Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento lavoro
Titolo: Falsa attestazione della presenza in servizio e licenziamento disciplinare dei dipendenti pubblici - Atto del Governo 292 - Schede di lettura
Riferimenti:
L N. 124 DEL 07-AGO-15   SCH.DEC 292/XVII
Serie: Atti del Governo    Numero: 288
Data: 19/04/2016
Descrittori:
ASSENZE DAL LAVORO   FALSITA'
LICENZIAMENTO   PUBBLICO IMPIEGO
Organi della Camera: VI-Finanze
XI-Lavoro pubblico e privato


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Falsa attestazione della presenza in servizio e licenziamento disciplinare dei dipendenti pubblici

19 aprile 2016
Atti del Governo


Indice

Contenuto|Relazioni e pareri allegati|Conformità con la norma di delega|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|Formulazione del testo|


Contenuto

Lo schema di decreto legislativo in esame (atto del Governo n. 292) è adottato in attuazione degli articoli 16 e 17, comma 1, lettera s), della legge n. 124/2015, con cui il Governo è stato delegato, nell'ambito del complessivo riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, alla "introduzione di norme in materia di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti finalizzate ad accelerare e rendere concreto e certo nei tempi di espletamento e di conclusione l'esercizio dell'azione disciplinare". A sua volta, il citato articolo 16 definisce i principi e criteri comuni e le disposizioni di carattere procedurale per l'adozione di tre testi unici nei settori del: lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e connessi profili di organizzazione amministrativa; partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche; servizi pubblici locali di interesse economico generale.

 

Per quanto concerne le modalità di esercizio della delega si prevede che i decreti legislativi vengano adottati:

  • entro 18 mesi (dalla data di entrata in vigore delle legge n. 124/2015), quindi entro il 28 febbraio 2017;
  • sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative;
  • previo parere della Conferenza unificata, del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari competenti per materia.

I pareri parlamentari devono essere espressi entro 60 giorni dalla data di trasmissione (ossia entro il l'11 giugno 2016).

Nel caso in cui il Governo non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e motivazione; successivamente, le Commissioni competenti per materia possono esprimersi sulle osservazioni del Governo entro il termine di dieci giorni dalla data della nuova trasmissione.

Le deleghe di cui all'articolo 17 possono essere anche esercitate congiuntamente con quelle inerenti la dirigenza pubblica (di cui all'articolo 11) mediante l'adozione di uno o più decreti legislativi, a condizione però che sia seguita la specifica procedura di razionalizzazione e semplificazione prevista dal precedente articolo 16 e che i decreti delegati siano adottati entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento stesso, ossia entro il 28 agosto 2016 (ai sensi del comma 2 dell'art. 17).
 

Il provvedimento si compone di due articoli.

 

L'articolo 1 modifica l'articolo 55-quater del decreto legislativo n.165/2001, introducendovi cinque ulteriori commi (commi 1-bis, 3-bis, 3-ter, 3-quater e 3-quinquies).

 

Il comma 1-bis specifica ed amplia la portata della fattispecie disciplinare prevista dall'articolo 55-quater, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n.165/2001 ("falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l'alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente"), al fine di far valere anche la responsabilità di coloro che abbiano agevolato, con la propria condotta attiva od omissiva, la condotta fraudolenta. In particolare, si prevede che costituisce falsa attestazione della presenza in servizio qualunque modalità fraudolenta posta in essere, anche avvalendosi di terzi, per far risultare il dipendente in servizio o trarre in inganno l'amministrazione circa il rispetto dell'orario di lavoro.

 

Il comma 3-bis introduce la sospensione cautelare, senza stipendio, del dipendente pubblico in caso di falsa attestazione della presenza in servizio accertata in flagranza ovvero mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze. In particolare, la sospensione è disposta, con provvedimento motivato, dal responsabile della struttura di appartenenza del soggetto (o, ove ne venga a conoscenza per primo, dall'ufficio per i procedimenti disciplinari), in via immediata o comunque entro 48 ore dal momento in cui ne sia venuto a conoscenza. La violazione del termine non determina comunque la decadenza dell'azione disciplinare o l'inefficacia della sospensione cautelare.

