Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera
Titolo: LO STATUS DEL DEPUTATO IN FRANCIA, GERMANIA, REGNO UNITO, SPAGNA E STATI UNITI [con la collaborazione della Law Library of Congress]
Serie: Materiali di legislazione comparata    Numero: 6
Data: 26/09/2013
Descrittori:
DEPUTATI   FRANCIA
GERMANIA   GRAN BRETAGNA
SPAGNA   STATO GIURIDICO
USA     

 


Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

 
LEGISLAZIONE STRANIERA

 

Materiali di legislazione comparata

 

 

 

LO STATUS DEL DEPUTATO IN

FRANCIA, GERMANIA, REGNO UNITO,

SPAGNA E STATI UNITI

 

[con la collaborazione della Law Library of Congress]

 

 

 

 

 

 

 

 

N. 6 - Settembre 2013


 

 

 

 

 

Servizio responsabile:

SERVIZIO BIBLIOTECA - Ufficio Legislazione Straniera

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Mlc17006

 


Indice

 

Schede di sintesi. 1

francia.. 3

L’Assemblée nationale. 3

Incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità. 3

Il mandato parlamentare – L’acquisizione e la perdita dello status di deputato. 7

a) Annullamento dell’elezione per decisione del Consiglio costituzionale. 9

b) Decadenza dal mandato. 9

c) Elezione del deputato al Senato o al Parlamento europeo. 10

d) Dimissioni 11

Le immunità parlamentari 12

Il trattamento economico e la trasparenza finanziaria. 14

Il codice deontologico. 17

germania.. 21

Il Bundestag. 21

Incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità. 21

Il mandato parlamentare – L’acquisizione e la perdita dello status di membro del Bundestag  24

Diritti e doveri dei membri del Bundestag. 25

Le immunità parlamentari 27

Il trattamento economico. 31

Le norme di comportamento. 34

REGNO UNITO.. 39

La House of Commons. 39

Incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità. 39

Le immunità parlamentari 41

Il trattamento economico e la trasparenza finanziaria. 48

Le norme di deontologia parlamentare. 54

spagna.. 59

Il Congreso de los Diputados. 59

Ineleggibilità e incompatibilità. 59

Il mandato parlamentare - L’acquisizione e la perdita dello status di deputato. 65

Diritti e doveri dei membri del Congreso de los Diputados. 66

Le immunità parlamentari 69

Il trattamento economico. 72

stati uniti. 75

La House of Representatives. 75

Incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità. 75

Le immunità parlamentari 78

Il trattamento economico e la trasparenza finanziaria. 80

Le norme di deontologia parlamentare. 86

 

 

 

 


 

 

 

 

 

Avvertenza

 

 

Il presente dossier inaugura una collaborazione tra la Biblioteca della Camera dei deputati e la Law Library of Congress, volta a fornire materiali ed informazioni di reciproco interesse nelle rispettive collane dedicate al diritto e alla legislazione comparata.

 

 

 

 

 

Schede di sintesi

 

 

 

 

 


L’Assemblée nationale

Il Parlamento francese è composto da due Camere: l’Assemblée nationale e il Senat.

L’Assemblea nazionale è composta da un numero massimo di 577 deputati, eletti a suffragio diretto, con scrutinio uninominale a doppio turno, per cinque anni.

 

Incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità

Le condizioni di candidatura ed eleggibilità dei deputati all’Assemblea nazionale sono disciplinate dal Codice elettorale (artt. da L44 a L45-1 e artt. da LO 127 a LO 136-3).

Le condizioni per la candidatura a deputato (Codice elettorale, art. L44  e artL2 ) sono le seguenti:

·      la cittadinanza francese;

·      un’età non inferiore ai 18 anni;

·      il pieno godimento dei diritti civili[1];

·      il non rientrare in uno dei casi di incapacità o ineleggibilità previsti dalla legge e collegati alla persona o alle funzioni esercitate.

Per ciò che riguarda l’eleggibilità, non possono essere eletti:

·      i francesi maggiorenni posti sotto tutela o curatela (Codice elettorale, art. LO 129 );

·      i cittadini francesi dichiarati ineleggibili a seguito di reati alle regole di finanziamento delle campagne elettorali o colpevoli di manovre fraudolente che hanno inteso o potuto compromettere l’autentico esito di uno scrutinio (Codice elettorale, art. L45-1 e art. LO 128);

·      i francesi che non abbiano espletato obblighi previsti dal Codice del Servizio nazionale (Codice elettorale, art. L45 ).

Non possono essere eleggibili anche i francesi per i quali l’esercizio di determinate funzioni potrebbe conferire un vantaggio indebito, di natura tale da costituire una disparità obiettiva con gli altri candidati.

Il Codice elettorale individua con precisione le funzioni comportanti ineleggibilità, la loro estensione geografica e la durata di tali ineleggibilità.

Sono ineleggibili:

·      il Difensore dei diritti, i suoi vice e il Controllore generale delle prigioni - ineleggibili su tutto il territorio e per tutta la durata delle loro funzioni (Codice elettorale, art. LO 130);

·      i prefetti - ineleggibili nella giurisdizione territoriale delle loro funzioni o delle funzioni che hanno esercitato negli ultimi tre anni (Codice elettorale, art. LO 132);

·      i magistrati, gli ufficiali che esercitano un comando territoriale, alcuni dipendenti pubblici che esercitino funzioni con responsabilità di direzione e di controllo in servizi esterni, regionali e dipartimentali dello Stato - ineleggibili in qualsiasi circoscrizione compresa nel territorio all’interno del quale essi esercitino o abbiano esercitato le loro funzioni da almeno un anno (Codice elettorale, art. LO 132).

 

L’incompatibilità è collegata al principio costituzionale della separazione dei poteri ed è definita come l’impossibilità legale di cumulare determinate funzioni con il mandato parlamentare. A differenza dell’ineleggibilità, si applica dopo l’elezione e non prima di questa.

Anche le incompatibilità sono disciplinate dal Codice elettorale (artt. da L46 a L46-2 e artt. da LO 137 a LO 153) e possono riferirsi ad un’attività pubblica elettiva, a funzioni pubbliche non elettive o ad attività private.

Il mandato parlamentare è in primo luogo incompatibile con le funzioni di Presidente della Repubblica, sebbene nessuna norma di legge lo preveda espressamente.

Il mandato di deputato è inoltre incompatibile con una o più delle seguenti cariche elettive: senatore, membro del Parlamento europeo, consigliere regionale, consigliere generale, consigliere di Parigi consigliere dell’Assemblea di Corsica, consigliere dell’Assemblea della Guyana, consigliere dell’Assemblea della Martinica, consigliere municipale di un comune di almeno 3.500 abitanti.

In aggiunta, il cumulo tra un mandato parlamentare e una funzione esecutiva locale deve essere autorizzata.

La regola dell’incompatibilità, giustificata dal principio della separazione dei poteri, è temporaneamente attenuata (codice elettorale, art. L.O. 144) per le missioni temporanee affidate ai deputati dal Governo, di durata non superiore ai sei mesi; in caso di prolungamento, il Presidente dell’Assemblea prende atto della cessazione del mandato parlamentare.

Sono previste incompatibilità tra il mandato parlamentare e le funzioni pubbliche non elettive finalizzate a impedire la dipendenza dei parlamentari, per ragioni di carriera, dal Governo che essi sono chiamati a controllare.

Il mandato di deputato è incompatibile con la funzione di membro del Governo, di consigliere costituzionale, di membro del Consiglio economico, sociale e ambientale, di magistrato e di membro del Consiglio superiore della magistratura.

L’incompatibilità è stata estesa anche alle funzioni di direzione e di consiglio nelle imprese e negli enti pubblici.

I dipendenti pubblici eletti parlamentari sono posti in posizione di distacco. Continuano in ogni caso ad acquisire i diritti alla pensione e gli scatti di anzianità durante il loro mandato e possono continuare ad esercitare determinate funzioni nell’insegnamento superiore.

Sono inoltre previsti casi di incompatibilità con attività private.

Sebbene infatti - diversamente dalle funzioni pubbliche - le attività private siano in linea di massima compatibili con il mandato parlamentare, sono tuttavia previsti alcuni limiti.

In particolare non è possibile il cumulo del mandato parlamentare con funzioni di responsabilità esercitate in organismi dipendenti strettamente da poteri pubblici (a meno che i parlamentari siano stati designati in qualità di membri del consiglio di amministrazione, in applicazione dei testi normativi di organizzazione delle medesime imprese o enti pubblici) (Codice elettorale, art. LO 145).

Non è possibile altresì il cumulo del mandato parlamentare con funzioni di responsabilità esercitate in società o imprese private che beneficiano di vantaggi accordati dallo Stato o da collettività pubbliche (sovvenzioni, garanzie d’interesse, appello al risparmio), in società o imprese private che lavorano per conto o sotto il controllo dello Stato o di un ente pubblico, nonché nelle società che esercitano determinate attività immobiliari a scopo di lucro (Codice elettorale, art. LO 146).

È inoltre vietato a un deputato lasciar apparire il proprio nome e la propria funzione in una pubblicità relativa ad una impresa finanziaria, industriale o commerciale (Codice elettorale, art. LO 150) o, se è avvocato, occuparsi di cause o consulenze che riguardino le società sopra menzionate (Codice elettorale, art. LO 149). Per le stesse ragioni, l’avvocato-deputato non può promuovere azione penale contro lo Stato.

Il deputato che si trovi al momento della propria elezione in una situazione di incompatibilità deve scegliere tra il proprio mandato e l’attività incompatibile entro un termine fissato, di norma, in trenta giorni (Codice elettorale, art. LO 151 e art. LO 151-1). Deve inoltre, entro il medesimo arco di tempo, presentare una dichiarazione sostitutiva di certificazione contenente la lista delle attività professionali o di interesse generale, anche non remunerate, che intenda conservare o, viceversa, dichiarare di non esercitarne alcuna (Codice elettorale, art. LO 151-2). L’Ufficio Di Presidenza dell’Assemblea nazionale si pronuncia sulla compatibilità di queste attività con il mandato. In corso di mandato, l’Ufficio di Presidenza deve anche essere adito per qualunque modifica che riguardi la situazione del deputato rispetto alle regole sull’incompatibilità.

In caso di dubbio o di controversia, l’Ufficio di Presidenza dell’Assemblea o il Ministro della Giustizia o il parlamentare stesso adisce il Consiglio costituzionale che è giudice unico in materia di incompatibilità ed ha la sovranità della decisione di merito[2]. Se il Consiglio costituzionale pronuncia un verdetto d’incompatibilità, il deputato interessato deve regolarizzare la propria situazione nei trenta giorni che seguono la notifica della decisione, altrimenti viene destituito d’ufficio dal mandato dal Consiglio costituzionale (cfr. paragrafo successivo).

 

Il mandato parlamentare – L’acquisizione e la perdita dello status di deputato

Ogni mandato imperativo è nullo e il diritto di voto dei deputati è personale, anche se è ammessa eccezionalmente la delega del voto; in tal caso, tuttavia, nessun deputato può ricevere in delega più di un mandato (Cost., art. 27).

Per assicurare loro l’indipendenza e la libertà di espressione necessarie all’esercizio del proprio mandato, i deputati beneficiano di un particolare stato giuridico.

L’acquisizione e la perdita dello status di membro dell’Assemblée nationale  sono disciplinate dal Codice elettorale e dal Regolamento dell’Assemblea nazionale.

Al termine del secondo turno dello scrutinio elettorale, il Consiglio costituzionale  proclama i risultati delle elezioni[3].

In seguito, all’apertura della prima seduta della legislatura, il decano dell’Assemblea annuncia la comunicazione, proveniente dal Governo, del nome degli eletti.

Il sistema elettorale francese prevede inoltre, al momento dell’elezione del deputato effettivo, anche l’elezione di un deputato supplente che viene chiamato a sostituire il membro effettivo dell’Assemblea in caso di decesso, nomina al Governo o al Consiglio costituzionale o alla carica di Difensore dei diritti, ovvero di prolungamento oltre i sei mesi di una missione temporanea affidatagli dal Governo (Codice elettorale, art. LO 176). 

Il deputato può peraltro incorrere nella perdita dello status di membro dell’Assemblea a seguito di:

a)     annullamento dell’elezione per decisione del Consiglio Costituzionale;

b)     decadenza dal mandato;

c)      elezione del deputato al Senato o al Parlamento europeo;

d)     dimissioni.

a) Annullamento dell’elezione per decisione del Consiglio costituzionale

La Costituzione (art. 59) attribuisce la competenza a giudicare del contenzioso elettorale al Conseil Constitutionnel, che ha il compito di controllare la correttezza dello scrutinio elettorale e di pronunciarsi, in caso di contestazione, sulla regolarità dell’elezione del deputato con l’eventuale possibilità di annullarla[4].

Il Consiglio costituzionale interviene nei settori del contenzioso elettorale riguardanti l’eleggibilità del candidato, le operazioni elettorali (ad esempio, sull’equilibrio dei mezzi di propaganda e sulla regolarità delle votazioni, come lo svolgimento dello scrutinio, lo spoglio e il conteggio dei voti) e il finanziamento della campagna elettorale.

b) Decadenza dal mandato

Il Codice elettorale stabilisce la decadenza di diritto dalla qualità di membro dell’Assemblea nazionale (Codice elettorale, art. LO 136, comma 1)  nei casi in cui:

·      l’ineleggibilità del deputato sia palese in un momento successivo alla proclamazione dei risultati elettorali o allo spirare del termine entro il quale tale ineleggibilità poteva essere contestata;

·      il deputato rientri in uno dei casi di ineleggibilità nel corso della durata del suo mandato (ineleggibilità sopravvenuta).

In tali casi, il Consiglio costituzionale può pronunciare la decadenza dallo status di deputato su richiesta dell’Ufficio di Presidenza dell’Assemblea nazionale o del Ministro della Giustizia oppure, in caso di condanna[5] successiva all’elezione che comporti come pena complementare la privazione del diritto di eleggibilità, su richiesta del pubblico ministero presso la giurisdizione che ha pronunciato la condanna (Codice elettorale, art. LO 136, comma 2).

La decadenza dal mandato pone fine per l’interessato al beneficio dell’inviolabilità (cfr. paragrafo successivo), ma non è prescritto alcun termine alle autorità competenti entro il quale investire della pronuncia il Consiglio costituzionale, né a quest’ultimo per prendere la sua decisione. La decadenza inoltre non ha effetto retroattivo e pertanto, fino al momento in cui decade dal suo mandato, il deputato conserva tutte le sue prerogative di parlamentare e  rimangono validi tutti gli atti da lui compiuti in sede parlamentare.  

c) Elezione del deputato al Senato o al Parlamento europeo

La perdita dello status di deputato ha inoltre luogo d’ufficio per effetto del divieto di cumulo dei mandati di deputato e senatore o di  rappresentante del Parlamento europeo (Codice elettorale, art. LO 137 e art. LO 137-1). In particolare il deputato eletto senatore o membro del Parlamento europeo cessa di appartenere alla prima assemblea parlamentare della quale faceva parte a partire dal giorno d’inizio del nuovo mandato, senza necessità di presentare dimissioni[6]. Anche il deputato che eserciti il mandato in sostituzione di un membro effettivo perde la sua qualità di membro supplente qualora venga eletto, in seguito, deputato o senatore (Codice elettorale, art. LO 138), pur se non è prescritta espressamente la cessazione d’ufficio dal mandato di supplente.

d) Dimissioni

Infine il deputato cessa dal mandato per dimissioni, volontarie o d’ufficio.

Le dimissioni volontarie - come nel caso, tra gli altri, di opzione per altre cariche, funzioni o attività incompatibili con la qualità di deputato - sono presentate dal dimissionario al Presidente dell'Assemblea nazionale che ne prende atto con un annuncio successivamente pubblicato sulla Gazzetta ufficiale.

Le dimissioni d’ufficio costituiscono una misura sanzionatoria pronunciata, con decisione definitiva, dal Consiglio costituzionale, in caso di mancata ottemperanza, entro i termini prescritti, di alcuni obblighi collegati alle funzioni parlamentari da parte del deputato, quali, in particolare, l’obbligo di opzione in caso di incompatibilità, il divieto di compiere determinati atti (Codice elettorale, art. LO 149 e art. LO 150), l’obbligo relativo al deposito dei conti delle campagne elettorali e al rispetto delle regole sul finanziamento delle campagne elettorali (Codice elettorale, art. LO 136-1), gli obblighi relativi al deposito e alla veridicità dei contenuti delle dichiarazioni sulla sua situazione patrimoniale (Codice elettorale, art. LO 136-2).  

I quattro casi di perdita dello status sopra illustrati (annullamento dell’elezione da parte del giudice, decadenza, elezione del deputato al Senato o al Parlamento europeo, dimissioni) comportano la vacanza del seggio, per coprire la quale è prevista l’indizione di elezioni parziali entro tre mesi dall’atto che l’ha determinata (Codice elettorale, art. LO 178) [7].

 

Le immunità parlamentari

La tutela assicurata dall’ordinamento francese alla libertà di esercizio del mandato parlamentare è sancita in particolare dal principio delle immunità parlamentari, affermato dalla Costituzione (art. 26).

Le immunità parlamentari assicurano ai deputati un regime giuridico in deroga al diritto comune per quanto riguarda i loro rapporti con la giustizia al fine di preservarne l’indipendenza.

L’immunità parlamentare protegge il deputato contro ogni azione giudiziaria, penale e civile, motivata da atti che, compiuti al di fuori del mandato parlamentare, sarebbero penalmente sanzionabili o suscettibili di impegnare la responsabilità civile del suo autore (per diffamazione, ad esempio).

Si distinguono due tipi di immunità parlamentari: l’irresponsabilità e l’inviolabilità.

L’irresponsabilità (immunità assoluta) riguarda le opinioni o i voti espressi nell’esercizio delle loro funzioni.

L’art. 26, comma 1  della Costituzione recita infatti: “Nessun membro del Parlamento può essere perseguito, ricercato, arrestato, detenuto o giudicato per opinioni o voti espressi nell’esercizio delle sue funzioni”.

L’irresponsabilità del deputato è un’immunità permanente, perpetua e valida anche dopo la fine del mandato e copre tutti gli atti propri della funzione parlamentare (rapporti, proposte di legge, discorsi, interrogazioni, voti, atti compiuti nell’ambito di missioni ad esso affidate dalle istanze parlamentari). Neanche il deputato stesso può rinunciare a tale immunità.

Sono esclusi dall’irresponsabilità gli atti e le dichiarazioni non rapportabili all’esercizio diretto della funzione parlamentare, come ad esempio articoli scritti su giornali, interventi in riunioni pubbliche o private, interviste rilasciate durante trasmissioni radiofoniche e televisive o, secondo una giurisprudenza consolidata, le opinioni espresse da un deputato nell’ambito di una missione ad esso affidata dal Governo.

L’inviolabilità (immunità relativa) è limitata alla durata del mandato parlamentare ed ha l’obiettivo di evitare che l’esercizio del mandato parlamentare sia ostacolato da determinate azioni penali aventi ad oggetto gli atti compiuti dal deputato come semplice cittadino.

L’inviolabilità regola le condizioni relative all’esercizio dell’azione penale per gli atti estranei alle funzioni parlamentari (Cost., art. 26, commi 2, 3 e 4).

Nessun membro del Parlamento può essere sottoposto ad arresto o a qualsiasi misura di privazione o di restrizione della libertà senza l’autorizzazione dell’Ufficio di Presidenza dell’Assemblea alla quale appartiene, ad eccezione dei casi di flagranza di reato o di condanna definitiva. L’Assemblea può inoltre decidere la sospensione della detenzione o delle misure di privazione e restrizione della libertà, o dell’azione penale nei confronti di un suo membro, per una durata limitata alla sessione in corso.

A seguito della revisione costituzionale, operata dalla legge costituzionale 4 agosto 1995, n. 880, non è prescritta l’autorizzazione per l’esercizio dell’azione giudiziaria, che segue pertanto le regole di diritto comune.

