata la disciplina in vigore prima del 1997, quando è stata
istituita l'Agenzia che aveva sostituito il Ministero dell'interno quale datore
di lavoro dei segretari (L. 127/1997, c.d. "Bassanini 2"). A quanto previsto
dal decreto-legge n. 78 è stata data attuazione con il decreto
interministeriale del Ministero dell'interno e del Ministero dell'economia e
delle finanze del 23 maggio 2012, con il quale è stata stabilita la data di
effettivo esercizio delle funzioni trasferite e sono state individuate le
risorse umane, strumentali e finanziarie riallocate presso il Ministero
dell'interno. Successivamente, il decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 ha
istituito il Consiglio direttivo per la gestione dell'Albo dei segretari
comunali e provinciali presso il Ministero dell'interno, già in parte
disciplinato dal citato decreto ministeriale del 23 maggio (art. 10, commi
7-8). Inoltre, al fine del contenimento della spesa pubblica, il medesimo
provvedimento ha disposto la soppressione della Scuola Superiore per la
formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione
locale stabilendo, altresì, le regole per tutti gli adempimenti successivi e
consequenziali a tale soppressione (art. 10, commi 2-6).
Sempre
nell'ottica della spending review, vanno
inquadrati i limiti alle assunzioni dei segretari comunali e provinciali
disposte dal decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (art. 14, comma 6), ai sensi
del quale a decorrere dal 2012 le assunzioni dei segretari comunali e
provinciali sono autorizzate per un massimo dell'80% delle cessazioni dal
servizio, con le modalità di cui all'articolo 66, comma 10, del D.L. n.
112/2008.
Negli
ultimi anni, inoltre, ai segretari sono state attribuite nuove funzioni in materia di anticorruzione e
controllo interno. In particolare, la legge 6 novembre 2012, n. 190 (c.d.
legge anticorruzione) ha individuato nel segretario comunale e provinciale il
responsabile della prevenzione della corruzione negli enti locali, salvo
diversa e motivata determinazione (art. 1, co. 7).
In
base alla legge, infatti, le pubbliche amministrazioni centrali e gli enti
locali individuano un responsabile della
prevenzione della corruzione. Nelle prime, questi è scelto di norma tra i
dirigenti di ruolo di prima fascia in servizio, mentre negli enti locali
coincide con il segretario, salva diversa motivazione (co. 7). Il responsabile
(co. 8 e 10): propone all'organo di indirizzo politico l'adozione del piano di
prevenzione della corruzione, ne verifica poi l'attuazione e la sua idoneità,
proponendo eventuali modifiche dello stesso in caso di inosservanza o
malfunzionamento; definisce, entro il 31 gennaio di ogni anno, procedure idonee
per selezionare e formare il personale destinato ad operare nei settori più esposti
al rischio di corruzione.
Attualmente,
il segretario svolge altresì le funzioni in materia di trasparenza dell'amministrazione introdotte dal decreto legislativo
33/2013, adottato in attuazione della delega prevista dalla legge
anticorruzione (art. 43).
Il D.Lgs. 33, che ha riordinato la disciplina riguardante gli
obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle
pubbliche amministrazioni, recentemente modificato, dispone che all'interno di
ogni amministrazione il responsabile per la prevenzione della corruzione (e
quindi negli enti locali il segretario) svolge anche, di norma, le funzioni di
responsabile per la trasparenza con i seguenti compiti: controllare
l'adempimento da parte dell'amministrazione degli obblighi di pubblicazione ed,
eventualmente segnalare i casi di mancato o ritardato adempimento; aggiornare
il programma triennale per la trasparenza e l'integrità; assicurare la regolare
attuazione dell'accesso civico (si tratta di un nuovo istituto introdotto dal medesimo
D.Lgs. 33 sulla base del quale ciascuno ha il diritto
di accedere a documenti dell'amministrazione - per i quali esiste l'obbligo di
pubblicazione - nei casi in cui questa è stata omessa).
Da
ultimo, il ruolo svolto dal segretario nell'ambito dei controlli interni degli
enti locali, è stato rafforzato ad opera del decreto-legge 10 ottobre 2012, n.
174, convertito dalla L. 213/2012 (art. 3).
Per
quanto riguarda il trattamento economico
del segretario comunale e provinciale, si ricorda che di recente (art. 10 DL 24
giugno 2014, n. 90) è stata soppressa l'attribuzione ai segretari comunali e
provinciali delle quote loro spettanti dei diritti di segreteria e del diritto
di rogito, che sono ora interamente acquisiti ai bilanci degli enti locali. Gli
effetti dell'abolizione sono in parte attenuati per i segretari che non hanno
la qualifica dirigenziale e per quelli che prestano la loro opera presso enti
locali privi di dipendenti con qualifica dirigenziale; una quota dei diritti di
segreteria spettanti ai comuni è comunque attribuita ai predetti segretari
quale diritto di rogito in misura non superiore ad un quinto dello stipendio.
Sono fatte inoltre salve le quote maturate prima della data di entrata in
vigore del decreto-legge. È infine previsto che il rogito da parte del
segretario avviene esclusivamente su richiesta dell'ente locale.
Si
ricorda che con il DPCM 17 maggio 2016 il Ministero dell'interno è stato autorizzato
ad assumere a tempo indeterminato n. 249 unità di segretari comunali e
provinciali del corso-concorso COA V, a valere sulle cessazioni relative al
triennio 2013-2015.
Ai sensi del comma 1, i segretari comunali e provinciali confluiscono nel ruolo dei dirigenti locali. Si tratta dei segretari comunali, già iscritti nell'albo nazionale, soppresso dal comma 3, e collocati nelle fasce professionali A e B (ossia quelli che possono essere nominati nei comuni sopra i 3.000 abitanti); mentre quelli collocati nella fascia C (fino a 3.000 abitanti), come si vedrà al comma 5, sono immessi in servizio come funzionari per i primi due anni effettivi, fatta salva la possibilità di fare richiesta per gli uffici dirigenziali he si rendano disponibili.
I segretari comunali e provinciali con un incarico in essere continuano ad esercitarlo fino alla naturale scadenza e mantengono il relativo trattamento economico. Fino alla scadenza di tutti gli incarichi vi sarà quindi una fase di coesistenza delle diverse figure (segretari comunali e provinciali, dirigenti e funzionari).
I suddetti soggetti, collocati nelle fasce professionali A e B (comma 2) vengono assunti dalle amministrazioni che conferiscono loro incarichi dirigenziali, “nei limiti delle dotazioni organiche”.
Andrebbe valutata
l’opportunità di specificare espressamente le modalità di assunzione nel caso
di unione di comuni.
