Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento istituzioni | ||||
Titolo: | Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza - - Schema di D.Lgs. n. 267 - Schede di lettura | ||||
Riferimenti: |
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Serie: | Atti del Governo Numero: 263 | ||||
Data: | 03/03/2016 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni |
Servizio
Studi
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Dossier n. 292
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Atti del Governo 263
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INDICE
§ Il decreto legislativo
33/2013
§ L’attuazione della
disciplina in materia di trasparenza
Il contenuto dello
schema di decreto legislativo
§ Principi generali e
ambito di applicazione
§ Il diritto di accesso
civico “aperto”
§ L’accesso ai dati
statistici
§ Obblighi di
pubblicazione: disposizioni generali
§ Obblighi di
pubblicazione: organizzazione e attività delle p.a.
§ Altri obblighi di
pubblicazione
§ Prevenzione della
corruzione
§ Disposizioni finali e
transitorie
Il diritto di accesso
in prospettiva comparata
§ Svezia
§ Francia
Lo schema di decreto legislativo in esame (Atto del Governo n. 267) reca disposizioni per la revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione e di pubblicità e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, in attuazione della delega contenuta dall’articolo 7, comma 1, della dalla legge 124/2015, recante riforma della pubblica amministrazione.
Il provvedimento e consta di 44 articoli e di un allegato.
Gli articoli da 1 a 40 recano modifiche testuali al decreto legislativo 33/2013, recante il riordino della disciplina in materia di trasparenza.
L’articolo 41 modifica in diverse parti i primi 14 commi dell’articolo 1 della c.d. legge Severino (legge 190/2012, si tratta della legge che ha conferito diverse deleghe al Governo, tra cui quella attuata con il D.Lgs. 33/2013). Vengono modificate, in particolare, le disposizioni relative al Piano nazionale anticorruzione, e ai piani per la prevenzione della corruzione predisposti dalle singole amministrazioni (in attuazione di un preciso criterio di delega recato dall’art. 7, comma 1, lett. d) della legge 124/2015).
Gli articoli 42, 43 e 44 recano disposizioni finali e transitorie, tra cui alcune abrogazioni e la clausola di invarianza finanziaria.
L’allegato B reca l’elenco delle banche dati delle pubbliche amministrazioni il cui accesso può sostituire l’obbligo di pubblicazione (ai sensi dell’art. 9-bis dello schema di decreto legislativo).
Due criteri contenuti nella legge di delega (art. 7, comma 1, lett. h) non vengono attuati dallo schema in commento: il diritto di accesso dei membri del Parlamento ai documenti amministrativi e la semplificazione delle procedure di iscrizione nelle white list.
Riguardo al diritto di accesso, si ricorda che lo schema in esame introduce il nuovo istituto dell’accesso civico “aperto”.
Si ricorda, in proposito, che la norma di delega prevede la possibilità di emanare eventuali disposizioni integrative e correttive entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo in esame.
L'articolo 7, comma 1, della legge 7 agosto 2015, n. 124, reca una delega al Governo avente per oggetto la riforma della disciplina della pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni contenuta nel decreto legislativo 33/2013, recante la disciplina generale della materia, emanato in attuazione della legge n. 190 del 2012 (la cd. 'legge anticorruzione' o 'legge Severino').
Per un inquadramento generale della legge di delega si veda il dossier del Servizio studi, Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche. Legge 7 agosto 2015, n. 124, 15 ottobre 2015.
Il termine per l’esercizio della delega è di 6 mesi dall’entrata in vigore della legge (28 febbraio 2016). Tuttavia, dal momento che il termine per l’espressione del parere parlamentare scade il 17 aprile 2016, si applica il cosiddetto “slittamento” del termine della delega (vedi infra).
La disposizione di delega richiama, innanzitutto, i principi e i criteri direttivi della legge 190/2012, oltre ad introdurre alcuni ulteriori principi.
Si ricorda in proposito che la delega della L. 190/2012 per il riordino della normativa in materia di obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazione da parte delle p.a. (art. 1, comma 35), reca i seguenti principi e criteri direttivi, richiamati dalla disposizione in commento:
- ricognizione e coordinamento delle disposizioni che prevedono obblighi di pubblicità a carico delle amministrazioni pubbliche;
- previsione di forme di pubblicità, sia in ordine all'uso delle risorse pubbliche, sia in ordine allo svolgimento e ai risultati delle funzioni amministrative;
- precisazione degli obblighi di pubblicità di dati relativi ai titolari di incarichi politici, di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico, di livello statale, regionale e locale. Le dichiarazioni oggetto di pubblicazione obbligatoria devono concernere almeno la situazione patrimoniale complessiva del titolare al momento dell'assunzione della carica, la titolarità di imprese, le partecipazioni azionarie proprie, del coniuge e dei parenti entro il secondo grado di parentela, nonché tutti i compensi cui dà diritto l'assunzione della carica;
- ampliamento delle ipotesi di pubblicità, mediante pubblicazione nei siti web istituzionali, di informazioni relative ai titolari degli incarichi dirigenziali nelle pubbliche amministrazioni (di cui all’art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 165/2001), sia con riferimento a quelli che comportano funzioni di amministrazione e gestione, sia con riferimento agli incarichi di responsabilità degli uffici di diretta collaborazione;
- definizione di categorie di informazioni che le amministrazioni devono pubblicare e delle modalità di elaborazione dei relativi formati;
- obbligo di pubblicare tutti gli atti, i documenti e le informazioni anche in formato elettronico elaborabile e in formato di dati aperti.
- individuazione della durata e dei termini di aggiornamento per ciascuna pubblicazione obbligatoria;
- individuazione delle responsabilità e delle sanzioni per il mancato, ritardato o inesatto adempimento degli obblighi di pubblicazione.
Alcuni dei nuovi principi e criteri direttivi introdotti dal comma 1 dell’articolo 7 rientrano nell'ambito originario della delega prevista dalla cd. legge anticorruzione, mentre altri riguardano aspetti attualmente non disciplinati dal decreto legislativo 33/2013.
Rientrano tra i primi i seguenti principi e criteri direttivi:
· la ridefinizione e precisazione dell'ambito soggettivo di applicazione degli obblighi e delle misure in materia di trasparenza (lett. a);
· le previsione di misure organizzative per la pubblicazione nel sito istituzionale dell'ente delle informazioni su: 1) le fasi dei procedimenti di aggiudicazione ed esecuzione degli appalti pubblici; 2) il tempo medio di attesa per le prestazioni sanitarie di ciascuna struttura del Servizio sanitario nazionale; 3) il tempo medio dei pagamenti relativi agli acquisti di beni, servizi e forniture, l'ammontare complessivo dei debiti e il numero delle imprese creditrici; 4) le determinazioni dell'organismo di valutazione (lett. b);
· la riduzione e concentrazione degli oneri gravanti in capo alle amministrazioni pubbliche, ferme restando le previsioni in materia di verifica, controllo e sanzioni (lett. c);
· la razionalizzazione e precisazione degli obblighi di pubblicazione nel sito istituzionale (lett. e);
· l’individuazione dei soggetti competenti all'irrogazione delle sanzioni per la violazione degli obblighi di trasparenza (lett. g).
Come anticipato sopra, altri principi di delega previsti dall’articolo in esame, riguardano aspetti attualmente non disciplinati dal decreto legislativo n. 33/2013 ed in particolare:
· precisazione dei contenuti e del procedimento di adozione del Piano nazionale anticorruzione, dei piani per la prevenzione della corruzione e della relazione annuale del responsabile della prevenzione della corruzione, anche attraverso la modifica della relativa disciplina legislativa. Si tratta di materia allo stato disciplinata direttamente dalla legge anticorruzione (L. 190/2012) (lett. d);
· definizione, in relazione alle esigenze connesse allo svolgimento dei compiti istituzionali, dei diritti dei membri del Parlamento inerenti all'accesso ai documenti amministrativi, alla verifica dell'applicazione delle norme sulla trasparenza amministrativa e alla verifica dei limiti derivanti dal segreto (lett. f);
· riconoscimento della libertà di informazione attraverso il diritto di accesso, anche per via telematica, di chiunque, indipendentemente dalla titolarità di situazioni giuridicamente rilevanti, ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati, e salvi i casi di segreto o di divieto di divulgazione previsti dall’ordinamento. Questo principio è volto all'introduzione nel nostro ordinamento di una sorta di Freedom of information act (FOIA) (lett. h);
· semplificazione delle procedure di iscrizione nelle white list (ossia negli elenchi dei soggetti non a rischio di infiltrazione mafiosa ai fini della partecipazione agli appalti pubblici), interconnessione tra le banche dati delle prefetture e previsione di un monitoraggio semestrale, per l'aggiornamento degli elenchi costituiti presso le prefetture (lett. h);
· previsione di sanzioni a carico delle amministrazioni che non ottemperano alle disposizioni in materia di accesso (sia accesso civico, sia FOIA), di procedure di ricorso all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) e di tutela giurisdizionale ai sensi del codice del processo amministrativo (lett. h).
Il comma 2, dell’articolo 7, reca la procedura di adozione dei decreti legislativi di cui al comma 1, che prevede le seguenti fasi:
· proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione;
· acquisizione del parere della Conferenza unificata (entro 45 giorni dalla data di trasmissione, decorsi i quali il governo può comunque procedere);
· parere del Consiglio di Stato (entro 45 giorni dalla data di trasmissione, decorsi i quali il governo può comunque procedere);
· parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari e della Commissione parlamentare per la semplificazione entro 60 giorni dalla trasmissione, decorsi i quali il decreto può essere comunque adottato.
Viene prevista la consueta formula dello “slittamento” del termine della delega nel caso di trasmissione tardiva dello schema: qualora il termine del parere parlamentare scada nei 30 giorni che precedono la scadenza della delega o successivamente, il termine della delega stessa (6 mesi) è prorogata di 90 giorni.
Nel caso in cui il Governo non intenda uniformarsi al parere parlamentare, deve trasmettere nuovamente lo schema alle Camere corredato con le motivazioni delle proprie decisioni. In tal caso le Commissioni competenti per materia (non la Commissione competente per i profili finanziari e la Commissione per la semplificazione) hanno 10 giorni ulteriori per esprimersi, decorsi i quali il decreti possono essere comunque adottati.
Il comma 5 prevede la possibilità di emanare eventuali disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi di cui al comma 1 e 3, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno di essi.
Il decreto legislativo 33/2013 individua una ampia serie di documenti e di atti la cui pubblicazione costituisce un obbligo da parte delle pubbliche amministrazioni.
Una prima tipologia di obblighi riguarda la pubblicazione di informazioni concernenti l'organizzazione e l'attività delle pubbliche amministrazioni (articoli 13-28). Vi rientrano i dati relativi all'articolazione degli uffici, con le relative competenze e risorse a disposizione e tutte le informazioni sui riferimenti utili al cittadino che intenda rivolgersi ad una pubblica amministrazione per qualsiasi richiesta inerente i compiti istituzionali degli uffici (tra cui i bandi di concorso, gli elenchi dei provvedimenti adottati ecc.).
Un secondo gruppo di pubblicazioni obbligatorie riguarda l'uso delle risorse pubbliche (articoli 29-31) e comprende la pubblicità dei dati relativi al bilancio di previsione e a quello consuntivo, nonché le informazioni degli immobili posseduti e della gestione del patrimonio e i dati relativi ai risultati del controllo amministrativo-contabile.
Per garantire il buon andamento delle amministrazioni, il decreto riordina altresì le disposizioni relative ad obblighi di pubblicazione concernenti le prestazioni offerte e i servizi erogati (articoli 32-36). Rientra in questa tipologia la pubblicazione di: carta dei servizi e standard di qualità; tempi medi di pagamento relativi agli acquisiti di beni, servizi e forniture; elenco degli oneri informativi gravanti sui cittadini e sulle imprese; dati relativi alle tipologie di procedimento di competenza di ciascuna amministrazione.
I documenti, le informazioni ed i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria sono pubblicati per un periodo di 5 anni e comunque fino a che producono i loro effetti; per renderli accessibili, sono pubblicati in un apposita sezione denominata «Amministrazione trasparente» nella home page dei siti istituzionali di ciascuna p.a. (articoli 8 e 9). Alla scadenza del termine di durata, i documenti restano comunque disponibili in sezioni di archivio.
Il decreto introduce inoltre la nozione di accesso civico (articolo 5), quale diritto di chiunque di richiedere alle pubbliche amministrazioni i documenti, le informazioni e i dati di cui sopra, oggetto di pubblicazione obbligatoria, nei casi in cui questa sia stata omessa. A differenza del diritto di accesso agli atti di cui alla legge sull’azione amministrativa (L. 241/1990), la richiesta di accesso civico non è sottoposta ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente e non deve essere motivata.
Ogni amministrazione ha inoltre l'obbligo di adottare il Programma triennale per la trasparenza e l'integrità che definisce le misure, i modi e le iniziative volti all'attuazione degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente (articolo 10).
Per assicurare l'attuazione delle misure di trasparenza sono previsti due tipi di vigilanza, a livello diffuso e a livello centrale. In relazione al primo aspetto, ogni amministrazione deve individuare un responsabile per la trasparenza, che di norma coincide con il responsabile per la prevenzione della corruzione previsto dalla legge 190/2012 (articolo 43). A livello centrale, il controllo è affidato all'Autorità nazionale anticorruzione che è titolare di poteri ispettivi nei confronti delle singole amministrazioni e può ordinare l'adozione o la rimozione di atti e comportamenti da parte delle stesse (articolo 45). Sia l'inadempimento degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, sia la mancata predisposizione del Programma triennale per la trasparenza costituiscono elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale, eventuale causa di responsabilità per danno all'immagine dell'amministrazione e sono valutati ai fini della retribuzione di risultato e del trattamento economico accessorio collegato alle performance dei dirigenti. Il decreto prevede altresì alcune sanzioni amministrative pecuniarie solo nelle ipotesi di violazione degli obblighi di pubblicazione relativi agli organi di indirizzo politico, nonché a quelli relativi ad enti vigilati o controllati e società partecipate (articoli 46 e 47).
I primi 14 commi della legge 190/2012 recano disposizioni in materia di prevenzione della corruzione articolati in una serie di strumenti ed attività.
Il Piano nazionale anticorruzione (PNA) è predisposto dal Dipartimento della funzione pubblica ed è approvato dall’Autorità anticorruzione (art. 1, co. 2). Il piano è finalizzato all’attuazione coordinata delle strategie di prevenzione e contrasto della corruzione e dell’illegalità nella p.a. Le pubbliche amministrazioni approvano con cadenza triennale piani per la prevenzione della corruzione. Sono tenuti a dotarsi dei piani le amministrazioni centrali, ivi compresi gli enti pubblici non economici nazionali, le agenzie, le università e le altre amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001, comprese le amministrazioni delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano e degli enti locali, nonché gli enti pubblici (Linee di indirizzo per la predisposizione del Piano nazionale anticorruzione).
Ogni anno, l’Autorità anticorruzione presenta al Parlamento una relazione, entro il 31 dicembre, sull'attività di contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione e sull'efficacia delle disposizioni vigenti in materia.
L’attuazione delle disposizioni recate dal decreto legislativo 33/2013 (così come del decreto legislativo 39/2013 in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi anch’esso di attuazione delle legge ainticorruzione) ha posto diversi problemi applicativi come segnalato in più occasioni dall’ANAC che nell’aprile del 2014 ha trasmesso al Governo un documento sui Problemi aperti in materia di prevenzione della corruzione, trasparenza e performance e proposte di semplificazione.
L’Autorità ha espresso numerosi pareri ed orientamenti sull’applicazione delle disposizioni sia in materia di inconferibilità di incarichi e incompatibilità che di trasparenza.
In materia di trasparenza l’attività consultiva dell’Autorità è stata considerevole a causa dei molteplici quesiti pervenuti. Da queste emergono almeno tre cause alla fonte dei quesiti (ANAC, Rapporto sul primo anno di attuazione della legge 6 novembre 2012, n. 190, 27 dicembre 2013, doc. XXVII, n. 8, p. 48):
· la sostenibilità amministrativa delle nuove disposizioni, collegata alla necessità di adattare una disciplina uniforme ad enti estremamente diversificati;
· la difficoltà di certe amministrazioni ad adeguarsi ai nuovi principi ed istituti;
· le “oscurità” del testo normativo e la ridondanza nei numerosi obblighi di pubblicazione vigenti.
L’Autorità ha avanzato dei suggerimenti in una proposta di interventi di semplificazione degli obblighi di trasparenza trasmessa al Governo (la notizia nella Relazione annuale sull’attività svolta, 1° gennaio - 22 aprile 2014).