Il Regolamento dell’Assemblea nazionale (art. 80) prevede la costituzione di una commissione incaricata di esaminare le domande di sospensione della detenzione o delle misure di privazione e restrizione della libertà, o dell’azione penale nei confronti di un parlamentare.

Conformemente all’ultimo comma dell’art. 26 della Costituzione, l’Assemblea si riunisce in seduta supplementare per esaminare le conclusioni della commissione sulle domande di sospensione e la discussione, in seduta plenaria, porta alla votazione di una proposta di risoluzione.

 

Il trattamento economico e la trasparenza finanziaria

La necessità di garantire l’autonomia, operativa ed economica, di ciascun deputato ha portato all’erogazione di diverse tipologie di indennità e al riconoscimento di numerose prerogative direttamente legate all’espletamento del mandato parlamentare.

A partire dal 1° luglio 2010 ogni deputato percepisce mensilmente una retribuzione lorda pari a € 7.100,15[8]. Tale retribuzione si ottiene sommando i tre tipi di indennità che la compongono:

·      indennità parlamentare di base, pari alla media delle retribuzioni dei funzionari pubblici francesi, comprese le più alte cariche dello Stato, quali consiglieri di Stato, governatori, direttori di amministrazioni centrali. Tale indennità è pari a € 5.514,68;

·      indennità di residenza, che copre tutte le spese per l’alloggio dei deputati ed è pari al 3% dell’indennità di base (€ 165,44);

·      indennità di funzione, che copre le spese sostenute dal parlamentare nell’esercizio delle sue funzioni, di solito costituita dal 25% del totale delle indennità innanzi dette (€ 1.420,03).

Al netto delle ritenute previdenziali e sociali, la retribuzione mensile è pari a € 5.148,77.

A queste indennità si aggiunge l’assegno familiare esente da tassazione fiscale e contributiva.

Inoltre l’indennità parlamentare è soggetta all’imposta sul reddito (Codice generale delle imposte, art. 80 undecies), tranne per la parte costituita dall’indennità di funzione, esente da tassazione fiscale.

È stata inoltre riconosciuta l’equiparazione delle indennità e dei compensi dei parlamentari a quelli degli alti dirigenti pubblici[9].

Dal 1° gennaio 2013 tutte le spese non direttamente rimborsate dall’Assemblea nazionale vengono trattate come indennità per spese di mandato e rimborsate per un importo mensile massimo pari a € 5.770 lordi. Ciascun deputato dispone anche di un credito pari a € 9.504 al mese per coprire le spese dei suoi collaboratori (da uno a cinque), nonché di un ufficio personale dotato di PC, stampante, telefono e fax. Le spese di viaggio sono integralmente rimborsate quando vengono utilizzati mezzi di trasporto diversi dalle auto messe a disposizione dal Parlamento (circa 20 con autista). Ai deputati è peraltro consentito viaggiare in treno in prima classe ed è prevista una quantità definita di voli per spostarsi sia in Francia che all’estero.

Ai deputati è garantita anche un’indennità di disoccupazione, per un periodo limitato, se allo scadere del mandato essi non riescano a trovare una nuova occupazione. Dal 1° gennaio 2012, su proposta del Presidente dell’Assemblea nazionale, la gestione finanziaria e amministrativa del fondo per l’assicurazione contro la disoccupazione è stata trasferita alla Caisse des dépôts et consignations, che provvede inoltre a gestire le richieste dei deputati disoccupati.

Tutti i membri dell’Assemblea nazionale sono iscritti al fondo di previdenza sociale, istituito in seno all’Ufficio di Presidenza[10].

Il Fondo Pensioni dei deputati francesi è stato istituito da una risoluzione della Camera dei Rappresentanti del 23 dicembre 1904. È alimentato dai contributi dei singoli deputati trattenuti dall’indennità parlamentare ed è finanziato in parte dall’Assemblea nazionale.

La riforma del sistema pensionistico del 3 novembre 2010[11] ha allineato il sistema pensionistico pubblico con quello privato, eliminando alcune peculiarità del settore pubblico, come ad esempio la doppia imposizione. È inoltre stata fissata una nuova aliquota percentuale sull’imponibile contributivo del compenso del deputato, che aumenta progressivamente ogni anno nella previsione di raggiungere il 10,55% nel 2020.

Un meccanismo facoltativo di pensione integrativa è stato istituito a partire da luglio 2012.

Nel 2016 l’età pensionabile salirà a 62 anni e la pensione sarà calcolata in proporzione agli anni di mandato maturati.

Il particolare status giuridico e finanziario del deputato impone un obbligo di trasparenza. A tale fine è stato introdotto dal 1988[12] un sistema di controllo per verificare che l’esercizio del mandato parlamentare non produca un arricchimento indebito.

Nei due mesi successivi all’assunzione delle funzioni parlamentari i deputati sono tenuti a presentare alla Commissione della trasparenza finanziaria (Commission pour la transparence financière de la vie politique) una dichiarazione sostitutiva di certificazione della propria situazione patrimoniale sulla totalità dei beni propri, di quelli in comune oppure dei beni c.d. indivisi, di cui all’art. 1538 del Codice civile (Codice elettorale, art. LO 135-1).

Durante l’esercizio del loro mandato, i parlamentari comunicano alla Commissione “tutte le modifiche sostanziali del loro patrimonio, ogni volta che essi lo ritengano utile” (Codice elettorale, art. LO 135-1, comma 2).

In quest’ottica va menzionata, inoltre, la dichiarazione sostitutiva di certificazione che il deputato deve presentare alla Commissione due mesi o, al massimo, un mese prima della scadenza del mandato del deputato, oppure nei 15 giorni che seguono la fine delle sue funzioni parlamentari, in caso di scioglimento dell’Assemblea nazionale o di cessazione del mandato del deputato per una causa diversa dal decesso. Il deputato può aggiungere alla sua dichiarazione osservazioni personali sull’evoluzione del suo patrimonio (Codice elettorale, art. LO 135-1, comma 3).

L’articolo LO 135-2 precisa che le dichiarazioni possono essere comunicate solo a seguito della richiesta effettuata dal dichiarante o dei suoi aventi diritto o su richiesta delle autorità giudiziarie attraverso una loro comunicazione.

 

Il codice deontologico

Oltre a diritti e doveri legati al mandato parlamentare, il deputato può esercitare, per la sua qualifica, diverse responsabilità in seno o al di fuori dell’Assemblea nazionale, per l’esercizio delle quali egli è tenuto al rispetto di un codice di comportamento.

Nell’ambito del vasto dibattito politico sviluppatosi negli ultimi anni sul tema della prevenzione dei conflitti d’interesse delle più alte cariche pubbliche[13], anche le due assemblee del Parlamento francese hanno avviato una riflessione sulla delicata questione dei conflitti d’interesse per i parlamentari.

Il 6 aprile 2011 l’Ufficio di Presidenza dell’Assemblea nazionale (di seguito indicato come il Bureau) ha approvato un Code de déontologie nel quale sono enunciati i principi di fondo che i deputati si impegnano a rispettare[14].

I sei principi indicati dal codice riguardano:

·      l’interesse generale della nazione e dei cittadini, che deve illuminare l’azione del deputato, con esclusione di ogni soddisfazione di un interesse privato per sé o per i suoi congiunti;

·      l’indipendenza da persone fisiche o giuridiche che possano distogliere il deputato dal rispetto dei suoi doveri di parlamentare;

·      l’obiettività che deve guidare il deputato nell’intervento nei confronti di una persona senza alcun’altra considerazione se non per i diritti e i meriti della persona stessa;

·      la responsabilità in ragione della quale il deputato deve rendere conto delle sue decisioni e azioni ai cittadini da lui rappresentati agendo in modo trasparente;

·      la probità che impone al deputato di rendere noto ogni interesse personale che possa interferire con la sua azione di parlamentare e risolvere tali conflitti d’interesse a vantaggio del solo interesse generale;

·      l’esemplarità che deve contraddistinguere l’azione del deputato al fine di promuovere egli stesso i principi del codice deontologico nell’esercizio del suo mandato.

Lo stesso 6 aprile 2011 il Bureau ha adottato all’unanimità anche una Décision relativa al rispetto del suddetto codice.

In primo luogo è prevista (art. 3) l’istituzione di un deontologo presso l’Assemblea nazionale[15], con il compito di vigilare sul rispetto dei principi stabiliti nel Codice e di consigliare i deputati in merito ad ogni questione deontologica che essi pongano. Il deontologo può formulare consigli e raccomandazioni nei confronti dei deputati.

Viene inoltre resa obbligatoria per tutti i deputati la presentazione di una dichiarazione d’interessi[16] all’inizio del loro mandato.

La dichiarazione, da compiersi entro trenta giorni dall’elezione e da aggiornare su iniziativa dello stesso deputato in caso di modifiche sostanziali alla sua preesistente situazione, deve rendere noti gli interessi personali del deputato, ma anche dei suoi parenti, congiunti e persone a lui “vicine” che possano essere in conflitto o comunque in grado d’interferire con l’esercizio delle sue funzioni parlamentari[17]. Il deputato deve dichiarare al deontologo anche i doni ricevuti o le agevolazioni delle quali abbia beneficiato se di valore superiore a € 150, così come i viaggi compiuti su invito di una persona fisica o giuridica (art. 4).

Qualora si verifichi un conflitto d’interessi, nonostante le raccomandazioni fornite, il deontologo può investire della questione l’Ufficio di Presidenza dell’Assemblea; analogamente, in caso di mancato rispetto del Codice, il deontologo è tenuto ad avvertire lo stesso Bureau, al quale spetta la decisione di rendere pubblica la situazione di conflitto del deputato, consentendo in tal modo l’applicazione dell’art. 40 del Codice di procedura penale.

Tra i compiti del deontologo rientrano anche, su richiesta del Bureau, l’elaborazione di studi generali su questioni etiche poste davanti all’Assemblea, la presentazione di proposte sulla trasparenza e la disciplina delle modalità di organizzazione dei colloqui nei locali dell’Assemblea o dei circoli parlamentari. Il deontologo informerà regolarmente l’Ufficio di Presidenza dei suoi lavori, i quali saranno resi pubblici con la presentazione di un rapporto annuale al Bureau medesimo[18].

 

 


Il Bundestag

Il Parlamento tedesco si compone di due camere: il Bundestag (Dieta federale) e il Bundesrat (Consiglio federale). A differenza di quest’ultimo, costituito dai rappresentanti degli esecutivi dei Länder, il Bundestag è eletto a suffragio universale diretto ogni quattro anni. La Legge fondamentale non stabilisce un numero fisso di deputati, ma in base alla legge elettorale federale, che suddivide il territorio nazionale in 299 collegi, il Bundestag risulta composto da 598 membri[19].

La disciplina sullo status e i diritti e doveri dei membri del Bundestag è contenuta principalmente nella Legge fondamentale tedesca (Grundgesetz), nel Regolamento parlamentare del Bundestag (Geschäftsordnung des Deutschen Bundestages), nella Legge federale sullo status giuridico dei deputati (Gesetz über die Rechtsverhältnisse der Mitglieder des Deutschen Bundestages) e nella Legge elettorale federale (Bundeswahlgesetz - BwahlG).

 

Incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità

La Legge fondamentale stabilisce, all’art. 38, che i deputati del Bundestag sono eletti a suffragio universale, diretto, libero, uguale e segreto.

Viene inoltre fissato un limite per l’elettorato attivo e passivo: ai sensi del comma 2 dello stesso articolo ha infatti diritto al voto chi ha compiuto diciotto anni ed è eleggibile chi ha raggiunto la maggiore età. L’unico riferimento costituzionale ai “candidati” è quello contenuto nell’art. 48, comma 1, della Legge fondamentale, che sancisce il diritto dei candidati al Bundestag ad un periodo di congedo necessario per la preparazione della elezione.

Con riferimento alla lista dei candidati dei partiti (Parteibewerber), il § 21, comma 1, della legge elettorale, stabilisce esplicitamente che può essere nominato candidato di un partito soltanto chi non sia membro di un altro partito.

Disposizioni specifiche in materia di eleggibilità (Wählbarkeit) sono contenute nel § 15 della legge elettorale federale, il quale stabilisce che è “eleggibile” come membro del Parlamento chi, alla data delle elezioni, è cittadino tedesco ai sensi dell’art. 116, comma 1, della Legge fondamentale e ha compiuto il diciottesimo anno di età. Non è eleggibile chi è escluso dal diritto di voto ai sensi del § 13 della legge elettorale (chi non è in pieno possesso dei diritti civili a seguito di sentenza giudiziaria, chi risulta sotto tutela provvisoria o definitiva per deficienze psichiche oppure chi, a seguito di un’ordinanza, si trova in un istituto di cura psichiatrico) e chi è stato privato del requisito dell’eleggibilità o della capacità di rivestire cariche pubbliche in seguito a sentenza giudiziaria (§ 15, comma 2, della legge elettorale). A tale proposito, il § 45, comma 1, del codice penale (Strafgesetzbuch) stabilisce che chiunque, per aver commesso un crimine, venga condannato alla pena detentiva di almeno un anno, perde per la durata di cinque anni la capacità di ricoprire pubblici uffici e di ottenere i diritti derivanti da elezioni pubbliche. Il giudice può inoltre privare delle capacità indicate nel comma 1 anche il condannato ad una pena inferiore a un anno, a condizione che la legge lo preveda in modo specifico, per una durata da due a cinque anni (§ 45, comma 2). Ad esempio, con riferimento alla formazione di associazioni terroristiche, il § 129a, comma 6, del codice penale prevede che, in aggiunta alla pena detentiva di almeno sei mesi, il giudice possa interdire il condannato dai pubblici uffici e privarlo dell’elettorato passivo. Il comma 4 del già citato § 45 dispone inoltre che, con la perdita della capacità di ottenere i poteri derivanti da pubbliche elezioni, il condannato perde contemporaneamente le corrispondenti posizioni giuridiche e i diritti che egli già detiene, nella misura in cui la legge non disponga diversamente. Come specificato dal § 45a, comma 1, del codice penale, la perdita delle capacità, delle posizioni giuridiche e dei diritti ha effetto dal momento del passaggio in giudicato della sentenza. In base a quanto disposto dal § 45b del codice penale, il giudice può riconferire le capacità perdute ai sensi del § 45, commi 1 e 2, se la perdita ha già avuto effetto per la metà del tempo della durata per essa stabilita e si suppone che il condannato non commetta in futuro altri reati premeditati. Nel computo dei termini non è incluso il tempo in cui il condannato è stato detenuto in un istituto per ordine dell’autorità.

L’esercizio del mandato parlamentare è incompatibile con le seguenti cariche istituzionali[20]:

·      Presidente federale;

·      membro del Bundesrat;

·      membro del Governo di un Land;

·      Commissario alla difesa del Bundestag (Wehrbeauftragter des Bundestages);

·      Garante per i dati personali (Bundesbeauftragter für den Datenschutz);

·      Incaricato federale per i documenti dei servizi di sicurezza dell’ex Repubblica Democratica Tedesca (Bundesbeauftragter für die Unterlagen des Staatssicherheitsdienstes der ehemaligen Deutschen Demokratischen Republik);

·      membro della Corte costituzionale federale;

·      membro del Consiglio degli esperti per la valutazione dello sviluppo economico globale (Sachverständigenrat zur Begutachtung der gesamtwirtschaftlichen Entwicklung).

Non sussiste incompatibilità tra membri del Governo federale e membri del Bundestag, ad eccezione dei deputati che compongono la Commissione comune (Gemeinsamer Ausschuss) istituita ai sensi dell’art. 53a della Legge fondamentale[21].

Il mandato parlamentare è, altresì, incompatibile con i seguenti ruoli e funzioni:

·      funzionari;

·      impiegati del servizio pubblico;

·      funzionari della Corte dei conti;

·      funzionari elettivi;

·      giudici;

·      professori e docenti universitari;

·      soldati di professione, soldati volontari a tempo determinato.

 

Il mandato parlamentare – L’acquisizione e la perdita dello status di membro del Bundestag

In base all’art. 38 della Legge fondamentale tedesca i deputati del Bundestag sono i rappresentanti di tutto il popolo, non sono vincolati da mandati né da direttive e sono soggetti soltanto alla loro coscienza. L’art. 48 della Legge fondamentale stabilisce, inoltre, che a nessuno può essere impedito di assumere e di esercitare il mandato del deputato.

Per un’illustrazione più dettagliata dei vari profili inerenti l’esercizio del mandato parlamentare si rinvia ai paragrafi sui diritti e i doveri dei deputati e sulle norme di comportamento degli stessi.

L’acquisizione e la perdita dello status di membro del Bundestag sono regolate dalle disposizioni contenute sia nel Regolamento del Bundestag, sia nella legge elettorale federale.

Il Regolamento del Bundestag dispone, al § 15, che i diritti di un membro del Bundestag di cui sia stata contestata l’elezione sono regolati in base alle disposizioni della legge elettorale federale. In base alla stessa legge si giudica anche la perdita dello status di membro del Bundestag.

La legge elettorale federale stabilisce, al § 45, che un candidato eletto acquisisce l'appartenenza al Bundestag dopo la determinazione definitiva del risultato da parte della Commissione elettorale federale (§ 42, comma 2, primo periodo) con l'apertura della prima seduta del Bundestag successiva all'elezione. Un rifiuto dell'acquisizione di appartenenza al Bundestag deve essere dichiarato in forma scritta, anteriormente alla prima seduta, di fronte al presidente di seggio del Land. Una dichiarazione con riserva vale un rifiuto. La dichiarazione non può essere revocata.

Ai sensi del § 46, comma 1, della legge elettorale federale, un deputato perde il suo status di membro del Bundestag nei seguenti casi:

·      invalidità dell’acquisizione dell’appartenenza;

·      nuova determinazione del risultato elettorale;

·      venir meno di una condizione necessaria alla sua eleggibilità in qualsiasi momento;

·      rinuncia;

·      appartenenza ad un partito o all’organizzazione di un partito dichiarato incostituzionale dalla Corte costituzionale federale ai sensi del § 21, comma 2, secondo periodo della Legge fondamentale.

 

Diritti e doveri dei membri del Bundestag

I diritti e i doveri dei membri del Bundestag sono regolati dal § 13 del Regolamento del Bundestag, in base al quale nei discorsi, nelle azioni, nelle votazioni e nelle elezioni ciascun membro del Bundestag segue la propria convinzione e la propria coscienza. I deputati sono tenuti a partecipare ai lavori del Bundestag. Per ciascun giorno di seduta viene redatta una lista delle presenze alla quale i membri del Bundestag devono iscriversi. Le conseguenze della mancata iscrizione e della mancata partecipazione ai lavori sono stabilite in base alla legge sullo status giuridico dei membri del Bundestag.

Il § 2 della legge sullo status giuridico dei membri del Bundestag tutela specificamente il libero esercizio del mandato parlamentare. In base a tale norma, a nessuno può essere impedito di candidarsi per un mandato al Bundestag, di acquisirlo, di accettarlo o di esercitarlo (comma 1). Inoltre, non sono ammissibili pregiudizi sul posto di lavoro in relazione alla candidatura ad un mandato, alla sua acquisizione, accettazione ed esercizio (comma 2). Infine, non sono consentiti né il licenziamento né la sospensione dal lavoro a causa dell’acquisizione, accettazione o esercizio del mandato. Il licenziamento è comunque consentito solo per giustificato motivo. La tutela dal licenziamento decorre dalla presentazione del candidato da parte dell’organo competente del partito, ovvero dalla presentazione della proposta elettorale. Essa ha validità fino ad un anno dopo la fine del mandato (comma 3).

Il § 4 della legge sullo status giuridico prevede, infine, che il periodo di appartenenza al Bundestag vada calcolato, dopo la fine del mandato, come periodo lavorativo. Nell’ambito dell’attuale regime previdenziale, sia esso aziendale o extra-aziendale, il calcolo di cui al comma 1 si effettua soltanto ai fini del rispetto dei termini di non decadenza, di cui al § 1 della Legge per il miglioramento della previdenza pensionistica aziendale.

