Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Conflitti di interessi - A.C. 275-A/R - Elementi per l'esame in Assemblea
Riferimenti:
AC N. 275/XVII   AC N. 1059/XVII
AC N. 1832/XVII   AC N. 1969/XVII
Serie: Progetti di legge    Numero: 147    Progressivo: 2
Data: 23/02/2016
Descrittori:
INCOMPATIBILITA' ALLE CARICHE ELETTIVE AMMINISTRATIVE E DI GOVERNO     
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni


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Conflitti di interessi

23 febbraio 2016
Elementi per l'esame in Assemblea


Indice

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La I Commissione ha deliberato – nella seduta del 18 febbraio 2016 – di riferire favorevolmente all'Assemblea sul nuovo testo unificato delle proposte di legge in materia di conflitti di interessi (C. 275 e abb.), come risultante dagli emendamenti approvati in sede referente.

Il nuovo testo unificato è stato adottato dalla Commissione al termine dei lavori del Comitato ristretto che era stato costituito successivamente al rinvio in Commissione deliberato dall'Assemblea sul precedente testo, approvato il 7 ottobre 2014.

Il testo definito dalla I Commissione si articola in cinque capi relativi, rispettivamente, a: le disposizioni carattere generale, le situazioni di conflitto di interessi, le cause di ineleggibilità per i parlamentari e per i consiglieri regionali, l'integrazione delle competenze dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e le disposizioni finali.

Il testo sostituisce la vigente normativa recata dalla legge 215/2004, che viene contestualmente abrogata, ad eccezione degli articoli 7 (relativo all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) e 9 (organico delle Autorità) e di alcune disposizioni richiamate dai medesimi articoli.

In particolare, il concetto di conflitto di interessi proposto dal testo, di tipo per così dire preventivo, si differenzia da quello vigente, di cui alla legge 215/2004, che dispone un intervento prevalentemente successivo.


Principi generali e destinatari (artt. 1-2 e 11)

I destinatari della nuova disciplina normativa (art. 2) – che sono tenuti ad operare esclusivamente per la cura degli interessi pubblici a loro affidati (art. 1) - sono i titolari di cariche politiche, individuati nei:

  • titolari di cariche di governo nazionali (il Presidente del Consiglio dei ministri, i vicepresidenti del Consiglio dei ministri, i ministri, i vice ministri, i sottosegretari di Stato e i commissari straordinari del Governo di cui all'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400);

L'art. 10, co. 3, della L. 400/1988 dispone che a non più di dieci sottosegretari di Stato può essere attribuito il titolo di vice ministro, se ad essi sono conferite deleghe relative ad aree o progetti di competenza di una o più strutture dipartimentali ovvero di più direzioni generali. In tale caso la delega, conferita dal ministro competente, è approvata dal Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio.
Ai sensi dell'art. 11 della medesima legge, possono essere nominati commissari straordinari del Governo al fine di realizzare specifici obiettivi determinati in relazione a programmi o indirizzi deliberati dal Parlamento o dal Consiglio dei ministri o per particolari e temporanee esigenze di coordinamento operativo tra amministrazioni statali. La nomina è disposta con D.P.R. su proposta del Presidente del Consiglio, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Del conferimento dell'incarico è data immediata comunicazione al Parlamento e notizia nella Gazzetta ufficiale. Sull'attività del commissario straordinario riferisce al Parlamento il Presidente del Consiglio o un ministro delegato.

  • titolari di cariche di governo regionali (i Presidenti delle regioni e delle province autonome ed i componenti della giunte regionali e delle province autonome);
  • membri del Parlamento;
  • consiglieri regionali.

Le disposizioni del testo sono poi modulate in maniera differente in considerazione del ruolo e delle funzioni svolte dai titolari di cariche governo e dagli altri titolari di cariche politiche, tenendo conto delle disposizioni costituzionali che attengono al rispetto delle competenze regionali ed alla funzione parlamentare. In particolare, per quanto riguarda i titolari di cariche elettive (parlamentari e consiglieri regionali) il testo detta nuove disposizioni nella sola materia dell'ineleggibilità (artt. 12 e 13), oltre ad una disposizione specifica riferita a coloro che intendono candidarsi (art. 12, co. 4).

Le regioni sono tenute ad adeguarsi entro sei mesi dall'entrata in vigore dalla legge (art. 11), uniformandosi ai principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica previsti per i titolari di cariche di governo nazionali; decorso tale termine si applica la legge stessa. Alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano tali previsioni si applicano nel rispetto degli statuti e delle relative norme di attuazione.