Si segnala, infine, la Relazione annuale 2014 (2 luglio 2015), ed in particolare il capitolo 13 relativo a “I limiti della normativa vigente e qualche ipotesi di correzione”.
Gli articoli 1, 2 e 3 recano alcune disposizioni di carattere generale.
L’articolo 1 modifica il titolo del decreto legislativo integrando l’oggetto del provvedimento: accanto agli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni della pubbliche amministrazioni, si fa riferimento anche al diritto di accesso civico.
L'articolo 2, novellando l'articolo 1, comma 1, del D.Lgs. 33/2013, modifica la nozione del principio generale di trasparenza, che è ora intesa come accessibilità totale dei dati e dei documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni (e non più semplicemente come accessibilità totale delle informazioni relative all’organizzazione e all’attività delle pubbliche amministrazioni) ed è volta non solo a favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche, ma anche, più in generale, a tutelare i diritti fondamentali.
L'articolo 3, comma 1, che modifica l'articolo 2, comma 1, del D.Lgs. 33/2013, individua più puntualmente l’oggetto del decreto legislativo nella disciplina della libertà di accesso ai dati e ai documenti detenuti sia dalle pubbliche amministrazioni, sia agli enti pubblici e alle società controllate o partecipate da amministrazioni pubbliche, come specificate dall’articolo 2-bis.
Tale diritto può essere esercitato da ”chiunque” e quindi – sembra doversi intendere - non solo dai cittadini italiani, ma anche dagli stranieri.
Si chiarisce che la libertà di accesso trova un limite nella tutela di interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti (limiti che sono individuati concretamente dal nuovo articolo 7-bis) e che può essere esercitata attraverso due strumenti: la pubblicazione (obbligatoria) dei documenti delle p.a. relative alla propria organizzazione e attività e l’accesso civico, nella duplice accezione sia di diritto di accedere ai documenti che le pubbliche amministrazioni hanno omesso di pubblicare nonostante fossero obbligate per legge, sia di diritto di informazione generalizzata su tutti gli atti (anche quelli non sottoposti a pubblicazione obbligatoria), pur nei limiti sopra indicati.
L'articolo 3, comma 2, introduce l’articolo 2-bis in sostituzione dell’articolo 11 del D.Lgs. 33/2015 (contestualmente abrogato dall’art. 43 dello schema).
Il nuovo articolo 2-bis modifica l’ambito di applicazione della disciplina della trasparenza, modificando l’elenco dei soggetti in capo ai quali gravano gli obblighi di pubblicazione e nei confronti dei quali può esser fatto valere il nuovo diritto di informazione.
La disciplina si applica, innanzitutto, come già previsto dalla norma vigente, alle pubbliche amministrazioni (come individuate dal D.Lgs. 165/2001, art. 1, comma 2) comprese le autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione.
La stessa disciplina, “in quanto compatibile”, come specificato dalla disposizione in esame, si applica altresì:
· agli enti pubblici economici, alle autorità portuali e agli ordini professionali (co. 2, lett. a). Il precedente testo faceva invece riferimento agli enti di diritto pubblico non territoriali nazionali, regionali o locali, comunque denominati, istituiti, vigilati, finanziati dalla pubblica amministrazione che conferisce l'incarico, ovvero i cui amministratori siano da questa nominati.
· alle società in controllo pubblico (di cui all’articolo 2 del decreto legislativo emanato in attuazione dell’art. 18 della legge 124/2015, non ancora approvato, vedi infra) escluse quelle che emettono azioni quotate in mercati regolamentati e le società che - prima del 31 dicembre 2015 - hanno emesso strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati nonché le società partecipate dalle une o dalle altre;
· alle associazioni, le fondazioni e gli enti di diritto privato, anche privi di personalità giuridica, la cui attività sia finanziata in modo maggioritario da pubbliche amministrazioni o in cui la totalità o la maggioranza dei titolari dell’organo di amministrazione o indirizzo sia designata da pubbliche amministrazioni.
La disciplina in materia di trasparenza viene in questo modo ad estendersi a tutte le attività delle citate società in controllo pubblico e delle predette associazioni, fondazioni e degli enti di diritto privato, e non solamente all’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea (come previsto dal vigente comma 2, lett. b), salvo quanto previsto infra.
· alle società partecipate dalle pubbliche amministrazioni (di cui all’articolo 2 del decreto legislativo emanato in attuazione dell’art. 18 della legge 124/2015, non ancora trasmesso alle Camere, vedi infra), attualmente sottoposte al regime di trasparenza più attenuato recato dalla legge 190/2012 (art. 1, commi da 15 a 33, che prevede la pubblicazione delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi), le associazioni, le fondazioni e gli enti di diritto privato, anche privi di personalità giuridica, che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici o nei quali sono riconosciuti alle pubbliche amministrazioni poteri di nomina di componenti degli organi di governo. Per questi soggetti permane il limite della applicazione della disciplina all’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea permane, oltre a quello generale della compatibilità con l’ordinamento interno.
Da rilevare che l’identificazione delle società controllate e
partecipate viene fatta attraverso il rinvio alle definizione recata dall’art.
2 del decreto legislativo di attuazione dell’art. 18 della legge 124/2015, il
cui schema non è ancora stato trasmesso alle Camere.
Per quanto riguarda le associazioni, le fondazioni e gli enti di diritto privato, anche privi di personalità giuridica, viene dunque prevista una distinzione a seconda che la relativa attività sia finanziata in modo maggioritario da pubbliche amministrazioni o in cui la totalità o la maggioranza dei titolari dell’organo di amministrazione o indirizzo sia designata da pubbliche amministrazioni ovvero che esercitino funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici o nei quali sono riconosciuti alle pubbliche amministrazioni poteri di nomina di componenti degli organi di governo. In quest’ultimo caso, infatti, la disciplina prevista per le pubbliche amministrazioni si applica a tali soggetti limitatamente, come si è detto, ai dati e ai documenti inerenti all'attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell'Unione europea.
Nella circolare
del Dipartimento della funzione pubblica 1/2014 è
specificato come attualmente gli obblighi di pubblicazione gravanti sull'ente
di diritto privato che svolge attività di pubblico interesse, in linea con il
concetto di trasparenza recepito dal D.Lgs. n.
33/2013, riguardino l'organizzazione e l'attività degli enti, per quest'ultima
limitatamente a quella svolta nella cura di interessi pubblici e disciplinata
dal diritto nazionale o dell'Unione europea, escludendosi dall'applicazione
della disciplina sulla trasparenza l'attività di carattere esclusivamente
privatistico. L'attività di pubblico interesse è quella riferibile
all'esercizio di funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi
a favore delle amministrazioni pubbliche, di gestione di servizi pubblici o di
concessione di beni pubblici.
Il vigente art. 11 del D.Lgs. 33/2013
individua tra i destinatari:
-
le
pubbliche amministrazioni, di cui all'art. 1, comma 2, del D.Lgs.
165/2001;
-
le
società partecipate dalle pubbliche amministrazioni e le società da esse
controllate, ai sensi dell'art. 2359 cod. civ. "limitatamente alle
attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell'Unione
europea" per quanto riguarda le disposizioni dei commi da 15 a 33;
-
le
autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione, che tuttavia
dovranno provvedere "secondo le disposizioni dei rispettivi
ordinamenti", nel rispetto del loro status indipendente.
L'art. 11 si riferisce esplicitamente, dunque, per quanto riguarda
l'individuazione dei soggetti di diritto privato destinatari degli obblighi
integrali di trasparenza, alle sole "società partecipate" e alle
"società da esse controllate, ai sensi dell'art. 2359 cod. civ.".
Esso contiene, in definitiva, una nozione sicuramente più ristretta di
quella di "enti di diritto privato in controllo pubblico", contenuta
nel successivo art. 22 e nell'art. 1 del D.Lgs. n.
39/2013 (in materia di inconferibilità e
incompatibilità di incarichi).
L'art. 22 del D.Lgs. 33/2013, recante
"Obblighi di pubblicazione dei dati relativi agli enti pubblici vigilati,
e agli enti di diritto privato in controllo pubblico, nonché alle
partecipazioni in società di diritto privato", include nel novero degli
"enti di diritto privato in controllo pubblico":
-
gli enti
pubblici istituiti, vigilati e finanziati da una pubblica amministrazione; - le
società partecipate;
-
gli enti
di diritto privato, comunque denominati, sottoposti al controllo
dell'amministrazione; ponendo a loro carico una serie di obblighi di
pubblicità, volti a rendere conoscibili, mediante la pubblicazione sul sito
dell'amministrazione interessata, tutte le scelte organizzative da essa
compiute relativamente alla cura degli interessi pubblici che le sono assegnati
dalla legge.
Nei confronti delle società, cosiddette di secondo livello,
indirettamente controllate dalle pubbliche amministrazioni per il tramite di
società direttamente controllate, l'art. 22 del D.Lgs.
33/2013 pone invece a carico di quest'ultime l'obbligo di
"promuovere" l'applicazione dei "principi" di trasparenza.
La Tabella 1, allegata al D.Lgs. 33/2013,
riprende la definizione contenuta nell'art. 22 e individua tra gli "Enti
controllati", soggetti agli obblighi di trasparenza:
a) gli enti pubblici vigilati,
b) le società partecipate,
c) gli enti di diritto privato controllati.
Nella predetta circolare, al fine di assicurare
un'interpretazione sistematicamente coerente tra le disposizioni della legge
anticorruzione n. 190 del 2012 e quelle dei decreti legislativi conseguenti, n.
33 e n. 39 del 2013, è stato chiarito che le società partecipate da
amministrazioni pubbliche che emettono
strumenti finanziari, quotati in mercati regolamentati, pur non
espressamente richiamate dal D.Lgs. 33/2013, non possono ritenersi soggette agli
obblighi di trasparenza indicati dal D.Lgs. 33/2013,
per evidenti ragioni di pubblico interesse e di coordinamento con le
disposizioni di cui al D.Lgs. n. 39 del 2013 (nel
quale sono espressamente indicate), al pari delle società partecipate quotate
in mercati regolamentati e delle loro controllate (invece indicate dall'art.
22, comma 6, del D.Lgs. 33/2013).
E’ stato altresì precisato, nella circolare, che “l'attuazione
della disciplina in tema di trasparenza interessa tutte le pubbliche
amministrazioni in un'accezione che va necessariamente declinata al plurale,
includendovi tutti i soggetti che perseguono finalità di interesse generale con
l'utilizzo di risorse pubbliche. Appare infatti evidente la volontà del legislatore
di includere nell'ambito soggettivo delle pubbliche amministrazioni tutti quei
soggetti che, indipendentemente dalla loro formale veste giuridica, perseguono finalità di interesse pubblico,
in virtù di un affidamento diretto o di un rapporto autorizzatorio
o concessorio (e che, proprio in ragione di tale
rapporto privilegiato con la pubblica amministrazione, possono vantare una
posizione differenziata rispetto agli altri operatori di mercato) e che
gestiscono o dispongono di risorse pubbliche”.
E’ stato dunque ritenuto che tra i soggetti tenuti al
rispetto degli obblighi di trasparenza vadano inclusi gli enti pubblici
economici e tutti gli altri soggetti privati, che, al di là della loro veste
giuridica, svolgano "attività di pubblico interesse".
Per definire meglio la nozione di "attività di pubblico interesse" è stato fatto riferimento anche alla definizione di "enti di diritto privato in controllo pubblico", pressochè coeva e rispondente alle stesse finalità, contenuta nel D.Lgs. n. 39 del 2013, che fa riferimento a "le società e gli altri enti di diritto privato, comunque denominati, che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici, sottoposti a controllo ai sensi dell'articolo 2359 c.c. da parte di amministrazioni pubbliche, oppure gli enti nei quali siano riconosciuti alle pubbliche amministrazioni, anche in assenza di una partecipazione azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi" (art. 1, comma 2, lett. c). Questa definizione contiene una serie di indicatori di sostanziale pubblicità delle attività svolte dagli enti, anche se la forma giuridica di tali enti è di diritto privato. Così come le norme sulla inconferibilità e incompatibilità sono volte a superare l'elemento formale della natura giuridica dell'ente a favore della natura sostanziale delle attività svolte, lo stesso vale per la trasparenza: se gli enti di diritto privato svolgono attività del tipo esemplificato, corrispondenti alle attività di pubblico interesse, ad esse (e per quella parte dell'organizzazione che le coinvolge) si devono applicare le regole sulla trasparenza.
E’ stato altresì precisato come una lettura integrata
delle disposizioni dell'art. 11 e dell'art. 22 del D.Lgs.
33/2013 conduce a ritenere che tra gli enti privati in controllo pubblico rientrino le "società controllate ai sensi
dell'articolo 2359 c.c.", che devono essere sottoposte all'integrale
applicazione delle regole di trasparenza, mentre alle società partecipate (con
partecipazione minoritaria o comunque diversa da quella descritta dall'art.
2359 c.c.), le regole di trasparenza si dovranno applicare
"limitatamente", e con le conseguenze che ne derivano, alla
"loro attività di pubblico interesse".
Nella circolare si evidenzia come tale interpretazione
si riveli del tutto aderente e conforme all'orientamento interpretativo, ormai
ampiamente consolidato, della giurisprudenza
amministrativa interna e, soprattutto, di quella comunitaria, secondo la
quale nel novero dei soggetti pubblici, comunque tenuti al rispetto degli
obblighi di trasparenza, va ricompreso "l'ente o il soggetto, il quale,
indipendentemente dalla sua forma giuridica, sia stato incaricato, con atto
della pubblica autorità, di prestare, sotto il controllo o la vigilanza di
quest'ultima, un servizio o un'attività
di interesse pubblico e che disponga a questo scopo di poteri più ampi di
quelli risultanti dalle disposizioni che si applicano nei rapporti tra
privati" .
Nei casi in cui
il controllo venga esercitato da parte di più amministrazioni, la disciplina
deve essere interpretata nel senso che si ha comunque controllo pubblico quando
il controllo e i poteri di nomina relativi allo stesso ente di diritto privato
sono attribuiti anche a più di una pubblica amministrazione. A prescindere
dalla forma giuridica e dall'assetto organizzativo, pertanto, è stato ritenuto
che tra i soggetti tenuti al rispetto degli obblighi di trasparenza siano da
ricomprendere anche le fondazioni e
le associazioni private in controllo
pubblico, nonché gli enti pubblici
economici, destinati a svolgere la propria attività sul mercato o
nell'erogazione di servizi pubblici secondo regole e con strumenti di diritto
privato (sia per quanto riguarda la loro organizzazione pubblicistica, con
riferimento agli obblighi posti a carico degli organi di indirizzo e dei
titolari di uffici e incarichi amministrativi, sia per quanto concerne lo
svolgimento della loro attività, ogniqualvolta essa possa rientrare nella
nozione di "attività di pubblico interesse").
Rispetto alla normativa vigente, lo schema di decreto prevede
l’applicazione della disciplina agli enti diversi dalle pubbliche
amministrazioni (di cui all’art. 1, comma 2, D.Lgs. n.
165/2001) “in quanto compatibile”.
Appaiono meritevoli di approfondimento le conseguenze della clausola di
compatibilità, con riguardo, ad esempio, ad enti quali le associazioni private,
per le quali andrebbero chiarite le modalità di applicazione della disciplina,
con particolare riferimento a quella sull’accesso civico.
L’articolo 4 modifica l’articolo 3 del D.Lgs. 33/2013, precisando che anche i dati oggetto di accesso civico, oltre a quelli oggetto di pubblicazione obbligatoria, sono conoscibili da parte di tutti.
Inoltre, introduce due forme di semplificazione relative alla pubblicazione obbligatoria di documenti.
La prima (comma 1-bis), prevede la possibilità di pubblicare informazioni riassuntive in sostituzione della pubblicazione integrale qualora siano coinvolti dati personali. Spetta all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) individuare i dati oggetto di pubblicazione riassuntiva con propria delibera da adottare con il parere del Garante della privacy e previa consultazione pubblica.
Resta ferma la possibilità di accedere ai dati in forma integrale attraverso l’attivazione dell’accesso civico aperto ai sensi del rinnovato articolo 5.