Le immunità parlamentari

L’istituto dell’immunità parlamentare ha il suo fondamento giuridico nell’art. 46 della Legge fondamentale, secondo cui un deputato non può essere perseguito, in sede sia giudiziaria sia disciplinare, né essere in genere chiamato a rendere conto fuori del Bundestag per le opinioni manifestate e i voti espressi in Assemblea o in una commissione parlamentare, a meno che non si tratti di ingiurie diffamanti. Un deputato può essere chiamato a rispondere di un’azione per la quale è prevista una sanzione o essere arrestato solo dopo l’autorizzazione del Bundestag, salvo che sia colto nell’atto di commettere il fatto o nel giorno immediatamente successivo. L’autorizzazione del Bundestag è inoltre necessaria per qualsiasi altra limitazione della libertà personale o per iniziare un procedimento contro un deputato.

Un cittadino eletto al Bundestag gode della protezione dell’immunità dal momento della sua entrata in Parlamento. Se sono in corso indagini su di lui, queste vengono subito interrotte e il tribunale si rivolge al Presidente del Bundestag con una comunicazione. Qualora sia già iniziata l’azione penale, anche questa deve essere sospesa ed è necessario presentare una domanda di autorizzazione a procedere, ovvero una richiesta di rimozione dell’immunità, che seguirà la procedura parlamentare prevista dal Regolamento del Bundestag.

Le disposizioni della Legge fondamentale in materia di immunità si riferiscono ai soli membri del Bundestag e non riguardano i membri della Camera alta del Parlamento federale (Bundesrat) direttamente designati dai Governi dei Länder e che tuttavia, qualora siano membri del Parlamento del Land, godono delle corrispondenti immunità sancite dalla rispettiva costituzione regionale.

In sostanza, il citato art. 46 prevede due profili di immunità parlamentare: la irresponsabilità o insindacabilità (Indemnität) e l’immunità processuale penale (Immunität).

Per quel che concerne il primo profilo, il comma 1 dell’art. 46 dispone che la norma non sia applicata per le "ingiurie diffamanti" (verleumderische Beleidigungen), vale a dire le offese personali e gratuite, prive di contenuto politico, per le quali il parlamentare è pienamente responsabile. Occorre tuttavia rilevare che nella prassi risulta difficile distinguere le pure offese personali dalle cd. “ingiurie a carattere politico” che rientrano nell’ambito dell’irresponsabilità.

Quanto al secondo profilo, il diritto all’immunità deve essere considerato un mezzo di tutela del Parlamento e non una prerogativa del singolo deputato. Il fine di tale istituto è infatti quello di garantire l’operatività e la funzionalità dell’organo parlamentare proteggendolo dalle ingerenze dell’esecutivo e del potere giudiziario. Pertanto, dal momento che l’immunità riguarda i procedimenti penali e altre misure coercitive nei confronti di singoli membri del Bundestag , ai fini dello svolgimento di un processo o dell’esecuzione di determinate misure è necessaria l’autorizzazione del Bundestag. L’obbligo dell’autorizzazione parlamentare è previsto per tutti i procedimenti penali contro i componenti il Bundestag a prescindere dal fatto che si tratti di un giudizio su un tema rientrante nella prerogativa della irresponsabilità o altro tipo di reato, per le perquisizioni e i sequestri nel corso di processi in cui il deputato è imputato o accusato, nonché per gli arresti e il rilascio di dichiarazioni giurate in caso di esecuzione forzata.

La limitazione delle prerogative della magistratura in sede penale è bilanciata dalla prassi, invalsa dalla fine degli anni ’60, in virtù della quale il Bundestag all’inizio di ogni legislatura approva una sorta di autorizzazione generale contenuta nella “Decisione del Bundestag sulla rimozione dell’immunità dei suoi membri” (Beschluß des Deutschen Bundestages betr. Aufhebung der Immunität von Mitgliedern des Bundestages) di cui all’Allegato 6 del Regolamento. Ai sensi del primo comma di tale allegato, il Bundestag autorizza per la durata dell’intera legislatura lo svolgimento di indagini nei confronti di deputati per reati penalmente perseguibili, salvo che si tratti di ingiurie a carattere politico (§§ 185, 186, 187a, comma 1, 188, comma 1 del codice penale). L’autorizzazione generale non comprende il rinvio a giudizio per reati penalmente perseguibili e richieste di emanazione di un’ordinanza di condanna, né misure di limitazione o privazione della libertà nel corso delle indagini. Nel medesimo allegato 6 sono poi enunciati i principi stabiliti dalla Commissione per la verifica delle elezioni, l’immunità e il Regolamento (Ausschuß für Wahlprüfung, Immunität und Geschäftsordnung) per una corretta applicazione della disciplina relativa all’immunità.

L’iter della procedura, per gli aspetti parlamentari, è disciplinato dal § 107 del Regolamento del Bundestag e dal citato Allegato 6. Prima di avviare le indagini, il pubblico ministero competente ha l’obbligo di comunicare al Presidente del Bundestag l’intenzione di aprire un’istruttoria nei confronti di un membro del Bundestag. Contemporaneamente, qualora non ostino motivi investigativi, deve essere informato anche il deputato interessato. Le indagini possono iniziare non prima di 48 ore dall’arrivo della comunicazione al Presidente dell’Assemblea. Ai fini del computo del termine non sono calcolati i fine settimana e i giorni festivi. Il Presidente, d’intesa con il presidente della Commissione per la verifica delle elezioni, l’immunità ed il regolamento, può prolungare tale termine o richiedere la sospensione del procedimento.

Una volta avviate le indagini, qualora il pubblico ministero concluda l’istruttoria con una richiesta di incriminazione o reputi necessaria una perquisizione (o qualunque altro provvedimento che non rientri nell’autorizzazione di carattere generale), deve richiedere al Bundestag un’autorizzazione specifica per via gerarchica, cioè tramite il procuratore generale, il Ministero della giustizia del Land e il Ministero federale della giustizia. La richiesta, indirizzata al Presidente del Bundestag, viene direttamente assegnata alla Commissione per la verifica delle elezioni, l’immunità ed il regolamento, la quale, dopo aver esaminato e discusso la questione, formula la propria raccomandazione al Bundestag in base ai principi dettati nell’allegato 6 (Beschlussempfehlung). La raccomandazione della Commissione di approvare o respingere la revoca dell’immunità è pubblicata in uno stampato in cui figura il nome del deputato, ma non il reato per il quale si richiede di intentare un procedimento penale. La discussione su di una raccomandazione non è legata ad un termine, ma deve avere inizio non prima del terzo giorno della distribuzione della proposta stessa. Nell’interesse del deputato e dell’intero organo parlamentare l’Assemblea, in base alla prassi, decide senza discussione.

Nelle questioni di minore rilevanza, come ad esempio i reati riguardanti la circolazione stradale (per i quali deve essere concessa, in linea di principio, l’autorizzazione), la Commissione per la verifica delle elezioni, l’immunità ed il regolamento può assumere una decisione preliminare (Vorentscheidung) al fine di semplificare la procedura. La decisione preliminare è comunicata per iscritto al Bundestag attraverso il Presidente, senza essere inserita all’ordine del giorno. Essa si considera accolta e vale quindi come decisione del Bundestag se non vengono sollevate obiezioni per iscritto entro sette giorni dalla comunicazione.

L’autorizzazione a procedere concessa dal Bundestag consiste in pratica nella “rimozione dell’immunità” (Aufhebung der Immunität). Il deputato conserva lo status di membro del Bundestag e continua ad esercitare il proprio mandato. Dovendo egli partecipare ai lavori parlamentari, il pubblico ministero e il tribunale, nel momento di fissare i termini procedurali, devono tener conto del programma stabilito per lo svolgimento delle sedute del Bundestag. Dal punto di vista temporale, dunque, mentre l’irresponsabilità ha carattere permanente, l’immunità processuale penale vale solo per la durata del mandato.

Infine, secondo quanto prescrive l’art. 47 della Legge fondamentale, a ciascun membro del Bundestag è riconosciuto il diritto di rifiutarsi di testimoniare (Zeugnisverweigerungsrecht): il deputato può infatti avvalersi di tale diritto negando la sua testimonianza in riferimento a persone che gli abbiano confidato dei fatti nella sua qualità di deputato, nonché riguardo ai fatti stessi. Lo stesso vale anche per la fattispecie inversa, in cui sia stato il deputato a confidarsi con un’altra persona. Entro i limiti di tale diritto, non è ammesso il sequestro di documenti scritti o di registrazioni. Al Bundestag non è attribuito il potere di disporre di tale diritto, che presuppone un rapporto fiduciario tra il deputato e un altro cittadino. Spetta quindi soltanto al deputato decidere di avvalersene rifiutandosi di testimoniare; inoltre, tale diritto continua ad essere efficace anche una volta cessato il mandato parlamentare.

 

Il trattamento economico

La Legge fondamentale prevede espressamente, all’art. 48, comma 3, che i deputati abbiano diritto ad un’adeguata indennità (angemessene Entschädigung) che assicuri la loro indipendenza. Essi possono inoltre usufruire gratuitamente di tutti i mezzi di trasporto statali. Le disposizioni costituzionali rinviano poi ad una legge federale per regolare nel dettaglio il trattamento economico dei membri del Bundestag.

Al fine di garantire il libero esercizio del mandato parlamentare viene quindi garantito, in egual misura, a ciascun deputato un contributo finanziario mensile (c.d. Diät), il cui ammontare è determinato sulla base di una raccomandazione del Presidente del Bundestag e commisurato allo stipendio annuo di un giudice della Corte suprema federale e di un funzionario comunale elettivo a tempo determinato. Sul tema è intervenuta anche la Corte costituzionale federale che, nella sentenza del 5 novembre 1975 (c.d. Diäten-Urteil, BVerfGE 40, 296 - 2 BvR 193/74), ha sottolineato che spetta esclusivamente al Parlamento decidere, assumendosene la responsabilità, in merito all’entità dei contributi economici da corrispondere ai propri membri. La stessa Corte ha inoltre espressamente dichiarato che al Bundestag non è consentito demandare tale vincolante decisione ad un altro organo, come ad esempio una commissione di esperti.

In base a quanto stabilito dal § 11, comma 1 della legge sullo status giuridico dei deputati, l’indennità parlamentare ammonta, a partire dal 1° gennaio 2013, a € 8.252 mensili. Tale somma è soggetta all’imposta sul reddito. Il Presidente e i Vicepresidenti del Bundestag ricevono un’indennità aggiuntiva mensile pari, rispettivamente, all’ammontare totale e alla metà di un importo mensile.

Per la copertura delle spese connesse all´esercizio del mandato, il deputato percepisce inoltre, a titolo di compensazione, una dotazione d’ufficio (Amtsausstattung) sotto forma di rimborso spese (Aufwandsentschädigung), che comprende prestazioni in denaro e prestazioni materiali. In particolare, egli riceve un importo forfetario mensile esentasse (Kostenpauschale), che viene adeguato annualmente al costo della vita e che attualmente ammonta a € 4.123, per le seguenti voci: spese relative all’allestimento ed al mantenimento di uffici nel collegio elettorale al di fuori della sede del Bundestag, inclusi affitto e spese condominiali, inventari e materiale d’ufficio, libri e media, nonché spese postali; spese extra, nella sede del Bundestag e in viaggio, ad eccezione di viaggi all’estero; spese di viaggio per viaggi connessi all’esercizio del mandato, all’interno della Repubblica federale tedesca; spese varie per motivi collegati al mandato (rappresentanza, inviti, cura del collegio elettorale etc.).

Ciascun membro del Bundestag riceve inoltre un contributo per l’impiego di collaboratori (Mitarbeiter)[22], che lo coadiuvano e lo assistono nell’espletamento dell’attività parlamentare. Il calcolo delle retribuzioni e delle altre spese per i collaboratori viene effettuato dall’Amministrazione del Bundestag. Della dotazione spettante a ciascun deputato fanno parte anche l’allestimento di un ufficio nella sede del Bundestag, l’utilizzazione dei mezzi di trasporto e delle automobili di servizio del Bundestag e altre prestazioni varie fornite dal Bundestag. Il Presidente del Bundestag riceve un rimborso spese di funzione di € 1.023 mensili, mentre quello spettante mensilmente ai Vicepresidenti è di € 307. Il rimborso spese forfetario e i contributi per i collaboratori non sono erogati nell’ultimo trimestre della legislatura qualora il Bundestag abbia già concluso la propria attività.

Il § 14 della legge sullo status giuridico dei deputati prevede che in ogni giornata di seduta venga redatta una lista di presenze (Anwesenheitsliste). La mancata registrazione nella lista delle presenze comporta per il deputato una trattenuta di € 50 dal rimborso spese forfetario. L’importo trattenuto aumenta a € 100 nel caso in cui il deputato non si sia registrato nella lista delle presenze di una seduta plenaria, non giustificato da un permesso o da un congedo autorizzato. L’importo da decurtare si limita a € 20, qualora un membro del Bundestag dimostri con certificato medico un ricovero in ospedale o in un sanatorio, o l’inabilità al lavoro. Durante il periodo di tutela della maternità a seguito di gravidanza, ovvero nel caso in cui un membro del Bundestag debba accudire per malattia certificata un minore di 14 anni che viva nella sua famiglia, la mancata registrazione nella lista delle presenze non comporta alcuna decurtazione del rimborso spese forfetario. Al deputato che non partecipa ad una votazione nominale o ad una elezione ad appello nominale, vengono detratti € 50 dal rimborso spese forfetario mensile. Tale disposizione non si applica nel caso in cui il Presidente abbia autorizzato il congedo del deputato stesso o gli sia già stata effettuata una decurtazione.

Al fine di agevolare il ritorno alla professione precedentemente esercitata o l’inizio di una nuova attività lavorativa, a ciascun deputato, che abbia fatto parte del Bundestag per almeno un anno, spetta una indennità di fine mandato (Übergangsgeld): per ogni anno di appartenenza al Bundestag gli viene corrisposto un importo mensile pari all’attuale indennità parlamentare, complessivamente per la durata massima di diciotto mesi equivalenti quindi a diciotto anni di mandato. A partire dal secondo mese dalla cessazione del mandato, sull’indennità di fine mandato sono calcolati anche tutti gli introiti e i contributi previdenziali. Qualora l’ex-deputato rientri a far parte del Bundestag, il diritto all´indennità di fine mandato viene sospeso.

Infine, ai sensi del § 19 della legge sullo status giuridico dei deputati, all’ex deputato che abbia compiuto il 67mo anno di età e abbia fatto parte del Bundestag per almeno un anno spetta una indennità di anzianità (Altersentschädigung). Qualora egli sia stato eletto al Bundestag più volte con interruzione, vengono sommati tutti i periodi di appartenenza. Con ogni anno oltre l’ottavo e fino al diciottesimo anno di appartenenza al Bundestag, il diritto all’indennità di anzianità matura con un anno di anticipo. Secondo quanto stabilito dal successivo § 20 l’indennità di anzianità è calcolata in base all’indennità parlamentare mensile di cui al § 11, comma 1. Dal 1° gennaio 2008, essa ammonta al 2,5% dell’indennità mensile percepita dai deputati in carica e aumenta del 2,5% per ogni anno di appartenenza al Bundestag, fino ad un massimo del 67,5% raggiungibile dopo 27 anni di mandato.

Per il profilo riguardante la trasparenza finanziaria si rinvia al successivo paragrafo sulle norme di comportamento.

 

Le norme di comportamento

L’Allegato n. 1 al Regolamento del Bundestag rappresenta una sorta di codice di condotta dei parlamentari. Le norme di comportamento in esso contenute, così come previsto dal § 18 del Regolamento, formano parte integrante del Regolamento stesso. Introdotte nel 1972, esse sono state da ultimo emendate nel 2013 in seguito all’approvazione delle modifiche regolamentari in vigore dal giorno della prima seduta della 18ª legislatura (22 ottobre 2013).

Una rilevante innovazione era già avvenuta con la ventiseiesima legge di modifica della normativa sullo status giuridico dei deputati (Abgeordnetengesetz) del 22 agosto 2005, la quale ha introdotto, nella sezione decima intitolata “Indipendenza del deputato”, il nuovo § 44a espressamente dedicato all’esercizio del mandato parlamentare, che rappresenta il fulcro dell’attività di ciascun membro del Bundestag. Fermo restando tale impegno primario, è in linea di massima consentito l’esercizio di attività professionali o di altro genere.

Da molti anni la prassi e la giurisprudenza concordano sul fatto che i compiti di un deputato debbano rappresentare un lavoro a tempo pieno. Rientra tuttavia nella sfera di libertà del parlamentare la possibilità di continuare a svolgere una professione che, nella maggior parte dei casi, egli ha già esercitato in precedenza. L’incompatibilità tra attività ed esercizio del mandato vale solo per i dipendenti dello Stato, che sono collocati in aspettiva in seguito all’accettazione del mandato.

In considerazione del giustificato interesse dei cittadini nei confronti di una maggiore trasparenza all’interno del Parlamento, si è giunti ad una formulazione più chiara inasprendo, nel contempo, le disposizioni concernenti l’obbligo di denunciare e rendere pubbliche le attività e i proventi dei deputati, contenute nella legge sullo status giuridico dei deputati e nelle regole di condotta allegate al Regolamento del Bundestag. In base alle norme di comportamento attualmente vigenti, tutti i deputati sono obbligati, senza soluzione di continuità, a notificare al Presidente del Bundestag singole attività e funzioni esplicate in concomitanza con il mandato parlamentare. L’obbligo riguarda in particolare l’attività professionale da ultimo esercitata e l’appartenenza ad organi direttivi, a consigli di amministrazione e ad altri comitati. Soggetti all’obbligo di notifica e di pubblicazione non sono soltanto le attività in ambito imprenditoriale, ma anche quelle svolte presso enti ed istituti di diritto pubblico. Gli azionisti di società di capitali devono rivelare le loro partecipazioni soltanto se le quote azionarie in loro possesso raggiungono il 25%. Vanno dichiarate anche le attività a titolo onorifico, come ad esempio quelle dei membri dei consigli di amministrazione di associazioni e federazioni di rilevanza non esclusivamente locale o di coloro che, all´interno di queste, svolgono funzioni direttive o di consulenza. In base alle ultime modifiche in vigore da ottobre 2013, inoltre, è stato esplicitamente stabilito che l’obbligo di notifica non si applica all’attività in qualità di membro del Governo federale, di Segretario di Stato parlamentare e di Ministro di Stato.

Oltre alle attività collaterali (Nebentätigkeiten), cioè quelle svolte parallelamente all’esercizio del mandato parlamentare, devono essere dichiarati anche gli introiti da queste derivanti a partire da una soglia minima di € 1.000 al mese oppure di € 10.000 all’anno. In concreto, tuttavia, questi proventi non vengono indicati nel loro reale ammontare, ma solo riferiti a dieci livelli progressivi di entrate: la prima fascia riguarda gli introiti compresi tra € 1.000 e € 3.500; la seconda quelli fino a € 7.000; la terza fino a € 15.000; la quarta fino a € 30.000; la quinta fino a € 50.000; la sesta fino a € 75.000; la settima fino a € 100.000; l’ottava fino a € 150.000; la nona fino € 250.000 e, in ultimo, la decima per quelli superiori a € 250.000.

Le dichiarazioni presentate dai deputati in adempimento degli obblighi previsti nelle norme di comportamento sono pubblicate nel Manuale ufficiale (parte seconda) e sul sito del Bundestag, nelle pagine dedicate alle schede biografiche dei singoli parlamentari.

