Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera
Titolo: L'ACQUISIZIONE DELLA CITTADINANZA IN FRANCIA, GERMANIA, REGNO UNITO E SPAGNA (Aggiornamento)
Serie: Materiali di legislazione comparata    Numero: 4
Data: 30/07/2013
Descrittori:
CITTADINANZA   FRANCIA
GERMANIA   GRAN BRETAGNA
SPAGNA     

 


Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

 
LEGISLAZIONE STRANIERA

 

Materiali di legislazione comparata

 

 

 

L’ACQUISIZIONE DELLA CITTADINANZA IN FRANCIA, GERMANIA,

REGNO UNITO E SPAGNA

(Aggiornamento)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N. 4 – Luglio 2013


 

 

 

 

Servizio responsabile:

SERVIZIO BIBLIOTECA - Ufficio Legislazione Straniera

tel. 06 6760. 2278 –06 6760. 3242 

mail: LS_segreteria@camera.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I dossier della Camera dei deputati sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File:MLC17004



Schede di sintesi

 

 


Riferimenti normativi

La cittadinanza (nationalité) francese è disciplinata dal Codice civile, agli articoli da 17 a 33-2, e dalla Convenzione del Consiglio d’Europa, del 6 maggio 1963, sulla riduzione dei casi di nazionalità plurima, di cui sono firmatari Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Olanda e Svezia.

 

Filiazione o nascita

In Francia la cittadinanza può essere acquisita in tre modi diversi:

·      il primo comprende sia l’acquisizione per filiazione (jus sanguinis) che quella per nascita (jus soli);

·      il secondo modo di acquisizione è rappresentato dal matrimonio con cittadino o cittadina francese;

·      il terzo si produce in seguito ad una decisione delle autorità francesi (naturalizzazione).

 

Per quanto riguarda l’attribuzione per filiazione, è francese il figlio, legittimo o naturale, di una coppia in cui almeno uno dei due genitori sia francese (art. 18 c.c.).

Analogamente, è francese per filiazione anche il minore oggetto di adozione piena da parte di un francese (art. 20 c.c.). La cittadinanza non spetta invece al minore che sia oggetto di un’adozione semplice (art. 21 c.c.). Egli ha tuttavia facoltà, sino al momento della maggiore età, di reclamare la cittadinanza francese con dichiarazione, purché risieda in Francia alla data di quest’ultima. L’obbligo di residenza è sospeso qualora i genitori non risiedano in Francia.

La nazionalità può essere richiesta anche da un minore abbandonato in Francia ed allevato da un cittadino francese o affidato ai servizi di assistenza sociale per l’infanzia, purché abbia ricevuto un’educazione improntata ai valori ed alla cultura nazionale per almeno cinque anni.

Per quanto riguarda l’acquisizione per nascita, è francese il figlio, legittimo o naturale, nato in Francia quando almeno uno dei due genitori vi sia nato, qualunque sia la sua cittadinanza (art. 19-3 c.c.).

La semplice nascita nel territorio nazionale non rileva ai fini dell’attribuzione della cittadinanza se non per i minori figli di apolidi o di genitori sconosciuti o che non trasmettono la loro nazionalità.

Inoltre, per effetto della legge di modifica del c.c., del 16 marzo 1998, che ha soppresso il regime della manifestazione di volontà, ogni bambino nato in Francia da genitori stranieri acquisisce automaticamente la cittadinanza francese al momento della maggiore età se, a quella data, ha la propria residenza in Francia o vi ha avuto la propria residenza abituale durante un periodo, continuo o discontinuo, di almeno 5 anni, dall’età di 11 anni in poi. Le autorità pubbliche e gli istituti di insegnamento sono tenuti ad informare le persone interessate sulle disposizioni normative in materia (art. 21-7 c.c.).

L’acquisizione automatica può essere anticipata a 16 anni dallo stesso interessato, con dichiarazione sottoscritta dinanzi all’autorità competente, o può essere reclamata per lui dai suoi genitori a partire dai 13 anni e con il suo consenso, nel qual caso il requisito della residenza abituale per 5 anni decorre dall’età di 8 anni.

 

Matrimonio

La cittadinanza francese è aperta, con dichiarazione da sottoscrivere dinanzi all’autorità competente, a qualunque straniero o apolide che contragga matrimonio con un cittadino o una cittadina francese, dopo il termine di 4 anni dal matrimonio (l’innalzamento del termine, da 2 a 4 anni, è stato introdotto dalla legge n. 2006-911 del 24 luglio 2006, allo scopo di contrastare il fenomeno dei matrimoni a scopo di naturalizzazione), a condizione che alla data della dichiarazione la comunione di vita non sia cessata fra gli sposi, che il coniuge francese abbia conservato la propria nazionalità e che lo straniero dimostri una residenza effettiva e non interrotta in Francia per tre anni consecutivi (art. 21-2, comma 1 c.c.).

Il periodo di vita in comune, richiesto al momento della dichiarazione per l’acquisizione della cittadinanza, è portato a cinque anni quando lo straniero non provi la sua residenza ininterrotta e regolare in Francia per almeno tre anni consecutivi dopo il matrimonio o non sia in grado di fornire la prova che il suo coniuge francese sia stato iscritto, durante la loro comunione di vita, nel registro dei Francesi residenti all’estero. Inoltre il matrimonio celebrato all’estero deve essere stato in precedenza trascritto sui registri nazionali dello stato civile (art. 21-2, comma 2 c.c.).

Il coniuge straniero deve in ogni caso dimostrare una conoscenza sufficiente della lingua francese, il livello e le modalità di valutazione della quale sono fissati con decreto previo parere del Consiglio di Stato. La recente legge n. 2011-672 del 16 giugno 2011 relativa all’immigrazione, l’integrazione e la nazionalità ha infatti modificato le disposizioni precedenti riguardanti l’esigenza di una conoscenza sufficiente della lingua francese. Dal 1° gennaio 2012 chiunque richieda la cittadinanza francese deve produrre un diploma rilasciato da un’autorità francese (diploma universitario, diplomi certificati DELF o DALF, livello orale B1 secondo il Quadro comune europeo di riferimento per le lingue, che attestano il livello di conoscenza della lingua francese) oppure un certificato ufficiale rilasciato, da meno di due anni, da un organismo titolare del marchio “Français langue d’intégration” o da un organismo certificatore.

La dichiarazione viene registrata, dopo un controllo di ammissibilità, dal Ministro competente per le naturalizzazioni.

Il Governo può tuttavia opporsi all’acquisizione della nazionalità da parte del coniuge straniero, per indegnità o difetto di assimilazione, nel termine di due anni dalla dichiarazione di attribuzione. In caso di opposizione del Governo si considera l’acquisizione della cittadinanza come mai avvenuta, tuttavia la validità degli atti intervenuti tra la dichiarazione e il decreto di opposizione non può essere contestata sulla base della mancata attribuzione della cittadinanza (art. 21-4 c.c.).

 

Naturalizzazione

La naturalizzazione per decisione (decreto) dell’autorità pubblica può essere concessa solo allo straniero maggiorenne che dimostri la propria residenza abituale in Francia nei 5 anni precedenti la sua domanda, salvo che egli non abbia compiuto e ultimato due anni di studi in un istituto di istruzione universitaria francese o non abbia reso importanti servizi allo Stato, nel qual caso il criterio della residenza viene ridotto a 2 anni. Inoltre, per essere naturalizzato occorre avere la residenza in Francia al momento della firma del decreto.

Con residenza si intende una residenza fissa, che presenti cioè un carattere stabile e permanente e che coincida con il centro degli interessi materiali e dei legami familiari del richiedente.

Possono essere naturalizzati, prescindendo dal criterio della residenza, gli stranieri incorporati nelle forze armate francesi; chi abbia reso dei servizi eccezionali allo Stato o lo straniero la cui naturalizzazione presenti per la Francia un interesse eccezionale, nel qual caso viene richiesto il parere del Consiglio di Stato su rapporto motivato del Ministro competente. La naturalizzazione può inoltre essere concessa a chi abbia lo status di rifugiato concessogli dall’Ufficio francese di protezione dei rifugiati e degli apolidi (OFPRA). In ogni caso è richiesta la maggiore età dell’interessato.

La cittadinanza mediante naturalizzazione non può tuttavia essere concessa a chi sia stato condannato a una pena detentiva superiore o uguale a 6 mesi senza condizionale, o sia stato oggetto di un decreto di espulsione o di una interdizione dal territorio, o si trovi in una situazione irregolare, o sia stato condannato per atti di terrorismo.