 

Il comma 3-ter introduce un procedimento disciplinare accelerato che, in relazione alla falsa attestazione della presenza in servizio accertata in flagranza ovvero mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze, deve concludersi entro 30 giorni innanzi all'ufficio per i procedimenti disciplinari. A tal fine, si prevede che il responsabile della struttura di appartenenza del dipendente, contestualmente al provvedimento di sospensione cautelare (adottato ai sensi del comma 3-bis) trasmetta gli atti all'ufficio per i procedimenti disciplinari, che è tenuto ad avviare immediatamente il procedimento disciplinare.

 

Il comma 3-quater introduce l'azione di responsabilità per danni di immagine della P.A. nei confronti del dipendente sottoposto ad azione disciplinare per falsa attestazione della presenza in servizio. In particolare, si prevede che:

  • la denuncia al pubblico ministero e la segnalazione alla Corte dei conti debbano avvenire entro 15 giorni dall'avvio del procedimento disciplinare;
  • la Procura della Corte dei conti, qualora ne ricorrano i presupposti, emetta invito a dedurre per danno di immagine della P.A. entro 3 mesi dalla conclusione del procedimento disciplinare;
  • l'azione di responsabilità sia esercitata entro i 120 giorni successivi alla denuncia, senza possibilità di proroga, secondo le modalità e i termini previsti dalla normativa vigente sul giudizio di responsabilità amministrativa presso la Corte dei Conti;
L'art. 5 della L. 453/1993 dispone che, prima di emettere l'atto di citazione in giudizio, il procuratore regionale inviti il presunto responsabile del danno a depositare, entro un termine non inferiore a 30 giorni dalla notifica della comunicazione dell'invito, le proprie deduzioni ed eventuali documenti (nello stesso termine il presunto responsabile può chiedere di essere sentito personalmente). Entro 120 giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle deduzioni il procuratore regionale emette l'atto di citazione in giudizio. Tale ultimo termine può essere prorogato con autorizzazione della sezione giurisdizionale competente (la mancata autorizzazione obbliga il procuratore ad emettere l'atto di citazione ovvero a disporre l'archiviazione entro i successivi 45 giorni).
  • l'ammontare del danno risarcibile sia rimesso alla valutazione equitativa del giudice anche in relazione alla rilevanza del fatto per i mezzi di informazione e, comunque, non possa essere inferiore a sei mesi dell'ultimo stipendio in godimento.
 

Il comma 3-quinquies, sempre in relazione ai casi di falsa attestazione della presenza in servizio accertata in flagranza ovvero mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze, amplia la responsabilità, disciplinare e penale, dei dirigenti o, negli enti privi di qualifica dirigenziale, dei responsabili di servizio competenti. In particolare, si prevede che le condotte omissive (omessa comunicazione all'ufficio per i procedimenti disciplinari; omessa attivazione del procedimento disciplinare; omessa adozione del provvedimento di sospensione cautelare) costituiscono illeciti disciplinari punibili con il licenziamento e illeciti penali riconducibili al reato di omissione di atti d'ufficio (art. 328 c.p.).

Nel quadro normativo vigente, la responsabilità dirigenziale si fonda, in particolare, sulle previsioni dell'art. 21 del D.Lgs. 165/2001 che richiama il mancato raggiungimento degli obiettivi accertato attraverso le risultanze del sistema di valutazione o l'inosservanza delle direttive imputabili al dirigente quali elementi che comportano, previa contestazione e ferma restando l'eventuale responsabilità disciplinare secondo la disciplina contenuta nel contratto collettivo, l'impossibilità di rinnovo dell'incarico dirigenziale. In relazione alla gravità dei casi, l'amministrazione può inoltre, previa contestazione e nel rispetto del principio del contraddittorio, revocare prima della scadenza l'incarico collocando il dirigente a disposizione dei ruoli delle amministrazioni dello Stato ovvero recedere dal rapporto di lavoro secondo le disposizioni del contratto collettivo. Tale impostazione è stata profondamente modificata con la legge 145/2002, superando il precedente impianto normativo in base al quale la responsabilità dirigenziale era ricondotta essenzialmente ai "risultati negativi della gestione". Al di fuori di tali ipotesi, in caso di colpevole violazione del dovere di vigilanza sul rispetto, da parte del personale assegnato ai propri uffici, degli standard quantitativi e qualitativi fissati dall'amministrazione può essere disposta la decurtazione della retribuzione di risultato.
La responsabilità disciplinare si concretizza in una violazione del codice disciplinare rinvenibile nel contratto collettivo richiamato dal contratto individuale o nella violazione dei precetti fissati dagli artt. 55 e seguenti del D.Lgs. n. 165 del 2001 o dal codice di comportamento. La titolarità ad accertare la responsabilità disciplinare risiede in capo al dirigente di struttura o all'Ufficio per i procedimenti disciplinari.
 