Al Presidente del Bundestag sono attribuiti poteri sanzionatori nel caso in cui i deputati non osservino i loro doveri. Le sanzioni in cui possono incorrere vanno dalla semplice ammonizione (Ermahnung) al pubblico rimprovero (öffentliche Rüge), fino all’inflizione di ammende (Ordnungsgelder). La procedura di accertamento dell’infrazione con l’eventuale determinazione di sanzioni, dettagliatamente illustrata nel § 8 delle norme di comportamento, avviene per gradi: se un’infrazione è giudicata dal Presidente del Bundestag di “minore gravità o di colpa lieve” (ad esempio, il superamento dei termini stabiliti per effettuare la notifica), il deputato interessato viene ammonito; qualora invece l’infrazione sia ritenuta più grave, l’Ufficio di Presidenza, dopo aver ascoltato il deputato interessato, verifica la sussistenza o meno di una violazione delle norme di comportamento. La constatazione che siano stati effettivamente violati i doveri previsti dalle norme di comportamento, fatte salve ulteriori sanzioni di cui al § 44a della legge sullo status giuridico dei deputati, viene pubblicata come stampato del Bundestag. La dichiarazione dell’inesistenza della violazione viene invece pubblicata solo nel caso in cui lo richieda il membro del Bundestag interessato. Infine, nel caso in cui attività o redditi soggetti ad obbligo di notifica non vengano dichiarati, l’Ufficio di Presidenza può comminare una sanzione pecuniaria, il cui ammontare può eguagliare la metà dell’indennità annuale di deputato. Spetta poi al Presidente del Bundestag rendere esecutiva l’ammenda mediante un atto amministrativo.

Come previsto dalle stesse norme di comportamento e dalle regole sulla trasparenza delle attività svolte dai deputati, il 18 giugno 2013 il Presidente del Bundestag ha emanato una serie di nuove disposizioni applicative (Ausführungsbestimmungen zu den Verhaltensregeln für Mitglieder der Deutschen Bundestages) volte a disciplinare in modo più dettagliato gli obblighi previsti nell’Allegato 1 al Regolamento del Bundestag, anch’esse entrate in vigore all’inizio della 18a legislatura.

Sulla questione della denuncia delle attività svolte parallelamente al mandato parlamentare e dei proventi da queste derivanti è intervenuta anche la Corte costituzionale federale che, con la sentenza del 4 luglio 2007, ha respinto con il voto di quattro giudici contro quattro, i ricorsi presentati da nove deputati eletti nella 16ª legislatura che avevano sollevato, nei confronti del Bundestag, una questione di incompatibilità costituzionale del § 44a, comma 1, della legge sullo status giuridico dei deputati (esercizio del mandato parlamentare), dei §§ 44a, comma 4, e 44b della legge medesima e, insieme, dei §§ 1 e 3 dell’Allegato 1 al Regolamento del Bundestag (denuncia e pubblicazione delle attività professionali e degli introiti percepiti dai deputati), nonché delle disposizioni applicative emanate dal Presidente del Bundestag e delle sanzioni previste nella legge sopra citata e nel § 8 dell’Allegato 1. I ricorrenti ritenevano che tutte queste disposizioni, introdotte dalle modifiche del 2005, non fossero conformi, in particolare, alle garanzie dello status di deputato sancite nell’art. 38, comma 1, secondo periodo (divieto di mandato imperativo) e nell’art. 48, comma 2 della Legge fondamentale. Quello che tuttavia emerge nella sentenza della Corte costituzionale, e che sembra conciliare in ultima analisi le posizioni dei due blocchi contrapposti al suo interno, è la necessità che i deputati si impegnino ad affrontare i pericoli che minacciano l’indipendenza dell’esercizio del mandato parlamentare. Secondo i giudici costituzionali il mandato parlamentare deve essere posto al centro dell’attività di ciascun deputato, il quale è pertanto obbligato ad evitare i conflitti di interesse che potrebbero insorgere a seguito di attività remunerate svolte al di fuori del mandato. La sentenza esorta quindi i deputati, qualora fosse necessario ma anche in caso dubbio, a non intraprendere attività che potrebbero dar luogo a tali conflitti piuttosto che rinunciare all’esercizio del mandato parlamentare.

 

 

 

 


 

La House of Commons

La Camera dei Comuni, ramo del Parlamento bicamerale del Regno Unito, è composta da 650 membri eletti per una legislatura di durata quinquennale[23].

 

Incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità

La principale fonte normativa del regime delle incompatibilità ed ineleggibilità parlamentari vigente per la Camera dei Comuni è costituita dallo House of Commons Disqualification Act 1975 (successivamente modificata), in cui sono state consolidate regole affinate perlopiù dal common law e dalla prassi costituzionale. Essa enumera e “codifica” i casi in cui la persona ineleggibile o in condizione di incompatibilità incorre nella disqualification, nozione che comprende entrambe le fattispecie.

La disciplina del 1975 si prefigge due principali obiettivi. In primo luogo, quello di garantire che il componente dell’Assemblea legislativa sia immune da conflitti di interesse che possano condizionarne l’indipendenza nell’esercizio del mandato e la libertà di rappresentare nel miglior modo i suoi elettori; la preclusione, in questo caso, opera tipicamente con riguardo a soggetti legati da rapporto di dipendenza con la sfera dell’Esecutivo, del Sovrano oppure che siano membri di assemblee legislative di Stati stranieri (non appartenenti al Commonwealth[24]). Di conseguenza, è stabilita l’incompatibilità (ma in alcuni casi anche l’ineleggibilità) di determinate categorie di persone in ragione della titolarità di pubblici uffici, quali (tra i molti di cui la legge del 1975 riporta il minuzioso elenco) gli appartenenti all’ordine giudiziario, i membri delle forze armate, i funzionari della pubblica amministrazione (civil servants) e i membri delle forze di polizia.

Il secondo obiettivo perseguito dalla legge verte sulle qualità personali del potenziale membro della Camera più che su circostanze esterne, e presuppone una valutazione della sua idoneità e probità (fitness, propriety) quali requisiti per poter rivestire la carica. Su questa base si giustifica l’ineleggibilità stabilita per le persone minorenni, oppure incapaci o interdette, o nei cui confronti sia stato dichiarato il fallimento commerciale (bankruptcy)[25], ovvero che abbiano riportato condanne penali. Con riferimento a quest’ultimo aspetto, la disciplina è integrata dal Representation of the People Act 1981, che prevede l’ineleggibilità (ma anche l’incandidabilità) della persona detenuta nel territorio nazionale o all’estero per aver riportato una condanna penale (reclusione non inferiore a un anno); in tale ipotesi, l’elezione (e la stessa candidatura) è invalida, mentre la condanna di un membro della Camera dopo la sua elezione comporta la disqualification e la conseguente vacanza del suo seggio[26].

La nozione di disqualification annovera, tra le sue diverse accezioni, non solamente l’ineleggibilità e l’incompatibilità parlamentare, ma anche l’incandidabilità nelle competizioni elettorali. Per taluni aspetti la legge tuttavia riserva a questa fattispecie la medesima disciplina della ineleggibilità, senza conferire ad essa autonomo rilievo: gli effetti della disqualification, nel caso di condanne penali, possono determinare sia la non eleggibilità, sia l’invalidità della candidatura (Representation of the People Act 1981, sec. 2 (1)). In tale ipotesi, questi effetti si producono in un momento anteriore all’elezione, e non successivo come negli altri casi. Più in generale, la preclusione costituita dall’incandidabilitàdisqualification from standing - opera quando l’aspirante candidato sia privo di determinati requisiti (maggiore età, cittadinanza, iscrizione nelle liste elettorali) oppure, essendone in possesso, si trovi in una delle condizioni ostative previste dalla legge.

 

Le immunità parlamentari

Le immunità dei membri del Parlamento hanno radici profonde nella storia costituzionale del Regno Unito, e le rispettive discipline, consolidatesi dopo le lotte politiche del XVII secolo, costituiscono parte integrante della forma di governo britannica e della tradizione costituzionale dello Stato. Com’è noto, il principio dell'autonomia delle Assemblee legislative e della insindacabilità degli interna corporis acta ha fondamento positivo nel Bill of Rights del 1689, e, per taluni aspetti, nei Parliamentary Privilege Acts del 1737 e del 1770; le convenzioni costituzionali e la prassi parlamentare, d'altra parte, hanno concorso a delineare la disciplina dei relativi istituti[27]. Nonostante il suo radicamento nella tradizione, il tema è stato oggetto in tempi recenti di un rinnovato interesse, con particolare riguardo all’elaborazione di alcune proposte di riforma in materia di "parliamentary privilege".

I membri del Parlamento non godono di una generale ed incondizionata immunità dai procedimenti penali esperiti nei loro confronti. Per tale ragione essi possono essere (e, nell’esperienza, sono stati) perseguiti dal giudice penale (ad esempio, per illeciti riferiti all’erogazione di rimborsi), con precedenza del procedimento giurisdizionale ordinario rispetto all’esercizio, da parte della Camera, dei propri poteri disciplinari (i quali, peraltro, sono attivati a fronte della violazione delle norme di deontologia vigenti nell’ordinamento parlamentare, e non di comportamenti di rilevanza penale, rimessi alla cognizione del giudice comune).

Il “privilegio parlamentare”, in cui si sostanzia l’autonomia delle Camere, si riflette sullo status dei loro componenti e si declina, in primo luogo, nell’immunità ad essi riconosciuta per i voti dati e le opinioni espresse.

Esplicazione del fondamentale principio, che vuole l'attività del Parlamento libera da intromissioni delle corti e sottoposta unicamente al proprio stesso controllo (exclusive cognisance), è infatti la libertà di espressione (freedom of speech) dei parlamentari, i quali non possono essere chiamati a rendere conto delle opinioni espresse in Parlamento dinanzi alle corti, in procedimenti civili o penali, oppure in qualsiasi sede diversa dal Parlamento medesimo (articolo 9 del Bill of Rights[28]); nel tempo sono venute meno, invece, le antiche disposizioni legislative che con formula più ampia affermavano l'improcedibilità di azioni legali rivolte contro membri del Parlamento.

La tradizionale deferenza verso l'immunità statuita dall'antico testo legislativo ha fatto sì che, per superare determinati suoi effetti preclusivi sul piano giudiziale - consistenti nel divieto, anch’esso tralatizio, di ricorrere ai lavori preparatori per l'interpretazione della legge, e nell'impossibilità di esaminare i dibattiti parlamentari nel caso in cui un membro del Parlamento subisca diffamazione con riguardo al modo in cui ha espletato il proprio mandato -, si siano rese necessarie, rispettivamente, l'eliminazione del cosiddetto Hansard Ban ad opera della giurisprudenza (principalmente nel caso Pepper v. Hart[29]), ed una modifica legislativa idonea a consentire, su istanza del membro in quanto parte offesa, la non applicazione dell'immunità nelle cause di diffamazione (Defamation Act 1996, section 13). Quest'ultima disposizione, in particolare, al momento della sua approvazione suscitò critiche circa la sua congruenza ed opportunità, tali da indurre, nel 1999, la Commissione bicamerale sulle prerogative parlamentari a raccomandarne la modifica affinché la deroga all'immunità nei giudizi dinanzi alle corti fosse possibile non per iniziativa del singolo parlamentare, ma a seguito di delibera dell'Assemblea; tale suggerimento non ha però finora avuto seguito.

Un diverso aspetto venuto in risalto nell’esperienza del Regno Unito (e posto all’esame della predetta Commissione bicamerale, a cui si deve un’organica riflessione sugli istituti dell’immunità parlamentare[30]) è stato quello dei limiti della libertà di espressione del membro del Parlamento, di cui è stata in passato prospettata l’autonoma regolamentazione parlamentare quanto alle sue modalità di esercizio, e con riferimento anche alla previsione di un diritto di replica del cittadino (non parlamentare) che si ritenga leso da affermazioni a suo carico compiute nel corso di procedimenti dell’Assemblea. La questione è tornata di attualità in relazione ad una sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 2003, pronunciata sul ricorso contro il Regno Unito di un elettore che si riteneva diffamato dal parlamentare del suo collegio per effetto di talune affermazioni a lui riferite pronunciate nel contesto di un dibattito alla Camera dei Comuni[31]. La Corte, in quella occasione, ha ritenuto conforme al principio di proporzionalità la mancanza di azione del cittadino contro un parlamentare che lo abbia leso con dichiarazioni fatte nella Camera di appartenenza, poiché giustificata dall’esigenza di garantire, nel pubblico interesse, il libero dibattito nella sede parlamentare e di mantenere un equilibrato rapporto tra i poteri.

Corollario ulteriore del principio dell'autonomia del Parlamento - e parte costitutiva dell'immunità parlamentare - è, tradizionalmente, la libertà dall'arresto dei membri del Parlamento e la loro soggezione a poteri disciplinari e penali esercitati dalle stesse Camere; libertà, tuttavia, che nella prassi non è mai stata intesa od applicata nel senso di rendere i parlamentari immuni dall'applicazione delle disposizioni di diritto penale o di condizionare ad una previa autorizzazione dell'assemblea la procedibilità nei loro confronti per reati comuni.

Pare degno di nota che anche su questo profilo si sia fermata l’attenzione del Joint Committee on Parliamentary Privilege in occasione dell’esame svolto nel 1999 di una riforma dell'immunità parlamentare. La Commissione prese in considerazione l’aspetto dei reati commessi da parlamentari e dei relativi procedimenti, evidenziando, al riguardo, l'opportunità di interventi di chiarificazione e di delimitazione della sfera parlamentare e di quella giudiziale. Occorre infatti tenere presente che la corruzione o la concussione perpetrata da un membro del Parlamento integra il reato di contempt of parliament ed è, in quanto tale, sanzionabile da ciascuna Camera in esercizio esclusivo dei poteri disciplinari e di natura penale che ad esse si riconoscono per antica consuetudine[32]. Fuori della sfera parlamentare, invece, si sono nel tempo registrate incertezze circa la punibilità alla stregua del common law degli stessi reati commessi da parlamentari, essendo stata controversa la qualifica di pubblico ufficiale del membro del Parlamento, dalla quale preliminarmente è dipesa l'applicabilità, nei confronti di questo, del diritto comune.

In merito all'eventualità che accuse di corruzione (bribery) fossero rivolte a membri del Parlamento, la Commissione del 1999 concluse che la materia non potesse, per la sua delicatezza e gravità, essere interamente rimessa all'autonomia di ciascun ramo del Parlamento, e che la repressione dei reati suddetti dovesse preferibilmente essere affidata al diritto comune e alle ordinarie vie giurisdizionali, nel presupposto che queste ultime rappresentassero l'unico rimedio credibile, nonché il più valido deterrente ("prosecution through the courts is the only credible remedy"), e che da tale soggezione al diritto comune non potesse derivare che una minima, ed ininfluente, compressione della libertà fondamentale salvaguardata dall'articolo 9 del Bill of Rights[33].

Le raccomandazioni enunciate dal Joint Committee avrebbero dovuto, come auspicato dalla stessa Commissione, assumere veste legislativa nella forma di un nuovo Parliamentary Privilege Act; ma ciò non è avvenuto. Esse sono tuttavia confluite nel più ampio dibattito sulla revisione del diritto penale in materia di reati economici (imperniato sull’elaborazione di un Corruption Bill nel 2003 e sui termini di applicabilità delle sue disposizioni ai membri del Parlamento e all’acquisizione a fini probatori di atti parlamentari[34]), per essere infine recepite in parte dal Codice di comportamento dei membri della Camera dei Comuni e nelle previsioni regolamentari concernenti il Register of interests (di cui si tratta nei paragrafi seguenti).

Il dibattito politico-istituzionale in ordine a tali profili ha avuto una significativa ripresa, ponendosi anzi ai primi posti dell’agenda parlamentare, a dieci anni di distanza dalle raccomandazioni del suddetto Joint Committee, quando nel 2009 è stata divulgata, con ampia risonanza nell’opinione pubblica, l’esistenza di abusi commessi da membri del Parlamento relativamente all’erogazione di rimborsi ottenuti sulla base di false dichiarazioni. Lo scandalo del 2009[35] ha determinato l’approvazione, nello stesso anno, del Parliamentary Standards Act 2009, che oltre ad alcune rilevanti innovazioni concernenti il sistema della deontologia parlamentare (esaminate più avanti), ha introdotto la figura di “reato parlamentare” – stante la sua esclusiva applicabilità ai membri delle Camere – consistente nelle dichiarazioni mendaci o fuorvianti (false or misleading) rese nelle richieste di rimborso. Merita segnalare che l’approvazione della legge è stata ritenuta necessaria benché la Corte Suprema del Regno Unito avesse affermato, in una sentenza concernente alcuni membri delle Camere che avevano riportato la condanna penale per falsa attestazione di spese rimborsabili, l’inopponibilità delle prerogative parlamentari alla cognizione delle allowance claims da parte del giudice comune[36].

Più di recente, il governo conservatore-liberaldemocratico ha posto in agenda la riforma delle immunità e delle prerogative parlamentari in relazione alla libertà della stampa e al diritto di cronaca, recuperando alcune proposte formulate nel 1999 dal Joint Committee on Parliamentary Privilege e prospettando, tra l’altro, l’espressa abrogazione della tutela garantita dell’art. 9 del Bill of Rights del 1689 con riferimento ad una serie di reati. Le linee di fondo dell’intervento riformatore, esposte in un documento diffuso nel 2012 e sottoposto alla procedura di consultazione pubblica[37], muovono dalla premessa che “it is wrong in principle to deny the courts access to any relevant evidence when the alleged act is serious enough to have been recognised as a criminal offence”, per giungere a prospettare una limitazione delle tutele garantite dall’immunità parlamentare ai soli casi in cui il reato contestato al componente della Camera si correli strettamente alla ragione di fondo di tale istituto, ossia la protezione della sua libertà di parola e di dibattito in Parlamento[38].

Appare qui utile segnalare, per una ricognizione dei maggiori caratteri costitutivi dello status parlamentare, come nel Regno Unito sia attualmente tema di dibattito l’opportunità di introdurre l’istituto del recall, allo scopo di consentire agli elettori di un singolo collegio di determinare, attraverso la presentazione di un’apposita petizione, la decadenza dell’eletto che abbia commesso gravi ed accertate malversazioni. La posizione favorevole del Governo, che nel recall ha ravvisato un ulteriore potere disciplinare esercitabile dalla Camera chiamata a considerare il merito delle petizione ad essa indirizzata, ha tuttavia incontrato le critiche del Political and Constitutional Reform Committee della Camera dei Comuni, che ha ritenuto adeguata, e concretamente applicabile, la vigente misura disciplinare dell’espulsione dalla Camera del membro che si sia reso autore di gravi illeciti[39]. Si tratta di una sanzione raramente irrogata nella storia parlamentare[40], che comporta la conseguente decadenza dal mandato (peraltro, senza incidere sul diritto elettorale passivo di chi ne venga colpito, che può presentarsi alle elezioni suppletive convocate a seguito della vacanza del suo seggio). Nondimeno, essa vige tuttora nell’ordinamento parlamentare e se ne può disporre l’applicazione alle infrazioni delle regole dell’ordine parlamentare (attraverso il misbehaviour in the Chamber o il contempt posto in essere mediante violazioni del Codice di condotta); tale indiscussa vigenza ha recentemente indotto il Committee on Standards a ritenere sufficienti le attuali sanzioni disciplinari[41], considerato anche il regime probatorio richiesto per la loro irrogazione, di norma meno rigoroso di quello applicato nei comuni procedimenti giurisdizionali.

 

Il trattamento economico e la trasparenza finanziaria

I membri della House of Commons hanno titolo alla corresponsione dell’indennità (parliamentary salary), al rimborso delle spese sostenute nello svolgimento del loro mandato e al trattamento pensionistico; questi emolumenti e i requisiti prescritti per la relativa erogazione sono descritti e disciplinati in un’apposita guida, il Green Book[42].

Dal 1° aprile 2013 l’indennità dei membri della Camera dei Comuni è pari a £ 66.396 annue[43]; si tratta del primo aumento stabilito dall’IPSA (Independent Parliamentary Standards Authority)[44] negli ultimi tre anni (dal 1° aprile 2010, infatti, l’indennità percepita dai deputati era rimasta “congelata” a £ 65.738).