In base alla citata legge n. 2011-672 dell’16 giugno 2011 che ha rafforzato nel territorio nazionale il controllo sul grado di assimilazione dell’aspirante cittadino francese, anche l’acquisizione della cittadinanza per naturalizzazione richiede all’interessato la dimostrazione di una conoscenza sufficiente della lingua francese, secondo le modalità descritte nel paragrafo precedente, ma anche della storia, della cultura e della società francese[1], nonché dei diritti e doveri del cittadino francese, oltre all’adesione ai principi e valori essenziali della Repubblica francese (art. 21-24 c.c.). La condizione della conoscenza della lingua francese non è richiesta per i rifugiati o apolidi che risiedono sul territorio nazionale da almeno 15 anni ed abbiano un’età superiore ai 60 anni (art. 21-24-1 c.c.).

A conclusione della procedura per la naturalizzazione e del controllo sull’assimilazione del richiedente nella comunità francese, le disposizioni del Codice prevedono inoltre, dal 1° gennaio 2012, la firma della Carta dei diritti e doveri del cittadino francese”, contenente i principi, i valori e i simboli essenziali della Repubblica francese (art. 21-24 c.c.), che sarà consegnata al nuovo cittadino durante la Cerimonia di accoglienza nella cittadinanza francese”. La cerimonia, alla quale sono invitati anche i deputati e i senatori eletti nel dipartimento, è organizzata per i nuovi cittadini dal rappresentante dello Stato in ogni dipartimento, entro 6 mesi dall’acquisizione della nazionalità francese e (art. 21-28 e art. 21-29 c.c.).

 

Effetto collettivo dell’acquisizione

A condizione che il suo nome sia menzionato nel decreto di naturalizzazione o nella dichiarazione di acquisizione, il figlio minore, legittimo o naturale, o il bambino oggetto di adozione piena, diventa francese di pieno diritto se uno dei due genitori ha acquisito la cittadinanza francese, purché egli abbia la stessa residenza abituale del genitore in questione. In caso di separazione o divorzio dei genitori, il bambino acquisisce la cittadinanza francese se risiede abitualmente o alternativamente con il genitore che diventa francese (art. 22-1 c.c.).

 

Doppia cittadinanza

Il possesso di una o più altre nazionalità non ha, in linea di principio, alcuna incidenza sulla cittadinanza francese.

La legge non richiede infatti che uno straniero diventato francese rinunci alla sua cittadinanza di origine o che un francese diventato straniero rinunci alla cittadinanza francese, salvo che fra gli Stati firmatari della Convenzione del Consiglio d’Europa, del 6 maggio 1963, sulla riduzione dei casi di nazionalità plurima. Questa convenzione prevede infatti la perdita automatica della cittadinanza precedente.

La Francia non stabilisce distinzioni fra coloro che hanno una doppia cittadinanza (non importa se straniero divenuto francese o francese divenuto straniero) e tutti gli altri francesi per quanto riguarda i diritti e i doveri legati alla cittadinanza. Tuttavia, un francese che possegga la doppia cittadinanza non può far valere la propria cittadinanza francese dinanzi alle autorità dell’altro Stato di cui possiede la cittadinanza, qualora risieda nel suo territorio.

 

Perdita della cittadinanza

Il Codice civile disciplina anche i casi di perdita e di decadenza della cittadinanza (articoli da 23 a 23-9 e da 25 a 25-1 c.c.).

La perdita della cittadinanza francese si verifica generalmente per atto volontario e deriva da una dichiarazione o da una decisione della pubblica autorità.

Casi di rinuncia alla cittadinanza francese sono previsti, in presenza di talune condizioni, a favore dei figli nati all’estero da un solo genitore francese o nati in Francia da un solo genitore nato in Francia.

Qualsiasi maggiorenne residente abitualmente all’estero, che abbia acquisito volontariamente una cittadinanza straniera, può, in presenza di talune condizioni, perdere la cittadinanza francese con dichiarazione sottoscritta davanti all’autorità competente.

In caso di matrimonio con uno straniero, il coniuge francese può rinunciare alla cittadinanza francese con dichiarazione, a condizione che abbia acquisito la cittadinanza del coniuge e che la residenza abituale della coppia sia stata fissata all’estero (art. 23-5, comma 1 c.c.).

In ogni caso i francesi minori di 35 anni non possono dichiarare la perdita della cittadinanza se non sono in regola con gli obblighi del servizio militare (art. 23-2 c.c.).

Le persone che non sono nelle condizioni previste dalla legge per la perdita della nazionalità per dichiarazione, possono essere autorizzate con decreto qualora abbiano acquisito la cittadinanza di un paese straniero.

Il codice civile prevede anche la decadenza della cittadinanza in caso di condanna per reati di particolare gravità, come ad esempio terrorismo o attentato agli interessi fondamentali della nazione. Il provvedimento di decadenza è adottato con decreto previo parere del Consiglio di Stato, ma non deve causare casi di apolidia (art. 25 c.c.).

È possibile inoltre la reintegrazione nella nazionalità francese per le persone che l’abbiano perduta a seguito di matrimonio con uno straniero o per acquisizione di cittadinanza straniera, qualora ne facciano richiesta. La condizione per ottenere di nuovo la nazionalità è quella di aver conservato dei legami, con la Francia, di ordine culturale, professionale, economico e familiare (art. 24-2 c.c.).

 


 

Quadro normativo di riferimento

La Legge fondamentale tedesca (Grundgesetz) del 1949, all’articolo 16, comma 1, sancisce il principio della irrevocabilità della cittadinanza tedesca, specificando che la stessa si può perdere soltanto per effetto di una legge e, nel caso in cui il soggetto interessato manifesti una volontà contraria, solo se non diventi apolide.

Tra le disposizioni transitorie e finali della Legge fondamentale vi è poi l’articolo 116 che reca la definizione di “tedesco”, inteso come “colui che possiede la cittadinanza tedesca o colui che è stato accolto, come rifugiato o espulso di nazionalità tedesca o come suo coniuge o discendente, nel territorio del Reich tedesco secondo lo status del 31 dicembre 1937”. A coloro che sono stati privati della cittadinanza tedesca tra il 30 gennaio 1933 e l’8 maggio 1945, per motivi politici, razziali o religiosi, è nuovamente concessa la cittadinanza sulla base di una richiesta di naturalizzazione. La stessa possibilità è offerta anche ai loro discendenti. Non sono considerati privi di cittadinanza coloro che dopo la fine della guerra hanno preso la residenza in Germania e non hanno manifestato una volontà contraria in merito.

La disciplina legislativa federale in materia di cittadinanza è contenuta principalmente nella Legge sulla cittadinanza (Staatsangehörigkeitsgesetz – StAG)[2] del 22 luglio 1913 che negli ultimi anni ha subito alcune rilevanti riforme. La prima, attuata con la Legge di riforma del diritto sulla cittadinanza (Gesetz zur Reform des Staatsangehörigkeitsrecht) del 15 luglio 1999, entrata in vigore il 1° gennaio 2000, ha introdotto, quale ulteriore condizione per l’acquisizione della cittadinanza tedesca, il principio del luogo di nascita (ius soli o Geburtsortsprinzip), in aggiunta al principio di filiazione (ius sanguinis o Abstammungsprinzip).

Con la Legge sull’immigrazione (Zuwanderungsgesetz) del 30 luglio 2004, entrata in vigore il 1° gennaio 2005, la regolamentazione del diritto alla naturalizzazione, prima contenuta nella Legge sugli stranieri (Ausländergesetz)[3], è stata trasposta quasi integralmente in alcuni articoli della Legge sulla cittadinanza.

L’articolo 5 della Legge di attuazione delle direttive dell’Unione europea in materia di diritto d’asilo e di soggiorno (Gesetz zur Umsetzung von aufenthalts- und asylrechtlichen Richtlinien der Europäischen Union) del 19 agosto 2007, entrata in vigore il 28 agosto 2007, ha introdotto una nuova modalità di acquisizione della cittadinanza tedesca e ha modificato la normativa riguardante la naturalizzazione degli stranieri residenti in Germania.

Infine la Legge di modifica della legge sulla cittadinanza (Gesetz zur Änderung des Staatsangehörigkeitsgesetzes) del 5 febbraio 2009 ha introdotto la possibilità di revocare o annullare la naturalizzazione o l’autorizzazione a conservare la cittadinanza tedesca, qualora l’atto amministrativo sia stato ottenuto attraverso l’inganno, la minaccia o la corruzione o mediante il rilascio di informazioni false o incomplete.

Per quanto riguarda, più specificamente, le modalità di acquisizione della cittadinanza tedesca, il § 3 della Legge sulla cittadinanza prevede che si possa diventare cittadini tedeschi per nascita, per adozione, per naturalizzazione e, a partire dalla riforma del 2007, nel caso in cui il soggetto interessato abbia ricevuto il trattamento di cittadino tedesco per un lungo periodo (Ersitzung).

