Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Permesso unico di soggiorno e lavoro per cittadini non comunitari - Schema di D.Lgs. n. 61 - Elementi per l'istruttoria normativa
Riferimenti:
SCH.DEC 61/XVII     
Serie: Atti del Governo    Numero: 41
Data: 16/12/2013
Descrittori:
DIRETTIVE DELL'UNIONE EUROPEA   EXTRA COMUNITARI
L 2013 0096   PERMESSO DI SOGGIORNO
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni


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Permesso unico di soggiorno e lavoro per cittadini non comunitari

16 dicembre 2013
Elementi per l'istruttoria normativa



Indice

Contenuto|Relazioni e pareri allegati|Conformità con la norma di delega|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|Compatibilità comunitaria|Incidenza sull'ordinamento giuridico|



Contenuto

Lo schema di decreto legislativo in esame attua la delega contenuta nell'articolo 1 della legge 6 agosto 2013, n. 96 (legge di delegazione europea 2013), stabilita per il recepimento della direttiva 2011/98 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2011.

L'atto in esame è composto da un solo articolo, che novella il testo unico in materia di immigrazione (decreto legislativo n. 286/1998) per introdurvi la disciplina prevista dalla direttiva 2011/98.

Le novelle comportano le seguenti modifiche:

  • nei permessi di soggiorno che consentono attività di lavoro subordinato, anche se rilasciati a diverso titolo, deve risultare tale informazione, attraverso la dicitura "perm. unico lavoro" (lettera a) che inserisce un comma 8.1 nell'art. 5 del D.Lgs. 286/1998);
  • la dicitura non è inserita nei permessi rilasciati ai lavoratori autonomi, ai lavoratori stagionali, ai lavoratori marittimi, ai lavoratori distaccati, ai lavoratori "alla pari", nonché ai titolari (o richiedenti) di protezione internazionale o di una protezione temporanea e ai titolari di un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, che soggiornano per motivi di studio o formazione; la relazione illustrativa motiva tale esclusione con la considerazione che tali soggetti sono titolari di uno status più favorevole (lettera a), che inserisce un comma 8.2 nell'art. 5);
  • il termine vigente di 20 giorni per il rilascio del permesso di soggiorno è aumentato a 60 giorni (lettere b) e c) che novellano l'art. 5, commi 9 e 9-bis); la relazione motiva tale aumento per "la necessità sopravvenuta" di rilasciare il titolo autorizzatorio in formato elettronico, in conformità al regolamento CE 1030/2002, evidenziando che poiché gli interessati possono comunque soggiornare regolarmente e svolgere la propria attività lavorativa pur nelle more del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno, il termine più ampio non ne comprimerebbe i relativi diritti. Non appare chiaro, però, come la previsione contenuta nel regolamento citato, che risale al 2002, possa costituire una necessità sopravvenuta e, comunque, appare opportuno verificare se il notevole ampliamento di tale termine non abbia alcun effetto sui diritti in questione;
  • il termine vigente per il rilascio del nulla osta all'ingresso per lavoro da parte dello sportello unico per l'immigrazione - istituito in ogni provincia presso la prefettura-ufficio territoriale del Governo, responsabile dell'intero procedimento relativo all'assunzione di lavoratori subordinati stranieri a tempo determinato ed indeterminato - è aumentato da 40 a 60 giorni (lettera d) che modifica il comma 5 dell'art. 22);
  • solo le domande di nulla osta che rientrano nelle quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro, fissate annualmente con decreto del Presidente del Consiglio, possono essere esaminate. Le domande eccedentarie rispetto alle quote possono essere esaminate solo nell'ambito di quelle si rendano disponibili nel limite delle stesse quote. In merito a ciò la relazione specifica che "la trattazione di queste ultime domande sarà avviata dal momento in cui la direzione territoriale del lavoro comunicherà telematicamente allo sportello unico la disponibilità della quota. Il portale informatico del Ministero dell'interno appositamente dedicato a tale procedura sarà adeguato in modo da consentire al datore di lavoro di conoscere in tempo reale la posizione della propria richiesta rispetto alle quote assegnate alla provincia di riferimento, nonché in modo da consentire l'interazione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ai fini del monitoraggio dell'andamento dei flussi" (lettera e) che introduce un comma 5.1 nell'art. 22).