Il nuovo art. 27-bis, comma 3, attribuisce infatti ad una convenzione la definizione delle modalità salvo il caso dell’unione dei comuni.
In proposito, si ricorda che l’art. 32, comma 5-ter, del d. lgs. 267/2000 (TUEL) - di cui lo schema di decreto legislativo in commento dispone l’abrogazione - dispone che il presidente dell'unione di comuni si avvale del segretario di un comune facente parte dell'unione, senza che ciò comporti l'erogazione di ulteriori indennità e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
A sua volta, l’art. 1, comma 450, della legge 190 del 2014 (legge di stabilità 2015) prevede che per i comuni che esercitano obbligatoriamente in forma associata, mediante unione di comuni o convenzione, le funzioni fondamentali di cui all’art. 14 del DL 78/2010, le spese di personale e le facoltà assunzionali sono considerate in maniera cumulata fra gli enti coinvolti, garantendo forme di compensazione fra gli stessi, fermi restando i vincoli previsti dalle vigenti disposizioni e l'invarianza della spesa complessivamente considerata.
Ai sensi del comma 3, come anticipato, a decorrere dall’effettiva costituzione del ruolo dei dirigenti la figura del segretario comunale e provinciale è abolita, e il relativo albo nazionale è soppresso.
Inoltre, mentre, come si è detto, i segretari di fascia A e B con incarico vengono assunti dalle amministrazioni locali, lo stato giuridico ed economico dei soggetti delle medesime fasce privi di incarico, rimangono comunque disciplinati dalle disposizioni vigenti e il trattamento economico rimane a carico del Ministero dell’interno.
Riguardo alle disposizioni vigenti, si ricorda che l’art. 101 del d. lgs. 267/2000 (TUEL) – di cui l’art. 15 dello schema di decreto legislativo dispone l’abrogazione – reca norme relative alla mobilità e alla messa in disponibilità dei segretari comunali e provinciali.
Tale previsione stabilisce che il segretario comunale o provinciale non confermato, revocato o comunque privo di incarico è collocato in posizione di disponibilità per la durata massima di due anni. Durante il periodo di disponibilità il segretario rimane iscritto all'albo ed è posto a disposizione dell'Agenzia autonoma per le attività dell'Agenzia stessa o per l'attività di consulenza, nonché per incarichi di supplenza e di reggenza, ovvero per l'espletamento di funzioni corrispondenti alla qualifica rivestita presso altre amministrazioni pubbliche che lo richiedano con oneri a carico dell'ente presso cui presta servizio. Per il periodo di disponibilità al segretario compete il trattamento economico in godimento in relazione agli incarichi conferiti.
Durante il periodo in cui il segretario comunale o provinciale è utilizzato in posizione di distacco, comando, aspettativa, fuori ruolo o altra analoga posizione presso altre amministrazioni pubbliche e in ogni altro caso previsto dalla legge, il termine di collocamento in disponibilità resta sospeso.
Nel caso di collocamento in disponibilità per mancato raggiungimento di risultati imputabile al segretario oppure motivato da gravi e ricorrenti violazioni dei doveri d'ufficio, allo stesso, salva diversa sanzione, compete il trattamento economico tabellare spettante per la sua qualifica detratti i compensi percepiti a titolo di indennità.
Decorsi due anni senza che abbia preso servizio in qualità di titolare in altra sede il segretario viene collocato d'ufficio in mobilità presso altre pubbliche amministrazioni nella piena salvaguardia della posizione giuridica ed economica
Al contempo, il comma 4 dispone, per i segretari comunali e provinciali, collocati nelle fasce professionali A e B e confluiti nel ruolo unico dei dirigenti degli enti locali, ma privi di incarico alla data di entrata in vigore dello schema di decreto in esame, che, decorsi quattro anni dall’inquadramento nel ruolo senza aver ottenuto un incarico dirigenziale, cessano dallo stesso e il loro rapporto di lavoro si risolve.
È disposta l’applicazione di previsto dall'articolo 23-ter di cui all'articolo 19 del decreto
legislativo 165/2001, introdotto dal presente provvedimento, che disciplina in
generale i dirigenti privi di incarico
(vedi supra).
Si ricorda peraltro che la nuova disciplina dell’art. 23-ter fa riferimento ad un arco temporale di due anni, scadenzando
fasi e adempimenti, dopo il quale il dirigente privo di incarico decade dal
ruolo. Andrebbe pertanto valutata
l’opportunità di coordinare le previsioni ivi contenute con il termine più
ampio di 4 anni previsto dal comma 4.
Il comma 5 ha ad oggetto il passaggio nell’ambito del personale degli enti locali dei segretari comunali e provinciali, già iscritti all’Albo, di fascia C (ossia di quelli che possono essere nominati nei comuni fino a 3.000 abitanti) e dei vincitori di procedure concorsuali di ammissione al corso di accesso in carriera, già avviate alla data di entrata in vigore della legge 7 agosto 2015, n. 124 (ossia al 28 agosto 2015). Tali soggetti sono immessi in servizio come funzionari per 2 anni effettivi, al termine dei quali l’amministrazione presenta una relazione con una valutazione di merito sul servizio prestato alla Commissione per la dirigenza locale, di cui al comma 9 dell’art. 19.
In base agli esiti della relazione, elaborata dopo 2 anni di servizio:
in caso di valutazione positiva, l'amministrazione presso la quale il vincitore ha prestato servizio immette in ruolo il dipendente come dirigente, che viene conseguentemente iscritto nel Ruolo della dirigenza locale, e può conferirgli un incarico dirigenziale senza l'espletamento della procedura comparativa con avviso pubblico.
Si ricorda che per la nomina dei dirigenti apicali, espressamente prevista dal nuovo art. 27-bis, comma 1, è richiamata l’applicazione della procedura per il conferimento dell’incarico di cui all’art. 19-ter, comma 6 (la scelta è comunicata alla Commissione per la dirigenza che verifica il rispetto dei requisiti e dei criteri fissati dall’amministrazione interessata).
in caso di valutazione negativa, l'interessato rimane in servizio per un altro anno, al termine del quale l'amministrazione trasmette una nuova valutazione alla suddetta Commissione. Successivamente, in caso di ulteriore valutazione negativa, l'interessato non è ammesso a nuova valutazione, e rimane in servizio come funzionario.
La norma fa salvo il caso in cui sia conferito a tali soggetti l'incarico di direzione apicale in sede di prima applicazione del decreto, ai sensi del comma 6 (vedi infra).