In base alle nuove disposizioni, infatti, può acquisire la cittadinanza tedesca anche colui che per dodici anni è stato considerato dalla Pubblica Amministrazione cittadino della Repubblica federale senza esserlo (§ 3 comma 2). Finalità della norma è quella di tutelare la certezza del diritto, soprattutto nei casi in cui la cittadinanza tedesca costituisce una condizione necessaria per l’esercizio di alcuni diritti (ad esempio il diritto di voto e quelli relativi alla disciplina del pubblico impiego).

Gli Uffici della Pubblica Amministrazione cui la legge fa riferimento sono da individuare nelle autorità statali federali e dei Länder competenti in materia di cittadinanza (per gli affari consolari, per il rilascio del passaporto e della carta di identità, per l’anagrafe e lo stato civile). Il riconoscimento dello status di cittadino tedesco può avvenire attraverso il rilascio di documenti che attestino l’identità tedesca del titolare (il passaporto o la carta di identità), l’iscrizione nelle liste elettorali per le elezioni nazionali, regionali e comunali, l’assunzione nell’ambito del pubblico impiego o l’abilitazione ad una determinata professione. Tale diritto si estende anche ai discendenti.

 

La cittadinanza per nascita e per adozione

In base al principio di filiazione (ius sanguinis o Abstammungsprinzip), un bambino acquisisce la cittadinanza tedesca alla nascita se almeno uno dei suoi genitori è cittadino tedesco (§ 4, comma 1). È, tuttavia, necessario che la filiazione sia valida ai sensi della legge federale. Se, per esempio, la nazionalità tedesca è trasmessa dal padre e se questi non è coniugato con la madre del bambino, è necessario il riconoscimento (Anerkennung) o la constatazione di paternità (Festellung der Vaterschaft) prima che il minore abbia compiuto il ventitreesimo anno di età.

Dal 1° gennaio 2000 acquisiscono automaticamente la cittadinanza tedesca non solo i figli di cittadini tedeschi, ma anche i figli di stranieri che nascono in Germania (ius soli o Geburtsortsprinzip), purché almeno uno dei genitori risieda abitualmente e legalmente nel Paese da almeno otto anni e goda del diritto di soggiorno a tempo indeterminato (unbefristetes Aufenthaltsrecht) o, se cittadino svizzero, sia in possesso di un permesso di soggiorno (Aufenthaltserlaubnis) rilasciato sulla base dell’Accordo del 21 giugno 1999 tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione elvetica, dall’altra, riguardante la libertà di circolazione (§ 4, comma 3).

Un bambino di genitori ignoti (Findelkind) che viene trovato in territorio tedesco è considerato figlio di cittadini tedeschi fino a prova contraria (§ 4, comma 2).

L’acquisizione della cittadinanza tedesca viene iscritta nel registro delle nascite (Geburtenregister) nel quale è stata annotata la nascita del minore (§ 4, comma 3).

I bambini nati prima del 1° luglio 1993 da padre tedesco e madre straniera possono acquisire la cittadinanza tedesca mediante una dichiarazione (Erklärung), da effettuarsi entro il compimento del ventitreesimo anno di età, se il riconoscimento o l’accertamento della paternità sono validi per la legge tedesca e se il minore stesso è residente legalmente e stabilmente in Germania da tre anni (§ 5).

I bambini che divengono cittadini tedeschi in base al principio del luogo di nascita acquisiscono contemporaneamente anche la nazionalità dei genitori stranieri. Dal compimento della maggiore età hanno cinque anni di tempo per dichiarare la loro volontà di mantenere la nazionalità tedesca o quella del Paese d’origine dei genitori. Tale dichiarazione deve avvenire in forma scritta (§ 29, comma 1). Nel caso in cui scelgano di conservare la nazionalità dei propri genitori o non facciano alcuna dichiarazione ufficiale entro i termini stabiliti, essi perdono la cittadinanza tedesca (§ 29, comma 2). Qualora l’interessato voglia mantenere la nazionalità tedesca deve dimostrare, entro gli stessi termini, di aver perso quella straniera (comma 3). Immediatamente dopo il compimento del diciottesimo anno età il soggetto interessato è informato dalle autorità competenti sullo svolgimento della procedura.

L’obbligo di rinuncia alla doppia cittadinanza non riguarda i minori che hanno acquisito la nazionalità tedesca in base al principio di filiazione. In tale caso, essi ottengono la cittadinanza di entrambi i genitori.

Infine, il § 6 disciplina l’acquisizione della cittadinanza attraverso l’adozione di un minore (Annahme als Kind) da parte di un cittadino tedesco. Tale diritto si estende anche ai suoi discendenti.

 

La cittadinanza per naturalizzazione

La legge di riforma del 2007 ha modificato le norme riguardanti la naturalizzazione (Einbürgerung) degli stranieri residenti in Germania e ne ha semplificato le procedure.

Le disposizioni sulla naturalizzazione sono contenute principalmente nei §§ da 8 a 16, da 36 a 38, 40b e 40c della Legge sulla cittadinanza.

Per tutti coloro che non sono tedeschi per diritto di nascita, ma che vogliono diventarlo perché stabilitisi in Germania, la naturalizzazione rappresenta la via principale per poter acquisire la cittadinanza tedesca. La naturalizzazione non avviene in modo automatico, ma previa un’apposita richiesta (Antrag) da parte dell’interessato.

Nella fattispecie della naturalizzazione rientrano gli stranieri residenti stabilmente e regolarmente in Germania, i coniugi stranieri di cittadini tedeschi e i figli minori.

Ai sensi del § 10 della Legge sulla cittadinanza, uno straniero che desideri ottenere la naturalizzazione deve possedere i seguenti requisiti:

·      otto anni di residenza stabile e legale sul territorio federale tedesco [il termine non si applica al coniuge straniero e ai figli minori, che possono essere naturalizzati contemporaneamente al richiedente anche se risiedono legalmente in Germania da un periodo di tempo inferiore (§ 1o, comma 2), e non si interrompe per soggiorni all’estero fino a sei mesi (§ 12b, comma 1)];

·      il possesso della capacità di agire (minimo 16 anni), in conformità con le disposizioni contenute nell’articolo 80, comma 1, della Legge sul soggiorno, o una rappresentanza legale;

·      il rispetto e l’osservanza dell’ordinamento libero e democratico stabilito nella Legge fondamentale tedesca;

·      il diritto di soggiorno a tempo indeterminato o un permesso di soggiorno rilasciato ai sensi del § 4, comma 3, della Legge sulla cittadinanza o un regolare permesso di soggiorno rilasciato per uno degli scopi previsti nei §§ 16, 17, 20, 22, 23, comma 1, 23a, 24 e 25, comma da 3 a 5 della Legge sul soggiorno;

·      la capacità di assicurare il mantenimento proprio e dei familiari a carico, senza far ricorso a sussidi sociali (Sozialhilfe) o all’indennità di disoccupazione (Arbeitslosengeld II). Con la riforma del 2007, anche le persone al di sotto dei 23 anni che aspirano alla naturalizzazione devono provvedere al proprio sostentamento senza ricorrere ai sostegni economici previsti nel Secondo Libro del Codice sociale (Sicurezza di base per le persone in cerca di lavoro) e nel Dodicesimo Libro del Codice Sociale (Pubblica assistenza);

·      la rinuncia o la perdita della cittadinanza d’origine. La legge di riforma del 2007 consente, tuttavia, a tutti i cittadini dell’Unione europea e della Svizzera di conservare la propria cittadinanza d’origine (§ 12, comma 2);

·      l’assenza di condanne penali per aver compiuto atti contrari alla legge o di misure di correzione e di sicurezza. La riforma ha reso più rigorosi i limiti per i reati penali minori: è escluso dalla procedura di naturalizzazione chi è stato condannato ad una pena pecuniaria che superi i 90 tassi giornalieri o una pena detentiva di durata superiore ai tre mesi;

·      la dimostrazione di una sufficiente conoscenza della lingua tedesca;

·      la conoscenza dell’ordinamento sociale e giuridico tedesco nonché delle condizioni di vita in Germania a cui il candidato alla naturalizzazione deve conformarsi.

 

La conoscenza della lingua tedesca rappresenta una delle condizioni fondamentali per ottenere la cittadinanza e per integrarsi nel tessuto sociale e politico del Paese. La riforma del 2007 ha stabilito che, per ottenere la naturalizzazione, il candidato deve superare un esame scritto ed orale di lingua tedesca e conseguire il Zertifikat Deutsch, equivalente al livello B1 del Quadro Comune Europeo di Riferimento per la conoscenza delle Lingue (per i minori fino a 16 anni è sufficiente una conoscenza della lingua adeguata alla loro età). Sono escluse da tale obbligo le persone impedite da malattie fisiche o mentali.