Si ricorda che riguardo al comma 1-bis, con il quale si attribuisce all’ANAC il potere di definire i
casi in cui la pubblicazione in forma integrale dei dati prevista dalla legge è
sostituita con quella di informazioni riassuntive, elaborate per aggregazione,
il Consiglio di Stato, nel parere reso sullo schema di provvedimento, ha
evidenziato come ci si trovi di fronte ad una forma di delegificazione normativa che appare giustificabile esclusivamente
dall’interpretazione funzionale, consentita dai criteri di delega, che limiti
la finalizzazione di tale potere all’effettiva semplificazione ed alla
correlata riduzione degli oneri.
La seconda (comma l-ter) introduce una sorta di "clausola di flessibilità" che
consente all'Autorità nazionale anticorruzione, in sede di Piano nazionale
anticorruzione, di modulare gli obblighi di pubblicazione e le relative
modalità di attuazione in relazione alla natura dei soggetti, alla loro
dimensione organizzativa e alle attività svolte. Si prevedono in particolare modalità semplificate per i piccoli comuni sotto i 15.000 abitanti
e per gli organi [rectius;
ordini] e collegi professionali.
L’articolo 5, introduce l’articolo 4-bis che istituisce un nuovo sito internet, senza aggravio per le finanze pubbliche, denominato "Soldi pubblici” che favorire la trasparenza nell’utilizzo delle risorse pubbliche fine di migliorare la comprensione sui dati della spesa delle pubbliche amministrazioni. Il sito, gestito dall’Agenzia per l’Italia digitale (AGID) d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, deve consentire l’accesso e la consultazione dei dati dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni in relazione alla tipologia di spesa sostenuta, alle amministrazioni che l'hanno effettuata e all'ambito temporale di riferimento.
Si ricorda che tra i criteri di delega di cui all’ articolo 7, comma 1, lettera b), è altresì prevista (al numero 3)) la pubblicazione nel sito istituzionale dell'ente di appartenenza delle informazioni concernenti il tempo medio dei pagamenti relativi agli acquisti di beni, servizi, prestazioni professionali e forniture, l'ammontare complessivo dei debiti e il numero delle imprese creditrici, aggiornati periodicamente.
Secondo il Consiglio di Stato, nel parere reso sullo schema di provvedimento, “la previsione deve raggiungere un maggior grado di dettaglio, come richiesto specificamente dalla legge delega (articolo 7, comma 1, lettera b), n. 3), con riguardo, specificamente, anche: al tempo medio dei pagamenti relativi agli acquisti di beni, servizi, prestazioni professionali e forniture, all’ammontare complessivo dei debiti ed al numero delle imprese creditrici, ed all’aggiornamento periodico di tali dati. Del resto, la fornitura dettagliata di siffatta tipologia di dati risponde chiaramente all’interesse della collettività di avere accesso a dati puntuali, e non dunque generici, sulle modalità di impiego delle pubbliche risorse”.
Gli articoli 19, 20, 21 e 22 del D.L. 83/2012 hanno disposto una razionalizzazione delle funzioni pubbliche in materia di innovazione tecnologica e di digitalizzazione della pubblica amministrazione, con la creazione dell’Agenzia per l'Italia digitale.
Alla nuova Agenzia sono state attribuite le funzioni precedentemente espletate dall’Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione, parte di quelle della DigitPA (enti che vengono contestualmente soppressi), nonché quelle facenti capo al Dipartimento per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e l’innovazione tecnologica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, destinato ad essere riorganizzato con successivo decreto del Presidente del Consiglio (non ancora emanato). All'Agenzia sono trasferite anche le funzioni in materia di sicurezza delle reti svolte dall'Istituto superiore delle comunicazioni e delle tecnologie dell'informazione.
Parte delle funzioni della soppressa DigitPA sono invece state trasferite alla Consip cui competono le attività amministrative, contrattuali e strumentali, già attribuite a DigitPA, ai fini della realizzazione e gestione dei progetti in materia di digitalizzazione delle p.a. (D.L. 83/2012, art. 20, comma 4).
L'Agenzia ha tra gli altri i seguenti compiti:
- assicurare il coordinamento informatico dell'amministrazione statale, regionale e locale, in attuazione dell'articolo 117, comma 2, lettera r), della Costituzione;
- contribuire alla diffusione dell'utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, allo scopo di favorire l'innovazione e la crescita economica;
- elaborare indirizzi, regole tecniche e linee guida in materia di omogeneità dei linguaggi, delle procedure e degli standard per la piena interoperabilità e uniformità dei sistemi informatici della pubblica amministrazione;
- vigilare sulla qualità dei servizi e sulla razionalizzazione della spesa informatica della pubblica amministrazione;
- promuove e diffondere le iniziative di alfabetizzazione digitale.
L'Agenzia inoltre è competente per la definizione e lo sviluppo dei grandi progetti strategici di ricerca e innovazione nell’ambito della realizzazione dell'Agenda digitale italiana e in conformità al programma europeo Horizon2020, con l'obiettivo di favorire lo sviluppo delle comunità intelligenti, la produzione di beni pubblici rilevanti, la rete a banda ultralarga, fissa e mobile, la valorizzazione digitale dei beni culturali e paesaggistici, la sostenibilità ambientale, i trasporti e la logistica, la difesa e la sicurezza, nonché al fine di mantenere e incrementare la presenza sul territorio nazionale di significative competenze di ricerca e innovazione industriale.
Inoltre, si prevede che ciascuna amministrazione pubblichi sul proprio sito (nella sezione Amministrazione trasparente” di cui all’articolo 9, comma 1) i dati dei propri pagamenti indicando anche i soggetti destinatari dei pagamenti.
Restano ferme le disposizioni in materia di spese per il personale disciplinate dai successivi commi da 15 a 20.
L’articolo 6, introduce un diritto di accesso civico più ampio di quello contenuto nell’articolo 5 del D.Lgs. 33/2013, che richiama quello tipico degli ordinamenti giuridici dell'area anglosassone, la cui trasposizione legislativa è nota come Freedom of Information Act (FOIA), e diffuso, con alcune varianti, anche in alcuni Paesi del Nord Europa (si veda in proposito il paragrafo Il diritto di accesso in prospettiva comparata). Si tratta di un sistema generale di pubblicità che assicura a tutti un ampio accesso alle informazioni detenute dalle autorità pubbliche, ad esclusione di un elenco tassativo di atti sottoposti a regime di riservatezza.
La norma in esame attua un esplicito principio di delega contenuto nell’articolo 7, comma 1, lett. h) della legge 124/2015.
Attualmente l’ordinamento prevede due modalità di accesso agli atti delle p.a. In base alla legge sul procedimento amministrativo (L. 241/1990), possono chiedere di accedere agli atti delle p.a. i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso. Sono accessibili tutti i documenti detenuti dalle p.a. (ad eccezione di quelli secretati) che concernono una attività di pubblico interesse (art. 22 e seguenti).
Il decreto legislativo 33/2013, oggetto di novella da parte del provvedimento in esame, ha introdotto una nuova modalità di accesso, l’accesso civico, ossia il diritto di chiunque, anche di chi non ha un interesse diretto, di prendere visione di documenti per i quali la legge stabilisce un preciso obbligo di pubblicazione in capo ad una amministrazione pubblica. Il diritto di accesso civico può essere fatto valere, ovviamente, in caso di mancata pubblicazione dell’atto in questione.
Il nuovo diritto di informazione è disciplinato dal nuovo comma 2 dell’articolo 5, che sancisce il diritto di chiunque di accedere ai dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori a quelli sottoposti ad obbligo di pubblicazione, con il limite del rispetto degli interessi pubblici e privati “giuridicamente rilevanti” (specificati successivamente nel nuovo art. 5-bis).
La disposizione precisa che lo scopo dell’esercizio del diritto risiede sia nel controllo diffuso sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche, sia nella promozione della partecipazione al dibattito pubblico.
La nuova disciplina dell’accesso civico viene strutturata come segue: rimane inalterato quanto disposto dal comma 1 dell’art. 5 del D.Lgs. 33/2013, che sancisce il diritto di accesso ai documenti sui quali grava l’onere di pubblicazione.
Il successivo comma 2 introduce il nuovo diritto di accesso.
Entrambe le fattispecie sono accomunate sotto la medesima definizione di accesso civico, anche se quest’ultimo è esercitabile nei confronti di una serie definita di documenti (quelli per i quali è prevista la pubblicazione), mentre quello introdotto dall’articolo in esame, al contrario, è di tipo aperto avendo ad oggetto una serie più ampia di dati e documenti, con i limiti individuati dal successivo articolo 5-bis.
Le modalità di esercizio del diritto di accesso sono comuni alle due fattispecie e sono disciplinate dai commi 3 e seguenti dell’art. 5, opportunamente adattati e integrati dall’articolo 6 del provvedimento in esame.
Viene confermato che l’esercizio del diritto di accesso non è sottoposto ad alcun limite quanto alla legittimazione soggettiva e che non richiede motivazione. Viene però introdotto l’obbligo di identificare “chiaramente” i dati richiesti, non previsto dalla versione vigente.
Secondo il parere del Consiglio di Stato “appare incongruo che l’istanza di accesso civico, considerati i suoi presupposti e le sue finalità, debba essere già in grado di identificare “chiaramente” i dati, le informazioni o i documenti richiesti, contravvenendosi allo scopo per cui il nuovo istituto è oggetto di implementazione. Può farsi l’esempio della richiesta di notizie circa la situazione affittuaria di un immobile di proprietà di una amministrazione pubblica, per il quale potrebbe essere pretesa l’indicazione dei dati catastali al fine dell’esercizio del diritto di accesso civico. È, pertanto, opportuno che il suddetto avverbio venga espunto e sostituito, al più, con la locuzione natura ed oggetto”.
Con la norma in esame, cambia anche il soggetto destinatario della richiesta. Attualmente (ricordiamo per il solo accesso civico chiuso) le istanze vanno presentate al responsabile della trasparenza dell’amministrazione obbligata alla pubblicazione. Nella nuova formulazione si prevede che le istanze siano presentate, in alternativa:
· all’ufficio che detiene i dati richiesti;
· all’ufficio relazioni con il pubblico (URP);
· ad altro ufficio indicato dall’amministrazione nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito istituzionale.
Si mantiene dunque, anche per l’accesso diffuso, il principio della presentazione dell’istanza alla amministrazione che ha la disponibilità dei dati richiesti, prevista nel caso di accesso civico chiuso.
Solamente nel caso di accesso civico chiuso, l’istanza può essere presentata al responsabile della prevenzione corruzione e della trasparenza, ossia al soggetto che assorbe le funzioni del responsabile della trasparenza, soppresso dal provvedimento in esame.
Altra novità riguarda l’espressa previsione della possibilità di trasmissione dell’istanza per via telematica, secondo le modalità ordinarie previste dal codice dell’amministrazione digitale.
Inoltre, viene introdotto un rimborso del costo sostenuto dall’amministrazione per il rilascio dei dati, in formato cartaceo o digitale, senza individuare, tuttavia, le procedure di determinazione del rimborso dovuto e se questo sia dovuto solamente per la copertura dei meri costi di riproduzione dei dati o anche per il loro reperimento.
Esclusivamente nel caso di accesso civico aperto, si prevede che in presenza di soggetti controinteressati, l'amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso deve darne comunicazione agli stessi. Costoro entro 10 giorni dalla ricezione della comunicazione, possono presentare opposizione motivata. Decorso invano tale termine, la pubblica amministrazione provvede sulla richiesta (art. 5, comma 4, D.Lgs. 33/2013).
In caso di accoglimento della richiesta, l’amministrazione interessata entro 30 giorni è tenuta a trasmettere i dati richiesti, o, se si tratta di dati sottoposti ad obbligo di pubblicazione, a pubblicare il documento sul sito e a comunicarlo al richiedente indicando il relativo collegamento ipertestuale. Viene soppressa la previsione della indicazione del relativo link nel caso il documento risulti già pubblicato e viene introdotto una sorta di silenzio-rigetto: l’amministrazione non è tenuta a motivare il diniego, infatti decorsi inutilmente i 30 giorni dalla richiesta questa si intende respinta.
Andrebbe in proposito valutata la congruità del termine fisso di 30
giorni, nei casi vi siano controinteressati ai sensi del comma 4, considerato
il tempo necessario per l’opposizione dei controinteressati.
La possibilità di fare opposizione dipende infatti, per i controinteressati dalla ricezione della raccomandata (che potrebbe avere, in ipotesi, ritardi anche superiori ai 30 giorni).
In proposito il Consiglio di Stato evidenzia l’opportunità di sospendere il termine per l’amministrazione nello spatium temporale di dieci giorni in cui i controinteressati possono avvalersi della facoltà di presentare opposizione.
Nei casi di diniego totale o parziale dell' accesso o di mancata risposta entro il termine previsto, è ammesso solo il ricorso al tribunale amministrativo regionale competente, ai sensi del codice del processo amministrativo (D.Lgs. 104/2010), mentre attualmente si prevede il ricorso interno al titolare del potere sostitutivo - individuato da ciascuna amministrazione - che agisce in caso di inerzia nell’ambito dello svolgimento del procedimento amministrativo (come stabilito dall’art. 2, comma 9-bis, della legge 241/1990). Il ricorso interno non esclude la tutela del giudice amministrativo cui sono devolute in generale le controversie in materia di accesso.
Infine, si prevede che l’obbligo di segnalazione da parte del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza all’ufficio di disciplina (ai sensi dell'articolo 43 del decreto legislativo 33/2013), si applichi solo nel caso di inadempienza nei confronti di richiesta di accesso civico di dati oggetto di pubblicazione obbligatoria e non anche in caso di accesso civico aperto.
Andrebbe valutata l’opportunità di prevedere che il rifiuto
dell’accesso, salvi i limiti e i casi di esclusione, debba essere comunque
motivato, anche in forma sintetica.
Secondo il Consiglio di Stato, al cittadino “decorsi invano trenta giorni non […] resterebbe che l’incombenza di agire in giudizio per vedere riconosciute le proprie ragioni, senza peraltro conoscere quelle per cui l’amministrazione gli ha negato determinate informazioni”:
Come si è detto, il diritto di accesso civico è bilanciato da una serie di limiti al suo esercizio indicati nel nuovo articolo 5-bis, mentre i limiti agli obblighi di pubblicazione (e quindi indirettamente all’accesso civico vigente) rimangono quelli definiti dall’articolo 4, trasfuso, per motivi di coordinamento formale, nel nuovo articolo 7-bis e abrogato dall’articolo 43.
L'articolo 5-bis individua dunque gli interessi pubblici e gli interessi privati a tutela dei quali è necessario rifiutare la richiesta di accesso civico.
Gli interessi pubblici sono quelli relativi a:
· sicurezza pubblica;
· sicurezza nazionale;
· difesa e questioni militari;
· relazioni internazionali;
· politica e stabilità finanziaria ed economica dello Stato;
· conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento;
· regolare svolgimento di attività ispettive.
Gli interessi privati sono i seguenti:
· protezione dei dati personali;
· libertà e segretezza della corrispondenza;
· interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, compresi la proprietà intellettuale, il diritto d'autore e i segreti commerciali.
Inoltre, è escluso il diritto di accesso nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l'accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all'articolo 24, comma l, della legge 241/1990.
Tale disposizione esclude dal diritto di accesso, oltre ai documenti coperti da segreto di Stato e quelli per i quali il divieto di divulgazione è espressamente previsto dalla legge, i documenti relativi:
· ai procedimenti tributari;
· all’attività della pubblica amministrazione diretta all'emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione;
· ai procedimenti selettivi, nei confronti dei documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale relativi a terzi.
Spetta alle singole amministrazioni individuare concretamente le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all'accesso.
Inoltre, non sono ammissibili le istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell'operato delle pubbliche amministrazioni.
Il nuovo articolo 5-ter disciplina l'accesso per fini scientifici ai dati elementari raccolti per finalità statistiche dagli enti che compongono il Sistema statistico nazionale, rimettendo al Comitato di indirizzo e coordinamento dell’informazione statistica (Comstat) l'adozione di linee guida che fissano le modalità attuative della disposizione.
I dati elementari devono essere privi di ogni riferimento e permetta l’identificazione diretta delle unità statistiche.
In proposito si ricorda che l’ISTAT ha istituito il Laboratorio A.D.ELE. (per l’Analisi dei Dati ELEmentari) in cui i ricercatori possono condurre analisi statistiche che necessitano dell'utilizzo di dati elementari, laddove non siano sufficienti le informazioni già disponibili con altri strumenti datawarehouse I.Stat, produzione editoriale, tavole di dati, banche dati, file di microdati, elaborazioni personalizzate). A queste ricerche si applica il Codice di deontologia per i trattamenti statistici effettuati al di fuori del Sistan (allegato A.4 del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196).