Si ricorda che la legge 215/2004  attualmente stabilisce che i titolari di cariche di governo nazionali devono dedicarsi esclusivamente alla cura degli interessi pubblici ed astenersi dal compimento di atti – inclusa la partecipazione a deliberazioni collegiali – "in situazione di conflitto di interessi". La legge 215/2004 individua quindi le situazioni in cui si determina il conflitto di interessi (articolo 3): esso sussiste quando il titolare di cariche di Governo partecipa all'adozione di un atto – anche formulando la proposta – o omette un atto dovuto:
  • trovandosi in situazione di incompatibilità ovvero
  • avendo l'atto o l'omissione un'"incidenza specifica e preferenziale" sul patrimonio del titolare, del coniuge o dei parenti entro il secondo grado, o delle imprese o società da essi controllate, con danno per l'interesse pubblico.
La sussistenza di una situazione di conflitto di interessi (potenziale, deve intendersi) fa sorgere nel titolare della carica di governo l'obbligo di astensione.

Il rafforzamento dei poteri dell'AGCM (artt. 3, 14 e 15)

La competenza per l'attuazione delle nuove disposizioni è attribuita all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, la cui composizione è aumentata da tre a cinque membri, per i quali è ridefinita anche la modalità di elezione e sono richieste specifiche competenze e professionalità (artt. 3 e 14).

In particolare, in base alle nuove previsioni, tre componenti sono eletti dalla Camera e due dal Senato, i quali procedono poi all'elezione del presidente alla prima riunione. Ai fini dell'elezione, è stato previsto – a seguito delle modifiche approvate in Commissione – che le candidature a membro della Autorità, corredate del curriculum professionale, siano depositate presso la Segreteria generale di uno dei due rami del Parlamento, che le trasmette alle competenti Commissioni parlamentari della Camera e del Senato le quali, a maggioranza dei due terzi dei componenti, formano, rispettivamente, un elenco di 20 soggetti (12 alla Camera e 8 al Senato). Nell'ambito di tali elenchi, la Camera elegge 3 membri e il Senato 2 membri; ciascun parlamentare esprime, nella rispettiva sede, il proprio voto indicando un nominativo. Sono eletti i soggetti che hanno ottenuto il maggior numero di voti, purché non inferiore a un quinto dei componenti alla Camera e a un terzo dei componenti al Senato.

Riguardo alla modifica del numero dei componenti dell'Autorità, il testo specifica che ai maggiori oneri si fa fronte nell'ambito del bilancio dell'Autorità, che a tal fine effettua corrispondenti risparmi di spesa, ulteriori rispetto a quelli previsti a legislazione vigente, senza incrementare il contributo a carico dei soggetti vigilati.

Viene di conseguenza soppresso l'articolo 23, comma 1, lettera d), del decreto-legge 201/2011 (conv. lo. 214/2011), che ha disposto la riduzione da 5 a 3 dei componenti dell'Antitrust, così come di altre autorità amministrative indipendenti.

La giurisdizione relativa agli atti e alle sanzioni adottati dall'Autorità è posta in capo al giudice ordinario (art. 15); in particolare, le relative controversie sono devolute alle sezioni specializzate in materia di impresa.

Le sezioni specializzate in materia di impresa sono istituite in tutti i tribunali e corti d'appello con sede nei capoluoghi di regione (la competenza per il territorio della Valle d'Aosta è attribuita al tribunale e alla Corte d'appello di Torino), nonché, in quanto sede di Corte d'appello, presso il tribunale e la Corte d'appello di Brescia.
L'attuale competenza delle sezioni comprende:
  • le controversie in materia di proprietà industriale di cui all'articolo 134 del D.Lgs. 30/2005 (Codice della proprietà industriale); quelle in materia di diritto d'autore; le cause relative alle azioni di nullità e di risarcimento del danno, nonché i ricorsi per ottenere provvedimenti d'urgenza in relazione alla violazione delle disposizioni sulla concorrenza di cui ai titoli dal I al IV della legge n. 287/1990 (sostanzialmente le norme sulle intese restrittive della concorrenza, l'abuso di posizione dominante e le operazioni di concentrazione); le controversie per la violazione della normativa antitrust dell'Unione europea;
  • le controversie in materia societaria.
Dal 2012 al 2014 risulta che, a fronte di un numero di pendenze quintuplicato (da 1.455 a 5.126), il numero dei procedimenti definiti è quasi quadruplicato (da 16 sentenze nel 2012 a 96 a tutto il 2013), pur con un aumento dei tempi di definizione delle cause (da 362 a 394 giorni).
Questo ha motivato il Governo a prevedere un ulteriore aumento delle competenze di queste sezioni specializzate: l'A.C. 2953 (Delega al Governo per l'efficienza del processo civile), in corso di esame in Commissione Giustizia, prevede infatti l'ampliamento e la razionalizzazione della competenza per materia delle sezioni specializzate (controversie in materia di concorrenza sleale e pubblicità ingannevole; azioni di classe; controversie in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, rientranti nella giurisdizione del giudice ordinario).