Per quanto riguarda la giurisprudenza costituzionale intervenuta sulla materia, si ricorda in particolare che la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 103/2007, ha precisato che la prevista contrattualizzazione della dirigenza non implica che la pubblica amministrazione abbia la possibilità di recedere liberamente dal rapporto stesso (sentenza n. 313 del 1996), in quanto si verrebbe ad instaurare uno stretto legame fiduciario tra le parti, che non consentirebbe ai dirigenti generali di svolgere in modo autonomo e imparziale la propria attività gestoria, con la conseguenza che il rapporto di ufficio, pur se caratterizzato dalla temporaneità dell'incarico, debba essere connotato da specifiche garanzie in modo da assicurare la tendenziale continuità dell'azione amministrativa ed una chiara distinzione funzionale tra i compiti di indirizzo politico-amministrativo e quelli di gestione, al fine di consentire che il dirigente generale possa espletare la propria attività in conformità ai principi di imparzialità e di buon andamento dell'azione amministrativa (art. 97 Cost.). In tale prospettiva, (sentenza n. 193 del 2002 e ordinanza n. 11 del 2002), vanno previste adeguate garanzie procedimentali nella valutazione dei risultati e dell'osservanza delle direttive ministeriali finalizzate alla adozione di un eventuale provvedimento di revoca dell'incarico per accertata responsabilità dirigenziale.
 

L'articolo 2 reca la clausola di invarianza finanziaria, prevedendo che dall'attuazione del decreto legislativo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


Relazioni e pareri allegati

Al provvedimento sono allegati la relazione illustrativa, la relazione tecnica e le schede sull'Analisi tecnico normativa (ATN) e sull'Analisi di impatto della regolamentazione (AIR), nonché il parere della Conferenza unificata e del Consiglio di Stato e il verbale della consultazione sindacale.


Conformità con la norma di delega

Lo schema di decreto legislativo è volto a dare attuazione - secondo quanto evidenziato nel preambolo - al criterio di delega previsto dall'articolo  17, comma 1, lettera s), della legge n. 124/2015, che prevede, nell'ambito del riordino legislativo in materia di disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, la "introduzione di norme in materia di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti finalizzate ad accelerare e rendere concreto e certo nei tempi di espletamento e di conclusione l'esercizio dell'azione disciplinare".

A sua volta, l'articolo 16 definisce i principi e criteri comuni e le disposizioni di carattere procedurale per l'adozione di testi unici enucleando i principi e criteri direttivi generali cui attenersi in sede di delega.

Si tratta, in particolare, dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) elaborazione di un testo unico delle disposizioni in ciascuna materia, con le modifiche strettamente necessarie per il coordinamento delle disposizioni stesse, salvo quanto previsto nelle lettere successive;
b) coordinamento formale e sostanziale del testo delle disposizioni legislative vigenti, apportando le modifiche strettamente necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e per adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo;
c) risoluzione delle antinomie in base ai princìpi dell'ordinamento e alle discipline generali regolatrici della materia;
d) indicazione esplicita delle norme abrogate, fatta salva l'applicazione dell'articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile;
e) aggiornamento delle procedure, prevedendo, in coerenza con quanto previsto dai decreti legislativi di cui all'articolo 1, la più estesa e ottimale utilizzazione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, anche nei rapporti con i destinatari dell'azione amministrativa.
In base al comma 3 dell'art. 16 "il Governo si attiene altresì ai princìpi e criteri direttivi indicati negli articoli da 17 a 19", che si aggiungono dunque ai criteri di semplificazione dettati all'art. 16.
Il comma 7 dell'art. 16 delega il Governo all'adozione di uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive di ciascuno dei testi unici adottati, entro 12 mesi dalla loro entrata in vigore e nel rispetto dei principi e criteri direttivi e della procedura previsti per l'esercizio della delega principale.

