Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera
Titolo: A.C. 1751 - La protezione degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità nell'interesse pubblico negli Stati Uniti d'America
Riferimenti:
AC N. 1751/XVII     
Serie: Note informative sintetiche    Numero: 21    Progressivo: 2
Data: 07/10/2015
Descrittori:
DENUNCIA RAPPORTO E REFERTO   GRAN BRETAGNA
PUBBLICA SICUREZZA   REATI
USA     
Organi della Camera: II-Giustizia

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NOTE INFORMATIVE SINTETICHE

 

 

 

N. 21/II – 7 ottobre 2015


 

A.C. 1751

 

La protezione degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità

nell’interesse pubblico negli Stati Uniti d’America

 

Nella legislazione federale degli Stati Uniti è da tempo radicata la tutela riconosciuta a colui che, dipendente di amministrazioni pubbliche oppure di imprese private, provvede a segnalare ai soggetti competenti le irregolarità e violazioni di legge di cui sia venuto a conoscenza e che abbiano rilevanza per l’interesse pubblico.

In mancanza di uno statuto unitario che garantisca tale protezione con carattere di universalità, la disciplina vigente è costituita da una pluralità di testi normativi adottati in relazione a disparati settori produttivi e occupazionali (se ne contano attualmente diciotto, concernenti – tra l’altro - la protezione ambientale, la sicurezza delle acque, l’inquinamento atmosferico, il diritto del lavoro, la sicurezza alimentare, lo smaltimento dei rifiuti, i mercati finanziari). L’esperienza applicativa statunitense, inoltre, è arricchita dalla cospicua mole di pronunce giurisprudenziali, che pur nella varietà dei casi hanno avuto riguardo, in modo principale, al contenuto e ai limiti della libertà di espressione (free speech) riconosciuta ai lavoratori dipendenti, e al contemperamento tra gli obblighi di fedeltà del lavoratore e l’interesse pubblico verso l’emersione di violazioni di legge attraverso le sue rivelazioni.

I principali precedenti normativi si sono avuti, nel corso del ‘900, con prevalente riferimento al settore pubblico e alla tutela di segnalazioni di illeciti nell’ambito delle amministrazioni pubbliche federali (senza considerare, in questa sede, i più articolati profili concernenti l’Intelligence Community Whistleblower Protection Act of 1998, concernente gli autori di rivelazioni di asserite irregolarità e violazioni nell’ambito peculiare della sicurezza nazionale e dei servizi di intelligence). Dopo alcune isolate previsioni normative contenute in provvedimenti di portata più generale (tra cui l’Inspector General Act of 1978 e il Civil Service Reform Act of 1979, ai quali si deve la previsione di procedure amministrative di esame delle informazioni rese dai whistleblowers nonché della loro posizione personale), una più organica regolamentazione della materia è stata introdotta con il Whisteblower Protection Act of 1989 (Public Law 101-12, del 10 aprile 1989). Adottata all’esplicito scopo di “proteggere i lavoratori, specialmente i whistleblowers, rispetto alle prohibited personnel practices”, ovvero a esentarli per motivi di pubblico interesse dai particolari obblighi di comportamento a cui sono sottoposti, la legge concerne i dipendenti delle amministrazioni pubbliche (ai fini applicativi inclusi nella categoria dei covered employees) i quali segnalino illeciti di cui abbiano conoscenza nei relativi settori di attività. È tuttavia fatta eccezione per una serie di agenzie federali, in cui il preminente obbligo di riserbo che vincola il dipendente non lo abilita a fornire tali “rivelazioni protette” (protected disclosures).

La protezione garantita dalla legge, in particolare, dispiega i suoi effetti nei confronti dei provvedimenti disciplinari o comunque sanzionatori (personnel actions) eventualmente adottati nei confronti del dipendente (ma anche dell’ex dipendente e del candidato all’assunzione) a seguito della sua segnalazione o testimonianza; la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro da parte datoriale, in tale ipotesi, si configura quale fattispecie tipica di licenziamento ingiusto (wrongful discharge).

Un passaggio fondamentale dell’evoluzione legislativa è tuttavia segnato dall’approvazione, da parte del Congresso federale, del False Claims Amendments Act of 1986 (Public Law 99-562, del 27 ottobre 1986, con successive modifiche del 2009 e del 2010), le cui disposizioni non si sono limitate a tutelare da possibili ripercussioni gli autori delle segnalazioni, ma hanno introdotto, per la prima volta, incentivi alla denuncia dei reati da cui sia derivato (o il cui tentativo possa determinare) un danno per l’interesse (e per l’erario) pubblico.