Il § 10, comma 3 della Legge sulla cittadinanza prevede la possibilità, per gli stranieri che abbiano frequentato e superato con successo un corso di integrazione (Integrationskurs) certificato dall’Ufficio federale per la migrazione e i profughi (Bundesamt für Migration und Flüchtlinge), di ridurre di un anno (da otto a sette) il periodo minimo di soggiorno richiesto per ottenere la naturalizzazione.

Infine, a partire dal 1 settembre 2008 è obbligatorio dimostrare di conoscere l’ordinamento sociale e giuridico tedesco nonché le condizioni di vita in Germania attraverso il superamento di un test di naturalizzazione (Einbürgerungstest), dal quale sono comunque esonerate le persone impedite da malattie fisiche o mentali. Per la preparazione dell’esame sono messi a disposizione corsi di naturalizzazione (Einbürgerungskurse) la cui partecipazione, tuttavia, non è obbligatoria (§ 10, comma 5).

Le disposizioni relative alla naturalizzazione degli stranieri si applicano anche nel caso di matrimonio o di convivenza registrata (Lebenspartnerschaft) con cittadini tedeschi, fattispecie detta della “naturalizzazione dovuta” (Soll-Einbürgerung o In-der-Regel Einbürgerung) regolata dal § 9. La naturalizzazione è concessa, nel rispetto delle condizioni previste al § 8, qualora si sia persa o si rinunci alla cittadinanza d’origine e si dimostri la conoscenza delle condizioni di vita in Germania nonché della lingua tedesca. Anche i figli minori dei coniugi o dei conviventi registrati stranieri possono essere naturalizzati. In questo caso, il periodo di soggiorno richiesto per presentare la relativa richiesta è ridotto da otto a tre anni, mentre la durata del matrimonio o della convivenza registrata deve essere di almeno due anni.

Per coloro ai quali viene riconosciuto il diritto di asilo ai sensi dell’art. 16a della Legge fondamentale, per i rifugiati ufficialmente riconosciuti in base alla Convenzione di Ginevra e per gli apolidi la procedura è più breve, essendo sufficienti sei anni di soggiorno per ottenere la cittadinanza.

I §§ 13 e 14 della Legge sulla cittadinanza riguardano altre due fattispecie di “naturalizzazione discrezionale” (Kann-Einbürgerung o Ermessenseinbürgerung). Si tratta, rispettivamente, della naturalizzazione di ex cittadini tedeschi che risiedono abitualmente all’estero e dei loro figli minori legittimi e adottivi, e della naturalizzazione di cittadini stranieri che vivono all’estero e mantengono legami particolari con la Germania, tali da giustificarne la naturalizzazione.

Le domande di naturalizzazione possono essere presentate alle competenti autorità locali dopo il compimento del sedicesimo anno di età.

In base al § 38, comma 2, della Legge sulla cittadinanza è richiesta una tassa di naturalizzazione (Gebühr) di 255 euro. Per i figli minori che non sono economicamente indipendenti l’importo è di 51 euro.

Al formulario, predisposto dalle autorità locali per la richiesta di naturalizzazione, devono essere allegati i seguenti documenti: una foto formato tessera, il passaporto con il permesso di soggiorno, il certificato di nascita, il certificato di matrimonio, se è richiesta anche la naturalizzazione del coniuge, un documento che indichi lo stipendio percepito (Verdienstbescheinigung) ed eventualmente un certificato del datore di lavoro, e per ultimo un certificato di un istituto (legalmente riconosciuto) che attesti le competenze linguistiche.

Infine, con la Legge di modifica della legge sulla cittadinanza (Gesetz zur Änderung des Staatsangehörigkeitsgesetzes) del 5 febbraio 2009, è stata introdotta la possibilità di revocare o annullare la naturalizzazione o l’autorizzazione a conservare la cittadinanza tedesca qualora l’atto amministrativo sia stato ottenuto attraverso l’inganno, la minaccia o la corruzione o mediante il rilascio di informazioni false o incomplete. Ai sensi del nuovo § 35 la revoca, che ha effetto retroattivo, può aver luogo fino alla scadenza del quinto anno dalla notificazione dell’avvenuta naturalizzazione o dal rilascio dell’autorizzazione al mantenimento della cittadinanza tedesca. In base alle nuove disposizioni, è punito con una pena detentiva fino a cinque anni o con una pena pecuniaria chi, allo scopo di ottenere la naturalizzazione per sé o per un altro soggetto, fornisce false o incomplete informazioni. Inoltre, nel valutare gli effetti dell’atto amministrativo di accettata contestazione della paternità su un figlio minore ai fini della revoca della cittadinanza tedesca, il legislatore ha stabilito che tale perdita non si verifica qualora il figlio abbia superato il quinto anno di età. Diversamente, per i figli al di sotto dei cinque anni la revoca è autorizzata poiché il minore, data la sua giovane età, non ha ancora sviluppato la consapevolezza della propria cittadinanza e, dunque, non viene violato il principio sancito all’articolo 16, comma 1, della Legge fondamentale.

 

La cittadinanza doppia o plurima

Nella normativa vigente resta valido il principio generale per cui non è ammessa la cittadinanza doppia o plurima (Vermeidung von Doppelter Staatsangehörigkeit - Mehrstaatigkeit). Coloro che intendono acquisire la cittadinanza tedesca attraverso la naturalizzazione devono, quindi, rinunciare a quella d’origine.

Esistono, tuttavia, delle circostanze, previste al § 12 della Legge sulla cittadinanza, che rappresentano un’eccezione alla regola generale, giustificate dal fatto che talvolta non è possibile rinunciare alla propria nazionalità, perché l’ordinamento del Paese di origine non lo prevede o perché lo Stato straniero regolarmente respinge le richieste[4]. La legge prevede alcune eccezioni anche nel caso di persone molto anziane, di profughi e rifugiati politici e qualora la rinuncia comporti il versamento di tasse particolarmente elevate o determini l’insorgenza di gravi pregiudizi di natura economica o patrimoniale. Inoltre, a partire dal 28 agosto 2007, la rinuncia alla nazionalità d’origine non è necessaria se il richiedente è un cittadino di uno Stato membro dell’Unione europea, della Svizzera o di un altro Stato con il quale la Repubblica federale tedesca ha stipulato una convenzione di diritto internazionale (§ 12, commi 2 e 3). Sempre sulla base delle misure introdotte nel 2007, anche i cittadini tedeschi non perdono automaticamente la loro cittadinanza qualora acquisiscano quella di uno Stato membro dell’Unione europea, della Svizzera o di un altro Stato con il quale la Repubblica federale tedesca ha stipulato una convenzione di diritto internazionale (§ 25, comma 1).

I cittadini tedeschi che desiderino ottenere la cittadinanza di un altro Stato senza perdere quella del Paese di origine possono richiedere la cosiddetta autorizzazione al mantenimento della cittadinanza tedesca (Beibehaltungsgenehmigung) che può essere concessa a discrezione dalle competenti autorità nazionali dopo aver ponderato gli interessi pubblici e privati (§ 25, comma 2).


Riferimenti normativi

La cittadinanza britannica è disciplinata dal British Nationality Act 1981, entrato in vigore il 1° gennaio 1983 e più volte modificato nei decenni successivi, principalmente dalle seguenti leggi: British Overseas Territories Act 2002, Nationality, Immigration and Asylum Act 2002, Immigration, Asylum and Nationality Act 2006, UK Borders Act 2007 e Borders, Citizenship and Immigration Act 2009.

 

La disciplina generale della cittadinanza

L’istituto della cittadinanza si articola in modi distinti a seconda degli ambiti territoriali di provenienza della persona. Oltre alla cittadinanza britannica propriamente detta - relativa al Regno Unito, alle Isole del Canale e all’Isola di Man -, la legge contempla infatti altre forme di nazionalità, quali la British Dependent Territories Citizenship e la British Overseas Citizenship, disciplinate da disposizioni particolari. Norme specifiche si applicano, inoltre, alle peculiari condizioni di British subject e di British protected person, riconosciute ai cittadini di determinati Stati esteri per ragioni legate ai tradizionali rapporti dei loro Paesi di origine con il Regno Unito.

L’acquisizione della cittadinanza per nascita

La persona nata (o adottata) nel Regno Unito acquista la cittadinanza (attraverso l'apposita "registration") se uno dei genitori sia già cittadino britannico al momento della nascita; oppure se uno dei genitori, cittadino non britannico, si sia stabilito nel Regno Unito (“settled”), ovvero vi risieda a tempo indeterminato e senza soggiacere ai limiti temporali previsti dalla legislazione in materia di immigrazione (in precedenza collegati, di norma, al conseguimento di un permesso di lavoro).