Obblighi di dichiarazione (art. 5)

In via generale, il nuovo testo individua l'insorgere di un conflitto di interessi in tutti i casi in cui il titolare di una carica di governo sia titolare di un interesse economico privato tale da condizionare l'esercizio delle funzioni pubbliche ad esso attribuite o da alterare le regole di mercato relative alla libera concorrenza (art. 4).

Rispetto alla disciplina vigente, il testo conferma, come già stabilito dall'articolo 5 della legge 215/2004, una serie di obblighi di dichiarazione, prevedendo tuttavia un elenco tassativo di situazioni e di dati patrimoniali da dichiarare, nel rispetto di un timing più serrato rispetto a quello attuale e con sanzioni precise. Inoltre, rispetto al quadro normativo vigente, viene esteso il novero dei soggetti obbligati: coniuge non legalmente separato, parenti entro il secondo grado, conviventi non a scopo domestico (il riferimento agli affini di secondo grado, originariamente previsto nel testo adottato dal Comitato ristretto è stato poi soppresso nell'esame in sede referente). La legge 215/20014 poneva gli obblighi di dichiarazione in capo al coniuge ed ai parenti entro il secondo grado.

 

In particolare, entro 20 giorni dall'assunzione della carica, i titolari di cariche di governo nazionali, il coniuge non legalmente separato, i parenti entro il secondo grado del titolare della carica di governo nazionale o comunque la persona con lui stabilmente convivente non a scopo di lavoro domestico:
  • dichiarano alla Autorità di quali cariche o attività che rientrano tra i casi incompatibilità siano titolari, anche se cessate nei precedenti 12 mesi ed anche se detenuti o svolti all'estero;
  • trasmettono all'Autorità l'ultima dichiarazione dei redditi, nonché tutti i dati relativi ai beni immobili e mobili iscritti in pubblici registri e alle attività patrimoniali di cui siano titolari, o siano stati titolari nei 6 mesi precedenti, anche per interposta persona;
  • comunicano all'Autorità ogni contratto o accordo comunque stipulato con terzi, al fine di assumere, intraprendere o proseguire, dopo la cessazione della carica di governo, un impiego o un'attività di qualunque natura.
Ogni variazione è altresì comunicata con apposita dichiarazione integrativa entro 20 giorni dalla sua realizzazione. Entro i 20 giorni successivi alla cessazione della carica, i titolari di cariche di governo nazionali presentano all'Autorità una dichiarazione concernente ogni variazione, intervenuta nel periodo compreso tra l'ultima dichiarazione integrativa presentata all'Autorità e la cessazione della carica pubblica, salvo l'avvenuto ricorso alla gestione fiduciaria.
Alle dichiarazioni è allegato l'elenco dei beni destinati alla fruizione o al godimento personale.

 

Per l'espletamento dei compiti di indagine, verifica, accertamento e controllo attribuiti dalla presente legge, l'Autorità può avvalersi di banche dati pubbliche o private, sulla base di specifiche linee guida stabilite dal Garante per la tutela dei dati personali entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, nonché, per le banche dati del sistema informativo della fiscalità, sulla base di specifica convenzione conclusa con l'Agenzia delle entrate.

I provvedimenti adottati dall'Autorità devono essere motivati e sono resi pubblici e di facile accessibilità mediante pubblicazione nel sito Internet dell'Autorità stessa in una apposita sezione dedicata al conflitto di interessi, nel rispetto della normativa vigente in materia di dati personali.

L'Autorità, entro i 30 giorni successivi, provvede agli accertamenti della completezza e veridicità delle dichiarazioni e può chiedere chiarimenti o informazioni integrative al dichiarante, assicurando il rispetto del principio del contraddittorio.

Qualora le dichiarazioni del titolare della carica di governo nazionale non siano presentate o risultino incomplete o non veritiere, ne informa immediatamente gli interessati e in ogni caso il titolare della carica di governo nazionale perché provvedano entro 20 giorni all'integrazione o alla correzione delle dichiarazioni. Trascorso inutilmente tale termine o permanendo comunque dichiarazioni incomplete o non veritiere, l'Autorità procede all'acquisizione di tutti gli elementi ritenuti utili avvalendosi, ove occorra, del Corpo della guardia di finanza.

Nel caso in cui le dichiarazioni del titolare della carica di governo nazionale siano rese successivamente alla scadenza del termine fissato per l'integrazione o la correzione delle stesse ma non oltre 30 giorni da tale scadenza, l'Autorità applica una sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 5.000 euro a un massimo di 50.000 euro. Informa contestualmente il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio dei ministri e i Presidenti delle Camere e, comunque, ove ne sussistano gli estremi, la competente autorità giudiziaria.

Nel caso in cui le dichiarazioni del titolare della carica di governo nazionale non siano rese decorsi 30 giorni dal termine fissato dall'Autorità per l'integrazione o la correzione delle stesse o nel caso in cui le dichiarazioni risultino non veritiere o incomplete si applicano le sanzioni penali di cui all'articolo 328 c.p. (già richiamate dalla legge 215/2004) relative al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che deve essere compiuto senza ritardo.