Relazioni e pareri allegati

L'atto è corredato di relazione illustrativa, relazione tecnica, analisi tecnico normativa, analisi e valutazione di impatto della regolazione.



Conformità con la norma di delega

L'art. 1 della legge 96/2013 delega il Governo a recepire la direttiva 98/2011, inserita nell'allegato B della stessa legge 96.

Non sono stabiliti specifici criteri di delega, in quanto tale articolo rinvia ai criteri di natura generale stabiliti dall'art. 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante le norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea (che attengono prevalentemente a: semplificazione dei procedimenti e delle modalità di organizzazione e di esercizio delle funzioni e dei servizi, coordinamento con le discipline vigenti, inammissibilità di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse, introduzione ove necessario di sanzioni amministrative e penali, procedure di coordinamento amministrativo, considerazione delle modifiche medio tempore intervenute in sede europea unicità di atti che recepiscano normative attinenti a materie analoghe).

Anche il termine di adozione è determinato rinviando alla suddetta legge 234/2012, il cui art. 31 stabilisce che essa deve avvenire entro i due mesi antecedenti a quello di recepimento indicato dalla direttiva; per le direttive il cui termine così determinato sia già scaduto alla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea, ovvero scada nei tre mesi successivi, il Governo adotta i decreti legislativi di recepimento entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge; per le direttive che non prevedono un termine di recepimento, il Governo adotta i relativi decreti legislativi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea.

Il comma 3 dell'art. 1 della legge 96/2013 prevede che gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive elencate nell'allegato B (e se prevedono sanzioni penali anche quelle dell'allegato A) sono trasmessi, dopo l'acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge, alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica affinché su di essi sia espresso il parere dei competenti organi parlamentari.

In relazione al parere parlamentare, per effetto dell'art. 1, comma 3, della suddetta legge 234/2012, qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini di delega previsti ai commi 1 o 5 o successivamente, questi ultimi sono prorogati di tre mesi.

Poichè lo schema in esame fa parte di un gruppo di schemi di decreto legislativo approvati dal Consiglio dei ministri nella riunione del 3 dicembre 2013, in prossimità della scadenza dei termini per l'esercizio della delega (4 dicembre), il Governo può avvalersi, nell'esercizio della potestà legislativa delegata, del meccanismo di scorrimento dei termini, disposto in via generale dal richiamato articolo 31, comma 3. Per effetto di tale norma, i termini di delega sono prorogati di tre mesi (vale a dire, nel caso di specie, fino al 4 marzo 2014).



Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

La disciplina prevista dal provvedimento rientra nella materia dell'immigrazione, di competenza esclusiva dello Stato in base all'art. 117 Cost., comma secondo, lett. b).



Compatibilità comunitaria

Lo schema in esame è diretto a recepire la disciplina stabilita dalla direttiva 2011/98, adottata il 31 dicembre 2011.