Ulteriori previsioni sono dettate dai periodi secondo, terzo e quarto del comma 5 (che per maggiore chiarezza della norma andrebbe valutato di postporre alla fine del comma). Viene, in particolare, stabilito che gli enti locali presso i quali nei “successivi due anni” (andrebbe chiarito se i due anni decorrono dall’immissione in ruolo come funzionari dei suddetti soggetti o una volta decorso il biennio come funzionari) sono disponibili uffici dirigenziali, possono richiedere alla Commissione per la dirigenza degli enti locali l’assegnazione di tali soggetti previa presentazione di un progetto professionale e formativo di inserimento. La Commissione seleziona quindi un numero di progetti corrispondente al numero delle richieste. I segretari, con priorità per coloro che hanno maggiore anzianità nella fascia, scelgono l'amministrazione di destinazione e sono assegnati anche in soprannumero, e comunque nell'ambito delle risorse disponibili. Qualora il numero dei progetti presentati sia inferiore a quello delle richieste quelli ulteriori sono assegnati alle amministrazioni statali, secondo le previsioni dell'articolo 4, comma 3-quinquies, del decreto-legge 101/2013.
L’articolo 4, comma 3-quinquies, del D.L. 101/2013 ha stabilito (dal 1° gennaio 2014) che il reclutamento dei dirigenti e di tutte le figure professionali comuni alle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 35, comma 4 del D.Lgs. 165/2001 (si tratta delle seguenti amministrazioni che abbiamo più di 200 unità di dipendenti: amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo, agenzie - compresa quella per la gestione dell’albo dei segretari comunali e provinciali -, enti pubblici non economici ed enti di ricerca; restano esclusi regioni, enti locali e sanità) si debba svolgere attraverso concorsi unici, organizzati dal Dipartimento della funzione pubblica, previa ricognizione del fabbisogno presso le amministrazioni interessate (nonché nel rispetto dei vincoli finanziari in materia di assunzione a tempo indeterminato). Qualora le sedi vacanti riguardino amministrazioni ricadenti nella medesima regione il richiamato concorso può essere svolto in ambito regionale. Infine, è prevista la facoltà, per le amministrazioni richiamate in precedenza, di assumere personale solo attingendo alle nuove graduatorie di concorso predisposte dal Dipartimento della funzione pubblica (fino al loro esaurimento), provvedendo a programmare le quote annuali di assunzioni. In ogni caso restano ferme le disposizioni di cui al precedente comma 3 ed al successivo comma 6 e quelle in materia di corso-concorso bandito dalla Scuola nazionale dell’amministrazione (di cui al D.P.R. 70/2013).
Al comma 5, quarto
periodo, appare opportuno chiarire la portata del rinvio ivi previsto
all'articolo 4, comma 3-quinquies, del D.L. 101/2013 (che, in gran parte,
risulta superata dalle nuovo disposizioni del provvedimento sull’accesso alla
dirigenza) e, in particolare, se l'assegnazione alle amministrazioni statali
(dei segretari comunali collocati nella fascia professionale C, nonché dei
vincitori delle richiamate procedure concorsuali) avvenga in via diretta da
parte del Dipartimento della funzione pubblica oppure debba essere disposta
solo all'esito delle procedure concorsuali ivi previste.
Il comma 6, già richiamato, ha per oggetto il passaggio delle funzioni tra segretari e dirigenti apicali prevedendo che gli enti locali, privi di un direttore generale, conferiscono l’incarico di dirigente apicale (figura istituita dall’art. 27-bis, vedi sopra) ad uno dei soggetti di cui al comma 1 e 5.
La disposizione ha carattere transitorio in quanto si applica per non più di tre anni dall’entrata in vigore del provvedimento in esame e si applica sia agli ex segretari di fascia A e B (ossia quelli richiamati al comma 1), sia quelli di fascia C e i vincitori di concorso (comma 5). Nel secondo caso, l’interessato prima di essere iscritto nel Ruolo dei dirigenti deve aver ricoperto l’incarico di dirigente apicale per almeno 18 mesi.
Il capo VII (composto dal solo art. 11) reca una serie di modifiche ed integrazioni alla disciplina vigente relativa ai compiti ed alle attribuzioni dei dirigenti di uffici dirigenziali generali e, in generale, dei dirigenti.
In particolare, l’art. 15 del d. lgs. 165/2001, che reca disposizioni generali relative ai dirigenti, viene modificato (comma 1, lettera a)) al fine di:
sopprimere la previsione dell’articolazione della dirigenza nelle due fasce dei ruoli, come previsto dalla legge delega (art. 11 legge 124/2015);
sopprimere il riferimento alle “strutture organizzative affidate alla direzione del dirigente generale” mantenendo il principio generale in base al quale in ciascuna struttura organizzativa il dirigente preposto all'ufficio di più elevato livello è sovraordinato al dirigente preposto ad ufficio di livello inferiore;
prevedere, in via generale (quindi non solo con riferimento alle regioni) che il dirigente cui sono conferite funzioni di coordinamento è sovraordinato, limitatamente alla durata dell'incarico, al restante personale dirigenziale.
A sua volta è oggetto di una serie di modifiche (comma 1, lettera b)) l’art. 16 del d. lgs. 165/2001, che attribuisce dirigenti di uffici dirigenziali generali una serie di compiti e poteri.
Inoltre, l’art. 2 dello schema di decreto legislativo – che modifica l’art. 13 del d. lgs. 165/2001 - dispone l’applicazione delle previsioni degli articoli 16 e 17 del d. lgs. 165/2001 a tutte le amministrazioni pubbliche (quindi statali, regionali e locali).
A seguito delle modifiche apportate questi sono in particolare così individuati:
- la formulazione di proposte e pareri al Ministro o – come aggiunto dalla disposizione in commento alla luce dell’applicazione della norma all’intero Sistema della dirigenza pubblica - all’organo di vertice politico nelle materie di sua competenza;
- la proposta di risorse e di profili professionali necessari allo svolgimento dei compiti dell'ufficio, anche al fine dell'elaborazione del documento di programmazione triennale del fabbisogno di personale;
- la cura dell'attuazione dei piani, programmi e direttive generali definite dal Ministro o– come aggiunto dallo schema di decreto in commento – dall’organo di vertice politico, rispondendo della relativa attuazione direttamente nei confronti dello stesso e l’attribuzione ai dirigenti gli incarichi e la responsabilità di specifici progetti e gestioni; la definizione degli obiettivi che i dirigenti devono perseguire e l’attribuzione delle conseguenti risorse umane, finanziarie e materiali.
Lo schema di decreto prevede quindi (comma 1-ter) una “procedimentalizzazione” delle fasi della definizione del programma ai fini del conferimento dell’incarico.
Si ricorda che, in base al nuovo art. 19-bis, comma 6, nel caso di conferimento degli incarichi dirigenziali generali, ivi inclusi quelli di segretario generale e Capo dipartimento, di cui all'articolo 19-quater, comma 1, il contratto indica il programma assegnato allo stesso e i tempi dì realizzazione, nonché gli eventuali premi, nei limiti consentiti dai contratti collettivi di lavoro.