Il rimborso delle spese, in particolare, opera in applicazione di criteri di giustificazione degli esborsi (expenses and allowances scheme) la cui formula attuale riflette alcune innovazioni introdotte nel maggio 2010 su impulso dell’IPSA. Le spese per le quali è prevista la rimborsabilità, a fronte di giustificativi degli esborsi, sono quelle strettamente correlate all’attività parlamentare[45] e comprendono i costi di viaggio del parlamentare e dei suoi collaboratori, la remunerazione di questi ultimi, le spese per le comunicazioni con gli elettori del proprio collegio, l’acquisto di beni strumentali, il costo dei soggiorni a Londra per partecipare ai lavori parlamentari, nonché l’indennità di reinserimento (resettlement grant) per i deputati cessati dalla carica. In relazione a quest’ultima voce di spesa, in particolare, sono stati resi più stringenti i requisiti per il rimborso, con la previsione di limiti massimi alle spese rimborsabili e con l’esclusione esplicita (dopo gli abusi emersi nel 2009) della corresponsione di determinate additional cost allowances[46].

Come già anticipato, le competenze in materia di trattamento economico dei membri dei Comuni, nonché il controllo sul rispetto delle correlate regole di pubblicità, ricadono nella competenza dell’IPSA, organo composto dal presidente ed altri quattro membri ordinari nominati dalla Sovrana su indicazione della Camera dei Comuni tra candidati selezionati da un apposito comitato (Speaker’s Committee for the Independent Parliamentary Standards Authority) e in possesso di particolari requisiti[47].

I compiti fondamentali attribuiti a questa Autorità dalla legge istitutiva (approvata in conformità ad una specifica raccomandazione formulata dal Committee on Standards in Public Life nel novembre del 2009[48]) consistono nella determinazione delle indennità, dei rimborsi e degli assegni percepiti dai membri della Camera dei Comuni, nella definizione delle regole di trasparenza finanziaria che ad essi devono applicarsi e nella revisione del Codice di condotta, al fine di aggiornarvi le specifiche previsioni in tema di disclosure of interests[49].

L’Autorità è posta inoltre a presidio della trasparenza finanziaria e del correlato diritto all’informazione dei consociati, attraverso la predisposizione di schemi di diffusione dei dati pertinenti. Oggetto del regime di pubblicità sono gli interessi patrimoniali e finanziari, diretti o indiretti (se riferibili a familiari), dei membri delle Camere, suddivisi tipologicamente in una serie di categorie (a seconda del tipo di emolumento o di beneficio ricevuto). Di queste informazioni è predisposta la pubblicazione con cadenza massima annuale, mediante prospetti la cui articolazione, per ogni parlamentare, riporta la qualifica professionale e la retribuzione dei suoi collaboratori (espressa in scaglioni unitari di€ 5.000 ciascuno), gli eventuali vincoli di parentela con i parlamentari[50], le spese di viaggio (con indicazione della data, della località di origine e di destinazione, della categoria alberghiera). La violazione consistente nella falsa dichiarazione per ottenere erogazioni dalla Camera (false allowance claim), come già detto, a norma del Parliamentary Standards Act 2009 è punita con pene detentive fino a 12 mesi e comporta la decadenza (disqualification) del parlamentare dal suo ufficio.

Sul rispetto delle regole di trasparenza finanziaria da parte dei membri della Camera, e sulla legittimità delle erogazioni ad essi corrisposte, vigila un diverso soggetto, il Compliance Officer for the Independent Parliamentary Authority[51], organo monocratico in posizione esterna rispetto all’amministrazione parlamentare, che attenendosi a regole procedurali stabilite dall’IPSA può, ad esito di accertamenti e previo esame delle deduzioni dell’interessato, esigere la restituzione dell’indebito, ordinare la rettifica o l’aggiornamento dei dati del deputato nel Register of MembersInterests o, qualora questi non aderisca spontaneamente alle conclusioni del Commissioner, deferirlo all’organo parlamentare competente (Committee on Standards) per l’esercizio nei suoi confronti dei poteri disciplinari.

Sull’applicazione delle regole di pubblicità patrimoniale esercita compiti generali di supervisione il Parliamentary Commissioner for Standards, il quale svolge anche attività consultiva nei riguardi degli stessi parlamentari in relazione ai relativi adempimenti (nonché, più in generale, circa la conformità dei loro atti e comportamenti alle norme deontologiche contenute nel Codice di condotta).

La riflessione parlamentare sull’efficacia delle regole deontologiche di trasparenza finanziaria e sull’opportunità di una loro revisione non si è tuttavia esaurita nelle reazioni agli scandali del 2009 e nelle conseguenti iniziative, ma è tuttora in atto e ha prodotto documenti parlamentari di rilevante interesse[52]. Il tema dell’adeguatezza del testo deontologico, in particolare, è venuto all’esame del Committee on Standards della Camera dei Comuni[53] a seguito delle raccomandazioni formulate dal Gruppo di Stati contro la corruzione (noto anche con l’acronimo GRECO), che nel 2012 ha dedicato il suo quarto rapporto al Regno Unito[54].

L’organismo sovranazionale, nel quadro di una valutazione complessivamente positiva dei presidi normativi predisposti nel Regno Unito contro il fenomeno della corruzione dei titolari di cariche pubbliche (la cui effettività si giova anche dell’assenza di forme di immunità dall’azione penale riconosciute a tali soggetti), ha prospettato, con rifeimento alle assemblee legislative, l’opportunità di prevedere in modo esplicito la responsabilità personale dei membri del Parlamento per l’operato di quanti formalmente agiscono in loro nome, e di valutare gli atti compiuti dai collaboratori e dagli assistenti designati dai parlamentari in base alle stesse regole poste alla diretta osservanza di questi ultimi.

Il Gruppo, inoltre, ha raccomandato un abbassamento dei limiti di valore economico attualmente previsti ai fini della dichiarazione di doni, contributi o benefici ricevuti dai parlamentari o dai loro collaboratori[55], nonché delle soglie stabilite per gli analoghi adempimenti imposti ai membri del Parlamento in relazione al possesso di investimenti finanziari e di quote azionarie.

Pronunciandosi sui rilievi del GRECO, il Committee on Standards ha rilevato, nella sua relazione del marzo 2013[56], la sostanziale conformità del Codice di condotta della Camera dei Comuni (aggiornato nel 2012) con le indicazioni formulate a livello sovranazionale, e ha evidenziato la coerenza delle linee di riforma tracciate nelle recenti proposte parlamentari di revisione del testo deontologico. Esse ascrivono alla sfera di responsabilità dei membri della Camera le azioni poste in essere dai loro collaboratori nell’esercizio delle funzioni conferite, e, con riguardo alla registrazione dei doni o dei benefici ricevuti dal parlamentare, i progetti di revisione del Codice individuano più basse soglie di valore economico a cui ricondurre i relativi obblighi[57]. In relazione al possesso di investimenti finanziari, il Committee ha osservato che l’obbligo di dichiarazione possa ancora fare riferimento, come previsto dal Codice vigente, alla soglia del 15% del patrimonio azionario di una società, e negli altri casi insorgere in presenza di investimenti di importo pari ad almeno £ 70.000 (anziché “di valore ampiamente maggiore del salario parlamentare” come finora previsto con formula generica).

Sussiste tuttavia l’esigenza, a parere del Committee, di articolare l’obbligo dichiarativo secondo criteri di ragionevolezza e proporzionalità. Se, infatti, è possibile che investimenti finanziari non rilevanti per il Codice in quanto considerati singolarmente, lo siano qualora vengano valutati nella loro consistenza complessiva e in forma aggregata, per altro verso deve mantenersi l’equilibrio tra il diritto alla riservatezza degli interessati e il dovere di trasparenza, posto che finalità propria del Register of Interests non è di costituire un’anagrafe complessiva dei redditi del parlamentare, ma di “fornire informazione circa ogni interesse pecuniario o beneficio materiale che possa ragionevolmente essere ritenuto suscettibile di influire sulle azioni, sulle inziative e sui voti espressi dal membro del Parlamento nell’esercizio del suo mandato”[58].

 

Le norme di deontologia parlamentare

La condotta dei membri delle Camere è oggetto di regole contenute in appositi codici di condotta approvati con risoluzione parlamentare. Essi dettano una disciplina articolata per princìpi, la cui formulazione ricalca i cosiddetti “sette principi della vita pubblica” enunciati nel 1995 dal Committee on Standards in Public Life (noto anche come Nolan Committee, dal nome del suo presidente, preposto dal Governo, allora presieduto da John Major, all’elaborazione di canoni deontologici applicabili a chiunque detenesse cariche pubbliche). Risale infatti al rapporto finale del Nolan Committee l’enunciazione dei principi di trasparenza, integrità, disinteresse personale ed onestà nella vita pubblica di cui, negli anni successivi, è stato perseguito il generalizzato radicamento presso gli organi rappresentativi e l'Esecutivo, così come in ogni ente preposto alla cura di interessi pubblici.

Con riferimento specifico ai parlamentari, la Commissione individuò standard di condotta orientati a garantirne l’indipendenza, nel presupposto che questa potesse essere messa in dubbio, ad esempio, dallo svolgimento di consulenze retribuite o dai rapporti con esponenti o rappresentanti di lobbies; essa suggerì, inoltre, l’adozione di procedure più rigorose per la dichiarazione, da parte dei membri delle Camere, della sussistenza di interessi di cui fosse possibile verificare in modo trasparente la compatibilità rispetto all’esercizio disinteressato e senza condizionamenti del mandato parlamentare; infine, si stimò opportuna la redazione di un codice di condotta e l’istituzione di un organo parlamentare con poteri di indagine e di censura[59].

Dei basilari “sette principi”[60] vengono in rilievo particolare quelli riferiti alla Selflessness, alla Integrity e alla Honesty, per la declinazione di cui sono oggetto nei codici di condotta delle Camere e nelle correlate previsioni di dettaglio e guide esplicative. In virtù del primo principio, "i detentori di cariche pubbliche debbono agire solamente in nome del pubblico interesse, e non al fine di perseguire benefici economici o di altra natura per sé stessi o i loro familiari o amici"; in base al secondo, essi "non debbono assumere obblighi di natura economica o di altro tipo verso persone od organizzazioni esterne che potrebbero tentare di influenzarli nello svolgimento del loro ufficio". Il terzo, infine, fa obbligo ai medesimi di "dichiarare ogni privato interesse correlato alle loro cariche pubbliche, e di adoperarsi per risolvere ogni conflitto in maniera da tutelare l'interesse pubblico".

Le conformi previsioni contenute nei codici di condotta delle Camere si ispirano al principio della pubblicità degli interessi (disclosure of interest), perseguito attraverso l’obbligatoria declaration and registration of interests (da effettuare presso l'ufficio del Register istituito in ciascuna Camera). Ne consegue, per i membri del Parlamento (anche qualora ricoprano cariche governative), l’obbligo di dichiarare ogni fonte di remunerazione o interesse finanziario collegati all’assolvimento di incarichi ricevuti nella loro titolarità e capacità di componente di un’Assemblea legislativa (advocacy rule[61]).

Con particolare riguardo alla Camera dei Comuni, il Code of Conduct[62] - introdotto per la prima volta nel 1996 e di norma aggiornato ad ogni nuova legislatura – contiene, oltre alle norme di corretto contegno parlamentare, regole che fanno specifico obbligo ai membri della Camera di dichiarare i loro cespiti patrimoniali ed interessi finanziari la cui detenzione possa porsi in conflitto con l’esercizio del mandato parlamentare (Register of Interests)[63].

Queste previsioni del Codice di condotta si correlano alla costituzione e all’operatività di particolari figure istituzionali, di cui l’ordinamento parlamentare britannico si è dotato a seguito dell’emersione, nel 2009, di irregolarità concernenti i rimborsi spettanti ai membri del Parlamento per le spese sostenute nell’esercizio del loro mandato. In un clima politico caratterizzato dalle reazioni dell’opinione pubblica circa gli abusi riportati dalla stampa relativamente all’uso improprio dei rimborsi spese erogati a membri delle Camere, è stato infatti approvato in quell’anno il Parliamentary Standards Act, che ha introdotto una disciplina delle indennità, delle spese e della pubblicità degli interessi patrimoniali dei membri della Camera dei Comuni durante il loro mandato, e ha istituito la già menzionata Independent Parliamentary Standards Authority (IPSA).

Con tale innovazione il legislatore, peraltro, si è preoccupato di apportare modifiche minime al sistema vigente, tali da mantenere inalterati “gli attuali rapporti tra il Parlamento e le corti”; e le disposizioni introdotte infatti precludono ogni interpretazione del loro testo che possa risultare riduttiva delle prerogative parlamentari affermate dal Bill of Rights del 1689 (con specifico riferimento all’articolo 9 di questo testo costituzionale, secondo cui “Members and Peers should be able to speak and act freely in Parliament”)[64].

Proprio i profili concernenti il confine tra l’ambito delle prerogative parlamentari (parliamentary privileges) e quello della giurisdizione ordinaria hanno assunto, durante l’esame parlamentare della legge del 2009, rilievo particolare, dal momento che la legge qualifica come reati, e sanziona penalmente, gli atti e i comportamenti imputabili al membro della Camera che abbia omesso di dichiarare i propri interessi (registration of interests), abbia accettato denaro o altri benefici per sostenere determinati interessi nella sua attività parlamentare (paid advocacy), oppure abbia dichiarato il falso per ottenere indennità o rimborsi dalla Camera di appartenenza (false allowance claims). Di qui l’esigenza di contemperare l’autonomia della Camera (exclusive cognisance of internal affairs), radicata nella tradizione costituzionale britannica, con disposizioni legislative dirette ad introdurre limiti e controlli in tale ambito.

 

 

 

 


Il Congreso de los Diputados

Il Parlamento spagnolo (Cortes Generales), organo rappresentante del popolo e al quale spetta l’esercizio della potestà legislativa dello Stato, è formato da due Camere: il Congresso dei deputati (Congreso de los Diputados) e il Senato (Senado). In particolare il Congresso dei deputati è composto da 350 membri, eletti secondo il sistema proporzionale d’Hondt, a liste bloccate, con soglia di sbarramento al 3% dei voti ottenuti dai partiti nelle singole circoscrizioni elettorali, corrispondenti alle province spagnole. Entrambe le Camere durano in carica per quattro anni[65].

 

Ineleggibilità e incompatibilità

L’art. 70 della Costituzione stabilisce che le cause di ineleggibilità e incompatibilità dei deputati e dei senatori siano regolate in dettaglio dalla legge elettorale. Esse devono riguardare in ogni caso:

·      i componenti del Tribunale costituzionale;

·      le alte cariche dell’Amministrazione dello Stato determinate dalla legge, con l’eccezione dei membri del Governo;

·      il Difensore del popolo;

·      il magistrati, i giudici ed i rappresentanti della pubblica accusa in servizio;

·      i militari in servizio effettivo e i membri delle Forze e dei Corpi di sicurezza e Polizia in servizio;

·      i membri delle Giunte elettorali.

La validità dei titoli e delle credenziali dei membri di entrambe le Camere sono sottoposte al controllo giudiziario secondo le condizioni stabilite dalle leggi elettorali (art. 70, comma 2).

La relativa disciplina normativa di dettaglio è contenuta nella Ley Orgánica 5/1985 de 19 de junio, del Régimen Electoral General, il cui capitolo II del titolo primo è dedicato al “diritto di suffragio passivo” (artt. 6 e 7). Godono del diritto di elettorato passivo tutti coloro che godono del diritto di elettorato attivo, tranne i soggetti che rientrano in una delle categorie per le quali è prevista l’ineleggibilità dall’art. 6 della legge organica, in aggiunta ai casi già previsti dalla Costituzione.

Ai sensi dell’art. 6, comma 1, sono dichiarati ineleggibili, tra gli altri: i membri della Famiglia reale; i Sottosegretari, Segretari generali, Direttori generali dei Dipartimenti ministeriali ed equiparati; il Presidente della Corporación de Radio Televisión Española; i Presidenti, Direttori e cariche similari degli enti statali autonomi con competenza su tutto il territorio nazionale; i Presidenti e i Direttori generali degli enti gestori della Sicurezza sociale con competenza su tutto il territorio nazionale; il Governatore e il Vicegovernatore del Banco di Spagna e i Presidenti ed i Direttori dell’Istituto di credito ufficiale e di altri enti ufficiali di credito.

L’art. 6, comma 2, stabilisce poi come causa di ineleggibilità una sentenza passata in giudicato di condanna a una pena detentiva; in tal caso l’ineleggibilità vale per il periodo di reclusione (lettera a)[66]. Sono inoltre ineleggibili i condannati con sentenza, anche non definitiva, per reati di ribellione, di terrorismo, contro la pubblica amministrazione o contro le istituzioni dello Stato quando la sentenza ha stabilito la pena dell’inabilitazione all’esercizio del diritto di suffragio passivo o l’inabilitazione assoluta o speciale o di sospensione da impiego o carica pubblica nei termini previsti dalla legislazione penale (lettera b).

Le cause di ineleggibilità sono anche cause di incompatibilità. Si prevede inoltre, in tutte le modalità dei procedimenti elettorali, un’ipotesi di incompatibilità sopravvenuta per i rappresentanti eletti in partiti, federazioni o coalizioni dichiarate illegali con sentenza definitiva, e gli eletti in seguito a candidature presentate da gruppi di elettori legati a un partito dichiarato illegale con provvedimento giurisdizionale definitivo, ai sensi della normativa prevista dalla legge organica sui partiti politici. In questo caso gli eletti potranno permanere nel loro incarico solo a condizione di rigettare volontariamente e in forma espressa le cause che motivarono lo scioglimento della formazione per la quale avevano concorso alle elezioni (art. 6, comma 4).

Si tenga peraltro presente che l’art. 6 della legge organica 5/1985 non copre tutta la materia delle cause di ineleggibilità, ma altre previsioni normative specifiche possono comportare un analogo risultato. Tra le pene privative di diritti (di cui all’art. 39 del codice penale) sono previste: l’inabilitazione assoluta, l’inabilitazione speciale da impiego o carica pubblica e dai diritti di elettorato passivo, nonché la sospensione da impieghi o cariche pubbliche. La pena dell’inabilitazione assoluta può variare dai 6 ai 20 anni, quelle per l’inabilitazione speciale da 3 mesi a 20 anni, la sospensione dall’impiego o carica pubblica da 3 mesi a 6 anni (art. 40). La pena dell’inabilitazione assoluta produce la perdita definitiva di ogni onore, carica o impiego pubblico del condannato, anche se elettivo; produce inoltre l’incapacità a conseguire gli stessi o altri onori, cariche o impieghi pubblici, e di essere eletto a una carica pubblica, durante il periodo della condanna (art. 41); la pena dell’inabilitazione speciale per impiego o carica pubblica produce la perdita definitiva dell’impiego o carica, anche se elettivi; produce anche l’incapacità ad ottenere gli stessi impieghi e cariche o altri analoghi durante il periodo della condanna (art. 42); la sospensione da impiego o carica pubblica priva il condannato del loro esercizio per il periodo della condanna (art. 43); l’inabilitazione speciale al diritto di elettorato passivo priva il condannato, durante il periodo della condanna, del diritto ad essere eletto a cariche pubbliche (art. 44).

Gli artt. 154-160 della legge organica 5/1985 contengono la disciplina specifica in materia di ineleggibilità e incompatibilità per deputati e senatori.

Ai sensi dell’art. 154 sono ineleggibili alla carica di deputato o senatore, oltre alle categorie di cui all’art. 6 prima richiamate, coloro che ricoprono una carica conferita o remunerata da uno Stato straniero; sono ineleggibili al Congresso dei deputati i Presidenti o i membri dei Governi delle Comunità autonome, coloro che ricoprono una carica su designazione del Governo di una Comunità autonoma ed i membri delle istituzioni autonomiche eletti dall’assemblea legislativa della Comunità. Esso stabilisce inoltre che nessuno può candidarsi contemporaneamente al Congresso dei deputati e al Senato.