La direttiva è finalizzata a semplificare le procedure di ingresso e soggiorno a fini lavorativi dei cittadini di paesi terzi (soprattutto mediante la previsione di un permesso unico di soggiorno) e a garantire un insieme comune di diritti su un piano di parità rispetto ai cittadini dello Stato membro.
La normativa stabilita dalla direttiva riguarda materie attualmente disciplinate dal Testo unico immigrazione (TUI), adottato con il decreto legislativo 286/1998.
L'ambito di applicazione della direttiva concerne gli stranieri che chiedono di soggiornare in uno Stato membro (oppure sono già stati ammessi da altro Stato membri al soggiorno) a fini lavorativi. Parimenti si applica a coloro che sono stati ammessi ad altro titolo e ai quali è consentito lavorare.
Essa non si applica invece ai soggiornanti di lungo periodo, tenuto conto del loro status più privilegiato e del loro specifico tipo di permesso di soggiorno (permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, art. 9 TUI). Sono esclusi anche i lavoratori stagionali, in ragione del loro status temporaneo, ed altre categorie di stranieri tra cui i titolari di protezione internazionale e richiedenti asilo e i lavoratori autonomi.
La direttiva fa salva la competenza degli Stati membri a regolamentare l'ingresso di cittadini di paesi terzi ammessi a fini lavorativi (art. 1, par. 2), anche in termini di volumi (consideranda n. 6). Pertanto, i Paesi membri che, come l'Italia, contingentano l'immigrazione per motivi di lavoro, non dovranno modificare in questa parte l'ordinamento interno. Ai sensi del testo unico sull'immigrazione (D.Lgs. 286/1998) in Italia l'immigrazione dei cittadini stranieri non appartenenti all'Unione europea è regolata secondo il principio della programmazione dei flussi. Ogni anno il Governo, sulla base della necessità di manodopera interna, stabilisce il numero di stranieri che possono entrare nel nostro Paese per motivi di lavoro, mediante l'emanazione di un decreto sui flussi con cui individua le quote massime di stranieri da ammettere in Italia per motivi di lavoro.
La direttiva interviene piuttosto su due altri aspetti del diritto dell'immigrazione le procedure di concessione del titolo di soggiorno; la garanzia ai lavoratori immigrati di diritti pari a quelli dei cittadini.
Per quanto riguarda le prime, la direttiva istituisce una procedura unica di domanda volta al rilascio di un permesso unico di soggiorno, ossia un titolo combinato che comprenda sia il permesso di soggiorno, sia il permesso di lavoro in un unico atto amministrativo, in modo da contribuire alla semplificazione e all'armonizzazione delle norme che vigono attualmente negli Stati membri. La semplificazione procedurale è finalizzata a rendere più efficiente la procedura sia per i migranti sia per i loro datori di lavoro e agevolare i controlli sulla regolarità del soggiorno e dell'impiego. La procedura unica non pregiudica la procedura di rilascio del visto eventualmente richiesto per il primo ingresso.
Si ricorda che attualmente allo straniero che ha fatto ingresso regolarmente in Italia è richiesto di presentare domanda per il rilascio del permesso di soggiorno e di dichiarare al propria presenza all'autorità di pubblica sicurezza che rilascia un ricevuta della dichiarazione di soggiorno (art. 5 TUI); contestualmente alla richiesta del permesso di soggiorno, lo straniero deve sottoscrivere un accordo di integrazione (art. 4-bis TUI); inoltre, il datore di lavoro e il lavoratore sono tenuti a stipulare un contratto di soggiorno per lavoro subordinato da sottoscrivere presso lo sportello unico per l'immigrazione (artt. 5-bis e 22 TUI).