Inoltre, ai sensi del nuovo comma 1-ter dell’art. 21 per i dirigenti titolari di incarichi dirigenziali generali costituisce mancato raggiungimento degli obiettivi la mancata realizzazione del programma sottoscritto unitamente al contratto di lavoro. Viene a tal fine previsto che la procedura di contestazione, finalizzata ad accertare la responsabilità dirigenziale, deve essere recepita in apposito atto dell'amministrazione di appartenenza, che deve prevedere le modalità di rinegoziazione degli obiettivi e programmi con tempistica tale da garantire l’organo di vertice sulla rimodulazione dell'obiettivo, così da consentirne il raggiungimento ancorché con modalità e tempi diversi, ovvero l'individuazione di soluzioni alternative.
In base alle nuove previsioni, i piani, programmi e direttive generali sono “oggetto di negoziazione” al momento del conferimento dell'incarico, e possono essere rivisti periodicamente e con cadenze almeno semestrali, anche in ragione di sopravvenute difficoltà di budget, ovvero non ascrivibili al dirigente generale, e non preventivabili al momento del conferimento.
La finalità appare quella di riprendere il modello di “negoziazione” degli incarichi, proprio del settore privato, così da disporne l’applicazione al settore pubblico.
È specificato che la negoziazione costituisce atto accessorio al conferimento dell'incarico e ha valenza pluriennale in relazione alla durata dello stesso. Il dirigente generale, al fine di sottoscrivere la stessa, acquisisce preventive informazioni sulle disponibilità strutturali e finanziarie utilizzabili per l'espletamento dell'incarico, e contribuisce alla elaborazione di un cronoprogramma e degli indicatori valutabili per la realizzazione del mandato conferitogli.
In caso di “cambiamento dell'amministrazione di riferimento” (previsione che andrebbe maggiormente specificata), prima della scadenza dell'incarico dirigenziale, si procede a nuova negoziazione degli obiettivi per il tempo residuo di espletamento dello stesso, entro 3 mesi dall'insediamento della nuova amministrazione.
- l’adozione degli atti relativi all'organizzazione degli uffici di livello dirigenziale non generale, nonché degli atti e dei provvedimenti amministrativi;
Si ricorda che in base al vigente art. 16, co. 4, d. lgs. 165/2001 gli atti e i provvedimenti adottati dai preposti al vertice e dai dirigenti di uffici dirigenziali generali non sono suscettibili di ricorso gerarchico.
- l’esercizio dei poteri di spesa e quelli di acquisizione delle entrate rientranti nella competenza dei propri uffici, salvo quelli delegati ai dirigenti; in relazione a tale attività gestionale sono altresì titolari – come aggiunto dallo schema di decreto in commento – in via esclusiva della responsabilità amministrativo-contabile;
Come si è detto, l’istituto della responsabilità amministrativo-contabile è stato interessato, a partire dagli anni ’90, da un rilevante processo di riforma che ha profondamente inciso, non solo sulla relativa disciplina normativa, ma soprattutto sulla sua collocazione nell’ordinamento contabile. Nella nuova conformazione normativa dell’istituto assumono particolare rilievo alcuni aspetti, tra i quali l’introduzione del “principio della personalità” della responsabilità, la limitazione del criterio di imputazione dell’evento dannoso alla colpa grave o al dolo, l’esimente della buona fede, secondo i criteri enucleati dalla giurisprudenza della Corte dei conti, per gli organi politici, la considerazione dei vantaggi conseguiti dalla pubblica amministrazione o dalla comunità amministrata.
- la decisione sui ricorsi gerarchici contro gli atti e i provvedimenti amministrativi non definitivi dei dirigenti;
- il concorso alla definizione di misure idonee a prevenire e contrastare i fenomeni di corruzione e a controllarne il rispetto da parte dei dipendenti dell'ufficio cui sono preposti;
- la comunicazione delle informazioni richieste dal soggetto competente per l'individuazione delle attività nell'ambito delle quali è più elevato il rischio corruzione e formulano specifiche proposte volte alla prevenzione del rischio medesimo e il relativo monitoraggio.
Inoltre, nuovi compiti e funzioni posti in capo ai dirigenti di uffici dirigenziali generali, aggiunti dallo schema di decreto in commento riguardano:
- il monitoraggio e la rendicontazione dell'attività della struttura (l-quinquies)), segnalando tempestivamente l'avvenuto scostamento o, ove possibile, il pericolo di scostamento dagli obiettivi di cui al programma di mandato negoziato con l’organo di vertice politico al momento del conferimento dell'incarico, onde consentirne la “ricalibrazione” in tempo utile, senza danno per l'attività amministrativa, evitando così di incorrere nelle inadempienze di cui all'art 21 (che disciplina i casi di responsabilità dirigenziale per mancato raggiungimento degli obiettivi).
Per lo svolgimento di tale attività viene espressamente
previsto (comma 1-bis) che i
dirigenti di uffici dirigenziali generali si avvalgono delle apposite strutture
competenti in materia di valutazioni, per l'individuazione di obiettivi
personalizzati nell'ambito degli obiettivi della struttura di appartenenza. Peraltro andrebbe valutato se tale
previsione non riguardi più direttamente le funzioni di cui alla nuova lettera
l-sexies) (v. immediatamente infra).
- la valutazione dei dirigenti e responsabili dei procedimenti amministrativi assegnati alla propria struttura (l-sexies)), nel rispetto del principio del merito, avuto comunque riguardo ad una serie di elementi e fattori.
Tra questi il testo richiama:
la capacità di gestione delle risorse umane assegnate alla struttura, evidenziata dal livello di raggiungimento degli obiettivi;
la dimostrata capacità valutativa e di controllo sulle presenze e sull'apporto motivazionale di ciascun dipendente;
la tempestiva individuazione di fattori di rischio, anche di illeciti, o comunque di condotte lesive per l'efficienza e l'immagine della pubblica amministrazione, con conseguente· rimozione degli stessi;
le garanzie di trasparenza;
l’individuazione di metodologie migliorative e coinvolgenti l'utenza nella valutazione dell'operato della propria struttura.
Si ricorda che tra i criteri di delega (art. 11 legge 124/2015) è espressamente previsto, con riferimento alla valutazione dei risultati, il rilievo dei suoi esiti per il conferimento dei successivi incarichi dirigenziali e la necessità di costruzione del percorso di carriera in funzione degli esiti della valutazione.
Ai fini del conferimento degli incarichi è altresì richiamata la rilevanza delle attitudini e delle competenze del singolo dirigente, dei precedenti incarichi e della relativa valutazione.