La legge del 1986 dispone, infatti, misure di incentivazione economica per colui che (anche in qualità di privato cittadino) presenti denuncia di atti fraudolenti compiuti da persone fisiche o giuridiche ai danni dell’amministrazione federale attraverso false dichiarazioni e attestazioni consapevolmente rilasciate nel quadro di rapporti con uffici pubblici.

Al denunciante (cosiddetto relator), costituitosi in giudizio nel relativo procedimento (talora con l’intervento dello Stato nei modi peculiari delle cosiddette “qui tam actions” vigenti in quel sistema processuale), è riconosciuto – oltre al rimborso delle spese legali – un premio il cui importo può variare tra il 15% e il 20% del valore delle somme recuperate grazie alla sua azione. L’entità di tale ricompensa è suscettibile tuttavia di aumentare (fino al 30%) o di diminuire gradualmente fino al suo totale abbattimento, in relazione al sussistere di condizioni individuate dalla legge (tra cui, con opposti effetti sulla determinazione della misura premiale, la costituzione in giudizio del ricorrente senza l’intervento processuale dello Stato; oppure, le valutazioni del giudice inerenti all’effettiva rilevanza delle informazioni fornite dal ricorrente al fine dell’accertamento della responsabilità, o al suo diretto coinvolgimento nei reati).

Vigono, inoltre, termini temporali per l’introduzione del giudizio. Ciò deve aver luogo entro sei mesi dalle violazioni, o entro tre anni da quando i fatti sono venuti a conoscenza (o avrebbero dovuto essere conosciuti dall’autorità competente); l’azione si prescrive, in ogni caso, decorso il termine decennale. L’esercizio dell’azione, inoltre, è soggetto a requisiti e limiti processuali assai articolati, tra i quali è sufficiente segnalare la non proponibilità di essa da parte di un membro, attuale o passato, delle Forze armate nei confronti di un altro membro delle Forze armate per fatti inerenti al loro servizio; analoga preclusione vige nei confronti di esponenti della magistratura, membri del Congresso o alti funzionari statali, se il ricorso riguardi fatti già noti alle autorità competenti.

L’autore della denuncia da cui sia derivato il procedimento è tutelato, dalla legge del 1986, nelle ipotesi in cui il suo rapporto di lavoro risulti negativamente condizionato dalla sua collaborazione con la giustizia: i provvedimenti discriminatori, di demansionamento, sospensione o licenziamento di cui egli sia destinatario, sono, infatti, impugnabili in giudizio entro tre anni, e nell’esito favorevole danno luogo alla reintegrazione nel posto di lavoro e a misure risarcitorie.

Analoghi meccanismi incentivanti delle segnalazioni di illeciti sono quelli concernenti i reati fiscali e i reati finanziari.

Nel primo caso, disciplinato dall’Internal Revenue Code of 1986, (Public Law 99-514, del 22 ottobre 1986), come modificato nel 2006, il sistema premiale opera in presenza della rivelazione di evasione fiscale imputabile, in misura di almeno due milioni di dollari, a contribuenti con reddito imponibile non inferiore a 200.000 dollari negli anni di riferimento della violazione contestata. In tal caso, a fronte del recupero delle somme evase, l’amministrazione fiscale è tenuta dal 2006 a corrispondere al whistleblower una ricompensa di ammontare variabile dal 15% al 30% (premi non superiori al 15% possono essere tuttavia elargiti discrezionalmente dall’amministrazione quando le informazioni fornite riguardino irregolarità fiscali diverse da quelle tipizzate dalla legge).

Nel secondo caso, con l’Insider Trading and Securities Fraud Enforcement Act of 1988 (Public Law 100-704, del 19 novembre 1988) il legislatore federale ha autorizzato l’autorità di vigilanza del settore (SEC - Securities Exchange Commission) a corrispondere una ricompensa fino al 10% delle sanzioni applicate per gli illeciti di abuso di informazioni privilegiate (insider trading); l’erogazione, tuttavia, ha carattere discrezionale ed è preclusa qualora nel procedimento instaurato intervenga un accordo tra l’autorità e il soggetto denunciato.