L’accesso per fini statistici è sottoposto ad una serie di condizioni quali:
· possono richiedere l'accesso ricercatori appartenenti a università, enti di ricerca e istituzioni pubbliche o private inseriti nell'elenco redatto dall'autorità statistica dell'Unione europea (Eurostat) o che risultino in possesso dei requisiti stabiliti dal Comstat nelle aposite linee guida;
· il richiedente deve sottoscrivere un impegno di riservatezza specificante le condizioni di utilizzo dei dati, gli obblighi dei ricercatori, i provvedimenti previsti in caso di violazione degli impegni assunti, nonché le misure adottate per tutelare la riservatezza dei dati;
· deve essere presentata una proposta di ricerca ritenuta adeguata dal medesimo soggetto del Sistan che concede l'accesso. La proposta deve contenere:
- lo scopo della ricerca
- il motivo per il quale tale scopo non può essere conseguito altrimenti;
- i ricercatori che hanno accesso ai dati;
- i dati richiesti;
- i metodi di ricerca;
- i risultati che si intendono diffondere;
· alla proposta di ricerca devono essere allegate dichiarazioni di riservatezza sottoscritte dai singoli ricercatori
· è vietato effettuare trattamenti diversi da quelli previsti nel progetto di ricerca, conservare i dati elementari oltre i termini di durata del progetto, comunicare i dati a terzi e diffonderli, pena l'applicazione della sanzione di cui all'art. 162, comma 2-bis del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (che prevede la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro).
Nel contempo i detentori dei dati elementari richiesti devono metterli a disposizione dei ricercatori sotto forma di file a cui sono stati applicati metodi di controllo al fine di non permettere l'identificazione dell'unità statistica. Possono evitare di applicare tali metodi solo in caso di motivata richiesta e in presenza di particolari condizioni di sicurezza.
Come si è detto il Comstat, sentito il Garante della privacy e avvalendosi dell’ISTAT stabilisce le linee guida per l’attuazione delle disposizioni del presente articolo, con atto da emanarsi ai sensi dell'articolo 3, comma 6, del DPR 166/2010; tale disposizione prevede che il Comstat può emanare direttive vincolanti (sottoposte all’assenso della amministrazione vigilante) nei confronti degli uffici di statistica e atti di indirizzo nei confronti degli altri uffici facenti parte del Sistema statistico nazionale.
Gli articoli da 7 a 11 introducono alcune modifiche alla disciplina generale in materia di obblighi di pubblicazione disciplinati dagli articoli da 6 a 12 del D.Lgs. 33/2012, ora opportunamente raccolti nel nuovo Capo I-ter, introdotto dal provvedimenti in esame, rubricato “Pubblicazione dei dati, delle informazioni e dei documenti”.
Innanzitutto, l'articolo 7 introduce l'articolo 7-bis che, come accennato, riproduce pressoché testualmente il contenuto dell'articolo 4 che fissa i limiti alla trasparenza, ora riferiti esclusivamente agli obblighi di pubblicazione. L’unica differenza con la disposizione vigente risiede nell’introduzione di limiti alla pubblicazione di documenti ulteriori rispetto a quelli obbligatori. Attualmente ogni amministrazione può disporre a propria discrezione la pubblicazione di documenti che non hanno obbligo di pubblicare. La disposizione in commento prevede che tale pubblicazione è sottoposta agli stessi limiti del diritto di accesso aperto, di cui al nuovo articolo 5-bis.
L'articolo 8, che novella l'articolo 8 del D.Lgs. 33/2013, stabilisce che decorso il termine di 5 anni di pubblicazione obbligatoria dei documenti, permane il diritto di accedervi comunque, attraverso l'istituto dell'accesso civico aperto. Inoltre, l'Autorità nazionale anticorruzione può diminuire la durata di pubblicazione obbligatoria, basandosi su una valutazione del rischio corruttivo, sulle esigenze dì semplificazione e delle richieste di accesso.
L'articolo 9 novella l'articolo 9 del D.Lgs. 33/2013, introducendo una serie di misure di semplificazione degli obblighi di pubblicazione volte principalmente ad evitare le duplicazioni, con l’effetto di semplificare l’attività delle pubbliche amministrazioni ed agevolare l'accesso del pubblico ai dati.
In primo luogo, si prevede che la pubblicazione dei documenti nella sezione "Amministrazione trasparente", possa essere sostituita da un collegamento ipertestuale ad altra sezione del sito in cui sono presenti i relativi o documenti.
Inoltre, viene abrogata la disposizione che prevede, una volta scaduto il termine di durata dell'obbligo di pubblicazione, il trasferimento dei documenti all'interno della sezione archivio del sito internet.
Assume particolare rilievo un’altra misura di semplificazione degli obblighi di pubblicazione introdotta dal nuovo articolo 9-bis. Essa prevede che le pubbliche amministrazioni titolari di banche dati assolvono gli obblighi di pubblicazione permettendo l’accesso ai documenti soggetti all’obbligo contenute in dette banche dati.
Nell’allegato B allo schema di decreto legislativo sono indicate le 10 banche dati detenute da pubbliche amministrazioni interessate dalla disposizione e i relativi obblighi di pubblicazione assolti con la condivisione dei dati da esse contenuti.
Si tratta delle seguenti banche dati: Perla PA; SICO; Archivio contratti del settore pubblico; SIQuEL; Patrimonio della PA; Rendiconti dei gruppi consiliari regionali; BDAP; REMS; BDNCP; Servizio Contratti Pubblici.
Inoltre, anche le altre amministrazioni, società ed enti, sottoposti all’obbligo di pubblicazione, ma che non detengono banche dati, sono tenuti a comunicare alle amministrazioni di cui all’allegato B i dati in loro possesso da pubblicare, ai fini del loro inserimento nelle loro banche dati. In questi casi, l’obbligo è assolto con la pubblicazione nella sezione “Amministrazione trasparente” del collegamento ipertestuale con la corrispondente banca dati.
In caso di mancata pubblicazione di un documento nella banca dati, la richiesta di accesso civico va presentata al responsabile anticorruzione dell’amministrazione che detiene la banca dati o all’amministrazione tenuta alla comunicazione, nel caso l’omissione sia ad essa imputabile.
Il provvedimento in esame, novellando il D.Lgs. 33/2013, individua diversi obblighi di pubblicazione che possono essere assolti attraverso il rinvio alle banche dati detenute dalle pubbliche amministrazioni. Si tratta in particolare dei dati relativi a:
· titolari, di cariche di governo, di incarichi amministrativi di vertice, incarichi di collaborazione, incarichi conferiti da società a controllo pubblico (articolo 14 che modifica l’articolo 15);
· conto annuale del personale e delle relative spese sostenute (articolo 15 che modifica l’articolo 16);
· personale, compreso il costo relativo (articolo 16 che modifica l’articolo 17);
· incarichi conferiti ai dipendenti (articolo 17 che modifica l’articolo18);
· contratti e accordi collettivi nazionali, i contratti collettivi integrativi (articolo 20 che modifica l’articolo 21);
· enti pubblici istituiti, vigilati e finanziati, società partecipate, enti privati controllati (articolo 21 che modifica l’articolo 22);
· scelta del contraente dei contratti pubblici (articolo 22 che modifica l’art. 23);
· rendiconti dei gruppi consiliari regionali e provinciali (articolo 24 che modifica l’articolo 28);
· bilanci preventivi e consuntivi delle p.a. (articolo 25 che modifica l’articolo 29);
· informazioni identificative degli immobili (articolo 26 che modifica l’articolo 30);
· indicatori dei tempi medi di pagamento (articolo 29 che modifica l’articolo 33);
· procedure per l’affidamenti e l’esecuzione di opere pubbliche (articolo 31 che modifica l’articolo 37);
· Nuclei di valutazione e verifica degli investimenti pubblici (articolo 32 che modifica l’articolo 38).
L'articolo 10, modificando l'articolo 10 del D.Lgs. 33/2013, sopprime l'obbligo per le pubbliche amministrazioni di redigere il programma triennale per la trasparenza e l'integrità, che viene sostituito con l’indicazione in una apposita sezione del piano triennale di prevenzione della corruzione dell’indicazione dei responsabili della trasmissione e della pubblicazione dei documenti, delle informazioni e dei dati ai sensi del decreto legislativo 33/2013.
Si osserva che il riferimento al soppresso programma triennale è
presente anche al comma 7 dell’articolo 10 che andrebbe abrogato.
Il Programma triennale per la trasparenza e l'integrità, disciplinato dall’articolo 10 vigente del D.Lgs. 33/2013, deve essere adottato da ciascuna amministrazione, sentite le associazioni rappresentate nel Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, e indica le iniziative previste per garantire un adeguato livello di trasparenza, la legalità e lo sviluppo della cultura dell'integrità. Esso definisce le iniziative volte all'attuazione degli obblighi di pubblicazione Le misure del Programma triennale sono collegate con le misure e gli interventi previsti dal Piano di prevenzione della corruzione, di cui costituisce di norma una sezione al suo interno.
Si prevede, inoltre, che gli obiettivi del programma triennale della corruzione devono essere formulati in collegamento con la programmazione strategica e operativa dell'amministrazione, così come definita in via generale nel Piano della performance e negli analoghi strumenti di programmazione previsti negli enti locali.
Il Piano della performance è uno degli strumenti di gestione delle prestazioni delle pubbliche amministrazioni che fa parte del sistema di misurazione e valutazione della performance introdotto con il D.Lgs. 150/2009, che ha innovato profondamente la disciplina dei controlli interni delle pubbliche amministrazioni, stabilendo un sistema indirizzato al miglioramento della qualità dei servizi offerti dalle amministrazioni pubbliche, da raggiungere attraverso la crescita delle competenze professionali, la valorizzazione del merito e l'erogazione dei premi per i risultati perseguiti dai singoli e dalle unità organizzative (il tutto nella massima trasparenza delle informazioni).
Ogni anno ciascuna amministrazione è tenuta a redigere e a rendere pubblici un documento programmatico triennale, denominato, "piano della performance", da adottare entro il 31 gennaio in coerenza con i contenuti e il ciclo della programmazione finanziaria e di bilancio, che individua gli indirizzi e gli obiettivi e definisce gli indicatori per la misurazione e valutazione della performance dell'amministrazione, nonchè gli obiettivi assegnati ai dirigenti ed i relativi indicatori (art. 10, co. 1, D.Lgs. 150/2009). Per approfondire tale tematica si veda il dossier del Servizio Studi Riordino delle funzioni in materia di misurazione e valutazione della performance delle pubbliche amministrazioni, Atto del Governo 268 del 25 febbraio 2016.
L’articolo 10, inoltre, prevede che la promozione di maggiori livelli di trasparenza costituisce non un'area strategica bensì un obiettivo strategico di ogni amministrazione.
Gli obiettivi strategici rappresentano i traguardi che l’amministrazione si prefigge di raggiungere per realizzare con successo la propria missione. In particolare, gli obiettivi strategici fanno riferimento a un orizzonte temporale pluriennale e presentano un elevato grado di rilevanza, richiedendo uno sforzo di pianificazione per lo meno di medio periodo. Gli obiettivi sono espressi attraverso una descrizione sintetica e sono corredati, in particolare, da indicatori e target, che ne garantiscono la misurabilità (si veda in proposito il Portale della performance del Dipartimento della funzione pubblica).
Infine, l’articolo 10 sopprime l’obbligo di pubblicare i curricula dei titolari di posizioni organizzative, attraverso una modifica dell’art. 10 del D.Lgs. 33/20012. Tale obbligo è però contemplato dall’articolo 15, comma 1-bis del D.Lgs. 33/2013, come modificato dall’art. 14, cui si rinvia.
L'articolo 11, modificando l’art. 12 del D.Lgs. 33/2013, introduce un nuovo obbligo di pubblicazione per le pubbliche amministrazioni relativo alle misure integrative di prevenzione della corruzione (di cui all’articolo 1, comma 2-bis della legge 190/2012 introdotto dal provvedimento in esame – v. infra sub art. 41), i documenti di programmazione strategico-gestionale e gli atti degli organismi indipendenti di valutazione (OIV).
Gli organismi indipendenti di valutazione della performance (OIV) sono uffici cui spetta la misurazione e valutazione della performance organizzativa e la proposta annuale di valutazione dei dirigenti di vertice. Gli OIV, di cui ogni amministrazione, singolarmente o in forma associata, si deve dotare, hanno sostituito i servizi di controllo interno, comunque denominati, istituiti sulla base della precedente normativa, e sono disciplinati dall'art. 14, D.Lgs. 150/2009.
D’altra parte l’articolo in esame dispone la soppressione del vigente comma 1-bis dell’articolo 12 del decreto legislativo 33/2013 – soppressione riguardo alla quale il Consiglio di Stato, nel proprio parere, evidenzia alcune perplessità – che reca l'obbligo, per il responsabile della trasparenza, di pubblicazione dello scadenzario con l'indicazione delle date di efficacia dei nuovi obblighi amministrativi introdotti e l’obbligo di comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica.
Il Capo II del D.Lgs. 33/2013 (artt. 13-31) reca disposizioni particolari in ordine alle informazioni da pubblicare in materia di organizzazione e attività delle pubbliche amministrazioni.
L’articolo 12 sopprime l’obbligo di pubblicazione delle risorse a disposizione di ciascun ufficio, previsto dall’articolo 13, comma 1, lett. b), del D.Lgs. 33/2013.
Si ricorda in proposito che il nuovo comma 1-quater dell’articolo 14 del D.Lgs. 33/2013 (inserito dall’art. 13 dello schema in esame) introduce, negli atti di conferimento di incarichi dirigenziali, obiettivi di trasparenza legati anche ai dati di bilancio e ai costi del personale (v. infra).
Gli articoli 13 e 14 rimodulano gli obblighi di pubblicazione delle informazioni (tra cui i curricula e i compensi) delle cariche (di carattere politico e no) delle pubbliche amministrazioni.
Attualmente si prevedono due tipologie di dati da pubblicare
- la prima - più dettagliata - concerne i titolari di incarichi politici di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico a livello statale, regionale e locale (art. 14).
- la seconda riguarda gli incarichi amministrativi di vertice, quelli di consulenza e gli incarichi dirigenziali (art. 15).
Il provvedimento in esame apporta diverse modifiche a questo sistema.
Rispetto al vigente articolo 14 del decreto legislativo n. 33/2013:
- viene ampliato l’ambito soggettivo di applicazione della norma, attualmente riferita ai titolari di incarichi politici, estendendola ai titolari di incarichi dirigenziali, a qualsiasi titolo conferiti, compresi quelli conferiti discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione (nuovo comma 1-bis dell’art. 14);
- viene modificata la nozione di titolare di incarichi politici di livello statale, regionale e locale (facendo riferimento agli incarichi politici “anche se non di carattere elettivo” anziché agli incarichi politici “di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico”);
- viene introdotto l’obbligo per il dirigente di comunicare all’amministrazione gli emolumenti complessivi percepiti a carico della finanza pubblica, anche in relazione al limite al trattamento economico del personale pubblico e delle società partecipate fissato in 240.000 euro lordi annui (ai sensi dell'articolo 13, comma 1, del D.L. 66/2014) e l’obbligo dell’amministrazione di pubblicare sul sito l’ammontare complessivo degli emolumenti per ciascun dirigente (comma 1-ter dell’art. 14).
- viene introdotto l’obbligo di indicare negli atti di conferimento di incarichi dirigenziali e nei relativi contratti gli obiettivi di trasparenza, finalizzati a rendere i dati pubblicati di immediata comprensione e consultazione per il cittadino, con particolare riferimento ai dati di bilancio sulle spese e ai costi del personale. Il mancato raggiungimento di tali obiettivi determina responsabilità dirigenziale (ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165) e di essi si tiene conto ai fini del conferimento di eventuali successivi incarichi (comma 1-quater dell’art. 14).
Rispetto al vigente articolo 15 del decreto legislativo n. 33/2013, attualmente riferito ai titolari di incarichi amministrativi di vertice, di incarichi dirigenziali e di incarichi di collaborazione o consulenza:
- viene modificato l’ambito soggettivo di applicazione, estendendolo ai titolari di cariche di governo e espungendo gli incarichi dirigenziali (ma non gli incarichi amministrativi di vertice), incarichi dirigenziali ora disciplinati dall’articolo 14;
- gli obblighi di pubblicazione sono estesi ai titolari di posizioni organizzative a cui sono formalmente conferite funzioni dirigenziali;
- per gli altri titolari di posizioni organizzative è prevista la pubblicazione del curriculum vitae.