Fuori da tali casi, a tutte le dichiarazioni previste si applicano le disposizioni dell'ordinamento previste per le dichiarazioni mendaci.

Con gli stessi poteri l'Autorità procede nel caso in cui - entro cinque anni dalla fine del mandato di governo - emergano elementi che rendano necessarie correzioni, integrazioni o verifiche delle dichiarazioni precedentemente rese nonché nel caso in cui emergano violazioni degli obblighi dichiarativi.

Sul sito internet dell'Autorità sono pubblicate le dichiarazioni in questione, secondo le modalità previste nel testo.

In base alla legge 215/20014 chi assume la titolarità di cariche di Governo ha l'obbligo di rendere note all'Autorità garante della concorrenza e del mercato:
  • l'eventuale titolarità di cariche o attività incompatibili;
  • tutti i dati relativi alle attività patrimoniali di cui sia titolare, o di cui sia stato titolare nei tre mesi precedenti.
Il termine per la presentazione della dichiarazione, complessivamente pari a 90 giorni, è sdoppiato in 30 giorni per la dichiarazione delle situazioni di incompatibilità, e in ulteriori 60 giorni per quella concernente le attività patrimoniali. La legge precisa inoltre che tra le attività patrimoniali da dichiarare sono comprese le partecipazioni azionarie. Le successive variazioni dei dati patrimoniali sono anch'esse oggetto di dichiarazione.
Gli obblighi di dichiarazione sono estesi al coniuge ed ai parenti entro il secondo grado.
Le dichiarazioni sono rese anche all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, quando le incompatibilità o i dati patrimoniali afferiscano a settori di sua competenza.
Le due menzionate Autorità di garanzia provvedono agli accertamenti di competenza, con le modalità di cui ai successivi artt. 6 e 7, entro i 30 giorni successivi al ricevimento delle dichiarazioni.
Le dichiarazioni incomplete o non veritiere o la mancata effettuazione delle dichiarazioni stesse costituiscono reato.
 
Più di recente, sempre in attuazione della legge anticorruzione, il legislatore è intervenuto a riordinare la materia degli obblighi di trasparenza in capo alle pubbliche amministrazioni con il D.Lgs. 33/2013; attualmente è inoltre in corso di approvazione (è stato trasmesso alle Camere per il parere parlamentare) un decreto legislativo che modifica ed integra tale provvedimento sulla base dei principi e criteri di delega individuati dalla legge 124/2015 di riforma della PA.
In base al d. lgs. 33/2013, per quanto riguarda i titolari di incarichi politici, di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico, di livello statale, regionale e locale, le amministrazioni devono pubblicare (articolo 14):
a) l'atto di nomina o di proclamazione, con l'indicazione della durata dell'incarico o del mandato elettivo;
b) il curriculum;
c) i compensi di qualsiasi natura connessi all'assunzione della carica; gli importi di viaggi di servizio e missioni pagati con fondi pubblici;
d) i dati relativi all'assunzione di altre cariche, presso enti pubblici o privati, ed i relativi compensi a qualsiasi titolo corrisposti;
e) gli altri eventuali incarichi con oneri a carico della finanza pubblica e l'indicazione dei compensi spettanti;
f) le dichiarazioni sulla situazione patrimoniale per le cariche elettive e sulle relative variazioni (di cui agli articoli 2, 3 e 4 della legge 5 luglio 1982, n. 441), limitatamente al soggetto titolare della carica, al coniuge non separato e ai parenti entro il secondo grado, ove gli stessi vi consentano.
Le pubbliche amministrazioni pubblicano tali dati cui entro tre mesi dalla elezione o dalla nomina e per i tre anni successivi dalla cessazione del mandato o dell'incarico dei soggetti, salve le informazioni concernenti la situazione patrimoniale e, ove consentita, la dichiarazione del coniuge non separato e dei parenti entro il secondo grado, che vengono pubblicate fino alla cessazione dell'incarico o del mandato.

Incompatibilità (art. 6)

Il testo individua un sistema di incompatibilità più stringente rispetto alla normativa vigente (in particolare rispetto all'articolo 2 della legge 215/2004), accertate dall'Autorità, cui segue un obbligo di opzione da parte del titolare della carica di governo, ferma restando l'aspettativa nel caso di impieghi pubblici o privati e la sospensione dagli albi e dagli elenchi professionali per la durata della carica. Nel caso di mancata opzione si intende che il soggetto abbia optato per la posizione incompatibile con la carica di governo e viene data adeguata pubblicità da parte dell'Autorità.

L'imprenditore può altresì accedere all'applicazione della misura della gestione fiduciaria o della vendita, d'intesa con l'Autorità, per evitare la dichiarazione di incompatibilità.

