Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera
Titolo: A.C. 1751 La protezione degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità nell'interesse pubblico in Francia e nel Regno Unito
Riferimenti:
AC N. 1751/XVII     
Serie: Note informative sintetiche    Numero: 21    Progressivo: 1
Data: 07/10/2015
Descrittori:
DENUNCIA RAPPORTO E REFERTO   FRANCIA
GRAN BRETAGNA   PUBBLICA SICUREZZA
REATI   TESTIMONI NEL PROCESSO PENALE
Organi della Camera: II-Giustizia

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NOTE INFORMATIVE SINTETICHE

 

 

 

N. 21/I – 7 ottobre 2015


 

A.C. 1751

 

La protezione degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità

nell’interesse pubblico in Francia e nel Regno Unito

 

 

In Francia il droit d’alerte è legato in origine al diritto del lavoro, allo scopo di proteggere il dipendente che abbia reso noti atti illegali commessi dal proprio datore di lavoro, ma è stato poi esteso ad altri ambiti (sanità, ambiente, istituzioni e pubblica amministrazione) con l’adozione di analoghe norme antidiscriminatorie approvate tra il 2011 e il 2013.

L’art. L1161-1 del codice del lavoro, introdotto dall’art. 9 della Loi n. 2007-1598 du 13 novembre 2007, stabilisce che “nessuna persona può essere scartata da una procedura di reclutamento o dall’accesso a uno stage o a un periodo di formazione in impresa, così come nessun dipendente può essere sanzionato, licenziato o essere oggetto di una misura discriminatoria, diretta o indiretta, riguardante in particolar modo remunerazione, formazione, ricollocazione, destinazione, qualificazione, classificazione, promozione professionale, mutamento o rinnovo di contratto, per aver riferito o testimoniato, in buona fede, sia al suo datore di lavoro, sia alle autorità giudiziarie o amministrative, fatti di corruzione di cui sarebbe venuto a conoscenza nell’esercizio delle sue funzioni”. Di conseguenza, “qualsiasi rottura del contratto di lavoro che ne deriverebbe, così come ogni disposizione o atto contrario, è del tutto nullo”.

Circa quattro anni dopo, l’art. 43 della Loi n. 2011-2012 du 29 décembre 2011 relative au renforcement de la sécurité sanitaire du médicament et des produits de santé ha introdotto nel codice della sanità pubblica un’analoga misura antidiscriminatoria a tutela di coloro che riferiscono o testimoniano fatti relativi alla sicurezza sanitaria dei prodotti farmaceutici di cui sono venuti a conoscenza nell’esercizio delle loro funzioni (art. L5312-4-2).

Successivamente, la Loi n. 2013-316 du 16 avril 2013 relative à l’indépendance de l’expertise en matière de santé et d’environnement et à la protection des lanceurs d’alerte, ha introdotto nell’ordinamento interno disposizioni volte a favorire l’esercizio del diritto di dichiarazione di allarme in materia sanitaria e ambientale. L’art. 1 della legge stabilisce che “ogni persona fisica o giuridica ha il diritto di rendere pubblica o diffondere in buona fede un’informazione concernente un fatto, un dato o un’azione” se il soggetto ritiene che la mancata conoscenza di tali informazioni possa costituire un grave rischio per la salute pubblica o per l’ambiente.

La legge ha disposto anche l’istituzione di una “Commissione nazionale della deontologia e degli allarmi in materia di salute pubblica e di ambiente”[1], con il compito, tra gli altri, di definire i criteri di ricevibilità e di registrazione degli allarmi in materia sanitaria e ambientale raccolti da enti pubblici di ricerca e di trasmettere gli allarmi ricevuti ai Ministri competenti. La Commissione può attivarsi d’ufficio o agire su richiesta di: un membro del Governo; un deputato; un senatore; un’associazione di difesa dei consumatori, o di protezione dell’ambiente, od operante per la qualità della sanità, o di categoria; l’organo rappresentativo di un ordine professionale operante in ambito sanitario o ambientale; un ente pubblico attivo nei medesimi ambiti. Il provvedimento ha previsto inoltre misure riguardanti le modalità di segnalazione dell’allarme in materia sanitaria o ambientale da parte di un dipendente al proprio datore di lavoro (Codice del lavoro, artt. L4133-1 - L4133-5).