Alle Commissioni per la dirigenza statale è attribuito inoltre il controllo del concreto utilizzo dei sistemi di valutazione al fine del conferimento e della revoca degli incarichi.
In corrispondenza con le nuove funzioni attribuite ai dirigenti di uffici dirigenziali generali viene posto in capo ai dirigenti (lettera c)) il compito di coadiuvare il dirigente generale nel monitoraggio delle presenze del personale, e nella individuazione di fattori di criticità nella realizzazione del programma negoziato dal dirigente generale con il vertice politico, segnalando tempestivamente problematiche e proponendo soluzioni correttive.
I dirigenti sono inoltre titolari in via esclusiva della responsabilità amministrativo-contabile per l'attività gestionale, ancorché derivante da atti di indirizzo dell'organo di vertice politico. Tale previsione sembra riferirsi – in corrispondenza con il nuovo testo dell’art. 16, comma 1, lett. d)), che prevede analoga disposizione in capo ai titolari di uffici dirigenziali generali - agli uffici delegati ai dirigenti da parte dei titolari di uffici dirigenziali generali, ai sensi della suddetta lettera d).
Il dirigente apicale negli enti locali
Il nuovo comma 1-quater dell’articolo 16 definisce il ruolo del dirigente apicale degli enti locali, figura che, ai sensi del nuovo articolo 27-bis, ogni ente locale deve nominare in sostituzione del segretario comunale.
Il dirigente apicale degli enti locali è il dirigente al quale sono attribuiti compiti di attuazione dell'indirizzo politico, coordinamento dell'attività amministrativa, controllo della legalità dell'azione amministrativa ed esercizio della funzione rogante, già esercitata dai segretari comunali e provinciali.
Il dirigente apicale, inoltre, non può essere coordinato da altra figura di dirigente generale.
Per gli enti locali di minori dimensioni demografiche, nei quali non sia. prevista la posizione dirigenziale; la funzione di direzione apicale è svolta in forma associata (come specificato nel nuovo articolo 27-bis).
È fatta salva la possibilità, già prevista dalla normativa vigente, per i comuni privi di personale di qualifica dirigenziale, di attribuire le funzioni dirigenziali ai responsabili degli uffici e dei servizi, indipendentemente dalla loro qualifica funzionale, con provvedimento motivato del sindaco (art. 109, comma 2, D.Lgs. 267/2000 – v. supra).
Infine, si prevede che al dirigente apicale si applicano le disposizioni in materia di programmazione degli obiettivi stabilite in via generale per tutti i dirigenti di cui al precedente comma l-ter.
Il capo VIII reca le disposizioni finali e transitorie, e si compone degli articoli 12 (Definizione delle modalità di controllo), 13 (Inderogabilità della fonte legislativa), 14 (Termini per l’adozione di atti normativi di rango secondario) e 15 (Abrogazioni).
L’articolo 12 demanda al decreto legislativo la cui adozione è prevista dall'articolo 17, della medesima legge 124/2015, entro il 28 febbraio 2017 (per il riordino e la semplificazione della disciplina in materia di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e dei connessi profili di organizzazione amministrativa) l’individuazione delle forme di controllo sulle modalità con cui è esercitato dai dirigenti preposti ad uffici dirigenziali generali il potere “sindacatorio” e di controllo sull'attività dei dirigenti e dei responsabili dei procedimenti amministrativi coordinati, nonché di periodica verifica del raggiungimento dei risultati dell’ufficio.
Sono altresì individuate, dal medesimo decreto legislativo, le modalità di controllo sull'attuazione del programma, da parte del dirigente generale e dei dirigenti di cui all'articolo 19-ter, comma l (segretario generale dei ministeri, incarichi di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali e di livello equivalente, uffici di diretta collaborazione di cui all’art. 14).
Si ricorda che l’art. 16 del D.Lgs. attribuisce dirigenti di uffici dirigenziali generali una serie di compiti e poteri tra cui la definizione degli obiettivi che i dirigenti devono perseguire e l’attribuzione delle conseguenti risorse umane, finanziarie e materiali; il concorso alla definizione di misure idonee a prevenire e contrastare i fenomeni di corruzione e a controllarne il rispetto da parte dei dipendenti dell'ufficio cui sono preposti; la comunicazione delle informazioni richieste dal soggetto competente per l'individuazione delle attività nell'ambito delle quali è più elevato il rischio corruzione e formulano specifiche proposte volte alla prevenzione del rischio medesimo e il relativo monitoraggio.
Infine, è attribuita agli ordinamenti delle amministrazioni pubbliche al cui vertice è preposto un segretario generale, capo dipartimento o altro dirigente comunque denominato, con funzione di coordinamento di uffici dirigenziali di livello generale, la definizione dei relativi compiti e poteri.
A sua volta, l’art. 17 del D.Lgs. 165/2001 attribuisce ai dirigenti, in particolare, le seguenti funzioni: la formulazione delle proposte e l’espressione di pareri ai dirigenti degli uffici dirigenziali generali; la cura dell'attuazione dei progetti e delle gestioni ad essi assegnati dai dirigenti degli uffici dirigenziali generali, adottando i relativi atti e provvedimenti amministrativi ed esercitando i poteri di spesa e di acquisizione delle entrate; lo svolgimento di tutti gli altri compiti ad essi delegati dai dirigenti degli uffici dirigenziali generali; la direzione, il coordinamento ed il controllo dell’attività degli uffici che da essi dipendono e dei responsabili dei procedimenti amministrativi, anche con poteri sostitutivi in caso di inerzia; il concorso all'individuazione delle risorse e dei profili professionali necessari allo svolgimento dei compiti dell'ufficio cui sono preposti anche al fine dell'elaborazione del documento di programmazione triennale del fabbisogno di personale; la gestione del personale e delle risorse finanziarie e strumentali assegnate ai propri uffici; la valutazione del personale assegnato ai propri uffici, nel rispetto del principio del merito, ai fini della progressione economica e tra le aree, nonché della corresponsione di indennità e premi incentivanti.
In caso di mancato raggiungimento degli obiettivi della struttura coordinata dal dirigente generale, o comunque denominato, lo schema di decreto legislativo dispone l’applicazione dell'articolo 21 del D.Lgs. 165/2001 (come integrato dal medesimo provvedimento) che disciplina i casi di revoca dell’incarico.