Dopo l'assunzione di una delle cariche di governo nazionale, i titolari possono percepire compensi o indennità esclusivamente per attività prestate in precedenza e comunque soltanto quando essi risultino determinati in misura fissa dalla legge o da atti regolamentari o determinati o determinabili in base a criteri che siano già stati esattamente fissati dall'accordo sottoscritto dalle parti, recante data certa precedente l'assunzione della carica pubblica. In caso di accertamento della violazione, l'Autorità applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro corrispondente al doppio del vantaggio economico ottenuto dall'impiego o dall'attività professionale o imprenditoriale o dalla funzione vietati.

 

L'Autorità accerta, anche tramite proprie verifiche, entro 30 giorni dal ricevimento delle dichiarazioni, le situazioni di incompatibilità e ne dà comunicazione all'interessato, invitandolo a comunicare, entro i 30 giorni successivi, l'opzione tra il mantenimento della carica di governo e il mantenimento della posizione incompatibile. A decorrere dalla data della comunicazione, il titolare della carica di governo che si trovi in una delle situazioni di incompatibilità è tenuto all'obbligo di astensione.

La disciplina delle incompatibilità è attualmente recata dall'articolo 2 della legge 215/20014, in cui sono elencate le cariche, gli uffici e le attività la cui titolarità o il cui esercizio risulta incompatibile con la titolarità di cariche di Governo. L'incompatibilità riguarda:
  • ogni carica o ufficio pubblico, ad eccezione delle cariche o uffici inerenti alle funzioni svolte dal soggetto in quanto titolare di cariche di Governo; del mandato parlamentare; di amministratore locale (nei limiti stabiliti dal decreto-legge 138/2011); delle cariche che risultano compatibili con il mandato parlamentare ai sensi dell'art. 1, secondo comma, della L. 60/1953;
  • cariche, uffici o funzioni in enti di diritto pubblico, anche economici;
  • cariche, uffici, funzioni o compiti di gestione in società aventi fini di lucro o in attività di rilievo imprenditoriale, o in associazioni o società tra professionisti. L'imprenditore individuale provvede a nominare uno o più institori, ai sensi del codice civile;
  • l'esercizio di attività professionali o di lavoro autonomo in materie connesse con la carica di Governo;
  • l'esercizio di qualsiasi tipo di impiego o lavoro sia pubblico, sia privato.
 
Gli incarichi e le funzioni incompatibili cessano con effetto dalla data del giuramento relativo agli incarichi di Governo e comunque dalla data di effettiva assunzione delle cariche.
Dagli incarichi e funzioni incompatibili non può derivare, per tutta la durata della carica di Governo, alcuna forma di retribuzione o vantaggio per il titolare. Dopo il termine dell'incarico di Governo, l'incompatibilità sussiste per ulteriori dodici mesi nei confronti di cariche in enti di diritto pubblico e in società con fini di lucro che operano in settori connessi con la carica ricoperta. Quanto ai rapporti d'impiego o di lavoro pubblico o privato, è previsto il collocamento in aspettativa (o analoga posizione prevista dai rispettivi ordinamenti).
 
Esistono, inoltre, nell'ordinamento altre disposizioni recanti cause di incompatibilità per i membri del Governo. Si tratta di disposizioni specifiche, ad esempio quelle che istituiscono autorità amministrative indipendenti, introdotte in prevalenza anteriormente all'approvazione della legge 215 del 2004, e da questa sostanzialmente assorbite.
Si registra peraltro l'introduzione di disposizioni di incompatibilità anche dopo il 2004.
Oltre all'incompatibilità con la carica di sindaco e presidente di provincia, sopra menzionata, si ricordano una serie di incompatibilità previste dal decreto legislativo n. 39 del 2013 (di attuazione della c.d. legge anticorruzione) tra cui quelle tra membri di governo e:
  • titolari di incarichi amministrativi di vertice (segretario generale, capo dipartimento, direttore generale e similari) nelle amministrazioni statali, regionali e locali e gli incarichi di amministratore di ente pubblico di livello nazionale, regionale e locale (art. 11, comma 1);
  • titolari di incarichi dirigenziali, interni e esterni, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico (art. 12, comma 2);
  • presidente e amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico, di livello nazionale, regionale e locale (art. 13, comma 1);
  • direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali (art. 14, comma 1).
 
Ai sensi del decreto legislativo n. 235/2012 (anch'esso attuativo della legge anticorruzione) non possono inoltre ricoprire incarichi di governo coloro che sono stati condannati, con sentenza passata in giudicato, per le seguenti tre categorie di fattispecie di condanne definitive riferite a delitti, non colposi, consumati o tentati:
  • condanna a pena detentiva superiore a 2 anni di reclusione per i delitti previsti dall'art. 51, commi 3-bis e 3-quater del codice di procedura penale;
  • condanna a pena detentiva superiore a 2 anni di reclusione per i delitti previsti nel Libro II, Titolo II (Delitti contro la pubblica amministrazione), Capo I (Delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione) del codice penale, composto dagli articoli da 314 a 335-bis;
  • condanna a pena detentiva superiore a 2 anni di reclusione per i delitti per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a 4 anni stabilita in base all'art. 278 c.p.p.