L’art. 11 della medesima legge ha poi introdotto nel Codice della sanità pubblica una norma antidiscriminatoria, pressoché identica a quelle contenute nelle leggi del 2007 e del 2011 richiamate in precedenza, a tutela dei “segnalatori di allarmi” in campo sanitario e ambientale (Codice della salute pubblica, art. L1351-1). La dichiarazione di allarme compiuta in cattiva fede è punita con le sanzioni di cui all’art. 226-10 del codice penale: fino a 5 anni di reclusione e fino a 45.000 euro di ammenda.

Ulteriori disposizioni antidiscriminatorie sono contenute in altri due provvedimenti legislativi varati negli ultimi mesi del 2013.

L’art. 25 della Loi n. 2013-907 du 11 octobre 2013 relative à la transparence de la vie publique (la legge sui conflitti d’interesse e sulla trasparenza della vita pubblica) protegge in ambito lavorativo chiunque riferisca o testimoni fatti relativi a una situazione di conflitto di interessi, di cui sia venuto a conoscenza nell’esercizio delle sue funzioni. Se la testimonianza è resa in cattiva fede o con l’intenzione di nuocere o con la consapevolezza dell’inesattezza, anche solo parziale, dei fatti riferiti, la persona è punita con le sanzioni di cui all’art. 226-10 del codice penale sopra richiamato.

Infine, l’art. 6 ter A della Loi n. 83-634 du 13 juillet 1983 portant droits et obligations des fonctionnaires (cosiddetta loi Le Pors) e l’art. L1132-3-3 del codice del lavoro, entrambi inseriti dall’art. 35 della Loi n. 2013-1117 du 6 décembre 2013 relative à la lutte contre la fraude fiscale et la grande délinquance économique et financière, tutelano allo stesso modo, rispettivamente, il funzionario e il dipendente per aver riferito o testimoniato fatti costitutivi di un delitto o di un crimine di cui essi siano venuti a conoscenza nell’esercizio delle loro funzioni.

 

Nel Regno Unito, il comportamento di colui che, nell’ambito di un rapporto di lavoro, riferisca circa gli atti illegittimi da altri compiuti di cui sia venuto a conoscenza (cosiddetto whistleblowing), è ricondotto alla fattispecie della “rivelazione protetta” (protected disclosure), ovvero resa nel pubblico interesse e perciò tutelata dal rischio di conseguenze ritorsive verso il suo autore. In tale ipotesi, trovano applicazione le disposizioni dell’Employment Rights 1996

, come modificato dal Public Interest Disclosure Act 1998 (che ha inserito nella legge del 1996 l’intera parte IV A), le cui previsioni riguardano sia il settore privato che la pubblica amministrazione. Nelle sue linee di fondo, la regolamentazione legislativa si salda ad istituti radicati nel common law e alla relativa elaborazione giurisprudenziale, poiché riprende dal law of confidence - ovvero dalle regole applicabili ai rapporti giuridici connotati da obblighi di riserbo – le esimenti previste per la divulgazione di notizie motivata dall’interesse pubblico (disclosure in the public interest).

La disciplina vigente, in primo luogo, individua il contenuto della dichiarazione meritevole di protezione (qualifying disclosure). Esso è riferito al comportamento da altri posto in essere in violazione della legge penale o di obblighi particolari, ovvero suscettibile di intralciare il corso della giustizia (miscarriage of justice), di ledere la salute o la sicurezza di terzi, di mettere a rischio la tutela dell’ambiente, di diffondere informazioni deliberatamente false in relazione a queste condotte illecite.