Con riferimento all’ambito soggettivo di
applicazione degli obblighi di pubblicazione previsti dagli articoli 14 e 15 del
decreto legislativo n. 33/2013 (più ampi all’articolo 14 rispetto all’articolo
15):
-
non risulta chiara
la distinzione tra titolari di “incarichi politici, anche se non di carattere
elettivo”, soggetti agli obblighi di cui all’articolo 14, e titolari di
“cariche di governo”, soggetti agli obblighi di cui all’articolo 14 (come
evidenziato anche dal Consiglio di Stato);
-
con riferimento
ai titolari di incarichi dirigenziali a qualsiasi titolo conferiti (inclusi
quelli conferiti discrezionalmente dall’organo di indirizzo politico), si
osserva che essi sono in via generale ricompresi negli obblighi di cui all’articolo
14. L’articolo 15 tuttavia continua a riferirsi ai titolari di “incarichi
amministrativi di vertice” e include i titolari di posizione organizzative a
cui sono formalmente conferite posizioni dirigenziali.
Attualmente l’articolo 14 prevede i seguenti obblighi di pubblicazione:
a) l'atto di nomina o di proclamazione, con l'indicazione della durata dell'incarico o del mandato elettivo;
b) il curriculum;
c) i compensi di qualsiasi natura connessi all'assunzione della carica; gli importi di viaggi di servizio e missioni pagati con fondi pubblici;
d) i dati relativi all'assunzione di altre cariche, presso enti pubblici o privati, ed i relativi compensi a qualsiasi titolo corrisposti;
e) gli altri eventuali incarichi con oneri a carico della finanza pubblica e l'indicazione dei compensi spettanti;
f) le dichiarazioni di cui all'articolo 2, della legge 5 luglio 1982, n. 441, nonché le attestazioni e dichiarazioni di cui agli articoli 3 e 4 della medesima legge, come modificata dal presente decreto, limitatamente al soggetto, al coniuge non separato e ai parenti entro il secondo grado, ove gli stessi vi consentano. Viene in ogni caso data evidenza al mancato consenso.
Il citato articolo 2 della legge 441/1982 prevede che entro tre mesi dalla proclamazione i membri del Senato e della Camera siano tenuti a depositare presso l'ufficio di presidenza della Camera di appartenenza:
1) una dichiarazione concernente i diritti reali su beni immobili e su beni mobili iscritti in pubblici registri; le azioni di società; le quote di partecipazione a società; l'esercizio di funzioni di amministratore o di sindaco di società, con l'apposizione della formula «sul mio onore affermo che la dichiarazione corrisponde al vero»;
2) copia dell'ultima dichiarazione dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche;
3) una dichiarazione concernente le spese sostenute e le obbligazioni assunte per la propaganda elettorale ovvero l'attestazione di essersi avvalsi esclusivamente di materiali e di mezzi propagandistici predisposti e messi a disposizione dal partito o dalla formazione politica della cui lista hanno fatto parte, con l'apposizione della formula «sul mio onore affermo che la dichiarazione corrisponde al vero». Alla dichiarazione debbono essere allegate le copie delle dichiarazioni relative agli eventuali contributi ricevuti.
Gli adempimenti indicati nei numeri 1 e 2 concernono anche la situazione patrimoniale e la dichiarazione dei redditi del coniuge non separato, nonché dei figli e dei parenti entro il secondo grado di parentela, se gli stessi vi consentono.
In base all’articolo 7 della medesima legge i suddetti obblighi si applicano altresì, con le modificazioni di cui ai successivi articoli:
1) ai presidenti, vicepresidenti, amministratori delegati e direttori generali di istituti e di enti pubblici, anche economici, la cui nomina, proposta o designazione o approvazione di nomina sia demandata al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Consiglio dei Ministri od a singoli Ministri;
2) ai presidenti, vicepresidenti, amministratori delegati e direttori generali delle società al cui capitale concorrano lo Stato o enti pubblici, nelle varie forme di intervento o di partecipazione, per un importo superiore al venti per cento;
3) ai presidenti, ai vicepresidenti, agli amministratori delegati ed ai direttori generali degli enti o istituti privati, al cui funzionamento concorrano lo Stato o enti pubblici in misura superiore al cinquanta per cento dell'ammontare complessivo delle spese di gestione esposte in bilancio ed a condizione che queste superino la somma annua di lire cinquecento milioni;
4) ai direttori generali delle aziende autonome dello Stato;
5) ai direttori generali delle aziende speciali di cui al regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578 , dei comuni capoluogo di provincia o con popolazione superiore ai centomila abitanti.
Si osserva altresì che
tra i dati di cui è prevista la pubblicazione ai sensi dell’articolo 14
rientrano le dichiarazioni patrimoniali di cui alla legge n. 441/1982, che sono
effettuate dai titolari di incarichi politici e ai titolari di cariche
direttive di alcuni enti (individuati dall’articolo 12 della legge n. 441). Per evitare incertezze in sede applicativa,
andrebbe chiarito se l’estensione degli
obblighi dell’articolo 14 ai titolari di incarichi dirigenziali comporti
altresì l’estensione dell’obbligo di rendere le suddette dichiarazioni
patrimoniali.
Si ricorda, infine, che il criterio di delega di cui all’articolo 1, comma 35, lettera c), della legge n. 190/2012 prevede, tra l’altro, la pubblicazione obbligatoria per i titolari di incarichi politici della titolarità di imprese, che non sembra ricompresa nel richiamo della legge n. 441/1982.
In particolare, il criterio di delega di cui alla citata lettera c) prevede la “precisazione degli obblighi di pubblicità di dati relativi ai titolari di incarichi politici, di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico, di livello statale, regionale e locale. Le dichiarazioni oggetto di pubblicazione obbligatoria di cui alla lettera a) devono concernere almeno la situazione patrimoniale complessiva del titolare al momento dell'assunzione della carica, la titolarità di imprese, le partecipazioni azionarie proprie, del coniuge e dei parenti entro il secondo grado di parentela, nonché tutti i compensi cui dà diritto l'assunzione della carica”.
Con riferimento agli incarichi di collaborazione e consulenza, si
osserva che l’articolo 15 del d.lgs. n. 33/2013 non fa riferimento, a
differenza del successivo articolo 15-bis, agli incarichi professionali,
ingenerando il dubbio circa l’applicabilità della disciplina a tali incarichi.
Per ciò che attiene al trattamento sanzionatorio, è prevista una sanzione specifica (ex art. 47, comma 1, del d.lgs. n. 33/2013) per la mancata o incompleta comunicazione delle informazioni e dei dati di cui all'articolo 14, concernenti la situazione patrimoniale complessiva del titolare dell'incarico al momento dell'assunzione in carica, la titolarità di imprese, le partecipazioni azionarie proprie, del coniuge e dei parenti entro il secondo grado, nonché tutti i compensi cui da diritto l'assunzione della carica. La violazione dà luogo a una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 10.000 euro a carico del responsabile della mancata comunicazione e il relativo provvedimento è pubblicato sul sito internet dell'amministrazione o organismo interessato.
Si osserva che i dati la cui mancata o incompleta comunicazione
comporta l’applicazione della sanzione non corrispondono pienamente a quelli
oggetto dell’obbligo di pubblicazione ai sensi dell’articolo 14.
La stessa sanzione si applica:
- in caso di mancata comunicazione da parte del dirigente degli emolumenti complessivamente percepiti a carico della finanza pubblica;
- in caso di mancato rispetto dell’obbligo di pubblicazione dei dati di cui all’articolo 14, che costituisce altresì illecito disciplinare per il soggetto responsabile (ex art. 45 del d.lgs. n. 33/2013).
Analogo trattamento sanzionatorio non è inoltre previsto in caso di
mancata o incompleta comunicazione dei dati di cui all’articolo 15.
Con l'articolo 14, vengono, inoltre, introdotti due nuovi articoli, l'articolo l5-bis e 15-ter che individuano due ulteriori categorie di soggetti per i quali è obbligatorio pubblicare i dati.
L'articolo 15-bis (che riproduce pressoché testualmente il contenuto dei commi 675 e 676 della legge di stabilità 2012 contestualmente soppressi dall’articolo 43 del presente schema) prevede obblighi di pubblicazione a carico delle società a controllo pubblico, nonché delle società in regime di amministrazione straordinaria, ad esclusione delle società emittenti strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati e loro controllate, relativamente al conferimento di incarichi di collaborazione, di consulenza o di incarichi professionali, inclusi quelli arbitrali. Devono essere pubblicati gli atti di nomina, il curricula, i compensi e il tipo di procedura di selezione. Relativamente agli incarichi per i quali è previsto un compenso, la pubblicazione di tali informazioni è condizione di efficacia per il pagamento. In caso di omessa o parziale pubblicazione, il responsabile della pubblicazione e chi ha effettuato il pagamento sono soggetti ad una sanzione pari alla somma corrisposta.
In tal modo viene introdotta per gli incarichi di consulenza e collaborazione delle società a controllo pubblico, una disciplina speciale rispetto a quella dell’articolo 15, per alcuni versi più stringente (estensione degli obblighi agli incarichi professionali, estensione temporale per due anni dalla cessazione dell’incarico) per altri versi meno ampia (esclusione di tutte le società che hanno emesso strumenti finanziari quotati, mancata pubblicazione dei dati sugli incarichi e le cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalla p.a.).
L'articolo 15-ter prevede obblighi di pubblicazione concernenti gli amministratori e gli esperti nominati da organi giurisdizionali o amministrativi. In particolare, il comma l prevede che l'albo degli amministratori giudiziari (ex art. 1, D.Lgs. 14/2010) sia tenuto con modalità informatiche ed inserito in un'area pubblica del sito del Ministero della giustizia; nell'albo dovranno essere indicati, per ciascun iscritto alla sezione ordinaria o a quella degli esperti in gestione aziendale, gli incarichi ricevuti, l'autorità che li ha conferiti, la data di attribuzione e di cessazione, nonché gli acconti e il compenso finale liquidati. Sarà cura della cancelleria dell’autorità giudiziaria che ha nominato l’amministratore, pubblicare i dati sul sito entro 15 giorni dall’adozione del provvedimento.
Il comma 2 stabilisce che l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata – di cui all'articolo 110 del Codice delle leggi antimafia (D.Lgs. 159 del 2011) - pubblichi sul proprio sito gli incarichi conferiti ai tecnici e agli altri soggetti qualificati che la coadiuvano nell'attività di amministrazione dei beni confiscati, nonché i compensi a ciascuno di essi liquidati.
Si ricorda, infatti, che dopo il decreto di confisca di primo grado, l'amministrazione dei beni è conferita all'Agenzia, la quale può farsi coadiuvare, sotto la propria responsabilità, da tecnici o da altri soggetti qualificati, retribuiti secondo le modalità previste per l'amministratore giudiziario. Il provvedimento di conferimento dell’incarico – che ha durata annuale ed è rinnovabile tacitamente - deve essere comunicato al tribunale.
Il comma 3 stabilisce che nel registro nazionale dei curatori, dei commissari giudiziali e dei liquidatori giudiziali (di cui all'articolo 28, quarto comma, della c.d. legge fallimentare, R.D. n. 267/1942), vengano annotati i provvedimenti di liquidazione degli acconti e del compenso finale, quelli di chiusura del fallimento e di omologazione del concordato e quelli che attestano l'esecuzione del concordato, nonché l'ammontare dell'attivo e del passivo delle procedure chiuse.
Il comma 4 dispone che siano pubblicati da parte delle prefetture i provvedimenti di nomina e di quantificazione dei compensi degli amministratori e degli esperti nominati dai prefetti per provvedere direttamente alla gestione dell'impresa nell'ambito delle misure di prevenzione della corruzione previste dall’articolo 32 del D.L. 90/2014.
Gli articoli da 16 a 28 dello schema di decreto legislativo modificano altre disposizioni relative agli obblighi di pubblicazione relativi all’attività e all’organizzazione delle pubbliche amministrazioni.
La maggior parte di queste fanno salvo quanto previsto dall’articolo 9-bis (concernente la possibilità di dare pubblicità a dati e documenti mediante il collegamento a banche dati detenute dalle amministrazioni pubbliche) che sono sintetizzate nelle scheda relativa cui si rinvia.
Qui di seguito sono riportate le altre modifiche al testo unico, parte delle quali introducono nuovi obblighi di pubblicazione, mentre altre sopprimono obblighi preesistenti.
Per quanto riguarda i nuovi obblighi di comunicazione si prevede la pubblicazione:
· dei “criteri di valutazione delle commissioni di concorso e delle tracce delle prove scritte” (articolo 18);
In
proposito, appare opportuno valutare l’esigenza di chiarire il riferimento ai
“criteri di valutazione della Commissione e delle tracce delle prove scritte”.
Il Consiglio di Stato ha ritenuto non condivisibile “l’estensione dell’obbligo di pubblicazione ai criteri di valutazione adottati dalle commissioni esaminatrici nella correzione delle tracce delle prove scritte. Tale prescrizione, infatti, rischia di essere fuorviante, creando un precedente in grado di incidere sul potere di ogni commissione di esame di decidere, di volta in volta, quali debbano essere detti criteri, con il rischio, altresì, di creare ulteriori motivi di contenzioso in un settore già molto esposto, e restando comunque salva l’accessibilità dei soggetti interessati e l’applicazione degli obblighi che derivano dalla normativa e dall’applicazione dei principi emergenti dall’interpretazione giurisprudenziale”.
·
dei provvedimenti adottati dalle società
partecipate (articolo 21).
Si rileva
che nell’indicazione degli atti si fa riferimento a diversi articoli del
decreto legislativo di attuazione dell’art. 18 della legge 124/2015, il cui
schema non è stato ancora trasmesso alle Camere per il parere.
Circa la modifica o la soppressione di obblighi di comunicazione, si prevede:
· la soppressione dell’obbligo di pubblicazione dell’indicazione particolareggiata dei dati relativi al personale con rapporto di lavoro a tempo determinato: tipologie di rapporto, distribuzione tra le diverse qualifiche, elenco dei titolari del rapporto di lavoro (articolo 16);
· la sostituzione dell’indicazione dell’entità del premio mediamente conseguibile dal personale dirigenziale e non dirigenziale con la pubblicazione dei criteri dei sistemi di valutazione della performance per l’assegnazione del trattamento accessorio e i dati relativi alla sua distribuzione (articolo 19);
· la soppressione dell’obbligo di pubblicare i dati relativi al benessere organizzativo (articolo 43, comma 1, che abroga il comma 3 dell’art. 20);
· nell’ambito della sanzione per la mancata o incompleta pubblicazione degli elenchi degli enti vigilati o finanziati, delle società partecipate o degli enti di diritto privati controllati dei dati (consistente nella divieto di erogazione di somme in favore dei predetti enti) viene precisato che sono esclusi i pagamenti che le amministrazioni sono tenute ad erogare a fronte di obblighi contrattuali (articolo 21);
· la soppressione dell’obbligo di pubblicare gli atti finali dei procedimenti di autorizzazione, concessione e di concorsi e prove selettive per l’assunzione del personale e progressioni di carriera del personale interno (articolo 22), nonché l’elenco dei bandi espletati nell'ultimo triennio, con l'indicazione del numero dei dipendenti assunti e delle spese effettuate (articolo 19, comma 2);
Il Consiglio di Stato ha in proposito sottolineato l’opportunità di “valutare attentamente, nell’ottica del bilanciamento con l’esigenza di semplificazione, la ragionevolezza della soppressione” dell’obbligo di pubblicazione degli atti finali dei procedimenti di autorizzazione e concessione e di concorsi e prove selettive.
· la soppressione della previsione che prevede la pubblicazione dettagliata dei dati (contenuto, oggetto, eventuale spesa ecc.) dei procedimenti relativi alla scelta del contraente per l’affidamento dei lavori pubblici e agli accordi stipulati dalle amministrazioni (articolo 22, comma 2);
· la soppressione dell’obbligo di pubblicazione dei dati statistici dell’attività amministrativa e dei risultati del monitoraggio periodico relativo al rispetto dei tempi procedimentali (articolo 43, comma 1, che abroga l’art. 24);
· l’abrogazione dell’obbligo di pubblicazione delle tipologie di controllo cui sono assoggettate le imprese e l’elenco degli adempimenti oggetto delle attività di controllo delle imprese (articolo 43, comma 1, che abroga l’art. 25);
· l’eliminazione delle rilevazione d’ufficio da parte degli organi dirigenziali della mancata pubblicazione degli atti di concessione di risorse economiche a qualsiasi soggetto, ferma restando la rilevazione da parte degli organi di controllo (articolo 23);
Gli articoli da 25 a 33 dello schema di provvedimento riguardano gli obblighi di pubblicazione relativi a:
· uso delle risorse pubbliche (Capo III del D.Lgs. 33/2013, artt. 29-31);
· prestazioni offerte e servizi erogati (Capo IV del D.Lgs. 33/2013, artt. 32-36);
· settori speciali (Capo V del D.Lgs. 33/2013, artt. 37-42).