Il procedimento delineato dalla direttiva prevede che la titolarità della presentazione della domanda di rilascio, modifica o rinnovo possa essere presentata dal lavoratore, dal datore di lavoro o indifferentemente da entrambi. La scelta di una delle opzioni è demandata all'atto di recepimento. Anche la scelta dell'autorità competente all'esame della domanda è demandata agli Stati membri (attualmente in Italia è la questura ad esaminare le domande, art. 5 TUI). In ogni caso la decisione di rilascio o diniego deve avvenire entro 4 mesi dalla presentazione della domanda (attualmente il termine è di 20 giorni, art. 5 TUI). In caso di esito positivo, viene rilasciato un permesso unico utilizzando il modello uniforme già adottato a livello comunitario nel 2002 (regolamento (CE) n. 1030/2002. Il rilascio del permesso unico esclude il rilascio di permessi aggiuntivi. La direttiva introduce anche delle garanzie procedurali. Si prevede l'obbligo di motivazione e notificazione per iscritto in caso di diniego del rilascio del permesso di soggiorno e in questo caso la decisione deve essere impugnabile, conformemente al diritto nazionale. Il rilascio del permesso può essere subordinato al pagamento di diritti, ma l'importo deve essere proporzionato e può essere basato sui servizi prestati per il trattamento della pratica. Attualmente la legge prevede il pagamento di un contributo (art. 5 TUI) che varia da 80 a 200 euro a seconda il tipo di permesso; parte del contributo affluisce al Fondo rimpatri (D.M. 6 ottobre 2011).
Per quanto riguarda il diritto alla parità di trattamento la direttiva individua un insieme comune di diritti che devono essere garantiti ai lavoratori immigrati alla stregua dei lavoratori cittadini. Si tratta di un pacchetto di diritti che riguardano prevalentemente le condizioni di lavoro e lo status di lavoratore e che ovviamente non esauriscono il novero dei diritti garantiti in quanto persone (si pensi ad esempio al diritto del ricongiungimento familiare oggetto di specifica normativa comunitaria.
Alla base della scelta del legislatore comunitario c'è la considerazione (consideranda n. 19) che, in mancanza di una normativa orizzontale a livello di Unione, i cittadini dei paesi terzi hanno diritti diversi a seconda dello Stato membro in cui lavorano e della loro cittadinanza. La definizione di un insieme omogeneo di diritti, oltre a sviluppare ulteriormente una politica di immigrazione coerente, a ridurre la disparità di diritti tra i cittadini dell'Unione e i cittadini di paesi terzi che lavorano regolarmente in uno Stato membro e a integrare l'acquis esistente in materia di immigrazione, ha lo scopo di creare condizioni di concorrenza uniformi minime nell'Unione, di riconoscere che tali cittadini di paesi terzi contribuiscono all'economia dell'Unione con il loro lavoro e i loro versamenti di imposte e di fungere da garanzia per ridurre la concorrenza sleale tra i cittadini di uno Stato membro e i cittadini di paesi terzi derivante dall'eventuale sfruttamento di questi ultimi. Tra i diritti garantiti al pari dei cittadini si segnalano quelli concernenti: condizioni di lavoro, tra cui retribuzione e licenziamento, salute e sicurezza sul luogo di lavoro; libertà di associazione, adesione e partecipazione a organizzazioni di lavoratori o di datori di lavoro o a qualunque organizzazione professionale di categoria, fatte salve le disposizioni nazionali in materia di ordine pubblico e pubblica sicurezza; istruzione e formazione professionale; riconoscimento di diplomi, certificati e altre qualifiche professionali; sicurezza sociale come definita nel regolamento (CE) n. 883/2004; agevolazioni fiscali; accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico e erogazione degli stessi, incluse le procedure per l'ottenimento di un alloggio, conformemente al diritto nazionale; servizi di consulenza forniti dai centri per l'impiego.
In materia di alloggio lo schema si avvale della facoltà di limitazione espressamente prevista dalla direttiva.