Il Consiglio di Stato, nel proprio parere, ha espresso dubbi sulla riconducibilità alla delega ed al citato criterio direttivo delle disposizioni, recate dallo schema d decreto, relative al risarcimento del danno di immagine alla P.A. (di cui al comma 3-quater, secondo, terzo e quarto periodo) e all'ampliamento della responsabilità penale dei dirigenti (o dei responsabili di servizio competenti) in relazione alla fattispecie di reato "Omissione di atti di ufficio" (di cui al comma 5-quinquies).

Per quanto concerne le disposizioni sul danno di immagine, il Consiglio di Stato, osservato in via generale che trattasi di disposizioni che intervengono sulla responsabilità erariale (e non "disciplinare") del dipendente, ritiene che contrasti con la delega l'introduzione di una dettagliata procedura per l'esercizio dell'azione di responsabilità, che non attiene direttamente alla disciplina del rapporto di lavoro e, oltretutto, si svolge e si esaurisce successivamente alla conclusione della procedura di licenziamento.

Per quanto concerne le dispozioni sulla responsabilità penale dei dirigenti (o dei responsabili di servizio competenti), il Consiglio di Stato, osservato in via generale che trattasi di disposizioni che intervengono sulla responsabilità penale (e non "disciplinare") dei dipendenti, ritiene che la disposizione non si limiti a richiamare la fattispecie del reato di "Omissione di atti di ufficio" (art. 328 c.p.), ma configuri nuove fattispecie penali (omessa comunicazione all'ufficio competente per i procedimenti disciplinari; omessa attivazione del procedimento disciplinare; omessa adozione del provvedimento di sospensione cautelare), aggiuntive rispetto a quelle tipizzate dall'articolo 328 c.p. (il quale configura illecita la condotta del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio che "entro 30 giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l'atto del suo ufficio e nn rsponde per esporre le ragioni del ritardo [...] tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine decorre dalla ricezione della richiesta stessa").

Nella giurisprudenza costituzionale, richiamata anche dal Consiglio di Stato nel proprio parere, la Corte ha evidenziato che è possibile, da parte del legislatore delegato, l'emanazione di norme che rappresentino un coerente sviluppo ed un completamento delle scelte espresse dal legislatore delegante, poiché deve escludersi che la funzione del primo sia limitata ad una mera scansione linguistica delle previsioni stabilite dall'autorità delegante; affermandosi, pertanto, che nell'attuazione della delega è possibile valutare le situazioni giuridiche da regolamentare ed effettuare le conseguenti scelte, nella fisiologica attività di riempimento che lega i due livelli normativi (sentenze della Corte Costituzionale n. 229 del 2014, n. 98 del 2008 e n. 163 del 2000). Viene, peraltro, affermato che il contenuto della delega deve essere identificato tenendo conto del complessivo contesto normativo nel quale si inseriscono la legge delega ed i relativi principi e criteri direttivi nonché delle finalità che lo ispirano, verificando, nel silenzio del legislatore delegante sullo specifico tema, che le scelte del legislatore delegato non siano in contrasto con gli indirizzi generali della medesima (sentenze n. 341 del 2007; n. 426 del 2006; richiedendosi che tali scelte siano compatibili con la ratio della delega e in linea con i criteri direttivi della stessa (sentenza n. 146 del 2015). Nel caso in cui la delega preveda soluzioni innovative, queste devono comunque attenersi strettamente ai principi e ai criteri direttivi enunciati dal legislatore delegante (sentenza n. 94 del 2014). Al contempo, viene posto in evidenza come la delega legislativa non escluda ogni discrezionalità del legislatore delegato, la quale può essere più o meno ampia in relazione al grado di specificità dei criteri dalla legge di delega (sentenza n. 47 del 2014). Secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, la determinazione dei "principi e criteri direttivi" non è infatti finalizzata ad eliminare ogni discrezionalità nell'esercizio della delega, ma soltanto a circoscriverla; a tal fine, le norme deleganti debbono essere comunque idonee ad indirizzare concretamente ed efficacemente l'attività normativa del Governo, non potendo esaurirsi in mere enunciazioni di finalità né in disposizioni talmente generiche da essere riferibili a materie vastissime ed eterogenee (sentenza n. 156/1987).