Anche in tale caso è previsto che le cause di ineleggibilità siano anche cause di incompatibilità (art. 155, comma 1). L’art. 155, comma 2, individua inoltre alcune cause di incompatibilità alla carica di deputato o senatore: il Presidente della Commissione nazionale della concorrenza; i membri del Consiglio di amministrazione della Corporación de Radio Televisión Española; i membri del gabinetto della Presidenza del Governo o di Ministri e Segretari di Stato; i delegati del Governo presso autorità portuali, confederazioni idrografiche, società concessionarie di autostrade a pagamento; i Presidenti dei consigli di amministrazione, consiglieri, amministratori, direttori generali, gestori e cariche equivalenti di enti pubblici, monopoli statali e imprese a partecipazione pubblica maggioritaria, diretta o indiretta, in qualsiasi forma, e delle casse di risparmio di fondazione pubblica, nonché i delegati del Governo presso i medesimi enti; i deputati e i senatori eletti in seguito a candidature presentate da partiti o federazioni o coalizioni di partiti dichiarati illegali con sentenza giudiziaria definitiva e gli eletti in seguito a candidature presentate da gruppi di elettori legati a un partito dichiarato illegale con provvedimento giurisdizionale definitivo.

Inoltre nessuno può essere membro delle due Camere simultaneamente, né cumulare il seggio in un’Assemblea di Comunità autonoma con quello di deputato del Congresso (art. 155, comma 3)[67].

I deputati e i senatori possono far parte di organismi collegiali di direzione o di consigli di amministrazione di organismi, enti pubblici o imprese a partecipazione pubblica, maggioritaria, diretta o indiretta, solo quando la loro elezione sia di competenza delle rispettive Camere o del Parlamento o delle assemblee legislative delle Comunità autonome (art. 156, comma 1).

Il mandato di deputato e di senatore si esercita in regime di dedizione assoluta (dedicación absoluta) nei termini previsti dalla Costituzione e dalla legge elettorale, pertanto esso è incompatibile con lo svolgimento di qualunque altra professione o attività, pubblica o privata, per conto proprio o altrui, retribuita mediante stipendio, salario, onorario o in qualsiasi altra forma (art. 157, commi 1 e 2).

L’art. 159, comma 1, ribadisce l’incompatibilità del mandato di deputato o senatore con lo svolgimento di attività private, procedendo, al comma 2, ad alcune esemplificazioni di divieti, tra cui: attività di gestione, difesa, direzione o consulenza presso qualsiasi organismo o impresa del settore pubblico statale, autonomico o locale, con riguardo ad affari che riguardino direttamente la realizzazione di qualsiasi servizio pubblico o diretti all’ottenimento di sovvenzioni o prestiti pubblici; la prestazione di servizi di consulenza o di qualsiasi altra natura, in maniera individuale o partecipata, in favore di organismi o imprese del settore pubblico statale, autonomico o locale; le funzioni di Presidente del Consiglio di amministrazione, consigliere, amministratore, direttore generale, gestore o incarichi equivalenti, così come la prestazione di servizi in enti di credito o assicurativi o in società o enti che abbiano un oggetto prevalentemente finanziario e facciano appello al risparmio e al credito pubblico; qualsiasi altra attività che per sua natura sia incompatibile con la dedizione e gli obblighi parlamentari previsti dai rispettivi regolamenti. Tuttavia il comma 3 dell’art. 159 esclude dal divieto di esercizio: la mera amministrazione del patrimonio personale o familiare; la produzione e creazione letteraria, scientifica, artistica e tecnica, così come le pubblicazioni relative; le attività private diverse da quelle escluse che siano autorizzate dalla competente Commissione di ciascuna Camera, su richiesta degli interessati.

I deputati e i senatori sono tenuti a sottoscrivere una dichiarazione di tutte le attività che possono costituire causa di incompatibilità, unitamente alle attività che determinano un reddito e ai beni patrimoniali posseduti. Le dichiarazioni sui beni e sui redditi, da riportare su un apposito modello, sono iscritte in un Registro di interessi (Registro de intereses), costituito presso ciascuna Camera, alla diretta dipendenza dei rispettivi Presidenti. Il contenuto del Registro è pubblico[68]. La decisione sulla possibile incompatibilità spetta all’Assemblea della Camera, su proposta motivata della Commissione e, nel caso di attività private non consentite di cui sia dichiarata l’incompatibilità, il parlamentare dovrà optare tra il seggio e l’incarico o attività incompatibile; nel caso in cui non effettuasse la scelta, si intende che rinuncia al seggio (art. 160).

 

Il mandato parlamentare - L’acquisizione e la perdita dello status di deputato

La Costituzione spagnola del 1978, all’art. 67, disciplina il mandato parlamentare, prevedendo che “nessuno potrà essere membro delle due Camere simultaneamente né cumulare la nomina in un’Assemblea di Comunità autonoma e quella di deputato del Congresso” (comma 1). Il comma 2 del medesimo articolo stabilisce che i membri delle Cortes Generales non sono vincolati da mandato imperativo. Infine il comma 3 dichiara che “le riunioni di parlamentari che si svolgano senza la convocazione regolamentare non vincoleranno le Camere e non potranno esercitare le loro funzioni né pretendere i loro privilegi”.

Il capitolo quarto del titolo I (“Dello status dei deputati”) del regolamento del Congresso dei deputati contiene la disciplina sull’acquisto, la sospensione e la perdita della condizione di deputato (artt. 20-22).

Il deputato proclamato eletto acquisisce la piena condizione di deputato una volta soddisfatti i seguenti requisiti:

·      presentazione alla Segreteria generale della lettera credenziale inviata dal corrispondente organo dell’amministrazione elettorale;

·      dichiarazione delle proprie attività nei termini previsti dalla Legge organica sul sistema elettorale generale;

·      prestazione, nella prima seduta dell’Assemblea a cui egli partecipa, del giuramento o della promessa di rispettare la Costituzione.

I diritti e le prerogative hanno effetto dal momento stesso in cui il deputato è proclamato eletto. Nondimeno, se al termine dello svolgimento di tre sedute plenarie il deputato non avrà acquisito la condizione di deputato, egli non avrà diritti né prerogative fino a quando i summenzionati requisiti non saranno adempiuti (art. 20).

Il deputato è sospeso dai suoi diritti e doveri parlamentari:

·      nei casi in cui ciò sia previsto, in applicazione delle norme di disciplina parlamentare stabilite nel regolamento;

·      quando, dopo la concessione da parte della Camera di un’autorizzazione a procedere ed emanata l’ordinanza di rinvio a giudizio, egli si trovi in stato di custodia cautelare; in tal caso la sospensione opera per l’intera durata della custodia.

Il deputato è sospeso dai suoi diritti, dalle sue prerogative e dai doveri parlamentari in seguito ad una sentenza di condanna passata in giudicato o quando la sua esecuzione implichi l’impossibilità di esercitare la funzione parlamentare (art. 21).

Il deputato perde la sua condizione di deputato per le seguenti cause:

·      per decisione giudiziale passata in giudicato che annulli l’elezione o la proclamazione del deputato;

·      per decesso o interdizione del deputato, dichiarata con decisione giudiziale passata in giudicato;

·      per estinzione del mandato, allo scadere del termine o allo scioglimento della Camera, senza pregiudizio alla proroga nelle proprie funzioni dei membri, titolari e supplenti, della Deputazione permanente[69], fino alla costituzione della nuova Camera;

·      per rinunzia del deputato dinanzi all’Ufficio di Presidenza del Congresso (art. 22).

 

Diritti e doveri dei membri del Congreso de los Diputados

Il regolamento del Congresso dei deputati contiene una disciplina abbastanza dettagliata dei diritti e dei doveri dei deputati.

Il capitolo primo del titolo I del regolamento è intitolato proprio “Dei diritti dei deputati” (artt. 6-9).

I deputati hanno il diritto di partecipare con diritto di voto alle sedute dell’Assemblea del Congresso ed a quelle delle Commissioni di cui fanno parte. Possono partecipare, senza diritto di voto, alle sedute delle Commissioni di cui non fanno parte. Essi hanno diritto di far parte di almeno una Commissione, di esercitare i poteri e di svolgere le funzioni che il regolamento attribuisce loro (art. 6).

Per il migliore assolvimento delle proprie funzioni parlamentari, i deputati, informandone preventivamente il rispettivo Gruppo parlamentare, hanno la facoltà di ottenere dalle amministrazioni pubbliche i dati, le relazioni o i documenti in possesso di queste. La richiesta è inoltrata, in ogni caso, tramite la Presidenza del Congresso e l’amministrazione destinataria deve fornire la documentazione richiesta o dichiarare al Presidente del Congresso, non oltre il termine di trenta giorni (e al richiedente attraverso la forma di comunicazione che ritenga più appropriata), le ragioni fondate in diritto che lo impediscono (art. 7).

I deputati percepiscono un’indennità economica che consenta loro di assolvere efficacemente e degnamente la loro funzione. Hanno parimenti diritto alle sovvenzioni, alle franchigie e ai rimborsi per spese indispensabili per l’assolvimento della loro funzione. Tutte le somme percepite dai deputati sono soggette alle norme tributarie di carattere generale. L’Ufficio di Presidenza del Congresso fissa ogni anno l’importo delle somme percepite dai deputati e le loro categorie nell’ambito dei corrispondenti stanziamenti di bilancio (art. 8). Per una più dettagliata illustrazione del trattamento economico dei deputati si rinvia ad uno dei successivi paragrafi.

È posto a carico del bilancio del Congresso il versamento dei contributi alla Previdenza sociale e alle Casse mutua di quei deputati che, come conseguenza dell’assunzione del mandato parlamentare, cessino di prestare il servizio che giustificava la loro iscrizione o appartenenza a quelle. Il Congresso dei deputati può concludere con gli enti gestori della Previdenza sociale gli accordi necessari per l’applicazione di tale principio e per iscrivere, nelle forme previste, i deputati che lo desiderino e che in precedenza non erano iscritti alla Previdenza sociale. Tale previsione si estende, nel caso di funzionari pubblici posti in aspettativa a seguito dell’assunzione del mandato parlamentare, ai contributi pensionistici (art. 9).

Il capitolo terzo del titolo I del regolamento del Congresso è intitolato “Dei doveri dei deputati” (artt. 15-19).

I deputati hanno il dovere di partecipare alle sedute dell’Assemblea del Congresso ed a quelle delle Commissioni di cui fanno parte (art. 15).

I deputati hanno l’obbligo di conformare la loro condotta al regolamento del Congresso e di rispettare l’ordine, la cortesia e la disciplina parlamentare, così come di non divulgare gli atti che, secondo quanto disposto dal regolamento, possano avere eccezionalmente carattere segreto (art. 16).

I deputati non possono invocare o fare uso della loro condizione di parlamentari per l’esercizio di attività commerciali, industriali o professionali (art. 17).

I deputati hanno l’obbligo di dichiarare i propri beni patrimoniali nei termini previsti dalla Legge organica sul sistema elettorale generale (art. 18).

I deputati devono osservare in ogni momento le norme sulle incompatibilità stabilite nella Costituzione e nella legge elettorale. La Commissione dello status dei deputati presenta all’Assemblea le sue proposte sulla situazione di incompatibilità di ciascun deputato entro i venti giorni successivi, a partire dalla piena assunzione della condizione di deputato o dalla comunicazione, che obbligatoriamente deve intervenire, di qualunque modifica della dichiarazione formulata ai fini delle incompatibilità. Dichiarata e notificata l’incompatibilità, il deputato che vi sia incorso avrà otto giorni per optare fra il seggio e la carica incompatibile. Qualora non esercitasse l’opzione nel termine indicato, si intenderà che rinuncia al suo seggio (art. 19).

 

Le immunità parlamentari

L’articolo 71, comma 1, della Costituzione garantisce ai deputati e ai senatori il godimento della “inviolabilità (inviolabilidad) per le opinioni manifestate nell’esercizio delle loro funzioni”.

Ai sensi del comma 2 del medesimo articolo, i deputati ed i senatori, “durante il periodo del loro mandato”, godono altresì dell’immunità (inmunidad) e possono essere arrestati solo “in caso di flagrante reato”; essi inoltre non possono essere “incriminati né processati senza previa autorizzazione delle rispettive Camere”.

Il comma 3 del medesimo articolo introduce il principio del “foro speciale” (aforamiento) per i processi contro i parlamentari, assegnando la competenza a giudicare alla Sezione penale del Tribunale supremo, così come avviene per il Primo ministro e per gli altri membri del Governo.

Se la “inviolabilità” riconosciuta al comma 1 è assimilabile alla nostra “insindacabilità”, intesa come irresponsabilità giuridica per le opinioni espresse dal parlamentare nell’esercizio delle proprie funzioni[70], il concetto di “immunità”, così come evidenziato dalla giurisprudenza del Tribunale costituzionale (sentenze 90/1985, 243/1988, 9/1990 e 206/1992) e dalla dottrina giuridica, costituisce una prerogativa di carattere formale, volta a tutelare le Camere e il loro funzionamento, evitando attacchi politici e strumentali ai rappresentanti popolari che le compongono; l’immunità non ha quindi la natura di privilegio personale del singolo parlamentare (ius singolare). In tale contesto va quindi interpretata la limitazione di tale prerogativa al “periodo del mandato”, al termine del quale il parlamentare torna ad essere sottoposto alla giustizia ordinaria, come gli altri cittadini.

Al di fuori dei casi di flagranza del reato, per i quali è possibile anche l’arresto, per poter incriminare e sottoporre a processo penale un membro del Congresso (o del Senato) è necessario ottenere l’autorizzazione a procedere da parte della Camera di appartenenza.

La procedura è disciplinata, per quanto concerne i deputati, dagli artt. 11-14 del regolamento del Congresso.

La richiesta di autorizzazione (suplicatorio) è trasmessa alle Camere dalla Sezione penale del Tribunale supremo, alla quale qualsiasi autorità giudiziaria, che in sede di indagini ravvisi ipotesi di reato a carico di un parlamentare, è tenuta a trasmettere i suoi atti. Il Tribunale supremo non è obbligato a inoltrare automaticamente richiesta di autorizzazione per ogni segnalazione ricevuta, ma può svolgere ulteriori indagini e, soprattutto, convocare l’interessato per il rilascio di dichiarazioni spontanee, a seguito delle quali valutare se inoltrare o meno il suplicatorio alla Camera di appartenenza[71].

Il Presidente del Congresso (o del Senato), ricevuta una richiesta di autorizzazione, la trasmette alla commissione competente (Comisión del Estatuto de los Diputados al Congresso, Comisión de Suplicatorios al Senato), che entro 30 giorni, durante i quali è ascoltato anche l’interessato, concludono l’esame della questione e presentano una relazione per l’Assemblea, che deve deliberare nella prima seduta immediatamente successiva. La decisione adottata, in forma di risoluzione motivata, va comunicata, entro 8 giorni, al Tribunale supremo; entrambi i regolamenti parlamentari prevedono la possibilità del “silenzio-rifiuto”, indicando che il suplicatorio è da considerarsi respinto se la Camera, in periodo di sessione ordinaria, non si sia pronunciata entro 60 giorni dal ricevimento della richiesta di autorizzazione a procedere.

Come sottolineato dalla giurisprudenza costituzionale, nelle sentenze citate, nonché dalla dottrina giuridica, la decisione delle Camere (facendo riferimento al concetto di “immunità” esposto e tenendo in massima considerazione il principio della separazione dei poteri) ha il valore di un giudizio sostanzialmente politico, volto all’individuazione di un possibile fumus persecutionis nei confronti del rappresentante del popolo e non si pone, quindi, come un esame giudiziario del merito delle accuse. L’atto delle Camere, espressione dell’attività di un pubblico potere, è comunque sottoposto alla Costituzione ed è quindi possibile farne oggetto di un “ricorso di amparo” dinanzi al Tribunale costituzionale, per possibile lesione di diritti individuali. Anche il Tribunale costituzionale, a sua volta, non entra nel merito del caso, ma verifica la corrispondenza tra la motivazione della decisione adottata dalle Camere e la tutela del corretto funzionamento delle assemblee rappresentative.

La concessione dell’autorizzazione consente la continuazione del procedimento e perciò anche l’avvio di un processo penale contro il parlamentare[72]. Il diniego del suplicatorio determina invece il proscioglimento dell’accusato e la fine del procedimento[73].

 

Il trattamento economico

L’art. 71, comma 4, della Costituzione, sancisce che i deputati e i senatori percepiscano un’indennità fissata dalle rispettive Camere.

Come anticipato, anche l’art. 8 del regolamento del Congresso stabilisce il diritto dei deputati a percepire un’indennità economica che consenta loro di assolvere efficacemente e degnamente la loro funzione, nonché il diritto alle sovvenzioni, alle franchigie e ai rimborsi per spese indispensabili per l’assolvimento della loro funzione.

A decorrere dal 1° giugno 2010, come stabilito dall’Accordo dell’Ufficio di Presidenza sottoscritto nella medesima data, a tutti i membri del Congresso dei deputati è attribuita un’indennità mensile pari a € 2.813,87 lordi.

Un’integrazione mensile a tale indennità è prevista per il Presidente, per i membri dell’Ufficio di Presidenza e per altre alte cariche, nella seguente misura:

a) Presidente

- Indennità membro dell’Ufficio di Presidenza: 3.064,57

- Spese di rappresentanza: 3.327,89

- Spese a libera disposizione: 2.728,57

b) Vicepresidenti[74]

- Indennità membro dell’Ufficio di Presidenza: 1.209,60

- Spese di rappresentanza: 1.010,83

- Spese a libera disposizione: 707,10

c) Segretari[75]

- Indennità membro dell’Ufficio di Presidenza: 944,49

- Spese di rappresentanza: 818,46

- Spese a libera disposizione: 677,35

d) Presidenti di gruppo

- Spese di rappresentanza: 1.741,19

- Spese a libera disposizione: 926,31

e) Presidenti di gruppo aggiunti

- Spese di rappresentanza: 1.424,62

- Spese a libera disposizione: 662,45

f) Presidenti di Commissione

- Spese di rappresentanza: 1.431,31

g) Vicepresidenti di Commissione

- Spese di rappresentanza: 1.046,48

h) Segretario di Commissione

- Spese di rappresentanza: 697,65

i) Capogruppo di Commissione

- Spese di rappresentanza: 1.046,48

l) Capogruppo aggiunto di Commissione

- Spese di rappresentanza: 697,65

I deputati, inoltre, hanno diritto a un rimborso per le spese di alloggiamento nella capitale pari a € 1.823,86 mensili per i deputati delle circoscrizioni diverse da Madrid ed a € 870,56 per i deputati di Madrid.

È prevista, inoltre, una dotazione di assistenti pari a 205 persone ripartite tra i Gruppi parlamentari in ragione della loro consistenza. Il Presidente, i membri dell’Ufficio di Presidenza e i Presidenti di commissione possono contare su una dotazione di assistenti aggiuntiva, rispettivamente fissata in otto, due e un assistente per ognuno di essi[76].

 

 

 


La House of Representatives

La Camera dei Rappresentanti forma, con il Senato, il Congresso degli Stati Uniti. Di essa fanno parte 435 membri con diritto di voto (Representatives) eletti nei singoli Stati della Federazione in numero proporzionale alla popolazione residente, rilevata attraverso censimenti effettuati con cadenza decennale. L’attuale numero dei componenti è determinato dall’Apportionment Act del 1911, in attuazione della disposizione costituzionale che stabilisce il numero minimo e massimo dei componenti della Camera (art. 1, par. 2).

 

Incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità

Per l’elezione alla Camera dei Rappresentanti vigono i requisiti dell’età non inferiore ai 25 anni, della cittadinanza acquisita da almeno sette anni e della residenza, al momento dell’elezione, nello Stato in cui è presentata la candidatura (art. 1, par. 2 della Costituzione). Tali requisiti di eleggibilità (Qualifications Clauses), di cui è consolidato nella prassi costituzionale il carattere esclusivo ed inalterabile, sono oggetto della verifica compiuta dalla stessa Camera prima della proclamazione del Member-elect.

Le cause di ineleggibilità hanno fonte nel XIV Emendamento della Costituzione (1868). Esse si correlano alle tradizionali figure criminose dell’insurrezione o ribellione contro lo Stato e della connivenza con il nemico, reati che comportano la disqualification del titolare di cariche pubbliche che li abbia commessi avendo prestato giuramento di rispettare la carta costituzionale[77]. La disposizione è tuttavia ritenuta non dotata di carattere self-executing, ma tale da richiedere, per la sua applicazione, una deliberazione della Camera che dichiari la decadenza del proprio componente e la vacanza del suo seggio.