Il verificarsi di scandali finanziari (tra cui segnatamente il caso Enron) e l’emersione di gravi irregolarità suscettibili di minare la fiducia degli investitori e la stabilità dei mercati hanno indotto il legislatore, nel 2002, a rivolgersi con maggiore organicità al settore privato e ad introdurre, con il SarbanesOxley Act of 2002 (Public Law 107 – 204, del 30 luglio 2002), specifiche norme poste a presidio dell’accuratezza e dell’affidabilità delle informazioni contabili e finanziarie.

Tra queste, vengono in rilievo le previsioni che incoraggiano le segnalazioni di irregolarità effettuate da parte di dipendenti di istituti finanziari: in relazione ad esse, la legge stabilisce infatti non solamente forme di tutela per chi compie tali comunicazioni, ma prescrive alle società con titoli quotati in borsa - e alle loro società sussidiarie e affiliate - di dotare la propria organizzazione interna di uffici e procedure idonei a raccoglierle, assicurandone la confidenzialità.

La tutela dell’autore della segnalazione di illeciti è apprestata principalmente attraverso il divieto posto sul datore di lavoro di dare luogo nei suoi confronti a minacce o pressioni o di adottare misure discriminatorie di sospensione, trasferimento o licenziamento. Al dipendente destinatario di provvedimenti di tale natura compete l’onere di provarne la valenza ritorsiva riconducibile alla segnalazione effettuata (attraverso tecniche probatorie assimilabili alle presunzioni della nostra tradizione processuale); al datore di lavoro spetta, dal canto suo, dimostrare che le iniziative nei confronti del dipendente sarebbero state adottate anche senza la sua segnalazione di illeciti societari.

Quanto alle modalità applicative della disciplina, il dipendente che si ritenga discriminato per le ragioni suddette può presentare, entro il termine di tre mesi, ricorso all’Ufficio per la sicurezza e la salute sul lavoro costituito presso il corrispondente Dipartimento federale (Occupational Safety and Health AdministrationOSHA), tra i cui compiti figura, appunto, la tutela dei whistleblowers nei diversi settori produttivi, in applicazione delle specifiche normative di riferimento e in attuazione di specifiche politiche (Whistleblowers Protection Programs). Accertata la fondatezza del ricorso ed espletate le proprie indagini, l’OSHA obbliga, con propria ordinanza, il datore di lavoro a reintegrare il dipendente nei suoi diritti e benefici. L’ingiunzione è impugnabile da entrambe le parti presso gli organismi giurisdizionali operanti all’interno del Dipartimento del lavoro (in appello, dinanzi allo Administrative Review Board); l’autorità giudiziaria ordinaria è investita dopo l’esaurimento dei ricorsi interni al Dipartimento, e qualora venga ad essa deferito il ricorso per non essersi l’OSHA pronunciata nel termine prescritto di sei mesi.

A livello penale, gli atti ritorsivi posti in essere dal datore di lavoro sono configurati come reato dalla legge del 2002 e puniti (sec. 1107) con pene detentive fino a dieci anni e con sanzioni pecuniarie di importo fino a 250.000 dollari. Affinché le pene suddette siano irrogabili al datore di lavoro, questi deve essere riconosciuto responsabile di avere intenzionalmente ostacolato il dipendente che ha indirizzato segnalazioni attendibili alle autorità competenti, relativamente a condotte illecite, compiute o tentate, contemplate dalla stessa legge (sec. 806).

Obiettivo di fondo della regola posta nel 2002, dopo il ripetersi di scandali finanziari di grande risonanza pubblica, è quello di prevenire i fenomeni di collusione che possono verificarsi all’interno dell’impresa attraverso la forma omissiva e indiretta dell’inerzia rispetto ad eventuali irregolarità compiute da altri dipendenti. A tal fine, mediante la predisposizione di “canali protetti” di comunicazione dell’illecito e le forme di immunità garantite al dipendente che lo rivela, si è inteso agevolare la cooperazione con gli organi di vigilanza di parte di chiunque sia in possesso di informazioni, potendo questi fare affidamento sulla tutela rispetto a possibili ripercussioni negative, quali le iniziative discriminatorie, e sostanzialmente punitive, adottate dal datore di lavoro in esercizio delle sue prerogative, oppure l’isolamento all’interno della comunità lavorativa.

In relazione a tali obiettivi, è considerata perlopiù criticamente dalla dottrina la possibilità (non espressamente preclusa dalla legge) del datore di lavoro di derogare al controllo giudiziale sugli eventuali atti ritorsivi sul whistleblower attraverso la predisposizione di clausole arbitrali nei contratti di lavoro, con la conseguenza di aggravare per quest’ultimo l’onere probatorio e di porre limiti alla risarcibilità del danno subito.