Ai fini della valutazione relativa al rapporto tra lo schema di decreto delegato ed il "perimetro" individuato dai criteri e principi direttivi recati dalla legge delega va altresì ricordato che altro criterio di delega recato dalla legge n. 124 del 2015 (art. 11, comma 1, lettera m)) affida al legislatore delegato il riordino delle norme relative alle ipotesi di responsabilità dirigenziale, amministrativo-contabile e disciplinare dei dirigenti, stabilendo espressamente che, in sede di attuazione della delega, il criterio da seguire è quello della "limitazione della responsabilità disciplinare ai comportamenti effettivamente imputabili ai medesimi dirigenti e della responsabilità dirigenziali alle ipotesi di cui all'art. 21 del D.Lgs. 165/2001 (mancato raggiungimento degli obiettivi o inosservanza delle direttive imputabili al dirigente); viene altresì richiamata, in particolare, la ridefinizione del rapporto tra la responsabilità amministrativo-contabile e la responsabilità dirigenziale, con particolare riferimento alla esclusiva imputabilità ai dirigenti della responsabilità per "l'attività gestionale" (analogo criterio direttivo è previsto all'art. 17, comma 1, lett. t)).

-       il mancato raggiungimento degli obiettivi accertato attraverso le risultanze del sistema di valutazione ovvero l'inosservanza delle direttive imputabili al dirigente comportano, previa contestazione e ferma restando l'eventuale responsabilità disciplinare secondo la disciplina contenuta nel contratto collettivo, l'impossibilità di rinnovo dello stesso incarico dirigenziale. In relazione alla gravità dei casi, l'amministrazione può inoltre, previa contestazione e nel rispetto del principio del contraddittorio, revocare l'incarico collocando il dirigente a disposizione nei ruoli delle amministrazioni dello Stato ovvero recedere dal rapporto di lavoro secondo le disposizioni del contratto collettivo;
-       al di fuori di tali ipotesi, in caso di colpevole violazione del dovere di vigilanza sul rispetto, da parte del personale assegnato ai propri uffici, degli standard quantitativi e qualitativi fissati dall'amministrazione (accertata, previa contestazione e nel rispetto del principio del contraddittorio secondo le procedure previste dalla legge e dai contratti collettivi nazionali) può essere disposta la decurtazione della retribuzione di risultato, in relazione alla gravità della violazione, di una quota fino all'ottanta per cento.

Il testo specifica, infine, nell'ambito del criterio di delega, la limitazione della responsabilità disciplinare ai comportamenti "effettivamente imputabili" ai dirigenti stessi, escludendo quindi ogni forma di responsabilità oggettiva riconducibile a tale fattispecie.

Al contempo, in sede di attuazione della delega altro criterio (art. 11, co. 1, lett. q)) prevede la definizione di ipotesi di revoca dell'incarico e di divieto di rinnovo di incarichi in settori sensibili ed esposti al rischio di corruzione, nei confronti di soggetti che siano stati condannati, anche in via non definitiva, da parte della Corte dei conti, al risarcimento del danno erariale per condotte dolose.


Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il contenuto del provvedimento è riconducibile alle materie di competenza esclusiva statale "ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali" e "ordinamento penale", di cui all'articolo 117, comma 2, lettere g) e l), della Costituzione.


Formulazione del testo

Di seguito si formulano una serie di osservazioni sul contenuto del provvedimento, molte delle quali contenute (e più ampiamente argomentate) nel parere del Consiglio di Stato (parere nel quale sono contenute ulteriori osservazioni, che si è ritenuto di non riproporre in questa sede).