Obblighi di astensione (art. 7)

In via generale, il testo prescrive un obbligo di astensione a seguito delle valutazioni svolte dall'Autorità sulla base delle dichiarazioni ricevute, che si esprime anche su richiesta dell'interessato qualora dubiti della sussistenza di tale obbligo.

L'obbligo di astensione è stabilito anche a prescindere dalle valutazioni dell'Autorità nel caso in cui sia titolare di un interesse economico privato tale da condizionare l'esercizio delle funzioni pubbliche ad esso attribuite o da alterare le regole di mercato relative alla libera concorrenza (secondo la definizione generale dell'art. 4).

Sono previste forme di pubblicità in ordine alle decisioni con cui l'Autorità stabilisce i casi in cui il titolare di una carica di governo nazionale è tenuto ad astenersi: in particolare, è stabilita la comunicazione ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio di ministri, perchè ne informi il Consiglio dei ministri.

Nei casi di violazione di tali obblighi il testo prescrive una sanzione pecuniaria commisurata al vantaggio ottenuto. L'atto adottato viene sottoposto al Consiglio dei ministri, ai sensi dell'art. 5, co. 2, lett. c) legge 400/1988.

In base all'art. 5, co. 2, lett. c), della legge 400/1988 il Presidente del Consiglio può sospendere l'adozione di atti da parte dei ministri competenti in ordine a questioni politiche e amministrative, sottoponendoli al Consiglio dei ministri nella riunione immediatamente successiva.

Qualora il titolare della carica di governo nazionale abbia adottato un atto o abbia partecipato all'adozione di un atto in violazione del dovere di astensione, il Consiglio di ministri può revocare l'atto o procedere ai sensi dell'art. 2, co. 3, lett. p) della legge 400/1988 (annullamento straordinario).

In base a tale disposizione sono sottoposte alla deliberazione del Consiglio dei Ministri le determinazioni concernenti l'annullamento straordinario, a tutela dell'unità dell'ordinamento, degli atti amministrativi illegittimi, previo parere del Consiglio di Stato e, nei soli casi di annullamento di atti amministrativi delle regioni e delle province autonome, anche della Commissione parlamentare per le questioni regionali. Si ricorda, in proposito, che la Corte costituzionale, con sentenza 13-21 aprile 1989, n. 229 (Gazz. Uff. 26 aprile 1989, n. 17 - Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, terzo comma, lettera p), nella parte in cui prevede l'adozione da parte del Consiglio dei Ministri delle determinazioni concernenti l'annullamento straordinario degli atti amministrativi illegittimi delle Regioni e delle Province autonome.

Conflitto di interessi patrimoniale (artt. 8 e 9)

Una volta esaminate le dichiarazioni del titolare e degli altri soggetti indicati dalla legge l'Autorità procede - in base alle previsioni relative al conflitto di interesse patrimoniale (artt. 8 e 9) - qualora il titolare della carica di governo nazionale possieda, anche per interposta persona o tramite società fiduciarie, partecipazioni rilevanti in determinati settori o quando, per la concentrazione degli interessi patrimoniali e finanziari del titolare della carica di governo nazionale nel medesimo settore di mercato, si rilevi che essi siano tali da condizionare l'esercizio delle funzioni pubbliche ad esso attribuite o da alterare le regole di mercato relative alla libera concorrenza.

In tali casi l'Autorità, sentite, se del caso, le competenti autorità di settore, sottopone al titolare della carica di governo nazionale, entro 30 giorni dal ricevimento delle dichiarazioni una proposta di applicazione delle misure tipiche per la prevenzione del conflitto (contratto di gestione fiduciaria; vendita dei beni e delle attività patrimoniali rilevanti).

Con la finalità di prevenire i conflitti di interessi, dunque, l'Autorità può disporre che i beni e le attività patrimoniali rilevanti siano affidati, entro il termine da essa stabilito, a una gestione fiduciaria che ha luogo con la sottoscrizione di un contratto di gestione con un gestore, scelto dall'Autorità, tra banche, società di gestione del risparmio e società di intermediazione mobiliare sulla base di un elenco di gestori istituito dall'Autorità, tenendo conto dei requisiti stabiliti; il mandato al gestore comprende il potere di alienazione dei beni immobiliari e mobiliari affidati in gestione. Durante la gestione, il gestore non può in alcun modo comunicare al titolare della carica di governo, neanche per interposta persona, la natura e l'entità dei singoli investimenti e disinvestimenti, né consultarlo in ordine alla gestione, pena una sanzione amministrativa pecuniaria comminata dall'Autorità, che vigila sull'osservanza sull'effettiva separazione della gestione e sulle prescrizioni della legge. Il titolare della carica di governo ha diritto di conoscere, tramite l'Autorità, ogni 90 giorni, il valore complessivo del patrimonio amministrato e di ricevere ogni 6 mesi, su richiesta, una quota del rendimento di gestione. Nel caso in cui ritenga non soddisfacente il risultato complessivo della gestione può chiedere la sostituzione del gestore all'Autorità.