Qualora al momento della nascita i genitori non siano cittadini britannici né siano stabiliti nel Regno Unito, la persona nata nel territorio nazionale ha titolo a richiedere il riconoscimento della cittadinanza nei casi seguenti:

·      qualora uno dei genitori divenga successivamente cittadino britannico o si stabilisca nel Regno Unito; in tal caso, però, il figlio deve farne espressa richiesta entro i 18 anni di età;

·      qualora il richiedente abbia vissuto nel Regno Unito per i dieci anni successivi alla nascita non assentandosi per più di 90 giorni; in tal caso non è previsto alcun limite di tempo per richiedere la cittadinanza;

·      qualora la persona abbia la cittadinanza britannica dei Territori d'Oltremare, e per almeno cinque anni abbia legalmente risieduto nel Regno Unito senza assentarsi per più di 450 giorni durante il quinquennio o per più di 90 negli ultimi dodici mesi.

 

In mancanza dei previsti requisiti, la concessione della cittadinanza britannica alla persona nata sul suolo nazionale è di competenza discrezionale del Ministro dell'Interno (Home Secretary).

Nel Regno Unito, pertanto, lo ius soli opera quale criterio abilitativo per il conferimento della cittadinanza al minore straniero se nato da genitore residente nel Regno Unito (e in regola con le norme sull’immigrazione) o se residente nel Paese nei dieci anni successivi alla nascita, mentre i tempi della residenza finalizzata alla naturalizzazione ammontano a cinque anni.

La naturalizzazione dei cittadini stranieri

La legislazione disciplina i casi di acquisto della cittadinanza britannica da parte della persona non nata sul suolo nazionale. Oltre alle norme specifiche previste per casi particolari (concernenti le persone nate nei Territori individuati dalle disposizioni del 2002 - a tale scopo denominati “qualifying territories” - e da genitori di cui almeno uno sia cittadino britannico oppure stabilito nel Regno Unito), la disciplina prevede particolari procedure di naturalizzazione degli stranieri (“naturalization”) provenienti da Stati appartenenti al Commonwealth oppure in possesso della cittadinanza irlandese.

Al di fuori di questi casi, la legislazione ha finora stabilito che il coniuge straniero di un cittadino britannico (così come il partner straniero di un’unione civile ai sensi del Civil Partnership Act 2004) possa conseguire la cittadinanza dopo aver vissuto legalmente e in modo continuativo per almeno un triennio nel Regno Unito, purché in possesso dei requisiti prescritti per la naturalizzazione, personali e “residenziali”. Oltre alla maggiore età e alle necessarie condizioni di salute mentale (sound mind and good character) e di onorabilità, l’aspirante cittadino deve comprovare di essere residente nel Regno Unito e di avervi soggiornato, in modo legittimo e continuativo, nei tre anni precedenti (con assenze non superiori a 270 giorni nel triennio e a 90 giorni nell’ultimo anno).

Più stringenti requisiti temporali sono previsti per l’acquisizione della cittadinanza al di fuori del matrimonio. Il richiedente, in tale ipotesi, oltre al possesso dei noti requisiti personali, deve dimostrare di essere stabilito nel Regno Unito da almeno un anno e di avervi vissuto regolarmente per i cinque anni precedenti senza rilevanti interruzioni (per non più di 450 giorni nel quinquennio e di 90 giorni nell’anno precedente la domanda).

Dal 1° novembre 2005, inoltre, è stato gradualmente introdotto per gli aspiranti cittadini l’obbligo di sottoporsi a due prove, predisposte l’una per verificare la loro sufficiente conoscenza della lingua inglese, gallese o gaelica scozzese (livello Entry 3 dell’English for Speakers of Other Languages - ESOL), l’altra il possesso di nozioni sulla vita nel Regno Unito (Life in the UK Test), svolta nella forma di domande sulle istituzioni sociali e civili del Paese (i due esami possono essere sostenuti dopo aver seguito appositi corsi a pagamento tenuti da organismi abilitati). I neo-cittadini sono infine chiamati a partecipare, a livello locale, a “cerimonie della cittadinanza” nella cui circostanza essi prestano un giuramento solenne (Oath and Pledge to the United Kingdom[5]).

Nel sistema vigente la domanda di cittadinanza, in linea di principio, può essere respinta dal Ministero degli Interni (Home Office) senza l’obbligo di atto motivato, sebbene la giurisprudenza, pur senza affermare l’esistenza di un right of appeal in capo al richiedente, abbia in alcuni casi obbligato l’autorità ministeriale a rendere noti i motivi del rigetto e ad esaminare le deduzioni del richiedente prima della decisione definitiva. La legislazione antiterrorismo ha altresì previsto che, con decisione del Ministro competente, possa essere revocata la cittadinanza britannica alla persona che, dopo averla conseguita, sia stata riconosciuta responsabile di atti seriamente pregiudizievoli per gli interessi vitali del Regno Unito. Per tale decisione di revoca, che si aggiunge a quella già prevista in caso di frode, false dichiarazioni o occultamento di fatti, la legge ammette il diritto di ricorso.

 

Il dibattito sulla riforma della cittadinanza

La disciplina introdotta dalla legge del 2009 costituisce l’approdo di un dibattito pluriennale sulla cittadinanza e sulle modalità della sua acquisizione, di cui è utile richiamare gli snodi essenziali.

Un primo antecedente del Borders, Citizenship and Immigration Act 2009 può individuarsi nei risultati dell’inchiesta sul tema della cittadinanza affidata, nel 2007, dal Governo Laburista allora in carica al coordinamento di Lord Goldsmith (in precedenza titolare dell’ufficio dell’Attorney General), nel quadro degli interventi annunciati nel più ampio programma di riforma istituzionale noto complessivamente come The Governance of Britain.

I principali termini di riferimento dell’indagine erano individuati nel sistema di diritti e doveri che, in una società democratica e aperta, debbono qualificare la cittadinanza britannica assieme ai diritti riconosciuti all’individuo dallo Human Rights Act 1998; nelle differenze tra le diverse categorie di nazionalità; nella relazione esistente tra residenza, nazionalità e cittadinanza, anche in prospettiva della previsione di incentivi per l’acquisizione del relativo status; nella partecipazione civica dei cittadini e dei residenti sul territorio nazionale, anche con riguardo all’esercizio del diritto di voto e alla partecipazione alle giurie popolari.

La relazione finale, presentata al Primo Ministro l’11 marzo 2008 ed intitolata Citizenship, Our Common Bond, si apriva con una ricostruzione storica del concetto politico e giuridico di cittadinanza come evolutosi nel Regno Unito, e, dopo aver delineato la sfera dei diritti e dei doveri implicati dallo status di cittadino (tradizionalmente delimitata dalle coordinate del diritto di protezione e del dovere di fedeltà e di obbedienza alla legge), proseguiva prendendo in esame la possibilità di estendere e garantire il godimento di alcuni dei diritti del cittadino a determinate categorie di residenti (diritto di elettorato attivo, accesso ai servizi sociali e all’istruzione).

Di tali innovazioni legislative il rapporto Goldsmith riconosceva, tuttavia, il rilievo solo parziale, nella convinzione che il consolidamento del legame sociale sotteso al rapporto di cittadinanza passasse anche attraverso il piano sociale e culturale. Per consentire il radicarsi di un senso di appartenenza nazionale (anche se non necessariamente esclusivo in rapporto a diverse provenienze culturali) veniva prospettata, tra l’altro, l’opportunità di non trascurare le forme esteriori e celebrative dell’identità nazionale: a tale scopo veniva raccomandata l’adozione di iniziative dirette ad istituire un “giorno nazionale”, ad introdurre un cerimoniale per l’acquisizione della cittadinanza e a favorire, in ogni caso, una divulgazione discorsivo-narrativa, oltre che un’esposizione di tipo giuridico-formale, dei diritti e doveri del cittadino. A questo riguardo, nella relazione finale dell’inchiesta era ampiamente sottolineato il ruolo dell’istruzione primaria.

Il tema della revisione delle regole sulla cittadinanza è stato oggetto di un ulteriore documento di consultazione, The path to citizenship: next steps in reforming the immigration system, pubblicato nel febbraio 2008 dalla UK Borders Agency (autorità indipendente investita di compiti regolamentari, ispettivi e consultivi in materia di disciplina dell’immigrazione). L’attribuzione della cittadinanza britannica vi era configurata quale risultato della graduale integrazione dello straniero nel Regno Unito, compiuta secondo determinate modalità procedimentali e sottoposta a puntuali verifiche. Veniva perciò messa in rilievo la modulazione del percorso per acquisire la cittadinanza a partire da una considerazione delle qualità personali degli stranieri sotto l’aspetto dell’esperienza, della capacità professionale e della partecipazione sociale, sottoposte ad una valutazione espressa mediante un punteggio basato su criteri prestabiliti.