La condizione di imputato, conseguente ad un provvedimento dell’autorità giudiziaria, non comporta l’incandidabilità alle elezioni, né comporta, per il parlamentare eletto, la disqualification o gli preclude la partecipazione ai lavori della Camera di appartenenza. Le norme statutarie dei gruppi parlamentari, tuttavia, prevedono l’astensione dai lavori parlamentari per il membro nei cui confronti sia stata formulata un’accusa penale[78].

La condanna penale (in relazione ad un reato per livello di gravità qualificato come felony) di norma non pregiudica il diritto di elettorato passivo per le elezioni alle Camere del Congresso. A questo riguardo si è osservato come, per un verso, la preclusione costituzionale posta agli Stati della Federazione di modificare od integrare – mediante la previsione di additional qualifications - i requisiti prescritti per l’elezione al Congresso e, per altro verso, la discrezionalità degli Stati medesimi nella disciplina dei requisiti per l’esercizio dell’elettorato attivo, possano dar luogo ad un’incongruenza, dal momento che un candidato in possesso dei tre fondamentali requisiti di eleggibilità (età, cittadinanza, residenza) sarebbe abilitato a presentarsi alle elezioni pur avendo riportato una condanna penale, e nel contempo, potrebbe vedersi negato l’esercizio del diritto di voto in base alla legislazione dello Stato in cui risiede.

La condanna intervenuta in corso di mandato, d’altra parte, ha limitata incidenza sullo status del parlamentare, il quale non incorre nella decadenza[79], ma è tenuto, a norma del regolamento della Camera (House Rule XXIII), a non prendere parte alle votazioni (to stand aside) se per il reato di cui è stato riconosciuto colpevole la legge prevede una pena detentiva di due o più anni. La Camera può tuttavia attivare i propri poteri disciplinari nei confronti del membro che abbia riportato la condanna (anche solo in primo grado e in pendenza di appello) e adottare nei suoi confronti risoluzioni di richiamo e censura, nonché, nei casi più gravi (generalmente in relazione a reati di alto tradimento o di corruzione), disporre la sua espulsione con il voto dei due terzi dei componenti. La cessazione anticipata del mandato può dunque essere effetto esclusivo di una decisione adottata dalla Camera di appartenenza, non essendo contemplata dalla Costituzione altra ipotesi di rimozione dall’ufficio parlamentare[80].

In presenza di addebiti formulati dall’autorità giudiziaria nei confronti di un suo componente, la Camera può compiere autonome indagini, affidandole ad una sotto-commissione costituita in seno al Committee on Standards of Official Conduct. Nella prassi accade tuttavia che tali attività di indagine, una volta avviate, possano essere sospese o differite nel tempo su espressa richiesta del Dipartimento della Giustizia e al fine di non interferire con operazioni investigative ed acquisizioni probatorie, oppure accantonate per decisione motivata della stessa commissione che ne è investita.

Per quanto riguarda le cause di incompatibilità, la regola costituzionale che vieta il cumulo del mandato parlamentare con qualsiasi altra carica pubblica federale (ossia il dual office holding, escluso dall’art. I, par. 6) discende dal principio della separazione dei poteri e ne costituisce l’applicazione. Ciò non impedisce la candidatura di chi detenga cariche pubbliche, ma vale ad imporgli l’opzione, una volta eletto, da esercitare prima della proclamazione. Il medesimo divieto costituzionale è rivolto ai membri di entrambe le Camere relativamente all’assunzione della titolarità di uffici pubblici istituiti durante il mandato parlamentare o la cui remunerazione abbia subito incrementi nello stesso arco di tempo.

Una specifica causa di incompatibilità, al fine di evitare l’insorgenza di conflitti di interesse, è prevista dalla legislazione federale per i dipendenti pubblici. Lo Hatch Act del 1939, modificato da ultimo nel 2012, pone restrizioni all’attività di carattere politico svolta dai dipendenti della pubblica amministrazione federale (e del Distretto di Columbia), precludendo ad essi, tra l’altro, l’impegno e il coinvolgimento personale in campagne elettorali o in iniziative correlate a contese politiche (partisan)[81]. Da tale divieto discende, per i dipendenti federali, l’obbligo di dimettersi dal proprio ufficio qualora intendano presentare la propria candidatura alle elezioni per il Congresso. La regola (nota come “resign to run”) non si applica nei confronti di titolari di uffici pubblici (elettivi o assegnati con nomina) negli Stati della Federazione, poiché ciò costituirebbe una indebita modifica statale degli inalterabili requisiti di eleggibilità al Congresso; essa è tuttavia operante, a norma dello Hatch Act, nei confronti dei soggetti la cui remunerazione, in ragione dell’ufficio ricoperto, sia a carico anche solo in parte del bilancio federale.

 

Le immunità parlamentari

Le immunità parlamentari (previste dall’art. 1, par. 6, clause 6 della Costituzione) hanno, nell’esperienza degli Stati Uniti, applicazione perlopiù limitata agli atti compiuti dal parlamentare intra moenia, in virtù del canone fondamentale con cui i relativi istituti sono stati oggetto di interpretazione costante in sede dottrinale e giurisprudenziale. In tale impostazione, ispirata alla considerazione del sistema delle immunità come presidio del corretto funzionamento delle Assemblee parlamentari, è palese lo scrupolo di evitare che le prerogative costituzionalmente garantite possano dare luogo, nella prassi applicativa, a privilegi personali in capo a chi ricopre cariche parlamentari[82]. Di ciò offre conferma l’estensione giurisprudenziale dell’immunità ai collaboratori e agli assistenti dei parlamentari in relazione agli atti che sarebbero stati tutelati se compiuti dallo stesso membro della Camera: essa presuppone la distinzione tra la prerogativa attribuita e la qualifica personale del beneficiario, ed evidenzia il prevalente interesse del funzionamento dell’Assemblea.

Da tali caratteri, che valgono a distinguere tipicamente il modello anglosassone da quello euro-continentale, discende, in primo luogo, una restrittiva concezione della insindacabilità, che finalizzando l’immunità alla tutela dell’indipendenza e all’integrità dell’Assemblea, ne limita l’applicazione alle attività inerenti al nucleo delle funzioni parlamentari, e ad esse riferisce l’irresponsabilità per i voti e le opinioni espressi[83]. Ciò vale a ricondurre sotto la tutela immunitaria le attività propriamente parlamentari poste in essere dal titolare della prerogativa, lasciando ai margini quelle riferibili alla sfera delle attività di contenuto politico (svolte, ad esempio, nell’ambito della constituency oppure attraverso comunicati pubblici).

Il diretto collegamento del sistema delle prerogative alle funzioni propriamente parlamentari vale a determinare e a circoscrivere la portata dell’ immunità dall’arresto (privilege from arrest), prevista dalla nota disposizione costituzionale per i membri “durante la partecipazione alle sessioni delle rispettive Camere, mentre vi si recano o ne escono, salvo il caso di tradimento, reato grave e violazione dell’ordine pubblico; e in nessun altro luogo si chiederà conto dei discorsi o dibattiti sostenuti nelle rispettive Camere”. Tale tutela non impedisce che il membro della Camera possa essere perseguito per reati comuni; può avere, tuttavia, incidenza sulle acquisizioni probatorie, nel caso in cui, ad esempio, il procedimento riguardi fatti di corruzione e sia necessario provare il nesso tra gli atti compiuti dal reo nell’esercizio del mandato parlamentare e i vantaggi illecitamente ottenuti per intraprenderli.

Un profilo particolare è quello dell’immunità del membro della Camera rispetto alle azioni legali intentate dal personale da lui stesso reclutato per violazione di norme contrattuali o disposizioni di legge concernenti il rapporto di lavoro. L’elevato contenzioso e le oscillazioni giurisprudenziali, in questo caso, hanno condotto nel 1995 all’approvazione del Congressional Accountability Act [84], le cui previsioni delineano uno “statuto” dei collaboratori parlamentari in cui sono consolidati i principali istituti previsti dalla legislazione ordinaria in materia di diritto del lavoro, di salute dei lavoratori, di tutela dalle discriminazioni. Sull’applicazione della legge vigila un organismo indipendente, l’Office for Compliance, il quale provvede, tra l’altro, ai procedimenti di mediazione e di risoluzione delle controversie che devono essere obbligatoriamente esperiti dalle parti.

 

Il trattamento economico e la trasparenza finanziaria

I membri del Congresso degli Stati Uniti, ivi compresi i componenti della House of Representatives, ricevono un’indennità (compensation) di $ 174.000 annuali. Per il Presidente della Camera (Speaker of the House) l’indennità è fissata in $ 223.500 annuali, mentre per i leader della maggioranza e della minoranza parlamentare (Majority and Minority Leaders) è pari a $ 193.400 annuali[85]. Tali indennità, determinate nel loro attuale ammontare nel gennaio 2009, spettano ai parlamentari solo per il periodo in cui essi ricoprono la carica.

I membri del Congresso hanno inoltre diritto a dedurre dalla dichiarazione dei redditi fino a $ 3.000 all’anno per le spese sostenute per la permanenza fuori dello Stato di origine o del distretto congressuale di elezione.

Essi hanno titolo a partecipare, sulla base di contribuzioni volontarie, ai programmi di assistenza sanitaria e di assicurazione sulla vita riservati ai dipendenti federali (Federal Employees Health Benefits Program, Federal Employees Group Life Insurance Program).

I membri di entrambe le Camere, inoltre, accedono ai programmi pensionistici operanti per i dipendenti pubblici e federali (rispettivamente il Civil Service Retirement System e il Federal Employees Retirement System, a seconda che la loro elezione abbia avuto luogo, rispettivamente, prima o dopo il 1° gennaio 1984), ricevendo un trattamento pensionistico i cui caratteri sono variabili in base a requisiti diversi, tra cui l’età e la durata del servizio. La partecipazione a tali programmi (obbligatoria dal 1984) comporta per i parlamentari il diritto alla pensione a partire dal compimento dei 50 anni qualora abbiano maturato un periodo di servizio di almeno 20 anni; essi hanno comunque diritto ad accedere al trattamento di quiescenza avendo maturato un servizio di 25 anni o raggiunto i 62 anni di età. Il periodo minimo di servizio per accedere ai benefici pensionistici è di 5 anni, e il trattamento può essere intero o ridotto, immediato o differito, a seconda dei casi specifici[86].

Ai membri della Camera dei Rappresentanti è riservata una dotazione (MembersRepresentational Allowance, MRA)[87] utilizzabile per le spese di rappresentanza e per gli impegni istituzionali, tra cui le spese di viaggio, per lo staff e per la corrispondenza. Tali fondi sono soggetti a limitazioni quanto alle condizioni di utilizzazione, non potendo, ad esempio, essere destinati a spese personali o connesse alla campagna elettorale. La misura della MRA per ogni membro è autorizzata dal 3 gennaio di ciascun anno al 2 gennaio dell’anno successivo, e viene calcolata in base a tre parametri: il personale utilizzato (fino a 18 collaboratori con salario individuale annuale non superiore a $ 168.411), le spese ufficiali sostenute e la corrispondenza istituzionale. Per il 2012 la dotazione individuale varia da $ 1.270.129 a $ 1.564.613 l’anno, per una media annuale di $ 1.353.205 per ciascun membro. A fronte dei fondi ricevuti, i parlamentari devono presentare un rendiconto (report) in cui sono riportate le esatte modalità di utilizzo della MRA; tali spese sono riportate nel bilancio consuntivo delle spese della Camera dei Rappresentanti (Statement of Disbursements of the House).

Al riguardo appare utile segnalare alcune previsioni del regolamento della Camera dei Rappresentanti[88], relative alle limitazioni previste per l’uso di fondi ufficiali (Limitations on Use of Official Funds - Rule XXIV), alle restrizioni concernenti i redditi esterni e l’accettazione di regali (Limitations on Outside Earned Income and Acceptance of Gifts - Rule XXV) e alla dichiarazione degli interessi finanziari (Financial Disclosure - Rule XXVI). Collegandosi alla sezione del regolamento espressamente qualificata come Code of Official Conduct (costituita dalla Rule XXIII), esse delineano una disciplina in materia di trasparenza finanziaria di cui è qui utile esaminare alcuni aspetti di dettaglio.

In primo luogo, i membri della Camera non possono disporre di un conto d’ufficio non ufficiale per ricevere fondi. Sono, inoltre, stabiliti limiti all’utilizzo di corrispondenza in franchigia, mentre la spedizione di grandi quantità di posta (mass mailing) a tariffa ridotta deve essere preventivamente sottoposta al vaglio della Commission on Congressional Mailing Standards, che valuta se la spedizione risponde ai requisiti previsti dalla legge o dal regolamento (Rule XXIV).

Un membro (o un dipendente) della Camera dei Rappresentanti non può avere redditi esterni che eccedano il 15% dello stipendio minimo annuale fissato per le cariche pubbliche a cui sono equiparati a fini economici[89], né ricevere onorari (ad eccezione di alcune figure professionali della Camera). Un membro (o dipendente) della Camera non può ricevere, inoltre, compensi per incarichi o affiliazioni professionali presso aziende, associazioni, società o enti fornitori di servizi (tranne quelli in campo medico) che prevedano un rapporto fiduciario, né per l’esercizio di una professione (eccettuata la pratica medica) nel quadro di un rapporto di natura fiduciaria; egli non può altresì ricevere alcun emolumento in qualità di membro di consigli di associazioni, società e altri enti. Per svolgere attività di insegnamento retribuite è obbligatorio informarne preventivamente il Committee on Ethics della Camera dei Rappresentanti, che deve concedere la sua approvazione. Un membro (o dipendente) della Camera non può, infine, ricevere pagamenti anticipati su diritti d’autore, né ricevere diritti in forza di un contratto firmato a partire dal 1° gennaio 1996, senza che il contratto stesso sia stato previamente approvato dal medesimo Committee on Ethics (Rule XXV).

I doni (gifts) sono disciplinati dalla Rule XXV, clause 5, del regolamento della Camera. I suoi membri (e dipendenti) non possono accettare doni se non nei casi espressamente previsti. È ad essi vietato, in particolare, accettare regali da un lobbista registrato (registered lobbyist)[90], da un agente di un committente straniero (agent of a foreign principal)[91] o da un ente privato che si avvalga di tali categorie di soggetti. È ammessa unicamente l’accettazione di doni di valore inferiore a $ 50, per un totale massimo di $ 100 annui provenienti dalla medesima fonte (i doni di valore inferiore a $ 10 non sono computati), nonché i regali provenienti da parenti o amici personali.

La disposizione regolamentare definisce il “gift” in maniera molto ampia, comprendendovi le mance, gli sconti, le facilitazioni, l’ospitalità, i prestiti, la tolleranza di terzi rispetto a scadenze di pagamento o altri elementi suscettibili di quantificazione economica; la nozione comprende, inoltre, i doni consistenti nell’erogazione di servizi e di benefici, quali la disponibilità di servizi di formazione, di trasporto, di alloggio e di ristorazione, siano essi forniti in natura, con l’acquisto di un biglietto, con un pagamento in anticipo oppure mediante il rimborso della spesa sostenuta. Allorquando un membro (o un dipendente) della Camera riceve un dono o qualsiasi altro servizio a questo assimilabile, è necessario accertare se esso rientri tra le ipotesi contemplate dalla previsione regolamentare, dal momento che anche la partecipazione gratuita ad un evento, nel caso in cui al pubblico sia richiesto il pagamento di un biglietto, può avere valore monetario, così come la somministrazione di un pasto. Analogamente, i regali ricevuti dai familiari di un deputato o di un dipendente sono sottoposti alla medesima regolamentazione, potendo questi avere la loro ragion d’essere nella carica ricoperta dal loro congiunto.

In caso di atti di compravendita posti in essere dal parlamentare o dal dipendente della Camera, le disposizioni in materia di doni non si applicano nei casi in cui il bene sia stato da loro acquistato a normali condizioni di mercato; viceversa, è ad essi vietato acquistare una proprietà a un valore inferiore a quello ordinario, così come non è consentito ricevere per la vendita di un loro bene un corrispettivo maggiore delle quotazioni di mercato.

Relativamente ai viaggi, è permesso ai membri (e ai dipendenti) viaggiare con fondi messi a disposizione da privati (ad esclusione dei lobbisti registrati e degli agenti stranieri) per missioni informative e per assistere a riunioni, pronunciare discorsi o partecipare ad altri eventi legati alle loro funzioni ufficiali. I viaggi sono limitati a una durata di quattro giorni per gli Stati Uniti e a sette giorni per l’estero.

Per quanto concerne le dichiarazioni patrimoniali, il regolamento della Camera (rule XXVI) fa rinvio al titolo I dell’Ethics in Government Act of 1978

 (“Financial Disclosure Requirements of Federal Personnel”). I membri e i funzionari della Camera che superino un determinato reddito[92] sono tenuti a presentare, entro il 15 maggio di ogni anno, la propria dichiarazione patrimoniale relativa all’anno precedente; nel caso di dipendenti di recente assunzione la dichiarazione deve essere presentata entro trenta giorni, e nello stesso termine l’obbligo di presentazione deve essere assolto nei casi di cessazione del mandato parlamentare o di fine del rapporto di lavoro. In tale dichiarazione devono essere indicati la fonte, il tipo e l’entità o valore dei redditi di qualsiasi provenienza; l’origine, la data e l’ammontare (di somme superiori ai $ 200) degli onorari di qualsiasi provenienza corrisposti nell’anno precedente; la fonte e il tipo di reddito prodotti da dividendi, affitti, interessi e plusvalenze percepiti nell’anno precedente ed eccedenti la soglia di $ 200.

I membri e gli altri soggetti tenuti alla dichiarazione patrimoniale devono riportarvi, in particolare, i dati identificativi e il valore di ogni interesse consistente nella detenzione di immobili nel quadro di attività commerciali e industriali oppure con finalità di investimento e produzione di reddito di valore superiore a $ 1.000, nonché ogni transazione di proprietà o finanziaria con valore superiore alla stessa soglia; analoghe regole si applicano in relazione alle dichiarazioni di coniugi e figli. Tali dichiarazioni sono messe a disposizione del pubblico entro trenta giorni e rese accessibili per un periodo di sei anni.

 

Le norme di deontologia parlamentare

Il ruolo e l’ambito dei doveri del membro della Camera non sono oggetto di regole formalizzate, ma costituiscono il risultato di prassi modulatesi nell’esperienza del sistema rappresentativo, di cui è elemento generalmente enfatizzato il peculiare rapporto che lega il Representative al proprio collegio elettorale. Nella prospettiva che tradizionalmente assegna rilievo agli interessi e agli orientamenti dell’opinione pubblica (public expectations), le funzioni del parlamentare non si limitano quindi all’iniziativa legislativa, al controllo (oversight) e alla partecipazione ai lavori dell’Assemblea e delle Commissioni, ma si esplicano anche nei compiti di rappresentanza e di assistenza svolti nell’interesse dei propri elettori (constituency service).

A questa connotazione del ruolo del parlamentare, in costante contatto con istanze particolari ed esposto all’azione dei gruppi di pressione, si correlano prevalentemente le norme deontologiche contenute nel regolamento della Camera, e in particolare la Rule XXIII (rubricata Code of Official Conduct), le cui previsioni, articolate in 18 paragrafi e destinate tanto ai membri quanto ai dipendenti della Camera, premettono il generale richiamo ai principi di corretto comportamento alla disciplina puntuale ed analitica – già esaminata - degli obblighi di trasparenza finanziaria.