Entro 30 giorni dalla cessazione dalla carica di governo il gestore presenta un dettagliato rendiconto contabile della gestione.

Qualora non vi siano altre misure possibili per evitare il conflitto di interessi, l'Autorità può disporre che il titolare della carica di governo proceda alla vendita dei beni e delle attività patrimoniali rilevanti, fissando un termine massimo entro il quale la vendita deve essere completata. Entro tale termine, il titolare della carica di governo può tuttavia comunicare all'Autorità che non intende procedere alla vendita. In tal caso, il titolare della carica di governo, in alternativa:

- opta per le dimissioni dall'incarico;

- conferisce, in favore dell'Autorità o del gestore, un mandato irrevocabile a vendere i beni e le attività patrimoniali rilevanti.

Ove il mandato sia stato conferito all'Autorità, quest'ultima provvede tramite pubblico incanto, offerta pubblica di vendita o altre modalità idonee ad assicurare il buon risultato della vendita.

Se entro il termine il titolare della carica di governo non ha proceduto alla vendita né ha conferito mandato a vendere alla Autorità o al gestore, il testo prevede che si intende che abbia optato per le dimissioni dalla carica di governo e la vendita non ha luogo.

Una disposizione specifica (art. 9, co. 12 e 13) prevede che, al di fuori delle situazioni di incompatibilità , ove l'impresa facente capo al titolare della carica di governo nazionale - o ai parenti entro il secondo grado o al coniuge non separato o alla persona stabilmente convivente non a scopo domestico - ovvero le imprese o le società da essi controllate, pongano in essere comportamenti discrezionali diretti a trarre vantaggio da atti adottati in conflitto di interessi, l'Autorità, ove ricorrano le condizioni per l'applicazione delle disposizioni relative alla gestione fiduciaria e alla vendita, diffida l'impresa dall'adottare qualsiasi comportamento diretto ad avvalersi dell'atto medesimo ovvero a porre in essere azioni idonee a far cessare la violazione o, se possibile, misure correttive. In caso di inottemperanza alla diffida l'Autorità applica nei confronti dell'impresa una sanzione amministrativa pecuniaria.


Regime fiscale (art. 10)

Riguardo al regime fiscale da applicare, è previsto che si applichi l'aliquota del 26 per cento alle plusvalenze realizzate con eventuali operazioni di dismissione di valori mobiliari eseguite in ottemperanza alle disposizioni  del testo medesimo; si intende inoltre garantire la neutralità fiscale delle operazioni di trasferimento di beni in gestione fiduciaria, disponendo altresì l'esenzione totale da imposte per gli atti e i contratti stipulati ai fini del trasferimento dei beni alla gestione fiduciaria e della successiva restituzione all'interessato.

Si rammenta che l'articolo 2, commi da 6 a 34 del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 ha modificato il regime di tassazione dei redditi di capitale e di quelli diversi di natura finanziaria. Nello specifico, per le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate, realizzate a decorrere dal 1° gennaio 2012, l'aliquota dell'imposta sostitutiva è passata dal 12,5 al 20 per cento.
L'articolo 3 del D.L. 24 aprile 2014, n. 66, ha elevato ulteriormente tale ultima aliquota al 26 per cento.
Ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del TUF per "strumenti finanziari" si intendono, sostanzialmente:
  • valori mobiliari;
  • strumenti del mercato monetario;
  • quote di un organismo di investimento collettivo del risparmio;
  • contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati ("future"), "swap", accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati;
  • strumenti derivati per il trasferimento del rischio di credito;
  • contratti finanziari differenziali.

Si ricorda che ai sensi dell'articolo 1, comma 1-bis del citato TUF (di cui al D.lgs. n. 58 del 1998), per "valori mobiliari" si intendono le categorie di valori che possono essere negoziati nel mercato dei capitali, quali ad esempio:

  • le azioni di società e altri titoli equivalenti ad azioni di società, di partnership o di altri soggetti e certificati di deposito azionario;
  • obbligazioni e altri titoli di debito, compresi i certificati di deposito relativi a tali titoli;
  • qualsiasi altro titolo normalmente negoziato che permette di acquisire o di vendere i valori mobiliari sopra indicati;
  • qualsiasi altro titolo che comporta un regolamento in contanti determinato con riferimento ai valori mobiliari indicati alle precedenti lettere, a valute, a tassi di interesse, a rendimenti, a merci, a indici o a misure.