La responsabilità dirigenziale si fonda, in particolare, sulle previsioni dell’art. 21 del D.Lgs. 165/2001 che richiama il mancato raggiungimento degli obiettivi accertato attraverso le risultanze del sistema di valutazione o l'inosservanza delle direttive imputabili al dirigente quali elementi che comportano, previa contestazione e ferma restando l'eventuale responsabilità disciplinare secondo la disciplina contenuta nel contratto collettivo, l'impossibilità di rinnovo dell’incarico dirigenziale. In relazione alla gravità dei casi, l'amministrazione può inoltre, previa contestazione e nel rispetto del principio del contraddittorio, revocare prima della scadenza l'incarico collocando il dirigente a disposizione dei ruoli delle amministrazioni dello Stato ovvero recedere dal rapporto di lavoro secondo le disposizioni del contratto collettivo. Tale impostazione è stata profondamente modificata con la legge 145/2002, superando il precedente impianto normativo in base al quale la responsabilità dirigenziale era ricondotta essenzialmente ai “risultati negativi della gestione”. Al di fuori di tali ipotesi, in caso di colpevole violazione del dovere di vigilanza sul rispetto, da parte del personale assegnato ai propri uffici, degli standard quantitativi e qualitativi fissati dall'amministrazione può essere disposta la decurtazione della retribuzione di risultato.
L’articolo 5 dello schema di decreto legislativo aggiunge alle fattispecie della responsabilità dirigenziale, di cui al citato art. 21, ulteriori fattori che costituiscono mancato raggiungimento degli obiettivi.
Per completezza, si ricorda che la disposizione di delega (l. 124/2015) prevede, tra i criteri di delega (lettera m) il riordino delle norme relative alle ipotesi di responsabilità dirigenziale, amministrativo-contabile e disciplinare dei dirigenti, con limitazione della responsabilità disciplinare ai comportamenti effettivamente imputabili ai medesimi dirigenti e della responsabilità dirigenziali alle ipotesi di cui all’art. 21 del D.Lgs. 165/2001 (mancato raggiungimento degli obiettivi o inosservanza delle direttive imputabili al dirigente); viene altresì richiamata, in particolare, la ridefinizione del rapporto tra la responsabilità amministrativo-contabile e la responsabilità dirigenziale, con particolare riferimento alla esclusiva imputabilità ai dirigenti della responsabilità per “l’attività gestionale”.
L’articolo 13 prevede che le disposizioni del decreto legislativo costituiscono “norme non derogabili dai contratti o accordi collettivi”.
In linea generale, la privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico, operata con il D.Lgs. 29/1993 (cd. prima privatizzazione), successivamente modificato con i decreti legislativi 396/1997, 80/1998 e 387/1998 (cd. seconda privatizzazione), ha portato ad una progressiva delegificazione della materia, con cessione di sovranità da parte della legge e conseguente ampliamento del campo di applicazione della contrattazione collettiva.
Successivamente, con il D.Lgs. 150/2009, di riforma del lavoro pubblico (cd. riforma Brunetta), la tendenza si è invertita e si è proceduto ad una parziale rilegificazione di materie in precedenza devolute alla contrattazione collettiva, con una complessiva risistemazione dei rapporti tra fonte statuale e fonti contrattuali e l’introduzione di specifici limiti alla contrattazione medesima.
Attualmente, il rapporto tra legge e contrattazione collettiva è disciplinato dal D.Lgs. 165/2001 (come riscritto dal richiamato D.Lgs. 150/2009).
In particolare, l’articolo 40 dispone che la contrattazione collettiva determina i diritti e gli obblighi direttamente pertinenti al rapporto di lavoro, nonché le materie relative alle relazioni sindacali.
Le materie espressamente escluse dalla contrattazione collettiva sono quelle:
· attinenti all’organizzazione degli uffici;
· oggetto di partecipazione sindacale;
· afferenti a specifiche prerogative dirigenziali (gestione delle risorse umane e organizzazione del lavoro);
· relative al conferimento e alla revoca degli incarichi dirigenziali (v. anche art. 19, c. 12-bis);
· di cui all’art. 2, c. 1, lett. c), L. 421/1992[13].
Nelle materie relative alle sanzioni disciplinari, alla valutazione delle prestazioni ai fini della corresponsione del trattamento accessorio, della mobilità e delle progressioni economiche, la contrattazione collettiva è invece consentita negli esclusivi limiti previsti dalle norme di legge.
L’articolo 2, comma 3-bis, infine, sancisce che la nullità di disposizioni contrattuali per violazione di norme imperative o dei limiti fissati alla contrattazione collettiva non determina la nullità dell’intero contratto, in quanto esse sono sostituite di diritto dalle disposizioni previste dalle norme imperative (come previsto, ad esempio, dalle disposizioni relative alla responsabilità dei dipendenti pubblici ex art. 55 e ss. del D.Lgs. 165/2001).
L’articolo 14 dello schema di decreto legislativo specifica che entro il termine di 90 giorni dall’entrata in vigore del medesimo decreto sono adottati:
- il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’art. 24, comma 8 (il riferimento è presumibilmente al comma 7, considerato che il comma 8 non fa riferimento all’adozione di DPCM), in materia di trattamento economico dei dirigenti;
L’art. 24, comma 7, peraltro, che demanda ad un dPCM, di concerto con
il MEF, la definizione di criteri e limiti delle compatibilità finanziarie
per garantire l’omogeneizzazione del trattamento economico fondamentale ed
accessorio nell’ambito di ciascun ruolo, già
prevede il termine di 60 giorni per la relativa adozione; occorre dunque
coordinare le due disposizioni;
- il regolamento che reca la disciplina di attuazione delle norme del Capo II del D.Lgs. 165/2001 sulla dirigenza (come modificate dal provvedimento in commento), ai sensi del nuovo art. 28-sexies del D.Lgs. 165/2001, introdotto dall’art. 3 dello schema di decreto legislativo.
L’articolo 15 reca le abrogazioni espresse conseguenti all’entrata in vigore dello schema di decreto legislativo.
In particolare, l’articolo 15 dispone – al comma 1, lettera a) - l’abrogazione degli articoli 22, 23 e 27 del decreto legislativo 165/2001 che riguardano, rispettivamente, il Comitato dei garanti (le cui funzioni sono attribuite dal provvedimento alla Commissione per la dirigenza statale ai sensi dell’art. 11, comma 1, lett. b), n.1)), la disciplina del ruolo dei dirigenti istituito presso ciascuna amministrazione e l’articolazione in due fasce della dirigenza statale e le relative forme di mobilità e di accesso.
Nel dettaglio, l’articolo 22 del decreto legislativo 165/2001 disciplina la composizione e le funzioni del Comitato dei garanti, chiamato ad esprimere, in base alla legislazione vigente, un parere su tutti i provvedimenti di cui all'articolo 21, commi 1 e 1-bis del decreto legislativo 165/2001 entro 45 giorni dalla richiesta ed i cui componenti, nel rispetto del principio di genere, sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Tale disposizione prevede che il Comitato duri in carica tre anni e l'incarico non sia rinnovabile. 3. Il parere del Comitato dei garanti viene reso entro il termine di quarantacinque giorni dalla richiesta; decorso inutilmente tale termine si prescinde dal parere.