Anche in questo caso molte disposizioni fanno riferimento alla sostituzione dell’obbligo di pubblicazione con il collegamento alle banche dati delle amministrazioni pubbliche, per cui si rinvia alla scheda relativa al nuovo articolo 9-bis.
Per quanto riguarda le altre misure, l’articolo 27 incide sugli obblighi di pubblicazione dei dati relativi ai controlli sulle pubbliche amministrazioni, prevedendo la pubblicazione gli atti degli organismi indipendenti di valutazione (o dei nuclei di valutazione), procedendo alla anonimizzazione dei dati personali eventualmente presenti, e la relazione degli organi di revisione amministrativa e contabile al bilancio di previsione e consuntivo, oltre tutti i rilievi ancorché non recepiti della Corte dei conti riguardanti l'organizzazione e l'attività delle amministrazioni.
Attualmente l’articolo 31 prevede la pubblicazione dei rilievi non recepiti degli organi di controllo interno, degli organi di revisione amministrativa e contabile e tutti i rilievi ancorché recepiti della Corte dei conti, riguardanti l'organizzazione e l'attività dell'amministrazione.
L'articolo 28 modifica l'articolo 32 del D.Lgs. 33/2013, estendendo l’obbligo di pubblicazione della carta dei servizi o del documento contenente gli standard di qualità dei servizi, ora previsto solo per le pubbliche amministrazioni, anche ai gestori dei pubblici servizi. Si prevede inoltre l'eliminazione, in riferimento ai costi contabilizzati, dell'indicazione di quelli effettivamente sostenuti e di quelli imputati al personale per ogni servizio erogato. Viene poi abrogato l’obbligo di pubblicazione dei tempi medi di erogazione dei servizi nell’esercizio finanziario precedente.
Tale norma, secondo il parere del Consiglio di Stato, “va arricchito di contenuti, atteso che le previsioni dell’articolo 33 del decreto 33/2013 vanno integrate in ossequio alle dettagliate prescrizioni imposte sul punto dalla legge delega (ad esempio, riguardo alle prestazioni professionali)”.
Da segnalare l’abrogazione dell’articolo 34 del D.Lgs. 33/2013 ad opera dell’articolo 43, comma 1, dello schema in esame, al fine di eliminare l’obbligo di allegare l’elenco degli oneri informativi gravanti sui cittadini e le imprese (introdotti o eliminati) ad una serie di atti amministrativi (regolamenti ministeriali, provvedimenti amministrativi a carattere generale relativi alla regolazione di poteri autorizzatori, concessori o certificatori, o alla concessione di benefici). È abolita anche l’obbligatorietà di pubblicare tali atti sui siti istituzionali dell’amministrazione competente.
L'articolo 30, che novella l'articolo 35 del D.Lgs. 33/2013, elimina l’obbligo di pubblicare il nome del responsabile del procedimento, sostituendolo con l’indicazione dell’ufficio del procedimento.
Inoltre sono eliminati gli obblighi di pubblicazione dei seguenti dati:
· i risultati delle indagini di customer satisfaction condotte sulla qualità dei servizi erogati;
· le convenzioni quadro volte a disciplinare le modalità di accesso ai dati informatici tra diverse amministrazioni mediante la cooperazione applicativa (ai senso dell'articolo 58 del D.Lgs. 82/2005, codice dell’amministrazione digitale);
· le modalità per la tempestiva acquisizione d'ufficio dei dati nonché per lo svolgimento dei controlli sulle dichiarazioni sostitutive da parte delle amministrazioni procedenti.
L'articolo 31 sostituisce l'articolo 37 del D.Lgs. 33/2013, concernente gli obblighi di pubblicazione per le amministrazioni pubbliche e per le stazioni appaltanti, per quanto attiene ai dati relativi ai contratti pubblici. In tale ambito, da un lato, la procedura viene aggravata prevedendo esplicitamente la pubblicazione dei provvedimenti di adozione delle varianti, dall’altro lato, si sopprime l’obbligo di pubblicazione della delibera a contrarre nella procedura speciale riservata a pochi candidati selezionati dalla pubblica amministrazione di cui all’art. 57, comma 6, del codice dei contratti pubblici. Inoltre, si fa il consueto rinvio alla pubblicazione nelle banche dati di cui all’articolo 9-bis, con la precisazione che la pubblicazione dei dati relativi alla scelta del contraente per l’affidamento di lavori servizi e forniture è assolto dalla stazione appaltante con l’invio degli stessi alla banca dati banca dati istituita presso il Ministero dell'economia e delle finanze - Ragioneria Generale dello Stato, denominata «banca dati delle amministrazioni pubbliche», esclusivamente nel caso di affidamento lavori.
L'articolo 32, novella l'articolo 38 del D.Lgs. 33/2013, sopprimendo l’obbligo di pubblicazione dei seguenti dati:
· documenti di programmazione anche pluriennale delle opere pubbliche di competenza dell'amministrazione (soppresso dal comma 1 ma confluito nel comma 2 dell’art. 38);
· linee guida per la valutazione degli investimenti;
· relazioni annuali;
· altri documenti predisposti nell'ambito della valutazione, inclusi i pareri dei valutatori che si discostino dalle scelte delle amministrazioni e gli esiti delle valutazioni ex post che si discostino dalle valutazioni ex ante.
Rimane l’obbligo di pubblicare le informazioni relative ai nuclei di valutazione e verifica degli investimenti pubblici.
Si ricorda che i programmi triennali e gli elenchi annuali dei lavori sono pubblicati sul sito informatico del Ministero delle infrastrutture e per estremi sul sito informatico presso l'Osservatorio dei contratti pubblici (art. 128, comma 11, codice contratti pubblici).
L’articolo 43, comma 1, abroga la previsione (art. 39, comma 1, lett. b) che prevede l’obbligo di pubblicazione per ciascuno degli atti di governo del territorio: degli schemi di provvedimento prima che siano portati all'approvazione; delle delibere di adozione o approvazione; dei relativi allegati tecnici.
L'articolo 33 modifica l’articolo 41, relativo agli obblighi di trasparenza del servizio sanitario nazionale.
In primo luogo, si prevede che le amministrazioni e gli enti che compongono il servizio sanitario nazionale, pubblichino anche, nei loro siti istituzionali, i dati relativi a tutte le spese e a tutti i pagamenti effettuati, distinti per tipologia di lavoro, bene o servizio, e ne permettono la consultazione, in forma sintetica e aggregata, in relazione alla tipologia di spesa sostenuta, all'ambito temporale di riferimento e ai beneficiari.
Inoltre, include nell'obbligo di pubblicazione anche i dati relativi ai responsabili di strutture semplici, attualmente esclusi.
Infine, si prevede la pubblicazione non solo dei tempi di attesa previsti e dei tempi medi effettivi di ciascuna prestazione, ma anche dei criteri di formazione delle liste di attesa.
L’articolo 43, comma 1, abroga l’obbligo (recato dall’art. 42, comma 1, lett. d) di pubblicazione da parte delle pubbliche amministrazioni che adottano provvedimenti di carattere straordinario (è il caso ad esempio delle ordinanze di protezione civile in caso di calamità o dei commissari straordinari) delle forme di partecipazione degli interessati ai procedimenti di adozione dei medesimi provvedimenti straordinari.
Gli articoli da 34 a 38 dello schema di provvedimento in esame modificano il Capo VI del D.Lgs. 33/2013, relativo alla “Vigilanza sull’attuazione delle disposizioni e sanzioni”.
L'articolo 34 modifica l'articolo 43 del D.Lgs. 33/2013, coordinando la disciplina in materia di responsabilità dei dirigenti per la trasparenza con la soppressione dell'obbligo di redigere il Programma triennale per la trasparenza e l'integrità, ad opera dell’articolo 10 dello schema in commento (vedi supra).
Inoltre, si provvede ad affiancare al responsabile della trasparenza anche i dirigenti responsabili dell’amministrazione nelle funzioni di controllo e di attuazione dell’accesso civico.
L'articolo 35 modifica l'articolo 44 del D.Lgs. 33/2013 con una disposizione di coordinamento normativo dovuta alla citata soppressione del programma triennale della trasparenza.
L'articolo 36 novella l'articolo 45 del D.Lgs. 33/2013, assegnando all' Autorità nazionale anticorruzione, in caso di mancato rispetto degli obblighi di pubblicazione, il potere di ordinare la pubblicazione, entro un termine massimo di 30 giorni, degli atti o dci provvedimenti oggetto di pubblicazione obbligatoria. Si tratta di previsione più stringente rispetto a quella attuale (che peraltro viene mantenuta) che prevede che l’ANAC ordini l’adozione di atti richiesti dalla normativa vigente o la rimozione di atti contrari alla trasparenza.
Inoltre, vengono meglio definite le conseguenze del mancato rispetto degli obblighi di pubblicazione, che viene a costituire illecito disciplinare. L’ANAC segnala l’illecito all’ufficio competente per i procedimenti disciplinari istituito presso ciascuna amministrazione (ai sensi dell’articolo 55-bis, comma 4, del D.Lgs. 165/2001).
L'articolo 37 novella l'articolo 46 del D.Lgs. 33/2013, estendendo anche alla limitazione dell’accesso civico “aperto” di nuova istituzione la sanzione che ora consegue all’inadempimento degli obblighi di pubblicazione: tali inadempimenti costituiscono elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale, eventuale causa di responsabilità per danno all'immagine dell'amministrazione, nonché elemento di valutazione ai fini della corresponsione della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio.
L’articolo 38 integra l’articolo 47 del D.Lgs. 33/2013, secondo cui la mancata o incompleta comunicazione delle informazioni e dei dati concernenti la situazione patrimoniale complessiva del titolare dell'incarico politico o dirigenziale (di cui all’articolo 14) al momento dell'assunzione in carica, la titolarità di imprese, le partecipazioni azionarie proprie, del coniuge e dei parenti entro il secondo grado, nonché tutti i compensi cui da diritto l'assunzione della carica, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 10.000 euro a carico del responsabile della mancata comunicazione e il relativo provvedimento è pubblicato sul sito internet dell'amministrazione o organismo interessato.
Come già rilevato, i dati la cui mancata o incompleta comunicazione
comporta l’applicazione della sanzione non corrispondono pienamente a quelli
oggetto dell’obbligo di pubblicazione ai sensi dell’articolo 14.
La stessa sanzione si applica:
- in caso di mancata comunicazione da parte del dirigente degli emolumenti complessivamente percepiti a carico della finanza pubblica; si segnala in proposito che il testo (art. 47, comma 1-bis) fa erroneamente riferimento all’articolo 15, comma 2-bis, anziché all’articolo 14, comma 1-ter;
- in caso di mancato rispetto dell’obbligo di pubblicazione dei dati di cui all’articolo 14, che costituisce altresì - come già visto - illecito disciplinare per il soggetto responsabile (ex art. 45 del d.lgs. n. 33/2013);
- nei confronti del responsabile della mancata pubblicazione dei dati di cui all’articolo 4-bis, comma 2 (dati dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni).
Analogo trattamento sanzionatorio non è invece previsto in caso di
mancata o incompleta comunicazione dei dati di cui all’articolo 15.
Si prevede, inoltre, che l’ANAC adotti un regolamento per disciplinare il procedimento per l’irrogazione delle sanzioni.
Gli articoli 39 e 40 modificano le disposizioni transitorie e finali del D.Lgs. 33/2013.
In primo luogo si provvede al trasferimento all’ANAC della competenza a definire (attualmente in capo al Dipartimento per la funzione pubblica) ed ad adottare (ora con DPCM) gli standard, i modelli e gli schemi per garantire in concreto l’attuazione degli obblighi di pubblicità.
Si segnala la necessità di espungere dall’articolo 48, comma 3, del
decreto legislativo n. 33/2013, il riferimento alla CIVIT (oramai sostituita dall’ANAC)
tra i soggetti da consultare per l’emanazione degli standard.
Da segnale inoltre l’articolo 40 che prevede che tutti i soggetti tenuti all’osservanza delle disposizioni del presente provvedimento (di cui all’articolo 2-bis, vedi supra) e che realizzano opere pubbliche sono tenuti al rispetto di quanto previsto in materia di procedure di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche, di verifica dell'utilizzo dei finanziamenti nei tempi previsti e costituzione del Fondo opere e del Fondo progetti (art. 1, comma 1, D.Lgs. 229/2011). Essi in particolare devono dotarsi di banche dati informatizzate su tutte le fasi dei lavori e sui dati contabili di ciascuna transazione; devono prevedere specifici vincoli per assicurare la raccolta e la comunicazione dei dati finanziari e di realizzazione fisica e procedurale da parte delle stazioni appaltanti e degli enti aggiudicatori ai fini dell'inoltro all'ANAC; devono adottare il Codice unico di progetto – CUP.
L’articolo 41 dello schema di provvedimento in esame novella alcuni dei primi commi dell'articolo l della legge 6 novembre 2012, n. 190 (c.d. legge anticorruzione).
Nella relazione illustrativa si evidenzia che si tratta, in buona parte, di una serie di modifiche rese necessarie dalle novità introdotte dal decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, circa le competenze e le funzioni in materia di anticorruzione attribuite all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC).
Viene altresì evidenziato che non è stato ritenuto opportuno apportare modifiche formali alla legge n. 190 del 2012, fermo restando il presupposto che alcune funzioni in materia sono state già trasferite dal Dipartimento della funzione pubblica all' ANAC dal decreto-legge n. 90 del 2014.
In primo luogo, viene attribuita all’ANAC la competenza – finora propria del Dipartimento della funzione pubblica – ad adottare il Piano nazionale anticorruzione (art. 1, co. 2, lett. b) e soppressione art. 1, co. 4, lett. c). Attualmente, il Piano è predisposto dal Dipartimento e approvato dall’Autorità.
L'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) nasce dalla trasformazione di un altro organismo pubblico, ossia la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT), creata nel 2009 (art. 13 del D.Lgs. 150/2009) con la funzione di indirizzare, coordinare e sovrintendere all'esercizio indipendente delle funzioni di misurazione e valutazione della performance organizzativa e individuale dei dirigenti delle pubbliche amministrazioni. Successivamente (con la L. 190/2012), tale autorità è stata individuata quale autorità nazionale competente a coordinare l'attività di contrasto della corruzione nella pubblica amministrazione, funzione che è diventata gradualmente principale e core business della sua attività istituzionale.
In conseguenza delle nuove attribuzioni di funzioni in materia di anticorruzione, l'articolo 19 del decreto-legge n. 90/2014 (convertito dalla L. 114/2014) ha provveduto al riordino delle funzioni dell'ANAC con l'obiettivo principale di concentrare la missione istituzionale dell'ANAC sui compiti relativi alla garanzia della trasparenza e alla prevenzione della corruzione nelle pubbliche amministrazioni. In tale direzione, il legislatore ha provveduto a trasferire all'Autorità tutti i compiti e le funzioni dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (AVCP), nonchè tutti i compiti già spettanti al Dipartimento della funzione pubblica in materia di prevenzione della corruzione in base alle previsioni della legge anticorruzione.
A fronte di questo insieme di nuove attribuzioni, l'Autorità nazionale anticorruzione ha perso le attribuzioni originarie in materia di misurazione e valutazione della performance, che sono state invece assegnate al Dipartimento della funzione pubblica. Contestualmente, il D.L. 90/2014 (art. 19, co. 10) ha anche autorizzato il Governo ad adottare un regolamento di delegificazione per riordinare le funzioni in materia di misurazione e valutazione della performance.
Pertanto, a decorrere dall'entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 90/2014 (19 agosto 2014), il Dipartimento della funzione pubblica è entrato nella titolarità di tali funzioni, le quali sono oggetto di riordino ai sensi del predetto regolamento, il cui schema è stato trasmesso alle Camere ed è in corso di esame per l’espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari (atto 268).
Viene di conseguenza definita la procedura per l’adozione del Piano (nuovo comma 2-bis) stabilendo che questo venga adottato sentiti:
· il Comitato interministeriale cui spetta l’adozione di linee di indirizzo ai fini delle attività previste dal comma 4 (quali il coordinamento dell’attuazione delle strategie di prevenzione elaborate a livello nazionale ed internazionale, la promozione di metodologie comuni, al definizione di modelli standard);
· la Conferenza unificata.