Ineleggibilità (artt. 12-13)

In tema di ineleggibilità dei membri del Parlamento sono apportate modifiche all'art. 10 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto della Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 e modifiche alla legge 2 luglio 2004, n. 165, che detta i principi generali di attuazione dell'articolo 122, primo comma, della Costituzione, demandando – con quest'ultima modifica - alle regioni la previsione di una causa di ineleggibilità per i consiglieri regionali che abbiano la titolarità o comunque il controllo, anche in via indiretta, nei confronti di un'impresa che svolge esclusivamente o prevalentemente la propria attività in regime di autorizzazione o di concessione rilasciata dallo Stato o dalla regione, di notevole entità economica.

Per quanto riguarda i membri del Parlamento, con le modifiche previste al citato art. 10 l'ineleggibilità viene riferita a coloro che:

  • risultino vincolati con lo Stato - in proprio o in qualità di rappresentanti - per contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di notevole entità economica oppure, come già previsto, per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica, che importino l'obbligo di adempimenti specifici, l'osservanza di norme generali o particolari protettive del pubblico interesse, alle quali la concessione o la autorizzazione è sottoposta (art. 10, primo comma, n. 1) come modificato);
  • abbiano nei confronti di un'impresa che svolge le suddette attività: la titolarità o il controllo; l'esercizio di un'influenza dominante; la possibilità di disporne in tutto o in parte, direttamente o indirettamente; la possibilità di determinarne gli indirizzi, ivi compresa la possibilità offerta dalle partecipazioni azionarie indirette (art. 10, primo comma, nuovo n. 1-bis).

Viene così sostituita l'attuale formulazione, sia sotto il profilo oggettivo sia sotto quello soggettivo.

In base all'art. 10 del dPR 361/1957 attualmente non sono eleggibili:
1) coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni, oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica, che importino l'obbligo di adempimenti specifici, l'osservanza di norme generali o particolari protettive del pubblico interesse, alle quali la concessione o la autorizzazione è sottoposta;
2) i rappresentanti, amministratori e dirigenti di società e imprese volte al profitto di privati e sussidiate dallo Stato con sovvenzioni continuative o con garanzia di assegnazioni o di interessi, quando questi sussidi non siano concessi in forza di una legge generale dello Stato;
3) i consulenti legali e amministrativi che prestino in modo permanente l'opera loro alle persone, società e imprese di cui ai nn. 1 e 2, vincolate allo Stato nei modi di cui sopra.

Restano dunque ferme la altre cause di ineleggibilità previste dal medesimo art. 10 e riferite a rappresentanti, amministratori e dirigenti di società ed imprese volte al profitto di privati e sussidiate dallo Stato con sovvenzioni continuative o con garanzia di assegnazioni o di interessi quando questi sussidi non siano concessi in forza di una legge nonchè ai consulenti legali e amministrativi che prestino in modo permanente la loro opera alle persone, società e imprese previste ai nn. 1 e - alla luce delle modifiche introdotte nel testo - 1-bis, vincolate allo Stato come ivi previsto. Resta altresì ferma l'esclusione dall'ineleggibilità per i dirigenti di cooperative e di consorzi di cooperative iscritte nei registri di prefettura.

 

Il testo prevede infine che le cause di ineleggibilità non si applicano: agli amministratori delle imprese che siano cessati dalla carica almeno 180 giorni prima della fine della legislatura precedente ovvero entro i 7 giorni successivi alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto che anticipa lo scioglimento delle Camere di almeno 120 giorni; ai proprietari, agli azionisti di maggioranza o ai detentori di un pacchetto azionario di controllo, sia direttamente sia per interposta persona, che, nei termini anzidetti (180 giorni prima della fine della legislatura o i 7 successivi in caso di scioglimento anticipato della legislatura), perfezionino la cessione della proprietà o del pacchetto azionario di controllo ovvero si adeguino alle prescrizioni dai medesimi richieste all'Autorità.

E' altresì previsto il divieto di cessione al coniuge o ai parenti e agli affini entro il secondo grado, a società collegata o a persona interposta allo scopo di eludere l'applicazione della disciplina in questione ovvero a società o ad altro ente comunque costituito o utilizzato a tale fine, in Italia o all'estero.

Una norma finale (art. 12, co. 4) riguarda infine coloro che intendono candidarsi, stabilendo che essi, anche prima del decreto di convocazione dei comizi elettorali, possono accedere alla procedura prevista nel caso di conflitto di interessi patrimoniale e in relazione alle misure tipiche per la prevenzione dei conflitti (contratto di gestione fiduciaria; vendita); in caso di elezione l'Autorità trasmette alla Giunta della Camera competente sulla verifica dei poteri una propria relazione sulle suddette misure.