Al comma 3-bis appare opportuno:

  • valutare la disposizione che, a seguito dell'applicazione della misura cautelare (non avente, pertanto, valenza sanzionatoria) della sospensione dal servizio del dipendente, esclude il pagamento dello stipendio senza prevedere la corresponsione dell'assegno alimentare (che avrebbe natura non retributiva, ma meramente assistenziale);
  • precisare natura e conseguenze della responsabilità del dipendente nel caso in cui la violazione del termine di 48 ore (previsto per la sospensione cautelare) sia a lui imputabile;
  • per ragioni di chiarezza della formulazione, sostituire le parole "che ne sia responsabile" con le seguenti "cui essa sia imputabile"; dopo le parole "falsa attestazione della presenza", aggiungere le seguenti: "in servizio"; dopo le parole "immediata sospensione cautelare" aggungere le seguenti: "dal servizio";

Al comma 3-ter appare opportuno:

  • introdurre (analogamente a quanto stabilito per gli ordinari procedimenti disciplinari dall'articolo 55-bis del decreto legislativo n.165/2001) termini per l'avvio del procedimento disciplinare e di preavviso per la convocazione in contraddittorio del dipendente (idonei a farne comunque salvo il diritto di difesa), nonchè specificare il dies a quo ai fini della decorrenza del termine di 30 giorni per la conclusione del procedimento disciplinare;
  • conseguentemente, al fine di assicurare la conclusione del procedimento disciplinare entro i 30 giorni previsti (anche in considerazione del fatto che, trattandosi di termine perentorio, il suo superamento comporterebbe la decadenza dell'azione disciplinare, secondo il principio di cui all'articolo 55-bis, comma 4, ultimo periodo, del decreto legislativo n.165/2001), privilegiare l'oralità del procedimento, senza sacrificare il contraddittorio e il diritto difesa (il Consiglio di Stato richiama, a tal fine, le normative previste per i procedimenti disciplinari nei settori delle Forze armate e di Polizia);
  • introdurre, in relazione alla durata massima (30 giorni) del procedimento disciplinare, una disposizione di coordinamento normativo all'articolo 55-bis, comma 5, ultimo periodo, del decreto legislativo n.165/2001, ove nel definire la procedura disciplinare ordinaria si prevede che "E' esclusa l'applicazione di termini diversi o ulteriori rispetto a quelli stabiliti dal presente articolo" (ad esempio premettendo  le parole  "Fatto salvo quanto previsto all'articolo 55-quater,");
  • chiarire se trova applicazione la possibilità di sospensione del procedimento disciplinare fino al termine di quello penale, prevista in via generale all'articolo 55-ter, del decreto legislativo n.165/2001 "nei casi di particolare complessità dell'accertamento del fatto addebitato al dipendente e quando [l'amministrazione] all'esito dell'istruttoria non dispone di elementi sufficienti a motivare l'irrogazione della sanzione".

Al comma 3-quater appare opportuno:

  • prevedere che l'obbligo di denuncia al pubblico ministero e di segnalazione alla Corte dei conti, entro 15 giorni dall'avvio del procedimento disciplinare, gravante sull'ufficio per i procedimenti disciplinari, operi non solo in relazione alle ipotesi previste al nuovo comma 3-bis dell'articolo 55-quater (falsa attestazione della presenza in servizio accertata in flagranza ovvero mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze), ma in tutti i casi di "falsa attestazione della presenza in servizio" (richiamando, a tal fine,  anche il nuovo comma 1-bis, nonchè il vigente comma 1, lettera a), dell'articolo 55-quater) trattandosi di condotte del tutto assimilabili sotto il profilo della responsabilità penale (prevista all'articolo 55-quinquies, comma 1) e per danno di immagine alla P.A. (ai sensi dell'articolo 55-quinquies, comma 2);
  • con riferimento al danno di immagine per la P.A. (peraltro già disciplinato dall'articolo 55-quinquies, comma 2), escludere che il suo ammontare possa essere valutato in relazione alla "rilevanza del fatto per i mezzi di informazione, trattandosi di parametro mediatico estraneo alla condotta del dipendente" (si veda il parere del  Consiglio di Stato, p. 29).