Il sistema della deontologia parlamentare riposa sull’operatività, presso la Camera dei Rappresentanti, di un’apposita commissione, lo House Committee on Ethics (istituito nel 1967 e fino al 2011 denominato Committee on Standards of Official Conduct). Composto da cinque deputati della maggioranza e da cinque dell’opposizione, esso rappresenta l’unico organo della Camera caratterizzato da tale composizione paritaria, ed esercita i propri compiti in relazione all’osservanza delle regole di condotta da parte dei membri della Camera, vigilando, in particolare, sulla loro applicazione con riguardo alle dichiarazioni patrimoniali, alla notifica dei doni ricevuti, al trattamento dei collaboratori personali e ai conflitti di interesse, e provvedendo all’enforcement dei rispettivi obblighi[93]. La violazione delle regole deontologiche da parte di un membro della Camera può infatti comportare l’irrogazione di sanzioni nei suoi confronti, che vanno dalla mozione di censura al richiamo, fino alla sospensione dei privilegi: tale potere sanzionatorio deriva dalla previsione costituzionale che abilita ciascuna Camera a punire i propri membri per la loro “condotta scorretta” (disorderly behavior: art. I, sezione V, comma 2, Cost.), e a disporre di essi finanche l’espulsione, da deliberare, come già detto, con la maggioranza qualificata dei due terzi dei componenti.

Su queste premesse costituzionali, il Committee on Ethics (articolato al suo interno in distinti collegi con compiti inquirenti e giurisdizionali) può avviare proprie indagini - su istanza di membri della Camera oppure d’ufficio – al fine di verificare l’eventuale violazione di disposizioni di legge o regolamentari oppure degli standard di condotta vigenti per i membri (e per i dipendenti); nel relativo procedimento esso può chiedere chiarimenti alla persona interessata, oppure rivolgere raccomandazioni alla Camera sulle eventuali misure da adottare al termine dell’indagine; può provvedere, infine, a comminare sanzioni di lieve entità, essendo nei casi più gravi riservata la decisione alla Camera nella composizione plenaria.

Le regole deontologiche intersecano, per alcuni profili, la disciplina pensionistica applicata ai componenti del Congresso. In alcuni casi particolari, di cui si contano rari precedenti applicativi, il diritto alla pensione di un membro della Camera può infatti subire gli effetti conseguenti alla condanna per gravi reati, quando la legislazione federale colleghi ad essa la confisca del trattamento pensionistico. Disposizioni in tal senso sono state inizialmente introdotte, a metà del secolo passato, in relazione a condanne per gravi reati come la corruzione (bribery), la violazione delle leggi federali in materia di conflitto di interessi o l’abuso del proprio ruolo istituzionale, con prevalente considerazione – giustificata in epoca di “guerra fredda” – dei reati rilevanti per la tutela della sicurezza nazionale[94]. Più recentemente, con lo Honest Leadership and Open Government Act del 2007 (noto con l’acronimo HLOGA), come modificato dallo Stop Trading on Congressional Knowledge Act del 2012 (cosiddetto “STOCK Act), il legislatore ha previsto che ai membri del Congresso condannati per reati di corruzione commessi durante il loro mandato sia precluso il riconoscimento dei periodi di servizio maturati.

Il corpus delle regole deontologiche vigenti è riportato in un apposito manuale (House Ethics Manual, ultima edizione del 2008), che, ripartito in diversi capitoli, espone la disciplina del regolamento con il corredo di commenti ed esemplificazioni al fine di agevolarne l’applicazione e l’osservanza da parte dei destinatari.

Nella prospettiva di perseguire l’efficacia e l’effettiva osservanza delle norme deontologiche della Camera è stato istituito, nel 2008 (e confermato nel 2013) un nuovo organismo, l’Office of Congressional Ethics (OCE). A questa autorità indipendente non legata ai partiti, composta da un collegio di otto membri compresi il Presidente e il Vicepresidente (i quali sono “laici” ovvero non componenti del Congresso o esponenti dell’amministrazione federale), sono attribuiti compiti di natura investigativa che si concretano nella svolgimento di indagini (anche su impulso esterno alla Camera) relativamente ai casi di comportamento scorretto nei quali siano coinvolti i membri e i dipendenti della Camera, i cui risultati sono sottoposti al Committee on Ethics per l’adozione dei relativi provvedimenti. A tal fine l’Autorità, i cui membri sono a loro volta soggetti all’osservanza di un codice di condotta[95], si attiene a specifiche norme procedimentali[96].

 



[1] Con riferimento al godimento dei diritti civili, il Codice penale dispone, per alcuni reati, la pena complementare del divieto dell’esercizio di tali diritti, definendone le modalità di applicazione e la durata. L’art. 131-26 del Codice penale stabilisce infatti che la proibizione di esercizio dei “diritti civili, civici e di famiglia” riguardi, tra gli altri, il diritto di voto e l’eleggibilità. La durata di tale divieto varia in base al reato commesso dalla persona condannata.

[2] Secondo la Costituzione, le decisioni del Consiglio costituzionale sono definitive e inappellabili (Cost., art. 62, comma 3).

[3] I processi verbali dei risultati degli uffici elettorali vengono centralizzati, all’inizio a livello di comune, poi a livello di dipartimento e di collettività d’oltremare dalle commissioni di spoglio elettorale (commissions de recensement) designate a tal fine, e da una commissione, con sede presso il Ministero degli Affari ester,i per gli uffici elettorali situati all’estero. Tali processi verbali sono poi trasmessi il più rapidamente possibile al Consiglio costituzionale che ne riprende il contenuto, verificando tutte le osservazioni dei suoi delegati, esaminando i reclami e  rettificando, se del caso, i risultati. 

[4] L'elezione di un deputato può essere contestata davanti al Consiglio costituzionale da ogni elettore della circoscrizione interessata o da chiunque vi abbia presentato atto di candidatura. La procedura di contestazione può essere avviata entro un termine ristretto, ossia dieci giorni dalla proclamazione dei risultati delle elezioni. Durante tali dieci giorni, i processi verbali degli uffici elettorali rimangono a disposizione di coloro che possono presentare ricorso presso gli uffici della Prefettura.

[5] Anche se le disposizioni del Codice elettorale non lo prescrivono espressamente e il Consiglio potrebbe essere investito della pronuncia di decadenza in seguito ad una condanna non ancora definitiva, nella pratica ciò è avvenuto, di norma, dopo la conclusione di tutti i gradi del giudizio o, comunque, l’esaurimento di tutte le vie di ricorso. In tal senso si è anche pronunciata la più recente giurisprudenza del Consiglio costituzionale (cfr. Consiglio costituzionale, Décision n. 2009-21 D du 22 octobre 2009 e, per un panorama delle decisioni sulla decadenza da parlamentare dal 1960 ad oggi, cfr. la pagina Les décisions D sul sito del Consiglio costituzionale).

[6] La vacanza del seggio non viene in ogni caso proclamata se non quando l’elezione sia diventata definitiva, con lo spirare del termine per presentare il ricorso di avvio del contenzioso (10 giorni dalla proclamazione dei risultati elettorali) oppure, in caso di contestazione, dopo la decisione di conferma dell’elezione da parte del Consiglio costituzionale. Nelle more del giudizio, il deputato non può, in ogni caso, partecipare ai lavori parlamentari.

[7] Lo stesso art. LO 178 del Codice elettorale esclude tuttavia lo svolgimento di elezioni parziali negli ultimi dodici mesi prima della cessazione dei poteri dell’Assemblea.

[8] Cfr. la scheda La situation matérielle du député sul sito dell’Assemblea nazionale.

[9] Ordinanza n. 58-1210 del 13 dicembre 1958.

[10] Istituito nel 1948, il fondo protegge il deputato da eventi morbosi che potrebbero influire sulla regolarità del mandato parlamentare, come ad esempio malattia e maternità, e garantisce altresì agli eredi un’indennità in caso di morte del deputato in corso di mandato.

[11] Decisione dell’Ufficio di Presidenza dell’Assemblea nazionale del 3 novembre 2010.

[12] Il meccanismo di verifica è stato introdotto della Legge organica n. 88-226 dell’11 marzo 1988 relativa alla trasparenza finanziaria della vita politica e completato, da ultimo, dalla Legge organica n. 2011-410 de 14 aprile 2011 sull’elezione dei deputati e dei senatori. Le nuove disposizioni sono effettive a partire dal rinnovo dell’Assemblea nazionale avvenuto con le elezioni politiche del 2012.

[13] Il dibattito, sorto a seguito dell’affaire Woerth-Bettencourt, è culminato nei lavori della Commissione per la prevenzione dei conflitti d’interesse nella vita pubblica.

[14] Per un’analisi giuridica del Codice deontologico adottato dall’Assemblea nazionale si segnala il saggio di Marc Deschamps, Quand la déontologie fait son entrée officielle à l’Assemblée nationaledes questions juridiques et institutionnelles surgissent (aprile 2011), pubblicato sul sito del Gruppo di ricerca GREDEG del CNRS francese e dell’università di Nice Sophia Antipolis (GREDEG-CNRS).

[15] Con voto unanime del Bureau dell’Assemblea nazionale, il 15 giugno 2011 è stato nominato il primo deontologo dell’Assemblea nazionale nella persona di Jean Gicquel; l’attuale deontologo, nominato il 10 ottobre 2012, è Mme Noëlle Lenoir.

[16] L’obbligo di presentare la dichiarazione d’interessi è entrato in vigore dall’inizio della legislatura corrente.

[17] L’art. 4 della Decisione definisce i conflitti come “una situazione d’interferenza tra i doveri del deputato e un interesse privato che, per sua natura e sua intensità, può ragionevolmente essere ritenuto in grado di influenzare, anche solo apparentemente, l’esercizio delle sue funzioni parlamentari”.

[18] L’unico rapporto finora pubblicato è il Rapport presentato il 22 febbraio 2012 dall’allora deontologo Jean Gicquel.

[19] Attualmente i membri del Bundestag sono 620, numero comprensivo di 22 mandati in eccedenza (Überhangmandate).

[21] La Commissione comune è un organo costituzionale che svolge le funzioni del Parlamento in casi urgenti in cui sia stato dichiarato lo stato di difesa nazionale, ai sensi dell’articolo 115a della Legge fondamentale. La Commissione è composta per 2/3 da deputati del Bundestag e per 1/3 da membri del Bundesrat.

[22] Per i propri collaboratori ciascun deputato dispone di € 15.798 lordi al mese. Tale somma non è percepita direttamente dal deputato, ma viene erogata dall’Amministrazione del Bundestag ai suoi collaboratori. Non sono pertanto ammessi collaboratori che abbiano rapporti di parentela, anche acquisita, con il deputato.

[23] La durata quinquennale delle legislature, precedentemente prevista dalla prassi costituzionale (il cui antecedente poteva tuttavia individuarsi nel Septennial Act 1715, modificato dal Parliament Act 1911), è stata espressamente stabilita dal legislatore con il Fixed-Term Parliaments Act 2011. L’attuale distribuzione dei membri della Camera dei Comuni contempla i seguenti gruppi parlamentari: Conservative (304), Labour (257), Liberal Democrat (57), Democratic Unionist (8), Scottish National (6), Sinn Fein (5), e alcuni gruppi minori (di cui fanno parte complessivamente 12 membri).

[24] Le modifiche introdotte dal Disqualification Act 2000, tuttavia, hanno fatto venire meno la preclusione per i membri del Parlamento della Repubblica d’Irlanda, sebbene il Paese non faccia più parte del Commonwealth dal 1949.

[25] A condizione che, come previsto dallo Enterprise Act 2002, l’autorità giudiziaria abbia adottato nei suoi confronti un bankruptcy restriction order; se riferito ad un membro parlamentare, tale provvedimento è notificato allo Speaker della Camera di appartenenza e comporta la disqualification del soggetto interessato.

[26] La disqualification, a seconda dei casi previsti dalla legge del 1981 già richiamata, interviene ad elezione avvenuta oppure è operante prima dell’elezione, come avviene con riguardo ai candidati in stato di detenzione i quali, una volta eletti, incorrerebbero in tale condizione. Tali disposizioni sono state introdotte dopo che il militante dell’IRA Bobby Sands, detenuto in carcere per scontare una lunga pena detentiva (e poi morto per aver condotto fino all’estremo la sua protesta con lo sciopero della fame) venne eletto, nell’aprile del 1981, nelle elezioni suppletive per il collegio di Fermanagh nell’Irlanda del Nord.

[27] Nel rispetto di un risalente principio della prassi parlamentare (espresso da una resolution adottata dalla Camera dei Lord e trasmessa ai Comuni nel 1704), l’introduzione di privilegi od immunità parlamentari ulteriori rispetto a quelli già previsti dal diritto legislativo o consuetudinario, potrebbe aver luogo soltanto mediante legge formale.

[28] Il testo dell'articolo 9 del Bill of Rights può tradursi come segue: “La libertà di parola o le discussioni o dibattiti in Parlamento, non devono essere incriminati o contestati in alcuna corte o in altro luogo fuori del Parlamento”. Tenore analogo hanno, per la Scozia, le previsioni del Claim of Right del 1689.

[29] Pepper (Inspector of Taxes) v Hart (1993) AC 593.

[30] Il riferimento è alla relazione del Joint Committee on Parliamentary Privilege pubblicata nella sessione 1998-1999.

[31] CEDU, A v the United Kingdom (2003).

[32] Il principio, che si fa risalire ad un precedente della Camera dei Comuni del 1695, è recepito, in forma aggiornata, nella versione vigente del Code of Conduct for Members.

[33] Affinché accuse di corruzione non fossero pretestuosamente rivolte a membri del Parlamento, la Commissione reputò opportuno prevedere il previo assenso dell'Attorney General (o, in Scozia, del Lord Advocate) per l’avvio dei relativi procedimenti. In questo modo, nell'opinione della Commissione, sarebbero stati salvaguardati, e tra loro conciliati, i due preminenti interessi pubblici coinvolti: la repressione dei reati - specie quelli commessi da soggetti che, in ragione della carica rivestita, si trovassero in una "posizione fiduciaria" (position of trust) nei confronti della collettività - e l'autonomia del Parlamento, libero da interferenze delle corti. Veniva fatto riferimento, infatti, a due figure istituzionali tipiche dell'ordinamento britannico e non estranee alla sfera parlamentare, poiché di nomina governativa e membri, rispettivamente, della Camera dei Comuni e del Parlamento scozzese; ed è degno di nota, al riguardo, che la Commissione avesse scartato la diversa soluzione consistente nell'assegnare tale funzione di "filtro" delle accuse al Director of Public Prosecutions, in ragione della sua estraneità rispetto al Parlamento.

[34] La questione è tornata a riproporsi in occasione dell’approvazione del Bribery Act 2010, il cui testo conteneva originariamente un art. 15 – poi soppresso in corso di esame – che consentiva espressamente l’utilizzazione di atti parlamentari ai fini della formazione della prova nei procedimenti penali. Anche in questo caso, l’opinione prevalente fu di rimettere la materia ad un’organica e unitaria revisione legislativa della materia delle prerogative parlamentari.

[35] È forse utile richiamare, sinteticamente e nei suoi snodi essenziali, la vicenda da cui principalmente hanno tratto origine, per un verso, l’istituzione della Independent Parliamentary Standards Authority (ISPA) e, per altro verso, l’esigenza di aggiornamento delle regole di deontologia parlamentare nel senso di una loro più stringente formulazione. Nel febbraio del 2008 veniva autorizzata dall’Information Tribunal, a cui si erano individualmente rivolti alcuni giornalisti, un’istanza di accesso (presentata in base al Freedom of Information Act) ai dati relativi alle richieste di rimborso depositate da determinati membri del Parlamento. La Camera dei Comuni presentò ricorso avverso questa decisione, ritenendola “illegittimamente intrusiva” rispetto alle proprie prerogative"; ma la High Court si pronunciava per la legittimità dell’accesso. Seguì dunque l’annuncio, nel maggio del 2009, della imminente pubblicazione da parte dei Comuni dei dati sulle spese dei parlamentari, con l’espunzione di alcune informazioni ritenute di carattere “sensibile”. Prima che avesse luogo questa pubblicazione ufficiale, i dati furono divulgati in forma integrale dal Daily Telegraph che ne era venuto in possesso, evidenziando abusi commessi da parlamentari soprattutto in relazione alla dichiarazione di spese sostenute per l’abitazione di residenza (suscettibili di rimborso secondo le regole vigenti). Ne seguirono, nel 2010, procedimenti penali avviati nei confronti di membri di entrambe le Camere, e la temporanea sospensione di alcuni componenti della Camera Alta, con relativa restituzione dei rimborsi indebitamente ottenuti.

[36] UK Supreme Court, R v Chaytor and others (Appellants), UKSC 52 (2010).

[37] Si tratta del “Libro verde” dal titolo Parliamentary Privilege, pubblicato nell’aprile 2012. Per l’esame delle proposte in esso contenute la Camera dei Lord ha nuovamente costituito, il 28 maggio 2012, il Joint Committee on Parliamentary Privilege.

[38] Si vedano i parr. 95 e 98 del citato “Libro verde”; le esenzioni previste sono riferite, ad esempio, al reato (di common law) di misconduct in public office, alla diffusione di determinate informazioni in violazione dell’Official Secrets Act, o a reati di opinione previsti dalla legislazione anti-terrorismo e in materia di ordine pubblico.

[39] Si veda la relazione del Governo Recall of MPs Draft Bill, pubblicata nel dicembre 2011. Le valutazioni del Political and Constitutional Committee della Camera dei Comuni sono esposte nella relazione pubblicata il 18 ottobre 2012, Recall of MPs: Government Response to the Committee's - First Report of Session 2012-13.

[40] In epoca contemporanea, la sanzione della expulsion è stata applicata dalla Camera dei Comuni tre volte: nel 1922, nel 1947 e nel 1953. Secondo l’opinione emersa in seno al Committee on Standards and Privileges, il ricorso raro ed episodico a questa misura appare motivato dal suo carattere estremo e dalla cautela verso provvedimenti suscettibili di interferire con le scelte dell’elettorato. Il relativo procedimento, inoltre, presenterebbe aspetti di dubbia compatibilità con lo Human Rights Act 1998, come rilevato già nel 1999 dal Joint Committee on Parliamentary Privilege.

[41] Mette conto segnalare che, con risoluzione adottata nel 2003, è stata introdotta alla Camera dei Comuni la misure disciplinara della sospensione dell’indennità corrisposta ai suoi componenti.

[43] Fonte: House of Commons Library, Members’ pay and expenses – current rates from 1 April 2013 (Research Paper 13/33, 31 May 2013). Contestualmente al nuovo aumento per la sessione 2013-2014, nel gennaio 2013 l’IPSA ha anche annunciato che l’indennità parlamentare salirà ulteriormente a £ 67.060 a partire dal 1° aprile 2014.

[44] Organo indipendente di controllo istituito dal già citato Parliamentary Standards Act 2009.

[45] Le richieste di rimborso dei parlamentari possono essere presentate con riferimento a spese – comprese quelle abitative – “wholly, exclusively and necessarily incurred for the performance of a Member’s parliamentary duties”.

[46] Le voci di spesa rimborsabile ricadono in nove categorie: Additional Cost Allowance (ACA), London Supplement, Incidental Expenses Provision, Staffing Allowance, Members’ Travel, Members’ Staff Travel, Centrally Purchased Stationery, Centrally Provided Computer Equipment e Other Costs.

[47] È previsto che almeno un componente dell’IPSA provenga dalle giurisdizioni superiori, uno dal National Audit Office ed uno sia designato tra ex-parlamentari cessati dalla carica da almeno cinque anni.

[48] Il Committee raccomandò, in particolare, che il nuovo independent regulator provvedesse alla pubblicazione periodica delle richieste di rimborso individualmente presentate dai membri delle Camere e corredate dei giustificativi di spesa (senza limitarsi alle richieste effettivamente rimborsate). Nell’applicazione pratica l’IPSA ha poi rinunciato, principalmente per ragioni di contenimento dei propri costi di funzionamento, a pubblicare le fatturazioni allegate alle richieste di rimborso.

[49] La versione aggiornata del codice di condotta, peraltro, rispecchia le modifiche già introdotte con l’Electoral Administration Act 2006

, che ha posto termine al duplice sistema di registrazione dei doni ricevuti dai membri dei Comuni (prima effettuata presso la stessa Camera e dinanzi ad un organo ad essa esterno come l’Electoral Commission) e ne ha concentrato le competenze in un unico ufficio parlamentare.