L’articolo 23 del decreto legislativo 165/2001 recante “Ruolo unico dei dirigenti” prevede l’istituzione, in ogni amministrazione dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, del ruolo dei dirigenti, che si articola nella prima e nella seconda fascia, nel cui ambito sono altresì definite apposite sezioni in modo da garantire la eventuale specificità tecnica. In base a tale disposizione, i dirigenti della seconda fascia sono reclutati attraverso i meccanismi di accesso; a loro volta, i dirigenti della seconda fascia transitano nella prima qualora abbiano ricoperto incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali o equivalenti, per un periodo pari almeno a cinque anni senza essere incorsi nelle misure previste per le ipotesi di responsabilità dirigenziale, nei limiti dei posti disponibili, ovvero nel momento in cui si verifica la prima disponibilità di posto utile, tenuto conto, quale criterio di precedenza ai fini del transito, della data di maturazione del requisito dei cinque anni e, a parità di data di maturazione, della maggiore anzianità nella qualifica dirigenziale.
L’articolo 23 prevede altresì che sia assicurata la mobilità dei dirigenti, nei limiti dei posti disponibili, e demanda ai contratti o accordi collettivi nazionali la disciplina, secondo il criterio della continuità dei rapporti e privilegiando la libera scelta del dirigente, degli effetti connessi ai trasferimenti e alla mobilità in generale in ordine al mantenimento del rapporto assicurativo con l'ente di previdenza, al trattamento di fine rapporto e allo stato giuridico legato all'anzianità di servizio e al fondo di previdenza complementare.
Stabilisce inoltre che la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica curi una banca dati informatica contenente i dati relativi ai ruoli delle amministrazioni dello Stato.
L’articolo 27 del decreto legislativo 165/2001 recante “Criteri di adeguamento per le pubbliche amministrazioni non statali” prevede che le regioni a statuto ordinario, nell'esercizio della propria potestà statutaria, legislativa e regolamentare, e le altre pubbliche amministrazioni, nell'esercizio della propria potestà statutaria e regolamentare, adeguino ai principi ivi richiamati i propri ordinamenti, tenendo conto delle relative peculiarità. Gli enti pubblici non economici nazionali sono chiamati ad adeguarsi, anche in deroga alle speciali disposizioni di legge che li disciplinano, adottando appositi regolamenti di organizzazione. L’articolo 27 stabilisce altresì l’obbligo per le suddette pubbliche amministrazioni di trasmettere, entro due mesi dalla adozione, le deliberazioni, le disposizioni ed i provvedimenti attuativi adottati alla Presidenza del Consiglio dei ministri, che ne cura la raccolta e la pubblicazione.
L’articolo 15 dispone – al comma 1, lettera b) - l’abrogazione, a seguito della nuova disciplina dettata per la dirigenza degli enti locali e per i segretari comunali e provinciali, degli articoli 32, comma 5-ter, 97, 98, 99, 100, 101 e 106 del decreto legislativo 267/2000 (TUEL) che riguardano, rispettivamente:
le modalità di avvalimento di un unico segretario comunale nel caso di unione dei comuni;
L’articolo 32, comma 5-ter, del TUEL prevede che il presidente dell'unione di comuni si avvale del segretario di un comune facente parte dell'unione, senza che ciò comporti l'erogazione di ulteriori indennità e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Stabilisce inoltre che ai segretari delle unioni di comuni si applicano le disposizioni dell'articolo 8 della legge 23 marzo 1981, n. 93, che disciplina l’attività dei segretari dei comuni montani.
- le previsioni del TUEL relative ai segretari comunali e provinciali.
L’art. 97 del TUEL disciplina il ruolo e le funzioni dei segretari; l’art. 98 reca la disciplina dell’Albo; l’art. 99 riguarda le modalità di nomina dei segretari mentre l’art. 100 norme sulla revoca; l’art. 101 reca disposizioni sulla mobilità e messa in disponibilità dei segretari; l’art. 106 contiene disposizioni transitorie per i segretari.
L’articolo 15 dispone – al comma 1, lettera c) - l’abrogazione del dPR 465/1997 che reca disposizioni in materia di ordinamento dei segretari comunali e provinciali, con particolare riguardo alla disciplina dell'organizzazione, del funzionamento e dell'ordinamento contabile della relativa Agenzia, all'amministrazione dell'albo e alla sua articolazione in sezioni e in fasce professionali, alle modalità di svolgimento dei concorsi per l'iscrizione all'albo, al passaggio tra le fasce professionali, al procedimento disciplinare e alle modalità di utilizzazione dei segretari non chiamati a ricoprire sedi di segreteria.
[1] Per amministrazioni pubbliche si intendono – ai sensi dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 165/2001 tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.
[2] Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.
[3] Si ricorda che l’art. 40 del testo di legge costituzionale, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016, sottoposto a referendum costituzionale ai sensi dell’art. 138 della Costituzione, dispone la soppressione del CNEL e la riallocazione delle risorse umane e strumentali presso la Corte dei conti.
[4]
Si ricorda che è in corso di
esame parlamentare lo schema di decreto legislativo recante semplificazione
delle attività degli enti pubblici di ricerca (Atto n. 329), adottato
in attuazione della medesima legge delega 124/2015. In particolare, l’articolo
1, comma 1, dell’atto 329 definisce il proprio ambito di applicazione elencando
gli enti pubblici di ricerca
interessati, la maggior parte dei quali è sottoposta alla vigilanza del MIUR
mentre gli altri a quella di altri Ministeri. Gli enti di ricerca vigilati dal
MIUR sono i seguenti: Area di ricerca scientifica e tecnologica di Trieste -
Area Science Park; Agenzia spaziale italiana - A.S.I.; Consiglio Nazionale
delle Ricerche - C.N.R.; Istituto italiano di studi germanici; Istituto
nazionale di astrofisica - I.N.A.F.; Istituto nazionale di alta matematica
"Francesco Severi" - I.N.D.A.M.; Istituto nazionale di fisica
nucleare - I.N.F.N.; Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia - I.N.G.V.;
Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale - O.G.S.; Istituto
nazionale di ricerca metrologica - I.N.RI.M; Museo storico della fisica e
Centro studi e ricerche "Enrico Fermi"; Stazione zoologica
"Anton Dohrn"; Istituto nazionale per la
valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione - INVALSI, qualificato
ente di ricerca dall'articolo 2 del d.lgs. 286/2004; Istituto nazionale di
documentazione, innovazione e ricerca educativa – INDIRE. Gli altri enti di
ricerca contemplati dal comma 1 e sottoposti alla vigilanza di altri Ministeri
sono i seguenti: Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi
dell'economia agraria - CREA (vigilato dal Ministero delle politiche agricole
alimentari e forestali); Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e
lo sviluppo sostenibile - ENEA (sottoposta alla vigilanza del Ministero dello
sviluppo economico); Istituto per lo sviluppo della formazione professionale
dei lavoratori - ISFOL (sottoposto alla vigilanza del Ministero del lavoro e
delle politiche sociali); Istituto nazionale di statistica - ISTAT (sottoposto
alla vigilanza del Presidente del Consiglio dei Ministri); Istituto superiore
di sanità - ISS (sottoposto alla vigilanza del Ministero della salute);
Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale - ISPRA
(sottoposto alla vigilanza del Ministero dell'ambiente), ferme restando le
disposizioni di cui alla legge 28 giugno 2016, n. 132; Istituto nazionale per
l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali
(INAIL) - sottoposto alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche
sociali e del Ministero della salute - limitatamente al personale e alle
funzioni di ricerca trasferite.