 

Immigrazione e “sistema a punti”

Lo schema del Points-Based System (sistema a punti), introdotto nel 2008 con la riforma delle Immigration Rules[6] e mutuato dall’esperienza australiana, consiste nella previa valutazione - espressa in punti - di determinati requisiti dell’aspirante cittadino e rispecchia un criterio selettivo già operante per l’ingresso del lavoratore straniero immigrato nel Regno Unito. Esso si correla ad un percorso preordinato - secondo l’originaria impostazione del Governo laburista che lo introdusse - a consentire allo straniero l’acquisto della cittadinanza.

Le norme sull’immigrazione prevedono infatti che agli economic migrants venga attribuito un punteggio sulla base principale delle loro competenze ed esperienze professionali; il sistema risponde all’esigenza di regolare i flussi migratori verso il Regno Unito in funzione delle necessità del sistema produttivo nazionale e ad attrarre le persone dotate di maggiore qualificazione.

Adottato in sostituzione del precedente criterio fondato sulle chiamate nominative dei lavoratori stranieri[7], il Points-Based System si articola nella predisposizione di cinque differenti “canali”, ciascuno corrispondente ad una particolare categoria di immigrati (provenienti da Paesi non appartenenti all’Area Economica Europea):

·      il primo è dedicato agli stranieri la cui elevata specializzazione professionale o culturale è considerata utile per la crescita economica e per la produttività nazionale (Tier 1);

·      al secondo accedono i lavoratori stranieri specializzati (skilled workers) di cui i datori di lavoro hanno bisogno e che non è possibile reperire sul mercato del lavoro interno (Tier 2);

·      il terzo è limitato a contingenti di lavoratori a bassa specializzazione, dei quali vi sia bisogno per colmare temporanee carenze (Tier 3);

·      il quarto è riservato agli studenti autorizzati a soggiornare nel Regno Unito per il periodo dei loro studi (Tier 4);

·      il quinto riguarda la mobilità giovanile e i lavoratori temporanei, in relazione al rilascio di permessi di soggiorno a tempo per le attività di organizzazioni con finalità culturali, religiose o di aiuto allo sviluppo (Tier 5)[8].

 

In corrispondenza di ciascun canale di ingresso, il punteggio è attribuito in base a parametri che si correlano al titolo di studio, all’età, al reddito precedente, alla conoscenza della lingua inglese e delle istituzioni del Regno Unito, alla buona condotta, alla partecipazione civica (active citizenship).

L’ingresso attraverso i primi due canali consente il soggiorno nel Regno Unito per un periodo iniziale di tre anni, rinnovabile per altri due (in presenza di determinati requisiti); dopo il quinquennio lo straniero può fare richiesta di stabilirsi (settlement) nel Paese.

Su questa esperienza si sono innestati i successivi indirizzi di riforma enunciati dal Governo laburista[9], che durante il suo mandato prospettò la possibilità di acquisire la cittadinanza per naturalizzazione da parte degli stranieri stabiliti nel Regno Unito mediante il sistema a punti.

Facendo riferimento ai differenti “canali” sopra richiamati, la cittadinanza britannica, nei propositi del Governo laburista, avrebbe potuto essere conseguita dagli economic migrants entrati nel Regno Unito attraverso i Tier 1 e 2 ed abilitati al soggiorno temporaneo (temporary residence). Ottenuto, successivamente, il riconoscimento dello status transitorio (e limitato nel tempo) costituito dalla probationary citizenship, essi avrebbero potuto procedere - dimostrando di aver “meritato” il relativo diritto - verso l’acquisto della cittadinanza pleno jure dopo non meno di un anno (oppure della permanent residence – da convertire in seguito nella piena cittadinanza - dopo non meno di un triennio). Nel regime così delineato, lo straniero avrebbe dunque potuto conseguire, procedendo con una condotta meritoria, la cittadinanza (si è infatti parlato, al riguardo, di earned citizenship); e a tal fine il legislatore aveva previsto che, a decorrere dal giugno 2011, si sarebbero applicate le nuove regole, dirette a rendere operante, per gli immigrati regolarmente soggiornanti nel Paese, il requisito della probationary citizenship in luogo di quello della residenza ultraquinquennale (permanent residence) quale titolo abilitativo per l’accesso alla cittadinanza.

Il Borders, Citizenship and Immigration Act 2009

Un primo tassello della riforma annunciata dal legislatore si è avuto nel luglio 2009.

Il Borders, Citizenship and Immigration Act 2009 ha introdotto modifiche puntuali (entrate in vigore il 13 gennaio 2010) concernenti alcuni dei requisiti prescritti per l’acquisizione della cittadinanza per naturalizzazione (oltre ad innovare taluni profili relativi alle altre forme di acquisto della medesima). Tra le modifiche di maggior rilievo si segnalano le previsioni relative alla buona condotta (good character) e alla sufficiente conoscenza della lingua inglese (oppure scozzese o gaelica) e delle istituzioni e tradizioni del Regno Unito, di cui deve dimostrare il possesso colui che aspiri ad acquisire la cittadinanza per naturalizzazione (art. 39).

Il requisito del matrimonio o dell’essere membro di una civil partnership, d’altra parte, è stato sostituito dalla nuova legge con il più ampio riferimento alla necessaria esistenza di una “relazione familiare” (relevant family association) che abbia legato, per l’arco temporale previsto dalla disciplina dei termini (qualifying period), l’aspirante cittadino alla persona che già detiene tale status (art. 40); il requisito suddetto è ora aggiornato alla luce della recente introduzione del Marriage (Same Sex Couples) Act 2013.

In conclusione, può dirsi che un più ampio ricorso ai criteri valutativi prima sperimentati in materia di immigrazione e, in particolare, la loro applicazione nel quadro delle procedure di conferimento della cittadinanza agli stranieri, abbiano costituito le coordinate della nuova disciplina della cittadinanza, nel segno di una rigorosa valorizzazione del profilo qualitativo della presenza dello straniero sul territorio nazionale.

 

Recenti sviluppi

L’impianto generale della disciplina vigente è stato finora mantenuto da parte dell’attuale Governo di coalizione conservatrice-liberaldemocratica. Tuttavia, all’epoca del suo insediamento nel 2010, esso ha annunciato la decisione di non proseguire nell’attuazione del sistema cosiddetto di earned citizenship, ritenendo che il rilievo assuntovi dallo stabilimento (settlement) sia tale da rendere perseguibile con eccessiva facilità, da parte dell’immigrato, il passaggio dal regime di soggiorno temporaneo a quello di permanent residence, e con ciò il conseguimento dei requisiti per la successiva acquisizione della cittadinanza.

Il Governo, inoltre, il 6 aprile 2013 ha messo mano ad alcune modifiche delle Immigration Rules al fine di prevederne una serie di semplificazioni procedurali. Nel contempo, per il conseguimento dei titoli di soggiorno nel territorio nazionale è stata annunciata l’introduzione, a partire dal 28 ottobre 2013, di un test di conoscenza linguistica di più elevatà complessità. Tale iniziativa si correla all’orientamento, ribadito più di recente dal Governo, di introdurre misure di contenimento degli attuali livelli di immigrazione attraverso una revisione dei criteri di soggiorno nel territorio nazionale.

 

 


Riferimenti normativi

Costituzione spagnola del 27 dicembre 1978, art. 11

Codice civile, artt. 17-28

 

La cittadinanza d’origine

La Costituzione spagnola del 1978, all’articolo 11, rinvia a una legge attuativa per quanto concerne le modalità di acquisizione, conservazione e perdita della cittadinanza (nacionalidad), limitandosi a porre il principio generale del divieto della privazione della cittadinanza nei confronti degli spagnoli d’origine. Un’ulteriore disposizione riguarda la possibilità di sottoscrivere trattati internazionali sulla “doppia cittadinanza” (doble nacionalidad) con i Paesi ispano-americani o con altri Paesi che abbiano mantenuto particolari legami con la Spagna, sulla base del principio di reciprocità[10].

La normativa specifica sul diritto di cittadinanza è contenuta nel codice civile, all’interno del Libro primo “Delle persone”, nel Titolo I “Degli spagnoli e degli stranieri” (artt. 17-28, modificati con la legge 36/2002, dell’8 ottobre 2002).