Documenti all'esame delle istituzioni dell'Unione europea

Il 25 marzo 2013 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva COM (2013)151 sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di Paesi terzi per motivi di ricerca, studio, scambio scolastico, tirocinio (remunerato e non), attività di volontariato e alla pari. Si tratta di una proposta di refusione delle direttive "studenti 2004/114/CE e "ricercatori" 2005/71/CE che pertanto, in caso di approvazione, risulteranno modificate e sostituite.

Obiettivo della proposta è ottimizzare alcuni aspetti delle procedure burocratiche vigenti negli Stati membri per quanto riguarda le richieste di soggiorno inoltrate dalle categorie indicate, al fine di attrarre talenti nello studio e nella ricerca da Paesi terzi. Le nuove norme prevedono, tra l'altro: la fissazione di un tempo limite di 60 giorni entro il quale le autorità degli Stati sono obbligate a dare risposta nei confronti della richiesta di visto o di permesso di soggiorno; maggiore flessibilità per quanto riguarda gli spostamenti interni, con specifico riferimento agli studenti e ricercatori coinvolti in programmi congiunti; una serie limitata di diritti alla mobilità anche per i familiari dei ricercatori; la possibilità per gli studenti di lavorare per un minimo di 20 ore settimanali; la facoltà, in determinate circostanze, per ricercatori e studenti di rimanere sul territorio anche nei 12 mesi successivi al completamento degli studi o della ricerca, senza che ciò comporti automaticamente un diritto al lavoro (il rilascio del permesso di lavoro rimarrebbe comunque di competenza nazionale); una tutela generale per persone alla pari, studenti del ciclo secondario e tirocinanti remunerati (categorie che al momento non sono contemplate dal diritto UE vigente).

Si segnala, in particolare, che il paragrafo 1 dell'articolo 21 (Parità di trattamento) del CAPO V (Diritto) della proposta prevede che in deroga all'articolo 12, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2011/98/UE, i ricercatori cittadini di paesi terzi abbiano il diritto a un trattamento pari a quello riservato ai cittadini dello Stato membro ospitante nei settori della sicurezza sociale, comprese le prestazioni familiari, di cui al regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale.

È inoltre all'esame delle Istituzioni europee una proposta di direttiva COM(2010)379 sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi per motivi di lavoro stagionale.

La proposta mira a risolvere i problemi legati all'assenza di regole comuni di ammissione e ai rischi di vulnerabilità e sfruttamento di tale categoria; in particolare, a seguito dell'accordo politico dello scorso ottobre tra Parlamento europeo e Consiglio, il testo della proposta di direttiva prevede: una procedura d'ingresso semplificata; norme comuni su condizioni lavorative e diritti (con una specifica disposizione volta a garantire al lavoratori stagionali un alloggio adeguato); sanzioni nei confronti dei datori di lavoro che non abbiano rispettato gli obblighi derivanti dal contratto; ispezioni in linea con le leggi nazionali ai fini della prevenzione degli abusi.

Si segnala, infine, la proposta di direttiva COM(2010)378 sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi nell'ambito di trasferimenti intrasocietari.

La proposta mira ad ovviare a problemi legati alla necessità di sostituzioni temporanee di personale nelle multinazionali (managers, specialisti); essa prevede, tra l'altro: un ingresso veloce (30 giorni); condizioni di soggiorno attrattive per la famiglia; un sistema di mobilità intra-EU facilitato.


Incidenza sull'ordinamento giuridico

La disciplina in esame novella gli artt. 5 e 22 del testo unico in materia di immigrazione contenuto nel decreto legislativo n. 286/1998 per conformarlo a quanto previsto dalla direttiva 98/2011.

Il testo unico già contiene disposizioni richieste agli Stati membri dalla stessa direttiva, vale a dire, l'istituzione di uno sportello unico, prevista presso le prefetture-ufficio del Governo dalla legge n. 189/2002, la parità di trattamento rispetto ai lavoratori cittadini, che già è prevista per le condizioni di lavoro, la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro, la libertà di aderire alle organizzazioni di lavoratori, di avvalersi dei servizi dei centri per l'impiego, l'accesso alla formazione professionale, il riconoscimento di titoli e qualifiche professionali conseguiti all'estero. La stessa relazione illustrativa dell'atto in esame rileva che la parità di trattamento non piena per l'accesso all'alloggio, limitato agli stranieri titolari di un permesso di soggiorno almeno biennale che esercitano una regolare attività di lavoro subordinato (art. 40, comma 6, D.Lgs. 286/1998), ma se ne afferma la coerenze con la direttiva europea (art. 12, paragrafo 2, lettera d) - ii) in quanto essa consente agli Stati membri di limitane l'accesso rispetto alla più ampia platea dei lavoratori stranieri destinatari della direttiva.