[5] Si ricorda che è in corso di esame parlamentare lo schema di decreto legislativo recante riordino delle funzioni e del finanziamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (Atto n. 327), adottato in attuazione della medesima legge delega 124/2015.
[6] I dirigenti medici, veterinari e sanitari del Servizio sanitario nazionale sono invece espressamente esclusi dall’ambito di applicazione del provvedimento (art. 1, comma 2).
[7] Ai sensi della citata delibera, la Scuola è organizzata in un’area didattico-scientifica e in un’area gestionale. La prima è articolata in quattro dipartimenti, ossia strutture tecnico-scientifiche con compiti di programmazione didattica e scientifica cui afferiscono i docenti a tempo pieno della Scuola. L’area gestionale è articolata in due uffici e in sei servizi coordinati dal Dirigente amministrativo.
[8] Le previsioni del vigente art. 19, co. 1, del D.Lgs. 165/2001, che riguarda i gli elementi da temere conto per il conferimento degli incarichi è confluito in gran parte nel nuovo art. 19-ter, co. 4, che affida alle Commissioni per la dirigenza la definizione dei criteri generali. Il comma 1 attualmente stabilisce che ai fini del conferimento di ciascun incarico di funzione dirigenziale si tiene conto, in relazione alla natura e alle caratteristiche degli obiettivi prefissati ed alla complessità della struttura interessata, delle attitudini e delle capacità professionali del singolo dirigente, dei risultati conseguiti in precedenza nell'amministrazione di appartenenza e della relativa valutazione, delle specifiche competenze organizzative possedute, nonché delle esperienze di direzione eventualmente maturate all'estero, presso il settore privato o presso altre amministrazioni pubbliche, purché attinenti al conferimento dell'incarico. Al conferimento degli incarichi e al passaggio ad incarichi diversi non si applica l'articolo 2103 del codice civile.
[9] Il vigente art. 19, comma 2, del D.Lgs. 165/2001 prevede che tutti gli incarichi di funzione dirigenziale nelle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, sono conferiti secondo le disposizioni dell’articolo 19. Con il provvedimento di conferimento dell'incarico, ovvero con separato provvedimento del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro competente, sono individuati l'oggetto dell'incarico e gli obiettivi da conseguire, con riferimento alle priorità, ai piani e ai programmi definiti dall'organo di vertice nei propri atti di indirizzo e alle eventuali modifiche degli stessi che intervengano nel corso del rapporto, nonché la durata dell'incarico, che deve essere correlata agli obiettivi prefissati e che, comunque, non può essere inferiore a tre anni né eccedere il termine di cinque anni. La durata dell'incarico può essere inferiore a tre anni se coincide con il conseguimento del limite di età per il collocamento a riposo dell'interessato. Gli incarichi sono rinnovabili. Al provvedimento di conferimento dell'incarico accede un contratto individuale con cui è definito il corrispondente trattamento economico. E' sempre ammessa la risoluzione consensuale del rapporto. In caso di primo conferimento ad un dirigente della seconda fascia di incarichi di uffici dirigenziali generali o di funzioni equiparate, la durata dell'incarico è pari a tre anni. Resta fermo che per i dipendenti statali titolari di incarichi di funzioni dirigenziali ai sensi del presente articolo, ai fini dell'applicazione dell'articolo 43, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, e successive modificazioni, l'ultimo stipendio va individuato nell'ultima retribuzione percepita in relazione all'incarico svolto. Nell'ipotesi prevista dal terzo periodo del presente comma, ai fini della liquidazione del trattamento di fine servizio, comunque denominato, nonché dell'applicazione dell'articolo 43, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, e successive modificazioni, l'ultimo stipendio va individuato nell'ultima retribuzione percepita prima del conferimento dell'incarico avente durata inferiore a tre anni
[10] Come già previsto dal vigente art. 19, co. 6-bis, del D.Lgs. 165/2001 il quoziente derivante dall'applicazione delle percentuali previste è arrotondato all’unità inferiore, se il primo decimale è inferiore a cinque, o all’unità superiore, se esso è uguale o superiore a cinque.
[11] Per il periodo di durata dell'incarico, i dipendenti
delle pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni,
con riconoscimento dell'anzianità di servizio.
[12] L’art. 7 prevede in particolare che le pubbliche amministrazioni garantiscono parità e pari opportunità tra uomini e donne e l'assenza di ogni forma di discriminazione, diretta e indiretta, relativa al genere, all'età, all'orientamento sessuale, alla razza, all'origine etnica, alla disabilità, alla religione o alla lingua, nell'accesso al lavoro, nel trattamento e nelle condizioni di lavoro, nella formazione professionale, nelle promozioni e nella sicurezza sul lavoro. Le pubbliche amministrazioni garantiscono altresì un ambiente di lavoro improntato al benessere organizzativo e si impegnano a rilevare, contrastare ed eliminare ogni forma di violenza morale o psichica al proprio interno.
[13] Ossia: le responsabilità giuridiche attinenti ai singoli operatori nell'espletamento di procedure amministrative; gli organi, gli uffici, i modi di conferimento della titolarità dei medesimi; i princìpi fondamentali di organizzazione degli uffici; i procedimenti di selezione per l'accesso al lavoro e di avviamento al lavoro; i ruoli e le dotazioni organiche nonché la loro consistenza complessiva; la garanzia della libertà di insegnamento e l'autonomia professionale nello svolgimento dell'attività didattica, scientifica e di ricerca; la disciplina della responsabilità e delle incompatibilità tra l'impiego pubblico ed altre attività e i casi di divieto di cumulo di impieghi e incarichi pubblici.