Peraltro, il riferimento operato dalla legge alla quotazione presso la borsa americana (ai sensi del Security Exchange Act of 1934) ha posto il problema della sua portata applicativa extraterritoriale, inteso con riferimento sia alle attività svolte all’estero di filiali o sussidiarie di società nazionali, sia a quelle di società estere qualora siano quotate negli Stati Uniti.

L’assetto normativo conferito al whistleblowing dal Sarbanes-Oxley Act è stato integrato, a distanza di alcuni anni, dalle previsioni del Dodd-Frank Wall Street Reform and Consumer Protection Act del 2010 (Public Law 111-203, del 21 luglio 2010), approvato sotto la Presidenza Obama “al fine [come si legge nel preambolo] di promuovere la stabilità finanziaria degli Stati Uniti attraverso la responsabilità e la trasparenza del sistema finanziario, di porre termine al principio del ‘troppo grande per fallire’, di tutelare i contribuenti americani rispetto agli interventi pubblici di ‘salvataggio finanziario’, di proteggere i consumatori dalle pratiche abusive nel settore dei servizi finanziari”; tra i profili innovativi della legge del 2010 è da segnalare, principalmente, l’adozione del criterio incentivante già sperimentato in applicazione del False Claims Amendments Act of 1986.

Oltre ad enumerare le violazioni rilevanti ai fini della sua applicazione (individuate sulla base delle vigenti regole federali di diritto societario e di diritto penale dell’economia), la legge prevede, sul piano soggettivo, che possa avvalersi della tutela la persona fisica che fornisca una original information, ossia un’informazione derivante dall’autonoma conoscenza od analisi di chi la fornisce, che non sia nota alla SEC attraverso fonte diversa, né sia emersa nei procedimenti dinanzi ad autorità giurisdizionali od amministrative oppure in sede di inchieste, audizioni, controlli pubblici o pubblicazioni di stampa (eccetto il caso in cui fonte dell’informazione stessa sia il whistleblower destinatario della tutela).

Gli incentivi economici (awards) sono riconosciuti a coloro che, in conformità ai requisiti soggettivi previsti dalla stessa legge (che esclude dalla categoria dei whistleblowers talune figure professionali, o quanti siano implicati negli illeciti segnalati), segnalino violazioni delle norme in materia di collocamento e scambio di titoli e di informazioni finanziarie. L’importo della ricompensa è determinato in misura variabile dal 10% al 30% delle sanzioni pecuniarie irrogate di ammontare superiore a un milione di dollari.

La quantificazione del premio è stabilita dalla SEC, alla cui discrezionalità la legge pone tuttavia limiti, precisando i parametri ai quali attenersi in sede di liquidazione: questi sono individuati nella rilevanza delle informazioni fornite dal whistleblower ai fini del successo dell’azione giudiziale o amministrativa; nel livello di aiuto fornito dal whistleblower o dal suo avvocato durante i relativi procedimenti; nell’interesse programmatico della SEC a reprimere determinati illeciti; in altri fattori contemplati dalla SEC nei propri regolamenti (si tratta delle Final Rules, le quali, ad esempio, prevedono che la SEC possa tenere in considerazione, con valutazioni di ordine sostanziale, le particolari difficoltà affrontate dal whistleblower nella sua attività di denuncia).

Sul piano procedurale, la ricezione delle segnalazioni è agevolata dalla SEC (attraverso l’apposito Office of the Whistleblower) mediante la predisposizione di questionari standard, da compilare anche in forma anonima (ma, in questo caso, per il tramite di un rappresentante legale) e di modelli on-line compilabili attraverso il suo sito Internet.

Assai articolato, da parte degli osservatori, è il giudizio – formulato nella prospettiva giuridico-economica – circa la validità e l’efficienza del criterio fondato sulla premialità, consolidato dalla legge del 2010, per agevolare l’emersione di violazioni di legge in ambiti di indubbia rilevanza per l’equilibrio sistemico dei mercati finanziari. A parte le critiche espresse in relazione a specifici aspetti della disciplina vigente e a nodi critici venuti in rilievo nell’applicazione pratica (tra cui alcuni inerenti ai profili procedurali oppure alla portata applicativa delle disposizioni), è opinione diffusa in dottrina che il sistema degli incentivi per i whistleblowers costituisca uno strumento adeguato ad assicurare l’effettività delle regole in materia di trasparenza e di correttezza dei mercati suddetti.

 

 

 

 

 

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