Sono escluse dalla tutela – a meno che non sussista l’interesse pubblico – le dichiarazioni del lavoratore concernenti discriminazioni o molestie da lui subite. Alla categoria delle dichiarazioni protette sono altresì estranee quelle aventi a oggetto informazioni coperte dal segreto di Stato e dal segreto professionale, nonché le notizie la cui rivelazione costituisce reato (art. 43B della legge del 1996, come inserito dal provvedimento del 1998).

La protezione del whistleblower, dunque, sul piano oggettivo è posta in relazione al contenuto della dichiarazione come tipizzato dalla legge; sotto il profilo soggettivo, essa si correla alla buona fede del suo autore e alla ragionevolezza del suo comportamento nel particolare contesto in cui agisce. Per valersi della tutela di legge, la comunicazione resa dal lavoratore deve essere rivolta al datore di lavoro o ad altra figura responsabile all’interno all’organizzazione (internal disclosures), oppure ad autorità esterne (dalla legge definiti prescribed persons) investiti di compiti di regolazione o vigilanza. Una lista degli enti pubblici deputati, nei rispettivi ambiti di competenza, a ricevere tali segnalazioni (cosiddette regulatory disclosure) è stata pubblicata dal Governo nel giugno 2015; peraltro, in relazione alla trasparenza e all’efficienza di un settore di rilievo cruciale come il Sistema Sanitario Nazionale, l’adozione di politiche favorevoli all’emersione di illeciti o di irregolarità attraverso la spontanea comunicazione da parte dei lavoratori è stata posta in risalto in occasione di una recente inchiesta indipendente, la cui relazione finale è stata pubblicata nel febbraio 2015: Freedom to speak up. An independent review into creating an open and honest reporting culture in the NHS.

All’infuori di questi casi, la divulgazione da parte del lavoratore dell’illecito di cui sia a conoscenza può avere luogo in forme più ampie (wider disclosures: rivolte alla polizia, ai media, ad associazioni) ed è tutelata a condizione che sia rilasciata in buona fede e non al fine di ottenere personali vantaggi, nella convinzione della veridicità e gravità di quanto riferito e ritenendo, in modo ragionevole, di poter incorrere in conseguenze pregiudizievoli nel quadro del rapporto di lavoro, o che vi sia il rischio della distruzione delle prove di quanto egli è venuto a conoscenza.

La legge, inoltre, introduce un limite di ordine pubblico prevedendo che non costituisce inadempimento contrattuale del lavoratore l’essere venuto meno, attraverso la dichiarazione resa, ad obblighi di riservatezza o a clausole di confidenzialità; la cui pattuizione è in ogni caso nulla, qualora sia espressamente preordinata ad impedire le protected disclosures. Non rileva, ai fini della tutela accordata a tali rivelazioni, che il comportamento illecito che ne è oggetto sia stato (o verrà presumibilmente) commesso nel Regno Unito oppure altrove.

Il lavoratore che abbia rivelato comportamenti illeciti nei termini di legge è tutelato rispetto alle eventuali iniziative sanzionatorie disposte dal datore di lavoro, con riferimento sia al licenziamento sia a trattamenti discriminatori; egli può ottenere, in questo caso, il risarcimento del danno (anche non patrimoniale) e la reintegrazione nel posto di lavoro. Organo giurisdizionale competente è l’Employment Tribunal, che ove ravvisi segnalazioni infondate e carenza di buona fede in capo all’autore, può sottoporlo alla sanzione consistente nella riduzione della sua retribuzione fino al 25%.

 

 

 

 

 

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tel. 06/6760.2278 – 3242; mail: LS_segreteria@camera.it



[1] La Commissione è regolata dal Décret n. 2014-1629 du 26 décembre 2014 relatif à la composition et au fonctionnement de la Commission nationale de la déontologie et des alertes en matière de santé publique et d’environnement.