Al comma 3-quinquies appare opportuno:

  • in linea generale, valutare la previsione della sanzione del licenziamento disciplinare per dirigenti e responsabili di servizio competenti, considerando che si finirebbe sostanzialmente per equipararne la condotta omissiva all'illecito della falsa attestazione della presenza in servizio del dipendente: in particolare, al fine di escludere il rischio di configurare forme di responsabilità oggettiva, si potrebbe limitare la responsabilità disciplinare sanzionata con il licenziamento ai soli casi di condotte omissive poste in essere con dolo o colpa grave (al riguardo il Consiglio di Stato propone dopo la parola "dirigenti" l'introduzione dell'inciso "che abbiano acquisito conoscenza del fatto"; e dopo le parole "sospensione cautelare" l'introduzione dell'inciso "senza giustificato motivo");
  • con riferimento all'ambito applicativo della disposizione, valutarne l'applicabilità non solo in relazione alle ipotesi previste al nuovo comma 3-bis dell'articolo 55-quater (falsa attestazione della presenza in servizio accertata in flagranza ovvero mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze), ma in tutti i casi di "falsa attestazione della presenza in servizio" (richiamando, a tal fine,  anche il nuovo comma 1-bis, nonché il vigente comma 1, lettera a), dell'articolo 55-quater), trattandosi di condotte del tutto assimilabili sotto il profilo della valenza disciplinare;
  • chiarire se e in che cosa si differenzino (anche a fini della loro rilevanza penale e, quindi, della tassatività delle fattispecie) le condotte di "omessa comunicazione all'ufficio competente" e di "omessa attivazione del procedimento disciplinare", posto che ai sensi del comma 3-ter  il responsabile della struttura di appartenenza del dipendente è tenuto unicamente (dopo la sospensione cautelare) alla trasmissione degli atti all'ufficio per i procedimenti disciplinari;
  • conseguentemente, chiarire se la sanzione del licenziamento è applicabile non solo a dirigenti e responsabili della struttura nella quale il dipendente presta servizio, ma anche ai dipendenti (eventualmente privi di tali qualifiche) membri dell'ufficio per i procedimenti disciplinari; al riguardo si consideri, infatti, che sebbene il comma 3-quinquies  richiami unicamente "dirigenti" e "responsabili di servizio competenti", i commi 3-bis e 3-ter collocano anche in capo all'ufficio per i procedimenti disciplinari l'obbligo di immediata sospensione cautelare del dipendente nel caso in cui esso sia venuto per primo a conoscenza della sua condotta illecita; si consideri, altresì, che tra le condotte punibili figura la "omessa attivazione del procedimento disciplinare", che non appare propriamente riferibile a dirigenti e responsabili della struttura nella quale il dipendente presta servizio (tenuti unicamente alla sospensione cautelare del dipendente e alla contestuale trasmissione degli atti all'ufficio per i procedimenti disciplinari), bensì all'ufficio per i procedimenti disciplinari nel suo complesso;
  • chiarire se il licenziamento disciplinare costituisca l'unica sanzione disciplinare applicabile nel caso di condotte omissive di dirigenti e responsabili di servizio competenti (se rappresenti, cioè, una possibilità o un obbligo per il collegio giudicante);
  • chiarire se le condotte illecite omissive si perfezionino scaduto il termine di 48 ore (decorrente, ai sensi del comma 3-bis, dal momento in cui il dirigente o il responsabile della struttura di appartenenza siano venuti a conoscenza della condotta illecita del dipendente) e, in particolare, se l'adozione "tardiva" (ossia oltre le 48 ore) degli atti dovuti (sospensione cautelare dal servizio e contestuale trasmissione degli atti all'ufficio per i procedimenti disciplinari) integri l'illecito disciplinare punito con il licenziamento e l'illecito penale;
  • per ragioni di chiarezza della formulazione, sopprimere le parole "di cui"; uniformare le espressioni "responsabile della struttura di appartenenza" (comma 3-bis e 3-ter) e "responsabili di servizio competenti" (comma 3-quinquies); sostituire la parola "fattispecie" con la parola "illecito";
  • valutare l'opportunità di prevedere una disciplina transitoria relativamente ai procedimenti in corso.