In particolare, sono spagnoli d’origine:

·      i nati da padre o madre spagnoli;

·      i nati in Spagna da genitori stranieri, se almeno uno di essi è nato in Spagna, ad eccezione dei figli di funzionari diplomatici o consolari accreditati in Spagna;

·      i nati in Spagna da genitori stranieri, se entrambi non possiedono alcuna cittadinanza o la legislazione dei loro Paesi d’origine non assegna al figlio la cittadinanza;

·      i nati in Spagna la cui filiazione non risulti accertata. In tal caso si considerano nati nel territorio nazionale i minori di età il cui primo luogo conosciuto di soggiorno sia la Spagna.

 

Nel caso in cui la filiazione o la nascita in Spagna siano accertate dopo il compimento del diciottesimo anno di età, l’interessato non acquista automaticamente la cittadinanza spagnola d’origine, ma ha due anni di tempo per optare in tal senso.

Nella circostanza opposta, cioè laddove si scopra successivamente la mancanza di uno dei requisiti fondamentali per il possesso della cittadinanza spagnola d’origine, se l’interessato, fatta salva la sua buona fede, è stato considerato cittadino spagnolo per almeno dieci anni ininterrotti, con iscrizione regolare presso i registri dello stato civile, mantiene la cittadinanza.

È infine cittadino d’origine lo straniero, minore di diciotto anni, che viene adottato da uno spagnolo.

 

La cittadinanza mediante opzione

In aggiunta ai casi di possesso della cittadinanza d’origine, è possibile, come già accennato (accertamento della nascita o filiazione in Spagna dopo il compimento del diciottesimo anno di età), optare per la cittadinanza spagnola; tale possibilità è prevista, infatti, anche per gli adottati nella maggiore età, purché esercitino tale opzione entro i due anni dall’adozione.

Il codice civile individua inoltre altre due categorie che possono esercitare il diritto d’opzione:

·      le persone che siano, o siano state, soggette alla patria potestà di uno spagnolo;

·      coloro il cui padre o madre, nato in Spagna, abbia avuto in passato la cittadinanza spagnola[11].

 

La dichiarazione di opzione va fatta dall’interessato, se maggiorenne e con piena capacità giuridica; per i minorenni, purché maggiori di quattordici anni, è richiesta l’assistenza di un rappresentante legale. Per i minori di quattordici anni, infine, è possibile soltanto la richiesta inoltrata da un rappresentante legale dell’optante, autorizzata dall’ufficiale di stato civile del domicilio del richiedente, ascoltato il parere del pubblico ministero e nell’interesse del soggetto.

In caso di dichiarazione effettuata direttamente dall’interessato in possesso della maggiore età, è previsto, anche per chi è stato soggetto alla patria potestà di un cittadino, il termine di due anni per far valere l’opzione, mentre tale termine non si applica nel caso di chi ha avuto un genitore nato in Spagna e che era stato, in passato, cittadino spagnolo.

Trascorso il termine di due anni è comunque ancora possibile ottenere la cittadinanza, ma attraverso la “acquisizione” della stessa e previo il requisito della “residenza legale”.

 

L’acquisizione della cittadinanza

La cittadinanza spagnola può anche essere acquisita con due modalità: in primo luogo attraverso il rilascio di un “certificato di cittadinanza” (carta de naturaleza) mediante “Real Decreto”, emanato a discrezione dell’autorità competente, ma soltanto nei casi in cui il richiedente si trovi in “circostanze eccezionali”[12]; in secondo luogo, nella maniera più frequente, l’ottenimento della cittadinanza avviene con il requisito della “residenza in Spagna”, su concessione del Ministro della giustizia.

In entrambi i casi la domanda va inoltrata con gli stessi criteri già elencati per l’opzione a favore della cittadinanza spagnola, a seconda dell’età del richiedente.

Il requisito fondamentale, per la richiesta in base alla residenza, è appunto quello della “residenza legale e continuata” in Spagna per un periodo di 10 anni, come regola generale.

Per tale criterio di base sono tuttavia previste alcune eccezioni favorevoli:

·      per coloro che sono stati riconosciuti come rifugiati politici: 5 anni di residenza;

·      per i cittadini d’origine dei Paesi ispano-americani, per quelli di Andorra, Filippine, Guinea Equatoriale, Portogallo e per i sefarditi: 2 anni di residenza;

·      per coloro che sono nati in Spagna: 1 anno di residenza;

·      per coloro che sono sposati con un cittadino spagnolo da almeno un anno e non sono separati legalmente o di fatto: 1 anno di residenza;

·      per coloro che sono, o sono stati, soggetti legalmente alla tutela, alla custodia o all’affidamento di un cittadino o di un ente spagnolo per due anni consecutivi: 1 anno di residenza;

·      per i vedovi o le vedove di uno spagnolo o di una spagnola, se alla morte del coniuge non vi era separazione legale o di fatto: 1 anno di residenza;

·      per i nati fuori dalla Spagna, ma con un genitore o un nonno che ha avuto, in passato, la cittadinanza spagnola: 1 anno di residenza;

·      per coloro che non hanno fatto valere, in passato, il diritto di opzione per la cittadinanza spagnola: 1 anno di residenza.

 

La domanda, rivolta al Ministro della giustizia, va presentata presso l’ufficio di stato civile dove si trova il domicilio del richiedente, corredata dai diversi certificati richiesti per le differenti fattispecie sopra elencate e, in ogni caso, da un certificato della Direzione generale di Polizia che attesti la durata della residenza legale e continuata in Spagna.

L’interessato deve inoltre attestare “buona condotta civica e sufficiente grado di integrazione nella società spagnola”.

A tale proposito sono richiesti, oltre ai certificati concernenti i precedenti penali, in Spagna e nel Paese di provenienza, anche un certificato che attesti l’iscrizione a tutti i ruoli anagrafici e tributari (certificado de empadronamiento); lo straniero deve inoltre dimostrare quali sono i suoi mezzi di sostentamento in Spagna.

Il Ministro della giustizia può respingere la richiesta di cittadinanza con decisione motivata, per ragioni di ordine pubblico o d’interesse nazionale. Tale atto è impugnabile in via amministrativa.

La concessione della cittadinanza, sia mediante opzione sia a seguito di rilascio del “certificato di cittadinanza” o per acquisizione con residenza in Spagna, decade automaticamente dopo 180 giorni se la persona interessata, nel caso sia maggiore di quattordici anni e in pieno possesso della capacità giuridica ad agire, non compie i seguenti atti:

·      dichiara o promette fedeltà al Re e obbedienza alla Costituzione e alle leggi;

·      dichiara di rinunciare alla sua cittadinanza di origine, ad eccezione di coloro che provengono dai Paesi ispano-americani e da Andorra, Filippine, Guinea Equatoriale e Portogallo, in base alla possibilità della “doppia cittadinanza”, prevista all’articolo 11 della Costituzione;

·      registra l’acquisizione della cittadinanza spagnola presso l’ufficio dello stato civile.

 

Infine, disposizioni speciali sull’acquisizione della cittadinanza spagnola, non inserite nel codice civile, sono state introdotte con la settima disposizione aggiuntiva della Ley 52/2007, de 26 de diciembre, por la que se reconocen y amplían derechos y se establecen medidas en favor de quienes padecieron persecución o violencia durante la guerra civil y la dictadura (tale disposizione è entrata in vigore il 27 dicembre 2008)[13].

Le disposizioni, di natura temporanea, hanno consentito infatti la richiesta di acquisizione della cittadinanza spagnola, entro un periodo di due anni a partire dalla data di entrata in vigore della settima disposizione aggiuntiva, poi prorogato per un ulteriore periodo di un anno, fino al 27 dicembre 2011, con decisione del Consiglio dei Ministri del 22 gennaio 2010, per le seguenti due categorie:

·        persone con padre o madre che siano stati spagnoli di origine;

·        nipoti di coloro che persero o dovettero rinunciare alla cittadinanza spagnola come conseguenza dell’esilio.

 

La perdita e il riacquisto della cittadinanza

In base al codice civile perdono la cittadinanza spagnola coloro che, divenuti indipendenti dalla loro famiglia di origine (emancipados), decidano di risiedere abitualmente all’estero, di acquisire volontariamente un’altra cittadinanza o di utilizzare esclusivamente una cittadinanza straniera, che avevano prima della loro emancipazione.

La perdita della cittadinanza spagnola avviene dopo tre anni, calcolati a partire dall’acquisizione della nuova cittadinanza o dall’emancipazione. Gli interessati potranno tuttavia evitare di perdere la cittadinanza spagnola se, entro il tempo indicato, dichiarano di volerla conservare innanzi all’ufficiale di stato civile[14].

L’acquisizione della cittadinanza di uno dei Paesi ispano-americani o di Andorra, Filippine, Guinea Equatoriale e Portogallo non comporta automaticamente la perdita della cittadinanza spagnola, vista la possibilità della doppia cittadinanza.