Il Piano nazionale anticorruzione ha durata triennale e viene aggiornato annualmente. Viene specificato che esso costituisce “atto di indirizzo”:
· per le pubbliche amministrazioni[1], ai fini dell'adozione dei propri piani triennali di prevenzione della corruzione;
· per gli altri soggetti di cui all'articolo 2-bis, comma 2, D. Lgs. 33/2013, come modificato dal presente schema (v. supra – si tratta di: enti pubblici economici; autorità portuali; ordini professionali; società in controllo pubblico, ad eccezione di quelle che emettono azioni quotate e che prima del 31 dicembre 2015 hanno emessi strumenti finanziari quotati; associazioni, fondazioni enti di diritto privato la cui attività sia finanziata in modo maggioritario da pp.aa. o i cui organi di amministrazioni o di indirizzo siano designati nella titolarità o nella maggioranza da pp.aa.), ai fini dell'adozione di misure di prevenzione della corruzione integrative di quelle adottate ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, che reca la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica.
Finalità della disposizione è altresì quella di assicurare l'attuazione dei compiti di coordinamento dell'attuazione delle strategie di prevenzione e contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione elaborate a livello nazionale e internazionale (comma 4, lett. a).
Il Piano nazionale anticorruzione, inoltre, anche in relazione alla dimensione e ai diversi settori di attività degli enti, individua i principali rischi di corruzione e i relativi rimedi e contiene l'indicazione di obiettivi, tempi e modalità di adozione e attuazione delle misure di contrasto alla corruzione.
Ulteriori modifiche, di coordinamento formale, riguardano il comma 3: sono richiamate, in particolare, le regole sulla trasparenza dell'attività amministrativa previste da tutte le disposizioni vigenti, senza limitare il richiamo alle sole previsioni dei commi da 15 a 35 dell’art. 1 della legge 190/2012.
Viene altresì soppressa, da questa parte del testo (comma 3), la previsione posta in capo all’ANAC e alle amministrazioni interessate di dare notizia, nei rispettivi siti web istituzionali, dei provvedimenti adottati riguardo alla richiesta di documenti e informazioni e di dare tempestiva comunicazione dell'avvenuta pubblicazione sui detti siti alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica.
Con un’integrazione apportata al comma 6, viene previsto che le amministrazioni di piccole dimensioni possono aggregarsi per definire in comune il piano triennale per la prevenzione della corruzione, secondo le indicazioni contenute nel Piano nazionale anticorruzione.
Sarebbe opportuno precisare un criterio per definire la soglia della
“piccola dimensione” dell’amministrazione.
Il testo interviene quindi al fine di disciplinare più nel dettaglio le funzioni dei diversi soggetti chiamati a svolgere un ruolo di prevenzione della corruzione all'interno delle amministrazioni pubbliche: l'organo di indirizzo, il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza e l'organismo indipendente di valutazione (OIV).
Il “Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza” viene individuato, di norma, tra i dirigenti in servizio dall'organo di indirizzo e nel segretario o nel dirigente apicale negli enti locali, assicurandone funzioni e poteri idonei per poter svolgere l’incarico con piena autonomia ed effettività (comma 7).
Si ricorda che, attualmente, in base all’art. 43 del D. Lgs. 33/2013 (v. supra) il responsabile per la trasparenza si identifica di norma al soggetto che svolge anche il ruolo di responsabile per la corruzione, ed è tenuto ad assicurare l’adempimento da parte dell’ente degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, garantendone l’aggiornamento.
Con le modifiche apportate viene superato il riferimento ai “dirigenti amministrativi di ruolo di prima fascia” estendendolo a tutti i dirigenti e viene introdotto il riferimento al dirigente apicale, come alternativa al segretario, per gli enti locali.
Si tratta di modifiche che tengono conto presumibilmente di quanto previsto nei principi e criteri di delega fissati dall’art. 11 della legge 124 del 2015 per la riforma della dirigenza, con particolare riferimento al superamento della distinzione delle due fasce per i dirigenti e della figura del segretario comunale con conseguente confluenza nel ruolo unico dei dirigenti degli enti locali.
Peraltro, come evidenziato anche dal Consiglio di Stato nel proprio parere, con la soppressione del richiamo ai dirigenti “di ruolo” si viene ad estendere al personale dirigenziale scelto esternamente la possibilità di svolgere la funzione di Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza.
Il Consiglio di Stato evidenzia come tale impostazione può venire a creare “una sorta di professionalizzazione di tali funzioni all’esterno non priva, potenzialmente, di effetti perniciosi, dovendosi, al contrario, privilegiare la conoscenza della macchina organizzativa e del suo funzionamento da parte del dirigente stabile dell’amministrazione, dotato della necessaria imparzialità ed autonomia”.
Il testo (nuovo comma 7) stabilisce che il Responsabile debba segnalare all'organo di indirizzo e all'OIV eventuali disfunzioni inerenti all'attuazione delle misure in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza indicando, altresì, agli uffici competenti all'esercizio dell'azione disciplinare i nominativi dei dipendenti che non hanno attuato correttamente le misure in materia di prevenzione della corruzione e della trasparenza.
Si prevede, inoltre, una misura a tutela del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, disponendo che nei casi in cui quest'ultimo subisca eventuali misure discriminatorie, per motivi collegati, anche indirettamente, allo svolgimento delle sue funzioni, tali situazioni vengano segnalate all’ANAC, che può chiedere informazioni all'organo di indirizzo politico e, nel caso, intervenire, formulando una richiesta di riesame del provvedimento di revoca dell'incarico conferito (in base all'articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39).
Riguardo alle funzioni poste in capo all'organo di indirizzo politico, si attribuisce ad esso la definizione degli obiettivi strategici in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza, che costituiscono contenuto necessario e parte integrante dei documenti di programmazione strategico-gestionale.
Al contempo, all’organo di indirizzo politico spetta l'adozione del Piano triennale per la prevenzione della corruzione, su proposta del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, entro il 31 gennaio di ogni anno, curandone la trasmissione all' Autorità nazionale anticorruzione (e non più al Dipartimento per la funzione pubblica). Tale funzione era già prevista dal vigente comma 8, che precisava altresì che la mancata predisposizione del piano e la mancata adozione delle procedure per la selezione e la formazione dei dipendenti costituiscono elementi di valutazione della responsabilità dirigenziale, disposizione quest’ultima oggetto di soppressione.
In ordine al procedimento di approvazione del piano, si precisa che negli enti locali esso è approvato dalla giunta.
Ad avviso del Consiglio di Stato sarebbe al contempo opportuno precisare, a livello statale, il riferimento all’organo di indirizzo politico, chiamato ad approvare il piano.
Il testo (nuovo comma 8-bis) pone in capo all’OIV due tipi di verifiche. La prima è di coerenza dei piani triennali per la prevenzione della corruzione con gli obiettivi stabiliti nei documenti di programmazione strategico gestionale, anche ai fini delia validazione della Relazione sulla performance. Si prevede, altresì, che nella misurazione e valutazione della performance si tenga conto degli obiettivi connessi all’anticorruzione e alla trasparenza ove stabiliti.
La seconda verifica attiene, invece, ai contenuti della Relazione sulla performance in rapporto agli obiettivi inerenti alla prevenzione della corruzione e alla trasparenza, potendo chiedere, inoltre, al Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza le informazioni e i documenti necessari per lo svolgimento del controllo e può effettuare audizioni di dipendenti.
L'Organismo, infine, riferisce all’ANAC sullo stato di attuazione delle misure di prevenzione della corruzione e della trasparenza.
Si ricorda che all'articolo 6 dello schema all’esame delle Commissioni parlamentari in materia di funzioni relative alla performance (atto 268) è prevista una revisione delle funzioni svolte dagli OIV, secondo anche quanto previsto dall'articolo 19, comma 10, del D.L. 90/2014 (che ha disposto, appunto, una revisione dei richiamati organismi), nonché una modifica alle modalità di scelta dei componenti di tali organismi.
Per quanto attiene alle esigenze a cui deve rispondere il Piano triennale di prevenzione della corruzione, si prevede che nello stesso possano essere individuate anche attività ulteriori rispetto a quelle indicate nel Piano nazionale nel cui ambito è più elevato il rischio di corruzione e le relative misure di contrasto.
Nel Piano triennale, inoltre, devono essere definite – oltre a quanto già stabilito dal comma 9 - le modalità di monitoraggio dei rapporti tra l'amministrazione e i soggetti che con la stessa stipulano contratti o che sono interessati a procedimenti di autorizzazione, concessione o erogazione di vantaggi economici di qualunque genere, anche verificando eventuali relazioni di parentela o affinità sussistenti tra i titolari, gli amministratori, i soci e i dipendenti degli stessi soggetti e i dirigenti e i dipendenti dell'amministrazione.
Modifiche sono infine apportate (comma 14) in materia di responsabilità a carico del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza in caso di ripetute violazioni delle misure di prevenzione della corruzione previste dal Piano.
Il responsabile risponde di responsabilità dirigenziale di cui all'articolo 21 del decreto legislativo n. 165 del 200l e di responsabilità disciplinare per omesso controllo. Si stabilisce, tuttavia, che non ricorrono i predetti casi di responsabilità quando lo stesso provi di aver comunicato agli uffici le misure da adottare e le relative modalità e di aver vigilato sull'osservanza del piano.
Al dirigente, nell’esercizio delle proprie funzioni, sono riconducibili (ove incorra nei comportamenti sanzionati) cinque possibili responsabilità: civile (con solidarietà passiva dello Stato e degli enti pubblici), penale, amministrativo-contabile (se arreca un danno erariale all’amministrazione di appartenenza o ad altra amministrazione), disciplinare (di cui, in particolare, all’art. 55 D.Lgs. 165/2001, se viola obblighi previsti dalla contrattazione collettiva, dalla legge o dal codice di comportamento) e dirigenziale (di cui, in particolare, all’art. 21 D.Lgs. 165/2001 v. infra).
In particolare, la responsabilità dirigenziale si fonda, in particolare, sulle previsioni dell’art. 21 del D.Lgs. 165/2001 che richiama il mancato raggiungimento degli obiettivi accertato attraverso le risultanze del sistema di valutazione o l'inosservanza delle direttive imputabili al dirigente quali elementi che comportano, previa contestazione e ferma restando l'eventuale responsabilità disciplinare secondo la disciplina contenuta nel contratto collettivo, l'impossibilità di rinnovo dell’incarico dirigenziale. In relazione alla gravità dei casi, l'amministrazione può inoltre, previa contestazione e nel rispetto del principio del contraddittorio, revocare prima della scadenza l'incarico collocando il dirigente a disposizione dei ruoli delle amministrazioni dello Stato ovvero recedere dal rapporto di lavoro secondo le disposizioni del contratto collettivo. Tale impostazione è stata profondamente modificata con la legge 145/2002, superando il precedente impianto normativo in base al quale la responsabilità dirigenziale era ricondotta essenzialmente ai “risultati negativi della gestione”. Al di fuori di tali ipotesi, in caso di colpevole violazione del dovere di vigilanza sul rispetto, da parte del personale assegnato ai propri uffici, degli standard quantitativi e qualitativi fissati dall'amministrazione può essere disposta la decurtazione della retribuzione di risultato.
È stabilito, altresì, che, entro il 15 dicembre di ogni anno, il responsabile debba trasmettere all’OIV e all'organo di indirizzo politico dell'amministrazione una relazione recante i risultati dell'attività svolta che deve essere, come era già previsto, pubblicata nel sito web dell'amministrazione.
Resta ferma, comunque, la responsabilità per illecito disciplinare del dipendente nel caso in cui violi le misure di prevenzione previste dal piano. Resta ferma, altresì, la previsione in base alla quale, nel caso in cui l'organo di indirizzo politico lo richieda o il responsabile lo ritenga opportuno, quest'ultimo riferisce sull'attività.
L'articolo 42 contiene una disposizione transitoria che differisce l’efficacia dell'articolo 9-bis (relativo alla pubblicazione dei documenti tramite rinvio alle banche dati) ad un anno dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo. A tal fine viene previsto che, entro un anno, le amministrazioni verifichino la correttezza e la completezza dei dati già comunicati alle pubbliche amministrazioni titolari delle banche dati di cui all’allegato B in modo tale che queste ultime possano pubblicarle in modo completo.
Successivamente, le amministrazioni interessate possono adempiere anche in forma associata agli obblighi di pubblicazione, nelle more della razionalizzazione dei flussi informativi dalle amministrazioni pubbliche periferiche alle amministrazioni centrali come previsto da uno specifico criterio di delega della legge 124/2015 (art. 17, comma 1, lett. u).
Con l'articolo 43 si provvede a individuare puntualmente le disposizioni oggetto di abrogazione espressa.
Il comma 1 abroga specifiche disposizioni del D.Lgs. 33/2013 di cui si è dato conto nei paragrafi precedenti, tra cui anche l’intero articolo 10, che invece è oggetto di novella da parte dell’articolo 10 dello schema.
Il Consiglio di Stato, nel proprio parere, evidenzia altresì l’opportunità di un supplemento di valutazione circa l’opportunità di abrogare gli articoli 24, 25 e 34 del decreto legislativo n. 33 del 2013 in tema, rispettivamente, di obblighi di pubblicazione dei dati aggregati relativi all’attività amministrativa, obblighi di pubblicazione concernenti i controlli sulle imprese e trasparenza degli oneri informativi.
Sono inoltre abrogati:
· l’articolo 1 del decreto del Presidente del Repubblica 7 aprile 2000, n. 118, recante l’obbligo di istituire l’albo dei beneficiari di provvidenze di natura economica da parte dello Stato, regioni, enti locali ed altri enti pubblici (un obbligo analogo è recato dagli artt. 26 e 27 del D.Lgs. 33/2013);
· l’articolo 1, comma 611, lett. f) della legge 27 dicembre 2013, n. 147, la lettera f), del comma 611, il quale prevede per le pubbliche amministrazioni che svolgono le attività di rilevante interesse pubblico in materia doganale e tributaria (di cui all'articolo 66 del codice della privacy: decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196), osservano le disposizioni del D.Lgs. 33/2013, limitatamente ai profili che non attengono all'organizzazione e all'esercizio delle predette attività;
· i commi 675 e 676 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, trasfusi nel nuovo articolo 15-bis (vedi sopra articolo 14).
L'articolo 44 reca la consueta clausola di invarianza finanziaria.
Infine, l’allegato B reca l’elenco delle banche dati di cui all’articolo 9-bis.
Attualmente sono circa 130 gli Stati che hanno adottato disposizioni normative in materia di diritto all'informazione. Un elenco di questi Paesi è disponibile sul sito dell'associazione Righ2info, dove è possibile onsultare la legislazione in materia di ciascun Paese.
Una analisi sistematica ancorché sintetica di un centinaio di Paesi è disponibile sul sito Rti-rating.org (a cura di due associazioni non-profit: Access Info Europe e The Centre for Law and Democracy) che opera anche una valutazione di merito delle singole norme, assegnando un punteggio ad ogni Paese in relazione al grado di ampiezza della libertà di informazione garantita dalla legge.
Molto sinteticamente i sistemi esistenti si possono raggruppare in due grandi categorie: il modello "statunitense", diffuso nell'area anglosassone e, con alcune varianti nel Paesi del Nord Europa, e il modello "francese", tipico dell'Europa continentale.
Il primo si caratterizza per un sistema generale di pubblicità che assicura a tutti un ampio accesso alle informazioni detenute dalle autorità pubbliche.
Il secondo è finalizzato prevalentemente a venire incontro a specifiche richieste di soggetti interessati ed ha per oggetto per lo più il documento amministrativo, inteso come documento formalizzato e definitivo, con esclusione degli altri documenti.
Qui di seguito sono esaminati quattro esempi di legislazione in materia relativi a Stati Uniti d'America, Regno Unito, Svezia e Francia.
Per ulteriori approfondimenti si può consultare la documentazione indicata nel paragrafo finale Guida alla documentazione.
Base normativa
Freedom of Information Act 1966 – FOIA (paragrafo 552 del Codice delle leggi degli Stati Uniti – USC).
E’ disponibile una traduzione in italiano a cura della Federazione nazionale della stampa italiana.
Soggetti titolari
del diritto
La legge consente a qualsiasi persona o organizzazione, indipendentemente dalla cittadinanza o dal paese di origine, a fare richiesta dei documenti detenuti da enti del governo federale (agency).
Soggetti passivi
Per agency si intendono: qualsiasi dipartimento esecutivo o militare, gli enti governativi o controllati dal Governo, le aziende nel ramo esecutivo del Governo (incluso l'Ufficio Esecutivo del Presidente), le autorità indipendenti (§552 (f). Sono espressamente esclusi (§ 551 USC):
· il Congresso;
· i tribunali federali (courts);
· il Governo dei territori e dei possedimenti;
· il Governo del Distretto di Columbia.
Da tenere presente che il FOIA riguarda esclusivamente gli enti governativi federali; il diritto di accesso ai documenti detenuti dal governo di ciascuno Stato è di competenza locale.
Oggetto
Sono oggetto del diritto di accesso tutti i documenti (records) di un ente governativo federale in possesso del medesimo ente, in qualsiasi formato, incluso il formato elettronico. Rientrano nell'ambito di applicazione della legge anche i documenti detenuti da un soggetto terzo che detiene documenti di un ente governativo per motivi di gestione archivistica (§552 (g).
Contenuto
Ai fini del diritto di accesso, la legge divide gli atti pubblici in due categorie: i documenti che devono essere pubblicati (§552 (a) (1) e (2) e quelli, non pubblicati, che devono essere resi disponibili a richiesta del pubblico (§552 (a) (3) (A).
I documenti che devono essere obbligatoriamente pubblicati sono in primo luogo quelli da pubblicare nel Federal Register (giornale ufficiale del governo federale degli US), si tratta, tra l'altro, degli atti relativa a:
· organigrammi centrale e periferici degli enti, con l'indicazione del personale e delle procedure per ottenere informazioni, presentare istanze e documenti, e ricevere risposte;
· procedimenti in base ai quali si svolgono le attività degli entei governativi;
· regole di procedura, descrizioni dei moduli disponibili e dove tali moduli possono ottenersi, e istruzioni sulle finalità e sui contenuti di tutti i documenti e certificati;
Ciascun ente deve, inoltre, rendere pubblici, tutta una serie di documenti, indicati espressamente, che non sono pubblicati nel Federal Register:
· le valutazioni finali, incluse quelle di assenso e di dissenso, così come le decisioni assunte in corso di giudizio;
· gli atti e le interpretazioni che sono stati assunti dall'ente governativo;
· i manuali per il personale amministrativo e le istruzioni per il personale a contatto con il pubblico.
Inoltre, sono pubblicati i documenti che pur non essendo oggetto di pubblicazione obbligatoria, sono stati richiesti attivando il diritto di accesso ai sensi del successivo punto (3) (A) e che l'amministrazione ha ritenuto possano essere oggetto di ulteriori richieste di accesso.
I documenti che non sono sottoposti al regime di pubblicazione obbligatoria sono conoscibili esercitando il diritto di accesso.
Procedimento per
l'esercizio del diritto di accesso
La richiesta di accesso ad un documento deve essere corredata da una descrizione adeguata del documento stesso e deve essere compilata in ottemperanza a regole procedurali predeterminate (§552 (a) (3) (A).
I documenti devono essere forniti nel formato richiesto, se disponibile. In ogni caso ciascun ente deve operarsi per conservare i documenti in un formato riproducibile, preferibilmente in formato elettronico (§552 (a) (3) (B).
Ogni ente pubblica le procedure relative al diritto di accesso e gli importi applicabili (§552 (a) (4) (A) (i).
Le agenzie governative devono rispondere in 20 giorni lavorativi e sono tenuti a motivare la decisione (§552 (a) (6) (A).
Eccezioni
Sono esclusi dall'obbligo di pubblicità e dal diritto di accesso le seguenti nove categorie di documenti (§ 552 (b):
1. documenti coperti da segreto nell'interesse della difesa nazionale o della politica estera e specificamente
previsti da criteri stabiliti da un decreto presidenziale e, in generale, documenti classificati come segreti
a seguito di un decreto presidenziale;
2. regole e pratiche interne del personale di un ente governativo;
3. informazioni esentate dalla divulgazione in base all'ordinamento
4. segreti industriali e informazioni commerciali o finanziarie;
5. memorandum o lettere di un ente governativo che per legge possono essere resi disponibili
esclusivamente ad un soggetto in causa con il medesimo governativo;
6. dati medici o personali coperti dal diritto di privacy;
7. documenti o informazioni la cui divulgazione potrebbe arrecare danni irrevocabili, quali la mancata
applicazione della legge, la lesione del diritto di un giusto processo, la divulgazione di una fonte
confidenziale ecc.;
8. documenti riguardanti l'attività di istituti finanziari;
9. informazioni e dati sui pozzi di petrolio.
Inoltre, gli organismi dei servizi di sicurezza non esentati dal rendere disponibile qualunque documento (§ 552 (a) (3) (E).
Ricorsi e controllo
In caso di diniego di accesso è ammesso ricorso gerarchico al direttore dell'ente governativo che ha rifiutato l’accesso, che deve decidere sempre in 20 giorni. In caso di conferma del diniego è ammesso ricorso giurisdizionale (§552 (a) (6) (A).
In tal caso è competente a decidere la corte del distretto in cui il ricorrente risiede o dove svolge la propria attività o in cui si trova la documentazione o il distretto di Columbia. Il giudice può imporre all'ente governativo di rendere pubblici i documenti (§ 552 (a) (4) (B).
Ogni anno ciascun ente governativo deve inviare all'Attorney General una relazione sull'attuazione del diritto di accesso (§ 552 (e)
Base normativa
Freedom of Information
Act 2000.
La legge si applica all'Inghilterra, al Galles e all'Irlanda del Nord; in Scozia vige il Freedom of Information (Scotland) Act 2002, dal contenuto analogo a quello britannico
Soggetti titolari
del diritto
Ogni persona ha il diritto di richiedere informazioni alle autorità pubbliche (art. 1.1)
Soggetti passivi
Le autorità pubbliche tenute a garantire il diritto di accesso, dettagliatamente indicate in allegato alla legge (Allegato I), sono gli enti governativi, il Parlamento, le forze armate (ad eccezione dei corpi speciali), gli enti locali, gli enti del servizio sanitario nazionale, gli enti scolastici e le istituzioni universitarie, le forze di polizia e altre centinaia di enti specificatamente indicati (Parte IV dell'Allegato I).
Sono inoltre soggetti al diritto di informazione le autorità pubbliche così definite per legge, anche se non inserite nell'allegato, e le società interamente di proprietà pubblica (art. 3.1).
Oggetto
Forma oggetto del diritto di accesso ogni tipo di informazione, registrata in qualsiasi forma (art. 84) detenuta da una autorità pubblica (anche se di proprietà di altro soggetto) o di proprietà di una autorità pubblica (anche se detenuta da altro soggetto (art. 3.2).
Contenuto
Ciascuno può presentare richiesta di informazioni ad una pubblica autorità; questa ha il dovere di informare per iscritto il richiedente se la informazione richiesta è in suo possesso e, in questo caso, di trasmettergliela (art. 1.1).
Procedimento per
l'esercizio del diritto di accesso
La richiesta di informazioni deve essere presentata per iscritto (anche per via elettronica) e deve recare il nome del richiedente, il suo recapito e una descrizione dell'informazione richiesta (art. 8). Ciascuna autorità determina l'ammontare del corrispettivo dovuto per l'evasione delle richieste, sulla base di un regolamento governativo (art. 9). L'autorità interessata è tenuta a rispondere al più presto e comunque non oltre 20 giorni lavorativi (art. 10).
Eccezioni
La legge prevede diverse categorie di atti sottratti all'accesso. Alcuni sono coperti da un divieto assoluto di divulgazione, per altri va valutato di caso in caso se l'interesse pubblico al mantenimento del segreto prevale sull'interesse alla divulgazione (art. 2).
I casi di esclusione sono dettagliatamente indicati dalla legge (Parte II, artt. 21-44). Sono innanzitutto sottoposte al divieto assoluto alla divulgazione le informazioni accessibili con altri mezzi o che stanno per essere pubblicate. Sono inoltre, escluse le informazioni relative alla sicurezza, quelle detenute dai tribunali, la corrispondenza di Sua Maestà e le informazioni coperte dal diritto alla privacy.
Ricorsi e controllo
Information commissioner (autorità indipendente) (art. 18 e 5 e segg.).
Base normativa
The Freedom of the Press Act
(legge costituzionale).
Soggetti titolari
del diritto
Ogni cittadino svedese o residente in Svezia ha libero accesso ai documenti ufficiali (Capo 2, artt. 1 e 12)
Soggetti passivi
Tutte le autorità pubbliche (capo 2, art. 3) compresi il Riksdag (Parlamento) e le assemblee delle autonomie locali con poteri decisionali (Capo 2, art. 5)
Oggetto
Sono sottoposti al diritto di accesso i documenti ufficiali delle autorità pubblica. Per documento si intende qualsiasi scritto, immagine o registrazione che può essere letto, ascoltato, o comunque compreso solo con ausili tecnici. Un documento è ufficiale se è detenuto da un'autorità pubblica, e se è stato ricevuto o redatto da tale autorità. (Capo 2, art, 3).
Non sono considerati documenti ufficiali e pertanto sono esclusi dal diritto di accesso i documenti di rilevanza interna, quali memorandun, lettere o documenti preliminari o preparatori di atti pubblici (Capo 2, artt. 9-11).
Contenuto
La legge garantisce il libero accesso ai documenti ufficiali al fine di favorire il libero scambio di opinioni e la disponibilità di informazioni complete (Capo 1, art. 1). L'accesso è garantito a chiunque ne faccia richiesta, a prescindere dalla presenza di un interesse diretto (Capo 2, art. 12).
Procedimento per
l'esercizio del diritto di accesso
La richiesta di accesso di un documento ufficiale deve essere presentata all'autorità che detiene quel documento (Capo 2, art. 14).
La richiesta può essere presentata anche in forma anonima e non necessità di alcuna motivazione (Capo 2, art. 14)
I documenti ufficiali sono messi a disposizione immediatamente o al più presto possibile, nel luogo in cui si trovano (a meno che ciò sia impedito da gravi difficoltà), e gratuitamente, a chiunque voglia esaminarli.
Inoltre, chiunque a diritto di ottenere una trascrizione o copia del documento a pagamento (Capo 2, art. 12).
Eccezioni
Il diritto di accesso ai documenti ufficiali può essere limitato esclusivamente per legge e solo se la restrizione si rende necessaria per i seguenti motivi:
· sicurezza del Paese o le sue relazioni con un altro Stato o un'organizzazione internazionale;
· interessi fiscali, di politica monetaria o di valuta del Paese;
· attività di ispezione, di controllo o altre attività di vigilanza di un'autorità pubblica;
· prevenzione e la giustizia penale;
· interessi economici delle istituzioni pubbliche;
· tutela del personale o delle circostanze economiche degli individui;
· conservazione di specie animali o vegetali (Capo 2, art. 2).
Ricorsi e controllo
Parliamentary Ombudsman (organismo indipendente di supervisione amministrativa).
Base normativa
Loi n° 78-753 du 17 juillet 1978 recante misure per il miglioramento dei rapporti tra la pubblica amministrazione e i cittadini e disposizioni di ordine amministrativo, sociale e fiscale.
Soggetti titolari
del diritto
La legge garantisce il diritto all'informazione a tutte le persone attraverso il diritto di accesso ai documenti amministrativi (art. 1, 1° co.).
Soggetti passivi
Sono accessibili i documenti amministrativi dello Stato, degli enti territoriali, degli enti pubblici e degli enti privati che gestiscono un servizio pubblico (art. 1, 2° co.).
Gli atti e i documenti delle assemblee parlamentari hanno una disciplina a parte contenuta nell'ordinanza n. 58-1100 del 17 novembre 1958 relativa al funzionamento delle assemblee parlamentari (art. 1, 3° co.).
Oggetto
Sono considerati documenti amministrativi tutti i documenti prodotti o detenuti per motivi istituzionali dai soggetti sopra indicati, a prescindere dalla data di produzione, luogo di conservazione, forma e supporto.
La legge individua in particolare diverse categorie di documenti amministrativi, quali dossier, relazioni, studi, verbali, statistiche, direttive, istruzioni, circolari, note e risposte ministeriali, corrispondenza, comunicazioni, previsioni e decisioni (art. 1, 2° co.).
I documenti che sono strumentali in una decisione amministrativa non sono disponibili fino a quando la decisione è presa (art. 2, 2° co.).
Contenuto
La legge prevede il diritto di accesso per tutte le persone ai documenti amministrativi detenuti da organismi pubblici. Le autorità pubbliche sono tenute a rendere accessibili i documenti amministrativi da esse detenute a coloro che ne fanno domanda (art. 2, 1° co.).
Inoltre, fatte salve le disposizioni in materia di privacy, ognuno ha il diritto di conoscere le informazioni in un documento amministrativo le cui conclusioni sono a lui avverse. Su sua richiesta, i suoi commenti su tali conclusioni sono necessariamente registrati in allegato al documento in questione (art. 3).
Procedimento per
l'esercizio del diritto di accesso
Il diritto di accesso si esercita, a scelta del richiedente e nei limiti delle disponibilità tecniche dell'amministrazione, attraverso la consultazione diretta (gratuita), la riproduzione (dietro pagamento di un corrispettivo che non può eccedere il costo della riproduzione) oppure l'invio elettronico (se il documento è disponibile in formato digitale) (art. 4).
I documenti rilasciati sono soggetti alle norme sul diritto d'autore e non possono essere riprodotte perscopi commerciali.
Gli enti pubblici devono rispondere entro un mese.
Eccezioni
In primo luogo non possono essere oggetto del diritto di accesso, i documenti già pubblicati (art. 2, 4° co.).
Sono, inoltre, esclusi dal diritto di accesso, oltre agli atti delle Assemblee parlamentari, alcune tipologie di documenti tra cui le pronunce del Consiglio di Stato e delle giurisdizioni amministrative, i documenti della Corte dei Conti, i documenti dell'Autorità della concorrenza e dell'Autorità per la trasparenza della vita pubblica. Parimenti non possono essere comunicati i documenti la cui divulgazione danneggerebbe la segretezza dei lavori del governo; il segreto della difesa nazionale; la conduzione della politica estera; la sicurezza dello Stato, la sicurezza pubblica e quella delle persone; la moneta e il credito pubblico; il corretto svolgimento del procedimento giudiziario, salvo autorizzazione dell'autorità competente; la rilevazione di violazioni fiscali e doganali; altri segreti tutelati dalla legge. Sono inoltre sottratti dal diritto di accesso i documenti recanti dati sensibili al fine di tutela della privacy (art. 6).
Ricorsi e controllo
Commissione di accesso ai documenti amministrativi, autorità amministrativa indipendente (artt. 20 e segg).
La libertà di informazione (Freedom of information - FOI) intesa come diritto dei cittadini di accedere ai dati detenuti dalle pubbliche amministrazioni, è riconosciuta dall'ONU parte integrante della libertà di espressione. L'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO) dedica al FOI una specifica sezione del suo sito.
Tra il materiale ivi reperibile, si segnala uno studio comparato del 2008 sulla legislazione in materia in 14 Paesi, tra cui USA, Regno Unito, Svezia, Giappone, Sudafrica: Toby Mendel, Freedom of Information. A Comparative Legal Survey, Parigi, UNESCO, 2008 (2 ed.).
Del 2009 uno studio incentrato sulla esperienza latinoamericana: Toby Mendel, The Right to Information in Latin America: A Comparative Legal Survey, Quito, UNESCO, 2009.
Più recente, Alexandre Salha, Freedom of Information Act. a Comparative Analysis, giugno 2014, dove sono confrontate le esperienze di 8 Paesi: Serbia, India, Slovenia, Germania, Italia, USA, UK e Svezia.
Le modalità di accesso ai documenti dell'Unione europea:
http://ec.europa.eu/transparency/access_documents/index_en.htm
Si segnala inoltre una tabella di comparazione tra diversi Paesi a cura del Governo australiano: Table of Global Comparison of Freedom of Information Law (2006).
Right2INFO.org è un sito web specializzato nella ricerca giuridica comparata in materia di diritto di accesso alle informazioni. Attivo dal 2008 il sito è curato da The Open Society Justice Initiative, uno dei programmi di Open Society Foundations.
Nella sezione Laws sono raccolte e aggiornate le indicazioni sulle basi normative in materia di 130 Paesi in tutto il Mondo.
E' inoltre disponibile una base di dati di giurisprudenza.
Informazioni giuridiche su diversi Paesi anche in:
http://www.legislationline.org/topics/topic/3
http://www.statewatch.org/news/2010/sep/foia-fringe-special-overview-sep-20-2010.pdf
Un ricco repertorio di siti e associazioni in:
[1] Il riferimento è alle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.