In ogni caso perdono la cittadinanza spagnola coloro che rinunciano espressamente ad essa, ne mantengono un’altra e risiedono abitualmente all’estero.

Coloro che sono nati e risiedono all’estero, ma sono cittadini spagnoli in quanto figli di padre o madre spagnola, seppure nati all’estero a loro volta, laddove le leggi del Paese gli attribuiscano la cittadinanza dello stesso, perderanno in ogni caso la cittadinanza spagnola, a meno che non dichiarino espressamente di volerla conservare innanzi all’ufficiale dello stato civile, entro tre anni a partire dalla maggiore età o dall’emancipazione[15].

Per gli spagnoli che non sono cittadini d’origine, ma per acquisizione, la perdita della cittadinanza avviene nei seguenti casi:

·      quando, per un periodo di tre anni, utilizzano esclusivamente la cittadinanza alla quale avevano dichiarato di rinunciare per acquisire quella spagnola;

·      quando entrano volontariamente al servizio di Forze armate straniere o rivestono cariche politiche in uno Stato straniero, contro il divieto espresso dal Governo spagnolo.

 

La sentenza definitiva che afferma che l’interessato è incorso nei reati di falsità, occultazione o frode, con riferimento all’acquisizione della cittadinanza spagnola, produce la nullità dell’atto stesso di acquisizione, anche se non deriveranno da ciò effetti pregiudiziali per le terze persone eventualmente coinvolte, purché sia accertata la loro buona fede. L’azione penale di annullamento può essere avviata sia d’ufficio, dal pubblico ministero, sia a seguito di denuncia personale, entro un periodo massimo di quindici anni.

Coloro che abbiano perso la cittadinanza spagnola potranno comunque recuperarla, se in possesso dei seguenti requisiti e con la procedura indicata:

·      avere la residenza legale in Spagna. Tale requisito non è richiesto agli emigranti o ai loro figli. Negli altri casi è possibile, in circostanze eccezionali, ottenere la deroga rilasciata dal Ministro della giustizia;

·      dichiarare, innanzi all’ufficiale dello stato civile, di voler recuperare la cittadinanza spagnola;

·      iscrivere il recupero della cittadinanza nel registro dello stato civile.

 

Per i casi menzionati di annullamento dell’atto di acquisizione della cittadinanza spagnola, per falsità, occultazione o frode, al fine di ottenere il recupero o l’acquisizione della cittadinanza è richiesta anche un’apposita abilitazione, rilasciata discrezionalmente dal Governo spagnolo.

 



[1] La legge n. 2011-672 prevede che anche il livello e le modalità di valutazione del grado di sufficiente conoscenza della storia, della cultura e della società francese, necessari per l’acquisizione della cittadinanza, siano fissati con decreto previo parere del Consiglio di Stato.

[2] Testo aggiornato alle ultime modifiche apportate dall’art. 2 della legge del 1° giugno 2012.

[3] In sostituzione della Legge sugli stranieri è entrata in vigore la Legge sul soggiorno (Aufenthaltsgesetz) del 30 luglio 2004, da ultimo modificata dall’articolo 7 della legge del 17 giugno 2013.

[4] Il Ministero federale dell’interno, in collaborazione con il Ministero federale degli affari esteri, elabora periodicamente una lista dei paesi che non consentono la rinuncia alla cittadinanza. Attualmente, sono l’Afghanistan, l’Algeria, l’Eritrea, l’Iran, Cuba, il Libano, il Marocco, la Siria e la Tunisia.

[5] Può essere utile riportare il testo del giuramento, articolato in tre parti, da pronunciare in occasione delle citizenship ceremonies (fonte: UK Borders Agency):

Oath of allegiance - I (name) swear by Almighty God that on becoming a British citizen, I will be faithful and bear true allegiance to Her Majesty Queen Elizabeth the Second, her Heirs and Successors, according to law.

Affirmation of allegiance - I (name) do solemnly, sincerely and truly declare and affirm that on becoming a British citizen, I will be faithful and bear true allegiance to Her Majesty Queen Elizabeth the Second, her Heirs and Successors, according to law.

Pledge - I will give my loyalty to the United Kingdom and respect its rights and freedoms. I will uphold its democratic values. I will observe its laws faithfully and fulfil my duties and obligations as a British citizen.

 

[6] Fonte normativa secondaria che il Governo è abilitato a modificare e ad integrare a partire dall’Immigration Act 1971. La previsione legislativa di un points-based system, rimesso alla normativa secondaria per la sua disciplina e agli uffici preposti al controllo dell’immigrazione quanto alla sua applicazione, è contenuta nell’UK Borders Act 2007 (l’art. 19, modificando il Nationality, Immigration and Asylum Act 2002, vi introduce il nuovo articolo 85A).

[7] Il sistema precedente prevedeva il rilascio di permessi di soggiorno a lavoratori stranieri designati nominativamente da parte del datore di lavoro stabilito nel Regno Unito; a provvedervi era la UK Borders Agency attraverso la sua articolazione Work Permits.

[8] Di questi criteri di determinazione dei flussi migratori (in particolare del Tier 2) il Governo aveva ipotizzato, nel 2009, una modifica restrittiva, motivata dalla congiuntura economica e diretta a limitare l’ingresso nel territorio nazionale ai soli lavoratori stranieri le cui caratteristiche corrispondano alle richieste del mercato del lavoro. Il tema è stato sottoposto al parere del Migration Advisory Committee (commissione consultiva operante in seno alla UK Borders Agency), affinché valutasse l’opportunità di tali misure e il loro impatto sull’economia nazionale.

Questa commissione ha pubblicato, nell’agosto 2009, un rapporto (Analysis of the Points Based System: Tier 2 and dependants) corredato da alcuni documenti di analisi, in cui si afferma la perdurante validità del “canale di ingresso” per i lavoratori stranieri specializzati (Tier 2) e si raccomanda l’aggiornamento di taluni parametri in base ai quali è formulato il punteggio (con riferimento, in particolare, alla valutazione del titolo di studio e del reddito). Un esame del “sistema a punti”, peraltro, è stato compiuto dalla Commissione Affari Interni della Camera dei Comuni, che il 15 luglio 2009 ha dedicato al tema la sua relazione Managing Migration: The Points Based System.

[9] Tali orientamenti sono enunciati nel documento di consultazione The path to citizenship: next steps in reforming the immigration system, citato in precedenza.

[10] Art. 11 della Costituzione spagnola:

“1. La nazionalità spagnola si acquista, si conserva e si perde conformemente a quanto stabilito dalla legge.

2. Nessun cittadino di origine spagnola potrà essere privato della sua nazionalità.

3. Lo Stato potrà concordare trattati sulla doppia nazionalità con i paesi ibero-americani o con quelli che abbiano mantenuto o che mantengono particolari legami con la Spagna. In questi stessi paesi, quantunque non riconoscano ai propri cittadini un diritto di reciprocità, gli spagnoli potranno naturalizzarsi senza perdere la nazionalità originaria”.

[11] Si tratta di una delle modifiche al codice civile introdotte con la legge 36/2002. La finalità dichiarata della legge è quella di “facilitare la conservazione e la trasmissione della cittadinanza spagnola”, in ottemperanza a quanto previsto nell’art. 42 della Costituzione, che impegna lo Stato nella salvaguardia dei diritti economici e sociali dei lavoratori spagnoli all’estero e nel favorire il loro rientro in Patria.

[12] Si veda ad esempio la concessione della cittadinanza spagnola alle vittime straniere, e ai loro familiari, degli attentati terroristici di Madrid dell’11 marzo 2004, disposta con il Real Decreto 453/2004, de 18 de marzo, sobre concesión de la nacionalidad española a las víctimas de los atentados terroristas del 11 de marzo de 2004.

[13]Adquisición de la nacionalidad española.

1. Las personas cuyo padre o madre hubiese sido originariamente español podrán optar a la nacionalidad española de origen si formalizan su declaración en el plazo de dos años desde la entrada en vigor de la presente Disposición adicional. Dicho plazo podrá ser prorrogado por acuerdo de Consejo de Ministros hasta el límite de un año.

2. Este derecho también se reconocerá a los nietos de quienes perdieron o tuvieron que renunciar a la nacionalidad española como consecuencia del exilio” (settima disposizione aggiuntiva della legge 52/2007).

 

[14] Tale possibilità è stata inserita con la legge 36/2002, al fine di consentire agli interessati di non perdere la cittadinanza spagnola in maniera, per così dire, automatica, cioè solo in conseguenza del trascorrere di un periodo di tempo determinato.

[15] Anche tale disposizione è stata introdotta con la legge 36/2002, sempre con l’intento di evitare la perdita della cittadinanza in modo automatico.